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La ricerca del miglioramento continuo della qualità: il caso Azienda Sanitaria Regionale Molise

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DI PISA

Facoltà di Scienze Politiche

Corso di Laurea Magistrale in Comunicazione d’impresa e Politica delle risorse umane

“LA RICERCA DEL MIGLIORAMENTO CONTINUO:

IL CASO AZIENDA SANITARIA REGIONALE MOLISE”

Relatore Candidato

Prof. Marco Giannini Nicoletta Naclerio

Matricola 527641

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1

Indice

INTRODUZIONE………4

CAPITOLO I

LA QUALITA’ E COME OTTENERLA

1.1. La Qualità: definizione………...6

1.2. I cinque livelli della qualità………...12

1.3. Qualità soggettiva e qualità orientata al cliente………...14

1.4. Il CWQC e il TQM: i nuovi significati della qualità………...16

CAPITOLO II

KAIZEN - BENESSERE E MIGLIORAMENTO AZIENDALE

2.1. Il Kaizen………..25

2.2. I principi del Kaizen………32

2.3. Kaizen: l’Organizzazione………40

2.4. Le cinque regole Kaizen per aumentare la produttività in azienda……….47

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2

2.6. Concetti basilari del Kaizen: processi e risultati………....54

2.7. Kaizen - approccio Customer-oriented………...57

2.8. Deming e il ciclo PDCA……….61

2.9. Gli standard……….71

CAPITOLO III

QCD

– IMPRESA EFFICIENTE

3.1. Qualità, costo, delivery………..74

3.2. Kaizen Costing – un sistema di Cost Reduction………....79

CAPITOLO IV

IL CASO AZIENDA SANITARIA REGIONALE MOLISE

4.1. Presentazione dell’azienda………..87

4.2. Qualità e rischio clinico………..89

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3

BIBLIOGRAFIA……….98

SITOGRAFIA………...98

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Introduzione

Il Kaizen si è affermato come un significativo concetti della gestione aziendale. Esso presuppone attività volte a creare valore e a ridurre gli sprechi. Tali attività scaturiscono da un miglioramento continuo, che rappresenta una metodologia soft e graduale.

Si può migliorare senza fine e continuare a crescere? Si può e si deve, soprattutto in azienda. Il concetto di “gemba” indica l’applicazione del Kaizen al contesto rendendo possibile la risoluzione dei problemi reali. Si parla di una tecnologia del cambiamento, che offre alle persone che compongono il team aziendale la possibilità di individuare margini di miglioramento, piccoli e grandi e di creare soluzioni adatte ai problemi che si possono presentare.

La logica Kaizen, presentata inizialmente in Giappone e applicata successivamente in tutto il mondo, si basa sul principio che l’energia viene dal basso, ovvero sul fatto che il risultato in un’impresa viene raggiunto grazie al lavoro svolto da tutti all’interno dell’organizzazione e non soltanto grazie a quello svolto dal management. In Giappone, appunto, questo strumento si applica a tutti gli aspetti della vita quotidiana, diventando una vera e propria “filosofia” che presuppone che il nostro modo di vivere meriti di essere costantemente migliorato, sia che si tratti del nostro modo di lavorare, della nostra vita sociale o della nostra vita personale e

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5 familiare… “ogni cosa merita di essere migliorata”.

La logica è “fare le cose nel modo in cui andrebbero fatte”. E’ necessario creare un’ “atmosfera” di miglioramento continuo cambiando il proprio punto di vista e il modo di pensare per fare qualcosa di meglio rispetto a quello che già si fa. E’ proprio sull’applicazione sistematica e metodica di questo semplice principio che si è basata tutta la crescita economica del Giappone.

Il presente lavoro inizia con uno sguardo generale alla Qualità, dal suo significato alle metodologie che hanno permesso l’introduzione della Gestione della Qualità all’interno dell’azienda.

Nella seconda parte ho trattato il Kaizen, per capire cosa s’intende con tale “filosofia”, gli obiettivi e le figure coinvolte in tale ambito.

Nella terza parte, ancora, ho descritto gli obiettivi QCD della soddisfazione della clientela e il Kaizen costing, ovvero il sistema di riduzione dei costi che viene applicato ad un prodotto in produzione e che ha come fondamento la logica del miglioramento continuo.

Nella quarta parte, infine, ho presentato un caso aziendale, che ha come protagonista l’Azienda Sanitaria Regionale Molise, per avere chiare le modalità di applicazione della metodologia del miglioramento continuo.

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Capitolo I

La Qualità e come ottenerla

1.1. La Qualità: definizione

La qualità può essere definita come gli elementi o l'insieme degli elementi che determinano la natura, il modo di essere di una persona, di un prodotto o di un servizio.

Il concetto di qualità risulta essere molto variabile e dare una definizione univoca è abbastanza difficile. In generale però, se pensiamo alla qualità in ambito aziendale possiamo riassumere tutte le sue utilità e funzioni in un’integrazione tra efficacia ed

efficienza. Le aziende all’interno delle quali si raggiungono alti livelli qualitativi,

sono più efficienti, ossia, producono meglio spendendo di meno. Un’azienda, invece, è efficace quando ha raggiunto con successo gli obiettivi prefissati.

La qualità, all’interno delle realtà imprenditoriali, si traduce in un miglioramento nella produzione/fornitura di prodotti/servizi e contemporaneamente nella riduzione dei costi. Questo si verifica perché aziende la cui organizzazione o i cui processi non presentano livelli accettabili di qualità, sono caratterizzate da numerosi errori interni, tempi morti, scarsa coordinazione per cui numerose attività sono sovrapposte e disgiunte, spreco di risorse e mancanza di strumenti e procedure di raccolta di feedback per avviare un processo di miglioramento continuo. Tutto questo porta, da

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7 una parte, all’insoddisfazione del cliente, dall’altra parte ad un aumento dei costi. Ogni prodotto è sintesi di un insieme di elementi quali risorse, conoscenze, procedure organizzate e coordinate in una precisa struttura. Risulta quindi evidente che la qualità di un prodotto è direttamente legata al livello qualitativo raggiunto dalla struttura organizzativa stessa.

Il miglioramento della struttura aziendale nell’ottica della qualità è un procedimento abbastanza complesso. Servono non solamente risorse economiche, ma soprattutto capacità organizzative e conoscenze su cosa, nella pratica, contribuisca alla qualità. Per questo, è importante che ogni impresa intenzionata ad intraprendere un tale percorso sia guidata da esperti del settore.

Attualmente, la “qualità” rappresenta un obiettivo da raggiungere in tutti i settori dell'attività umana, una richiesta che giunge pressante dal mercato da coloro che acquistano ed utilizzano beni industriali e da chi usufruisce dei servizi, di qualunque tipo essi siano.

Nel linguaggio comune due sono i significati che riguardano il concetto di qualità di prodotto o di servizio: da un lato essa può essere vista come valore e come obiettivo dell’azienda nei confronti del mercato (qualità come adeguatezza all’uso), e dall’altro può essere considerata come caratteristica intrinseca del prodotto (la

rispondenza a delle specifiche). E’ un concetto relativo che, come tale, può essere

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8 oggettiva (gli aspetti tecnici che devono soddisfare le specifiche del cliente), ma anche di una parte soggettiva (gli aspetti che devono soddisfare le aspettative e i desideri del cliente). E’ un rapporto tra una realizzazione e un’attesa perché esprime il livello di corrispondenza tra le aspettative del cliente e il prodotto/servizio offerto: più le aspettative e il prodotto/servizio si sovrappongono, più questi saranno giudicati di qualità.

La qualità è “customer driven” perché i livelli di performance e di conformità sono stabiliti dai clienti e i clienti sono i soli deputati a valutare il livello di qualità. “La qualità è negli occhi dei clienti.” Se osserviamo la qualità dal punto di vista dei clienti è:

 design, sensazioni comunicate dal prodotto, affidabilità, ecc.;  valore (qualità rapportata al prezzo pagato per il prodotto/servizio). Invece, dal punto di vista delle organizzazioni è:

 conformità ai requisiti,

 un costo (costi di prevenzione, costi per controlli, costi dovuti a prodotti difettosi, costi per la gestione della garanzia, ecc.)

La percezione della qualità è, dunque, multidimensionale e può dipendere dalla natura del prodotto/servizio, dal contesto di riferimento (ciò in un determinato contesto viene considerato di qualità e in un altro di scarsa qualità), dalle aspettative, dalla percezione (basata sulle conoscenze specifiche del prodotto/servizio, sui

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9 valori, sulle emozioni, sulle informazioni raccolte attraverso la pubblicità, i media, gli amici) e dai bisogni al momento della valutazione.

Nel 1987, David Garvin individua 8 componenti della qualità: • la prestazione (“Il prodotto fa il lavoro richiesto?”);

• l’affidabilità (“Con quale frequenza il prodotto si guasta?”); • la durata;

• la manutenibilità (“La manutenzione può essere fatta facilmente, in tempi brevi e con costi bassi? Come funziona il servizio post-vendita?”);

• gli aspetti formali (“Come si presenta il prodotto? Ha un aspetto gradevole o un design superato?”);

• la funzionalità (“Cosa fa il prodotto? Si installa facilmente?”);

• la qualità percepita (“Qual è la reputazione dell’azienda fornitrice? Quanto devo aspettare perché il prodotto mi venga consegnato? Il manuale che è stato fornito col prodotto è chiaro?”);

• la conformità alle norme (“C’è aderenza alle specifiche? Il prodotto è sicuro? Il fornitore è stato capace di comprendere e interpretare secondo le normative i desideri del cliente? Esistono delle garanzie?”);

La qualità rappresenta per l’azienda la capacità di rispondere a diverse esigenze riconducibili principalmente a tre:

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10 - l’efficacia (qualità del prodotto/servizio);

- l’efficienza (contenimento dei costi e dei tempi); - l’elasticità (risposta al cambiamento).

Vediamo alcune definizioni della qualità:

 “Qualità - insieme delle proprietà e delle caratteristiche che

conferiscono ad un prodotto, ad un processo di lavorazione o ad un servizio, la capacità di soddisfare esigenze espresse o implicite (ISO 8402:1995)”.

 “Qualità - grado in cui un insieme di caratteristiche intrinseche soddisfa

i requisiti. Il termine qualità non esprime un livello di merito in senso comparativo. La qualità assume due aspetti fondamentali: quello della conformità alle norme e quello della gestione della qualità, intesa come filosofia complessiva di gestione strategica dell’azienda. (UNI EN ISO 9000:2000)”.

 “Qualità della vita - concetto che caratterizza la misura e il grado

secondo cui i contesti sociali (a livello locale, nazionale, internazionale) offrono effettive opportunità di combinazioni congrue tra gli ambienti fisico, naturale e sociale in vista di una progressiva armonizzazione tra bisogni

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11 dell’uomo e risorse ambientali. (Agenda 21)”

Nella definizione ISO, per requisito si intende “una esigenza o aspettativa che può essere espressa, implicita o cogente”, per grado o classe “la categoria attribuita a differenti requisiti per la qualità relativi a prodotti, processi o sistemi aventi la stessa utilizzazione funzionale”, per caratteristiche si indicano “gli elementi distintivi che possono essere intrinseci o assegnati, qualitativi o quantitativi e sono di vario tipo (fisici, sensoriali, comportamentali, temporali, ergonomiche, funzionali)”.

Si capisce quindi, che la qualità di un prodotto deve essere accompagnata dalla definizione di specifici requisiti i quali si suddividono in espressi, se richiesti esplicitamente dal cliente, impliciti, se dati per scontati, e cogenti se correlati alla rispondenza al dettato legislativo.

Le caratteristiche che contraddistinguono un prodotto possono distinguersi in

intrinseche e attribuite. Le prime sono da considerarsi il cuore della qualità, dato che

si riferiscono a tutto ciò che il cliente non è in grado di “percepire” sul prodotto con i mezzi a disposizione. Sono le caratteristiche più importanti e la loro visibilità può essere più difficile qualora l'azienda si allontani dai mercati di sbocco o per tutti quei prodotti che provengono da paesi poco conosciuti o realizzati con modalità tecniche ed operative completamente differenti. Le caratteristiche attribuite sono quelle che il consumatore può individuare, grazie alle informazioni direttamente riportate sul

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12 prodotto, come ad esempio il prezzo assegnato.

In conclusione, la qualità rappresenta un insieme di caratteristiche che possono riguardare il prodotto, il servizio, l’organizzazione, il sistema, la persona e così via; consiste, quindi, in un output, cioè il risultato del Sistema di Gestione della Qualità, che traduce le esigenze del cliente in obiettivi di produzione.

La definizione oggi universalmente accettata di Qualità è quella dell’American Society for Quality Control (ASQC), che non è altro che una sintesi di tutte le informazioni raccolte finora:

“La Qualità è l’insieme degli aspetti e delle caratteristiche di un prodotto, processo o servizio, da cui dipendono le sue capacità di soddisfare completamente un dato bisogno: caratteristiche fisiche, aspetto, durata, utilizzabilità, affidabilità, manutenibilità, supporto logistico, riparabilità, praticità.”

1.2. I cinque livelli della qualità

Bisogna considerare le dimensioni principali che caratterizzano la qualità e che si articola su cinque livelli: qualità attesa, percepita e ottenuta dal cliente a fronte della qualità programmata ed erogata dall'azienda.

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13 in grado di determinare il successo dell'azienda premiandola con il comportamento d'acquisto positivo del cliente per uno stato di soddisfazione in relazione ai bisogni e alle aspettative.

La qualità attesa identifica ciò che l’utente si aspetta dal bene o servizio come prestazione minima e le aziende devono essere in grado di rilevare queste esigenze, esplicite o meno, per fornire un prodotto che sia il più rispondente possibile alle necessità del cliente stesso.

La qualità programmata è la qualità che l’organizzazione si propone di raggiungere, cercando di tradurre le esigenze del cliente in requisiti da soddisfare. L’organizzazione dovrà inserire i requisiti come obiettivi di performance e svilupparli nelle fasi di progettazione e produzione dei beni o in quella di erogazione del servizio. La qualità programmata viene fornita come qualità erogata, ovvero la qualità associata al prodotto al termine del processo produttivo o di erogazione del servizio e fa riferimento ai livelli qualitativi realmente raggiunti. La qualità erogata realmente dall'azienda può essere peraltro condizionata dalla prestazione aggiuntiva di eventuali co-fornitori del servizio che contribuiscono così a definire la qualità

ottenuta dal cliente.

L’impresa si impegna ad avvicinare tali concetti al fine di evitare errori di valutazione delle attese del cliente che potrebbero poi avere ripercussioni sulle attività di progettazione e conseguentemente sull'offerta di beni, servizi e sulla

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14 formazione della qualità percepita dal cliente, fondamentale per un corretto posizionamento di un prodotto sul mercato.

Un errore nella qualità percepita può mutare sensibilmente il collocamento di un prodotto sul mercato e, conseguentemente, il riferimento ad un apposito target di consumatori, con gravi ripercussioni sull'equilibrio economico-finanziario aziendale.

1.3. Qualità soggettiva e qualità orientata al cliente

I giudizi qualitativi implicano valutazioni soggettive, poiché la qualità è relativa dal punto di vista di chi la valuta se ne possono dare definizioni diverse. Per ingegneri e progettisti la qualità si riferisce a misure di precisione e quindi a minime tolleranze, per chi si occupa di produzione, invece, preferiscono riferirla alla conformità alle specifiche di processo e di metodi per fare bene le cose sin dall’inizio.

Per un uomo di marketing qualità vuol dire prodotti capaci di migliori prestazioni, tecnologia avanzata e quant'altro sia in grado di aumentare il fatturato di vendita. La qualità è definita in termini di qualità del prodotto. Nessuna funzione aziendale guarda globalmente alla qualità, ma ciascuno dei punti di vista è in qualche modo corretto e può, insieme a tutti gli altri, contribuire a darne una definizione completa. C'è però un punto di vista che integra e supera tutte le definizioni interne della qualità ed è quello del cliente. Un prodotto può soddisfare gli ingegneri per la sua precisione,

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15 gratificare i tecnici di produzione perché è facile da fabbricare senza difetti e può piacere ai commerciali perché sperano di trarne grandi successi di vendita; ma se non è gradito ai clienti tutto il resto non serve. In questo senso più ampio il termine qualità contiene qualsiasi cosa il cliente percepisca coma importante, che si tratti di funzionalità, durata, facilità d'uso, disponibilità o estetica del prodotto.

La qualità come percepita dal cliente è ciò che determina il successo o il fallimento, perché condiziona la vendibilità di ciò che l'azienda propone sul mercato.

“Un prodotto o un servizio possono essere considerati vendibili se rispondono completamente alle esigenze globali dell'utilizzatore in termini di prezzo, tempo di consegna e adeguatezza all'uso. L'adeguatezza è normalmente identificata con la qualità ed è determinata da quelle caratteristiche del prodotto o del servizio che l'utilizzatore ritiene soggettivamente vantaggiose, (…). La valutazione dell'adeguatezza all'uso, e quindi della qualità, è di pertinenza dell'utilizzatore e non del costruttore, del fornitore o del venditore” [Joseph M. Juran].

A questo punto, è semplice constatare che il concetto di qualità ha rappresentato una novità rispetto alle precedenti visioni esclusivamente tecniche, poiché sposta l'attenzione dal prodotto o dal servizio a chi di tale prodotto o servizio fruisce. La parola qualità diventa così l’obiettivo per qualsiasi attività svolta in azienda. L’ obiettivo non deve essere qualcosa di parziale (come la produzione) perché così si potrebbe rischiare di trascurare l’obiettivo globale. Il cliente (sia esterno che

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16 interno) pretende un risultato globale (insieme di prezzo, qualità, consegne, servizio, sicurezza) e quindi non si può curare un solo fattore senza vederlo legato con i rimanenti. Perseguire un obiettivo limitato può compromettere la soddisfazione del cliente.

Con la parola qualità ci si riferisce ad un concetto globale e unificato che ingloba tutto quanto riguarda l’obiettivo di “eccellenza” al quale deve tendere l’azienda.

1.4. Il CWQC e il TQM: i nuovi significati della qualità

Approccio giapponese alla qualità – In Giappone, a partire dagli anni '50, la gestione del fattore qualità e, più in generale, dell'attività industriale assunse, per il tipo di approccio adottato e per i metodi, connotazioni particolari, così importanti da avere influenzato, successivamente, tutta l'organizzazione industriale mondiale. Il modello adottato fu quello del Company Wide Quality Control, cioè il Controllo Qualità esteso a tutta l'azienda, diffuso e divenuto famoso in tutto il mondo con il nome di Qualità Totale.

L'approccio, al quale vanno associati i metodi e gli approcci della Produzione snella, fu definito da Kaoru Ishikawa, alle sue origini negli anni '60, come un sistema per fornire buoni prodotti a basso costo dividendo i benefici tra consumatori, addetti e azionisti allo scopo di aumentare la qualità della vita degli uomini.

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17 (massimo livello accettabile di difetti, di scorte, un certo numero limitato e standardizzato di tipi di prodotto) ad un prodotto ed una produzione in “continuo miglioramento” (diminuzione dei difetti, delle scorte, dei costi, aumento della produttività e dei tipi di prodotto, maggiore offerta al mercato sia in termini di caratteristiche che di varietà di scelta, di prezzo, di tempi, ecc.)

Ai giapponesi interessa soprattutto la crescita del loro particolare settore d’attività, poiché i profitti sono importanti, perché nessuna società può operare per sempre in perdita. Altrettanto importanti sono considerati la sicurezza e la crescita della società. Se per il management occidentale un fattore chiave è l’efficienza, in Giappone un ruolo simile è assolto dalla continuità.

L’accento pertanto viene messo sulla crescita a lungo termine. Altrettanta importanza viene data alla non specializzazione, per cui i dipendenti (soprattutto quelli che hanno probabilità d’arrivare al management) vengono fatti ruotare in tutte le funzioni.

La filosofia giapponese ha come base l’idea che tutti i membri dell’organizzazione sono responsabili del miglioramento della qualità, e che investendo nelle persone sarà possibile avere grossi dividendi sotto forma di miglioramento della qualità. Il processo decisionale sarà delegato a livello più basso possibile, e da qui, si può comprendere l’elevato livello di coinvolgimento e impegno dei dipendenti al programma di qualità totale. Anche esso ha dei difetti: spesso necessita di

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18 moltissimo tempo e non è adatto ad affrontare le crisi.

Il JUSE assegnandogli, all'inizio degli anni '80, la sigla CWQC (soprattutto per differenziarlo dal Total Quality Control - TQC di Feigenbaum) lo definì come un sistema per produrre economicamente beni o servizi che soddisfino le richieste del cliente.

La definizione più recente ed attuale è, tuttavia, quella riportata nel testo del Premio Deming della fine degli anni '90 che definisce il CWQC: “un insieme di attività

sistematiche sviluppate dall'intera organizzazione per raggiungere in modo efficiente ed efficace gli obiettivi dell'azienda e per dare prodotti e servizi con un livello di Qualità che soddisfi i clienti in un modo appropriato, sia in termini di tempo, che di prezzo.”

Questa cultura fece suoi una serie di principi: - l’azienda non è di pochi, ma di molti;

- bisogna valutare come prima cosa le esigenze dei consumatori; - si deve puntare prima alla qualità e dopo al profitto;

- bisogna prevenire i difetti e i reclami;

- tutti all’interno dell’organizzazione, vanno formati;

- nel processo, l’operatore successivo è nostro cliente, bisogna eliminare le barriere;

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19 Il Giappone riuscì a dimostrare che produrre il più possibile senza porre l’accento sugli standard qualitativi, non pagava più.

Lo scopo del CWQC è di assicurare una qualità superiore al prodotto ed al servizio, attraverso le fasi del marketing, progettazione, industrializzazione, costruzione e assistenza, così facendo, di:

accrescere la soddisfazione del cliente

accrescere contestualmente la soddisfazione di chi opera.

Un cliente è soddisfatto se l’insieme di caratteristiche del prodotto acquistato o del servizio fruito gli consentono di soddisfare bisogni definiti o, in termini più tecnici, se il prodotto/servizio fruito è “conforme allo scopo”. La qualità è data dalla capacità di rispondere alle aspettative dei clienti esterni e interni.

Invece, l’insoddisfazione del cliente mette a rischio la sopravvivenza dell’azienda fornitrice, perché un cliente insoddisfatto eviterà successivamente di rivolgersi alla stessa azienda. Dalla soddisfazione, invece, si ha fedeltà e quindi successo per l’azienda fornitrice.

Charles Fine descrive il metodo giapponese in questo modo: “Il fine ultimo della

gestione della qualità per i giapponesi è il miglioramento della qualità della vita dei produttori, dei consumatori, e degli investitori. Il metodo giapponese definisce la qualità come continuità sull’obiettivo e l’obiettivo come continuo miglioramento

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verso la perfezione utilizzando l’analisi dei costi della qualità al fine di poter indirizzare l’azione e non come obiettivo in sé stesso. Il metodo giapponese attribuisce e ripartisce la responsabilità della gestione della qualità tra tutti i dipendenti, primariamente responsabili del mantenimento del sistema e secondariamente del suo miglioramento, mentre al livello superiore i manager sono meno responsabili del mantenimento e più del miglioramento. Ai vertici l’accento è sulla svolta strategicamente significativa (breakthrough).”

Per usare una metafora, il concetto base dell’approccio giapponese è che la qualità è un viaggio piuttosto che una destinazione e che il miglioramento della qualità è un elemento fondamentale della vita piuttosto che un obiettivo aziendale.

Lo sviluppo delle modalità operative necessarie per tradurre questo approccio in risultati di business è continuato senza sosta dagli anni ’50 ad oggi, generando meccanismi organizzativi e tecniche sempre più soddisfacenti. Attualmente i giapponesi rivolgono la loro attenzione all’elaborazione di tecniche atte a realizzare la strategia della Qualità Totale nelle aree di marketing e di sviluppo prodotto. Infatti, questi affermano che la qualità “si progetta”. L’attuale influenza della fase di progettazione sulla prestazione qualitativa è dovuta anche dal fatto che in una situazione di “qualità negativa” decisamente migliorata su tutto il mercato mondiale, il vantaggio competitivo del prodotto si gioca principalmente sulla “qualità

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21 concepite unicamente a livello di progettazione.

Approccio occidentale alla qualità - La Qualità totale (in inglese "Total Quality

Management") è un modello organizzativo adottato da tutte le aziende leader

mondiali e rappresenta una svolta importante nella gestione della qualità.

Secondo questo approccio, nato in Giappone e diffuso negli Stati Uniti verso gli anni Cinquanta, tutta l'impresa deve essere coinvolta nel raggiungimento dell'obiettivo (mission). Ciò comporta anche il coinvolgimento e la mobilitazione dei dipendenti e la riduzione degli sprechi in un'ottica di ottimizzazione degli sforzi. Si diffonde la convinzione che la qualità rappresenti un investimento strategico per l’azienda, capace di generare profitti. Tutti i membri dell’organizzazione sono responsabili del migliorare la qualità, e l’investimento nelle persone darà grossi dividendi sotto forma di miglioramento della qualità. Le dinamiche aziendali sono influenzate dalle variabili sia interne che esterne all’azienda. La qualità totale consente di vedere alla produzione interna e al mercato. I concetti innovativi riguardano il controllo di tutte le funzioni aziendali, la produzione a “zero difetti”, l’attenzione alla soddisfazione del cliente e, infine, in Giappone l’adozione della tecnica del “just in time”.

Solo implementando la qualità dei prodotti e la responsabilizzazione dei propri lavoratori, il Giappone riuscì a soppiantare l’egemonia americana, dimostrando che

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22 puntare sulla qualità soddisfa in termini di domanda e di profitti. Le leve principali per fare qualità nel Total Quality Management sono:

1. Orientamento al cliente

Le organizzazioni dipendono dai propri clienti e dovrebbero pertanto capire le loro esigenze presenti e future, soddisfare i loro requisiti e mirare a superare le loro stesse aspettative.

2. Leadership

I capi stabiliscono unità di intenti e di indirizzo dell’organizzazione. Essi dovrebbero creare e mantenere un ambiente interno che coinvolga pienamente il personale nel perseguimento degli obiettivi dell’organizzazione.

3. Coinvolgimento del personale

Le persone, a tutti i livelli, costituiscono l’essenza dell’organizzazione ed il loro pieno coinvolgimento permette di porre le loro capacità al servizio della stessa.

4. Miglioramento continuo

Il miglioramento continuo delle prestazioni complessive dovrebbe essere un obiettivo permanente dell’organizzazione, attraverso piccoli miglioramenti

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23 giornalieri (metodo kaizen) o grandi cambiamenti (metodo kairyo).

5. Approccio per processi

Un risultato desiderato si ottiene con maggior efficienza quando le relative attività e risorse sono gestite come un processo.

6. Approccio sistemico alla gestione

Identificare, capire e gestire (come fossero un sistema) processi tra loro correlati contribuisce all’efficacia ed all’efficienza dell’organizzazione nel conseguire i propri obiettivi.

7. Decisioni basate sui dati di fatto

Le decisioni efficaci si basano sull’analisi di dati e di informazioni.

8. Rapporto di reciproco beneficio con i fornitori

Un’organizzazione ed i suoi fornitori sono interdipendenti ed un rapporto di reciproco beneficio migliora, per entrambi, la capacità di creare valore.

Guidata da una leadership completamente coinvolta, l’intera organizzazione deve essere orientata al miglioramento continuo con l’obiettivo di soddisfare le richieste

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24 dei clienti. In questo modo va a delinearsi un’azienda lean organizzata per processi, e la corretta implementazione del total quality management produce un’elevata soddisfazione del cliente, elimina i difetti e scarti, migliora l’impegno e la motivazione del personale, fa crescere la produttività e la competitività.

Negli anni ’50 la qualità si riferiva al prodotto, prima inteso come conformità alle specifiche, con lo standard di zero difetti, successivamente considerato come conforme nel tempo di utilizzo, con lo standard di tempo zero.

Grazie alla scuola giapponese, la qualità di produzione si espande rivolgendo l’attenzione al mercato, al progetto, alla produzione, alla vendita e alla post-vendita; la qualità ingloba, in questo modo, concetti quali la soddisfazione del cliente, la qualità del servizio e la qualità nel rapporto cliente-fornitore.

Con il TQM la qualità dell’organizzazione è utilizzata come uno degli indicatori dello stato di salute dell’impresa, perché è in grado di fare uno studio completo del modus operandi dell’impresa sia interno ad essa, che in rapporto ai propri

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Capitolo II

Kaizen - Benessere e miglioramento aziendale

2.1. Il Kaizen

“Il kaizen è amore e fusione con il cliente, con la sua esperienza, è fiducia nelle persone e tensione al miglioramento e all’eccellenza.”

Il termine Kaizen è una strategia di management giapponese e viene comunemente tradotto con "miglioramento lento e continuo": si riferisce ad un percorso di miglioramento che procede con costanza ininterrotta e che coinvolge l’intera struttura aziendale. Il termine Kaizen, infatti, è la composizione di due parole giapponesi KAI che significa "rinnovamento, miglioramento" e ZEN “buono, migliore”.

Questo metodo incoraggia piccoli miglioramenti da farsi giorno dopo giorno, in maniera continua. Il gemba è il concetto di applicazione al contesto affrontando i problemi reali con le persone reali.

Il kaizen, presentato inizialmente da Toyota e applicato sempre più in tutto il mondo, si basa sul principio che l'energia viene dal basso, ovvero sulla comprensione che il risultato in un'impresa viene raggiunto lavoro diretto sul prodotto e non dal management.

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26 Aspetto fondamentale del Kaizen è il processo di miglioramento continuo che c'è alla base. Si tratta di un metodo soft e graduale che si oppone alle abitudini occidentali di eliminare ogni cosa che sembra non funzionare bene per rifarla da capo.

In Giappone, tra l'altro, dove ha avuto origine il concetto di Kaizen, questo si applica a tutti gli aspetti della vita quotidiana, diventando una vera e propria “filosofia” che presuppone che il nostro modo di vivere meriti di essere costantemente migliorato, sia che si tratti del nostro modo di lavorare, della nostra vita sociale o della nostra vita personale e familiare.

Kaizen è la parola che fu originariamente utilizzata per descrivere l'elemento chiave del Sistema di Produzione Toyota col significato di "fare le cose nel modo in cui andrebbero fatte". Significa creare un'atmosfera di miglioramento continuo cambiando il proprio punto di vista e il modo di pensare per fare qualcosa di meglio rispetto a quello che già si fa.

Quando è applicato nell’ambito professionale, kaizen significa miglioramento continuo e coinvolge l’intera struttura aziendale, per progredire facendo tesoro degli errori passati, senza fermarsi nemmeno davanti ai successi. Nasce come metodologia, arte del gestire, partendo dal cliente e dando importanza, a tutti gli stadi del processo di produzione, di sviluppo nuovi prodotti, etc., quello che per il cliente è il valore aggiunto reale dell’attività o del prodotto. Il resto è muda, ovvero spreco.

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27 Tale metodo di gestione ha lo scopo di attivare l’entusiasmo e di stimolare la creatività delle persone per la continua eliminazione dei “muda” (sprechi) da tutti i processi aziendali e per la continua ricerca di soluzioni innovative e descrive un ambiente in cui gli individui che vi lavorano si impegnano per migliorare i processi. Queste attività sono fondamentali per l’azienda, perché è proprio grazie ad esse che questa riesce nel suo più importante scopo: soddisfare nel miglior modo possibile i bisogni e le aspettative dei suoi clienti. Infatti, per conseguire profitti, il management deve soddisfare il cliente e venir incontro alle esigenze dello stesso. Miglioramenti in aree quali la qualità, i costi e lo sheduling (soddisfazione di esigenze di volume e di consegna) sono essenziali. Sulla base di questo, possiamo affermare che il Kaizen è una strategia guidata dal cliente.

Il Kaizen si muove dall’idea che tutte le aziende hanno dei problemi, che possono essere risolti con una cultura aziendale in cui tutti possono liberamente riconoscerli. Tali problemi possono essere monofunzionali e interfunzionali. Per esempio, lo sviluppo di un nuovo prodotto può essere un problema interfunzionale, poiché comporta la collaborazione e gli sforzi congiunti di quelli del marketing, della progettazione e della produzione. Con la strategia Kaizen il management giapponese adotta un approccio sistematico e collaborativo per la risoluzione di questo tipo di problemi. L'elemento collaborativo svolge un ruolo fondamentale nel Kaizen siccome al fine di raggiungere risultati sempre più alti è indispensabile il

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28 coinvolgimento di tutti, dal dirigente all'operaio. Di estrema importanza, ancora, è la velocità di reazione di intervento in presenza di un qualsiasi problema. Affinché il miglioramento continuo sia attuato, è necessario che le persone siano Quando condotto in maniera corretta, il Kaizen, umanizza il posto di lavoro, elimina la maggior parte del lavoro duro (mentale e fisico), insegna alle persone come fare sperimentazione ul proprio lavoro utilizzando il metodo scientifico e come imparare a localizzare ed eliminare gli sprechi all'interno dei processi che conducono, migliorando giorno per giorno. Per la mentalità giapponese i miglioramenti non dovrebbero mai avere fine.

I manager si dedicano al miglioramento dell'efficienza delle infrastrutture già esistenti piuttosto che all’ investimento in nuove risorse.

Proprio per questo motivo il cambiamento che deriva dall'adozione di tale modello non è traumatico. La riorganizzazione, infatti, non prevede lo stravolgimento delle procedure aziendali, ma il controllo e l'analisi costante che permettono l'introduzione di modifiche impercettibili, micro cambiamenti costanti che, concentrandosi sulla semplificazione e sul miglioramento della qualità, ottimizzano le procedure, dei rapporti e della comunicazione fra colleghi. Un ostacolo però, può essere la resistenza al cambiamento. I fattori che la causano sono:

 Mancanza della comprensione del cambiamento;  Abitudine con il modo di fare le cose;

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29  Terrore dell’ignoto;

 Terrore di sbagliare di nuovo;  Percepita mancanza di risorse.

Tale resistenza al cambiamento può essere superata attraverso:

 la disponibilitàe la motivazione a cambiare, la cui intensitàdipende dall’efficacia del processo di miglioramento, dall’insegnamento del management e dalla percezione che l’individuo e il gruppo hanno del sistema di premi e punizioni;

 la capacità di cambiare competenze e attitudini, da cui deriva la necessità di formazione e addestramento.

Piccoli miglioramenti continui si hanno tramite la semplificazione dei processi aziendali. Con il verbo “semplificare” si intende: focalizzarsi sulla ottimizzazione dei processi, riducendoli a sottoprocessi e cercando di migliorare in maniera autonoma ognuno di essi. L’applicazione del Kaizen è alimentata dall' insoddisfazione per una certa situazione vigente in azienda. Non migliorarsi significherebbe permettere alla concorrenza di avere la meglio.

Tale approccio si basa su queste attività:

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30  eliminazione degli sprechi: in ambito produttivo questo può risparmiare del

tempo evitando azioni inutili. Tutti miglioramenti che porterebbero un grande aumento di produttività. Gli sprechi possono trasformarsi in profitto se vengono eliminati e se tutti sono incoraggiati al miglioramento;

standardizzazione: con questa si definisce qual è il modo migliore di fare una cosa e lo si adotta divenendo così un automatismo per tutti;

misurare i risultati ottenuti e confrontarli con i risultati ottenuti; rendere la nuova operazione adottata una best practice;

 continuare il ciclo all'infinito.

“Se non c'è azione non c'è successo”: l'obiettivo è di adottare una soluzione parziale

che possa risolvere uno o due problemi e che possa essere adottata in tempi rapidissimi, pronta per essere affiancata da una nuova azione di miglioramento. Il processo, dunque, non deve essere subito perfetto.

(32)

31

L’ombrello del Kaizen. Immagine tratta da \ https://www.kanbanchi.com/what-is-kaizen

Concludendo, il processo di miglioramento continuo che risulta essere lento, graduale e invisibile, è più adatto ad un'economia a crescita lenta caratterizzata da alti costi di energia e di materiali, a differenza di un intervento più drastico dato dall'innovazione, generalmente più radicato nella cultura aziendale occidentale, che lo è più per un’economia che cresce velocemente o in forte cambiamento. Il Kaizen procede grazie a tanti piccoli sforzi fatti da tutti all'interno di in un'azienda,

(33)

32 l'innovazione, invece, si serve dikai significativi investimenti in tecnologia per arrivare a dei livelli di performance più elevati facendosi carico del peso dei costi di investimento.

2.2. I principi del Kaizen

Lo scopo è il miglioramento dell'efficienza produttiva soprattutto attraverso la

umanizzazione del posto di lavoro:

 disegnando la linea produttiva ed i processi ad essa collegati seguendo le esigenze del Lavoratore;

 la progressiva eliminazione del lavoro pesante e/o ripetitivo con ampio ricorso a processi automatizzati;

 la formazione continua del personale attraverso processi di riqualificazione tecnologica e di apprendimento dedicati;

 l'addestramento del personale all'utilizzo del metodo scientifico per trovare ed eliminare gli sprechi ("muda");

Il coinvolgimento e l'identificazione del personale con la Vision aziendale.

Secondo l'approccio Kaizen, l'umanizzazione del posto di lavoro, ad ogni livello comporta un aumento della produttività: “l'idea è quella di nutrire le risorse umane dell'azienda elogiandole ed incoraggiandole alla partecipazione delle attività legate alla qualità'”.

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33 Il personale dell'Organizzazione, tanto quanto tutti gli stakeholders (per i processi ad essi dedicati), sono coinvolti nel processo di miglioramento e nella gestione della qualità.

Presupposti necessari al coinvolgimento totale dei singoli alla realizzazione degli scopi dell'organizzazione sono:

 la costruzione dei processi aziendali attraverso il massiccio ricorso al Team Work;

 la trasformazione del management aziendale da Controller a Team Leader con spostamento del recruitment verso soggetti capaci di leadership carismatica e di coaching;

 il potenziamento dei momenti di ascolto e dei canali comunicativi tanto interni quanto esterni (reporting, auditing, monitoring, customer relationship management, etc.);

 l'implementazione di riunioni periodiche dedicate al miglioramento (Kaizen Events) che non si limitano alla cosiddetta Management Review prevista dalla EN ISO 9001 ma che avvengono settimanalmente a livello di team;

 la gestione del cambiamento attraverso delle sessioni dedicate (Blitz Kaizen) affidate al Quality Manager che ne cura la preparazione, la gestione e le attività di follow-up in veste di facilitatore.

(35)

34 Nelle aziende che adottano il kaizen è frequente il detto: “Si incomincia dalle 5S”. C’è qualcosa nei processi operativi che complica inutilmente il lavoro e risulta d’impaccio nella soddisfazione del cliente, quando non lo impedisce del tutto? Le cosiddette 5S sono le cinque fasi di housekeeping (riordino dei siti operativi) e sono:

Seiri (separare) comporta l'eliminazione del superfluo (strumenti di lavoro inutili, istruzioni operative non necessarie, cartellonistica inessenziale, etc.), classificazione dell'essenziale in ordini di priorità (sulla base dei cicli di utilizzo) e facilitazione della fruibilità. Le cose che non risultano necessarie entro trenta giorni ma che possono tornare utili in seguito sono spostate in luoghi idonei (es. magazzino nel caso di forniture).

Seiton (mettere in ordine) segue la fase di Seiri e presuppone la classificazione degli elementi secondo l’uso, e la loro disposizione per ridurre al minimo il tempo e lo sforzo della ricerca. Ad ogni elemento si deve assegnare un nome, una collocazione e una quantità.

Seiso (ripulire) del posto di lavoro e delle attrezzature, regolare manutenzione e ripristino dell'ordine dopo ogni turno di lavoro.

Seiketsu (rendere sistematico) mantenersi ordinati nella propria persona, con l’igiene, gli abiti appropriati.

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35  Shitsuke (standardizzare) è autodisciplina. La raggiunge chi pratica

regolarmente seiri, seiton e seiso e acquisisce l’approccio mentale per renderle parte integrante del proprio lavoro. I dipendenti interiorizzano le regole concordate per ogni fase.

Le 5S possono essere viste come uno stile di vita lavorativa che consiste nel rispettare i passi: togliere dal gemba ciò che non ci serve (seiri) e disporre razionalmente quello che rimane (seiton), mantenere costantemente pulito l’ambiente in modo da poterci accorgere tempestivamente di possibili anomalie (seiso), e perseverare (shitsuke).

Ancora, vi sono cinque diversi modi di verificare il grado di implementazione di ciascuna fase:

 autovalutazione;

 valutazione da parte di un consulente esterno;  valutazione da un superiore;

 una combinazione dei modi precedenti;  confronto tra i diversi team del gemba.

La valutazione va fatta periodicamente dal direttore di stabilimento e dai manager di linea. Gli operatori potranno passare alla fase successiva soltanto dopo aver superato con successo la valutazione della fase precedente. Una volta completato seiso il management ha un nuovo obiettivo: tenere vivo l’interesse e l’entusiasmo.

(37)

36 Poiché Kaizen incontra la resistenza al cambiamento (insita nell’essere umano), bisogna preparare mentalmente i dipendenti affinché accettino le 5S. Occorre dedicare tempo alla discussione sulle loro basi teoriche e sui loro vantaggi pratici:

 ambienti operativi più puliti, salubri, gradevoli e sicuri;

 gemba rivitalizzato, morale più alto, e maggiore motivazione;

 inefficienze ridotte, attrezzi a portata di mano, operazioni più agevoli e meno faticose, maggiore spazio a disposizione.

Circa i benefici apportati all’azienda, grazie all’adozione delle 5S:

 aiuta i dipendenti ad acquisire l’autodisciplina. In questo modo si impegnano costantemente nelle 5S e diventano affidabili nel rispetto degli standard;  fa emergere i tipi di inefficienze che si trovano nel gemba. Riconoscere i

problemi è il primo passo per risolverli;

 rende evidenti le anomalie (es. pezzi difettosi);

 riduce gli spostamenti improduttivi e gli sforzi inutili;  agevola la soluzione di problemi logistici nel gemba;  rende visibili i problemi di qualità;

 migliora l’efficienza operativa e riduce i costi;

 riduce gli infortuni sul lavoro, eliminando le manovre pericolose, lo sporco e gli indumenti inadeguati.

(38)

37 e averli fatti capire anche ai dipendenti.

Un altro concetto chiave del Kaizen è il Kanban (conosciuto in Occidente come Just in time). Il Kanban è un processo di gestione della logistica strutturato secondo la logica “pull” (tirare) che l'ideatore descrive come la logica dello scaffale del super-market nel quale l'approvvigionamento è determinato dalle scelte del Cliente e dalla costante reintegrazione delle scorte nello spazio preposto per lo stoccaggio. Il Kanban risale all'esperienza diretta Toyota nei primi anni '40 per essere poi implementato come prassi industriale nel maggiore impianto produttivo Toyota nel 1953, il che fa della gestione logistica Kanban un prodotto autoctono della cultura nipponica.

Altro importante principio ispiratore del Kaizen è lo sviluppo delle tecniche di

problem solving attraverso quello che in Occidente è conosciuta come RCA (Root

Cause Analysis) che si concretizza attraverso lo strumento operativo meglio conosciuto come Diagramma di Ishikawa, ovvero diagramma a lisca di pesce. La RCA è l'unico strumento operativo di analisi delle relazioni causali non lineari tipiche dei sistemi causali complessi che ci riporta al profondo Olismo che pervade la metodologia Kaizen.

(39)

38 tecnica 5 Why's (cinque volte perché) sviluppata da Sakichi Toyoda durante la sua attività di C.E.O. della Toyota. Oltre gli aspetti pratici ed operativi, lo scopo del porsi 5 volte perché risiede nella dilatazione del tempo di reazione del “problem solver” che progressivamente si distacca da un approccio impulsivo e poco incline alla valutazione obiettiva.

"Drop Your Ideas in the Suggestion Box" (US propaganda durante la II Guerra Mondiale)

Il Kaizen prevede il ricorso al sistema dei suggerimenti. Vi sono differenze fra i sistemi di suggerimento vigenti in Giappone e quelli adottati in Occidente. Nella sua variante americana, esso è orientato ai benefici economici e offre incentivi monetari, invece in quella giapponese fa attenzione principalmente al rafforzamento del morale derivante dalla partecipazione attiva dei dipendenti. Col passare degli anni quella giapponese si è differenziata in due segmenti: sistemi dei suggerimenti

individuali e sistemi dei suggerimenti collettivi, dai gruppi di miglioramento della

qualità, da quelli di jishu kanri (JK, autogestione), dai gruppi di azzeramento dei difetti e da altri simili. I sistemi di suggerimenti fanno sì che i dipendenti parlino ai supervisori e ai colleghi e danno al management la possibilità di aiutare gli operatori ad affrontare i problemi.

(40)

39  miglioramenti nel proprio lavoro;

 risparmi energetici, di materiali, di tempo e altre risorse;  miglioramenti dell’ambiente di lavoro;

 miglioramenti nelle macchine e nei processi;  miglioramenti nelle attrezzature e strumenti;  miglioramenti nel lavoro d’ufficio;

 miglioramenti nella qualità del prodotto;  idee per nuovi prodotti;

 altri.

I vantaggi derivanti dallo stimolo della voce dei dipendenti possono essere riassunti in:

 raccolta delle informazioni direttamente dai fruitori dei processi e sviluppo del miglioramento degli stessi dal basso all'alto;

 sviluppo del senso di appartenenza del dipendente e riconoscimento del valore da parte dell'azienda;

 mitigazione del principio gerarchico e della funzione di “controler” del management che attraverso il sistema dei suggerimenti si trova nella posizione di essere controllato dai controllati.

(41)

40

2.3. Kaizen

: l’Organizzazione

Alcune indagini hanno mostrato come il miglioramento continuo si basi sulla ricerca dell’ottenimento delle massime prestazioni dei processi e delle tecnologie esistenti. Per attuare il miglioramento continuo non sono necessari investimenti con la conseguenza, non indifferente, che l'aumento della competitività può essere realizzato anche da quelle aziende che non dispongono di importanti risorse finanziarie e in periodi di congiuntura economica difficile in cui si preferisce avere una politica finanziaria prudente avendo poco chiaro lo scenario futuro. Il mondo della logistica, e del magazzino in particolare, si presta allo sviluppo di queste politiche e richiede, tra le iniziative prioritarie da attivare, la realizzazione di un sistema di monitoraggio delle prestazioni (efficienza, lead time, accuratezza, etc.) mediante una serie di indicatori che devono essere affidabili, tempestivi, essenziali. Solo misurando siamo in grado di capire se le azioni che abbiamo intrapreso vanno nella giusta direzione e con quale intensità. Dopo aver condiviso concetti ed metodi espressi dal miglioramento continuo, è necessario creare le condizioni culturali in

azienda favorevoli al loro recepimento; a tal fine può essere utile un’azione di

formazione, a tutti i livelli. In questi contesti è fondamentale che il top management non pensi di essere l'unico depositario della conoscenza per fare efficienza e qualità e che abbia uno stile di conduzione aziendale partecipativo.

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41 Centrale per tale approccio è la variabile organizzativa, che ne garantisce il successo. L’adozione della “filosofia” Kaizen presuppone un clima di collaborazione e di coinvolgimento che deve essere proprio dell’azienda.

Il miglioramento continuo deve coinvolgere tutta l’azienda: i dirigenti (che ci devono credere e favorirlo), i quadri e, soprattutto, il personale operativo che sulla base delle proprie esperienze lavorative quotidiane si adopera per attivare interventi che aiutino ad aumentare efficienza e qualità.

Necessario per lo sviluppo di una certa dimensione organizzativa è il forte impegno della direzione, prima, dei dipendenti, dopo, allo scopo di agire con intenti comuni. La logica Kaizen deve, quindi, essere parte dell’intera struttura organizzativa: ad ogni livello si deve, ovviamente con una partecipazione diversa, collaborare per la ricerca del miglioramento di qualsiasi aspetto dell’attività aziendale.

Il miglioramento continuo deve essere supportato dagli approcci top down e bottom up, ovvero gli organi direttivi decidono in quali ambiti indirizzare gli sforzi di miglioramento e i dipendenti avanzano delle soluzioni con lo scopo di eliminare le disfunzioni presenti, e da valutazioni effettuate sulla base della realtà vissuta in concreto nel quotidiano relegando proposte sviluppate “a tavolino”.

Il Kaizen fa sì che l'atteggiamento delle persone cambi, dal Top management fino ai nuovi assunti. Tutti devono essere motivati nel fare qualcosa che porterà dei benefici a loro e all'azienda. Ovviamente, non si tratta di qualcosa attuabile in poco tempo,

(43)

42 poiché il cambiamento della mentalità delle persone, delle loro abitudine, delle tecniche e degli approcci è qualcosa che ne richiede abbastanza.

La creazione di una cultura Kaizen, capace di migliorare l’organizzazione in maniera continua, richiede una posizione ferma da parte dell’Alta Direzione, la partecipazione attiva al progetto, un sostegno concreto che mostri apertamente di appoggiare l’iniziativa e di aderire ai suoi principi oltre che l’assegnazione di tutte le risorse necessarie all’applicazione del progetto.

Il miglioramento della qualità è il risultato di un processo di miglioramento continuo che deve essere sempre presente. Il raggiungimento di tale obiettivo presuppone l’esistenza di una leadership forte, una guida che definisca la strada del miglioramento continuo e che sia disposta a percorrerla fino alla fine. Questo è un compito che l’Alta Direzione non può delegare ad altri: deve essere coinvolta in prima persona. E’ fondamentale, per motivi di credibilità e di influenza, che gli sforzi fatti per migliorare prodotti, servizi e qualità provengano dall’alto e non dai collaboratori.

La direzione deve stimolare tutti i soggetti alla cooperazione, alla condivisione delle informazioni, allo scambio di conoscenze e al lavoro di squadra. Ciò renderà i processi decisionali più rapidi ed efficienti, ridurrà le tensioni nell’ambiente di lavoro, faciliterà l’acquisizione di competenze e capacità specifiche, favorendo anche la soddisfazione dei dipendenti.

(44)

43 A questo punto risulta fondamentale la determinazione con cui la direzione diffonde il Kaizen in azienda: se non considera la sua introduzione una priorità assoluta e non si impegna per il suo successo, qualunque tentativo darà solo risultati modesti. E’ possibile applicare un nuovo approccio alle azioni di miglioramento, che consente risultati in brevissimo tempo. Sul piano pratico, è possibile prendere come riferimento una settimana: il 1° giorno serve per impostare il lavoro dei successivi tre e il 5°giorno viene utilizzato per presentare i risultati alla Direzione. Ciò significa realizzare una Settimana Kaizen. Questa impostazione di lavoro si basa su un concetto fondamentale, ovvero l’azione rapida, declinata in due slogan:

- veloce e rozzo, non lento ed elegante: è un modo originale di concepire l’azione, poiché i cambiamenti vengono realizzati rapidamente e con grande dinamismo, senza andare per il sottile, ma puntando al risultato, attraverso analisi rapidissime e il coinvolgimento diretto del personale interno;

- fallo e fallo subito: si tratta di un richiamo all'azione immediata, basato sul “trystorming”, che consiste nel fare esperienza, mettendo in conto anche la possibilità di sbagliare. Se la prova fallisce, se ne fa un’altra e così di seguito, con la logica della quantità.

Partendo da questi 2 concetti fondamentali, è possibile iniziare a comprendere le logiche sottostanti la settimana Kaizen;

(45)

44 1) le attività svolte nel corso della settimana vedono impegnate persone

dell'azienda costituite in un team che varia da 5 a 10 persone, che conoscono bene il lavoro svolto nell'area interessata all’area di riferimento;

2) si svolge sotto la guida di un consulente esperto che conosce gli approcci e le tecniche della produzione snella;

3) è un evento altamente organizzato e si svolge con attività ben definite e codificate;

4) consente di ottenere rapidamente dei miglioramenti rilevanti, ma diventa anche uno strumento di sviluppo delle risorse umane, affinché perseguano autonomamente il miglioramento nelle attività svolte ogni giorno;

5) ha come punto di partenza l’individuazione degli sprechi. Nel Gemba è possibile identificare sette categorie di sprechi:

- sovrapproduzione: una produzione superiore alle richieste, in qualsiasi fase del lavoro. Spesso si produce di più per sopperire a fermi macchina, difetti, assenze del personale. Produrre di più può essere considerato una cosa negativa esattamente come produrre meno. Quando produciamo troppo, infatti, consumiamo le materie prime prima del necessario, abbiamo bisogno di più forza lavoro e di più macchinari, e di più spazio per lavorare e per immagazzinare la merce, movimentiamo la merce più volte e abbiamo più

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45 costi amministrativi;

- attese, un semilavorato in attesa della lavorazione successiva; - movimentazione del materiale non produce valore aggiunto;

- scorte in magazzino: utili per gestire eventuali “colli di bottiglia”, ma sono considerati sprechi a tutti gli effetti;

- giacenze: di materie prime, di semilavorati, di prodotti finiti. Non producono valore aggiunto, ma si deteriorano col tempo. Non fanno altro che abituarci a non reagire immediatamente ai problemi perché abbiamo sempre un margine di sicurezza;

- spostamenti, lo spostamento del personale rappresenta uno spreco; - difetti, ciascun difetto è uno spreco.

Il modo migliore per affrontare le sfide connesse con l'attuazione di una cultura del miglioramento continuo è quello di coinvolgere più persone possibile, e per conseguire una partecipazione efficace da parte del personale conviene partire dalla creazione di gruppi di lavoro in modo da abituare le persone a lavorare insieme costituendo attività tutte collegate una all'altra. Questo porta anche a sottolineare l'importanza data al processo, alla creazione di un sistema manageriale capace di sostenere e di riconoscere gli sforzi individuali orientati ai processi per raggiungere il miglioramento. Questo è in contrasto con la pratica occidentale di management di

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46 valutare il rendimento delle persone in base ai risultati senza premiare gli sforzi fatti. Deming afferma che al fine di poter innescare un processo di cambiamento, il sistema organizzativo deve scegliere un obiettivo e informare tutti sul da farsi. I gruppi di lavoro, qui, sono vere e proprie unità di ricerca, che si dedicano allo studio delle problematiche riguardanti i processi. I membri dell’equipe devono individuare le aree da investigare e le cause di certe disfunzioni, arrivando così a definire le contromisure da adottare fissando nuovi standard e/o procedure differenti per la futura esecuzione di quei compiti. Questa successione di operazioni rappresenta il contenuto del ciclo PDCA.

Fondamentale è il ruolo dei singoli individui dell’organizzazione per la diffusione di questa cultura in azienda: questo se partono dall’idea di lavorare meglio. A tutta evidenza, a tale convinzione si può arrivare solo con l’aiuto di un vero e proprio sistema di suggerimenti.

Bisogna rendere il personale consapevole del miglioramento che con il suo contributo può realizzare, il sistema dei suggerimenti offre occasioni importanti di comunicazione reciproca fra i dipendenti e fra questi ed i responsabili, spingendo ciascun individuo ad impegnarsi in un continuo auto-sviluppo delle proprie capacità e a considerare gli interessi dell’insieme prioritari rispetto a quelli individuali. Se, dunque, i comportamenti della direzione, dei gruppi di lavoro e dei singoli, pur essendo differenti nel contenuto, sono ugualmente rivolti alla ricerca di opportunità

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47 di progresso, si crea nell’azienda un’organizzazione informale che favorirà il raggiungimento degli obiettivi.

2.4. Cinque regole Kaizen per aumentare la produttività in azienda

Il Kaizen è una metodologia di crescita lenta, ma costante che coinvolge l’intera struttura delle aziende e si oppone all’idea classica di innovazione, caratterizzata invece da uno sviluppo rapido e radicale, che prevede una rottura completa rispetto il passato. «Al mondo ci sono troppi che insegnano come cambiare ma troppi pochi

che sanno come fare – commenta Masaaki Imai, economista giapponese che ha

coniato il termine nel 1986, a Trento per festeggiare il decennale del Kaizen Institute Italia -.. Esistono numerosi maestri che posseggono la conoscenza ma che se poi

vengono mandati nel reparto di un’azienda non sanno come risolvere i problemi: solo chi ha fatto sa come si fa». Nessuna bacchetta magica e nessun abracadabra, il

kaizen si fonda su cinque regole fondamentali che servono da leva per migliorare le performance dell’azienda e la sua competitività:

 Regola 1: non affidarsi a soluzioni copia e incolla. L’errore più comune degli imprenditori è quello di attendersi una ricetta da applicare rapidamente, in grado di produrre risultati immediati. Imai spiega invece che «applicare il kaizen significa cambiare il sistema operativo delle aziende tradizionali. È un

(49)

48 percorso a lungo termine».

 Regola 2: partire dal top management. Un altro errore comune sta nel fatto che l’approccio è spesso avviato dal middle management aziendale. Imprenditori, amministratori delegati, direttori generali devono non solo partecipare, ma essere veri e propri motivatori di un percorso di riorganizzazione orientata al miglioramento continuo.

 Regola 3: dare responsabilità alla base. Resta fondamentale il coinvolgimento dei lavoratori a tutti i livelli aziendali, anche quelli considerati a torto più bassi, che spesso offrono le migliori soluzioni.

 Regola 4: far leva sulla flessibilità e sulle dimensioni tipiche delle piccole e

medie imprese. Fare kaizen non significa trasferire modelli provenienti dalle

grandi imprese e adattarli alle piccole e medie imprese. Significa invece riconoscere i punti di forza che caratterizzano un’impresa media o piccola e trasformarli in una leva per la crescita. «Piccole e medie imprese – sottolinea Imai – dovrebbero avere molte più possibilità di successo grazie alla loro struttura interna e all’allineamento più veloce in ogni area dell’azienda»  Regola 5: meno ristrutturazione finanziaria, più riorganizzazione operativa. Un chiaro invito a rimettere a prestare attenzione a quello che un’azienda sa fare, il know how interno, le eccellenze produttive. «In questo periodo molto

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49

perché porta ad un notevole miglioramento, sia dal punto di vista operativo che economico, senza aver bisogno di grandi investimenti. Ogni volta che la situazione diventa critica, la maggior parte delle aziende sceglie una

ristrutturazione finanziaria, mentre la riorganizzazione operativa è molto più importante».

2.5. Il kaizen e il management

Nella “filosofia” Kaizen, centrale è il ruolo svolto dal top management, il quale si occupa di indirizzare, muovere, controllare, motivare gli attori del miglioramento continuo. In sintesi il top management ha il compito di esprimere con fatti concreti il commitment. Se si traducesse letteralmente il termine inglese commitment dovremmo intenderlo come quel/quei comportamenti individuali e/o di gruppo che possono essere definiti nei termini di impegno, senso di responsabilità, senso del dovere.

Questi termini non sono tuttavia sufficienti e non rendono giustizia della complessità e ricchezza di questo concetto. Ognuno all’interno dell’organizzazione ad iniziare dal top management dovrebbe avere un desiderio di mantenere la propria permanenza all'interno dell'organizzazione, di partecipazione attiva, di impegno, l'attaccamento affettivo verso l'organizzazione, il senso di responsabilità morale nei confronti di essa. In particolare il top management dovrebbe dare giusta priorità alle

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50 attività di controllo con il livello inferiore, alimentando in modo costante la motivazione al miglioramento, ma non solo. Infatti è necessario, al fine di attivare una filosofia Kaizen, che il management svolga due funzioni fondamentali: mantenimento (maintenance) e miglioramento.

Il mantenimento si riferisce alle attività orientate al rispetto costante degli standard tecnologici, manageriali e operativi già in vigore, garantendo la necessaria formazione e la necessaria disciplina; mentre il miglioramento si riferisce alle attività che dovrebbero elevare gli standard in vigore.

“Mantenere gli standard, e migliorarli”: alla base del mantenimento ci sono sforzi

volti a preservare gli standard mediante l’addestramento e la disciplina. Al contrario, il miglioramento vuole perfezionare tali standard.

Lo standard serve a mantenere sotto controllo i processi; gli standard comprendono parametri e procedure operative.

Lo standard:

rappresenta il modo migliore, più facile e sicuro per fare un lavoro;

offre l’opportunità per comunicare e conservare conoscenze ed esperienze; fornisce un modo per misurare un rendimento;

mostra le correlazioni causa effetto;

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51  fornisce obiettivi e indica i compiti operativi da raggiungere alle persone; è un modo per misurare le prestazioni.

Colui che più si preoccuperà del miglioramento sarà il dirigente al grado più alto. Ai livelli più bassi, l’operaio specializzato che lavora a una macchina non farà altro che eseguire istruzioni per la maggior parte del tempo, più diventerà bravo nel suo lavoro, più penserà ai miglioramenti. In definitiva, l’operaio contribuirà ai miglioramenti in base alla qualità del suo lavoro, mediante suggerimenti personali e di gruppo.

Con “migliorare” gli standard si intende “fissare” standard più elevati. Una volta fatto ciò, la direzione deve assicurarsi che questi nuovi standard vengano osservati ed assimilati. Solo quando le persone lavorano seguendo standard più elevati è possibile un miglioramento duraturo. Quindi per la maggior parte dei dirigenti giapponesi mantenimento e miglioramento sono diventati inseparabili.

Le funzioni di mantenimento indicano le attività orientate al rispetto costante degli standard tecnologici, manageriali e operativi in vigore, assicurando la necessaria formazione e la necessaria disciplina. In questa situazione il management deve fare sì che tutti siano in condizione di rispettare le procedure operative standard (POS). Se le persone non sono in grado di raggiungere lo standard, la direzione deve fornire il necessario addestramento o cercare di modificare lo standard per permettere alle persone di osservarlo. In qualsiasi attività il lavoro di un dipendente si basa su

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52 standard esistenti, espliciti o impliciti, stabiliti dalla direzione.

Il miglioramento può essere di due specie: kaizen e innovazione.

Il Kaizen, come ben sappiamo, denota piccoli passi migliorativi che si ottengono con uno sforzo continuativo. Invece, l’innovazione indica il balzo in avanti che è possibile ottenere effettuando cospicui investimenti in nuove tecnologie o attrezzature.

Circa la divisione fra mantenimento, Kaizen e innovazione e la percezione dei compiti fondamentali in un’ottica giapponese:

il Top management, deve impegnarsi nel miglioramento continuo e nell’innovazione, deve prendere l’iniziativa e “provare a fare” o “mostrare come si fa”, perché le persone li seguano. Ancora, deve:

 essere determinato nell’introdurre il Kaizen come una strategia aziendale;  fornire al progetto una direzione e tutto il supporto necessario, allocando le

risorse giuste;

 stabilire una politica di base per gli obiettivi che si vogliono ottenere con il Kaizen;

 costruire un sistema, adottare le procedure e modificare le strutture in modo da poter condurre il Kaizen nella maniera più opportuna;

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