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Costruttivismo pragmatico e management accounting: il caso Wondersys Srl

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Academic year: 2021

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Indice

Introduzione ... 4

CAPITOLO 1: LA TEORIA DEL COSTRUTTIVISMO PRAGMATICO ... 6

1.1 Origini e peculiarità ...6 1.1.1 Il background filosofico ... 6

1.1.2 Caratteristiche principali ... 9 1.2 Attori e co-authoring ... 11 1.2.1 Gli attori ... 11 1.2.2 Il co-authoring ... 14

1.3 La costruzione della realtà ... 15

1.3.1 Le dimensioni della realtà ... 15

1.3.1.1 Fatti e dimensione empirica ... 16

1.3.1.2 Possibilità e dimensione logica ... 18

1.3.1.3 Valori e dimensione motivazionale ... 22

1.3.1.4 Comunicazione e dimensione sociale ... 25

1.3.2 Integrazione ... 29

1.3.3 La validità del costrutto ... 30

1.4 Costrutto di causalità ... 31

1.4.1 La causalità delle catene intenzionali ... 32

1.4.2 Il controllo intenzionale delle catene causali ... 33

1.5 Singoli o multipli: quanti sono i costrutti della realtà?... 34

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CAPITOLO 2: L’APPLICAZIONE DEL COSTRUTTIVISMO PRAGMATICO AL

MANAGEMENT ACCOUNTING ... 39

2.1 Il management accounting ... 39

2.2 Un paradigma per il management accounting ... 41

2.2.1 Conventional wisdom ... 42

2.2.2 L’approccio tradizionale del realismo scientifico ... 43

2.2.3 La teoria dell’agenzia ... 46 2.2.4 Il costruttivismo sociale ... 48 2.3 La realtà contabile ... 49 2.3.1 Fatti ... 49 2.3.2 Possibilità ... 53 2.3.3 Valori ... 55 2.3.4 Comunicazione ... 58 2.3.5 Il processo di integrazione ... 59

2.3.6 La validità del modello contabile ... 61

2.4 Il costruttivismo pragmatico nella letteratura ... 63

2.4.1 Il contesto organizzativo ... 63

2.4.2 I topoi dei manager ... 65

2.4.2.1 Il topos dei top manager ... 65

2.4.2.2 Il topos dei middle manager ... 67

2.4.3 Coesistenza o integrazione dei topoi? ... 70

CAPITOLO 3: L’ANALISI DEL CASO WONDERSYS S.R.L. ... 72

3.1 Il profilo dell’azienda ... 72

3.1.1 La struttura organizzativa ... 74

3.1.2 Prodotti e servizi ... 75

3.1.2.1 Prodotti sviluppati direttamente per il cliente finale ... 75

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3.2 La progettazione del modello contabile ... 81

3.2.1 Il topos del management ... 82

3.2.2 Obiettivi e valori del sistema contabile ... 84

3.2.3 Definizione dei fatti contabili e rilevazione dei dati ... 85

3.2.4 Individuazione e scelta delle possibilità ... 89

3.2.5 Comunicazione delle informazioni contabili ... 99

3.3 La realizzazione del modello contabile: struttura e funzionamento ... 103

3.3.1 Elenco fatture ... 104 3.3.2 Costi aziendali ... 106 3.3.3 Retribuzioni dipendenti ... 109 3.3.4 Report ... 110 3.4 Integrazione contabile ... 113 Conclusioni ... 115 Bibliografia ... 117

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Introduzione

Questo lavoro di tesi nasce da un’esperienza di stage svoltasi a Livorno presso Wondersys srl, azienda che sviluppa e fornisce soluzioni IT (Information Technology) dedicate per i propri clienti e operante nei settori della finanza, della logistica dei trasporti, dell’industria e nel comparto dei media.

La mia attività all’interno dell’azienda è stata caratterizzata dallo sviluppo e implementazione di un sistema di contabilità fortemente voluto dall’amministratore. Le difficoltà riscontrate nell’avere un quadro chiaro dell’evoluzione del bilancio, infatti, hanno fatto nascere in lui il desiderio di avvicinarsi al management accounting attraverso uno strumento che consentisse di monitorare costantemente l’andamento aziendale.

A questo scopo, ho proceduto alla realizzazione di un modello contabile attraverso il recente approccio al costruttivismo pragmatico che, a differenza di altri, ha una visione più ampia della realtà. Più precisamente, questa teoria considera la stessa realtà come una relazione tra attori e mondo e costruita attraverso l’integrazione di quattro dimensioni: fatti, possibilità, valori e comunicazione.

Nel primo capitolo si tratta in modo approfondito proprio la teoria del costruttivismo pragmatico, esaminandone inizialmente il background filosofico e le caratteristiche principali e passando poi alla descrizione delle quattro dimensioni della realtà che, attraverso il processo di integrazione, portano l’attore alla propria costruzione della realtà. Successivamente viene analizzato il costrutto di causalità, intendendo con questo termine la possibilità da parte dell’attore di influenzare causalmente, attraverso le proprie azioni, il risultato desiderato. Infine, viene esaminata la teoria dell’apprendimento della realtà. Nel secondo capitolo, relativo all’applicazione del costruttivismo pragmatico al management

accounting, vengono per prima cosa esaminati vari approcci alla contabilità direzionale che,

poiché tengono conto di un numero di dimensioni della realtà inferiore a quello ritenuto necessario dal costruttivismo pragmatico, sono ritenuti inadatti ad essere utilizzati come paradigma per la contabilità. Successivamente, servendosi di queste quattro dimensioni, viene fornita una struttura di base per la creazione di modelli contabili all’interno del contesto aziendale. Infine, allo scopo di dimostrare come il costruttivismo pragmatico possa

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essere concretamente applicato all’interno di un’organizzazione, si riporta un case study condotto all’interno di un ente pubblico, nello specifico la Regione Toscana.

Il terzo ed ultimo capitolo, invece, dopo un inquadramento generale dell’azienda relativo soprattutto alla struttura organizzativa e ai servizi e prodotti offerti, descrive come, attraverso il paradigma del costruttivismo pragmatico, sia stato possibile sviluppare e implementare un sistema di contabilità analitica che fosse in linea con la visione e le aspettative del management.

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Capitolo 1

La teoria del costruttivismo pragmatico

1.1 Origini e peculiarità

1.1.1 Il background filosofico

La teoria del costruttivismo pragmatico emerse durante gli anni '70 come reazione all'uso di filosofie riduzioniste che non soddisfacevano pienamente le condizioni per ottenere un'azione efficace nella pratica umana. Solo grazie all’integrazione di queste e delle quattro dimensioni del costruttivismo - fatti, possibilità, valori, comunicazione - che a tali filosofie si ricollegano, emergono i presupposti per un’azione di successo. L’integrazione si ha quindi tra:

▪ l’empirismo, basato sulla conoscenza del mondo attraverso l’osservazione e l’esperienza;

▪ la convinzione del razionalismo secondo la quale le conoscenze sono prodotte dall’attività della mente;

▪ le prospettive soggettiviste seconde le quali le attività dell’uomo sono considerate dipendenti dalla natura stessa del soggetto;

▪ la filosofia del linguaggio, basata sul significato di questo in relazione al contesto nel quale è utilizzato.

Dunque, il costruttivismo pragmatico implica che le teorie derivanti dalle varie prospettive filosofiche debbano essere applicate e integrate al fine di superare il riduzionismo di questi approcci. Tuttavia, affinché il soggetto abbia successo nella pratica, l’integrazione deve avvenire soprattutto tra le quattro dimensioni fondamentali del costruttivismo che, come anche rappresentato in Figura 1.11, si basano sulle teorie filosofiche precedentemente menzionate.

1 Adattato da Nørreklit H. (a cura di) (2017), A Philosophy of Management Accounting. A Pragmatic

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Dalla rappresentazione possiamo quindi notare che:

▪ la dimensione dei fatti si basa sull’empirismo, teoria filosofica che fonda il proprio pensiero sull’importanza dell’osservazione e dell'esperienza per la conoscenza del mondo; questa, infatti, conferisce notevole rilievo ai sensi non solo per quanto riguarda l’apprendimento, ma anche la formulazione di costrutti teorici. Non esiste perciò alcun nucleo di verità pregresse dato che le nozioni di cui l’uomo progressivamente si appropria attingono esclusivamente dalla sperimentazione. Dunque, tale prospettiva sta alla base dei fatti perché, come approfondito successivamente, questi richiedono prove empiriche che è possibile ottenere solo attraverso una connessione tra attore e mondo basata sulla percezione dei sensi;

▪ il razionalismo, teoria filosofica di parere opposto all’empirismo, parte dalla convinzione che le conoscenze veramente valide siano prodotte dall’attività della mente, la quale non ha bisogno dei fatti forniti dall’esperienza sensibile del vedere, sentire e toccare, ma necessita di idee universali dalle quali procedere poi in modo deduttivo, ossia ricavando da esse tutto ciò che vi è di razionalmente implicito. In altre parole, la deduzione si configura come un passaggio da una conoscenza ad un’altra andando dal generale al particolare. Ecco che le possibilità, dal momento in cui non possono essere percepite con i sensi ma soltanto pensate e immaginate,

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necessitano di una riflessione, ossia un ragionamento logico, perché possano essere individuate e analizzate;

▪ la dimensione dei valori segue le prospettive soggettiviste secondo le quali l’azione è considerata come dipendente dalla natura stessa del soggetto e non come trascendente rispetto ad essa; i valori, infatti, sono qualcosa di soggettivo che spingono l’attore ad agire. Questi motivano l'attore perché sono i suoi valori e quindi le sue ragioni di vita; infatti, se le sue azioni non fossero motivate, egli non potrebbe realizzarle e perseguire così i propri obiettivi;

▪ la filosofia del linguaggio sostenuta da Wittgenstein2 è la base per la dimensione

della comunicazione. Egli, ripudiando la teoria di un linguaggio dotato di essenza logica, giunge a pensare che per la comprensione dei significati del linguaggio sia necessaria la contestualizzazione negli svariati modi d’uso della vita quotidiana; il significato di una parola varia in relazione al contesto in cui è inserita e quindi i suoi significati sono generati da presupposti pratici. Quindi Wittgenstein, introducendo quelli che chiama “giochi linguistici”, afferma che i modi d’uso del linguaggio sono innumerevoli e tale molteplicità è qualcosa che cambia continuamente così che, di volta in volta, nuovi tipi di linguaggio si affermano mentre altri vengono dimenticati. È importante perciò per un attore sapere di avere la padronanza del linguaggio poiché gli consente di partecipare a qualsiasi gioco linguistico, ovvero alla costruzione della realtà, e di creare istituzioni sociali. Il linguaggio, perciò, elemento fondamentale per l’interazione tra soggetti e le loro realtà, è alla base della dimensione comunicativa.

Da quanto appena descritto si può quindi concludere che le filosofie dell’empirismo, del razionalismo, soggettiviste e del linguaggio, che se prese singolarmente risultano in questo contesto riduzioniste, hanno bisogno di esistere contemporaneamente attraverso l’integrazione delle dimensioni che rappresentano affinché l’attore possa agire con successo nella pratica.

2 Ludwig Josef Johann Wittgenstein (Vienna, 26 aprile 1889 - Cambridge, 29 aprile 1951) è stato un filosofo, ingegnere e logico austriaco, autore in particolare di contributi di capitale importanza alla fondazione della logica e alla filosofia del linguaggio, e considerato da alcuni, specialmente nel mondo accademico anglosassone, il massimo pensatore del XX secolo.

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1.1.2 Caratteristiche principali

Il costruttivismo pragmatico, considerando le persone come attori intenzionali, sostiene che questi agiscano sempre prendendo in considerazione il loro specifico rapporto attore-mondo che continuamente creano, adattano e ricostruiscono alla luce di nuove esperienze, contesti e situazioni. Il risultato di questo rapporto è la costruzione di una realtà che, se opportunamente creata, può portare l’attore ad agire con successo, ma che può anche essere ostacolata da elementi fittizi e illusori a causa di relazioni tra attore e mondo mancanti o errate. Quindi, affinché il costrutto della realtà possa essere utilizzato come base per intraprendere azioni efficaci è indispensabile che fatti, possibilità, valori e comunicazione siano integrati nella relazione attore-mondo (Figura 1.23).

Molte sono le domande che potrebbero sorgere in merito all’argomento, ma quella che sicuramente nasce spontanea è “Perché il costrutto della realtà per funzionare ha bisogno dell’integrazione di tutte le dimensioni e non è sufficiente prenderle singolarmente?”. Come spiegato nel paragrafo precedente riguardo alle teorie filosofiche, anche le dimensioni, prese in modo individuale, sono incomplete e la motivazione per l’inclusione di ognuna è la seguente. I fatti sono necessari come base di azione, ma non sono sufficienti. Infatti, se non ci fossero possibilità, non ci potrebbe essere azione e anche nel momento in cui queste si presentassero dovrebbero essere concrete, cioè radicate nei fatti, altrimenti sarebbero

3 Adattato da Nørreklit H. (a cura di) (2017), A Philosophy of Management Accounting. A Pragmatic

Constructivist Approach, Routledge, New York, pag. 33.

Figura 1.2 La realtà come integrazione

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possibilità immaginarie. Queste, inoltre, permettono al soggetto di effettuare una scelta che però avverrà solo grazie alla presenza di un motivo valido che gli consenta di scegliere e preferire una possibilità piuttosto che l'altra; l’attore deve dunque avere dei valori e questi devono essere all'interno della gamma di possibilità a sua disposizione. Infine, l'integrazione di fatti, possibilità e valori, al fine di consentire un’azione efficace in un contesto sociale, deve essere espressa nella comunicazione; diversamente, la capacità di agire con successo si indebolirebbe poiché verrebbe meno la distinzione tra azione riuscita e fallita, ossia tra pragmaticamente vera e falsa.

Secondo quanto appena descritto, la presenza di fatti, possibilità concrete, valori soggettivi e comunicazione sono condizioni necessarie per influenzare positivamente il risultato desiderato dall’azione, ma la condizione sufficiente per la creazione di una causalità del costrutto efficace è data dall’integrazione delle quattro dimensioni coinvolte. Pertanto, è di fondamentale importanza tenere presente che la condizione per il successo è una condizione sufficiente e non necessaria, poiché concentrarsi su quest’ultima presuppone che ci sia un solo modo per avere successo e che, una volta individuato, il successo sia garantito, anche se questo non è propriamente esatto. Infatti, si possono soddisfare tutte le condizioni necessarie conosciute e ancora non essere in grado di raggiungere l'obiettivo poiché esistono tutta una serie di condizioni sconosciute o non controllabili dal soggetto che possono interporsi tra questo e il risultato. In conclusione, l’obiettivo può essere realizzato soddisfacendo condizioni sufficienti grazie ad un’infinità di modi possibili per raggiungerlo, ciascuno dei quali rappresentante un diverso insieme di tali condizioni.

La realtà allora, costruita attraverso la realizzazione delle condizioni sufficienti e di quelle necessarie, è considerata come relazione tra gli attori (individuali e collettivi) e il mondo in cui questi operano; tuttavia, queste relazioni non sono date dalla natura, ma costruite dall’uomo. Se la costruzione è buona, allora fornisce all'attore una comprensione realistica del mondo sulla quale può basarsi per avere successo; in caso contrario, il suo concetto di realtà fornirà concezioni fuorvianti del mondo, mettendo così a repentaglio l’individuo che ha creato una costruzione inadeguata, non comprendendo la realtà come qualcosa di diverso dal mondo. Ovviamente, più le condizioni cambiano e più l'ambiente è dinamico, più sarà importante la capacità del soggetto di riadattare la costruzione della realtà alle nuove condizioni.

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1.2 Attori e co-authoring

Il costrutto della realtà al quale ogni attore si affida per agire è una costruzione che viene realizzata individualmente; spesso però si parla di realtà sociale e in questo caso si fa riferimento ad un costrutto che prende forma attraverso la co-creazione, ovvero unendo e integrando le diverse realtà dei singoli partecipanti nell’ottica della realizzazione di un unico

topos4 generale. Infatti, una realtà condivisa e co-creata, includendo punti di vista diversi ed esperienze varie, permette di raggiungere obiettivi che un singolo attore non potrebbe realizzare oppure impiegherebbe più tempo a causa della mancanza di capacità e/o di competenze necessarie.

1.2.1 Gli attori

Nel costruttivismo pragmatico, quando si fa riferimento al soggetto che costruisce la realtà attraverso le proprie azioni intenzionali, si utilizza il temine attore che è da preferire ad altri quali persona o agente. La motivazione di questa preferenza può essere spiegata anche solo leggendo quelle che sono le definizioni riportate in alcune enciclopedie o vocabolari in merito a questi termini.

L’enciclopedia Treccani5 riporta le seguenti definizioni:

- persona: [dal lat. persŌna, voce di origine prob. etrusca, che significava propr. ‹‹maschera teatrale›› e poi prese il valore di ‹‹individuo di sesso non specificato››, ‹‹corpo››, e fu usata come termine grammaticale e teologico] “Individuo della specie

umana, senza distinzione di sesso, età, condizione sociale e sim., considerato sia come elemento a sé stante sia come facente parte di un gruppo o di una collettività”;

- agente: [dal lat. agens-entis, part. pres. di agĕre ‹‹fare››] “Che agisce, che provoca

un determinato effetto” oppure “chi agisce per conto di terzi, o tratta affari altrui, o fornisce determinati servizi; la persona fisica attraverso la quale un ente agisce”;

4 Il topos è l’insieme dei concetti e dei ragionamenti di un individuo in relazione ad una specifica situazione che egli può utilizzare per agire nella pratica. Il topos, quindi, è personale, ma può essere integrato con quello di altri individui al fine di organizzare la realtà sociale.

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- attore: [dal lat. actor -oris, der. di agĕre «agire»] “Interprete di un’azione

drammatica rappresentata scenicamente” oppure “Chi prende parte attiva e diretta a una vicenda della vita reale”.

Il Devoto-Oli6, invece, descrive con queste parole gli stessi termini:

- persona: [lat. persona ‘maschera’, poi ‘individuo’] “l’individuo umano in quanto

oggetto di considerazione o di determinazione nell’ambito delle funzioni o dei rapporti della vita sociale”;

- agente: [dal lat. agens -entis, p. presente di agĕre ‘fare’] “qualsiasi ente o individuo

che si determini attraverso una data azione o operazione” oppure “operatore incaricato di compiti o uffici determinati per conto o alle dipendenze di terzi (persone, enti, governi, ecc.)”;

- attore: [dal lat. actor -oris, der. di agĕre ‘agire’] “Interprete di un’azione

drammatica” o “Chi prende parte attiva e diretta a una vicenda (contrapposto a spettatore)”.

Dalla lettura di queste definizioni, volendoci riferire ad un soggetto che agisce intenzionalmente per la costruzione della propria realtà, è subito possibile escludere il termine di persona dato che nessuna definizione fa riferimento all’agire, ma dà solo una descrizione generica del termine.

Più difficile è invece la scelta tra ‘attore’ e ‘agente’ poiché in entrambe le definizioni si fa riferimento a questi come a qualcuno che agisce, che si determina attraverso la propria azione e che è parte attiva di una vicenda. Facendo riferimento alle parole che descrivono chi sia un agente e all’uso pratico del termine, si nota che è principalmente utilizzato per indicare una persona incaricata di agire per conto di qualcun altro, un aspetto però normale in qualsiasi scenario che coinvolga attori poiché c’è un elemento di agenzia in ogni ruolo e in ogni atto. Agendo nell'interesse di altri le persone si trasformano così in esseri sociali guidati dall'empatia e dalle preoccupazioni di natura etica e quindi si aspettano la possibilità di fare affidamento su di essi come partner, i quali potranno agire in nome e per conto loro nel

6 Serianni L. e Trifone M. (a cura di) (2012), Il Devoto-Oli. Vocabolario della lingua italiana, Mondadori Education S.p.a, Milano.

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momento del bisogno; questo comporta per il partner la responsabilità di aiutare l'altra persona anche se questa non è in grado di chiedere aiuto, non vuole o non sa di averne bisogno.

L’agenzia è allora un elemento fondamentale per gli attori per creare degli ambienti in cui possano cooperare e in cui possano essere d’aiuto e di sostegno l’uno per l’altro senza recitare una parte e senza pensare solo a loro stessi. Tali rapporti di agenzia sono molto più comuni di quanto si possa pensare dato che non si fa riferimento solo a situazioni in cui esiste un accordo o un contratto, ma è un comportamento civilizzato e sociale che si ritrova nel caso di genitori e figli, di amici verso altri amici, di professionisti per i clienti, di lavoratori verso i colleghi e altre parti interessate.

In base a quanto sopra descritto relativamente all’uso pratico del termine agente, la scelta ricade quindi su ‘attore’, inteso come persona che agisce intenzionalmente non solo sul palco di un teatro o su un set cinematografico ma in ogni fase della sua vita, in ogni azione quotidiana. Nonostante l’attore di un’opera teatrale non stia solo recitando un ruolo e un copione dati, ma li stia interpretando, modellando e partecipando alla costruzione del sistema dei ruoli e della trama, la differenza principale tra colui che agisce nella vita e un attore di teatro sta nel fatto che i processi di costruzione e le costruzioni stesse del primo siano reali, mentre le seconde fittizie. Quindi, proprio come un attore, ogni persona ha un compito preciso in ogni costruzione della realtà incarnando specifici ruoli e partecipando allo sviluppo delle specifiche realtà secondo il copione che segue per la realizzazione dei propri obiettivi.

La funzione di base di un attore, infatti, è quella di interpretare intenzionalmente un ruolo che realizzi i suoi valori e i suoi potenziali. Il problema però sta sicuramente nelle sue azioni che, anche se controllate intenzionalmente e motivate dai valori, possono fallire nel realizzare l'obiettivo. In questo caso il soggetto, rendendosi conto che le proprie attività non porteranno alla realizzazione delle proprie intenzioni, rischierebbe di diventare passivo e perdere l'intenzionalità dell’agire, svolgendo così delle attività come se fosse uno schiavo o un robot. Il controllo intenzionale rende invece l'azione uno sforzo personale in cui l'attore sperimenta la motivazione e percepisce la qualità e il valore di ciò che fa; agire intenzionalmente, infatti, rende l’uomo vivo, consapevole delle proprie capacità e delle proprie possibilità. L'attività di un attore, quindi, non è solo un processo in cui egli cerca di esprimere se stesso e diventare parte del mondo lasciando traccia di ciò che fa, ma è anche un processo interiore in cui fa esperienza e apprende dal successo o insuccesso delle sue

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azioni, dalle relazioni intraprese con altri attori, dalla sperimentazione di nuovi contesti e situazioni. In questo modo il soggetto crea la propria storia in cui egli stesso è autore e attore, reagendo ai cambiamenti e creandone ulteriori.

1.2.2 Il co-authoring

Quando si parla di co-creazione o co-paternità, traduzione del termine inglese co-authoring, si fa riferimento alla creazione di un costrutto della realtà da parte di più attori contemporaneamente, il quale dovrà essere condiviso e utilizzato da questi come guida per lo svolgimento delle attività pratiche. Sicuramente, coinvolgere gli individui e permettere loro di partecipare attivamente alla costruzione della realtà aumenterà il loro rendimento poiché agiranno sulla base di un costrutto a cui hanno preso parte e che sentono come proprio, essendone infatti co-autori. Inoltre, prendere parte a questo processo di co-authoring migliora la motivazione e la creatività perché fa sì che gli attori mostrino la loro parte migliore e riescano così a creare basi solide e convincenti per la pratica. Ad esempio, si supponga che un nuovo individuo venga assunto all’interno di un’azienda. L’impostazione di quest’ultima dovrà essere riadattata in modo tale da poter offrire al soggetto un ruolo da svolgere e, affinché tale adattamento funzioni al meglio, sarà necessario che il nuovo attore sia coinvolto nel processo, rendendolo così co-autore; di conseguenza egli avrà anche bisogno di modellare le proprie aspettative in relazione al ruolo che andrà a svolgere. Quella di un attore, dunque, non può essere l'unica pratica esistente dato che vive in interazione con altri individui, ma senza il suo impegno e il coinvolgimento degli altri attori le relazioni e la pratica comune non possono esistere; è la qualità della costruzione della realtà che fa sì che la pratica abbia successo o fallisca. A questo punto le idee guida della pratica, cioè suoi topoi7, conseguentemente a quanto appena descritto, potranno allora essere

tramandate e utilizzate da altri, adattate al contesto al quale vengono applicate o addirittura ricreate.

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1.3 La costruzione della realtà

Nel linguaggio quotidiano i termini ‘realtà’ e ‘mondo’ sono spesso fraintesi poiché vengono usati come se avessero lo stesso significato. Tuttavia, sebbene siano concetti correlati, mentre la ‘realtà’ può essere contrapposta a termini come finzione, illusioni e sogno, il ‘mondo’ non ha tali opposti. Pertanto, questi due concetti, non essendo sinonimi, non possono essere utilizzati in modo intercambiabile.

Quando si parla di ‘mondo’ si fa infatti riferimento alla totalità delle cose esistenti, indipendentemente dalla consapevolezza della loro esistenza da parte di qualsiasi soggetto. A questa totalità eterogenea appartengono anche le costruzioni - siano queste fisiche, sociali, cognitive o mentali - che gli attori realizzano per migliorare le loro prestazioni cosicché possano realizzare azioni efficaci. Dunque, si può affermare che il ‘mondo’ è un concetto inclusivo, ovvero che comprende tutto ciò che esiste, incluse le costruzioni, indipendentemente dalla conoscenza di ciò da parte dell’attore.

Contrariamente a quello di ‘mondo’, il concetto di realtà è invece esclusivo: alcune cose sono reali, altre no. Gli attori potrebbero essere tratti in inganno nel tentativo di riconoscere se un oggetto o un evento siano o meno un’illusione e perciò hanno bisogno del concetto di realtà per distinguere tra questa e la finzione. Tale differenza sta principalmente nella funzionalità: tutto ciò che è illusione o finzione non funziona nel modo in cui ci aspettiamo che lo faccia. Ad esempio, pensiamo ad un’auto giocattolo. Se intendessimo viaggiare con questa in giro per il mondo, ovviamente cadremo in errore poiché non è stata costruita per essere utilizzata come un mezzo di trasporto, ma con il solo scopo ludico. Tuttavia, diversamente dall’esempio appena descritto, alcune costruzioni fittizie non sono così facilmente riconoscibili, sia nel caso di quelle di natura intenzionale come le menzogne e le frodi, sia nel caso di quelle di natura involontaria come i sogni.

Gli attori potranno quindi realizzare efficacemente le loro azioni in accordo con i loro obiettivi soltanto basandosi su elementi reali; infatti, se il concetto, la comprensione e i costrutti della realtà fossero irrealistici, l’attore utilizzerebbe elementi fuorvianti che lo condurrebbero ad azioni fallimentari e, di conseguenza, ad una vita piena di insuccessi.

1.3.1 Le dimensioni della realtà

La teoria del costruttivismo pragmatico considera la realtà come una relazione tra l'attore - che sia una persona o un'organizzazione - e il mondo e, poiché tale relazione deve essere

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costruita, vi è sempre la possibilità che questa risulti inesatta come nel caso di un’illusione, la quale esprime una relazione mancante o errata.

Vedere attori che falliscono è un fatto ricorrente della vita quotidiana e, per questo motivo, al fine di rafforzare la probabilità di successo, gli individui costruiscono un quadro relazionale attore-mondo, che è la loro costruzione della realtà, attraverso le quattro dimensioni fondamentali di questa teoria: fatti, possibilità, valori e comunicazione. Nonostante la loro integrazione sia condizione sufficiente per il successo delle azioni, un'integrazione imperfetta non sta a significare automaticamente che il successo sia impossibile poiché la fortuna e l'intuizione, anche se per un periodo limitato di tempo, potrebbero contrastare la probabilità di fallimento.

Nella Figura 1.38 è poi possibile osservare come, attraverso le quattro dimensioni della realtà, sia possibile costruire la relazione dell’attore con il mondo circostante.

1.3.1.1 Fatti e dimensione empirica

I fatti possono essere qualsiasi tipo di fenomeno e per questo motivo non appartengono ad una categoria specifica; si può perciò spaziare dai fatti empirici a quelli logici e matematici, da quelli relativi a fenomeni oggettivi come i beni fisici a quelli relativi a fenomeni soggettivi - la cui esistenza dipende dagli attori, dalla loro cultura, dai loro valori - come i sogni, le idee e le stime, da fatti presenti a fatti collocati nel passato, spesso addirittura inaccessibili all’attore.

8 Adattato da Nørreklit H. (a cura di) (2017), A Philosophy of Management Accounting. A Pragmatic

Constructivist Approach, Routledge, New York, pag. 35.

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Tuttavia, se l’accessibilità ai fatti non è fondamentale, ciò che necessariamente deve essere presente ed accessibile sono le prove poiché sono l’unico mezzo attraverso il quale è possibile rivendicare l’esistenza del fatto; queste sono quindi necessarie per poter affermare che una data cosa o fenomeno siano realmente dati di fatto. L’evidenza è perciò fondamentale per verificare che un’affermazione non si riferisca solamente all’immaginazione dell’attore, ma alla presenza di uno stato reale del mondo, per dare prova che il fatto non esiste solamente nella mente di chi parla.

Come appena detto i fatti possono essere qualsiasi tipo di fenomeno di cui vi siano prove sufficienti a dimostrarlo e perciò qualsiasi tipo di metodologia - qualitativa o quantitativa - che sia in grado di produrre prove può essere utilizzata per analizzarli. Allo stesso tempo, però, le prove possono essere contestate in qualsiasi momento e questo comporta la perdita dello status di fatto: il concetto di fatto non è assoluto. Infatti, se le prove future dovessero dimostrare che l'affermazione fosse errata, il fatto perderebbe il suo status e secondo quello nuovo non lo sarebbe mai stato. Nonostante tale perdita, però, questo non sta a significare che tale affermazione sia falsa poiché, sebbene vi sia una mancanza di prove sufficienti a dimostrarne la veridicità, questa rimarrebbe comunque vera. Pertanto, si richiede che le prove dispongano della caratteristica della durabilità affinché vi sia una minore probabilità che venga a mancare il riconoscimento del fenomeno. In questo modo tutto può essere considerato un fatto purché esistano per questo prove adeguate.

Quando ci riferiamo a un fenomeno come un dato di fatto, perciò, gli stiamo conferendo uno status speciale alla base del quale c’è un comportamento attivo da parte dell’attore; pertanto, niente può essere considerato come un fatto prima che sia stato accuratamente riconosciuto e stabilito come tale da parte dell’attore. La definizione di qualcosa come un fatto è quindi un’attività cognitiva sociale: i fatti, in questo senso, sono tutti costrutti sociali. Emerge così il collegamento tra la filosofia empirista e la dimensione dei fatti dato che è proprio grazie alle capacità dell’attore di sperimentare e osservare fenomeni nel mondo che è possibile riconoscere i fatti. Questi, infatti, sono definiti attraverso l’osservazione di cose o fenomeni che esistono indipendentemente dalla loro osservazione e dalla conoscenza umana. Tuttavia, la conoscenza fattuale è necessaria per l’attore che intende agire intenzionalmente e avere una base solida come riferimento per essere sicuro dell’efficacia delle proprie azioni e ridurre il rischio di fallimento.

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Sicuramente però, laddove i fatti riguardino il futuro, oltre ad una conoscenza fattuale è necessaria per l’attore anche la sua capacità di apprendimento dal passato poiché gli permette di assicurarsi l'affidabilità degli eventi.

Nonostante quanto affermato, i fatti sono una condizione necessaria - dato che senza questi non esisterebbe nessuna realtà - ma non sufficiente per la costruzione di tale realtà in una teoria incentrata sull'integrazione.

1.3.1.2 Possibilità e dimensione logica

In generale, quando ci riferiamo a qualcosa come “possibile”, intendiamo dire che attualmente non è presente nel mondo che ci circonda, ma che ben presto potrebbe farne parte perché è qualcosa che può essere fatto, messo in pratica, realizzato; al contrario, dire che non è possibile significa che, qualunque cosa accada, non diventerà reale. Il termine ‘possibilità’ collega quindi, in modo non deterministico, il presente al futuro e aggiunge un orizzonte di possibili stati futuri all'insieme degli stati fattuali inclusi nella realtà presente (Figura 1.49). Questo sta a significare che gli accadimenti futuri non sono predeterminati, ma dipendono dall’azione intenzionale dell’uomo, dal suo modo di agire; le possibilità diventeranno quindi stati di fatto a seconda dell’impostazione data dall’attore al corso degli eventi.

Per ogni individuo determinare il proprio futuro e prendere decisioni scegliendo tra le molte possibilità che ogni giorno il mondo gli mette a disposizione vuol dire realizzarsi, sentirsi vivo, vuol dire prendere in mano la propria vita ed essere l’artefice del proprio futuro. Di

9 Adattato da Nørreklit H. (a cura di) (2017), A Philosophy of Management Accounting. A Pragmatic

Constructivist Approach, Routledge, New York, pag. 41.

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fronte a questa infinità di opportunità l’attore si trova a pensare “Quali di queste possibilità posso realizzare?” “Che cosa è necessario che io faccia per far sì che queste non restino tali, ma si trasformino in dati di fatto?”. Innanzitutto, prima ancora di determinare quali delle sue possibilità desideri realizzare attraverso il suo modo di agire, è fondamentale che l’attore stesso abbia la capacità di percepire e riconoscere il fenomeno come una possibilità, e solo a questo punto capire che cosa sia possibile fare per lui e che cosa non lo sia.

Le decisioni che il soggetto dovrà prendere durante il corso della sua vita sono molte e varie, da quelle più semplici e quasi prive di conseguenze a decisioni complesse che determineranno il suo futuro: si parla di scelte relative al supermercato in cui fare spesa e all’educazione, di decisioni in merito agli amici da frequentare e alla professione da svolgere, scelte relative al luogo in cui abitare piuttosto che all’outfit da indossare per una particolare occasione. Tuttavia, qualunque sia l’entità delle conseguenze di ogni singola scelta, questa deve essere effettuata dall’attore tra le moltissime possibilità che gli si pongono di fronte e, inoltre, deve essere in grado di giudicare quali tra queste potrà realizzare. Quello che poi è fondamentale tenere presente è che le possibilità sono relative: ciò che è possibile per alcuni attori potrebbe essere impossibile per altri e quindi, distinguere tra ciò che è reale e ciò che non lo è, risulta difficile quando si tratta di opportunità. Ad esempio, supponiamo la presenza di due attori, un paracadutista e un soggetto che soffre di aerofobia, e l’opportunità di lanciarsi da un aereo con il paracadute. Ovviamente, se l’attore ha paura di volare, non solo non prenderà in considerazione l’idea del lancio, ma neanche salirà sull’aereo; dunque, non vedrà tale opportunità come una possibilità concreta contrariamente al paracadutista che non esiterebbe un solo secondo a sfruttarla.

Più precisamente, per determinare il confine tra possibile e impossibile non è sufficiente tenere presente a quale individuo si stia facendo riferimento perché tale confine è determinato anche attraverso l'esperienza e l'apprendimento del singolo. Questo, dunque, è mutevole e sempre soggetto a cambiamento con la crescita delle conoscenze e delle esperienze, facendo così costantemente variare le possibilità di azione del soggetto con il passare del tempo. Affermare così che un'azione specifica o un evento è possibile in una data situazione, introduce una prospettiva soggettiva che delinea e definisce determinate possibilità, mentre una prospettiva diversa ne delinea altre.

Sulla base di quella che quindi è l’esperienza, la conoscenza e la consapevolezza di ciò che è stato fatto e di sé stesso, l’attore sceglierà attraverso le varie possibilità quali valori

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realizzare e come realizzarli prendendo in considerazione i fatti passati per orientare la sua decisione nel futuro, riuscendo così ad agire intenzionalmente.

Nella relazione attore-mondo, nonostante l'attore stesso sia quindi libero di agire e possa pensare che qualsiasi cosa sia possibile, è solo combinando la conoscenza fattuale sul mondo con le sue abilità che riesce a concepire le possibilità concrete, senza le quali non vi sarebbe futuro. Per essere possibili nella pratica, quindi, le opportunità devono essere specifiche in relazione agli attori che ne hanno le competenze per realizzarle; quando qualcosa è una possibilità su cui l’attore può agire, allora si parla di possibilità concreta.

Le possibilità concrete possono essere distinte in due tipologie10:

- possibilità che riguardano cosa gli attori possono fare, alle quali ci riferiamo utilizzando espressioni come “Puoi farlo” o “Hai le capacità per farlo”;

- possibilità che esprimono ciò che può accadere indipendentemente dall’attività dell’attore e alle quali si fa riferimento con frasi del tipo “Può accadere” o “Potrebbe succedere”.

Le due tipologie appena menzionate sono spesso collegate in quanto gli attori usano le loro possibilità per innescare o prevenire eventi che sono possibili. Oltre a quelle concrete, si distinguono poi le possibilità astratte, ovvero costrutti teorici che lasciano intendere che qualcosa sia possibile in teoria, sebbene possa essere impossibile nella pratica. Questi, infatti, sono costrutti logici senza basi concrete come lo sono i sogni o le illusioni.

Grazie all’operazione logica di negazione della conoscenza fattuale è possibile produrre un gran numero di possibilità logiche e quindi tutto ciò che è immaginabile diventa logicamente possibile. Di tutte le idee concepite alcune sono molto interessanti, altre banali, alcune possono nascere riflettendo sul futuro, altre sul passato, altre ancora possono persino essere possibilità concrete che potrebbero essere realizzate. Tuttavia, sostenere che qualcosa sia logicamente possibile non implica che sia realmente realizzabile, ma solo che può essere immaginato e pensato poiché potrebbe essere impossibile per una svariata serie di ragioni. Riprendendo l’esempio precedente del lancio con il paracadute possiamo sicuramente dire che è logicamente ma non tecnicamente possibile effettuarlo da un comune aereo su un pianeta che non sia la Terra o su qualsiasi altro corpo celeste. Ipotizziamo allora di essere sulla Luna, satellite della Terra. La quasi assenza di forza di gravità stravolgerà tutte le leggi della fisica che vengono rispettate sul nostro pianeta e, inoltre, l’infrastruttura - l’aereo

10 Nørreklit H. (a cura di) (2017), A Philosophy of Management Accounting. A Pragmatic Constructivist

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utilizzato sulla Terra - non sarebbe idonea per viaggiare attorno al satellite dove le condizioni climatiche son ben differenti da quelle presenti sul nostro pianeta. Dunque, sebbene l’attività di paracadutismo fosse teoricamente possibile sulla Luna, la realizzazione di questa è resa impossibile dalle problematiche appena messe in luce. Nonostante ciò, anche supponendo di oltrepassare tali limiti, potrebbero emergere nuove condizioni che non è stato possibile prendere in considerazione ma che potrebbero comunque compromettere la buona riuscita del lancio. Per questo motivo tutte le condizioni sono necessarie ma non sufficienti affinché le possibilità teoriche possano diventare concrete.

Le possibilità, a differenza dei fatti che vengono determinati dall’attore attraverso l’osservazione e l’esperienza, non possono essere identificate nello stesso modo poiché risulta impossibile osservarle direttamente dato che si fa riferimento a qualcosa che non è presente, a qualcosa che non ha un proprio aspetto fisico e quindi non può essere percepito attraverso i cinque sensi. L'unico modo per definire le possibilità è attraverso la riflessione che ne permette la costruzione e il riconoscimento attraverso l’utilizzo delle operazioni logiche; tale riconoscimento è il risultato dell'apprendimento e delle esperienze passate di cui l’attore ha fatto tesoro.

Il passaggio da un insieme di fatti alla presenza di possibilità deriva da una riflessione sistematica che non crea solo insiemi di possibilità, ma che le organizza anche in base alla loro probabilità e alle condizioni in cui possono essere realizzate. Tale organizzazione è quindi il risultato dell'applicazione di procedure logiche per l’analisi dell’eventualità di realizzazione delle varie alternative relative ai fatti concreti. Secondo quanto riportato da Seal e Mattimoe (2014), Nørreklit afferma infatti che le possibilità sono “constructs of

something that does not presently exist based on something that does exist […] and to construct possibilities, one must perform logical operations” 11.

Così come la dimensione dei fatti non è sufficiente per la creazione della realtà, anche la logica è di per sé insufficiente a questo fine; tuttavia, in assenza di questa, non vi sarebbe realtà alcuna. A questo scopo è allora necessaria, ma non ancora sufficiente, l'integrazione di fatti e possibilità poiché i concetti usati per descrivere i fatti portano sempre con sé molte informazioni sulle possibilità di azione. Ad esempio, il fatto di avere un computer significa avere la possibilità di comunicare indipendentemente dalla distanza tra gli interlocutori, ma anche scrivere attraverso una tastiera piuttosto che con la penna, così come una porta aperta

11 Seal W. e Mattimoe R. (2014), “Controlling strategy through dialectical management”, in Management

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da l’opportunità di chiuderla o di mantenerla come tale. Le proprietà logiche sono quindi una condizione necessaria ma non sufficiente per la costruzione della realtà e permettono il collegamento dei fatti presenti ad un futuro che è un orizzonte aperto di possibilità indeterminate.

1.3.1.3 Valori e dimensione motivazionale

I valori, così come le possibilità, sono al di fuori della portata della percezione diretta e, non avendo una propria forma fisica, vengono appresi attraverso l'esperienza e l'apprendimento. L’insieme di questi, infatti, non è innato ma si costruisce, si modifica e si amplia con il passare del tempo grazie alla socializzazione e alle esperienze personali dell’attore. Tuttavia, può essere motivo di confusione anche per l’attore stesso comprendere quali siano i suoi valori e, a maggior ragione, capire quali siano quelli degli attori che lo circondano e con i quali interagisce e coopera ogni giorno.

Se qualcuno chiedesse loro “Quali sono i tuoi valori?” oppure “Cosa sei disposto a fare pur di vederli realizzati?”, alcuni avrebbero sicuramente delle pronte risposte da dare, altri invece, probabilmente la maggior parte, avrebbero delle difficoltà nel dare una risposta. Questo fondamentalmente perché l’uomo difficilmente si interroga su che cosa siano i valori, sul motivo per il quale è portato a prendere determinate decisioni piuttosto che altre, su quali valori ritiene propri e quali quelli che gli vengono “imposti” dalla società.

A differenza della teoria economica neo-classica, l'approccio del costruttivismo pragmatico non assume un particolare insieme universalistico di valori individualisti, perciò ogni individuo ha valori propri che si rivelano attraverso i suoi sentimenti e le sue emozioni. Queste hanno una funzione cognitiva quando sono collegate a eventi o situazioni poiché ci informano sui valori fondamentali del soggetto: le emozioni positive come la gioia e la felicità comunicano che l'evento o la situazione si accordano con i valori dell'attore, mentre le emozioni negative dimostrano il contrario. Se l’attore dopo una giornata passata in compagnia di un amico è felice, questo significa che l’amicizia è per lui un valore importante, una costante che vorrebbe mantenere nella sua vita. Diversamente, se l’attore ama gli animali e vede qualcuno che li maltratta, i sentimenti che lo pervaderanno saranno quelli relativi alla rabbia e al disprezzo verso il soggetto maltrattante.

Osservando l’attore nei suoi comportamenti e attraverso le sue emozioni e sentimenti è allora possibile capire, almeno in parte, quali siano i suoi valori soggettivi. A complicare le cose vi è però il modo in cui i valori si mostrano attraverso i sentimenti poiché differisce da

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persona a persona; se c’è chi alla triste notizia della morte di un caro reagisce con urla, pianti e rabbia incontrollabile, c’è chi invece, dall’altra parte, resta per lo più impassibile, come se l’avvenimento non lo riguardasse. Questo non significa che il soggetto è disinteressato all’accaduto, non sta a significare che non prova dolore o tristezza, è solo un modo diverso di esprimere i propri sentimenti. Inoltre, un altro problema è relativo al fatto che spesso le persone tendono a nascondere le proprie emozioni per non lasciar trasparire ciò che veramente sono, vuoi come forma di corazza per difendersi dal mondo, vuoi come strumento per ingannare altri attori.

Nonostante le differenze nella manifestazione dei valori e nell’insieme di questi per ogni individuo, la cosa che li accomuna è certamente il fatto che sono la forza motivante per l’azione delle persone. I valori prestano energia per la ricerca dei fatti e l'analisi delle possibilità e forniscono l'unica ragione per scegliere tra possibilità alternative. Tale scelta, però, potrà essere fatta e avrà successo solamente se l’attore avrà dei propri valori di base e se questi rientreranno tra le sue possibilità, altrimenti non potrà decidere cosa fare, indipendentemente dal numero di opportunità a sua disposizione. L’attore infatti agirà solamente se tra le infinite possibilità tra cui si trova a scegliere ve ne è almeno una che rientri all’interno della sua gamma di valori; se nessuna di queste li rispecchia, egli non compirà nessuna azione oppure agirà contro i propri valori, andando probabilmente a soddisfare quelli comunemente accettati della società. Così facendo però, nonostante appaia in modo positivo agli occhi degli altri, l’attore percepisce la sua attività come una sconfitta perché non vi è stata l’integrazione tra le sue possibilità fattuali e i suoi valori individuali.

Precedentemente si è parlato di valori individuali e valori accettati dalla società, ma qual è fondamentalmente la differenza tra i due? I primi, definiti anche valori intrinseci o di base, sono i valori di uno specifico attore e sono dunque soggettivi; possono essere ragionevoli o meno, ma sono comunque i veri motivatori dell’azione, sono gli obiettivi che l’attore si pone di realizzare. I valori sociali invece, indicati anche con i termini ‘strumentali’ o ‘oggettivi’, sono quelli che vengono imposti dalla società agli attori per far sì che questi non si allontanino eccessivamente da determinate leggi e regole che si intende far rispettare. Riprendendo il discorso sui valori di base, possiamo affermare che sono proprio questi a rivelare le aspirazioni e le preferenze dell’attore, che ci mostrano quali sono le cose che hanno un significato nella sua vita e senza le quali si sente smarrito, quali sono i motivi che lo spingono ad andare avanti. Tutto questo dipende unicamente da ciò che l’attore ama e trova affascinante e l'unico modo per determinarlo è la sua esperienza di vita. I suoi valori

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sono le persone che ama e di cui intende prendersi cura, sono le attività che svolge o che vorrebbe realizzare, sono gli obiettivi raggiunti e quelli prefissati, sono il desiderio di resistenza e di continuità di ciò in cui crede e a cui tiene. Per ogni individuo perseguire i propri valori di base vuol dire cercare di fare il meglio che può affinché questi siano realizzati, affinché si mantengano le condizioni che desidera, affinché i suoi obiettivi vengano raggiunti; se l'attore crede che il suo modo di agire realizzi i suoi valori, allora deve farlo, diversamente mentirebbe a se stesso. Pertanto, in un mondo privo di regole e leggi, se un attore ritenesse giusto barare durante una competizione perché possa vincerla, dovrebbe farlo altrimenti sopprimerebbe i suoi valori; se fosse un giocatore leale rispetterebbe certamente i valori strumentali, ma non i suoi, e per questo non sarebbe soddisfatto. L’attore che realizza i propri valori, infatti, è una persona felice, contenta, appagata, è una persona che si sente realizzata, soddisfatta della realtà che sta costruendo attraverso la sua relazione con il mondo. Quando i valori soggettivi, contrariamente, non prosperano allora l’attore è come chiuso in un mondo che non gli appartiene e vive è in una realtà inquietante, piena di tristezza e malinconia, fino al punto di diventare apatico e passivo. Inoltre, esistono i valori di base comuni che la maggior parte degli attori considera un buon comportamento sociale: si tratta di disponibilità, cordialità, sincerità, tolleranza e correttezza. Questi sono valori etici e sono necessari in una società in cui i partecipanti hanno bisogno di fidarsi l'uno dell'altro, in una società in cui le persone vogliono cooperare senza dover temere gli altri.

I valori strumentali, d'altra parte, completano i valori di base e sono preziosi perché utili per garantire o raggiungere altri valori. Questo attributo di valori strumentali può farli dominare, almeno temporaneamente, i valori soggettivi che dovrebbero servire. Ad esempio, la lealtà è un valore strumentale nel raggiungere qualsiasi altro valore e il suo perseguimento, a volte, può diventare un fine in sé piuttosto che un mezzo per ottenere un valore soggettivo, facendo sì che l'attore opprima, dimentichi e rinunci ai suoi valori fondamentali. Vi sono poi i valori moderni di ricchezza e fama e i valori tradizionali di coraggio e onestà che vengono oggettivati dal sistema istituzionalizzato della società al fine di disciplinare i cittadini affinché agiscano nel modo desiderato da questa.

Sebbene i valori sociali siano principalmente strumentali per l’attore, per alcuni ottengono lo status di valori soggettivi. Il controllo sociale esercitato dai valori strumentali, così, influenza fortemente la possibilità delle persone di realizzare i propri valori e quindi di vivere una vita secondo le proprie aspettative. Se i valori dell'attore sono in contrasto con quelli oggettivati dal sistema istituzionale, allora la sua capacità di agire sarà limitata

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dall'organizzazione sociale e diventerà fondamentale organizzare le attività in modo da integrare i valori strumentali e quelli personali per evitare un'eccessiva strumentalizzazione della propria vita. Nel fare ciò, l’attore cerca inoltre di organizzare quest’ultima per ottenere la migliore realizzazione possibile del suo insieme di valori - sia di base che strumentali - che ha sviluppato durante il corso della vita e che si alternano nel motivare le sue attività. Nonostante questo insieme di valori non sia innato, né tantomeno fisso e immodificabile, non sempre l’attore riesce a realizzarlo al meglio e viene così a crearsi una differenza tra i suoi valori e quelli effettivamente realizzati. L’obiettivo sarà allora quello di agire per ridurre o addirittura superare il gap che si viene a creare tra la realtà e i suoi desideri (Figura 1.512).

In definitiva, il successo dell’attore arriva solo se riesce a realizzare i suoi valori personali poiché la realizzazione di quelli strumentali è per lui insufficiente; questo, infatti, lo porterebbe a raggiungere obiettivi di alto valore sociale, ma non lo renderebbero appagato nel caso in cui divergessero dai suoi valori di base. Questi, per l’appunto, potranno essere realizzati solo se si trovano nel raggio delle sue possibilità fattuali e pertanto l’attore cercherà di sviluppare la sua realtà in modo tale che queste si adattino ai suoi obiettivi. Quindi, sebbene la realtà non esista senza valori, anch’essi sono una condizione necessaria ma non sufficiente per qualsiasi definizione della realtà umana.

1.3.1.4 Comunicazione e dimensione sociale

La comunicazione fa parte di ogni cosa che facciamo e di ogni ruolo che interpretiamo; non soltanto le parole, ma anche ogni singola azione, espressione o movimento comunica,

12 Adattato da Nørreklit H. (a cura di) (2017), A Philosophy of Management Accounting. A Pragmatic

Constructivist Approach, Routledge, New York, pag. 45.

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deliberatamente o involontariamente, qualcosa a chi ci sta di fronte semplicemente perché il linguaggio del corpo e i modi di fare sono dei potentissimi mezzi di comunicazione. A confermarlo è lo psicologo statunitense Albert Mehrabian13 che ha stabilito, attraverso degli esperimenti, che solamente il 7% di tutte le informazioni che ci arrivano da un discorso passa attraverso le parole, mentre il restante, che è comunicazione non verbale, ci perviene per il 38% dal tono della voce e per il 55% dai segnali di mani, braccia, gambe e piedi14. Se un

pollice alzato, così come il movimento della testa dall’alto verso il basso, per esempio, sono gesti che esprimono consenso e accettazione, l’alzata di spalle (“fare spallucce”) è un segnale universale di chi non sa che cosa stia succedendo, mentre muovere la lingua sulle labbra indica in genere piacere, ma se le sopracciglia sono sollevate e unite è indice d’ansia. Insomma, il corpo umano è proprio un bravo comunicatore, ma parla una lingua che spesso non conosciamo e invia messaggi che perciò travisiamo.

La comunicazione è quindi particolarmente versatile, flessibile, facile da produrre; si comunica attraverso uno sguardo o la parola, con fogli di carta o dispositivi digitali, attraverso frasi complesse o con semplici immagini. La comunicazione è libera, è creatività, è aperta a qualsiasi mezzo che possa trasmettere informazioni ed è fatta per esprimere tutto ciò che possiamo pensare; non importa come si comunica, basta farlo. Per funzionare, però, deve essere integrata poiché, diversamente, non avrebbe contenuto e sarebbe solamente uno scambio di suoni o segni. È necessaria quindi una corrispondenza tra suoni, segni e il loro significato in modo tale da permettere alla comunicazione di trasformarsi in un dialogo attraverso il quale i soggetti possano capirsi e di poter integrare e trasmettere fatti, possibilità a valori. Effettivamente l'integrazione porta all'azione senza che sia necessaria alcuna causalità aggiuntiva, ma questo non è sufficiente per arrivare alla realizzazione dell’azione sociale in quanto non esiste comprensione reciproca tra gli interlocutori. Infatti, poiché senza comunicazione potrebbe esistere un mondo di cose, ma non una realtà sociale o istituzionale, Nørreklit afferma: “Without communication, only individual reality exists: there is no

intersubjective socially organized reality and neither companies nor institutions to be

13 Albert Mehrabian (1939) è uno psicologo statunitense di origine armena ed è famoso per le sue pubblicazioni sull'importanza degli elementi non verbali nella comunicazione faccia a faccia.

14 Queste percentuali derivano da esperimenti riguardanti la comunicazione di sentimenti e di atteggiamenti e pertanto non sono applicabili a contesti diversi e più complessi.

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managed. Such disconnected “reality” is, however, not possible because communication is a necessary aspect of individual reality”15.

Attraverso la diffusione e la conoscenza di frammenti di costruzioni della realtà di ogni singolo attore, la comunicazione permette dunque loro di connettersi e capirsi, di cooperare, sostenersi e fidarsi l’uno dell’altro. La fiducia è infatti un elemento rilevante per agire con successo all’interno di una realtà intersoggettiva poiché grazie a questa si riesce ad avere la fusione dei loro costrutti e la loro collaborazione con lo scopo di creare pratiche comuni e un ambiente istituzionale (cioè regole, regolamenti, autorità) in cui operare.

Attraverso la cooperazione delle persone e l’accesso ai loro mondi soggettivi si ottiene un’oggettivazione delle prime tre dimensioni della realtà, riuscendo così a stabilire concetti e modelli che possono essere utilizzati nella pratica; l’insieme di questi, delle prospettive accettate, dei ragionamenti e dei processi decisionali di un attore in relazione ad una specifica situazione sono racchiusi dal termine greco topos (Figura 1.6).

I topoi quindi, essendo i concetti e gli argomenti usati da un attore in un determinato contesto sociale, sono personali poiché si sviluppano in base all’esperienza di vita e di apprendimento dell’attore stesso e, a causa dell’infinità di informazioni disponibili e del pochissimo tempo a disposizione per analizzare le possibilità che permettono di soddisfare i valori, questi vengono utilizzati per prendere decisioni e organizzare discorsi in modo più veloce. Pertanto, essendo strumenti comunicativi di base applicati alla costruzione del mondo sociale, permettono di facilitare la comunicazione, la cooperazione e il dialogo tra persone che

15Seal W. e Mattimoe R. (2014), “Controlling strategy through dialectical management”, in Management

Accounting Research, Vol. 25, p. 232.

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condividono gli stessi topoi, mettendo così in mostra anche la loro potenza come strumenti nel processo organizzativo.

Proprio grazie alla comunicazione del suo topos l’attore si posiziona nel mondo sociale e delimita l’essenza del ruolo da svolgere, mostrando così le prestazioni attese e le proprie ambizioni in modo tale che il topos diventi una sorta di linea guida per la modalità con cui svolgere le proprie attività. Non sempre, però, il costrutto di realtà del soggetto si unisce perfettamente con la realtà pratica in cui opera e quindi non potrà agire efficacemente se le parti rilevanti della sua costruzione non sono unite e integrate nella pratica.

Gli attori dunque, una volta connessi, creano complesse forme organizzate di attività e pratiche sotto forma di imprese, istituzioni e società alle quali è lasciato il compito di coordinare i vari topoi soggettivi dei suoi membri per formare un'unità coerente. Questo viene fatto sviluppando una serie di abitudini comunicative e argomentative che diventano i

topoi dell'organizzazione e che, in quanto tali, formando il ragionamento pratico

dell’organizzazione, sono utilizzati non solo per comprenderla, ma in particolare per organizzarla, gestirla e controllarla. Se un'organizzazione non creasse i suoi topoi comuni con cura, non potrebbe utilizzare le capacità dei suoi membri nel momento in cui questi si trovassero a lavorare insieme poiché dovrebbero scontrarsi con il problema della mancanza di un topos comune. Il fatto che quest’ultimo integri una varietà di prospettive soggettive spiega anche perché i topoi variano fondamentalmente per ogni unità aziendale: sono una soluzione creativa al problema di coordinare la complessità delle prospettive soggettive. I

topoi, quindi, sono la realizzazione del modo specifico in cui, in una situazione, la struttura

concettuale viene applicata nell'organizzazione allo scopo di organizzare il lavoro, creare e modificare ruoli, fare piani e prendere decisioni: sono gli strumenti pratici con cui l'organizzazione funziona come tale. Sebbene qualsiasi sistema di questo tipo abbia una sua vita, non esiste indipendentemente dalla comunicazione umana.

In conclusione, anche la comunicazione, così come le altre dimensioni del costruttivismo pragmatico, non è sufficiente per la costruzione della realtà umana; infatti, perché l’attore abbia successo è necessaria la presenza delle quattro dimensioni, ma è sufficiente la loro integrazione.

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1.3.2 Integrazione

Il costruttivismo pragmatico afferma che, affinché le azioni dell’attore abbiano successo, la sua costruzione della realtà deve integrare le quattro dimensioni fondamentali in modo tale da rendere il costrutto operativo e funzionante nella pratica. Contrariamente, se le dimensioni non fossero adeguatamente integrate nelle relazioni operative, le azioni tenderebbero a fallire.

Il problema pratico sta nel capire come queste quattro condizioni possano essere integrate, ovvero capire se sia possibile definire una procedura in base alla quale tale integrazione possa essere raggiunta. L’attore, agendo intenzionalmente nel tentativo di realizzarsi, basa la propria attività su possibilità concrete che, a loro volta, si basano su dati di fatto. Nonostante l’azione risulti possibile perché legata ad opportunità reali, ciò non è sufficiente per provare che questa venga portata a termine poiché è necessario che l’attore stesso sia favorevole a svolgerla. Inoltre, questo accadrà solo se tra le possibilità di azione a sua disposizione ve ne è almeno una che gli permetta di materializzare i suoi valori personali, altrimenti non sarà motivato ad agire. Nel momento in cui deciderà di farlo, dunque, andrà a cogliere non solo un’opportunità concreta e per la quale ha le competenze e le capacità necessarie per realizzarla, ma soprattutto un’opportunità che gli permetta di soddisfare i propri valori. Inoltre, è fondamentale tener presente che gli attori vivono in contesti sociali in cui è quindi indispensabile che la comunicazione trasmetta la loro struttura integrata di fatti, possibilità e valori in modo da consentirgli di formare un topos condiviso come base per la pratica (Figura 1.716). Tali strutture integrate, però, sono sì resistenti al cambiamento,

ma non statiche; infatti, cambiano, in meglio o in peggio, a seconda di quelle che sono le esperienze dell’attore, sia individuali che sociali.

Una comunicazione che integra tutte le dimensioni, perciò, consente all'attore di distinguere tra reale e illusorio e definisce la condizione sufficiente per agire e avere successo. Tuttavia, se la persona perde la fiducia nel proprio costrutto integrativo a causa di esperienze negative, sperimenta una disintegrazione che potrebbe rendere la sua situazione caotica, portandola fino ad una condizione di esasperazione dovuta al fatto di non sapere più come agire. Il funzionamento della pratica, dunque, dimostra se l'integrazione è possibile.

16 Adattato da Nørreklit H., Nørreklit L. e Mitchell F. (2010), “Towards a paradigmatic foundation for accounting practice”, in Accounting, Auditing & Accountability Journal, Vol. 23, Issue: 6, pag. 747.

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Nel momento in cui l’attore entra in azione va incontro al problema del divario che si ha tra la conoscenza teorica, che è astratta, e la conoscenza pratica che, invece, è concreta e specifica. Tale divario è tanto minore quanto maggiore è la capacità dell’attore di mettere in pratica con successo la conoscenza teorica, vale a dire applicarla nella pratica dopo aver apportato le necessarie modifiche per adattarla al contesto. Il prerequisito per farlo è l’integrazione delle quattro dimensioni nella sua conoscenza teorica che gli consente di diventare conoscenza pratica, cioè conoscenza applicabile nella pratica. L'integrazione è quindi il mezzo attraverso il quale la teoria può diventare pratica con successo e aprire prospettive sul futuro. Ma come è possibile che questo accada? Un punto centrale nella costruzione della realtà è che l'integrazione avviene attraverso la strutturazione degli eventi nel tempo. Questo sta a significare che:

- i dati di fatto forniscono la base storica, il passato;

- la dimensione dei valori stabilisce un impulso per il futuro e per la resistenza; - la comunicazione viene utilizzata per stabilire la simultaneità tra gli interlocutori; - le leggi della logica, invece, sono senza tempo e consentono perciò all’attore di

muoversi liberamente al suo interno.

Questa struttura temporale è essenziale per l'attività dell’attore, poiché gli permette di stabilire e strutturare il proprio futuro in modo consapevole.

1.3.3 La validità del costrutto

Quando una costruzione della realtà integra al suo interno le quattro dimensioni si parla di validità del costrutto. Dunque, la validità di qualsiasi quadro concettuale e, implicitamente, di qualsiasi teoria si ha se e solo se integra adeguatamente tutte le dimensioni, altrimenti è

Figura 1.7 Il processo di integrazione del costruttivismo pragmatico

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un’astrazione poiché esprime solo un sottoinsieme delle dimensioni necessarie, riflettendo solo alcuni aspetti della realtà. Pertanto, le affermazioni possono essere vere espressioni di alcuni aspetti della realtà senza essere valide. Affermare che l’aereo è un mezzo di trasporto economico per spostamenti a lunga distanza è sicuramente un’affermazione vera, ma può essere un’espressione della realtà non valida poiché potrebbe non prendere in considerazione le possibilità economiche degli attori. Quindi, ai fini della determinazione della validità, è necessaria una metodologia interpretativa che integri la valutazione empirica dei fatti, la valutazione logica delle possibilità, i vari modi di stimare i valori e la valutazione dei mezzi di comunicazione a disposizione del soggetto.

A livello organizzativo, inoltre, l'approccio attore-realtà può aiutare a valutare il successo o il fallimento di particolari quadri di controllo di gestione attingendo al criterio della validità pratica. Infatti, quando in questo ambito si parla di validità del costrutto si fa riferimento al fatto che la pratica dell’organizzazione sia basata sulla realtà piuttosto che su illusioni o elementi immaginari degli attori. Quindi, anche nel caso specifico di una realtà aziendale, è necessario che, affinché questa funzioni, i suoi topoi siano validi, cioè integrino le dimensioni che formano la realtà. Pertanto, se i topoi non sono validi, cioè sono basati su un quadro concettuale astratto, questi perdono il contatto con la realtà e la capacità di controllare l'organizzazione; così, indipendentemente da quali tecniche vengano utilizzate per compensare la mancanza di validità, il futuro aziendale sarà incerto perché soggetto a possibilità e fortuna arbitrarie.

1.4 Costrutto di causalità

Il costruttivismo pragmatico offre uno schema che descrive le condizioni sufficienti per creare una causalità costruttiva efficace; questo sta a significare che è possibile, da parte dell’attore, far sì che le sue azioni possano influenzare causalmente il risultato desiderato, ma solo se vi è l’integrazione delle quattro dimensioni. Pertanto, affinché questi realizzi le proprie attività nella pratica, è necessario che, prendendo come punto di riferimento i dati di fatto, agisca attraverso possibilità concrete che gli permettano di soddisfare i suoi valori e che, inoltre, la comunicazione sia capace di trasmettere questa struttura integrata di fatti, possibilità e valori tra le persone coinvolte. In tal modo il costrutto della realtà così realizzato permette agli attori di essere utilizzato come base per intraprendere le azioni e avere successo.

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