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IL RUOLO DEL CONTROLLER NELLE AZIENDE SANITARIE

3.1 IL PROCESSO DI AZIENDALIZZAZIONE NELLA SANITA'

Il settore sanitario è senza dubbio quello, nell'ambito della Pubblica Amministrazione italiana, che da più tempo è oggetto di maggiori interventi legislativi al fine di promuoverne la modernizzazione. Come in tutti i grandi processi di cambiamento è sempre corretto valutare in che misura essi si sono concretamente realizzati sul campo. Uno dei maggiori rischi infatti, è che ci si trovi, dopo alcuni anni dall'avvio delle riforme, in una situazione di forte scollamento tra quanto previsto e ciò che accade nella realtà.

Di solito tale rischio si traduce nell'incapacità di seguire l'evoluzione di fenomeni nell'ambiente e che quindi propongono soluzioni non più aderenti alle nuove esigenze. Nel caso dei provvedimenti assunti dal 1992 ad oggi in materia di riordino del Sistema Sanitario Nazionale, invece, l'impressione è che si sia generata la situazione opposta. La rilevanza delle innovazioni introdotte e la frequenza con la quale vengono modificate ed integrate, anche in sede di applicazione locale, vengono inserite in un contesto che non sempre è in grado di recepirle o di attuarle nei modi e nei tempi previsti.

Il tema dell'aziendalizzazione è stato introdotto con la legge n.421/1992, articolo 1 lettera (d, dove era prevista la delega al Governo per l'emanazione di uno o più decreti legislativi sulla sanità, con l'osservanza di alcuni principi e criteri direttivi, che sono stati esplicitati nel decreto legislativo n.502 del 30 dicembre 1992 recante "Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992 n.421", successivamente modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993 n.517 dove all'articolo 3 si sancisce che “l' unità sanitaria locale è un'azienda dotata di autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica”, così come all'articolo 4 si stabilisce che “entro 60 giorni dalla data della deliberazione del Consiglio dei Ministri, le regioni costituiscono in azienda con personalità giuridica pubblica e con autonomia organizzativa, amministrativa, contabile, gestionale e tecnica” gli ospedali individuati dal Consiglio dei ministri su proposta del Ministro della sanità.

Nel decreto legislativo 502/92 è sancito all'articolo 5, che "entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo..., le regioni provvedono ad emanare norme per la gestione economico finanziaria e patrimoniale delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, informate ai principi di cui al Codice Civile, così come integrato e modificato dal decreto legislativo 9 aprile 1991, n.127"

La costituzione del servizio sanitario nazionale nel 1978 rispondeva alla necessità, da parte dell'amministrazione centrale, di operare secondo una visione unitaria del settore, eliminando il frazionamento dei diversi organismi attraverso l'accentramento di tutte le strutture e le prestazioni nell'ambito del SSN, garantendo condizioni di fruibilità dei servizi non ostative del diritto alla tutela della salute.

Questa impostazione è evidenziata non solo dalla struttura del sistema ma anche dalle sue modalità di finanziamento che prevedevano il prelievo coattivo delle risorse e la loro distribuzione mediante l'istituzione di un fondo sanitario nazionale determinato con legge di approvazione del bilancio dello Stato e distribuito alle Regioni che poi lo attribuivano alle ASL.

Gli obiettivi che il servizio sanitario si poneva erano quelli dell'educazione sanitaria, della prevenzione delle malattie ed infortuni, l'igiene negli ambienti e luoghi di lavoro ed elementi per il superamento degli squilibri territoriali delle condizioni socio sanitarie del Paese, la formazione e aggiornamento del personale.

La struttura del SSN prevista dalla legge 833/78 era caratterizzata da tre livelli: quello statale con compiti di indirizzo generale, di redazione del Piano Sanitario Nazionale, di controllo dei risultati e di parte delle risorse. La legge 833/78 non riusciva a raggiungere i fini per cui era stata emanata; per questo motivo venne poi successivamente emanata la riforma del 1992 che è stata definita di aziendalizzazione della Sanità intendendo con questo termine l'applicazione di principi, tecniche e strumenti propri delle aziende e in particolare delle aziende private.

La sua istituzione partiva dalla presa di coscienza, da un lato che il Servizio Sanitario Nazionale, così com'era strutturato, non era e non sarebbe stato in grado di raggiungere i propri fini, e dall'altro che la responsabilizzazione diffusa, connaturata al modello che

ripianava i deficit a piè di lista, aveva provocato il sistematico sforamento dei tetti di spesa.

I decreti 502 e 517 ribadiscono la necessità di un servizio sanitario nazionale e di un diritto alla tutela della salute piuttosto che un diritto alla salute, che venga garantito nel rispetto degli standard qualitativi ed accessibile a tutti, ma con un'attenzione all'utilizzo delle risorse.

Fino alla riforma attuata con i decreti legislativi 502/92 e 517/93 cioè nella situazione delineata dalla legge 833/78, l'attività di determinazione realizzata dal Comitato di gestione, organo preposto a tale funzione, si svolgeva spesso tenendo conto soprattutto di obiettivi e azioni di elevata visibilità pubblica, ma con un non sufficiente riscontro nelle effettive esigenze della collettività servita ed una sopravvalutazione delle esigenze di breve termine.

3.2 IL SISTEMA DI PIANIFICAZIONE, PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO NELLE AZIENDE SANITARIE

Elementi caratterizzanti la costituzione delle aziende sanitarie sono rappresentati dalla responsabilizzazione sul perseguimento di specifici risultati, sia di natura sanitaria (prevalentemente definiti attraverso la programmazione regionale) sia di carattere economico (equilibrio economico-finanziario), e l'attribuzione di una serie di autonomie (organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica) per poterli raggiungere. Ciò rende le aziende sanitarie dei soggetti che si devono dotare di strumenti adeguati di governo interni e, in particolare, degli strumenti della programmazione e del controllo di gestione. Attraverso questi ultimi è possibile stabilire quali obiettivi devono essere perseguiti e le azioni particolari che devono essere intraprese a tale scopo.

La programmazione aziendale, intesa come la ricerca di coerenza tra risorse disponibili, livelli di attività e tempo e definizione dell'insieme di azioni idonee per il loro conseguimento, non è un tema facile da affrontare. I soggetti coinvolti sono molteplici

e quindi a sua volta i momenti di programmazione da avviare all'interno dell'azienda. Infatti il diverso impatto che piani e programmi possono avere sulla gestione e sui risultati aziendali porta alla distinzione tra diverse tipologie di attività di programmazione.

Una prima attività riguarda la definizione delle caratteristiche durevoli della struttura dell'azienda (l'orientamento di essa in termini di combinazioni prodotti-mercati e nuove tipologie di servizi in funzione dell'evoluzione dei bisogni, la localizzazione, i presidi, l'assenza delle metodiche sanitarie). Una seconda attività si riferisce invece alla formulazione di obiettivi operativi della decisione che, dato come vincolo l'attività di programmazione precedentemente descritta, definiscono le azioni da compiere nel breve periodo.

La prima è comunemente denominata “pianificazione di lungo periodo” e comporta la definizione di obiettivi di carattere strategico. La seconda, comunemente denominata come attività di “programmazione direzionale”, focalizza l'attenzione del dirigente sulle azioni da compiere nel breve periodo per orientare l'azienda verso il perseguimento degli obiettivi strategici, e comporta scelte in merito all'efficacia gestionale e all'efficiente utilizzo delle risorse.

I due livelli di programmazione individuati si sovrappongono in quanto sono finalizzati in modo strettamente interconnesso ed inscindibile a fissare gli obiettivi da raggiungere e le azioni da compiere nel futuro affinché l'azienda proceda verso di essi. Il sistema di budget è lo strumento attraverso il quale viene formalizzata l'attività di programmazione gestionale e mediante il quale l'azienda trasforma in termini monetari i propri piani e programmi, da perseguire nel breve periodo, rappresentando elementi di base per la predisposizione del bilancio preventivo. In realtà esso ha scopi ben più ampi rispetto alla mera trasformazione in termini monetari di piani e programmi. Il budget infatti è il sistema operativo principe della programmazione e controllo di gestione, può essere definito come l'insieme delle regole aziendali attraverso le quali vengono articolati gli obiettivi di breve periodo con riferimento alla struttura organizzativa e nel rispetto delle responsabilità ed autonomie interne al fine del loro concreto perseguimento.

Lo sviluppo del sistema di budget, inteso come strumento finalizzato all'articolazione interna degli obiettivi, non può che avvenire in armonia con i livelli di programmazione superiori. Un sistema di budget svincolato dalla programmazione aziendale è fattore di disgregazione aziendale piuttosto che di unificazione. Con il sistema di budget diventa prioritario trovare il raccordo operativo tra programmazione aziendale e di singola articolazione interna. Ciò rende il budget strumento centrale dell'attività decisionale che si sviluppa all'interno dell'azienda, di governo dei comportamenti e dei risultati. E' l'efficacia gestionale dell'azienda che misura il successo del processo di budget, soprattutto nelle aziende sanitarie per le quali si parla di management diffuso, in considerazione del notevole grado di autonomia e responsabilità dei medici e degli altri professionisti. Ogni elemento che costituisce il budget deve essere attentamente studiato al fine di raggiungere gli obiettivi. Un sistema di budget che porta alla definizione di obiettivi che non vengono raggiunti è strumento sterile che viene rapidamente abbandonato dall'azienda per lasciare posto ad altri modelli decisionali. Il budget non può quindi essere limitato, nel suo significato e nel suo ruolo che deve svolgere in ambito aziendale, ad uno strumento di natura burocratica e da attivare solo in quanto previsto dalle leggi e regolamenti.

Il sistema di budget, quale strumento della programmazione e controllo di gestione, è finalizzato a promuovere comportamenti e decisioni orientati a migliorare il grado di efficacia ed efficienza della gestione aziendale e dei singoli settori e centri di responsabilità nei quali essa si articola. In altri termini l'efficacia del sistema di budget nell'azienda viene misurata dalla capacità della stessa, o delle sue componenti, di raggiungere gli obiettivi, così come il controllo di gestione non esaurisce la sua funzione con la produzione di dati ma deve generare comportamenti ad essi attinenti. La complessità dell'organismo azienda sanitaria, la carenza ai vari livelli di una preesistente cultura economica e manageriale, e la difficoltà ad avere un quadro informativo adeguato dei risultati prodotti, implicano che, prima di riuscire a generare i comportamenti attesi, gli strumenti di programmazione e controllo di gestione e il sistema di budget necessitano di un periodo sperimentale che in termini molto realistici richiede dai 3 ai 5 anni.

Con la riforma del 1992 vengono create le condizioni ribadite dal decreto 229/99, affinché possa essere impostato un reale processo di formazione e realizzazione delle strategie anche se al di là di questo si tratta di favorire la volontà di usare effettivamente la pianificazione strategica per migliorare la gestione.

Attualmente dal punto di vista istituzionale si deve tenere conto del disegno effettuato dal decreto che identifica tre livelli di pianificazione:

1. quello statale, che si esplicita con il Piano Sanitario Nazionale che indica le aree prioritarie d'intervento, i livelli essenziali di assistenza sanitaria (LEA) da assicurare per il triennio, la quota capitale di finanziamento disgregata per livelli di assistenza, gli indizi volti al miglioramento continuo della qualità dell'assistenza, i progetti obiettivo da realizzare, le finalità e settori principali della ricerca biomedica e sanitaria ecc;

2. quello regionale, chi si esplicita mediante il Piano sanitario regionale, identificato come il piano strategico degli interventi per gli obiettivi di salute, il funzionamento dei servizi per soddisfare le esigenze specifiche della popolazione regionale anche in riferimento del Piano Sanitario Nazionale; 3. quello locale, che si esplicita con il piano metropolitano o piano di azienda

ospedaliera.

La regione disciplina anche: l'articolazione del territorio in unità sanitarie locali, i principi e criteri per l'adozione dell'atto aziendale, la definizione dei criteri per la stipulazione delle ASL in distretti, il finanziamento delle unità sanitarie locali sulla base di una quota capitaria, le modalità di vigilanza e controllo delle unità sanitarie locali e di valutazione delle stesse, l'organizzazione e il funzionamento delle attività relative all'accreditamento, la possibilità per le unità sanitarie locali di indebitarsi. La spesa sanitaria è oggetto di pianificazione, programmazione e controllo ai diversi livelli di potere in cui vengono prese decisioni di natura medica e di natura economica che riguardano la sanità.

In questa catena del valore si possono individuare i seguenti sei livelli di programmazione e controllo:

1) Ministero della Salute

Il Ministero della Salute è il punto di partenza della programmazione della spesa sanitaria; infatti propone e successivamente concorda, con il Ministero dell'Economia e l'approvazione del Consiglio dei ministri, l'incidenza percentuale sul Pil del fabbisogno sanitario nazionale da sottoporre alla conferenza Stato-Regioni.

Dopo l'accordo nella conferenza, il Ministero della Salute provvede al monitoraggio della spesa sanitaria nazionale controllando la spesa sanitaria delle singole regioni al fine di verificarne la coerenza con il finanziamento derivante dalla fiscalità regionale e dai meccanismi di compensazione nazionale.

2) Regioni

Il livello di programmazione e controllo delle singole regioni in Italia si differenzia, a volte anche in misura notevole, a causa della autonomia regionale in materia di sanità. Esistono quindi differenze notevoli sia nella programmazione della spesa(ticket, esenzioni, abbattimenti ecc), sia nelle modalità di controllo della spesa (differenze nelle linee guida regionali, criteri di valutazione dei bilanci delle aziende sanitarie pubbliche, sul controllo di gestione, sui livelli essenziali di assistenza ecc).

3) Asl

Le Asl oltre a controllare attività territoriali da loro svolte, si propongono di monitorare le prestazioni acquistate dalle aziende ospedaliere pubbliche e dalle strutture private, quindi:

• oggetto di programmazione e controllo è la quota capitaria, ricevuta dalla Regione sulla base della popolazione pesata appartenente all'Asl;

• il controllore è la direzione generale dell'Asl;

controllo della bellezza dei ricoveri e delle prestazioni, e i centri di responsabilità in cui confluiscono i costi sostenuti direttamente dall'Asl.

4) Aziende ospedaliere

Le aziende ospedaliere controllano le attività svolte dai centri di responsabilità e dai centri di costo presenti nell'ambito dell'ospedale, quindi:

• oggetto della programmazione, pianificazione e controllo sono i costi sostenuti per le prestazioni di ricovero e ambulatoriali;

• il controllore è la direzione generale dell'Azienda ospedaliera;

• il controllato sono i centri di responsabilità(presidi, dipartimenti, reparti, servizi e strutture) dell'Azienda Ospedaliera.

5) Costi per attività e prestazioni

Nell'ambito sia delle attività territoriali delle Asl, sia delle aziende ospedaliere, un'ulteriore livello di controllo presentato dalla determinazione del costo per singola persona e per singola prestazione ospedaliera e ambulatoriale.

In particolare in azienda ospedaliera pervenire al costo per singola prestazione è utile per verificare la congruità delle tariffe regionali(DRG)conosciute per prestazione.

6) Costi per paziente/cartella clinica

Il livello di massimo controllo della spesa sanitaria si può raggiungere solo quando si riescono a rilevare i costi sostenuti per singolo paziente/cartella clinica.

Ad ogni livello della catena del valore sanitario, le finalità e le metodologie di pianificazione, programmazione e controllo di gestione subiscono delle forti modificazioni nonostante rimanga la fondamentale finalità di ridurre i costi derivanti da sprechi, inefficienze del sistema sanitario.

Il primo approccio, sia concettuale sia operativo, ai processi di pianificazione e controllo è rappresentato dalla pianificazione.

un sistema virtuale, caratterizzato da ipotesi contemplate e non riscontrate nel successivo sviluppo operativo.

Come già ampiamente detto in precedenza, la Legge 833/78, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, enfatizzava il ruolo centrale rivestito dall’operatore pubblico, che sostanzialmente era l’unico “gestore” della salute pubblica.

La funzione di programmazione veniva esercitata attraverso la definizione e l’approvazione del Piano Sanitario Nazionale che, stabilendo le linee generali di sviluppo, rappresentava lo strumento principale per assicurare il coordinamento di tutto il sistema.

Il Parlamento aveva il compito di esaminare ed approvare il P.S.N., le relative norme di applicazione, nonché, le norme di finanziamento pluriennale.

Le Regioni predisponevano ed approvavano i propri “Piani sanitari regionali”, attraverso i quali, le singole Regioni venivano chiamate a distribuire ed erogare alle U.S.L. i finanziamenti messi a loro disposizione dalla programmazione nazionale. Il finanziamento dell’attività sanitaria veniva realizzato attraverso l’istituzione di un apposito capitolo nel Bilancio dello Stato, il Fondo Sanitario Nazionale (FSN), nel quale confluivano tutte le risorse finanziarie destinate a sostenere il servizio sanitario.

3.3 IL SISTEMA DI FINANZIAMENTO

La spesa complessiva comprende due grandi componenti, quella pubblica e quella privata. Ciascuna di queste due componenti può essere ulteriormente scomposta in una parte corrente e una parte in conto capitale. Le fonti dei dati relativi a queste quattro componenti sono differenti:

a) la spesa sanitaria pubblica corrente viene ottenuta attraverso il consolidamento dei conti delle Aziende Sanitarie Locali e delle Aziende Ospedaliere, prima a livello regionale e poi a livello nazionale. Il dato così ottenuto viene rielaborato dall'ISTAT secondo i criteri della contabilità nazionale e affluisce nel Conto Economico Consolidato delle Aziende Sanitarie Locali e Aziende Ospedaliere;

b) la spesa sanitaria pubblica per investimenti (in conto capitale) viene stimata dall'ISTAT partendo dal Conto consolidato di cassa della sanità, che viene elaborato dal Ministero dell'Economia per valutare il fabbisogno di cassa del settore pubblico; c) la spesa sanitaria corrente privata viene stimata dall'ISTAT attraverso un'indagine sui consumi familiari, che si basa su un questionario distribuito ad un campione rappresentativo di famiglie italiane;

d) la spesa sanitaria privata per investimenti (in conto capitale) viene stimata dall'ISTAT partendo dal Conto Economico delle Risorse e degli Impieghi.

Il FSN trovava collocazione fra le spese del Bilancio dello Stato mediante i due distinti capitoli di spesa di cui sopra:

il Fondo sanitario nazionale di parte corrente, inserito nel Titolo delle spese correnti dello stato di previsione della spesa del Ministero del Tesoro;

il Fondo sanitario nazionale per gli investimenti (o in conto capitale), inserito nel Titolo secondo dello stato di previsione della spesa del Ministero del bilancio e della programmazione economica.

Il meccanismo di finanziamento, con il Dlg. 83/1978, si presentava come un sistema verticale, nel quale prima si definiva l’ammontare globale delle risorse assegnate al soddisfacimento dei bisogni sanitari, successivamente, si provvedeva alla loro ripartizione tra le unità preposte all’erogazione.

Le fonti destinate ad alimentare il FSN, ai sensi dell’art.69 della legge 833/78, erano costituite da:

• le contribuzioni obbligatorie riscosse tramite l’INPS;

• le contribuzioni dei lavoratori statali (o meglio per conto di essi dai datori di lavoro);

• le entrate dirette delle USL e versamenti alle stesse da parte di Regioni ed enti locali (che, di fatto, integravano solo indirettamente il FSN, poiché erano quote di diretta pertinenza delle unità);

Dal 1987 al 1991, il riparto del FSN è avvenuto per settori di attività e funzioni di spesa, e per Regioni. Il modello di riparto prevedeva l'impiego di parametri capitari di finanziamento, corretti per le singole funzioni di spesa allo scopo di tener conto dei differenziali di domanda e di bisogno presenti nelle diverse realtà regionali, nonché di fattori operanti sul versante dell'organizzazione dell'offerta di prestazioni. Il criterio distributivo seguiva la logica del riequilibrio tra le Regioni e prevedeva compensazioni per la mobilità sanitaria interregionale. Il sistema quindi funzionava sulla base del criterio della spesa storica.

Con particolare riguardo alle fonti di finanziamento si deve sottolineare come tra gli intenti della riforma vi fosse quello di passare dal meccanismo dei “contributi sanitari” ad un sistema di fiscalizzazione generalizzata, mediante il quale ad un prelievo cui erano sottoposte solo alcune categorie limitate di contribuenti, si sostituisse un modello impositivo correlato all’effettiva capacità contributiva di ogni cittadino.38

In realtà quest’indirizzo non trovò concreta applicazione a causa delle necessità di bilancio, che costrinsero non solo ad estendere i contributi sanitari anche ad altre categorie, ma a trasformare il ruolo stesso dei ticket: che da semplici strumenti per il controllo della domanda, assunsero il ruolo di dispositivi di compartecipazione da parte dei pazienti al finanziamento del SSN.

Una volta determinato l’ammontare del FSN, le somme in esso stanziate venivano ripartite con delibera del Comitato Interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su proposta del Ministero della Sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale, sulla base degli obiettivi e delle indicazioni desunte dal Piano sanitario nazionale e da quelli regionali, attraverso l’individuazione di indici e di standard opportunamente

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