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Preparazione di un concentratore solare luminescente a matrice epossidica e caratterizazione tramite tecniche calorimetriche e di spettroscopia ottica, dielettrica e NMR a stato solido

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Academic year: 2021

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(1)

Sommario Il presente lavoro di tesi si inserisce in un progetto relativo alla sintesi e caratterizzazione di un materiale polimerico fluorescente per la realizzazione concentratori solari luminescenti. Sono state realizzate due serie di concentratori solari luminescenti usando come matrice una resina epossidica e due coloranti organici: uno di natura commerciale, Hostasol-red GG, ed uno sintetizzato in un laboratorio dell’Universit`a di Pisa, 2,25-bis(6-aminohexyl)-3,6-di(thiophen-2-y)pyrrolo[3,4-c]pyrrole-1,4(2H,5H)-dione. La fa-se iniziale `e stata dedicata alla realizzazione dei materiali e all’af-finamento della tecnica di preparazione. Tale fase ha previsto l’ot-timizzazione del processo di addizione dei componenti della resina epossidica e la progettazione di uno stampo capace di diminuire le perdite di resina e facilitare il distacco dei concentratori dopo cottura in una stufa termostata. Gli obbiettivi della tesi sono due: la caratterizzazione ottica dei concentratori solari luminescenti al variare della concentrazione di colorante e lo studio della cinetica di reticolazione del sistema, ovvero il processo che consiste nella for-mazione di legami covalenti tra le molecole di resina ed indurente che generano una struttura tridimensionale amorfa della geometria voluta al fine della realizzazione del concentratore solare.

Relativamente alla caratterizzazione ottica dei concentratori, si `

e misurato lo spettro di emissione, di assorbimento e l’incremento di potenza generata da una cella fotovoltaica utilizzata insieme al concentratore solare. Le misure di fluorescenza sono state caratte-rizzate da un progressivo spostamento verso il rosso della banda di emissione del fluoroforo all’aumentare della concentrazione di co-lorante a causa dei fenomeni di auto assorbimento. In particolare il sistema impiegato per misurare l’efficienza ottica dei campioni `

e stato ri-progettato al fine di aumentare la riproducibilit`a del-le misure, renderdel-le pi`u veloci ed incrementarne la precisione. Il colorante commerciale ha fornito al concentratore migliori presta-zioni in termini di incremento della potenza generata dalla cella fotovoltaica.

Lo studio della cinetica di reticolazione `e stato complicato dal-l’incremento della viscosit`a della resina durante la fase di induri-mento, cio`e dal suo passaggio da uno stato liquido poco viscoso a uno vetroso. La cinetica `e dominata, in questo stadio, da un regi-me diffusivo. Le tecniche utilizzate durante lo studio sono state: la calorimetria differenziale a scansione (DSC), la spettroscopia Infra-Rossa (IR), la spettroscopia dielettrica e la Risonanza Magnetica

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Nucleare (RMN) nel dominio del tempo (bassa risoluzione) e in quello delle frequenze (alta risoluzione). Tra queste tecniche solo la calorimetria a scansione differenziale e la risonanza magnetica nucleare nel dominio dei tempi sono state in grado di evidenziare l’effetto del colorante sulla cinetica di reazione.

Con la tecnica DSC si `e osservato che dopo 50 minuti non si registra pi`u uno scambio di calore associabile al processo di reti-colazione per nessuno dei campioni. La spettroscopia IR ha con-fermato, qualitativamente, questa scala temporale per la reazione monitorando la scomparsa dei tipici assorbimenti associati ai rag-gruppamenti epossidici. La spettroscopia dielettrica ha permesso di valutare la mobilit`a dei dipoli molecolari e il loro numero; quan-tit`a collegabili al coefficiente di diffusione. Per poter eseguire que-ste misure `e stato necessario predisporre un apposito sistema di controllo termico con una cella di Peltier. Il criostato ad azoto, uti-lizzato normalmente, era infatti troppo lento nel variare e stabiliz-zare la temperatura del campione, con una conseguente mancanza di controllo della temperatura nei primi istanti della reticolazione, i pi`u importanti per lo studio cinetico. Grazie alla nuova cella ap-positamente messa a punto, queste misure si sono rivelate utili per seguire i primi minuti della reazione. Purtroppo, la tecnica diviene troppo lenta per monitorare la parte finale della reazione, a cau-sa dei tempi di acquisizione troppo lunghi necescau-sari per acquisire spettri a bassa frequenza. Per questo motivo queste misure non sono state in grado di rilevare l’effetto dei coloranti sulla retico-lazione. Le misure di spettroscopia RMN ad alta risoluzione nel dominio della frequenza sono state eseguite sui nuclei 13C solo alla

fine del processo di reticolazione, perch´e l’ottenimento di un rap-porto segnale-rumore soddisfacente richiedeva un tempo di misura superiore al tempo di reticolazione del nostro campione. Lo spet-tro acquisito `e stato confrontato con i risultati noti in letteratura ottenendo informazioni sul tipo di legami chimici formati all’in-terno della molecola. Con le misure di RMN a bassa risoluzione nel dominio del tempo abbiamo operato in condizioni di risonanza registrando il segnale dei nuclei 1H in funzione del tempo di

ac-quisizione (Free Induction Decay, FID), dal quale `e stato possibile distinguere la frazione vetrosa di composto, che mostra un rilas-samento gaussiano, da quella liquida, che mostra un rilasrilas-samento esponenziale. Da un’analisi preliminare emerge che in tutti e tre i casi, dopo 10 minuti, si hanno variazioni minime nel tempo di rilassamento ed un comportamento tipico di un materiale vetroso.

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A causa della complessit`a del materiale macroscopico, i tempi di ri-lassamento, per la frazione simil-liquida, a processo terminato sono diversi tra i vari campioni. Questo fatto `e probabilmente legato ad una diversa struttura sovra-molecolare data anche dalla presenza del colorante in concentrazione pi`u alta. In conclusione emerge che non `e necessario un tempo di indurimento (o di reticolazione) di 4 ore, valore individuato in un precedente lavoro di tesi (Matteo Sottine, Concentratori solari luminescenti a matrice epossidica, Universit`a di Pisa), per ottenere il grado di reticolazione deside-rato ai fini dell’ottenimento di un materiale epossidico utile per l’applicazione come concentratore solare. Si pu`o quindi ottimizza-re il tempo di produzione del materiale epossidico tridimensionale riducendo il tempo di indurimento a 2 ore. Questo valore inoltre riduce la probabilit`a di avere eventi secondari e parassiti durante il processo di reticolazione in stufa rispetto ad un processo condotto in uno strumento di misura termostato. Emerge anche l’importan-za di testare l’effetto dei coloranti sulla reazione di reticolazione in quanto esso risulta non facilmente prevedibile. La presenza del co-lorante pu`o infatti indurre variazioni nel grado di reticolazione che compromettono la stabilit`a e l’efficienza del concentratore solare luminescente.

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Prefazione

Il presente lavoro di tesi si inserisce in un progetto relativo alla sintesi e caratterizzazione di un materiale polimerico fluorescente per la realizzazione concentratori solari luminescenti con matrice epossidicia. Si sono studiare le prestazioni di due coloranti organici: uno di natura commerciale, Hostasol-red GG, ed uno sintetizzato in un laboratorio dell’Universit`a di Pisa, 2,25-bis(6-aminohexyl)-3,6-di(thiophen-2-y)pyrrolo[3,4-c]pyrrole-1,4(2H,5H)-dione.

Gli obbiettivi della tesi sono due: la caratterizzazione ottica dei concentra-tori solari luminescenti al variare della concentrazione di colorante e lo studio della cinetica di reticolazione del sistema.

Per la caratterizzazione ottica dei campioni si `e misurato lo spettro di emissione, di assorbimento e l’incremento di potenza generata da una cella fotovoltaica utilizzata insieme al concentratore solare. In particolare il sistema impiegato per misurare l’efficienza ottica dei campioni `e stato ri-progettato al fine di aumentare la riproducibilit`a delle misure, renderle pi`u veloci ed incrementarne la precisione.

Per la caratterizzazione della cinetica di reticolazione sono state utiliz-zate le seguenti tecniche: la calorimetria differenziale a scansione (DSC), la spettroscopia Infra-Rossa (IR), la spettroscopia dielettrica e la Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) nel dominio del tempo (bassa risoluzione) e in quello delle frequenze (alta risoluzione).

La tesi `e organizzata in quattro capitoli. Il primo introduce i concentratori solari luminescenti e chiarisce gli obiettivi di questo lavoro. Il secondo `e una descrizione della parte sperimentale della tesi, `e articolato in tre sezione: nella prima sono elencati le sostanze chimiche utilizzate, nella seconda sono presentati gli strumenti di misura usati e nella terza `e descritto il procedimento di preparazione dei campioni. Il terzo capitolo contiene la descrizione del processo di reticolazione, i risultati delle misure svolte e una loro discussione. Il quarto capitolo contiene la caratterizzazione ottica dei concentratori solari luminescenti prodotti, i risultati delle misure svolte e una loro discussione.

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Indice

1 Introduzione 1

1.1 Concentratori solari luminescenti . . . 1

1.1.1 Prospettive e sfide per l’energia solare . . . 1

1.1.2 Concentratori solari luminescenti . . . 2

1.1.3 Meccanismo di funzionamento . . . 2

1.2 Scopo della tesi . . . 7

2 Parte sperimentale 9 2.1 Materiali e metodi . . . 9

2.1.1 Solventi e reagenti . . . 9

2.1.2 Metodi e strumenti . . . 9

2.2 Preparazione dei campioni . . . 14

2.2.1 Preparazione preliminare dei reagenti . . . 15

2.2.2 Concentratori solari luminescenti . . . 15

2.2.3 Preparazione delle miscele con colorante . . . 16

2.2.4 Levigatura e lucidatura . . . 17

2.2.5 Preparazione dei campioni per caratterizzazione cinetica 17 3 Caratterizzazione della cinetica di reticolazione 19 3.1 Reazioni chimiche alla base del processo di reticolazione . . . . 19

3.2 Modellizzazione del processo di reazione . . . 22

3.2.1 Modellizzazione delle reazioni di reticolazione . . . 22

3.2.2 Modellizzazione dei processi diffusivi . . . 25

3.2.3 Modelli semi-empirici . . . 29

3.3 Analisi preliminare . . . 31

3.4 Calorimetria differenziale a scansione . . . 35

3.5 Spettroscopia ad infrarossi in trasformata di Fourier . . . 39

3.6 Risonanza magnetica nucleare a stato solido (RMNss) . . . 43

3.6.1 Analisi di FID . . . 43

3.6.2 Spectroscopia NMR . . . 49

(8)

3.8 Conclusioni . . . 54 4 Caratterizzazione ottica 57 4.1 Fattore di concentrazione . . . 57 4.2 Hostasol red GG . . . 60 4.3 Bisammino-DPP . . . 66 4.4 Conclusioni . . . 70

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Elenco delle figure

1.1 Diagramma di flusso che descrive cosa pu`o succedere ad un fotone entrato in un concentratore solare luminescente . . . 3 1.2 I due componenti della resina epossidica utilizzata . . . 6 1.3 Hostasol-red GG . . . 7 1.4

2,25-bis(6-aminohexyl)-3,6-di(thiophen-2-y)pyrrolo[3,4-c]pyrrole-1,4(2H,5H)-dione . . . 8 3.1 Canale di reazione di poliaddizione tra molecole con gruppo

epossidico e molecole con un ammina primaria o secondaria; la reazione `e catalizzata dalla presenza di gruppi idrossili . . . . 20 3.2 Schema della reazione di eterificazione tra un gruppo epossidico

e un gruppo idrossile. . . 20 3.3 Reazione che porta alla formazione di uno zwitterione . . . 21 3.4 Reazione di omopolimerizzazione che coinvole gli anelli epossidici 21 3.5 Fase in scansione (10◦C/min) dell’analisi termogravimetrica

, m(T) `e la massa del campione alla temperatura T, m0 `e la

massa iniziale del campione. . . 32 3.6 Fase isoterma dell’analisi termogravimetrica per un campione

di resina senza colorante, m(t) `e la massa del campione al tempo t e m0 `e la massa iniziale del campione. . . 33

3.7 Analisi preliminare DSC per un campione di sola resina. Il programma termico `e indicato in tabella 3.3 . . . 35 3.8 Risultati dell’analisi DSC sul campione di resina pura, il

protocollo termico `e riportato in tabella 2.1. . . 36 3.9 Risultati dell’analisi DSC sui tre campioni considerati, il

pro-tocollo termico `e riportato in tabella 2.1. In grafico `e riportato solo il plot dello step isotermo (90◦C) a cui `e stata applicata una correzione per la linea di base. . . 37 3.10 Grafico della differenza di energia liberata, normalizzata per

il peso del campione, al variare del tempo per i tre campioni considerati. ∆H(t0) e t’ sono definiti nell’equazione 3.24. . . . 38

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3.11 Spettri di assorbanza per diversi tempi di reticolazione per un campione di resina epossidica pura. . . 39 3.12 Evoluzione temporale delle aree dei picchi, 831 cm−1 e 915

cm−1, associati agli anelli epossidici. . . 42 3.13 FID, fuori risonanza, acquisito mediante sequenza Solid Echo

per un campione di resina pura . . . 43 3.14 Rappresentazione del rapporto tra l’intensit`a della gaussiana

e l’intensit`a totale (Ae+ Ag) in funzione del tempo per un

campione di resina pura. . . 45 3.15 Evoluzione dei tempi di rilassamento spin-spin, T2, ottenuti

tra-mite fit con l’equazione 3.25 della componente Mx del segnale

di FID, per il campione di resina pura. . . 45 3.16 Stima dell’inverso della PWRA, equazione 3.31, per le

popola-zioni di tempi di rilassamento gaussiano ed esponenziale, per i campioni di resina pura, resina con aggiunta di bisammino-DPP 300ppm e resina con aggiunta di Hostasol-red 200ppm . . . . 48 3.17 Rappresentazione delle molecole in esame con le etichette

asso-ciate alle bande individuate nello spettro CP-MAS dei nuclei

13C. . . . . 50

3.18 Grafico della parte immaginaria della funzione dielettrica al variare del tempo e delle frequenze considerate . . . 53 3.19 Rappresentazione dei tempi di passaggio del picco di

rilassa-mento α al variare della frequenza . . . 54 4.1 Spettri di assorbimento UV-visibile per i campioni con

Hostasol-red . . . 61 4.2 Spettri di emissione fluorescente per i campioni con

Hostasol-red. Lunghezza d’onda di eccitazione 523nm . . . 62 4.3 Percentuale di fotoni n(λ) con lunghezza d’onda superiore a

λ per l’emissione di fluorescenza del colorante Hostasol-red. Lunghezza d’onda di eccitazione 523nm . . . 63 4.4 Grafico dei diversi valori di gp ottenuti dalle misure per il

campione con concentrazione di colorante pari a 200 ppm . . . 65 4.5 Spettri di assorbimento UV-visibile per i campioni con

bisammino-DPP . . . 66 4.6 Spettri di emissione per i campioni con bisammino-DPP.

Lun-ghezza d’onda della luce di eccitazione 554nm . . . 67 4.7 Percentuale di fotoni n(λ) con lunghezza d’onda superiore a λ

per l’emissione di fluorescenza del colorante bisammino-DPP. Lunghezza d’onda di eccitazione 554nm . . . 68

(11)

Elenco delle tabelle

1.1 Levelized Cost of Energy per gli Stati Uniti d’America presen-tato in Lazard version 10.0 [40] . . . 2 2.1 Protocollo termico utilizzato per le analisi DSC . . . 12 2.2 Protocollo termico usato per le analisi termogravimetriche . . 13 3.1 Convenzioni utilizzate per individuare i gruppi nelle equazioni

che descrivono la cinetica del sistema . . . 23 3.2 Riassunto delle possibili formule utilizzate per la

modellizza-zione di D a partire dal tempo di rilassamento strutturale . . 29 3.3 Protocollo termico utilizzato per l’analisi calorimetrica

prelimi-nare . . . 34 3.4 Bande caratteristiche del DGEBA per il medio infra-rosso . . 41 3.5 Bande caratteristiche della diammina

3,3’-Dimetil-4,4’-Diamino-DIcicloesilmetano per il medio infra-rosso . . . 41 4.1 Riassunto dei risultati pi`u significativi ottenuti dalla letteratura

per le misure di Gp con lo strumento realizzato da noi. Per una

descrizione pi`u dettagliata dei concentratori si faccia riferimento al testo o ai riferimenti bibliografici . . . 60 4.2 Lunghezza d’onda per la quale la percentuale della popolazione

di fotoni, di emissione di fluorescenza, supera n. Colorante Hostasol-red e lunghezza d’onda di eccitazione 523nm . . . 63 4.3 Valori massimi di gp, e Gp per le diverse concentrazioni di

colorante Hostasol-red . . . 65 4.4 Lunghezza d’onda per la quale la percentuale della popolazione

di fotoni supera alcuni valori di n(λ). Colorante bisammino-DPP e lunghezza d’onda di eccitazione 554nm . . . 69 4.5 Valori massimi di gp e Gp per le diverse concentrazioni di

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Capitolo 1

Introduzione

1.1

Concentratori solari luminescenti

1.1.1

Prospettive e sfide per l’energia solare

Negli ultimi 10 anni c’`e stata una forte crescita della potenza fotovoltaica istallata, passando dai 6.094 GW del 2006 ai 290.792 GW del 2016 [36]. Questo successo `e legato alla continua riduzione del costo dei moduli fotovoltaici a cui corrisponde una forte diminuzione dei prezzi dell’energia elettrica da fotovoltaico, principalmente a livello di impianti centralizzati(vedi tabella 1.1 in cui sono riportati i costi livellati di generazione elettrica, LCOE1 relativi

al fotovoltaico tra il 2009 e il 2016) [40]. Nonostante ci`o, escludendo alcuni casi dovuti a condizioni climatiche eccezionali, nel 2015 il LCOE, facendo una media pesata su tutto il mondo, `e stato di 0.13 USD/kWh mentre, al confronto, la produzione da combustibili fossili si colloca nell’intervallo tra 0.05 e 0.10 USD/kWh. Va anche ricordata la direttiva europea “Directive 2010/31/EU of the European Parliament and of the Council of 19 May 2010 on the energy performance of buildings” che impone la realizzazione di edifici “nearly zero energy” dal 31/12/2020 per quelli privati e dal 31/12/2018 per quelli pubblici. Considerando questi due fattori risulta chiara l’importanza, per il futuro sviluppo del fotovoltaico, di tecnologie che riducano il LCOE, sopratutto nel caso di pannelli integrati nel tessuto urbano. In questo scenario si inseriscono i concentratori solari luminescenti [56, 17]. Questa tecnologia, presente fin dagli anni 80’, sta ricevendo un forte impulso dallo sviluppo di nuovi fluorofori e da nuove impostazioni architettoniche che impiegano finestre colorate. A questo si aggiungono i vantaggi tecnologici dei concentratori solari

1LCOE `e dato dal costo medio di realizzazione ed esercizio di una sorgente elettrica

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anno tipologia LCOEmax $/MWh LCOEmin $/MWh 2010 centrale 270 226 2010 diffuso 342 266 2013 centrale 104 91 2013 diffuso 204 149 2016 centrale 61 49 2016 diffuso 193 88

Tabella 1.1: Levelized Cost of Energy per gli Stati Uniti d’America presentato in Lazard version 10.0 [40]

luminescenti nei confronti dei concentratori solari ottici: basso peso, alto fattore di concentrazione teorico, capacit`a di lavorare bene in condizione di luce diffusa. Inoltre, i pannelli equipaggiati con concentratori solari luminescenti non necessitano n`e di sistemi di raffreddamento n`e sistemi di inseguimento del sole [3].

1.1.2

Concentratori solari luminescenti

Un concentratore solare luminescente (Luminescent Solar Concentrator) `e un dispositivo che concentra la luce solare su un modulo fotovoltaico per incrementare il rapporto tra potenza prodotta e costo. Il dispositivo `e com-posto da una guida d’onda che indirizza la luce verso la cella fotovoltaica e da un colorante fluorescente che aiuta a intrappolare la luce incidente. I concentratori solari luminescenti possono essere divisi secondo i seguenti criteri:

• Forma geometrica e struttura • Tipologia e numero di coloranti

• Metodologia d’inclusione del colorante

Per una panoramica sulla ricerca nel campo dei concentratori solari lumine-scenti si rimanda a Debije e Verbunt [17].

1.1.3

Meccanismo di funzionamento

Come gi`a accennato l’idea alla base di un LSC consiste nell’utilizzare una ampia superficie, a basso costo, per raccogliere i fotoni che vengono successi-vamente indirizzati su una superficie fotovoltaica ad alto costo. In particolare

(15)

Fotone incide sul LSC Fotone riflesso Fotone all’intero del LSC Assorbito dalla matrice? Fotone assorbito

Assorbito dal co-lorante? Fotone riflesso? Fotone uscito Raggiunge una parete Raggiunge cella fotovoltaica? Fotone viene

convertito? Elettrone prodotto

Fotone assorbito

Fotone riemes-so?

Fotone assorbito Nuova direzione e fre-quenza S`ı No S`ı No No No S`ı S`ı No No S`ı S`ı

Figura 1.1: Diagramma di flusso che descrive cosa pu`o succedere ad un fotone entrato in un concentratore solare luminescente

i fotoni vengono raccolti e guidati dall’azione sinergica di un colorante fluo-rescente e di una guida d’onda. I fotoni incidono sulla faccia superiore del dispositivo e possono avvenire quattro fenomeni a seconda della direzione e della frequenza del fotone. Il fotone pu`o raggiungere la cella fotovoltaica ed essere assorbito da questa, pu`o raggiungere una parete del concentratore ed essere eventualmente riflesso, pu`o essere assorbito dalla matrice oppure pu`o essere assorbito da una molecola di colorante. In questo caso ci sono due possibilit`a, o la molecola decade dallo stato eccitato tramite decadimenti non radiativi oppure avviene l’emissione di fluorescenza ed il fotone viene riemesso con una diversa lunghezza d’onda. Questo ciclo continua fino a che il fotone non viene assorbito o esce dal concentratore solare. In figura 1.1 `e riportato un diagramma di flusso che indica cosa pu`o succedere al fotone quando interagisce con il concentratore solare.

Dallo schema si possono individuare alcune caratteristiche importanti della matrice e del colorante per ottimizzare le performance di un concentratore solare luminescente.

Per quanto riguarda la matrice `e importante che abbia le seguenti caratte-ristiche ottiche:

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• Basso coefficiente di assorbimento per le lunghezze d’onda dello spettro solare.

• Elevato indice di rifrazione per la regione visibile ed UVA. • Struttura amorfa

Per quanto riguarda il comportamento ottico rispetto alla radiazione infraros-so `e importante notare che nonostante l’elevata resa quantica della giunzione al silicio nella regione del vicino infrarosso l’incremento di temperatura com-porta una grave diminuzione nella potenza generata da una cella. Nella maggior parte dei casi risulta quindi utile un basso indice di rifrazione oltre i 1200nm cos`ı da ridurre il surriscaldamento della cella fotovoltaica. Le altre caratteristiche desiderate in un materiale per la realizzazione della matrice sono:

• Buona resistenza meccanica • Assenza di tossicit`a

• Stabilit`a chimica in condizioni di lavoro • Basso costo di produzione

Riguardo al colorante utilizzato le caratteristiche ottiche di interesse sono: • Grande sovrapposizione tra lo spettro di assorbimento e lo spettro

solare.

• Grande sovrapposizione tra lo spettro di emissione e la regione di massima efficienza della cella fotovoltaica.

• Piccola sovrapposizione tra spettro di emissione e spettro di assorbi-mento del colorante.

• Elevata resa quantica.

Le prime tre caratteristiche sono collegate allo spostamento di Stokes del colorante. A queste caratteristiche se ne aggiungono altre di natura chimica:

• Tossicit`a bassa o nulla

• Stabilit`a durante la fase di preparazione del dispositivo • Stabilit`a durante la fase di esercizio

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Esiste infine una caratteristica della coppia matrice-colorante che risulta particolarmente desiderabile: la solubilit`a del pigmento nella matrice e nei suoi precursori. Una mancanza di questa riduce la concentrazione massima per cui non si ha aggregazione del colorante all’interno della matrice. Per la maggior parte dei coloranti organici una distribuzione poco omogenea del colorante causa una riduzione delle performace del concentratore solare perch´e aumentano i fenomeni di auto assorbimento.

Matrice

I polimeri pi`u comunemente utilizzati per la realizzazione della matrice di un LSC sono il poli(metacrilato di metile)(PMMA) e il policarbonato(PC). Il PMMA possiede una buona lavorabilit`a, un elevata trasparenza(∼T=0.93, nello spettro visibile) nelle regioni spettrali considerate, una bassa densit`a (1.19 g/cm3) e un indice di rifrazione di circa 1.491 nella regione spettrale di interesse. Tra i suoi difetti la presenza di assorbimento nella regione del NIR. Il policarbonato invece possiede buone propriet`a meccaniche, una trasparenza di poco inferiore al PMMA (∼0.89 nello spettro visibile) e un indice di rifrazione pi`u elevato, circa 1.584 nella regione spettrale di interesse. Una terza tipologia di polimeri presenta caratteristiche interessanti per la realizzazione dei concentratori solari luminescenti, le resine epossidiche.

Le resine epossidiche sono materiali polimerici estremamente versatili con un ampio ventaglio di caratteristiche controllabili tramite un opportuna selezione dei monomeri impiegati e di eventuali additivi. Esse possiedono diverse delle caratteristiche necessarie per l’applicazione come matrice per concentratori solari luminescenti:

• L’indice di rifrazione `e circa 1.5 [27]

• Hanno una buona trasparenza nelle regioni spettrali di interesse [28, 34, 8]

• Hanno piccole variazioni dell’indice di rifrazioni anche dopo l’invecchia-mento [4]

Le resine epossidiche, rispetto ai polimeri pi`u utilizzati per la realizzazione dei concentratori solari, risultano pi`u facili da lavorare e offrono una minor permeabilit`a all’acqua e all’ossigeno [25] ed una maggior trasparenza nel NIR. Sono gi`a stati effettuati degli studi sull’uso della resina epossidica per la realizzazione di concentratori solari luminescenti [53, 54] utilizzando un composto bicomponente che d`a origine ad un materiale termoindurente amorfo con buone propriet`a di resistenza meccanica. Il primo monomero `e il bisfenolo-A-co-epicloridrina dotato di due gruppi epossidici, figura 1.2a. Il secondo

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(a) Bisfenolo-A-co-epicloridrina (b) 3,3’-Dimetil-4,4’-Diamino-Dicicloesilmetano

Figura 1.2: I due componenti della resina epossidica utilizzata

monomero `e 3,3’-Dimetil-4,4’-Diamino-Dicicloesilmetano una molecola con due gruppi amminici che svolge la funzione di indurente, figura 3.1. Questa stessa resina `e stata, recentemente, oggetto di ulteriori studi [45].

Coloranti organici

Tra i coloranti luminescenti quelli pi`u comunemente utilizzati nei concentratori solari luminescenti sono: i quantum dots 2, i complessi organici di lantanidi o

i coloranti organici. Tra questi i coloranti organici sono quelli pi`u studiati. Questo succede perch´e le propriet`a ottiche e di compatibilit`a con la matrice polimerica, di queste molecole, sono modificabili variando i gruppi funzionali della molecola lasciando ampio margine per la ricerca e l’ottimizzazione. Inol-tre hanno elevata resa quantica di fluorescenza e largo spettro di assorbimento. Infine non va trascurato l’aspetto economico, questa tipologia di cromoforo risulta pi`u economica da produrre rispetto alle altre due variet`a. Tuttavia i coloranti organici presentano due problemi: una diminuzione della resa quantica all’aumentare della lunghezza d’onda dei fotoni coinvolti e una signi-ficativa sovrapposizione tra lo spettro di assorbimento e quello di emissione. Ad oggi sono state valutate diverse famiglie di molecole per la realizzazione di LSC: Rodamine [26, 49, 22, 42, 55], Cumarine[22, 42, 43] e perileni bisimmidi [61, 57, 32]. Le Rodamine soffrono di un piccolo spostamento di Stokes [26] e le loro propriet`a ottiche sono fortemente influenzate da viscosit`a tempe-ratura polarit`a e pH della soluzione [7]. Tra gli aspetti positivi presentano una elevata resa quantica. Le Cumarine sono pi`u stabili delle Rodamine e presentano anche uno spostamento di Stokes maggiore. L’emissione di fluorescenza `e data dai gruppi sosituitivi, la Cumanarina non modificata non presenta fluorescenza. Tra le Cumarine la Cumarina 6 `e quella che esibisce le prestazioni migliori. Tra i difetti delle Cumarine c’`e la tendenza ad effettuare decadimenti non radiativi che riduce la resa quantica. Per quanto riguarda i

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Figura 1.3: Hostasol-red GG

composti perilenici `e importante sottolineare che il perilene `e una molecola che si presta bene alla funzionalizzazione, `e quindi semplice modificare le sue propriet`a chimico fisiche. A questa categoria appartiene il Lumogen F Red 305, che `e considerato lo stato dell’arte dei coloranti per applicazioni in LSC, in virt`u della sua resa quantica quasi unitaria in alcuni polimeri, del suo spostamento di Stokes di 35nm e della sua fotostabilit`a [21, 32, 5, 2, 48].

1.2

Scopo della tesi

In questo lavoro di tesi si sono perseguiti due filoni di ricerca. Il primo filone riguarda la realizzazione di concentratori solari luminescenti con fluoroforo organico e matrice epossidica e la caratterizzazione del loro comportamento da un punto di vista ottico. Sono stati considerati due coloranti: l’Hostasol-red GG e il bisammino-DPP L’Hostasol-l’Hostasol-red GG `e un colorante fluorescente prodotto dalla Clariant, presenta una buona fotostabilit`a e termostabilit`a, rendendolo adatto ad applicazioni di tipo LSC, in figura 1.3. Ha un costo di circa 100e/Kg che risulta molto inferiore ai circa 7800e/Kg del Lumogen Red della Basf, l’attuale gold standard per quanto riguarda gli LSC a singolo colorante. Il bisammino-DPP `e un colorante fluorescente il cui nome IUPAC `e 2,25-bis(6-aminohexyl)-3,6-di(thiophen-2-y)pyrrolo[3,4-c]pyrrole-1,4(2H,5H)-dione, figura 1.4. `E stato sintetizato nel laboratorio del professor Fabio Bellina, Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale, Universit`a di Pisa. La molecola consta di due parti: la prima fluorescente `e costituita da un gruppo dicheto-pirrolo-pirrolo, colorante ampiamente usato nei pigmenti fluorescenti [41], mentre la seconda, rappresentata dalle due catene alifatiche terminati con un gruppo amminico, ha la funzione di migliorare l’affinit`a del composto con la matrice La presenza dei gruppi amminici permette infatti la reticolazione del colorante con la resina epossidica. Questo dovrebbe inibire anche l’aggregazione del cromoforo.

Il secondo filone riguarda la caratterizzazione del processo di reticolazione della resina epossidica in presenza dei due coloranti organici al fine di ottenere

(20)

Figura 1.4: 2,25-bis(6-aminohexyl)-3,6-di(thiophen-2-y)pyrrolo[3,4-c]pyrrole-1,4(2H,5H)-dione

un maggior controllo sul processo di produzione dei concentratori solari. Per questo verranno valutate le seguenti tecniche: spettroscopia dielettrica, risonanza magnetica a stato solido, spettroscopia infrarossa e calorimetria differenziale a scansione. Valutando la facilit`a di applicazione, la quantit`a di informazioni ottenibili e la complessit`a di analisi dei dati prodotti.

(21)

Capitolo 2

Parte sperimentale

2.1

Materiali e metodi

2.1.1

Solventi e reagenti

• Acetone, CAS[67-641] reagente ACS>99.5%, Sigma Aldrich • Dietil Etere, CAS [60-29-7], reagente ACS>99.8%

• Diclorometano, CAS [75-09-2], anidro, ≥ 99.8, 40-150ppm di pentene come stabilizzante, Sigma Aldrich

• Grasso di silicone

• Resina epossidica liquida bisphenol A-co-epichlorohydrin(DGEBA), CAS 25068-38-6, denominazione EP-506, Chemix Srl

• 3,3’-dimetil-4,4’-diamino-dicicloesilmetano, CAS [6864-37-5], denomina-zione H-5, Chemix Srl

• Hostasol-red GG, Clariant

• Colorante 2,25-bis(6-aminohexyl)-3,6-di(thiophen-2-y)pyrrolo[3,4-c]pyrrole-1,4(2H,5H)-dione, sintesi Fabio Bellina Dipartimento di Chimica e Chimi-ca Industriale, Universit`a di Pisa, gi`a identificato come bisammino-DPP.

2.1.2

Metodi e strumenti

Stufa a ventilazione forzata

La reticolazione dei campioni a lastra `e stata realizzata in una stufa Binder FD 115.

(22)

Mulino a sfere

Per frantumare le lastre di resina e ottenere un campione idoneo per alcune delle caratterizzazioni effettuate si `e utilizzato un mulino a sfere. Il mulino utilizzato `e un Retsch MM2. Quando si sospettava che le misure potessero essere alterate da un riscaldamento dei campioni o quando questi si sono dimostrati troppo elastici s`ı `e utilizzato un dispositivo per il raffreddamento ad azoto liquido dei campioni durante la macinazione.

Stampo in teflon

Visti i problemi dello stampo metallico utilizzato precedentemente si `e deciso di provare a costruire uno stampo in teflon. Lo stampo `e composto da due parti tenute insieme da 6 bulloni: la met`a inferiore `e una lastra piana a cui sono state aggiunte due aste di acciaio per aumentare la rigidit`a dello stampo, mentre la met`a superiore ha due fori quadrati di 5 cm di lato che servono a sagomare i concentratori solari luminescenti.

Spettroscopia di assorbimento UV-Visibile

Si `e utilizzato uno spettrofotometro a doppio raggio Perkin-Elmer Lambda 650. Gli spettri sono stati acquisiti tra 300 e 700 nm con apertura della fenditura 1nm tempo di integrazione 0.1s. Sono stati utilizzati dei porta campioni per solidi e le misure sono state effettuate in diversi punti delle lastre per testarene l’omogeneit`a spettrale.

Spettroscopia di fluorescenza

Gli spettri di fluorescenza sono stati registrati mediante uno spettrofluorime-tro Horiba Jobin Yvon FluoroLog-3. I campioni solidi sono stati analizzati utilizzando un porta campioni per solidi e ponendo il detector a 90◦ rispetto al fascio incidente sfruttando il comportamento da guida d’onda del concentra-tore solare, tempo di integrazione 0.1s apertura delle fenditure in eccitazione 2nm in emissione 1nm.

Misurazione della potenza generata da una cella solare collegata ad un LSC

Per effettuare questa misura `e stato allestito un apparato che permettesse di misurare la differenza di potenza massima prodotta da una cella fotovoltaica in seguito all’utilizzo di un concentratore solare luminescente. Il dispositivo `e stato gi`a descritto in De Nisi, Francischello et al. [16].

(23)

Il sistema `e composto da una scatola di legno le cui pareti interne sono state verniciate di nero. Al suo interno sono presenti dei rialzi usati per posizionare il porta-campioni a 10cm dal coperchio. Nel coperchio `e posta la lampada collocata in modo da avere la maggior parte del corpo esternamente al dispositivo, riducendo cos`ı il riscaldamento al suo interno. Sul coperchio `e stata collocata una ventola per stabilizzare la temperatura della lampada. La sorgente luminosa deve essere continua per limitare gli effetti capacitivi della cella fotovoltaica e con uno spettro compatibile con lo spettro solare. Non disponendo di un simulatore di luce solare con le caratteristiche desiderate, abbiamo scelto una lampada led da 6 W con temperatura di colore di 5500K e alimentata con 12V DC. Dentro la scatola `e alloggiato il porta campioni costituito da un telaio di ottone, realizzato nell’officina meccanica del Dipar-timento di Chimica e Chimica Industriale, 2 cm sotto di esso `e collocato uno strato di polimero (ERGA TAPES Srl Microcellular MCPET reflective sheet) che riflette parte della luce che ha attraversato il concentratore solare. La cella fotovoltaica (IXYS SLMD121H08L) di 86x14 mm `e stata coperta da una maschera che lascia scoperta un’area pari a quella del bordo del LSC. Il modulo fotovoltaico `e montato su un una cerniera per poterlo orientare o verso la sorgente luminosa o verso il concentratore solare che viene collocato tra la cella fotovoltaica e il bordo del telaio. Per ottenere un miglior accoppiamento ottico tra la cella e il concentratore si usa del grasso di silicone che ha un indice di rifrazione simile a quello della resina epossidica. Per ottenere la potenza massima della cella si esegue una caratterizzazione I-V, cio`e si esegue prima la misura della corrente generata al variare del carico collegato e poi la misura della differenza di potenziale. La prima misura `e ottenuta collegando la cella in serie ad un multimetro (KEITHLEY 2010) e ad un potenziometro digitale(AD5242) che permette di variare la resistenza tra 60 Ω e 1M Ω. La seconda misura `e effettuata chiudendo il circuito della cella fotovoltaica sul potenziometro e misurando la differenza di potenziale ai suoi capi utilizzando il multimetro. Il potenziometro `e controllato da un microcontrollore Arduino tramite bus I2C. Arduino controlla il multimetro con comandi SCPI tramite un circuito integrato (MAX-232) che permette al bus RS-232 di comunicare con il bus TTL istallato su Arduino adattando le differenze di potenziale dello standard RS-232 a quelle dello standard TTL. Un pc `e interfacciato con Arduino tramite una porta USB; sul pc `e eseguito uno script python che controlla l’acquisizione delle misure. La sequenza di misura `e

• Arduino riceve dal pc il comando di inizio misura

(24)

• Arduino comanda al multimetro di eseguire 8 misure e di inviare i dati raccolti

• Arduino invia i dati al pc che li salva su un file

• Si ripete dal punto 2 fino al completamento di tutte le misure

Data la criticit`a del posizionamento del campione e dei diversi dispositivi sperimetali, ogni misura `e stata ripetuta pi`u volte.

Calorimetria differenziale a scansione(DSC)

Le misure preliminari sono state effettuate con un calorimetro Perkin Elmer a compensazione di potenza Pyris Diamond dotato di sistema di raffredda-mento con intracooler operante alla temperatura di −70◦C. Le altre misure calorimetriche sono state effettuate con due calorimetri Mettler Toledo(TC15 DSC30 e DSC822) entrambi muniti di sistema di raffreddamento ad azoto liquido. Le misure del calore di reazione per i campioni a cui `e stato aggiunto il colorante sono stati effettuati su un calorimetro a scansione differenziale Mettler Toledo DSC822 raffreddato ad azoto liquido. In tutti i e tre i casi il dispositivo `e stato calibrato usando come riferimento il picco di fusione dell’indio. Sono stati utilizzati pan di alluminio non sigillati e le misure sono state eseguite in atmosfera inerte (N2). Il protocollo termico utilizzato `e

riportato in tabella 2.1.

Tiniziale (◦C) Tf inale (◦C) velocit`a(◦C/min) o tempo(min)

30 90 20◦C/min

90 90 120 min

Tabella 2.1: Protocollo termico utilizzato per le analisi DSC

Analisi termogravimetrica

Le analisi termogravimetriche sono state condotte usando una termobilancia TA Instruments Mod. Q5000, TA Instrumnets utilizzando dei crogioli di platino. Le misure sono state eseguite usando il protocollo termico riportato in tabella 2.2 usando aria come purging gas.

Spettroscopia FTIR

Per per la registrazione degli spettri infrarossi(IR) si `e utilizzato uno spet-trometro Spectrum Gx, equipaggiato con un dispositivo per il controllo della

(25)

Tiniziale (◦C) Tf inale (◦C) velocit`a(◦C/min)/ tempo(min)

30 110 10 ◦C/min

110 110 1440 min

Tabella 2.2: Protocollo termico usato per le analisi termogravimetriche

temperatura del campione realizzato presso i laboratori dipartimentali. Tale dispostivo `e costituito da un blocco cilindrico di metallo forato al centro in corrispondenza del cammino ottico che funziona da supporto per il campione e aumenta l’inerzia termica del sistema. All’interno del blocco sono collocati una resistenza e un sensore di temperatura collegati ad un dispositivo di controllo che permette di impostare la temperatura. Poich´e il raggiungimento del valore di temperatura impostato `e lento, il sistema viene pretermostatato alla temperatura di lavoro, 90◦C, prima di inserire il campione. Le misure sono state fatte utilizzando come materiale di supporto pasticche di KBr. Gli spettri sono stati acquisiti tra 400 e 4000 cm−1 ad intervalli di 0.5cm−1 e 8 accumulazioni per spettro. Le misure sono state effettuate ad intervalli di 2 minuti.

Spettroscopia dielettrica

Lo strumento utilizzato per caratterizzare il comportamento dielettrico `e un’analizzatore in frequenza Novocontrol Alpha. Inizialmente come sistema di controllo della temperatura `e stato utilizzato un criostato ad azoto liqui-do. Il sistema si `e rivelato troppo lento nel raggiungere la temperatura di misura e quindi si `e provveduto a realizzare un sistema di controllo termico con cella di Peltier. Questo sistema `e composto da una fornace cubica di alluminio di 5 cm di lato posta in contatto con la faccia superiore del Pel-tier. All’interno della fornace sono collocati i due elettrodi per effettuare le misure. L’elettrodo inferiore `e composto da un cilidro di ottone di 5cm di diametro e spessore di 2 mm a cui `e collegato una termoresistenza per misurare la temperatura del sistema. L’elettrodo superiore `e un elettrodo d’oro a molla che ha anche la funzione di tenere in posizione il campione. I collegamenti elettrici sono stati fatti con cavi d’argento rivestiti in teflon. La base della fornace `e stata rivestita di Kapton per isolare elettricamente l’elettrodo inferiore pur permettendo un buon contatto termico. La faccia inferiore del Peltier `e in contatto un con un bagno termico regolato da una centralina esterna. Il Peltier `e comandato da un controllo PID (5R7-001) collegato ad un pc da cui `e possibile impostare la temperatura da raggiungere e i parametri di esercizio. Lo strumento `e stato calibrato utilizzando alcuni

(26)

campioni di riferimento. Le misure definitive sono state svolte con un tem-po di integrazione di 0.5s od un intero periodo di oscillazione a seconda di quale dei due tempi fosse pi`u lungo, le misure di calibrazione interna sono state impostate su automatico. Sono state acquisite misure per le seguen-ti frequenze: 1Hz, 10Hz, 100Hz, 1kHz, 1.015kHz, 2.2837kHz, 3.4255kHz, 5.1382kHz, 7.7073kHz, 11.561kHz, 17.342kHz, 26.012kHz, 39.018kHz, 58.528 kHz, 87.792kHz, 131.69kHz, 197.53kHz, 296.30kHz, 444.44kHz, 666.67kHz, 1MHz. Le frenquenze sono state scelte cos`ı da poter completare il ciclo di misura in meno di 30s cos`ı da poter seguire anche le prime fasi del processo di reticolazione.

RMNss a bassa risoluzione

I segnali di free induction decay (FID) sono stati registrati su uno strumento composto da un sistema di acquisizione Stelar PC-NMR e un magnete per-manente che genera un campo tale da dare una frequenza di Larmor per i nuclei 1H di 20.8MHz. Per contenere i campioni sono stati utilizzati dei tubi

per RMN da 5mm di diametro. Le misure sono state eseguite utilizzando una sequenza di tipo solid echo con un recycle delay di 1s ed un echo de-lay di τd = 14µs sommando 4 esperimenti. Abbiamo scritto uno script per

l’automatizzazione delle misure che prevedeva una correzione della fase tra ogni misura successiva. Il controllo termico durante le misure era fornito da un flusso di aria calda a temperatura regolabile, ma vista l’inerzia di questo sistema di riscaldamento abbiamo preriscaldato l’apparato a 90◦C prima di inserire il campione.

RMNss a alta risoluzione

Gli spettri ad alta risoluzione a stato solido sono stati acquisiti utilizzando uno spettrometro Varian InfinityPlus 400, operante ad una frequenza di Larmor dei nuclei1H di 400.35MHz e dei nuclei13C di 100.67MHz utilizzando un probe

CP-MAS e un rotore in ossido di zirconio di 3.2mm di diametro esterno. Gli spettri13C sono stati registrati con esperimenti di Cross-Polarization(CP) in

condizione di disaccoppiamento a alta potenza dai nuclei 1H, e con frequenza

di rotazione MAS di 16kHz, tempo di contatto 500µs e accumulando 10000 esperimenti.

2.2

Preparazione dei campioni

(27)

2.2.1

Preparazione preliminare dei reagenti

Abbiamo purificato l’ammina H5 tramite distillazione sotto vuoto a pressione costante. Abbiamo utilizzato un tubo di Claisen da 250mL collegato ad una linea a vuoto. Per eliminare l’umidit`a l’apparecchiatura in vetro `e stata sottoposta a ripetuti cicli di vuoto/azoto e riscaldata con una pistola termica. Abbiamo aggiunto KOH solido come agente disidratante e abbiamo lasciato il sistema a riflusso per 3 ore. La distillazione `e stata eseguita a 130◦C ad una pressione di 0.3 mmHg. Il prodotto purificato `e stato conservato in atmosfera di azoto a 4◦C.

2.2.2

Concentratori solari luminescenti

I concentratori solari luminescenti da noi prodotti sono delle lastre di 5x5x0.3cm di resina epossidica bicomponente. La resina `e stata ottenuta unendo EP-506 e H-5 con rapporto in peso di 100:32 . Il volume di ogni lastra `e di 750mm3,

la resina ha una densit`a di 1.11 g/cm3 per ogni concentratore servono 2.06g di diammina e 6.44g di DGEBA. Poich´e produciamo due lastre di resina con-temporaneamente e sono presenti delle perdite nello stampo e nelle successive fasi di lavorazione si `e scelto di incremnetare la quantit`a di reagenti del 25% portando a 5.15g di ammina e 16.09g di DGEBA. Per produrre i campioni privi di fluoroforo si `e seguita la seguente procedura:

• Si carica un reattore con la resina EP-506

• Si preleva sotto flusso di azoto l’ammina H-5 e si aggiungono nel reattore • Si f`a il vuoto (∼ 0.3 mmHg) nel reattore e si accende il miscelatore

meccanico.

• Si preriscalda lo stampo in Teflon alla temperatura di 110◦C

• Si trasferisce met`a della miscela in una Falcon e, se sono presenti bolle, si sottopone a centrifugazione a 4500 rpm.

• Si scalda la miscela utilizzando una pistola termica prima di colare il composto nello stampo

• Si pone in cottura il materiale a 110◦C per 4 h in stufa ventilata

Vengono prodotte due lastre di resina alla volta cos`ı da poter scegliere, per ogni esperimento, il campione otticamente migliore e avere un campione utilizzabile per le prove distruttive senza dover sacrificare il campione su cui `e stata eseguita la caratterizzazione ottica. Viene prodotta pi`u resina di quella

(28)

strettamente necessaria per ottenere due lastre delle dimensioni volute cos`ı da compensare gli sprechi in fase di preparazione. La scelta di miscelare sotto vuoto `e data dalla natura viscosa del composto che tende a formare un grande numero di bolle la cui eliminazione risulta complessa. Lo stampo e la miscela vengono riscaldati per ridurre la viscosit`a cos`ı da diminuire il numero di bolle prodotte durante la colatura nello stampo. La temperatura di 110◦C `e stata individuata in un precedente lavoro di tesi [53], `e pi`u bassa della temperatura indicata nella scheda tecnica perch´e la procedura di reticolazione eseguita seguendo la scheda tecnica produceva una resina epossidica gialla e poco trasparente inadeguata per la realizzazione di LSC.

2.2.3

Preparazione delle miscele con colorante

Per preparare le miscele con aggiunta di colorante `e necessario realizzare prima una soluzione resina colorante, successivamente si aggiunge l’ammina e si procede come dal punto due della procedura precedente.

Colorante Hostasol-red

Vista la buona solubilit`a del colorante in EP-506 esso viene aggiunto nel reattore prima dell’ammina e si esegue una prima miscelazione del composto. Il resto della preparazione prosegue senza modifiche dal secondo punto della procedura di preparazione dei campioni senza colorante.

Bisammino-DPP

Poich´e questo colorante ha mostrato scarsa solubilit`a sia in EP-506 che in H-5, si `e reso necessario procedere come di seguito riportato.

• Si realizza una prima miscela di colorante e diclorometano • Si aggiungono il DGEBA e questa soluzione in una Falcon

• Se risultano visibili degli aggregati di colorante si utilizza un sonicatore a punta per disperderli

• Si trasferisce la soluzione nel reattore e si scalda a 120◦C mentre viene

miscelato

• Si riporta la miscela di DGEBA e colorante a temperatura ambien-te e si riprende la sequenza di preparazione dal secondo punto della preparazione per campioni senza colorante.

(29)

In questo caso `e importante assicurarsi che tutto il solvente sia evaporato prima di aggiungere l’indurente perch`e se l’evaporazione proseguisse durante la cottura in stufa comparirebbero delle bolle nella lastra. La miscelazione ad alta temperatura del colorante e del DGEBA serve anche a permettere una reticolazione del colorante con il DGEBA.

2.2.4

Levigatura e lucidatura

Per eliminare le imperfezioni superficiali che modificherebbero il compor-tamento del concentratore si procede ad una fase di levigatura con carta abrasiva di grane progressivamente pi`u fini e poi si esegue una lucidatura con pasta abrasiva media usando una ruota da lucidatura connessa ad un trapano a colonna. La lastra viene bagnata regolarmente durante le operazioni per evitare che si surriscaldi alterando le caratteristiche del dispositivo.

2.2.5

Preparazione dei campioni per caratterizzazione

cinetica

La procedura per preparare la miscela per le misure di cinetica di reticolazione `e analoga a quella usata per preparare le lastre di resina, l’unica differenza `e nella quantit`a di materiale prodotto notevolmente inferiore. Dopo aver prodotto la miscela essa veniva caricata sui supporti per eseguire le misure. RMNss a bassa risoluzione

I tubi porta campione per RMN sono stati caricati utilizzando una una pipetta Pasteur e successivamente centrifugati per eliminare le bolle d’aria formatesi e per far scendere tutto il composto sul fondo del contenitore.

RMNss ad alta risoluzione

Il campione `e stato posto in stufa a reticolare per 4 ore a 90◦C, successivamente `e stato polverizzato utilizzando il mulino a palle con l’uso dell’azoto liquido come refrigerante. La polvere cos`ı ottenuta `e stata collocata nel rotore per eseguire le misure.

Spettroscopia dielettrica

La miscela `e stata trasferita in una Falcon e rapidamente raffreddata me-diante immersione in azoto liquido per arrestare il processo di reticolazione. Il campione posto sotto ghiaccio veniva quindi trasferito dai laboratori di

(30)

sintesi del Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale ai laboratori del Dipartimento di Fisica dove erano eseguite le misure. Riportato il campione a temperatura ambiente esso veniva collocato tra due piattini di acciaio insieme a due separatori di teflon da 0.1mm di spessore.

Spettroscopia FTIR

Abbiamo pressato del KBr per ottenere una pasticca trasparente su cui `e stato spalmato il campione preparato.

Calorimetria differenziale a scansione

I pan sono stati caricati con l’ausilio di una punta di acciaio, questo permetteva di depositare gocce di piccole dimensioni all’interno dei pan di alluminio nonostante l’elevata viscosit`a del composto. `E stata posta particolare cura nell’assicurarsi che la resina fosse sparsa uniformemente sul fondo del pan. I pan di alluminio venivano successivamente chiusi con i coperchi dati in dotazione e il coperchio veniva successivamente forato.

Come nota finale `e importante notare che non `e stato possibile preparare contemporaneamente tutti i campioni da analizzare. Per ridurre le differenze tra i campioni utilizzati durante le misure di un dato sistema resina-colorante, i campioni, per le diverse tecniche, sono stati prodotti, tutti a partire dalla stessa miscela di resina e colorante. Si pone quindi il problema della conservazione dei campioni visto che le analisi non potevano essere eseguite contemporaneamente ed immediatamente dopo la produzione dei campioni. Abbiamo scelto di conservare i campioni a -20◦C. Questa temperatura di poco superiore alla temperatura di transizione vetrosa della del DGEBA permette di limitare fortemente il progredire della reazione di reticolazione fino a causarne l’arresto quando la temperatura di transizione vetrosa del sistema raggiunge i -20◦C portando tutti i campioni allo stesso grado di reticolazione. In assenza di questo passaggio ogni campione avrebbe un grado di reticolazione diverso al momento dell’inizio della misura perch´e i tempi di preparazione ed inizio della misura variano a seconda della tecnica utilizzata.

(31)

Capitolo 3

Caratterizzazione della cinetica

di reticolazione

3.1

Reazioni chimiche alla base del processo

di reticolazione

La reazione di reticolazione comporta la formazione di un reticolo tridimensio-nale di legami covalenti tra i reagenti che porta alla formazione di strutture molecolari dall’elevato peso molecolare. Con l’avanzare della reazione si ha un incremento della viscosit`a del sistema che determina la comparsa di effetti diffusivi sulla cinetica di reazione. Una descrizione completa e dettagliata di tutti i possibili meccanismi di reazione per il processo di reticolazione che coinvolge una resina epossidica ed un’ammina come indurente va oltre gli scopi di questa tesi e si rimanda alla letteratura [51]. Di seguito descriveremo quattro possibili meccanismi di reazione da considerare per il nostro sistema e indicheremo quelli che supponiamo essere pi`u importanti.

Il primo meccanismo prevede la reazione di un gruppo epossidico con un’ammina. Questo pu`o avvenire seguendo due diversi percorsi di reazione, riportati in figura 3.1, in base al tipo di ammina, primaria o secondaria, coinvolta. Questa reazione `e catalizzata dalla presenza di un gruppo idrossile ed essa stessa produce un gruppo idrossile dando quindi luogo a un fenomeno di autocatalisi. Ci aspettiamo che questa tipologia di reazione sia dominante nel processo di reticolazione del nostro sistema vista l’elevata affinit`a tra il gruppo epossidico e il gruppo amminico.

Il secondo meccanismo prevede l’apertura dell’anello epossidico ad opera dell’ossidrile, figura 3.2. Nel nostro sistema un gruppo idrossile si forma in seguito alla reazione tra gruppo epossidico e gruppo amminico. Questo tipo di reazione necessita quindi di un sistema gi`a parzialmente reticolato e coinvolge

(32)

NH2 R + H2C O CH RI NH R CH2 CH RI OH NH R CH2 CH RI OH + H2C O CH RII CH RII OH CH2 N R CH2 CH RI OH

Figura 3.1: Canale di reazione di poliaddizione tra molecole con gruppo epossidico e molecole con un ammina primaria o secondaria; la reazione `e catalizzata dalla presenza di gruppi idrossili

oligomeri di resina epossidica e diammina. Ricordando che l’avanzamento del processo di reticolazione determina la comparsa di fattori diffusivi che limitano la velocit`a di reazione, si pu`o ipotizzare che questo canale di reazione svolga un ruolo minore visto che coinvolge molecole di grosse dimensioni in un ambiente molto viscoso che riduce le possibilit`a di reazione. A questo vincolo cinetico si aggiunge la minor affinit`a, del gruppo epossidico per un gruppo idrossile rispetto ad un gruppo amminico [51]. Supponiamo quindi di poter ritenere questo canale di reazione marginale ai fini dello studio del nostro sistema. R CH2 CH RI OH + H2C O CH RII R CH2 CH RII O CH2 CH R OH

Figura 3.2: Schema della reazione di eterificazione tra un gruppo epossidico e un gruppo idrossile.

Il terzo meccanismo di reazione [18] prevede la formazione di uno zwit-terione a partire da un ammina terziaria ed un anello epossidico. Questa reazione pu`o avvenire tramite due diversi percorsi riportati in figura 3.3, che differiscono per la presenza di un gruppo idrossile che partecipa alla reazione. Ci aspettiamo che questa reazione svolga un ruolo marginale nel nostro siste-ma visto che richiede la presenza di ammine terziarie che compaiono nelle fasi avanzate della reazione quando i fenomeni diffusivi sono gi`a dominanti ed `e ulteriormente limitato dalle dimensioni delle molecole coinvolte nella reazione. `

E interessante notare che la reazione comporta la scomparsa di un gruppo idorssile che `e importante per gli altri percorsi di reazione.

(33)

R N RI RII + H2C O CH RIII R N+ RI RII CH2 CH RIII O− R N RI RII + H2C O CH RIII + OH RIV R N+ RI RII CH2 CH RIII OH + O− RIV

Figura 3.3: Reazione che porta alla formazione di uno zwitterione

La quarta tipologia di reazione che pu`o portare alla reticolazione della resina `e un omopolimerizzazione che coinvolge solo gli anelli epossidici. Una reazione di omopolimerizzazione si ha quando si forma un polimero composto da un solo tipo di monomero, in questo caso la diammina non svolge nessun ruolo. La reazione, in figura 3.4, necessit`a di alte temperature e catalizzatori per potersi osservare nel DGEBA1 figura 1.2a. Nelle nostre condizioni

suppo-niamo di poter trascurare il contributo di questa reazione alla reticolazione.

n H2C O CH R CH2 CH R O       n

Figura 3.4: Reazione di omopolimerizzazione che coinvole gli anelli epossidici Ricapitolando le condizioni in cui andremo ad eseguire la reazione di reticolazione:

• assenza di catalizzatori specifici per la omeopolimerizzazione della resina espossidica

• temperatura di 90◦C a fronte di una temperatura di reticolazione,

riportata sulla scheda tecnica, di 200◦C • reagenti in proporzioni stechiometriche

possiamo considerare come dominanti le reazioni di poliaddizione che coinvol-gano ammine primarie e secondarie e descrivere un sistema in cui avvencoinvol-gano solo questo tipo di reazioni.

(34)

3.2

Modellizzazione del processo di reazione

Inizieremo descrivendo la cinetica di reazione trascurando gli effetti diffusivi che verranno aggiunti in un secondo momento, infatti assumendo valida l’equazione di Rabinowitch [47] si pu`o scrivere

1 k = 1 kchim + 1 kdif =⇒ k = kchimkdif kchim+ kdif

dove k indica la costante cinetica di reazione2, kchim `e la componente legata

al superamento della barriera energetica tra reagenti e prodotto e kdif f `e

un termine dovuto alla limitata mobilit`a dei reagenti. Dall’equazione di Arrhenius si pu`o ottenere la dipendenza tra kchim e la temperatura di reazione,

kchim = A0exp (−Eact/RT ) dove Eact `e l’altezza della barriera energetica che

separa i reagenti dai prodotti. kdif f `e la costante cinetica che si avrebbe

nel caso di un sistema privo di barriere chimiche in cui la formazione di un nuovo legame avviene dopo ogni collisione. In altri termini l’equazione di Rabinowitz stabilisce che il tempo necessario alla formazione di un nuovo legame `e la somma del tempo richiesto affinch´e due aggregati di qualsivoglia dimensione(monomeri, oligomeri, ecc.) si avvicinino l’uno all’altro e del tempo necessario affinch´e ripetuti eventi collisionali tra gruppi vicini sfocino nella formazione di un nuovo legame. Nelle fasi iniziali del processo di reticolazione, a temperatura costante, il sistema si comporta come un liquido e kdif f  kchim

quindi k ∼ kchim; con il progredire della reazione la mobilit`a molecolare si

riduce e kdif f  kchim che implica k ∼ kdif f con il conseguente rallentamento

della reazione. L’effetto dei fenomeni diffusivi pu`o quindi essere introdotto in un secondo momento senza appesantire la notazione durante i passaggi intermedi.

3.2.1

Modellizzazione delle reazioni di reticolazione

In tabella 3.1, sono riportate le sigle attribuite alle concentrazioni dei gruppi di cui studiamo la cinetica. Per lo studio della reticolazione del nostro sistema consideriamo solo le reazioni di poliaddizione che coinvolgano gruppi

(35)

epossidicie e ammine primarie e secondarie. Le reazioni sono: E + A1 k1 −−→ A2+ OH (3.1a) E + A1+ OH k0 1 −−→ A2+ 2 OH (3.1b) E + A2 k2 −−→ A3+ OH (3.1c) E + A2+ OH k02 −−→ A3+ 2 OH (3.1d)

Dove k1e k2sono le costanti cinetiche di reazioni per le reazioni che coinvolgono

rispettivamente le ammine primarie e le ammine secondarie, k0i rappresenta la reazione catalizzata dal gruppo idrossile. A partire da queste equazioni si posso scrivere le equazioni che descrivono la cinetica di reazione:

d[E]

dt = −k1[A1][E] − k

0

1[A1][E][OH] − k2[A2][E] − k20[A2][E][OH] (3.2a)

d[OH]

dt = k1[A1][E] + k

0

1[A1][E][OH] + k2[A2][E] + k20[A2][E][OH] (3.2b)

d[A1] dt = −k1[A1][E] − k 0 1[A1][E][OH] (3.2c) d[A2] dt = k1[A1][E] + k 0

1[A1][E][OH] − k2[A2][E] − k02[A2][E][OH] (3.2d)

d[A3]

dt = k2[A2][E] + k

0

2[A2][E][OH] (3.2e)

Gruppo Concentrazione al tempo t Concentrazione a t=0

Epossido [E] [E]0

Idrossile [OH] [OH]0

Ammina primaria [A1] [A1]0

Ammina secondaria [A2] [A2]0

Ammina terziaria [A3] [A3]0

Tabella 3.1: Convenzioni utilizzate per individuare i gruppi nelle equazioni che descrivono la cinetica del sistema

(36)

Per procedere nell’analisi di questo sistema di equazioni differenziali conviene definire le quantit`a adimensionali:

α =[E]0− [E] [E]0 (3.3a) β =[A1]0− [A1] [A1]0 (3.3b) Applicando la legge di conservazione della massa alle equazioni 3.1 si ottengono le seguenti relazioni:

[A1] = [A1]0− [A2] − [A3] (3.4a)

[E] = [E0] − [A2] − 2[A3] (3.4b)

[OH] = [OH]0+ [E]0− [E] (3.4c)

Possiamo quindi esprimere la concentrazione di tutte le specie chimiche coinvolte in termini di α e β:

[E] = [E]0(1 − α) (3.5a)

[OH] = [OH]0+ [E]0(α) (3.5b)

[A1] = [A1]0(1 − β) (3.5c) [A2] = [E]0(βB − α) + [A2]0 (3.5d) [A3] = [E]0  α − βB 2  + [A3]0 (3.5e)

dove B = 2[A1]0/[E0] `e il rapporto tra la concentrazione iniziale di legami

N-H e la concentrazione iniziale di anelli epossidici. Visto le condizioni del nostro sistema possiamo assumere che [A2]0 = [A2]0 = [OH]0 = 0 e B = 1.

Possiamo quindi semplificare il sistema riducendoci a solo due equazioni: dα dt = dβ dt + (β − α)(1 − α) (K2+ K 0 2α) (3.6a) dβ dt =(1 − β)(1 − α) (K1+ K 0 1α) (3.6b) dove K1 = k1[E]0 (3.7a) K10 = k10[E]20K2 = k2[E]0 (3.7b) K20 = k20[E]20 (3.7c) Il sistema cos`ı presentato non ha soluzioni analitiche, `e quindi necessario risolverlo numericamente.

(37)

3.2.2

Modellizzazione dei processi diffusivi

Come precedentemente accennato l’introduzione degli effetti diffusivi si tra-duce in una modifica della costante cinetica complessiva della reazione, k. Si deve quindi aggiungere una dipendenza dal grado avanzamento della reazione. Nel corso degli anni sono stati proposti un gran numero di modelli e andremo a presentarne alcuni dei pi`u diffusi ed importanti.

Un metodo molto semplice per introdurre gli effetti diffusivi `e stato proposto da Chern e Poehlein [9] e consiste nel moltiplicare kchim per un

opportuno coefficiente Cdif f

k = kchimCdif f = kchimexp

 −V∗  1 f f v(ξ) − 1 f f v(ξc) 

dove V* `e un coefficiente, f f v(ξ) `e il volume libero frazionario, definito come il rapporto tra volume libero e volume specifico, ad un certo grado di reticolazione ξ, ξc`e il grado di reticolazione critico. Le reazioni di reticolazioni

sono polimerizzazioni per condensazione e il rapporto V∗/f f v(ξ) pu`o essere descritto, in maniera empirica, con un polinomio. Per ridurre il numero di parametri del modello non riconducibili ad una grandezza fisica si utilizza un polinomio lineare nel grado di reticolazione.

V∗

f f v(ξ) = A0+ A1ξ

k = kchimexp (−A1(ξ − ξc))

ξc il grado di reticolazione al punto critico.

Un approccio meno empirico segue da Rabinovitch [47]. In questo lavoro la cinetica di reazione viene studiata descrivendo il tempo di coordinazione dei reagenti a partire dalla definizione di un reticolo e della sfera degli n-esimi vicini. In particolare visto che il sistema da noi considerato `e un amorfo ci si limita alla definizione della sfera dei primi vicini di raggio a. Viene quindi proposta come costante cinetica della reazione

k = 4nνD exp (−Eact/RT ) 4D + a2γν exp (−E

act/RT )

(3.8) dove n `e il numero di molecole nella sfera dei primi vicini, γ > 1 `e un fattore correttivo che quantifica la possibilit`a che uno spostamento della molecola non influisca sulla coordinazione, ν `e una costante derivante dalla teoria di Polanyi e Wingner e D `e il coefficiente di diffusione. Una semplificazione di questa equazione `e proposta in [35], si assumono costanti i parametri del

(38)

modello diversi da T e D

k = k0D exp (−Eact/RT ) D + D1exp (−Eact/RT )

(3.9) Dove k0 e D1 sono due opportune costanti. Rimane quindi da determinare

la forma opportuna per D. Infatti una misura diretta del coefficiente di diffusione durante un processo di reticolazione `e difficile da eseguire. Una prima approssimazione che prende il nome di relazione di Debye-Stokes-Einstein (DSE) deriva dall’unione dell’equazione di Stokes-Debye-Stokes-Einstein (SE) (D ∼ T /η) che collega il coefficente di diffusione alla temperatura e alla viscosit`a e dall’equazione di Debye-Stokes (DS) (τ ∼ ηT ) che collega il tempo di correlazione rotazionale con la temperatura e la viscosit`a. Risulta quindi D ∼ τ−1. Sono presenti due problematiche in questo approccio: l’equazione DS non `e valida nei termoindurenti [11, 12], la relazione DSE tra diffusione traslazionale e rilassamento rotazionale `e derivata dall’idrodinamica macroscopica e quindi l’equazione DSE dovrebbe essere applicata a particelle macroscopiche che diffondono in un mezzo continuo, quindi non `e formalmente applicabile al caso in esame [14]. Questo ha spinto Deng e Martin [20] a proporre una modifica della DSE: Dτχ = cost con χ indipendente dal grado di reticolazione e temperatura. Il punto focale del loro modello `e che χ sia lo stesso esponente frazionario che lega τ a σ/xn dove σ `e la conduttivit`a ionica

e xn `e il grado di polimerizzazione medio numerico e quindi χ sia ottenibile

tramite misure dielettriche. `E stato mostrato da Corezzi et al. [14] che quest’ultima relazione non `e sempre vera e quindi `e necessario trattare χ come un parametro di fit libero. `E importante notare che molte delle equazioni proposte per τ hanno la forma:

τ = C1exp(C2g(T, Tg))

con C1 e C2 costanti. Da queste equazioni si ricava per D:

D =C10 exp(−C20g(T, Tg))

C10 =C1−χ C20 =C2χ

Quindi, ai fini del fit, il fattore χ viene riassorbito dentro ai parametri introdotti nella modellizzazione del tempo di rilassamento.

A questo punto non rimane che stimare τ utilizzando le principali teorie alla base della modellizzazione della transizione vetrosa. Sono possibili diversi approcci a questo problema: teoria del volume libero, teoria dell’entropia configurazionale e modelli semi-empirici. Wisanrakkit e Gillham ispirandosi

(39)

alla relazione semi-empirica di WLF [62, 10] hanno proposto una versione modificata dell’equazione simil-WLF

D = D0exp

 C1(T − Tg)

C2|T − Tg|



(3.10) in cui a numeratore `e stato utilizzato l’operatore modulo sul termine (T − Tg).

Un altro possibile approccio perseguibile per modellizzare D `e fornito dalla teoria del volume libero. Si pu`o infatti scrivere [9]:

D = D00exp  −γ 0v∗ vf  (3.11) Dove D00 `e un opportuna costante, γ0 `e solitamente compreso tra 0.5 ed 1 e quantifica la sovrapposizione di volume libero e v∗ `e il volume critico e vf `e il

volume libero. Mediante una serie di approssimazioni si giunge ad una forma del tipo: D = D00exp  −B1 − ffv ffv  (3.12) Dove B `e una costante e ffv `e il volume libero frazionario. Un’ulteriore approssimazione consiste nell’assumere una dipendenza lineare di ffv da T che porta a D = D0exp  B  1 − 1 ffvg+ αf(T − Tg)  (3.13) dove ffvg `e il il volume libero frazionario alla temperatura di transizione

vetrosa e αf `e il coefficiente di espansione termica del volume libero.

L’in-troduzione della temperatura di transizione vetrosa nell’espressione di D complica significativamente la situazione in quanto non `e possibile misurare la temperatura di transizione vetrosa di un sistema senza perturbare il processo di reticolazione. `E quindi necessario modellizare la dipendenza di Tg dal grado

di reticolazione del sistema. Visto che la temperatura di transizione vetrosa compare in tutti i modelli presentati, discuteremo del modo di approssimare questa quantit`a pi`u avanti.

Un approccio alternativo deriva dall’utilizzo della teoria dell’entropia configurazionale. Si pu`o scrivere:

D = D0exp  − K T Sc  (3.14)

(40)

con K costante e Sc entropia configurazionale. Sono stati proposti diversi

modelli per calcolare l’entropia configurazionale di un vetro. Havlicek e Dusek [24] propongono Sc∝ ln (T /(Tg− T0)) che porta a:

D = D0exp  − m T ln(T /(Tg − T0))  (3.15) dove m e T0 sono costanti, T0 solitamente assume il valore di 50K. Un altro approccio proposto da Corezzi et al. [13] prevede Sc(ξ) = Sc(0)/(ξ0− ξ)

D = D0exp  −B(T ) ξ0− ξ  (3.16) B(T ) = K T Sc(0) (3.17) Dove D0, ξ0 sono costanti e dove ξ `e il grado di reticolazione del sistema. Per

ottenere questo risultato si lega l’entropia configurazionale direttamente al grado di polimerizzazione tramite:

Sc(ξ) = Sc(0) xn(ξ) xn(ξ) = 1 1 − hf iξA hf i = NAfA NA+ NB = 1 ξ0

dove xn `e il numero medio di monomeri per molecola, αi(t) `e la frazione

di guppi funzionali, i, che hanno reagito al tempo t, Ni `e il numero di

moli del monomero i, fi `e il numero di gruppi funzionali per una molecola

del monomero i. Queste equazioni sono state ottenute assumendo che le specie A e B reagiscano solo tra di loro e non formino anelli. Per una generalizzazione a reazioni chimiche pi`u complesse si rimanda a [58]. In una successiva pubblicazione gli autori [14] propongono una versione modificata di questa formula in cui compare una dipendenza lineare in ξ nel numeratore dell’esponente: D = D0exp  −B(T )ξ ξ0− ξ  (3.18) Come abbiamo visto precedentemente la temperatura di transizione vetrosa gioca un ruolo importante nella modellizzazione della cinetica di reticolazione di una resina epossidica. Esistono diverse equazioni empiriche che legano la

(41)

Autori Equazione Riferimenti Huguenin e Klein D = D0exp  B1 −ffv 1 g+αf(T −Tg)  [35, 10] Deng e Martin [19, 10]

Wisanrakkit e Gillham D = D0exp



C1(T −Tg)

C2|T −Tg|



[62, 10] Havlicek e Dusek D = D0exp

 m T ln(T /(Tg−T0))  [10, 23] Corezzi et al D = D0exp  −B(T )ξ 0−ξ  [13] Corezzi et al D = D0exp  −B(T )ξξ 0−ξ  [14] Tabella 3.2: Riassunto delle possibili formule utilizzate per la modellizzazione di D a partire dal tempo di rilassamento strutturale

temperatura di transizione vetrosa al grado di reticolazione ξ del sistema. Una possibile relazione `e data dall’equazione di DeBenedetti [44]:

Tg(ξ) =

λξ

1 − (1 − ξ) ξ (Tg(1) − Tg(0)) + Tg(0) (3.19) Dove λ `e un opportuna costante e Tg(1) e Tg(0) rappresentano le temperature

di transizione vetrosa corrispondenti a un grado di reticolazione pari a 1 (reticolazione completa) e 0 (assenza di reticolazione). Una forma alternativa

per Tg(ξ) `e presentata in [24]: 1 Tg(ξ) = 1 − ξ Tg(0) + ξ Tg(1) +ξ(ξ − 1) C (3.20)

Dove C `e un opportuna costante. In letteratura [37] `e anche riportato l’uso di polinomi di secondo grado per modellizzare Tg(ξ) di una resina epossidica

al variare del grado di reticolazione.

3.2.3

Modelli semi-empirici

Per ottenere modelli pi`u semplici e pi`u facilmente interpretabili si ricorre a dei modelli semi-empirici per descrivere l’evoluzione del sistema considerando un minor numero di parametri. Come mostrano le equazioni 3.6 il sistema da noi considerato deve essere descritto da due gradi di avanzamento della reazione. Tuttavia la misura diretta di α e β non `e sempre possibile, quindi si cerca un parametro ξ, compreso tra 0 e 1, che permetta di descrivere l’evoluzione del sistema verso il suo stato finale; per esempio il rapporto tra il numero di legami formati e il numero massimo di legami formabili. Una volta

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