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Controllo di gestione delle aziende sanitarie: il caso delle ASL Toscane

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Academic year: 2021

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FACOLTÀ DI ECONOMIA

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

Corso di Laurea Magistrale in Strategia, Management e

Controllo

Tesi di Laurea

CONTROLLO DI GESTIONE NELLE AZIENDE

SANITARIE: IL CASO DELLE ASL TOSCANE

Relatore:

Prof. Simone Lazzini

Candidato:

Marta Fialdini

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Indice

PREMESSA ... 3

CAP. 1 INTRODUZIONE AL CONTROLLO DI GESTIONE ... 5

1.1 ASPETTI GENERALI DEL CONTROLLO DI GESTIONE ... 6

1.2 LE DIMENSIONI DEL CONTROLLO DI GESTIONE ... 9

1.3 PROCESSI DI PIANIFICAZIONE, PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO ... 12

1.4 CENTRI DI RESPONSABILITÀ ... 20

1.5 OBIETTIVI, VANTAGGI E LIMITI DEL CONTROLLO DI GESTIONE ... 25

1.6 ATTORI E STRUMENTI DEL CONTROLLO DI GESTIONE ... 27

CAP. 2 GLI STRUMENTI DEL CONTROLLO DI GESTIONE ... 31

2.1 IL BUDGET ... 32

2.2 CRITICITA' E PROPOSTE DI MIGLIORAMENTO DEL BUDGET ... 41

2.3 I SISTEMI ERP ... 45

2.4 REPORTING ... 50

2.5 IL RENDICONTO FINANZIARIO... 51

2.6 TABLEAU DE BORD ... 52

2.7 BALANCED SCORECARD ... 53

2.8 PIANO ESECUTIVO DI GESTIONE ... 55

CAP. 3 IL CONTROLLO DI GESTIONE NELLE AZIENDE SANITARIE ... 57

3.1 IL PROCESSO DI AZIENDALIZZAZIONE NELLA SANITA' ... 58

3.2 IL SISTEMA DI PIANIFICAZIONE, PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO NELLE AZIENDE SANITARIE ... 60

3.3 IL SISTEMA DI FINANZIAMENTO ... 66

3.4 I MODELLI REGIONALI ... 81

3.5 IL BUDGET NELLE AZIENDE SANITARIE ... 84

3.5.1 IL BUDGET DELLE ATTIVITA' ... 89

3.5.2 BUDGET DEI COSTI FISSI E DEI COSTI VARIABILI ... 90

3.5.3 IL BUDGET DELLE FUNZIONI CENTRALI E DEGLI INVESTIMENTI ... 92

3.5.4 IL BUDGET ECONOMICO, FINANZIARIO E PATRIMONIALE ... 95

3.6 IL RUOLO DEL CONTROLLER NELLE AZIENDE SANITARIE ... 98

CAP. 4 BUDGET E ANALISI DELLE ASL TOSCANE ... 101

4.1 SISTEMA SANITARIO REGIONALE TOSCANO ... 102

4.2 LEGGE 40/2005 ... 107

4.3 INTRODUZIONE ALL'ANALISI DI RICERCA ... 109

4.4 RISULTATI ATTESI ... 111

4.5 ANALISI DEI SINGOLI BUDGET ... 112

4.5.1 ANALISI DEL DOCUMENTO DI BUDGET 2013 DELL’ASL DI AREZZO ... 112

4.5.2 ANALISI DEL DOCUMENTO DI BUDGET 2013 DELL’ASL DI GROSSETO ... 113

4.5.3 ANALISI DEL DOCUMENTO DI BUDGET 2013 DELL’ASL DI MASSA-CARRARA ... 114

4.5.4 ANALISI DEL DOCUMENTO DI BUDGET 2013-2015 DELL’ASL DI PISA . 115 4.5.5 ANALISI DEL DOCUMENTO DI BUDGET 2013-2015 DELL’ASL DI SIENA ... 116

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4.6 ANALISI COMPARATA DEI BUDGET ... 117 RIFLESSIONI FINALI ... 119 BIBLIOGRAFIA ... 123

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PREMESSA

Negli ultimi anni, il settore sanitario italiano, al pari di quello europeo, è stato oggetto di una profonda ristrutturazione diretta a definire un’organizzazione del servizio capace di rispondere con maggiore qualità ed efficienza alle necessità di salute della popolazione. I due principali decreti D.Lgs. 502/92 e 517/93 hanno dato una spinta alla regionalizzazione del Servizio sanitario nazionale (SSN), ottenuta con l’introduzione di meccanismi di concorrenza amministrata (quasi mercati) e con il decentramento a livello regionale delle responsabilità in tema di fornitura e finanziamento delle prestazioni sanitarie.

Il Servizio Sanitario Nazionale è visto come il complesso delle funzioni, delle attività e dei servizi assistenziali indirizzati e coordinati a livello locale dalle Regioni e a livello centrale dallo Stato.

Il ruolo svolto dalle Regioni è sempre più preponderante in quanto rappresentano i soggetti chiamati a indirizzare e coordinare, attraverso adeguati meccanismi e strumenti di governance, le organizzazioni sanitarie pubbliche e private operanti nel proprio territorio. Lo Stato, per contro, detiene il ruolo di regolatore del sistema, esercitato attraverso la definizione di principi ispiratori per gli enti locali nella definizione delle loro politiche, diretti a garantire comunque uniformità di trattamento a livello nazionale.

L'obiettivo del presente lavoro è quello di illustrare le modalità per il controllo di gestione degli enti pubblici ed in particolare delle Aziende Sanitarie, le caratteristiche del Servizio Sanitario Nazionale e il budget.

La rilevanza delle innovazioni introdotte e la frequenza con la quale esse vengono modificate ed integrate, anche in sede di applicazione locale, vengono inserite in un contesto che non sempre è in grado di recepirle o di attuarle nei modi e nei tempi previsti.

La parte empirica del lavoro prende quindi a riferimento le Aziende Sanitarie Toscane e conseguentemente il Sistema Sanitario Regionale Toscano, cercando di verificare l'attinenza dei risultati ottenuti da un analisi dei budget di cinque Regioni prese a

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campione con la legge regionale 40/2005, e cercando inoltre di valutare se i documenti analizzati siano adatti alla valutazione delle performance.

Lo studio è composto da quattro capitoli: i primi tre descrittivi ed analitici, il quarto di tipo empirico.

Nel primo capitolo si analizzano gli aspetti generali del controllo di gestione, descrivendo il ruolo che questo meccanismo svolge nell'attività della direzione aziendale.

Il secondo capitolo si sofferma sugli strumenti utili per il controllo di gestione: budget; reporting; rendiconto finanziario; tableau de bord; balanced scorecard; piano esecutivo di gestione.

Mentre i primi due capitoli sono generali, il terzo si addentra nel settore sanitario andando a individuare le principali politiche di riforma in materia sanitaria, ripercorrendo gli interventi normativi che hanno determinato il progressivo ampio decentramento della gestione dei servizi sanitari.

Per finire il quarto e ultimo capitolo sviluppa una parte empirica, di analisi delle Aziende Sanitarie della Regione Toscana prendendone a campione cinque: Arezzo, Grosseto, Massa-Carrara, Pisa e Siena.

Da quest'analisi sono emersi valori distanti da ciò che era il bersaglio e per questo si è cercato di dare delle possibili proposte di miglioramento, al fine di rendere i budget adatti alla valutazione della performance aziendale.

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CAP. 1 INTRODUZIONE AL CONTROLLO DI GESTIONE

1.1 Aspetti generali del controllo di gestione

1.2 Le dimensioni del controllo di gestione

1.3 Processi di Pianificazione, Programmazione e controllo

1.4 Centri di responsabilità

1.5 Obiettivi, vantaggi e limiti del controllo di gestione

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1.1 ASPETTI GENERALI DEL CONTROLLO DI GESTIONE

Il controllo di gestione è un sistema di strumenti, processi e ruoli che direziona i comportamenti per il raggiungimento degli obiettivi, detto anche controllo dei risultati. Il controllo di gestione è un'attività necessaria e indispensabile per qualsiasi tipo di impresa. Nelle aziende di minori dimensioni è gestita dall'imprenditore in modo meccanico ed è limitata da molteplici fattori tra cui quelli maggiormente rilevanti sono:

• timori del personale amministrativo nello svolgere l'attività con una preparazione alle volte carente;

• esigenza di tempestività nella rilevazione dei dati;

• scarsa attendibilità ed efficacia dei risultati conseguiti;

• costi per rilevazioni aggiuntive non obbligatorie. 1

Questo fa sì che le piccole e medie imprese si trattengano dal dotarsi di un vero e proprio sistema di controllo di gestione.

Quando le aziende assumono dimensioni maggiori l'attività di controllo deve essere formalizzata e assume importanza la previsione nel processo decisionale d'impresa. Il controllo di gestione deve essere in grado di aiutare l'imprenditore a percepire eventuali errori nella gestione, ad intraprendere azioni correttive e infine a confrontare i risultati raggiunti, grazie alle azioni messe in atto, con ciò che si era prefissato.

Questo processo è accompagnato da una serie di strumenti che andremo ad analizzare più avanti e che sono: budget; reporting; piano esecutivo di gestione; rendiconto finanziario.

Affinché il controllo di gestione sia efficace ed efficiente è necessario che sia tempestivo. Spesso si tende ad allungare i tempi in quanto si ritiene di dover fornire dati precisi e certi senza preoccuparsi delle tempistiche. L'imprenditore deve invece comprendere che un dato tempestivo ed attendibile ha un valore maggiore di uno preciso e certo. Per questo solitamente la periodicità del controllo di gestione è annuale, con cadenza intermedia mensile.

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Ciò fa sì che si percepiscano gli scostamenti e che possano essere intraprese le azioni correttive al momento giusto.

I rapporti mensili soffrono alle volte di ridondanza, ovvero contengono un quantitativo di dati e informazioni eccessivo, che oltre ad essere poco utile li rende anche difficili da poter consultare. Per ovviare a questo problema è possibile quindi imporsi il limite massimo di una pagina per ogni prospetto mensile, cercando di farvi rientrare tutte le informazioni utili e non oltre.

L'imprenditore durante la sua attività si trova di fronte ad una serie di fattori esterni ed interni che influiscono direttamente o indirettamente sulla sua attività: dalle esperienze legate ai mercati di acquisizione delle risorse e di sbocco dei beni e servizi prodotti, all'indirizzo politico e legislativo del governo nazionale e dei paesi del contesto geografico dove l'impresa agisce, alle guerre, ai conflitti sociali e agli sconvolgimenti naturali.

Tutti questi fenomeni prendono il nome di fattori ambientali, dei quali non sono prevedibili gli effetti. Sfuggono al dominio dell'imprenditore e al suo controllo; può però prepararsi a limitarne gli effetti sulla gestione dell'impresa.

La definizione dei fenomeni legati al mercato è meno difficoltosa: strategie, politiche e azioni dei competitori, innovazioni tecnologiche ecc.

Come deve comportarsi quindi l'imprenditore di fronte alla serie di fenomeni esterni che si presentano?

Deve partire dal presupposto che non può occuparsi di tutto e che quindi è necessario che selezioni i fatti da prendere in considerazione, in funzione delle priorità suggerite dal momento storico o dal ciclo economico in essere o previsto.

L'impatto con l'ambiente presenta opportunità e minacce. Le regole fondamentali di comportamento sono: cogliere le opportunità e cercare di contrastare le avversità; vince chi arriva primo; valutare l'impatto ambientale; raccogliere le analisi e le valutazioni in un documento contenente anche le idee da mettere in atto.

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opportuno sapere:

– che esistono

– dove si trovano

– se corrispondono agli interessi dell'azienda

– se esistono le potenziali risorse per poterle trasformare in business

Oltre ai fenomeni esterni sono presenti quelli interni all'azienda generati dalle risorse utilizzate nella produzione attraverso l'azione operativa: i fattori produttivi.

Le risorse produttive sono di natura fisica e si esprimono con unità di misura quantitative. Ciò consente di conoscere con esattezza le quantità da impiegare nella produzione dei beni e dei servizi in funzione del volume desiderato.

I fenomeni interni a differenza di quelli ambientali sono predeterminabili e quindi controllabili.

Il management, o imprenditore, in quanto soggetto che coordina e organizza l'attività produttiva in funzione di poteri propri o conferiti, è il soggetto da cui dipendono le decisioni riguardanti l'attività aziendali.

Ciò significa che egli acquista ed utilizza le risorse produttive necessarie per ottenere i beni o servizi oggetto dell'attività imprenditoriale. Le risorse acquisite vengono inserite nella produzione secondo metodi e procedure in essere e si ottengono i risultati del ciclo produttivo.

La valutazione del risultato finale deve essere effettuata analizzando i risultati parziali delle singole fasi del ciclo produttivo per verificare se le risorse messe a disposizione dei vari responsabili operativi siano state ben utilizzate da essi.

Entrambi i fenomeni, interni ed esterni, condizionano i sistemi di pianificazione e controllo rendendoli più o meno complessi a seconda del periodo storico e del settore di appartenenza dell'azienda.

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1.2 LE DIMENSIONI DEL CONTROLLO DI GESTIONE

In dottrina sono state proposte diverse classificazioni in merito al controllo di gestione. Una prima si riferisce alla dimensione temporale che distingue il controllo antecedente, concomitante e susseguente.

Il controllo antecedente consiste nella previsione delle condizioni di svolgimento della gestione nel prossimo esercizio, al fine di verificare l'adeguatezza dei programmi e dei risultati attesi rispetto a quanto stabilito in sede di pianificazione strategica.

Il controllo concomitante consiste invece nell'accertare periodicamente che i risultati siano in linea con gli obiettivi programmati, una volta intraprese le azioni di gestione, e nell'attuare azioni correttive nel caso in cui si rilevasse che l'azienda non stia seguendo la giusta direzione.

Infine il controllo susseguente viene effettuato alla fine di un periodo gestionale significato (anno, semestre, trimestre) per verificare il raggiungimento degli obiettivi ed apportare azioni correttive a posteriori. 2

In realtà le classificazioni del controllo di gestione non si esauriscono nella dimensione temporale ma è possibile parlare in modo più dettagliato anche di: dimensione materiale e dimensione immateriale.

L'attenzione di molti studiosi è focalizzata sui centri di responsabilità, processo di controllo e contabilità direzionale.

Questi elementi non costituiscono però da soli l'essenza del controllo.3

I soli elementi materiali non sono sufficienti per comprendere il ruolo che i sistemi di controllo esercitano effettivamente nelle singole situazioni operative.

Gli strumenti di controllo devono essere coerenti con la cultura interna aziendale e diffusi, condivisi e accettati all'interno dell'organizzazione.

2Le considerazioni sono riprese da Marasca, Marchi e Riccaboni, Controllo di Gestione, 2009 3Riccaboni, 1999

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La dimensione materiale è composta da due componenti:

• una componente statica, ovvero la mappa delle responsabilità e la struttura tecnica di supporto

• una componente dinamica, ovvero il processo attraverso il quale il controllo diventa operativo

Tale dimensione prende corpo in procedure e documenti formali, manuali e report interni, da cui ne deriva l'aggettivo materiale.

La dimensione immateriale comprende elementi meno visibili e più profondi, ed è formata da:

• il ruolo intimamente assegnato al controllo dal top management, ovvero la funzione che i vertici organizzativi attribuiscono effettivamente in cuor loro al controllo

• le modalità di gestione del controllo stesso, ovvero il modo in cui questo meccanismo viene condotto

Il ruolo intimamente assegnato al controllo non sempre coincide con ciò che si evince da dichiarazioni e documenti formali. Nelle organizzazioni infatti si rilevano iniziative di tipo meramente simbolico con un limitato impatto sui comportamenti organizzativi e individuali. Per questo in alcuni casi si ricorre a strumenti di controllo solo per avallo nei confronti dei portatori di interesse o per ottemperare agli obblighi normativi o a regolazioni specifiche soprattutto in ambito di servizi pubblici locali o della Pubblica Amministrazione.

Ciò può però portare ad un mancato sfruttamento delle opportunità offerte in termini di crescita dei livelli di efficienza ed efficacia nonché di influenza sui comportamenti individuali e organizzativi.

Il meccanismo del controllo è un elemento attraverso cui le organizzazioni si adattano al quadro istituzionale, e permette loro di conseguire il grado di isomorfismo rispetto all'ambiente di riferimento.

Tutto ciò può essere utile per mantenere buoni rapporti con gli stakeholder e per non perdere il potere interno, almeno fino a quando i criteri di successo non diventano

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espliciti. In questa situazione devono essere intrapresi sforzi importanti per mettere in atto convincenti metodologie di controllo che costituiscono un fondamentale supporto per il perseguimento degli obiettivi aziendali.

La dimensione immateriale è inoltre formata dalle modalità di gestione del controllo di gestione che si esplicitano ad esempio nel grado di autonomia assegnato al manager, all'ammontare e alla qualità delle risorse umane e finanziarie impiegate nel controllo.

Le due dimensioni del controllo non sono autonome ed indipendenti, ma tra loro esiste una certa correlazione.

La dimensione immateriale influisce sul modo in cui si struttura la componente materiale del controllo; quella immateriale è collegata a sua volta, a fattori interni ed esterni all’azienda.

Fra di essi un ruolo decisivo è da attribuire ad aspetti intangibili, difficili da monitorare e modificare, in particolare: i profili istituzionali che caratterizzano la singola unità economica e il contesto di riferimento; le caratteristiche culturali e sociali del patrimonio umano presente in azienda e nel territorio dove questa opera; il modo in cui i vertici aziendali vogliono o devono gestire le relazioni con gli stakeholder.

La dimensione in oggetto quindi è funzione di variabili sociali, culturali e istituzionali. Il modo di gestire il controllo è condizionato dai comportamenti collettivi sedimentatisi nel tempo (aspetto istituzionale), dal sistema dei valori caratteristici dei vertici aziendali (aspetto culturale), dall'età e dal grado di istruzione dei dipendenti (aspetto sociale).

Uno dei modelli di riferimento per il controllo di gestione è stato in passato quello di Anthony (1965), o “Piramide di Anthony”, il quale si articola su tre livelli: il primo è il livello strategico (pianificazione strategica); il secondo è quello tattico (controllo manageriale o direzionale); il terzo è quello operativo (controllo operativo).

Questi livelli, a differenza di quelli sociali, sono tra loro aperti e interscambiabili. La pianificazione strategica si riferisce al processo mediante il quale si prendono

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decisioni in merito ai cambiamenti da apportare agli obiettivi dell'impresa, alle risorse utilizzate per il perseguimento degli obiettivi e alle politiche che stanno dietro a tutto ciò.

Il controllo direzionale è il processo attraverso cui si cerca di assicurare che le risorse siano ottenute e utilizzate in modo efficace ed efficiente al fine del raggiungimento degli obiettivi aziendali.

Il controllo operativo è il processo attraverso il quale si perseguono l'efficacia e l'efficienza nella realizzazione dei compiti.

1.3 PROCESSI DI PIANIFICAZIONE, PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO

Nelle imprese il controllo di gestione è un insieme di operazioni volte a guidare la gestione verso il conseguimento degli obiettivi stabiliti e si sostanzia delle seguenti fasi:

1) fase decisionale, che corrisponde alla fissazione degli obiettivi generali quantitativi e qualitativi e delinea la strategia idonea a conseguirla;

2) fase programmatoria, in cui si definiscono gli obiettivi di breve periodo, attuativi di quelli generali con relativa scelta e assegnazione di risorse atte a conseguirli;

3) fase esecutiva, attuazione delle operazioni in precedenza definite;

4) fase di controllo, verifica e accertamento della corrispondenza tra operazioni previste e realizzate e conseguente verifica del raggiungimento degli obiettivi o della necessità di una loro modifica alla luce di quanto realizzato.

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Queste quattro fasi sono rintracciabili in ogni impresa. Nell'azienda si ricevono, si gestiscono e si inviano informazioni in tutte le fasi.

La fase di direzione si esprime con la pianificazione d'impresa quando le decisioni di medio-lungo periodo sono precisamente individuate e distinte rispetto a quelle di breve periodo, e risultano formalizzate in un apposito documento.

La previsione si esplica in due fasi separate ma allo stesso tempo strettamente collegate: la pianificazione e la programmazione. I due termini sono spesso impropriamente usati come sinonimi ed è quindi utile precisare le differenze tra le due fasi.

La pianificazione strategica è “il processo attraverso il quale si decidono oggi le azioni da intraprendere per raggiungere gli obiettivi di domani” (Ducker, 1973). Attraverso il processo di pianificazione quindi si definiscono gli obiettivi di fondo della gestione aziendale e si individuano le linee strategiche per raggiungerli. Questo processo ha un orizzonte temporale abbastanza lungo.

Il processo di pianificazione è composto da 5 fasi:

Analisi ambientale: si analizza il mercato nel quale l'azienda andrà ad operare,

quindi l'ambiente competitivo

Analisi aziendale: si analizzano i punti di forza e di debolezza dell'impresa,

come si adatta al contesto competitivo e ai cambiamenti dell'ambiente esterno

Definizione degli obiettivi generali: tali obiettivi, detti anche strategici di primo

livello, rappresentano uno stimolo per le responsabilità individuali

Politiche aziendali: vengono definite le linee guida da seguire nella successiva

fase di formulazione del piano

Formulazione del piano: vengono definiti i tempi e le modalità con cui ottenere

le condizioni produttive, di mercato, finanziarie ecc. necessarie per il raggiungimento degli obiettivi generali seguendo le politiche aziendali di cui sopra

I piani strategici a lungo termine devono avere obiettivi e programmi di azioni con orizzonti temporali di riferimento più limitati; i programmi di azione, a loro volta, devono essere monitorati e controllati nelle loro modalità di attuazione, al fine di

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verificarne la corrispondenza con quanto prefissato o di aggiornare e riformulare i piani di lungo periodo. Successivamente alla formulazione di obiettivi di breve periodo si effettua una verifica del grado di attuazione dei programmi: è necessario assicurare che la gestione avvenga in accordo con quanto definito in sede di pianificazione strategica.

Si attiva quindi un processo di feed-back o di retroazione che consente al sistema di autoregolarsi, attraverso un processo di apprendimento e di continuo miglioramento. Al processo di pianificazione segue quello di programmazione e controllo di gestione, con il quale si definiscono obiettivi particolari di breve periodo prendendo a riferimento quelli generali individuati nella precedente fase di pianificazione.

Gli obiettivi definiti in fase programmatoria si riferiscono alla gestione ordinaria e alle scelte decisionali e sono detti anche di breve periodo in quanto riguardanti un arco temporale di un anno.

Con programmazione e controllo o controllo di gestione si intende quindi il processo con cui definire gli obiettivi di breve periodo nei quali vengono poi precisati quelli generali , formulato il budget, attuate le decisioni ed effettuata una verifica dei risultati rispetto agli obiettivi.

Così come per il processo di pianificazione anche quello di programmazione e controllo è composto da diverse fasi tra cui:

Definizione degli obiettivi di breve periodo: gli obiettivi specifici di breve

periodo sono solitamente di tipo quantitativo, differentemente da quelli strategici che sono qualitativi

Predeterminazione dei costi e dei ricavi: si determinano preventivamente i

ricavi e le risorse consumate

Formulazione degli standard: formulazione di standard di qualità e di

prestazioni prima, e di standard di costo poi

Formulazione del budget: il budget è lo strumento base della programmazione,

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Caratteristica fondamentale della programmazione è che essa implica decisioni sulle azioni da intraprendere in futuro; questo aspetto differenzia la programmazione dalla previsione, che è solo una stima di ciò che accadrà in futuro, non influenzata dalla persona che effettua la previsione.

Ogni processo di programmazione si basa però su un'attività di previsione, in quanto richiede l'assunzione di ipotesi di svolgimento della gestione futura, formulate sulla base dei previsti fenomeni esterni all'azienda in grado di influire sulle variabili dell'equilibrio aziendale.

Alla base di tutto il processo di programmazione si pone la definizione degli obiettivi che l'azienda ritiene di voler raggiungere in un certo periodo di tempo futuro.

Vengono quindi definite:

– le mete finali a cui l'azienda deve puntare, ovvero gli obiettivi di lungo termine;

– le tappe intermedie, ovvero gli obiettivi di medio termine attraverso i quali si indicano le linee operative per attuare gli obiettivi strutturali;

– le azioni da compiere nel breve periodo.

I risultati dell'attività di programmazione vengono utilizzati come indicazioni per modifiche da introdurre nei programmi successivi.

La programmazione affinché sia efficace deve risultare da documenti scritti, formalmente predisposti, elaborati ed approvati dagli organi aziendali competenti, attraverso la stesura di progetti formali detti piani.

I piani sono dei documenti che esprimono i dati quantitativi e che riflettono previsioni e decisioni stabilite sulla base di determinate ipotesi di svolgimento della gestione. Esistono tre tipi di piani:

– piani pluriennali (periodi medio-lunghi)

– piani d'esercizio (si riferiscono all'anno)

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Una volta che sono stati definiti i piani aziendali attraverso il processo di pianificazione, il management dovrà cercare di garantire che questi piani vengano effettivamente eseguiti oppure modificati qualora sia necessario: questo è il processo di controllo di gestione.

Il controllo è quindi l'attività attraverso la quale la direzione aziendale si assicura che l'organizzazione operi in conformità ai piani e alle politiche stabiliti in fase di programmazione, così che vengano raggiunti gli obietti aziendali.

Oltre al controllo di gestione possono essere utilizzati altri strumenti e meccanismi, al fine di raggiungere le condizioni di efficacia ed efficienza, che possono essere incentrati sulle singole azioni, sul personale oppure sulla cultura interna, invece che sui risultati.

I controlli delle azioni si concretizzano in attività e meccanismi fisici e amministrativi capaci di assicurare che i dipendenti compiano o meno determinate azioni ritenute vantaggiose o svantaggiose per l'organizzazione. Sono la forma di controllo più diretta perché assicurano che le persone su cui l'organizzazione si basa compiano le azioni desiderate.

I controlli sulle azioni sono diffusi in tutte le tipologie di aziende ma non sono sempre efficaci. Sono infatti adatti solo quando i vertici aziendali sanno con molta probabilità quali sono le azioni desiderabili.

Gli studiosi hanno individuato due variabili fondamentali in base alle quali scegliere l'oggetto primario di attenzione del controllo: la conoscenza del processo di trasformazione degli input in output e la possibilità di misurazione di questi ultimi.4 La prima variabile si riferisce alla possibilità che i manager conoscano e comprendano perfettamente i processi e le azioni desiderabili al fine di ottenere un determinato risultato.

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La seconda fa invece riferimento alla possibilità di misurare i risultati derivanti da un processo (vedi figura sotto).

Fonte: Ouchi (1979, p. 843) e Merchant (1982, p. 47).

Da ciò si deduce che, affinché i controlli sulle azioni siano attuati ed efficaci, è necessaria l'esistenza di una buona conoscenza del processo di trasformazione degli input in output. Dove non è possibile avere dei risultati precisamente misurabili, non è attuabile un sistema di controllo basato sui risultati e verranno quindi monitorati direttamente i processi creati per ottenere i risultati stessi.

La situazione è ancora più critica quando sia il livello di conoscenza del processo di trasformazione sia il grado di misurabilità degli output risultano ridotti, e non è possibile attuare un sistemi di controllo basato sui risultati e nemmeno sulle azioni. In questo caso si può avere un valido controllo focalizzando l'attenzione su iniziative e strumenti che permettano ai dipendenti di controllare da soli i propri comportamenti o che si controllino reciprocamente, utilizzando dei mezzi di controllo più informali ovvero i controlli della cultura interna e i controlli del personale.

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I controlli del personale servono a dare stimoli alla risorse umane affinché svolgano bene il proprio lavoro e si fondano sulla naturale tendenza dei dipendenti ad autocontrollarsi. Si concretizza nella selezione del personale, nella formazione e nella definizione degli incarichi.

I controlli della cultura interna cercano di favorire il monitoraggio reciproco, ovvero una forma di pressione di natura sociale esercitata da un gruppo sugli individui che lo compongono. Le aziende possono cercare di plasmare la propria cultura interna attraverso codici di condotta, premi di gruppo, politica dei trasferimenti all'interno dell'organizzazione.

Simons propone un modello basato su quattro principali criteri in base ai quali i manager possono scegliere se focalizzare il controllo sui risultati o sulle azioni:

• fattibilità tecnica del controllo e della misurazione;

• comprensione delle cause e degli effetti;

• costi del controllo;

• livello desiderato di innovazione.5

La prima variabile si riferisce alla fattibilità tecnica del controllo ovvero alla possibilità di controllare direttamente un processo o un'azione, oppure alla possibilità di misurarne i risultati. Laddove sussistono difficoltà di misurazione degli output si preferirà un sistema di controllo sulle azioni; mentre se le azioni sono difficilmente osservabili si opterà per un sistema di controllo basato sull'osservazione e sulla misurazione dei risultati.

Con la comprensione delle cause e degli effetti si intende il grado di conoscenza del processo di trasformazione degli input in output. Un manager infatti potrebbe non avere un'adeguata conoscenza delle azioni che conducono ai risultati desiderati, anche

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se fosse possibile monitore i processi. Ovvero potrebbe non essere abbastanza chiaro il rapporto causa-effetto tra azioni e risultati desiderati.

La variabile relativa ai costi del controllo diventa fondamentale quando l'osservazione diretta dei processi e la misurazione dei risultati sono tecnicamente possibili e vi è una chiara conoscenza dei collegamenti tra le azioni e i risultati derivanti da esse. In questo caso il controllo dei risultati e delle azioni possono essere applicati indifferentemente, i manager faranno una scelta in base al costo di produzione e di elaborazione delle informazioni nelle due tipologie di controllo.

Infine l'ultimo criterio è relativo al livello desiderabile di innovazione. Quando i manager desiderano limitare l'innovazione sceglieranno di controllare attentamente i processi, standardizzando le procedure di lavoro. Un esempio di controllo delle azioni, giustificata da esigenze di rispetto di parametri di sicurezza, efficienza e qualità è costituito dai programmi di total quality management (TQM).6

Le varie forme di controllo saranno utilizzate alternativamente oppure in modo combinato a seconda dei contesti, delle esigenze e delle situazioni. Le diverse forme possono trovare impiego anche in diversi punti del sistema aziendale. Ne consegue che ogni organizzazione definirà una propria strategia di controllo in base al combinarsi e al peso delle diverse tipologie di controllo.7

6Simons, 2004, pp. 76-80 7Cfr Amigoni 1995

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1.4 CENTRI DI RESPONSABILITÀ

Il sistema di programmazione e controllo, in quanto strumento del quale si serve la direzione per guidare l'impresa verso il raggiungimento dei suoi obiettivi, si dimostra efficace solo e in quanto permetta di influenzare i comportamenti dei membri dell'organizzazione in modo coerente agli obiettivi perseguiti.

La sua efficacia dipende quindi dal contesto nel quale esso trova realizzazione e dalla sua coerenza con le altre variabili organizzative, cioè la struttura, gli altri meccanismi operativi e lo stile di direzione.

Alla base dei sistemi di programmazione e controllo c'è una struttura di centri di responsabilità, intesi come unità organizzative nelle quali operano gruppi di persone preposti alla realizzazione di alcuni processi d'impresa finalizzati a determinati obiettivi, diretti da un capo che è il responsabile delle attività svolte e dei risultati raggiunti. Nell'impresa c'è una gerarchia di centri di responsabilità: l'alta direzione coordina e controlla tutti i centri di responsabilità nei quali si articola l'intera struttura dell'impresa; le funzioni di programmazione, coordinamento e controllo sono svolte però anche a livello di direzione intermedia e operativa. La differenza sta nel fatto che nel passaggio dai livelli di direzione più alti a quelli inferiori tende a ridursi il numero dei centri che ciascun responsabile deve seguire.

Dato che ai fini del controllo direzionale interessa particolarmente la responsabilità economica dei centri, ovvero il contributo che ciascuno di essi può dare alla produzione dei risultati economici dell'impresa, gli input sono espressi dai costi inerenti le risorse attribuite a ciascun centro, mentre gli output riguardano il risultato del centro che possono essere espressi in termini monetari e non monetari.

I centri di responsabilità possono essere classificati nel modo seguente:

• centri di costo;

• centri di spesa;

• centri di ricavo;

• centri di profitto;

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I centri di costo hanno come obiettivo il costo dato dalle attività in essi svolte. E' controllabile da parte dei responsabile del centro perché deriva dalla sintesi di costi elementari che, per presentare una relazione diretta con i volumi di attività in esso svolti, sono soggetti ad essere legati a dati livelli di efficienza. L'obiettivo che i centri di responsabilità devono raggiungere è costituito da un costo, definito da un determinato livello di efficienza. Le variabili che possono essere controllate dai responsabili di questi centri sono i volumi e i mix di input, i livelli di prezzi-costo, nei limiti consentiti dalla struttura dei mercati di approvvigionamento. Esempi di questi centri sono la direzione di produzione, le divisioni di produzione e i reparti produttivi. Gli strumenti utilizzati per definire gli obiettivi dei centri di costo, ossia i costi da raggiungere nel rispetto di un rapporto prestabilito tra un dato output da produrre e un dato input da impiegare, ossia di un dato livello di efficienza, sono i costi standard e i budget flessibili. Il controllo effettuabile dai responsabili di questi centri riguarda fondamentalmente l'efficienza interna.

I centri di spesa hanno come obiettivo il costo comportato dalle attività in essi svolte che, pur riguardano un output non misurabile, non è suscettibile di essere legato a dati livelli di efficienza. Poiché il responsabile di centro ha un ampio potere decisionale sulle attività del centro, l'obiettivo che esso è chiamato a perseguire è quello di non superare il livello di costo previsto, definito per via di negoziazione con gli organi superiori, pur assicurando un dato livello quantitativo e qualitativo dell'output, anche se di difficile valutazione. Il controllo dei centri di spesa verte sull'efficacia, ossia sul grado nel quale il responsabile riesce a raggiungere i risultati assunti a base dello stanziamento di spesa. Lo strumento utilizzato per la definizione dell'obiettivo è il budget di spesa. Sono tipici centri di spesa: la direzione amministrativa, la direzione finanziaria, i servizi commerciali (pubblicità, promozione), i servizi studi e ricerche.

I centri di ricavo hanno come obiettivo il ricavo conseguibile dallo svolgimento delle attività di vendita secondo programmi definiti. Solitamente le variabili che cadono sotto il controllo del responsabile di vendita sono i volumi di vendita, i mix e in alcuni

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casi i prezzi di vendita. Lo strumento utilizzato per la definizione degli obiettivi da raggiungere e per il loro controllo è il budget delle vendite. I più significativi centri di ricavo sono la direzione vendite, le divisioni di vendita e le agenzie di vendite.

I centri di profitto hanno come obiettivo comune un dato risultato economico, ottenuto come differenza tra ricavi e costi. Secondo l'autonomia del responsabile del centro, i costi possono riguardare tutti quelli del centro oppure una parte di essi.

Il risultato economico nel quale trova definizione l'obiettivo del centro, può presentarsi configurato in modi differenti, legati all'insieme di variabili che cadono sotto il controllo del responsabile. Poiché nel risultato economico trovano espressione sintetica sia gli input che gli output nelle loro reciproche relazioni, il controllo riguarda sia l'efficienza che l'efficacia del centro.

Tipici centri di profitto sono le divisioni di prodotto. Lo strumento utilizzato per la definizione degli obiettivi e per il controllo è il budget di risultato economico.

Nella definizione degli obiettivi dei centri di responsabilità uno dei problemi da tenere sotto controllo è il bilanciamento tra il breve e il lungo termine. Infatti per l'impresa il perseguimento efficace ed efficiente degli obiettivi di breve periodo va ricercato coerentemente al perseguimento del suo fine istituzionale, legato alla produzione di soddisfacenti redditi nel medio-lungo periodo.

Dall'esigenza di legare gli obiettivi di breve agli obiettivi di medio e lungo periodo derivano i centri di investimento.

Infatti i responsabili di questi centri oltre ad avere il controllo delle variabili che determinano il risultato economico, hanno anche quello delle variabili riguardanti gli investimenti, ossia le variabili determinanti degli impieghi durevoli di risorse dai quali dipendono le attività e i risultati futuri delle singole sub-attività presenti nell'impresa, nonché lo sviluppo di quest'ultima inquadrato nella prospettiva di una costruttiva integrazione con l'ambiente.

L'obiettivo dei centri di investimento è espresso in termini di tasso di rendimento degli investimenti del centro, ossia di ROI (risultato operativo/attività totali nette), ovvero in

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termini di tasso di rendimento residuale pari al primo diminuito del Tasso espressivo del costo del capitale. In questo modo si distingue in modo più chiaro tra le leve controllabili dal responsabile di Centro e le leve non controllabili, queste ultime comprensive del costo del capitale, l'entità del quale dipende fondamentalmente da decisioni prese dall'alta direzione d'impresa.

La definizione della struttura dei centri di responsabilità economica è molto legata alla struttura organizzativa anche se non esiste una relazione univoca tra le due.

Questo perché se è fuori dubbio che i centri di responsabilità economica si legano ai centri di responsabilità organizzativa, a motivo delle differenti leve manovrabili dal responsabile di un centro possiamo osservare l'esistenza di differenti strutture di centri di responsabilità economica pur in presenza dello stesso tipo di struttura organizzativa. Così, a una struttura funzionale di tipo semplice può correlarsi una differente struttura di responsabilità economica, a seconda che ad esempio a livello di direzione di produzione e di direzione commerciale siano manovrabili rispettivamente le quantità di costi delle produzioni ottenute e i volumi, il mix, i prezzi di vendita e i costi di pubblicità e di promozione delle vendite, ovvero solo i costi di produzione e i volumi e il mix di vendita.

Questo perché nel primo caso il centro Direzioni di produzione si presenta come un centro di costi e la Direzione commerciale con centro di profitto, mentre nel secondo caso la Direzione di produzione si presenta come un centro di costi mentre la Direzione commerciale si presenta come un centro di ricavi.

La struttura dei centri di responsabilità deve contemperare l'esigenza di realizzare nel modo più pieno gli obiettivi di centro con quella di perseguire nel miglior modo gli obiettivi dell'impresa.

Purtroppo non sempre le due esigenze sono compatibili. Motivi di conflitto possono essere le relazioni che corrono tra i centri. E' questo il caso ad esempio delle valutazioni riguardanti i passaggi interni di determinati beni o servizi tra centri.

Di norma la soluzione di questi problemi è affidata all'organo operante al livello gerarchicamente superiore e ai meccanismi operativi quali sono i prezzi di trasferimento.

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La prima soluzione oltre ai possibili problemi che pone in termini di aumento delle decisioni alle quali deve attendere l'organo superiore, può entrare in conflitto con l'esigenza di assicurare un conveniente grado di autonomia ai singoli centri.

Inoltre i metodi di determinazione dei prezzi di trasferimento non permettono sempre di giungere a soluzioni pienamente soddisfacenti e centri interessati.

Da qui la ricerca di soluzioni procedendo in direzione di una maggiore corresponsabilizzazione degli direttori di centro. Si tratta quindi di portare questi ultimi a tenere conto nelle loro decisioni delle conseguenze che le stesse potranno produrre sui risultati negli altri centri, così da indurli, dove necessario, alla ricerca di costruttive forme di integrazione.

Questo può avvenire ad esempio tramite la negoziazione dei prezzi di trasferimento. Da quanto esposto, le prestazioni del responsabile di ciascun centro se possono trovare negli obiettivi economici espressione diretta, necessariamente vanno estese anche ad altri aspetti dei risultati globali conseguiti. Questo per più motivi: in primo luogo perché in alcuni casi manca un obiettivo espressivo di risultato (centro di spesa). In secondo luogo perché il bilanciamento dei risultati di breve con quelli di lungo, così come quello tra l'efficienza e l'efficacia nel perseguimento degli obiettivi di breve, non possono essere affidati solo ad obiettivi quantitativi.

In terzo luogo perché sui risultati di dati centri incidono in misura maggiore o minore i valori dei trasferimenti di altri centri. Infine perché queste prestazioni incidono sulle relazioni che il responsabile di ciascun centro deve intrattenere necessariamente con gli organi sovraordinati, con gli organi di pari livello, con i propri subordinati, con l'organo di staff preposto alla gestione del sistema di programmazione e controllo. Quindi la valutazione delle prestazioni dei responsabili di centro deve essere basata congiuntamente su elementi quantitativi (grado di raggiungimento degli obiettivi economici) e elementi qualitativi. Questi ultimi per integrare i primi e ricollegare le prestazioni dei responsabili di centro agli obiettivi generali dell'impresa.

Per quanto riguarda i metodi da poter seguire per la definizione di centri di responsabilità è possibile citare la tecnica dell'analisi funzionale, fondata sullo studio delle differenti funzioni nelle quali si articola l'attività dell'impresa, oppure la tecnica

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dell'analisi sistemica.

Con la prima si giunge all'identificazione e alla gerarchizzazione dei centri di responsabilità sulla base delle funzioni che vanno svolte nell'impresa; con la seconda si giunge alla definizione dei centri di responsabilità mediante l'analisi descrittiva della struttura e del funzionamento dell'impresa che porta ad identificare una serie di sottosistemi interdipendenti tra loro, ciascuno dei quali è finalizzato ad un dato risultato sia pure nel quadro degli obiettivi unitari di sistema.

In questo modo è possibile introdurre nell'analisi gli obiettivi e le finalità dei differenti centri.

1.5 OBIETTIVI, VANTAGGI E LIMITI DEL CONTROLLO DI GESTIONE

Il primo obiettivo del controllo di gestione è senza dubbio quello di far si che i comportamenti individuali e organizzativi siano in linea con il raggiungimento degli obiettivi aziendali.

Altro obiettivo riguarda il monitoraggio costante dell'andamento dell'attività e il coordinamento delle diverse attività sia orizzontalmente che verticalmente.

Questo strumento costituisce un prezioso meccanismo di guida e indirizzo dell'attività, quindi un valido supporto ai processi decisionali

Andando però oltre agli obiettivi sopra citati che rappresentano quelli più tradizionali del controllo di gestione, è possibile individuare anche una valenza maggiormente politica che si basa sulla varietà, e spesso sulla divergenza, degli interessi dei vari portatori di interesse. Per questo motivo il più importante obiettivo del controllo dei risultati è quello di riuscire a “mantenere le attività dell'organizzazione all'interno di uno spazio ritenuto accettabile dai diversi stakeholder”. Si rileva quindi una “funzione sociale” del controllo di gestione, un ruolo di garanzia sulla trasparenza e sulla correttezza dei comportamenti del management a favore non solo del vertice aziendale e degli azionisti, ma di tutti gli stakeholder.8

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La definizione degli obiettivi aziendali si basa su una corretta impostazione delle politiche aziendali che possono riguardare: i prodotti che decide di fabbricare, la dimensione e la distribuzione delle attività di produzione, i mercati di vendita e i metodi per arrivare a tali mercati, la struttura organizzativa, le fonti di finanziamento. Vanno quindi valutate, reperite ed impegnate le risorse necessarie ed assegnata la responsabilità di gestione di queste risorse, tutto ciò attraverso la pianificazione.

La definizione di un controllo efficace ed efficiente porta una serie di vantaggi.

Innanzitutto tale processo contribuisce ad affermare all'interno dell'organismo aziendale una cultura basata sui risultati e sul merito individuale.9

Offre quindi maggiori stimoli al perseguimento degli obiettivi aziendali e al miglior uso delle risorse. Il riconoscimento delle performance dei singoli comporta un rafforzamento della motivazione individuale contribuendo a stimolare i dipendenti ad un maggior impegno.

Il controllo di gestione ha anche una forte valenza comunicativa, permettendo una migliore comunicazione delle priorità aziendali e degli eventuali cambiamenti.

Permette quindi di ottenere un efficace coordinamento verticale ed orizzontale delle attività aziendali.

Inoltre va a comunicare eventuali cambiamenti intervenuti nelle traiettorie strategiche e operative.

Oltre ai vantaggi è necessario evidenziare anche gli svantaggi collegati al controllo di gestione.

E' infatti possibile che si vengano a creare delle distorsioni, soprattutto se il meccanismo non viene gestito in modo adeguato e consapevole.

Il limite maggiore è rappresentato dall'eccessivo orientamento al breve termine che può essere dovuto alla volontà di migliore i risultati a breve termine, quindi gli esiti annuali, andando a trascurare quelli di medio-lungo termine.

9Per approfondimenti sull'importanza e sulle caratteristiche della cultura dei risultati in azienda, si veda Donna,

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Il manager potrebbe quindi mettere in atto delle azioni non adeguate rispetto al conseguimento degli obiettivi di fondo dell'azienda. Nei casi peggiori, il comportamento dei manager potrebbe spingersi fino ad utilizzare dei “trucchetti contabili” che consentano di mostrare risultati maggiormente in linea con quelli assegnati, senza alcun reale impatto sulla creazione di valore.10

Se il controllo dei risultati non viene gestito in modo efficace ed efficiente può far distogliere l'attenzione da aspetti importanti e indurre eccessivi livelli di stress e di competizione interna.

1.6 ATTORI E STRUMENTI DEL CONTROLLO DI GESTIONE

In ogni imprese complessa, accanto ai manager che gestiscono i processi produttivi, e che solitamente vengono definiti “di linea”, vi sono organi “di staff” che svolgono attività di analisi e di supporto. Tra questi ultimi sono da citare gli operatori della funzione amministrativa.

Quando l'impresa non è altamente complessa tutti i compiti della funzione fanno capo al direttore amministrativo. Al crescere della complessità aziendale aumentano anche le posizioni, con compiti differenziati e con professionalità tipiche.

La funzione amministrativa si differenzia in cinque sottofunzioni: amministrazione stricto sensu, controllo di gestione, pianificazione, finanza, auditing interno.

Queste funzioni si differenziano e si uniscono a seconda del tipo di attività principale a cui fa supporto.

Negli ultimi anni le sottofunzioni sono state coinvolte in un processo di cambiamento, ad eccezione delle funzioni finanza e auditing interno che sono rimaste invariate.

10Donna e Riccaboni (2005, p.49) fanno notare che “all'interno di questa categoria rientrano comportamenti

assai diversi , che vanno dallo sfruttamento delle opportunità consentite da inadeguatezze interne dei principi contabili interni (come, ad esempio, il riferimento a metodologie di allocazione dei costi convenienti con i propri obiettivi o la rilevazione dei ricavi da commessa prima dell'effettiva chiusura di essi) alla messa in atto di comportamenti che sfiorano l'illiceità (come nel caso in cui non si rilevi la maturazione di possibili perdite o si registrino ricavi non ancora del tutto certi)”.

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Nell'amministrazione stricto sensu si sono moltiplicate le posizioni in conseguenza della tendenza alla costituzione di gruppi con molteplici unità giuridicamente distinte. Le strutture delle funzioni Controllo di Gestione e Pianificazione si sono invece modificate a causa di un altro evento: l'orientarsi alle aree d'affari delle strutture organizzative delle imprese diversificate, accompagnato dal decentramento, per quanto possibile, del governo della strategia competitiva. Ciò ha portato la diffusione ai livelli decentrati (divisione, responsabile di prodotto) di posizioni di Controllo di Gestione e di Pianificazione.

A queste nuove posizioni definite “controller di divisione”, “di settore” o “di area d'affari” fanno capo mansioni sia di controllo di gestione che di pianificazione.

All'interno dell'ampio sistema di controllo interno operano numerosi attori.

A seconda del modello di amministrazione e controllo adottato ci sarà un diverso organo di governo che si occupa dell'attività di controllo, ovvero il Collegio sindacale, il Consiglio di sorveglianza o il Comitato per il controllo interno sulla gestione.11

Alcune novità normative hanno introdotto altri organi di controllo, come ad esempio l'Organismo di vigilanza ex Decreto Legislativo 231/2001.

Tra gli attori principali del controllo non possiamo non citare i vertici aziendali, anche se il sistema impostato sul Controllo di gestione deve essere diffuso e condiviso a tutti gli altri livelli dell’organizzazione.

Importante è anche il ruolo della funzione di internal auditing, che rappresenta il soggetto deputato a svolgere il “controllo di terzo livello”. A livello intermedio si collocano poi le funzioni di risk management, compliance e di controllo di gestione. I responsabili di tali funzioni rappresentano importanti attori dell'intero sistema del controllo interno.

11Sui diversi modelli di amministrazione e controllo si confronti il recente Decreto Legislativo n.6 del 2003,

Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, noto anche come “Legge Vietti”. Si noti che l'attività di controllo è intesa in questo frangente come controllo “sull'attività esercitata dall'azienda societaria sotto l'aspetto della legalità e della vigilanza del rispetto dei principi di corretta amministrazione e, in particolare, sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento” (Cfr. art.2403 C.C.). Ovviamente, a seconda del modello di amministrazione e

controllo adottato, all'organo di controllo saranno attributi funzioni e compiti peculiari. Si noti, inoltre, che nell'ambito del Consiglio di Amministrazione viene spesso istituito un Comitato per il controllo interno, composto da consiglieri senza deleghe operative, con compiti di tutela delle minoranze non rappresentate in consiglio e degli altri stakeholder.

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A livello più basso si collocano poi i controlli di linea, svolti a livello di singolo processo; in questo caso gli attori del controllo sono i singoli process owners.

Dato che i meccanismi di controllo attivati sono numerosi, è necessario che tra i vari livelli ci siano dei rapporti di continua comunicazione ed intenso coordinamento. Deve quindi instaurarsi un rapporto di scambio reciproco di informazioni e di tempestiva comunicazione.

In conclusione le condizioni essenziali per garantire l'efficace ed efficiente funzionamento del sistema di controllo interno sono il coinvolgimento dei vari livelli aziendali ed il coordinamento tra i vari organi/funzioni/soggetti che operano all'interno dello stesso.

Per quanto riguarda più nello specifico la funzione del controllo di gestione, negli organigrammi delle aziende italiane, questa spetta sempre più frequentemente al Chief Financial Officer (CFO). Il CFO rappresenta uno degli attori chiave dei sistemi di governo e controllo aziendale, ed in merito a questo figura vi sono state molte novità normative negli ultimi anni che illustrano un aumento delle sue responsabilità e un suo maggiore coinvolgimento nelle decisioni strategiche dell'azienda. 12

Non sempre però la responsabilità (diretta o indiretta) della funzione del controllo di gestione è in capo al CFO. Gli organigrammi aziendali possono essere vari e il CFO,

12Per quanto riguarda le novità normative in tema di governo e controllo aziendale che hanno direttamente

interessato il CFO e la sua funzione si pensi alla Legge 262/2005, che introduce la figura del “dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili”, la cui identità e i cui ruoli sono oggetto di un acceso dibattito. Questa figura, nei modelli organizzativi adottati dalle nostre imprese, dovrebbe ragionevolmente ricondursi proprio al Direttore Amministrazione Finanza e Controllo, ovvero alla versione italiana del CFO. La legge in questione prevede che tutti gli atti e le comunicazioni della società, diffusi al mercato e relativi all'informativa contabile, debbano essere accompagnati da una dichiarazione scritta del dirigente preposto, che ne attesti la corrispondenza alle risultanze documentali, ai libri e alle scritture contabili. Tale soggetto, dunque, deve predisporre adeguate procedure amministrative e contabili per la formazione del bilancio di esercizio e, ove necessario, del bilancio consolidato, nonché di ogni altra comunicazione di carattere finanziario e deve attestarne l'adeguatezza con una specifica relazione. La Legge 262/2005 è considerata da molti la risposta italiana al Sarbanes Oxley Act (SOXA) introdotto negli USA nel 2002 sia per i contenuti che per i motivi che ne hanno ispirato la redazione. Il SOXA aveva previsto una responsabilità personale ed oggettiva del CEO e del CFO per il contenuto delle informazioni finanziarie e dei bilanci delle società. In particolare, nella sez. 302 si statuisce che tali soggetti debbano certificare i report finanziari trimestrali e annuali; viene stabilita la loro responsabilità per l'istituzione e il monitoraggio dei controlli che

sovrintendono la redazione del bilancio (Internal Control over Financial Informations) e delle procedure e dei controlli finalizzati al rispetto degli obblighi informativi (Disclosure Control and procedures). Al contempo, si sottolinea (sez. 404) che il Management deve progettare e gestire un sistema di controllo interno per i dati di bilancio secondo un framework di riferimento.

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anche se assimilabile alla più conosciuta figura di Direttore Amministrazione, Finanza e Controllo (Direttore AFC), rappresenta in Italia una nuova figura professionale, non avente mansioni universalmente riconosciute. Molto spesso accade che non esista la figura del CFO o del Direttore AFC e la funzione controllo di gestione è assegnata ad un controller o al Direttore pianificazione e controllo. Questi soggetti possono essere ricondotti al CEO (Chief Executive Officer) oppure al Direttore generale. Quando invece è presente la figura del CFO, questo occupa un grado più alto nella gerarchia rispetto al controller o al direttore pianificazione e controllo. In questo caso il CFO si occuperà direttamente del coordinamento e del monitoraggio dell'attività di pianificazione e controllo.13

(33)

CAP. 2 GLI STRUMENTI DEL CONTROLLO DI GESTIONE

2.1 Il Budget

2.2 Criticità e proposte di miglioramento del Budget

2.3 Sistemi ERP

2.4 Il Reporting

2.5 Il Rendiconto Finanziario

2.6 Tableau de Bord

2.7 Balanced Scorecard

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Le informazioni utili per il controllo di gestione devono essere ottenute prima, durante e dopo. La contabilità direzionale è proprio l'insieme dei dati

quantitativo-monetari che permettono di eseguire in modo efficace il controllo di gestione. Questi dati sono ottenibili da:

– budget : permette di individuare i dati preventivi economici e finanziari riferiti al periodo amministrativo successivo, che può essere diviso in trimestri o mesi

– contabilità generale : permette di evidenziare ricavi e costi che si sono verificati nel periodo amministrativo (conto economico) e la situazione patrimoniale in un dato momento (stato patrimoniale)

– contabilità analitica : permette di ottenere una conoscenza sui costi, ricavi e risultati economici delle singole produzioni.

2.1 IL BUDGET

Nel contesto manageriale il budget è lo strumento generalmente utilizzato per pianificare e controllare la gestione annuale.

Rappresenta la visione prospettica che il soggetto economico ha della propria unità organizzativa, una volta raggiunta una sintesi degli eventi futuri rilevanti e delle azioni che si intendono predisporre per farvi fronte.

Il controllo di gestione basato sul budget è uno strumento utile per governare anche la piccola e media impresa. Si verificano gli scostamenti tra i dati preventivi contenuti nel budget annuale e i dati consuntivi.

Questo controllo se effettuato periodicamente e in modo sistematico permette di valutare la corrispondenza con gli obiettivi programmati, ed eventualmente di attuare delle azioni correttive qualora si presentassero degli scostamenti rilevanti.

Il confronto dei dati deve essere effettuato ogni mese così da accorgersi in tempo dei possibili errori.

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Nel quadro degli obiettivi e delle strategie la direzione deve raggiungere i risultati economici più soddisfacenti, tenendo in considerazione i vincoli posti dalle risorse e dalle condizioni interne ed esterne.

La realizzazione di questi risultati dipende da:

• una corretta valutazione degli input che alimentano i processi di gestione d'impresa e degli output ottenuti da questi ultimi

• un'approfondita analisi delle relazioni che legano tra loro tutte le attività d'impresa

• un'attenta definizione delle responsabilità delle persone che con ruoli differenti sono chiamate a raggiungere gli obiettivi dell'impresa

Quindi si possono ottenere risultati soddisfacenti solo procedendo all'adeguata programmazione dell'impiego delle risorse disponibili, all'efficiente coordinamento delle differenti attività che vanno svolte, alla sistematica analisi dei risultati raggiunti rispetto agli obiettivi dell'impresa e alla decisione delle eventuali azioni di intervento. Queste condizioni sono però riconducibili alle funzioni del budget, vale a dire alla programmazione, al coordinamento, alla valutazione e al controllo.

Affinché il processo di elaborazione del budget sia convincente è necessario che i responsabili prendano in considerazione i loro ruoli nella gestione dell'impresa e analizzino adeguatamente i problemi che potrebbero interessare a quest'ultima in un periodo futuro, analizzando i risultati ottenuti in passato. Ogni responsabile dovrà poi considerare le conseguenze attese dalle decisioni prese in altri settori dell'impresa che ricadono sotto il suo controllo.

Nella funzione della programmazione, il processo di elaborazione del budget comporta la definizione, da parte della direzione d'impresa, delle politiche che dovranno guidare le attività per il raggiungimento degli obiettivi prestabiliti.

La programmazione delle vendite e delle produzioni impone la considerazione della disponibilità delle risorse necessarie. A livello operativo si richiede il controllo dei livelli delle scorte, la programmazione dell'assunzione di personale e del loro addestramento ecc.

(36)

L'altra funzione del budget è il coordinamento, necessaria per realizzare l'acquisizione e l'impiego efficiente delle risorse per il raggiungimento di risultati economici soddisfacenti. La produzione deve quindi essere coordinata con le attività di marketing. Il budget accelera il coordinamento tra le due attività fondamentali dell'impresa, produzione e vendita, incoraggiando il responsabile della funzione marketing a promuovere le vendite di ciò che può essere prodotto e il responsabile della funzione di produzione ad ottenere ciò che può essere venduto.

Il budget definendo gli obiettivi che i responsabili delle varie unità devono raggiungere e permettendo un controllo sistematico di questi con i risultati ottenuti, si conferma come un valido strumento per il controllo. L'elaborazione del budget corrisponde infatti alla fase di definizione del sistema di controllo.

Il controllo budgetario richiede oltre alla corretta elaborazione del budget anche il suo valido impiego. La sua efficacia dipende quindi: dalla fase di definizione; dalla possibilità di usare il budget insieme ad un sistema contabile coerente ed efficiente, che consenta di rilevare correttamente i risultati raggiunti e confrontarli con gli obiettivi; dall'entusiasmo dimostrato dalla direzione per il budget.

Infine il budget può essere visto come strumento di valutazione e motivazione.

I membri di un'organizzazione sono preposti a realizzare attività finalizzate al raggiungimento di obiettivi previsti dal budget. Affinché il loro comportamento sia coerente con questi ultimi è però necessario che le persone sia adeguatamente motivate al raggiungimento dei traguardi presenti nel budget. E' proprio in relazione a questo aspetto che il budget si presenta come strumento di motivazione. Strettamente collegato a questo, l'inserimento di traguardi da raggiungere all'interno del budget richiede il loro periodo confronto con i risultati realizzati. Il budget si presenta così come strumento di valutazione.

(37)

Il controllo budgetario consente di attuare un controllo di tre tipi:

preventivo, perché attraverso il budget si verifica la coerenza degli obiettivi con

il piano strategico

concomitante, perché confrontando i dati del budget con quelli a consuntivo si

verifica l'avvicinamento agli obiettivi finali prefissati

per eccezioni, in quanto per evitare eccessivi oneri ci si concentra su situazioni

che si allontanano dal programma.14

Il budget di esercizio è diviso in:

1. budget economico

2. budget finanziario

3. budget degli investimenti

4. budget patrimoniale

Budget economico

Il budget economico è dato dall'unione di una serie di budget settoriali e dei costi programmati per il successivo esercizio. Ha la forma di un conto economico preventivo ed una struttura che varia in base alle esigenze.

Il punto di avvio del budget economico è la quantificazione degli obiettivi di vendita (budget delle vendite) per arrivare fino alla formulazione del budget del costo del venduto e di conto economico, da cui si ricava il Reddito Operativo.

Costituisce l'esplicitazione delle scelte effettuate a livello di top management e rese analitiche dai centri di responsabilità. Nell'elaborazione di questo budget concorrono anche il budget finanziario e quello degli investimenti.

(38)

E' un documento che traduce in termini quantitativo-monetari gli obiettivi strategici che sono contenuti nel piano e consente di:

a) definire gli obiettivi economici

b) costituire un punto di riferimento con cui confrontare il consuntivo c) fornire dati economici riferiti ad un periodo temporale di 12 mesi

Permette quindi di calcolare preventivamente il risultato economico dell'esercizio successivo. 15

Il budget economico deve seguire una struttura di base che consenta di rappresentare i risultati economici intermedi e una facile lettura e confronto con i dati consuntivi contenuti nei report.

La forma maggiormente adottata per la rappresentazione dei risultati economici è quella scalare, dato che anche il codice civile prevede tale forma per la redazione del conto economico.

I risultati economici intermedi devono assicurare la conoscenza delle gestione nell'area tipica, patrimoniale, finanziaria e straordinaria.

Risulta inoltre necessario che i dati annuali vengano suddivisi in periodi di durata mensile, così da rendere il controllo continuo nel tempo. In questo modo sarà possibile verificare al meglio l'allineamento dei dati consuntivi con quelli programmati ed andare ad effettuare azioni correttive qualora emergano scostamenti.

Una delle definizioni più usate è quella del budget del costo del venduto, che rappresenta “i costi di fabbricazione delle produzioni che si è programmato di vendere.”16 Il calcolo del costo del venduto avviene riclassificando i costi per

destinazione.

15Tale reddito deriva da ipotesi che tengono conto sia degli andamenti passati, sia delle prospettive di redditività

raggiungibili dall'impresa nell'ambiente in cui è inserita

(39)

Gli obiettivi del budget economico sono:

– previsione del risultato economico , considerando indici come il rendimento delle vendite ( margine operativo netto/ricavi di vendita)

– contenimento dei costi , considerando indici come l'incidenza degli oneri finanziari sulle vendite (oneri finanziari/ricavi netti di vendita) ; incidenza degli oneri finanziari sul margine operativo netto (oneri finanziari/margine operativo netto)

– mantenimento del risultato economico , considerando indici come il rendimento del capitale investito ROI (reddito operativo/capitale investito) e il rendimento del capitale proprio ROE (reddito d'esercizio/ capitale proprio)

Il budget economico non può essere redatto completamente se non sono stati predisposti i budget finanziari e quello di tesoreria. L'entità degli oneri finanziari è infatti desumibile solo successivamente l'elaborazione del budget fonti e impieghi e di quello di cassa, in base ai quali è possibile quantificare l'entità dei finanziamenti necessari, la loro tipologia, il periodo di riferimento, le possibili condizioni economiche.

Budget finanziario

Si riferisce alle modalità con cui si finanziano gli investimenti, per questo motivo è strettamente collegato al budget degli investimenti.

Può essere suddiviso in:

budget delle fonti e degli impeghi

considera tutti gli investimenti che l'azienda dovrà effettuare nel periodo preso in esame e tutti i finanziamenti ricevuti dall'azienda

budget di cassa o di tesoreria

si analizzano i movimenti monetari e quindi la disponibilità di liquidità per fronteggiare le uscite. Si fa quindi una previsione delle entrate e delle uscite nei vari periodi dell'anno, solitamente con cadenza mensile.

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