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Biopotere, capitalismo cognitivo e mobilita sociale

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PISA

Facolta di Scienze Politiche

Corso di Laurea in Sociologia

Tesi di Laurea

Biopotere, Capitalismo cognitivo e mobilità

sociale

Relatore

Candidato

Prof. Gabriele Tomei Nicoletta La Grotteria

Anno accademico

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INDICE

Introduzione………... 1

Capitolo 1 – Biopotere

1.1 -

Nascita del Bio-potere.……… 3

1.2 - Il pensiero di Foucault..……….. 5

1.3 - La nascita del liberalismo………. 8

1.4 - Il dibattito contemporaneo………..11

Capitolo 2 – Capitalismo cognitivo

2.1

-

Il nuovo paradigma della conoscenza……… 16

2.2 - La prospettiva del capitalismo secondo Vercellone…………. 19

2.3 - Il capitalismo cognitivo secondo Fumagalli……… 27

2.4 - Il lavoro cognitivo………29

2.5 – I nuovi bisogni del capitalismo cognitivo……… 31

Capitolo 3 – Mobilita sociale

3.1 – Nascita e sviluppo………..34

3.2 - Caratteristiche e tipologia di mobilita sociale………..36

3.3 – La mobilita sociale allo stato attuale..………..………..38

3.4- I nuovi imprenditori……..………..………..……….43

Capitolo 4 – Riflessi nell'attualita

4.1 – Ricostruiamo le fila del biopotere……….48

4.2 - Ricostruiamo le fila del capitalismo cognitivo…….……….51

4.3 - Ricostruiamo le fila della mobilita sociale………...53

Conclusioni……….59

Bibliografia……….61

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“Il potere è la guerra

continuata con altri mezzi”

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Introduzione

La scelta di questa tesi confesso che e stata molto istintiva, i tre argomenti mi hanno subito incuriosita, soprattutto il concetto di Biopotere, mai approfondito nel corso di studi, nella figura di Michel Foucault, caratterizzato da una dialettica molto coinvolgente nonostante che la tematica trattata rivesta una certa complessita .

A questo argomento ho dedicato tutto il primo capitolo, nel quale ho cercato di ripercorrere quelle che sono state le tematiche maggiormente rilevanti ai fini del percorso che volevo intraprendere. Precisamente sono partita dalla nascita del concetto di biopotere che e collegato a quello di biopolitica, al quale il filosofo ha dedicato il Corso al College de France dal 1977 al 1979. L'analisi e incentrata sulle trasformazioni del modo di fare “governo” dal medioevo alla nascita del liberalismo, ritenute da Foucault come momenti fondamentali per meglio comprendere i due concetti. Elementi centrali sono il potere nel suo rapporto con la vita e la morte, soprattutto nel passaggio dal diritto di far morire o di lasciar vivere, quale potere assoluto del sovrano per la sua sopravvivenza, al potere che gestisce la vita in tutti i suoi aspetti pubblici e privati; l'altro elemento importante e il mercato, e precisamente il passaggio da luogo di giurisdizione a luogo di veridizione.

All'interno del capitolo ho dedicato un paragrafo al dibattito contemporaneo presentando quelle che sono le due teorie rielaborate da Giorgio Agamben e da Roberto Esposito rispettivamente su l'Homo Sacer e il paradigma dell'immunizzazione.

Il secondo capitolo e dedicato al capitalismo cognitivo con il quale si fa riferimento alla nuova fase di accumulazione del capitale definito appunto “capitalismo cognitivo” che si sta sostituendo a quello industriale-fordista. Partendo dall'elemento che lo caratterizza cioe la “conoscenza” ho cercato di descrivere quelle che sono state le trasformazioni piu significative dal capitalismo classico sino a giungere ad una definizione di che cosa si intende per “cognitivo” e quali sono le caratteristiche che lo contraddistinguono, nell'ottica di Andrea Fumagalli e nella prospettiva di Carlo Vercellone.

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descrizione degli argomenti che danno il titolo alla tesi. Qui cerco di dare un quadro descrittivo di quegli che sono gli aspetti maggiormente rilevanti del fenomeno esponendo quali sono le varie tipologie di mobilita sociale, focalizzando maggiormente l'attenzione sull'aspetto relativo al legame tra istruzione, posizione sociale di appartenenza e mobilita sociale. Inoltre ho dedicato un paragrafo ai nuovi lavoratori autonomi che si inseriscono nell'argomento della mobilita sociale per l'aspetto relativo al desiderio di crescere professionalmente in misura corrispondente ad un personale percorso educativo/formativo, alle proprie capacita ed aspirazioni, diversamente non percorribile all'interno di un'organizzazione gerarchica o nell'ambito di un lavoro dipendente.

Nel quarto capitolo cerco di tirare le fila degli argomenti trattati, evidenziando quanto le varie tesi esposte trovano riscontro nell'attuale contesto sociale mettendo in evidenza l'elemento che per me li unisce sia in un'ottica di accezione positiva che negativa.

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Capitolo 1 - BIO-POTERE

1.1 – Nascita del concetto di Bio-potere

Il concetto di biopotere, e collegato al termine “biopolitica” , formato da bios vita e da polis citta , usato per la prima volta dal filosofo e scrittore francese George Bataille (1897-1962) agli inizi del novecento, e stato ripreso nel 1976 da Michel Foucault (1926-1984)in Nascita della biopolitica – Corso al college de France 1978-1979 nel quale definì la biopolitica come “il modo in cui si è cercato, dal XVIII

secolo di razionalizzare i problemi posti dalla pratica governamentale dai fenomeni specifici di un insieme di esseri viventi costituiti in popolazione: salute, natalità, longevità, razze...” (ibid p. 261). Tuttavia, il concetto di biopolitica, era presente gia

nella cultura positivistica francese, nel Système de politique positive (1851-1854) di A. Comte con il neologismo biocrazia, e poi in tutto il darwinismo sociale di impronta spenceriana, e nella filosofia di F.W. Nietzsche. In epoca contemporanea, il concetto di biopolitica e stato poi oggetto di dibattito e di riflessione anche da parte di R. Agamben, (1942) e in G. Esposito (1950), i quali hanno sviluppato il concetto diversamente da Foucault. Il momento storico nel quale i due concetti, potere e sfera della vita si incontrano, e il capitalismo. Infatti e proprio in questa epoca che la biopolitica e il biopotere si ramificano al massimo sino a creare una rete di poteri volti a controllare i processi biologici e gli andamenti demografici della popolazione. Basta pensare alla societa 1 contemporanea che e caratterizzata

dalla continua applicazione di tecnologie sempre piu avanzate a scopo di diagnosi e cura delle malattie che offre opportunita inimmaginabili sino a pochi anni fa, ma al tempo stesso capaci di far emergere interrogativi legati agli aspetti etici (noto e il caso di Elena Englaro, quando il Governo intervenne con un disegno Legge che vietava la sospensione dell'alimentazione e dell'idratazione artificiale ai malati in stato vegetativo persistente)2. La biopolitica e una dimensione del governo che

condiziona un popolo negli aspetti societari e personali, compresa la vita e salute, partendo dal presupposto che alcuni problemi bioeteci investono anche la

1 Tratto da Biopotere di Andrea Vicini – Professore di Teologia morale nella Pontificia Facoltà Teologica dell' Italia Meridionale – Sezione San Luigi di Napoli

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competenza politica. Quindi la politica si fa principalmente carico della vita dei governati, la governa, la cura, sino a plasmarla decidendone le coordinate .

In Nascita della clinica (1998), Foucault traccia l'evoluzione della professione medica e la nascita appunto della clinica, quel luogo orientato all'insegnamento pratico della medicina e dove si conia per la prima volta il concetto di “sguardo medico” , con il quale si evidenzia la disumanizzante separazione tra corpo del paziente e persona intesa come identita del paziente. Infatti Foucault mette in evidenza, come gia a partire dal XVIII secolo, si assista ad un processo di “medicalizzazione” rigorosa della societa attraverso il quale lo sguardo medico penetra l'intero spazio sociale. Nasce “una coscienza medica generalizzata” volta a controllare sia la vita individuale che collettiva, con lo scopo non soltanto di studiare e curare le malattie, ma anche di individuare e garantire i parametri di salute.

Foucault evidenzia in particolare come le strutture cliniche, dove le malattie o il corpo sono esaminati e trattati, si sono progressivamente caratterizzate per un'azione diretta di potere sul corpo umano. Attraverso la nozione di biopotere e infatti possibile esaminare le tecniche specifiche di cui si serve il potere quando agisce sul corpo umano lungo l'arco della vita, dalla nascita alla morte, operando per definire la normalita degli individui attraverso mezzi sempre piu razionalizzati. Il processo di normalizzazione non avviene a partire da razionali predeterminati, cioe principi universali entro cui inquadrare gli individui (ad esempio identificando una nozione comune di umano) ne con l'intenzione di tutelare e promuovere la dignita delle persone e delle popolazioni, ma per soddisfare dinamiche di controllo trasformando i soggetti in oggetti. In questo modo si evidenziano atteggiamenti manipolatori che non prestano attenzione ai soggetti morali, ne al rispetto per i valori, le potenzialita e le capacita che essi esprimono o per i contesti culturali, storici o sociali in cui sono inseriti. Nell'ambito della medicina il filosofo mette in luce alcuni elementi contenuti nel concetto di biopotere: innanzitutto lo sguardo medico, ossia il modo in cui il medico si focalizza sull'organo malato con il rischio di dimenticare il paziente nella sua complessita . Questo sguardo non e riferito soltanto al singolo operatore, ma anche alle intere strutture sanitarie e carcerarie, si tende a controllare il corpo “sezionandolo” nelle sue parti e allontanando sempre di piu il paziente dall'esperienza della sua corposita ; il ruolo sociale del medico,

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l'apprezzamento che si riceve nello svolgere la professione medica; la morte che acquisisce un' importanza sempre maggiore nell'esercizio della pratica medica a discapito dell'impegno prioritario a favore della salute e della vita,(vedi il ruolo del medico nel caso del suicidio medicalmente assistito o l'eutanasia); ed infine il modo di operare delle istituzioni attraverso dinamiche di micropotere con il quale si controlla quanto vivono gli individui, e dinamiche di macropotere cioe il sistema ideologico di repressione che caratterizza le forze economiche e scientifiche all'interno della societa .

1.2 Il pensiero di Foucault

Vorrei iniziare il percorso da una sintesi storica di quelle che sono state le principali trasformazioni del modo di fare “governo” dal medioevo alla nascita del liberalismo, ritenute da Foucault come momenti cruciali per meglio comprendere il concetto di biopotere e di biopolitica oggi (tratto da l'“Antologia – L'impazienza della liberta ” e da “Nascita della biopolitica – Corso al College de France 1978/1979.

C

entrale nel pensiero di Foucault e la questione del potere intimamente legata a quella del soggetto. Si tratta di andare oltre il Leviatano incentrato sulla sovranita , sulla legge e sui divieti, di andare oltre la posizione centrale dello stato radicato nei micropoteri che costituiscono il suo supporto. Si deve considerare il potere come una rete produttiva che attraversa tutto il corpo sociale, e considerare la complessita dei fattori che entrano in gioco nella configurazione dei rapporti tra i due livelli nei diversi contesti storici e territoriali (pag. XXXII). Partendo da un'analisi del potere, il filosofo evidenzia la radicale trasformazione del rapporto del potere con la vita e la morte, e precisamene il passaggio dal diritto di far morire o di lasciar vivere quale potere assoluto del sovrano per la sua sopravvivenza, ad una tipologia di potere che invece gestisce la vita. A partire dall'eta classica si assiste infatti ad un mutamento di queste dinamiche, “il potere

diventa un agente di trasformazione della vita umana……. in cui la morte non è più lo strumento di dominio più importante, ma un limite da rimuovere continuamente”3.

3 Foucault La volontà di sapere, cit. pag. 119-127 infra , pp. 97-103; Bisogna difendere la società cit. pp. 207-214

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Benche la morte continui ad avere un posto di rilievo nella dinamica di potere, “le guerre non sono piu condotte in nome del sovrano da difendere, ma in nome dell'esistenza dell'intera popolazione” 4 ed il diritto di morte e subordinato alle

esigenze del biopotere. In un sistema incentrato nel biopotere, mentre la base su cui poggia il diritto di uccidere e costituito dal razzismo che diventa un meccanismo di Stato (e qui si riferisce al regime sovietico e nazista), la gestione della vita si sviluppa tra il XVII e il XIX secolo in due modi: attraverso il corpo e il potenziamento delle sue attitudini (che Foucault definisce anatomo politica del corpo umano), e la biopolitica della popolazione che si realizza attraverso una serie di controlli regolatori sui fenomeni demografici, la nascita, la morte, il livello di salute o la durata della vita.

Nello stato moderno la disciplina del corpo e la biopolitica della popolazione tendono ad articolarsi l'una con l'altra. Questo e possibile perche lo Stato integra in una nuova forma di politica una vecchia tecnica di potere il cosiddetto potere

pastorale, la cui caratteristica e quella di

guidare l'individuo nel corso di tutta la

sua vita allo scopo di garantirle la salvezza.

Tutt'altro che tramontato questo tipo di potere, per Foucault, lo ritroviamo in molti aspetti nello Stato moderno che definisce una nuova forma di potere pastorale, modificato soprattutto nell'obiettivo. Infatti non si tratta piu di garantire lasalvezzanell'aldila ma di garantirla in questo mondo attraverso l'assunzione, da parte del nuovo potere, della salute, del benessere, della sicurezza e della difesa degli imprevisti.

Questo nuovo potere pastorale, e formato da due parti: il biopotere caratterizzato dalle tecniche disciplinari che consentono la gestione capillare della popolazione attraverso un intervento diretto sugli individui con l'obiettivo di governare nel dettaglio la popolazione al fine di ottenere individui docili, e per fare cio si avvale di tre strumenti: la sorveglianza gerarchica, la sanzione

normalizzatrice e l'esame 5.

La sorveglianza gerarchica trova nel Panopticon di Jeramy Bentham un

chiaro esempio di controllo capillare della popolazione; si tratta di una prigione a

4 Foucault La volontà di sapere, xit. p. 121 infra p. 99

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forma di anello con una torre centrale che consente di sorvegliare in qualunque momento i detenuti. Sapere di essere sorvegliato costantemente, porta l'individuo a inscrivere in se stesso il rapporto di potere diventando così il principio del proprio assoggettamento.

Nella sanzione normalizzatrice, e la societa disciplinare e una societa normalizzatrice, Foucault distingue la legge dalla norma, dove la legge specifica gli atti sotto categorie generali e gerarchizza e generalizza, la norma invece differenzia gli individui sulla base di cio che essi sono e non solo sulla base di cio che essi fanno. Il potere della norma si aggiunge agli altri poteri quali la legge, la tradizione, ecc., diventando alla fine dell'eta classica uno dei grandi strumenti di potere.

Infine l'esame, terzo strumento del potere, che racchiude la combinazione della sorveglianza gerarchica (sguardo che soggioga) e della sanzione normalizzatrice (sguardo che oggettiva) evidenziando la sovrapposizione dei rapporti di potere e delle relazioni di sapere all'interno dei rapporti disciplinari.

L'altra forma di potere sulla vita e la biopolitica della popolazione, qui Foucault mette in risalto il modo in cui la condotta degli individui o dei gruppi di potere puo essere diretta.

Al concetto di biopolitica, il filosofo francese ha dedicato nel 1978/79, un intero corso al College de France6, durante il quale egli cerco di dimostrare la

correlazione tra il liberalismo, l'economia e la governamentalita . Attraverso un'analisi della situazione del dopoguerra in America e in Germania, egli dimostra che il “mercato” diventa il “luogo” entro il quale si produce un ordine veritativo capace di denotare di senso la realta e dove il calcolo “costi/benefici” diventa il criterio concatenante le logiche di potere. Qui l'ordine discorsivo economico e quello giuridico, si denotano vicendevolmente. In Germania l'economico diventa criterio di legittimita del politico e del giuridico, negli Stati Uniti invece il diritto viene utilizzato per regolamentare il mercato.

Il “serbatoio” del Mercato e costituito dai risparmiatori, e piu in generale da un nuovo soggetto politico: la societa (e per estensione la popolazione). Il soggetto politico tende a coincidere con il “soggetto economico” nel senso che l'individuo deve riconoscersi e identificarsi nell'ordine economico. La biopolitica a differenza dell'ordine disciplinare, non sopprime ne reprime ma regola, stabilisce universi di

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senso. Il paradosso della liberta nell'ordine biopolitico liberale e che il soggetto deve prendere la libera iniziativa, deve accumulare capitale, deve circondarsi di merce, deve identificarsi con il prodotto, deve essere felice. Non puo pensare ad un ordine di senso diverso da quello economico.

1.3 La nascita del liberalismo

Uno degli aspetti ritenuti maggiormente significativi per Foucault nella storia del governo e quella che all'epoca (intorno al XVI secolo) veniva chiamata “ragion di stato” . Nel corso al College de France del 1978, Foucault aveva evidenziato “l'emergere di un tipo di razionalità nella pratica di governo che avrebbe

permesso di regolare il modo di governare su qualcosa che si chiama Stato……….”

(ibid p. 15 corsivo mio). Governare secondo il principio della ragion di Stato, significa fare in modo che lo Stato possa essere reso saldo e permanente, ricco e forte di fronte a tutto cio che lo potrebbe distruggere. Il governo dello stato e tenuto a rispettare alcuni principi e regole che sovrastano o dominano lo stato e che provengono dall'esterno: leggi divine, morali, naturali che non sono ne omogenee ne intrinseche allo stato. Nell'osservare queste leggi, il governo pero anziche garantire ai propri sudditi la salvezza ultraterrena, come avveniva nel Medioevo, o estendere la propria benevolenza paterna sui sudditi stabilendo un rapporto analogo a quello tra padre e figlio, lo stato esiste per se stesso e in funzione di se stesso. Esiste solo al plurale nel senso che non e obbligato a sottomettersi a qualcosa come una struttura imperiale, non vi e integrazione dello stato nell'impero, ma lo stato esiste solamente al plurale in quanto esistono tanti stati.

Questa specificita e pluralita dello stato aveva preso corpo in alcune precise modalita di governare: innanzitutto sul piano economico attraverso il

mercantilismo che non e una dottrina economica ma e molto di piu , e una

particolare organizzazione della produzione e dei circuiti commerciali basata sul principio secondo cui lo stato deve innanzitutto arricchirsi accumulando moneta, rafforzarsi attraverso l'aumento della popolazione ed infine mantenere una condizione di concorrenza permanente con le potenze straniere; secondo con lo

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modello di una rigida e serrata organizzazione urbana; terzo la bilancia europea mediante la creazione di un esercito permanente e di una diplomazia a sua volta permanente, cioe un apparato diplomatico-militare che ha l'obiettivo di preservare la pluralita degli stati al di fuori affinche si possa stabilire tra di essi un certo equilibrio al fine di evitare che in Europa si formino unificazioni di tipo imperiale.

Tutti e tre questi elementi hanno costituito la nuova arte di governare sulla base della ragion di stato. Il piu grande limite alla ragion di stato oltre alla teologia, e il diritto. Nel Medioevo cio che ha fatto crescere il potere regio sono stati l'esercito e le istituzioni giudiziarie, ma con la nuova razionalita di governo che si e sviluppata tra il XVI e il XVII secolo il diritto e le istituzioni giudiziarie non fungeranno piu da moltiplicatore del potere, bensì da “sottrattore del potere” come lo definisce Foucault (ibid p. 19). Infatti si svilupparono una serie di polemiche, di battaglie politiche come ad esempio quelle riguardanti le leggi fondamentali del regno, leggi che i giuristi contrappongono alla ragion di stato sostenendo che nessuna pratica di governo, nessuna ragion di stato puo giustificare che vengano messe in discussione. Quindi sebbene la ragion di stato abbia obiettivi illimitati, si assiste attraverso il diritto ad un continuo tentativo di limitarla.

Nel XVIII secolo si assiste ad una ulteriore trasformazione che segnera le caratteristiche generali della cosiddetta ragione di stato moderna. Questa trasformazione si riferisce ad un ribaltamento del principio di limitazione dell'arte di governare che non e piu estrinseco come era il diritto nel XVII secolo ma intrinseco. Questa nuova forma di razionalita , che permette alla ragione di governo di autolimitarsi si chiama “economia politica” . Diversamente dal pensiero giuridico del XVI e del XVII secolo, l'economia politica non si e sviluppata fuori dalla ragion di stato o contro la ragion di stato per limitarla, ma al contrario si e formata nel quadro stesso degli obiettivi che la ragion di stato aveva fissato all'arte di governo (cioe lo stato di polizia, il mercantilismo e la bilancia europea vedi sopra) e che non assumera la stessa posizione esterna del pensiero giuridico.

Non si propone quindi come un'obiezione esterna alla ragion di stato e alla sua autonomia politica, il potere politico non deve avere limitazioni o contrappesi esterni e neppure confini che non siano il potere stesso. Ed e per questo che la ragion di stato non viene rovesciata dall'economia politica, ma risulta ben allineata

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alla ragion di stato che conferisce al monarca un potere totale e assoluto. Inoltre l'economia politica non interroga le pratiche di governo secondo il diritto per sapere se sono legittime o meno, perche l'importante e sapere quali effetti produce ad esempio la mancata riscossione di un'imposta su una determinata merce: non importa se tale diritto e legittimo o meno, cio che importa e sapere quali effetti produce e se sono negativi. Quindi sara il successo o il fallimento a determinare il criterio di azione di governo e non la legittimita o l'illegittimita .

Nel regime e nella pratica di governo del XVI e del XVII secolo, ancor prima del Medioevo, il mercato costituiva uno luogo privilegiato di intervento e di regolazione del governo. Era un luogo di giustizia con una rigida regolamentazione su cio che doveva essere immesso sul mercato in termini di quantita , qualita e anche il prezzo di vendita veniva fissato dal mercato e veniva considerato un giusto prezzo. Era un luogo quindi di giustizia distributiva dove si garantiva l'assenza di frode. E in questo luogo che si verifica un cambiamento. Alla meta del XVIII secolo, il mercato e sembrato non essere piu un luogo di giurisdizione, ma di veridizione7

(p. 40): il mercato deve dire il vero e deve farlo in relazione alla pratica di governo.

Questo ruolo di veridizione lo portera a comandare, a dettare e prescrivere i meccanismi giurisdizionali in base ai quali dovra articolarsi. Cio che per Foucault e importante non e tanto la storia del vero o del falso, bensì la storia della veridizione, cioe quale regime di veridizione abbia permesso di dire vere o affermare come vere cose che poi non lo erano. “La verità è nella natura,

nell'autormatività spontanea del corpo sociale ….. verita e norma stanno nei

meccanismi spontanei del mercato” 8 Con l'avvento dell'economia politica il diritto

non e scomparso. Quando Foucault parla di autolimitazione della ragione di governo si riferisce alla limitazione giuridica dell'esercizio di un potere politico, quindi si e assistito ad uno spostamento del centro di gravita del diritto. Il problema sara quello di fissare dei limiti giuridici all'esercizio di una potenza pubblica. Due sono le vie aperte: la prima detta “rivoluzionaria” la quale consiste nel partire dai diritti dell'uomo per giungere a stabilire i limiti della governamentalita , si articola quindi sulle posizioni tradizionali del diritto pubblico. L'altra via, detta radicale, non parte dal diritto ma dalla pratica di governo in quanto tale per definirne i limiti di fatto che si possono imporre alla

7 Foucault – Nascita della Biopolitica p. 40

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governamentalita . Seguire questa via significa definire le competenze del governo secondo il criterio di cio che sarebbe utile o inutile per il governo fare o non fare, si articola fondamentalmente sulla nuova economia della ragione di governo (Foucault pag. 47-48). Queste due vie corrispondono a due diverse concezioni della diritto: nella prima la legge e concepita come l'espressione di una volonta con un sistema di volonta -legge ed una concezione della liberta di tipo giuridico; nella seconda, quella radicale, la legge sara concepita come un modo per separare da un lato la sfera di intervento della potenza pubblica, e dall'altro la sfera d'indipendenza degli individui; in questo caso la liberta sara concepita non come esercizio di diritti fondamentali, ma come l'indipendenza dei governati dai governanti. Questi due diversi modi di concepire la liberta costituiscono la stessa ambiguita che caratterizza il liberalismo europeo del XIX e del XX secolo (p. 49).

Tra questi due sistemi eterogenei, vi e una connessione costante, tuttavia tra i due quello che ha avuto una tenuta maggiore, a differenza dell'altro che e regredito, e la via radicale nel suo tentativo di definire la limitazione giuridica del potere pubblico in termini di utilita di governo. Quindi i due punti di ancoraggio nella nuova ragione di governo sono: il mercato e l'utilità. E cio che tiene insieme il tutto e l'interesse che sia principio di scambio, che sia criterio di utilita . Non ci riferiamo piu all'interesse di uno stato rivolto interamente a se stesso che mira esclusivamente alla propria crescita, ricchezza, potenza, ne tanto meno ad un sovrano, monarca o stato che sia, che aveva presa sulle cose, sulle terre, sui sudditi ma sara un interesse costituito da un insieme di interessi, un misto fra interessi individuali e collettivi, tra utilita sociale e profitto economico, fra equilibrio del mercato e regime della potenza pubblica, ecc. (p. 51) soltanto su quegli interessi per cui il tal individuo, la tale cosa o ricchezza interessa agli altri individui o alla collettivita . Il governo si esercitera su quella che Foucault chiama “repubblica fenomenica degli interessi” .

1.4 Il dibattito contemporaneo

Il concetto di biopotere insieme a quello di biopolitica, e stato oggetto di numerose riflessioni filosofiche tanto da modificarlo e arricchirlo. Inoltre lo leggiamo spesso sui giornali, lo ascoltiamo in televisione e nei social, in quanto lo

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possiamo associare frequentemente a numerose situazioni. Per Giorgio Agamben, Foucault nelle sue analisi, ha sempre mantenuto chiara la differenza tra il biopotere e la sovranita , tipica dell'Ancien Regime. Agamben (1942)9 invece non

riconosce questa differenza, infatti applica la nozione di biopotere all'intero ambito della sovranita , mettendo in evidenza che il potere sovrano non si impone solo sui soggetti in quanto detentori di diritti, ma sulla “vita nuda” delle persone, e quindi esposta alla violenza propria di tale potere. Il legame tra politica e vita e di tipo mortifero e i campi di concentramento, di lavoro, di sterminio “ rappresentano il modo radicale in cui il potere controlla la vita dei cittadini” . La dittatura razzista nazista, si e servita di un potere medicalizzato, con un controllo totale sul corpo umano, e l'olocausto non e stato il ritorno di un eta barbarica, quanto una tragica possibilita insita in ogni societa .

Agamben parla di “Homo Sacer”, quell'individuo insacrificabile esposto al bando, che puo venire ucciso da chiunque, infatti “Sacer è colui che è stato escluso

dal mondo degli uomini e che, pur non potendo essere sacrificato, è lecito uccidere senza commettere omicidio”. Possiede solo la propria nuda vita e una singolarita

qualunque a cui si fronteggia solo lo Stato inteso come un'insieme di identita contraddistinte da una propria connotazione: etnica, linguistica, religiosa, politica, che si prende in carico dell'homo sacer, ossia dell'eccezione. La ratio governamentale stabilisce chi e l'eccezione e contemporaneamente la disattiva, facendosi carico di essa per mostrare il proprio potere; inoltre l'homo sacer e escluso dalla comunita e fatto oggetto del potere che organizza le logiche della comunita stessa. Attraverso l'esercizio del potere sulla nuda vita, l'Homo Sacer smette di appartenere alla comunita , alla dimensione del “dentro” caratterizzata da un insieme di caratteri e di proprieta capaci di contrassegnarla, e viene relegato al non luogo, al “fuori” nello spazio qualunque, privo di caratteri distintivi. I soggetto perde la propria identita e rimane nudo ricco soltanto della propria “Zoe” ossia la “nuda vita” comune a tutti gli esseri viventi secondo la classica definizione aristotelica. Agamben evidenzia quindi l'accezione negativa del biopotere che si esprime nella tanato-politica (da Tanato che significa “morte” , opposto di biopolitica), che seleziona i soggetti, li condanna all'esclusione e attraverso, appunto, l'azione tanatopolitica sul nudo dato biologico, decide del loro destino.

9 Il nudo e il sacro – La biopolitica di Giorgio Agamben di Fabio Milazzo – Portale online di filosofia, cultura e società

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Un altro rappresentante del dibattito contemporaneo e Roberto Esposito10, il quale interpreta il biopotere presente in biopolitica, ricorrendo alla trilogia: Bios (vita) Communitas forma di vita politica e Immunitas, immunizzazione la quale ci difende immunizzandoci appunto, nei confronti di tutto cio che e “altro” e che e percepito come potenziale forma di attacco e di minaccia. Tale logica trova il suo culmine nella bio-tanato-politica praticata dal nazismo. E' tuttavia possibile ribaltare l'esito negativo dell'incontro tra politica e vita attraverso la non chiusura totale verso l'esterno e mettendo in risalto le possibilita dell'individuo. Tale prospettiva puo portare a risultati positivi.

Nel libro Communitas. Origine e destino della comunità, Esposito intende prendere le distanze dal pensiero “classico” (la sociologia organicistica della Gemeinschaft, il neocomunitarismo americano e nelle varie etiche della comunicazione) del modo di intendere la comunita , intesa in senso sostanzialistico e soggettivistico ossia la comunita costituisce quella sostanza che connette determinati soggetti tra di loro nella condivisione di una identita comune. La comunita era legata al proprio, al senso di appartenenza, la cosa che i membri avevano in comune era appunto il loro proprio.

In alcuni testi, come La comunità inoperosa di Jean Luc Nancy, oppure La

Comunità che viene di Giorgio Agamben, secondo Esposito il concetto di comunita

non e colto appieno, in quanto insistendo sul proprium sul considerare la comunita come un pieno o come un tutto, si finisce per ridurla ad una proprieta dei soggetti. Esposito intende rovesciare tale prospettiva, e afferma che c'e la tendenza a guardare il tema della comunita del cum anziche del munus (il cui significato originario e dono) finendo per mettere in disparte il significato politico di comunita . Attraverso questo spostamento del concetto di comunita e possibile secondo Esposito riaprire una via verso la politica e legare la comunita alla politica. In questo passaggio si insinua il termine Immunità, come significato negativo di comunita : se la comunitas e cio che lega i suoi membri in un impegno di donazione l'uno all'altro, l'immunita e cio che esonera da questa legge del dono e rimanda a qualcosa di particolare, e precisamente ad un privilegio. Infatti l'immunita , nell'accezione giuridica, rimanda alla cosiddetta “immunita parlamentare o diplomatica” di chi non e soggetto ad una giurisdizione che invece

10 Roberto Esposito (1950) – Filosofo politico e morale – Da Ici Berlin Roberto Esposito: Biopolitica – Febbraio 2011

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riguarda gli altri cittadini; nell'accezione medica o biologica, l'immunizzazione invece si riferisce alla capacita dell'organismo di resistere, attraverso i propri anticorpi, ad un'infezione proveniente da un virus esterno. Sovrapponendo la semantica giuridica e la semantica medica, se la comunita determina la rottura delle barriere di protezione dell'identita individuale, l'immunita ricostruisce i confini dell'identita contro chiunque voglia penetrare l'identita stessa. L'immunita , benche necessaria, se portata oltre un certo limite, costringe la vita in una sorta di gabbia in cui la vita finisce per perdere la sua liberta e il senso stesso della vita che costituisce la dimensione della communitas. La politica che l'immunita induce, o in forma di azione o di reazione, si pone in modo diretto con la vita biologica e quindi e una forma di biopolitica. Foucault, secondo Esposito, non ha mai fatto una scelta tra bios e politica, e ritiene di aver trovato questo anello intermedio nel paradigma di immunizzazione, nella sua doppia identita giuridica e biologica che costituisce il punto di incrocio tra la sfera della vita e la sfera della politica, le due accezioni, una positiva e una negativa implicite nella pratica biopolitica. L'accezione negativa che in alcuni momenti ha caratterizzato la biopolitica, non e in realta il potere violento che si esercita sulla vita, ma e il modo in cui la vita si difende dai pericoli che la minacciano. Nel secolo scorso ha prevalso di gran lunga l'accezione negativa di biopolitica (la tanatopolitica rappresentata dal razzismo nazista), ed Esposito avanza una tesi su come esercitare una biopolitica in senso positivo dove la vita non sia piu solo oggetto di politica ma anche soggetto di politica. Ovviamente non basta rovesciare i termini per giungere ad una definizione affermativa di biopolitica, ma occorre fare un salto di qualita tale da impostare il problema in modo diverso, definendo il nesso tra vincoli e bisogni, tra l' espansione del mercato e la protezione delle forze piu deboli, da un punto di vista sociale culturale e generazionale, e cio puo essere reso possibile attraverso un'alleanza tra politiche nazionali e internazionali, tra soggetti individuali e soggetti collettivi, tra partiti e movimenti. Si tratta di praticare un rovesciamento interno allo stesso paradigma immunitario pensandolo non come barriera di esclusione dell'altro ma come un filtro di relazione tra l'interno e l'esterno, e va affrontato a doppio livello:

disattivazione dei dispositivi riferito a quelle barriere di controllo che tendono a

ridurre l'esperienza comune a cui e necessario sottrarsi, cosa non facile in quanto tali dispositivi presenti in ogni luogo sono rivolti anche alla protezione di noi

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stessi, e quindi la loro disattivazione comporterebbe un doppio esito: liberazione e impoverimento (immaginiamo a come potrebbe essere la nostra vita senza internet…...). Quindi bisogna agire anche in senso positivo attraverso l'attivazione

di nuovi spazi del comune cercando cioe di produrre spazi, sfere e dimensioni

comuni che pero sono sempre minacciati dal loro contrario. Infatti il contrario di comune e proprio, e privato e immune, tutti convergono e si oppongono alla semantica della communitas perche il proprio rimanda all'appropriazione, il privato alla privatizzazione e l'immune all'immunizzazione, tre modi di dissoluzione del legame sociale, di scioglimento del bene comune sempre piu ridotto in un mondo che e pero sempre piu globale.

Il bene comune, oggi sempre piu schiacciato tra bene privato e bene pubblico, e diventato sempre piu sottile a tal punto di divenire “cosa di nessuno” in senso negativo, questo assottigliamento si e fatto ancora piu integrale, l'immunizzazione non ha rafforzato soltanto i confini del proprio ma ha investito anche la sfera pubblica, infatti si assiste oggi a numerose forme di privatizzazioni, le risorse dell'ambiente venduti a privati, (aria, acqua, terra, ecc.) poi gli spazi cittadini, gli edifici pubblici, le strade i beni culturali, sino al rischio di privatizzare le risorse dell'intelligenza e della comunicazione, e alla vendita di parti della vita biologica e di essere comprati da chi puo . Secondo Esposito la battaglia per una biopolitica affermativa e possibile, e deve partire dalla rottura tra pubblico e privato, cercando di non abbandonare lo spazio del comune ma bensì di ampliare lo spazio del comune. I numerosi conflitti attualmente aperti contro la privatizzazione dell'acqua, contro i brevetti esclusivi che impediscono la diffusione di medicine negli spazi piu poveri del mondo, sono esempi che vanno nella direzione di una biopolitica affermativa; inoltre non si deve confondere il bene comune con il bene dello stato, bisogna pensare intorno o meglio all'interno del linguaggio del comune. Il problema e che oggi non esistono statuti e codici giuridici volti alla protezione del comune del proprio e dell'immune, il ben comune non e ne il globale ne il locale, e qualcosa di sconosciuto che e escluso dal processo di globalizzazione.

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CAPITOLO 2 – CAPITALISMO COGNITIVO

2.1 – Il nuovo paradigma della conoscenza

Di frequente oggi sentiamo parlare, o leggiamo nei giornali, di “economia della conoscenza” , “societa della conoscenza” , “capitalismo cognitivo” il cui senso o significato talvolta e coincidente e talvolta no. Ma prima di parlare di capitalismo cognitivo che e l'argomento principale di questo capitolo, vorrei fare una piccola premessa su che cosa s'intende per conoscenza. La conoscenza e sempre stata al centro degli interessi di numerosi pensatori, a partire da Aristotele con la sua distinzione tra epistéme intesa come conoscenza universale e teorica, techné riferita alla conoscenza strumentale relativa a contesti specifici e pratici, phronesis la conoscenza normativa basata sull'esperienza, diffusa e condivisa (Gerardo Pastore L'Italia della conoscenza p. 18) , sino ad arrivare all'eta moderna quando la conoscenza scientifica si afferma come conoscenza autonoma e forza produttiva fondamentale nella produzione di ricchezza. Anche Hayek e Schumpeter hanno considerato il “fattore conoscenza” fondamentale nelle attivita economiche, anche se si faceva comunque riferimento al cambiamento tecnologico e dei fattori produttivi in un contesto di produzione materiale, non eravamo ancora in una “economia della conoscenza” . Infatti in una autentica economia della conoscenza l'investimento principale e rivolto alla ricerca e allo sviluppo. Oggi il termine conoscenza e ancor piu al centro dell'attenzione, persino l'Unione Europea aveva lanciato con la “Strategia di Lisbona” nel 2000, rilanciata poi nel 2005 e proseguita con l'” UE 2020” , un piano di riforme aventi l'obiettivo di far diventare l'Unione Europea un'area avanzata sul piano della conoscenza dando vita alla cosiddetta “Societa della conoscenza” attraverso politiche volte a ridurre il tasso di abbandono scolastico e di far crescere il livello di istruzione sino a quello universitario.

Il termine societa della conoscenza sta ad indicare che la conoscenza, sostituitasi al capitale “materiale” , e diventata una delle principali caratteristiche del sistema economico e produttivo contemporaneo, evidenziando così il cambiamento che si e verificato negli ultimi decenni, sia in termini di modalita di

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produzione della merce, sia in termini di bisogni (reali o percepiti), sia in termini di fattori produttivi, in tutto cio che fornisce benessere e sviluppo dell'individuo, della societa e dell'economia. La conoscenza oggi sembra essere quindi il motore principale del progresso, e la produzione immateriale, l'aspetto dominante della modernita . Lungi dall'essere quindi un elemento nuovo nel sistema economico, e sempre stata una risorsa importante ai fini della produzione, in quanto nel lavoro umano si impiegano comunque capacita intellettuali. L'uso della conoscenza11 e

stato rilevante sin dalla rivoluzione industriale, tuttavia si riteneva che investire nella conoscenza non fosse produttivo, infatti il sistema economico era organizzato in modo tale da rendere basso o nullo il rendimento economico in investimenti in conoscenza, ed inoltre non vi era la possibilita di propagare le nuove conoscenze. Con l'innalzamento della scolarizzazione dei lavoratori e la diffusione delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione ai processi economici, lo sviluppo produttivo si e sempre piu basato sulla conoscenza, e nelle economie moderne ha trovato espressione nei termini "economia della conoscenza” (knowledge economics e/o knowledge economy) ed “economia fondata sulla conoscenza” (knowledge-based economy).

Il termine “economia fondata sulla conoscenza” sta ad indicare il nuovo periodo storico, il cambiamento epocale nelle modalita di produzione, distribuzione e consumo delle economie avanzate, mentre “economia della conoscenza” , indica invece la branca della teoria economica che si occupa della conoscenza come bene economico e dei relativi effetti sul benessere individuale e collettivo. “

Con l'era della conoscenza, si assiste alla fine della societa industriale, della rivoluzione delle macchine e del capitale. Il capitalismo industriale, le cui basi fondanti erano la fabbrica e il capitale-macchine, ha lasciato il posto al capitalismo cognitivo fondato invece sul capitale-conoscenza e il lavoro della mente. La crescita economica non e piu caratterizzata dal volume degli investimenti, nell'era della conoscenza e sinonimo di crescita la qualita e quantita dei processi di apprendimento realizzati, dalla possibilita di accedere alla conoscenza distribuita in rete e dalla capacita di propagare le conoscenze possedute al fine di estrarne il massimo valore possibile.

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Jeremy Rifkin (1995) nel libro The end of the work, ha un modo interessante di vedere l'attuale trasformazione, egli mette in evidenza quali potrebbero essere alcune implicazioni nell'utilizzo della conoscenza. Egli afferma infatti che la conoscenza trasferisce la forza produttiva alle macchine svalorizzando in questo modo il lavoro umano, destinato a diventare alla lunga eccedente rispetto ai bisogni e rendendo il lavoro stesso eccedente (Rullani pag. 142). Questa tesi sugli effetti della conoscenza in ambito occupazionale discende dal tipo di contributo che la conoscenza si ritiene possa apportare alla produzione, da un punto di vista quantitativo o qualitativo. Infatti un uso efficiente della tecnologia produce effetti quantitativi se per produrre la stessa quantita di beni o servizi si utilizzano meno fattori produttivi con conseguente riduzione dei costi; si avranno invece effetti qualitativi se utilizzeremo la conoscenza per esplorare nuove possibilita al fine di condividerle e di comunicarle in un diverso contesto. I due aspetti quantitativi e qualitativi della conoscenza tendono a coesistere nella odierna produzione del valore, a differenza di quanto si ritenesse nelle precedenti teorie dove era prevalente l'aspetto quantitativo legato all'efficienza piuttosto che l'aspetto qualitativo ritenuto irrilevante ed esogeno.

Nell'economia della conoscenza la persona diventa centrale 12 in termini di

apprendimento, dell'applicazione, dell'intelligenza e della creativita all'organizzazione e al lavoro e in generale al miglioramento delle condizioni di lavoro. Nei paesi avanzati, la conoscenza e il capitale umano (come accumulazione di saperi, esperienze e competenze da parte di lavoratori e imprese) sono diventati i fattori chiave per assicurare la solidita e la sostenibilita delle imprese, e, quindi, per la sostenibilita degli stessi livelli di occupazione e di benessere.

Tutto cio enfatizza ancora di piu il cambiamento avvenuto nell'utilizzo della conoscenza e delle persone in ambito produttivo, un impiego della conoscenza maggiormente incentrata nelle macchine ha lasciato il posto ad una conoscenza incentrata sulla soggettivita meno impersonale, (Rullani pag. 119) in quanto le persone si affidano meno agli automatismi meccanici (macchine) ed organizzativi (gerarchia) e si riscopre la necessita di coinvolgere le persone nelle scelte grazie alla loro intelligenza e alla loro capacita di scoprire nuovi percorsi che non sono eterodiretti in anticipo, e quindi il ruolo della persona diventa essenziale

12 Economia della conoscenza, innovazione organizzativa e partecipazione cognitiva: un nuovo modo di lavorare Leonello Tronti

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e meno individualistica. La conoscenza insomma impatta in tantissimi ambiti e aspetti della nostra vita ..…..……..

2.2 La prospettiva del capitalismo cognitivo secondo Vercellone 13

Carlo Vercellone fa un'analisi del capitalismo cognitivo partendo dal ruolo chiave che la conoscenza ha avuto nelle trasformazioni storiche del rapporto capitale-lavoro. L'analisi di Vercellone si sviluppa partendo dai fondamenti teorici che ruotano intorno alla tesi del capitalismo cognitivo e la prospettiva storica delle trasformazioni che hanno segnato il passaggio dal capitalismo industriale al capitalismo cognitivo, mettendo in evidenza la contraddizione profonda che oppone la logica del capitalismo cognitivo e quella che condiziona lo sviluppo di un economia fondata sulla conoscenza.

Negli anni 70 si e assistito ad una profonda crisi del capitalismo, in conseguenza della quale si e sviluppata una forte crescita della conoscenza e della dimensione cognitiva del lavoro e cio e stato spiegato in vari modi: come un cambiamento dell'ampiezza del fenomeno conoscenza dell'economia, come un passaggio hegeliano dalla quantita alla qualita oppure da un grosso determinismo tecnologico fondato appunto sul ruolo motore delle tecnologie dell'informazione, della comunicazione e dell'industria intensiva. In un contesto di questo tipo si tende a prendere in considerazione indicatori quali ad esempio i brevetti, come una misura dell'efficienza di un economia fondata sulla conoscenza in funzione del grado di mercificazione del sapere, trascurando altri tipi di indicatori centrali per un'economia fondata sulla conoscenza, come ad esempio il ruolo strategico svolto dalle istituzioni dei servizi del welfare e la genesi e la riproduzione di un' economia fondata sulla conoscenza. Vercellone intende sottolineare l'opposizione tra il concetto di capitalismo cognitivo e il concetto di un'economia fondata sulla conoscenza, sostenendo che le varie teorie meanstream non hanno mai preso in considerazione la relazione conflittuale tra capitale e lavoro, e soprattutto il conflitto di sapere e potere e la struttura di trasformazione della divisione del lavoro.

Uno dei limiti metodologici maggiori degli approcci meanstream e di 13 Conferenza di Carlo Vercellone sul Capitalismo Cognitivo alla UNSAM (Universidad Nacional di San Martin) Buenos Aires Argentina Luglio 2013

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dimenticare che il senso e la posta in gioco della congiuntura storica attuale non consiste nella semplice instaurazione di una economia fondata sulla conoscenza ma consiste in un'economia fondata sulla conoscenza sottomessa e inquadrata dalle forme istituzionali strutturali alla base della logica di accumulazione del capitale. Inoltre c'e la tendenza ad utilizzare i due concetti economia della conoscenza e capitalismo cognitivo in modo analogo. Il capitalismo cognitivo si propone di mettere in evidenza la dimensione storica e la dialettica conflittuale tra i due termini “capitalismo piu cognitivo” , dove il termine capitalismo sta a indicare il cambiamento delle variabili fondamentali dei modi di produzione capitalista in particolare il ruolo motore del profitto e la tendenza a trasformare l'insieme dei beni in un capitale di merce fittizia, mentre il termine cognitivo mette in evidenza la nuova natura del lavoro delle forme di proprieta , dei rapporti di sfruttamento sui quali poggia l'accumulazione del capitale.

Un punto importante sottolineato da Vercellone e che il termine cognitivo non e l'aggettivo di capitalismo ma fa riferimento alla dimensione sempre piu immateriale e cognitiva del lavoro e del suo prodotto di cui il capitalismo cognitivo cerca di appropriarsi. Inoltre ritiene importante ricordare un insegnamento lasciato da Marx in merito alla natura del lavoro: il lavoro e l'essenza stessa dell'uomo ed e cio che lo differenzia da tutti gli altri esseri viventi. Se la dimensione cognitiva del lavoro e l'essenza stessa dell'attivita umana questa dimensione cognitiva puo rivelarsi un ostacolo al controllo capitalistico del processo di produzione e di accumulazione. Inoltre le conoscenze e i saperi controllati dal lavoro possono essere la fonte per il capitale di un incertezza strutturale relativa all'esecuzione del contratto di lavoro. Si ricorda che il contratto di lavoro consiste nella messa a disposizione da parte del lavoratore di una quantita di tempo e non del lavoro effettivo dei salariati.

Esistono teoricamente due soluzioni possibili e opposte:

- la prima soluzione, consiste nel far passare il controllo della conoscenza produttiva nelle mani del capitale mediante l'espropriazione dei loro saperi e attraverso la parcellizzazione del lavoro nei tempi e nei modi;

- la seconda consiste nell'accettare la dimensione cognitiva e l'autonomia del lavoratore che comporta non piu di prescrivere il lavoro ma di prescrivere la soggettivita stessa dei lavoratori affinche essi si mettano volontariamente al

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servizio dell'impresa e del capitale. Questo per due ragioni principali:

la prima e che coloro che controllano il sapere produttivo possono anche determinare l'intensita , la quantita e qualita del lavoro;

la seconda, piu fondamentale, e che coloro che controllano i saperi produttivi possono aspirare a gestire la produzione ossia a definire non solo l'organizzazione del lavoro ma anche le finalita stesse della produzione vale a dire cosa produrre, quanto produrre, per chi produrre quale necessita e bisogni soddisfare, attraverso quale tipo di distribuzione della ricchezza.

L'analisi di Vercellone relativa alla prospettiva storica delle trasformazioni che hanno segnato il passaggio dal capitalismo industriale al capitalismo cognitivo, evidenzia che la crisi del modello fordista e la conseguente crisi attuale costituisce un livello di crisi superiore, in quanto sono state messe in discussione alcune variabili strutturali del capitalismo industriale e che hanno determinato una crisi tendenziale della logica del processo di produzione. Siamo in presenza infatti di una fase storica completamente nuova caratterizzata da due rotture maggiori e strettamente intrecciate.

La prima rottura riguarda l'esaurimento progressivo della sfera dei bisogni che il capitale puo soddisfare attraverso le produzioni e il consumo di merci materiali private, a vantaggio dello sviluppo di consumi collettivi in particolare delle produzioni dell'uomo per l'uomo che hanno la duplice qualita di essere alla base di una economia fondata sulla conoscenza e che la loro gestione efficace e incompatibile con la razionalita della legge del valore.

La seconda rottura e rappresentata dal ritorno in forza della dimensione cognitiva del lavoro che si incarna nella costituzione di una intelligenza diffusa e di una intelligenza collettiva. Si tratta di una nuova preponderanza qualitativa dei saperi vivi immobilizzati dalla forza lavoro rispetto ai saperi morti incorporati nel capitale fisso e nell'organizzazione managerale dell'impresa.

Secondo Vercellone e nell'egemonia del sapere vivo del lavoro rispetto al sapere morto del capitale che troviamo l'ossatura centrale dell'ipotesi del capitalismo cognitivo secondo un approccio opposto alle interpretazioni che fanno del sapere un fattore di produzione indipendente dal capitale dal lavoro. Un elemento centrale della trasformazione della qualita della forza lavoro e delle

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norme di produzione di consumo si trova nella dinamica conflittuale che dalla fine degli anni 60 e 70 ha indotto una formidabile espansione del salario sociale e dei servizi collettivi del welfare al di la della logica mercantile del capitale. Questa evoluzione e stata interpretata come un fattore di crisi del fordismo legata alla crescita dei costi sociali di riproduzione della forza lavoro. Al contrario possiamo dire che tale crisi ha gettato le basi per la costruzione di alcune delle condizioni essenziali dello sviluppo di un'economia fondata sulla conoscenza e ruolo chiave nelle produzioni dell'uomo attraverso l'uomo.

Il primo fattore essenziale del decollo di una economia fondata sulla conoscenza si trova nella potenza del lavoro vivo ovvero nei fattori che hanno condotto ad una formazione di un'intellettualita diffusa.

Il secondo fattore riguarda l'elemento principale della mutazione dell'attuale lavoro che non puo essere spiegato da un determinismo tecnologico fondato sul ruolo quasi esclusivo della tecnologie, della informazione e della comunicazione. In quanto queste tecnologie dimenticano un elemento essenziale ossia non possono funzionare che grazie a un sapere vivo in quanto e la conoscenza che governa il trattamento dell'informazione che altrimenti sarebbe una risorsa sterile come e sterile il capitale senza il lavoro.

Tre sono le evoluzioni principali in grado di far comprendere l'importanza della trasformazione attuale del rapporto capitale-lavoro e la contraddizione tra la logica del capitalismo cognitivo e le condizioni dello sviluppo di un'economia fondata sulla conoscenza.

La prima evoluzione riguarda la dinamica storica attraverso la quale la parte del

capitale cosiddetto intangibile (salute, istruzione, informazione, ecc.) che avrebbe superato, a partire dalla meta degli anni 70 negli Stati Uniti prima e in Europa dopo, la produzione totale di capitale diventando il motore principale della crescita.

L'interpretazione dei questa prima evoluzione ha tre significati principali, sistematicamente occultati dalle teorie meanstream, il primo e che la tendenza dell'innalzamento del capitale intangibile e strettamente collegato con la formazione di una intellettualita diffusa che spiega appunto l'aumento del capitale intangibile.

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loro forza lavoro, e corrisponde alle qualita intellettuali e creatrici incorporate nel lavoro e non nel capitale. Ne consegue che il concetto di capitale immateriale e in gran parte un sintomo della crisi della stessa categoria di capitale costante cosi come si era affermata con il capitalismo industriale dove il capitale costante, come aveva mostrato Max, era il lavoro morto cristallizzato nelle macchine e che imponeva al lavoro vivo la sua dominazione. Questo punto costituisce un elemento importante per comprendere alcune delle cause principali del processo di finanziarizzazione e dell'apertura della crisi attuale. La nozione di capitale immateriale corrisponde da vari punti di vista ad un vero e proprio ossimoro perche il capitale immateriale corrisponde all'intelligenza collettiva, a cio che potremmo chiamare lavoro vivo non capitale. Tale capitale sfugge quindi a qualsiasi misura oggettiva a differenza del capitale materiale; cio spiega che il valore borsistico di questo capitale, che rappresenta l'85% della capitalizzazione borsistica, e essenzialmente fittizio e sottomesso a fluttuazioni di grande ampiezza e dipende dalle convenzioni che si formano sui mercati finanziari. In sintesi la dinamica del capitalismo cognitivo caratterizzata da una serie di crisi sempre piu gravi, non e il prodotto di una cattiva regolazione della finanza, ma esprime invece la difficolta intrinseca a far funzionare il capitale immateriale come capitale e il capitalismo cognitivo come capitalismo.

Il terzo significato: le principali istituzioni di una economia fondata sulla conoscenza non sono riducibili ai lavoratori privati di ricerca e sviluppo delle grandi imprese, ma sono le istituzioni comuni del welfare che svolgono un ruolo motore ossia le produzioni collettive dell'uomo per l'uomo secondo una logica non mercantile.

La spiegazione e legata al ruolo strategico che riveste sempre piu per la valorizzazione del capitale, il controllo biopolitico e la colonizzazione mercantile delle istituzioni del welfare per due ragioni centrali :

1) la salute, l'istruzione, la formazione e cultura strutturano non solo i modi di vita ma costituiscono i pilastri della regolazione e l'orientamento dell'economia fondata sulla conoscenza di cui si nutre il capitalismo cognitivo;

2) nei paesi a capitalismo avanzato, a causa della recessione, i rari settori in cui nonostante la crisi, si registra una crescita costante della domanda sono proprio quella della salute e dell'istruzione.

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Sono questi i fattori, e non i pretesi costi o inefficienze del welfare, che permettono di spiegare la pressione straordinaria esercitata dal capitale per privatizzare i servizi del welfare o subordinarli alla logica del new public management (Nuova Amministrazione Pubblica), quel filone di studi che mira all'efficienza della Pubblica Amministrazione volta ad integrare le pratiche gestionali tradizionali con una metodologia piu orientata al risultato (l'interesse pubblico) ossia l'introduzione nel settore pubblico di meccanismi del mercato e della competizione . L'estensione della logica mercantile e teoricamente possibile, tuttavia la salute, l'istruzione, ecc. sono attivita che non possono essere sottomesse alla razionalizzazione del capitale se non al prezzo di ineguaglianze insostenibili, perdita delle risorse, e drastica riduzione dell'efficacia sociale di queste produzioni. Il risultato sarebbe infatti un calo della qualita e quantita del capitale immateriale che costituisce il fattore chiave dello sviluppo delle forze produttive nel capitalismo cognitivo.

Questa tesi e corroborata da due argomenti:

il primo e legato al carattere intrinsicamente cognitivo, interattivo e affettivo di queste attivita , il cui lavoro non consiste nell'agire nella materia inanimata ma sull'uomo stesso in una relazione di co-produzione di servizi; in effetti sul piano della produzione e dei criteri di efficienza queste attivita sfuggono alla logica economica del capitale che si fonde sulla concezione essenzialmente quantitativa della produttivita con la formula: produrre sempre piu una quantita minore di lavoro e di capitale al fine di ridurre i costi e aumentare i profitti. Questo tipo di razionalita e risultata efficace nella produzione di merci standardizzate, ma i prodotti dell'uomo per l'uomo rispondono a razionalita produttiva completamente differente rispetto al capitale per due ragioni principali:

la prima nasce dal fatto che queste attivita dipendono da variabili qualitative legate alla comunicazione, all'intensita delle relazioni umane e dalla disponibilita del tempo per l'altro, che in un ottica d'impresa si tradurrebbero in costi o in tempi morti improduttivi;

la seconda ragione e legata alla distorsione che si andrebbe a creare nell'applicazione del principio della domanda assolvibile, in quanto determinerebbe una drastica riduzione della quantita e della qualita della forza lavoro.

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La seconda evoluzione e legata al passaggio da una divisione tecnica tayloristica del lavoro e una divisione cognitiva del lavoro, in questo passaggio l'organizzazione dell'attivita produttiva dipende sempre meno dalla scomposizione tecnica della produzione del lavoro in mansioni elementari e ripetitive e caratterizzate da un livello sempre piu basso di autonomia. Si fonda invece sempre piu sulla dimensione cognitiva del lavoro che produce una duplice destabilizzazione dei principi canonici che caratterizzavano il rapporto salariale e i dispositivi del controllo del lavoro durante l'epoca fordista perche in un contesto di attivita intensiva di produzione di conoscenza dove il prodotto del lavoro e immateriale, assistiamo alla rimessa in discussione di una delle condizioni primordiali del contratto di lavoro ossia alla rinuncia da parte dei lavoratori, in cambio del salario, ad ogni rivendicazione sulla proprieta del prodotto del loro lavoro. Es. nella ricerca il lavoro non si cristalizza piu in un prodotto materiale separato dal lavoro stesso ma rimane incorporato nel cervello del lavoratore e quindi indissociabile dalla sua persona. Questo elemento spiega la pressione esercitata da parte delle imprese per ottenere un rafforzamento dei diritti di proprieta intellettuale al fine di appropriarsi della conoscenza prodotta dal lavoro e bloccare i meccanismi che ne permettono la circolazione.

Si e assistito altresì alla modifica del tempo e del luogo in cui si svolge la prestazione lavorativa, caratterizzata dalla norma fordista salariale della certezza della esecuzione del contratto di lavoro da parte del lavoratore. Infatti questa destabilizzazione va ad intaccare gli strumenti di controllo del sapere con cui il taylorismo aveva pensato di poter eliminare quasi ogni incertezza sulla esecuzione del contratto di lavoro. Il lavoro divenendo sempre piu immateriale e cognitivo e costretto a riconoscere al lavoro un'autonomia crescente dell'organizzazione della produzione anche se questa autonomia si limita alla scelta dei mezzi per realizzare gli obiettivi etero determinati dalla direzione dell'impresa. Ecco che il vecchio dilemma relativo all'esecuzione del contratto di lavoro appare in forme nuove, il capitale e diventato non solo dipendente dai sapere dei salariati ma deve ottenere una implicazione attiva dell'insieme delle conoscenze e dei tempi di vita dei lavoratori. Questa crescita imponente della dimensione cognitiva del lavoro contribuisce a spiegare perche il capitale ha spinto verso due evoluzioni maggiori la regolazione salariare: da un lato le vecchie garanzie assicurate del rapporto di

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lavoro fordista in termini di sicurezza e protezione sociale appaiono come altrettante forme di rigidita e disincentivazione al lavoro. Siamo di fronte al passaggio dalla vecchia coppia garanzia dell'impiego-lavoro prescritto e poco qualificato del modello fordista, ad una nuova coppia caratterizzata dal modo in cui la crescita delle qualificazione delle competenze richieste ai lavoratori va di pari passi con la precarizzazione dell'impiego e del fenomeno del declassamento (per declassamento si intende un processo di devalorizzazione crescente delle condizioni di impiego e di remunerazioni rispetto alle qualificazioni certificate dal diploma e dalle conoscenze effettivamente possedute dai lavoratori nel processo di lavoro).

Dall'altro lato, nella pratica della gestione delle risorse umane al livello dell'impresa, i dispositivi di controllo del lavoro si spostano sempre piu a monte e a valle dell'arco produttivo diretto. La prescrizione delle mansioni cede il posto alla prescrizione della soggettivita e dell'obbligo al risultato. Il lavoro deve farsi sempre piu carico dello stesso compito di trovare i mezzi per raggiungere gli obiettivi fissati dalla direzione dell'impresa. Questa logica puo condurre a quello che si chiama “management attraverso lo stress” ,( se si pensa che soltanto in Francia nel 2011 sono stati riscontrati piu di 300 suicidi legati al lavoro)…. In questo quadro i nuovi metodi di gestione del lavoro, sono spesso associati alla fissazioni di obiettivi deliberatamente irrealizzabili e da ingiunzioni paradossali al fine di spingere i lavoratori ad un adattamento totale agli obiettivi dell'impresa, interiorizzando allo stesso tempo come un senso di colpa, l'incapacita di realizzarli pienamente. Ne risulta un'individualizzazione del rapporto salariale che aliena la soggettivita e una destabilizzazione dei gruppi di lavoro che contraddice i meccanismi che assicurerebbero le forme piu efficaci di organizzazione del lavoro cognitivo. E un'altra espressione della contraddizione tra la logica del capitalismo cognitivo e quella di un'economia fondata sulla conoscenza.

La terza evoluzione riguarda il modo in cui il capitalismo cognitivo va di pari passo

con l'estensione e il rafforzamento del sistema dei diritti di proprieta intellettuali e precisamente i brevetti. La ragione di questa evoluzione rinvia al modo in cui molti beni immateriali sono caratterizzati da un tempo di produzione molto breve e cio rischierebbe di ridurre drasticamente il valore monetario della produzione e quindi dei profitti. La soluzione ricercata dal capitale e di estendere e di innalzare i

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diritti di proprieta intellettuale, rompendo le stesse frontiere tra invenzione e scoperta al fine di prelevare dalle rendite di monopolio.

La conoscenza ha delle proprieta particolari che la differenzia dagli altri beni materiali e corrisponde al carattere non rivale, non escludibile, e cumulativo della conoscenza. La conoscenza a differenza di un bene materiale non si distrugge nell'atto di consumo questo vuol dire che ciascuno puo utilizzare la conoscenza senza privare nessun altro della possibilita di uso, non solo non si consuma ma si arricchisce quando circola liberamente nella misura in cui ogni nuova conoscenza nasce da un'altra conoscenza secondo un processo cumulativo.

Il tentativo di trasformare la conoscenza in merce fittizia ingenera una situazione paradossale in quanto piu il valore di scambio della conoscenza aumenta artificialmente piu il suo valore d'uso sociale diminuisce in ragione della sua stessa rarefazione e privatizzazione.

Esiste quindi una contraddizione di fondo tra la logica del capitalismo cognitivo e la logica di un' economica fondata sulla conoscenza della produzione dell'uomo per l'uomo, un economia che contiene nel suo fondo la negazione dell'economia capitalista e la possibilita del suo superamento.

2.3 Il capitalismo cognitivo secondo Fumagalli

Abbiamo visto che parlare di capitalismo cognitivo14, significa fare

riferimento alla nuova fase di accumulazione che si sta sostituendo a quella industriale-fordista. Con lo sviluppo del paradigma fordista di produzione, l’accumulazione capitalistica fondata sulla produzione materiale giunge al suo apogeo. In soli 50 anni, il sistema produttivo ha raggiunto una capacita produttiva di gran lunga superiore a quella di tutta la storia precedente dell’umanita . La crisi del paradigma fordista, che inizia nei tardi anni Sessanta e raggiunge il suo massimo a meta degli anni Settanta, in realta e una crisi della produttivita materiale che deriva dallo sfruttamento delle economie di scala e della domanda standardizzata, nonche degli effetti negativi dovuti alla rigidita produttiva e tecnologica del fordismo. Nei primi anni Novanta, si assiste alla sperimentazione di alternative, al fine di sviluppare forme di accumulazione piu flessibili, (la

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