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Polimorfismo rs7896005 di SIRT1 e incidenza di eventi vascolari maggiori nel diabete mellito di tipo 2: 12 anni di follow-up

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Scuola di Medicina

Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

Tesi di Laurea Magistrale

Polimorfismo rs7896005 di SIRT1 e incidenza di eventi

cardiovascolari maggiori nel diabete mellito di tipo 2:

12 anni di follow-up

Relatore:

Prof. Stefano Del Prato

Correlatori:

Prof. Giuseppe Penno

Candidato:

Lorenzo Fini

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I

Sommario

INTRODUZIONE ... 1

DEFINIZIONE ED EPIDEMIOLOGIA DEL DIABETE MELLITO DI TIPO 2 ... 1

PRINCIPALI COMPLICANZE DEL DIABETE MELLITO ... 2

Complicanze cardiovascolari ... 2

Nefropatia diabetica... 3

Retinopatia diabetica ... 3

Neuropatia diabetica ... 5

Ruolo delle complicanze tardive nella prognosi del paziente diabetico ... 6

SIRTUINE (SIRTs) ... 8 SIRT1 ...10 SIRT2 ...10 SIRT3 ...11 SIRT4 ...11 SIRT5 ...11 SIRT6 ...12 SIRT7 ...12

Le sirtuine nel contesto della famiglia delle Istone deacetilasi (HDACs) ...13

Struttura delle sirtuine ...15

Riassunto delle funzioni delle sirtuine ...19

SIRT1 ...20

Relazione tra SIRT1 e diabete mellito di tipo 2 ...20

SIRT1 e β-cellula ...21

SIRT1, insulino-resistenza e fegato ...22

SIRT1 e tessuto muscolare ...25

SIRT1 e tessuto adiposo...26

SIRT1 e complicanze del diabete mellito ...27

SIRT 1 e neuropatia ...27

SIRT1 e retinopatia ...27

SIRT1 e nefropatia ...29

SIRT1 e malattia cardiovascolare ...33

Polimorfismi a singolo nucleotide (SNPs) ...38

I polimorfismi di SIRT1...39

SCOPO DELLO STUDIO ...41

PAZIENTI E METODI...42

Genotipizzazione del polimorfismo rs7896005 di SIRT1 ...46

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II

ASPETTI ETICI E DI REGOLAMENTAZIONE ...52

ANALISI STATISTICA ...53

RISULTATI...54

Distribuzione dei genotipi del polimorfismo rs7896005 di SIRT1 ...57

Breve riassunto dei principali risultati ottenuti nello studio cross-sectional ...65

SNP rs7896005 di SIRT1 e incidenza di eventi cardiovascolari maggiori ...66

SNP rs7896005 di SIRT1 e incidenza di eventi coronarici ...69

SNP rs7896005 di SIRT1 e incidenza di infarto acuto del miocardio ...71

SNP rs7896005 di SIRT1 e incidenza di eventi vascolari periferici...73

SNP rs7896005 di SIRT1 e incidenza di ospedalizzazione per scompenso cardiaco ...75

DISCUSSIONE ...81

Gene di SIRT1 e rischio di diabete tipo 2 ...84

Gene di SIRT1 e aspettativa di vita ...86

Gene di SIRT1 e malattia cardiovascolare ...90

Gene di SIRT1 e complicanze microvascolari ...96

PUNTI DI FORZA E PUNTI DI DEBOLEZZA DELLO STUDIO ...99

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1 INTRODUZIONE

DEFINIZIONE ED EPIDEMIOLOGIA DEL DIABETE MELLITO DI TIPO 2

Il diabete mellito, malattia ampiamente diffusa nel mondo, si definisce come una complessa alterazione metabolica caratterizzata da iperglicemia cronica e modificazioni del metabolismo di lipidi, proteine e acidi nucleici, conseguente a una carenza parziale o totale di insulina. Nel contesto del diabete mellito, la forma più diffusa è rappresentata dal diabete mellito di tipo 2, la forma più tipica dell’adulto, secondaria ad una combinazione di insulino-resistenza e ridotta biodisponibilità di insulina a patogenesi multifattoriale in cui compaiono tra i principali fattori di rischio l’obesità viscerale, il fumo, l’età, la sedentarietà, l’ipertensione, l’infiammazione sistemica.

Il dato più preoccupante è quello epidemiologico. Secondo uno studio di Ogurstova e coll.1, nel 2015, nel mondo, presentavano diabete circa 415 milioni di abitanti tra i 20 e i 79 anni di età e di questi i almeno tre quarti risiedevano in paesi a basso e medio indice di sviluppo; il tutto comporta una spesa sanitaria globale annuale di circa 673 miliardi di dollari e 5 milioni di morti per anno. Si stima che nel 2040, 642 milioni di persone avranno il diabete. Secondo dati ISTAT2 in Italia soffrono di diabete 3,2 milioni di abitanti corrispondente al 5,3% della popolazione contro il 2,9% del 1980. Anche in Italia si osserva il trend di crescita dei casi di diabete, con più di 20000 decessi ogni anno (figura 1).

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2 In base allo studio multiregionale italiano ARNO3 realizzato su 10 milioni di abitanti, il 6,34% della popolazione è risultato affetto da diabete, quindi un punto percentuale in più rispetto a quanto stimato dall’ISTAT.2 I pazienti diabetici presentano un numero medio di farmaci prescritti doppio rispetto alla popolazione non diabetica (74 prescrizioni ogni anno contro 36); le prestazioni prescritte in presenza di diabete sono decisamente più alte (+56%) rispetto a quanto prescritto in assenza di diabete (41 prescrizioni ogni anno contro 26). Circa un soggetto con diabete su 6 viene ricoverato in ambiente ospedaliero almeno una volta l’anno. L’82% di questi accede all’ospedale per almeno un ricovero ordinario e il 25% per almeno un ricovero in regime di Day Hospital. Il tasso di ricovero ordinario è più che doppio nelle persone con diabete (282 contro 122 per 1000 persone) e il numero medio di ricoveri è del 30% più alto. La degenza media è superiore di circa un giorno in presenza di diabete. Nel complesso questi dati mettono in evidenza il peso che il diabete comporta per le persone affette, le loro famiglie e il Servizio Sanitario Regionale e Nazionale. Sfruttando il sistema dei DRG si calcola che ogni diabetico costa in media ogni anno al sistema sanitario 2900€ contro i 1300€ dei non diabetici. Di questi il 90% è legato alle spese per le complicanze e le comorbidità, mentre il restante 10% è più strettamente dedicato alla gestione del problema metabolico. Tra l’altro, i 2900€ di spesa annua sono probabilmente sottostimati considerando che ogni giornata di degenza costa 750€ e che i pazienti con diabete rimangono in degenza in media 11,2 giorni, con un costo medio per degenza di circa 8400€.

PRINCIPALI COMPLICANZE DEL DIABETE MELLITO Complicanze cardiovascolari

Vengono anche definite complicanze macroangiopatiche del diabete. Rappresentano la principale causa di mortalità e morbilità del paziente diabetico4. Nelle ultime due decadi nonostante l’intensificazione del controllo glicemico non si è assistito allo stesso trend di riduzione della loro incidenza così come è accaduto per le complicanze microangiopatiche come la neuropatia, la retinopatia e la nefropatia diabetica.5 Il ruolo del diabete nella patogenesi della malattia cardiovascolare è tale che addirittura i pazienti affetti da IGT (impaired glucose tolerance) sono a rischio vascolare più alto rispetto alla popolazione normale come dimostra, per esempio, lo studio di Huang e coll.6. In questa metanalisi degli studi di coorte prospettici, anche livelli di glicemia a digiuno compresi tra 5,6 e 6,9 mmol/L e valori di emoglobina glicata tra il 6.0% e il 6,5% erano associati ad un aumentato rischio

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3 cardiovascolare. In più il diabete mellito “ospita” fattori di rischio cardiovascolare maggiori come l’ipertensione, la dislipidemia e la malattia renale cronica. Inoltre, soprattutto il diabete mellito di tipo 2 è spesso accompagnato da altri fattori di rischio quali il fumo di sigaretta e l’obesità. L’intervento (American Diabetes Association, ADA)7 dovrebbe essere rivolto il più precocemente possibile al controllo di tutti i fattori di rischio cardiovascolare. D’altra parte, in tempi più recenti sono emersi prepotentemente gli effetti nel lungo termine di farmaci antidiabetici di nuova generazione come gli inibitori dei co-trasportatori sodio-glucosio (SGLT2-I) e gli analoghi di GLP-1 (glucagon-like peptide 1) sul rischio cardiovascolare.8,9 Questi farmaci sono efficaci nel trattamento del paziente diabetico con alto rischio cardiovascolare o con precedenti eventi cardiovascolari anche attraverso meccanismi indipendenti dal controllo della glicemia.

Nefropatia diabetica

Rappresenta la principale causa di insufficienza renale cronica. E’ causa di quasi la metà di tutti i casi di ESRD (end-stage renal disease) negli Stati Uniti10, in cui è stata osservata una stabilizzazione dell’incidenza tra i caucasici e un aumento in alcune etnie come quelle dei nativi americani, degli afroamericani e degli ispanici. Tale complicanza è frequente in entrambe le forme di diabete e rappresenta una delle cause maggiori di morbilità oltre che un indice di vulnerabilità cardiovascolare. Numerosi studi dimostrano che il 20-40% dei diabetici (tipo 2) è affetto da nefropatia che, a sua volta, è presente in oltre il 40% dei pazienti sottoposti a terapia renale sostitutiva.11 Uno dei marker più precoci di nefropatia è l’escrezione di albumina che può essere stratificata in microalbuminuria (UACR da 30 a 300 mg/g) e macroalbuminuria (UACR >300 mg/g). In presenza di microalbuminuria è già evidente un aumento del rischio cardiovascolare, un effetto che si esplica anche indipendentemente dalla presenza del diabete12. La macroalbuminuria, oltre che rappresentare un fattore di rischio cardiovascolare assieme al declino di eGFR (estimated glomerular filtration rate), esercita un ruolo altrettanto importante rispetto al calo stesso del GFR nel predire l’evoluzione a ESRD.13 Tutti gli studi concordano nel rilevare il ruolo importante svolto dal controllo glicemico nello stabilizzare la progressione della nefropatia, così come sul valore del trattamento degli altri fattori di rischio come l’ipertensione, l’esposizione al fumo, la dislipidemia.14,15

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4 La retinopatia diabetica è la principale complicanza oculare del diabete mellito ed è la causa più frequente di cecità legale in età lavorativa nei paesi industrializzati. La retinopatia è forse più una complicanza neuro-vascolare che una microangiopatia dato che contestualmente al danno vascolare o anche prima di esso è presente la degenerazione della componente nervosa.16 Col termine retinopatia diabetica si intende una vasta gamma di affezioni che riguardano la retina come la retinopatia background, l’edema maculare e la retinopatia proliferante. La forma proliferante, la più rara, in media si sviluppa dopo 20 e più anni dall’esordio del diabete; tra soggetti questi circa la metà rischia di avere una compromissione severa della funzione visiva fino alla cecità. I principali fattori di rischio noti sono l’ipertensione e lo scarso controllo glicemico.17 In base a uno studio di prevalenza condotto in Regione Veneto è risultato affetto da retinopatia diabetica il 26,2% dei soggetti di cui il 24,4% con retinopatia background e 1,8% con retinopatia proliferante; tale prevalenza era influenzata notevolmente dalla durata della malattia: 17,3% nei primi 5 anni di malattia e 60,8% dopo 20 anni. Uno studio analogo, realizzato a Torino, la retinopatia diabetica risultava la seconda causa di cecità bilaterale (13,1%) in pazienti certificati come non vedenti tra il 1967 e il 1991. Secondo una casistica proveniente da medici di medicina generale e specialisti di diabetologia il 13% dei diabetici soffriva di retinopatia proliferante e di questi il 2% era cieco.17 Nella terapia della retinopatia diabetica è consolidato l’uso della laserterapia; questa però porta alla perdita irreversibile del settore della retina trattato, non si associa quindi a regressione della malattia e non è efficace sull’edema maculare. Per quest’ultimo, ha dimostrato efficacia il trattamento con antagonisti di VEGF, anche se la percentuale di successo non è completa. Si tratta perciò di una patologia multifattoriale che, nonostante l’impegno nello screening mirato, la diagnosi precoce e il trattamento della condizione, rimane la principale causa di cecità in età lavorativa.16 Nell’UKPDS (United Kingdom Prospective Diabetes Study)18, l’insorgenza e la progressione della retinopatia diabetica è stata studiata in un campione di 1919 soggetti con diabete tipo 2 divisi in 2 gruppi, uno senza retinopatia all’inizio del follow-up (1216 individui) ed un altro in cui era già stata posta la diagnosi di retinopatia. In un follow-up di 6 anni, l’insorgenza della retinopatia era associata ad elevati valori di glicemia al basale, all’esposizione glicemica nei 6 anni di follow-up, all’ipertensione arteriosa, ma non al fumo di sigaretta. Tra i fattori di rischio di progressione in pazienti già retinopatici emergevano l’età avanzata, il sesso maschile, livelli elevati di HbA1c, ma non il fumo. Classicamente si è sempre ritenuto che il controllo sulla

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5 dislipidemia non fosse efficace nella prevenzione e nella stabilizzazione della retinopatia. Il ruolo del controllo dei lipidi è stato più recentemente rivalutato in due ampi studi, il FIELD (Fenofibrate Intevention and Event Lowering in Diabetes)19 e l’ACCORD (Action to Control Cardiovascular Risk in Diabetes)19. Nel primo studio, il trattamento con fenofibrato è risultato efficace nel ridurre la necessità di trattamento con laserterapia, osservazione che è stata confermata nel secondo studio quando il fenofibrato era associato alle statine. Nello studio ACCORD, tuttavia, l’effetto sulla retinopatia non era però presente nel gruppo trattato solo con le statine. Ancora da definire è il meccanismo con cui il fenofibrato potrebbe esercitare un effetto protettivo verso la retinopatia.19

Neuropatia diabetica

Rappresenta una delle complicanze croniche più temute del diabete mellito e racchiude una vasta gamma di espressioni che rendono la sua presentazione estremamente eterogenea. La neuropatia può riguardare le fibre nervose del sistema nervoso della vita di relazione, portando a manifestazioni di dolore neuropatico, ma anche a complicanze come le ulcere della regione del piede con coinvolgimento nel rischio di amputazione periferiche. Può coinvolgere anche il sistema nervoso della vita vegetativa con interessamento dell’apparato gastrointestinale (gastroparesi diabetica), degli organi riproduttivi (disfunzione erettile) e del cuore.20 La neuropatia diabetica può essere silente e, d’altra parte, la comparsa di sintomi attribuibili a neuropatia in un paziente affetto da diabete non è necessariamente imputabile alla neuropatia diabetica. La conferma della presenza della neuropatia passa attraverso la elettrofisiologia quantitativa e test funzionali sensoriali e autonomici il tutto in assenza di possibili cause alternative che possano spiegare la presenza del quadro clinico.20 La neuropatia diabetica si divide in polineuropatia simmetrica generalizzata e neuropatie focali e multifocali. Nella polineuropatia simmetrica generalizzata si riconoscono come entità nosologiche la neuropatia acuta dolorosa, la polineuropatia cronica sensitivo-motoria e la neuropatia autonomica. Tra le neuropatie focali e multifocali sono comprese le neuropatie dei nervi cranici, la neuropatia tronculare, focale dell’arto, motoria prossimale (o amiotrofica) e la CIDP (polineuropatia infiammatoria cronica demielinizzante).20 La polineuropatia diabetica nella sua espressione tipica si presenta come affezione sensitivo-motoria cronica, simmetrica e lunghezza dipendente. Alla sua base è soprattutto l’esposizione cronica all’iperglicemia, tanto che il controllo glicemico è in grado di stabilizzare

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6 o addirittura migliorare la neuropatia attraverso la correzione di alterazioni metaboliche come l’accumulo dei polioli e dei prodotti terminali di glicazione (AGEs), ma anche lo stress ossidativo e la dislipidemia.21 Il problema principale della neuropatia diabetica è che spesso non viene riconosciuta e viene anche trattata in maniera inadeguata. Secondo uno studio di coorte (San Luois Valley cohort)22 risultava affetto da neuropatia circa il 25,8% dei diabetici, verso il 3,8% dei controlli. Interessante è anche l’osservazione che perfino nei pazienti con IGT vi era un notevole aumento del rischio di neuropatia periferica (11,2%). L’osservazione è stata confermata in un altri studi. Così, nel MONICA/KORA22, le prevalenze di neuropatia erano 13,3% nei soggetti con diabete, 8,7% in quelli con IGT, 4,2% nei pazienti con iperglicemia a digiuno e 1,2% nei controlli sani. Nello studio EURODIAB23 sono stati identificati come fattori di rischio di neuropatia nel diabete tipo 1 l’età avanzata, la durata del diabete, lo scarso controllo glicemico, la dislipidemia (aumento di LDL e trigliceridi), l’ipertensione arteriosa, l’obesità e il fumo. La conferma del ruolo preponderante del controllo glicemico viene dal follow up24 consecutivo del DCCT (Diabetic Control and Complication Treatment; primi 6.5 anni) e dell’EDIC (Epidemiology of Diabetes Interventions and Complication Studies) per i successivi 6,5 anni. Questo esteso follow-up ha dimostrato che, nel diabete tipo 1, il controllo glicemico intensivo riduce il rischio di neuropatia del 64% rispetto al trattamento convenzionale nel DCCT e del 30% nel DCCT/EDIC. Interessante è anche il confronto sulla prevalenza della neuropatia nelle due forme di diabete. Nel SEARCH sono stati inclusi soggetti con DMT1 e almeno 5 anni di malattia ed età inferiore ai 20 anni a confronto con pazienti con DMT2 di pari età anch’essi con almeno 5 anni di malattia. Usando il Michigan Neuropathy Screening Instrument, i tassi di prevalenza sono stati 7% per il DMT1 e 22% per DMT2, suggerendo che la neuropatia può interessare anche soggetti in giovane età. 25,26

Ruolo delle complicanze tardive nella prognosi del paziente diabetico

Ben nota è la relazione tra complicanze micro- e macroangiopatiche nei pazienti con diabete mellito. Per esempio, nell’ADVANCE (Action in Diabetes and Vascular Disease: Preterax and Diamicron MR Controlled Evaluation)27 sono stati reclutati 11140 pazienti con diabete tipo 2 suddivisi in 4 gruppi: soggetti senza micro- o macro-angiopatia, soggetti con sola micro-angiopatia, soggetti con sola angiopatia e soggetti con micro- e macro-angiopatia. Venivano definiti soggetti con microangiopatia coloro che presentavano

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7 macroalbuminuria (calcolata come A/C ratio), erano stati sottoposti a terapia fotocoagulativa della retina, presentavano diagnosi di retinopatia proliferativa, edema maculare o cecità causata dal diabete. Per contro rientravano tra i soggetti con macroangiopatia quelli con pregresso infarto miocardico, by-pass coronarico, riperfusione coronarica transcutanea, opedalizzazione per angina instabile o TIA, amputazione di arto o parte di esso o rivascolarizzazione periferica. L’obiettivo di questo studio era valutare l’outcome di questi quattro gruppi in relazione a mortalità totale, eventi cardiovascolari maggiori (MACE: infarto miocardico non fatale, ictus non fatale o morte cardiovascolare) e eventi microvascolari solidi (ESRD, morte da malattia renale, terapia fotocoagulativa e cecità bilaterale causata da diabete). Nel gruppo con malattia microvascolare è stato osservato un HR=1,43 (95% CI 1,20-1,71) per la mortalità totale, HR=1,64 (95% CI 1,37-1,97) per gli eventi cardiovascolari maggiori e HR=4,74 (95% CI 3,86-5,82) per gli eventi microvascolari. Nel gruppo con patologia macrovascolare, il rischio di mortalità totale aveva HR=1,43 (95% CI 1,30-1,57), il rischio di MACE un HR=2,04 (95% CI 1,86-2,25) e il rischio di eventi microvascolari un HR=1,26 (95% CI 1,06-1,51). Nel gruppo con complicanze micro e macrovascolari associate, gli HRs sono stati 2,01 (95% CI 1,65-2,45), 2,92( 95% CI 2,4-3,55) e 6,3 (95% CI 4,93-8,06) rispettivamente per mortalità totale, MACE ed eventi microvascolari. Si può, dunque, affermare che la presenza di complicanze croniche del diabete mellito sia micro che macrovascolari impatta in maniera indipendente sul rischio di mortalità per tutte le cause e di morbilità cardiovascolare. L’intervento dovrà essere rivolto non solo ai classici fattori di rischio cardiovascolare (ipertensione, dislipidemia, fumo) ma anche alla prevenzione delle complicanze microvascolari del diabete.

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8 SIRTUINE (SIRTs)

Le sirtuine, una classe emergente di molecole, hanno suscitato recente interesse per via del loro legame con la malattia cardiovascolare e con malattie metaboliche tra cui proprio il diabete mellito.

Sono state scoperte per la prima volta nei lieviti come Saccharomyces Cerevisiae sotto il nome di Sir2 (Silent information regulator) quali regolatori della densità della cromatina e quindi dell’espressione di gruppi di geni. Il gene è stato identificato nei procarioti,s uccessivamente negli eucarioti come i lieviti o i vermi come Caenorhabditis Elegans e, infine, anche nell’uomo. Svolge un ruolo di istone-deacetilasi e monoribosiltransferasi. La sua attività è dipendente dalla presenza del coenzima NAD+. La costante presenza nel corso della filogenesi e la conservazione, nel corso della filogenesi stessa, della struttura molecolare suggerisce che questa proteina svolge un ruolo importante nelle funzioni della cellula.28 Il coinvolgimento in varie attività della cellula è confermato dallo studio delle estremità N e C-terminali della proteina, ma anche dalla valutazione della lunghezza e della composizione amminoacidica.28 La struttura di riferimento è quella della proteina SIRT1, tra tutte quella più vicina alla struttura delle Sir2 dei lieviti. La proteina SIRT1 (costituita da 747 amminoacidi) presenta un core di forma globulare con funzione catalitica che risulta estremamente conservato nel corso dell’evoluzione; variabili sono invece le estremità N e C-terminali che determinano quindi i substrati dell’enzima (figura 2).29

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9 Il core, costituito dai residui compresi tra 244 a 498 e presenta due domini principali tipici un po’ di tutta la famiglia delle sirtuine: la piega di Rossman con i motivi β-α-β tipici delle proteine dipendenti da NAD+ e un secondo dominio in cui è presente lo zinco; proprio nell’interfaccia tra i due domini va a collocarsi NAD+.29

Nella specie umana esistono 7 isoforme della proteina SIRT (figura 3), ognuna con sue specifiche caratteristiche morfologiche soprattutto per le estremità N e C-terminali. Ne consegue che ogni proteina SIRT ha una sua collocazione tissutale specifica, così come una collocazione specifica all’interno della stessa cellula; allo stesso tempo cambiano anche i target molecolari e i substrati.30 Le proteine possono svolgere all’interno della cellula funzioni quali il controllo del metabolismo cellulare, l’adattamento allo stress, il controllo dell’apoptosi, nonché la senescenza cellulare. L’interesse per queste molecole è scaturito dall’osservazione che nei lieviti queste proteine in grado di controllare l’invecchiamento e la durata della vita delle cellule di Saccharomyces Cerevisiae. Inoltre, nei mammiferi, queste proteine svolgono un ruolo nelle malattie cardiovascolari, in quelle neurodegenerative, nel cancro e nelle malattie metaboliche.30,31 In futuro potrebbero essere potenziali bersagli delle nuove terapie.

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SIRT1

È la sirtuina più vicina da un punto di vista strutturale a Sir2 di Saccharomyces Cerevisiae ed è attualmente l’isoforma più studiata tra le molecole delle sirtuine. La sua collocazione è sia a livello nucleare che citosolico e svolge funzioni come quelle di controllo di metabolismo energetico, fibrosi, biogenesi dei mitocondri, risposta a stress, apoptosi, infiammazione e autofagia.32 Quando è localizzata nel nucleo, SIRT1 ha tra i suoi bersagli principali le proteine istoniche andando a regolare la densità della cromatina e quindi l’espressione di gruppi di geni. Al di fuori del nucleo è nota la sua attività nei confronti substrati come p53, NF-kB, PPAR, FOXOs, e altri.33 Tra le pathways regolate da SIRT1 vi sono quelle legate all’adipogenesi, alla β-ossidazione dei lipidi, alla gluconeogenesi, alla glicolisi, e al rilascio di insulina e di citochine pro-infiammatorie, nonché alla risposta a stress ossidativo.34

SIRT2

La collocazione di SIRT2 è soprattutto a livello citosolico, nello specifico nel comparto tra reticolo endoplasmatico e apparato di Golgi; qui avrebbe come bersagli soprattutto l’α-tubulina una componente del citoscheletro. Gli effetti sono stati osservati soprattutto nel tessuto nervoso, dove esercita un ruolo importante nella mobilizzazione dei neuroni e più in generale nella regolazione della mitosi della cellula.

La regolazione della mitosi può avvenire anche quando SIRT2 va a collocarsi nel nucleo dove, attraverso la deacetilazione di residui di lisina delle proteine istoniche come H4K16, va a modificare il grado di compattazione della cromatina.35 Un altro effetto noto della sirtuina 2 è quello legato all’adipogenesi36 come dimostra l’effetto della sovra-espressione di SIRT2 che blocca la differenziazione verso il tessuto adiposo: l’effetto si può spiegare con la regolazione dei geni legati all’adipogenesi come PPAR-γ, C/EBPα, GLUT4, aP2 e acido grasso sintasi. L’azione di SIRT2 si esplica anche attraverso la deacetilizzazione del fattore di trascrizione FoxO1 che controlla la crescita della massa e la funzione adipocitaria. Nello stesso tempo, risulta implicata anche nel metabolismo dei lipidi, soprattutto nella β-ossidazione.33

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SIRT3

Questa proteina ha collocazione soprattutto nel mitocondrio ed è proprio su tale organulo che esplica le sue funzioni principali, come è dimostrato da uno studio in spettroscopia dove il 65% delle proteine mitocondriali risulta acetilato.37 Nel mitocondrio, SIRT3 regola il metabolismo energetico, la produzione di ROS e l’apoptosi. Il tutto avviene tramite la deacetilazione di gruppi di proteine come MnSOD, importante nella eliminazione della specie reattiva superossido38, degli enzimi della catena mitocondriale come NADH deidrogenasi 1α e di succinato deidrogenasi appartenente al ciclo di Krebs39. L’importanza del suo ruolo nel metabolismo energetico è comprovata dal fatto che di knock-out di SIRT3 si registra una riduzione del 50% dei livelli di ATP33. Può antagonizzare l’apoptosi cellulare impedendo l’apertura di mPTP nel mitocondrio.40 Noto è anche il suo ruolo nella deacetilazione di Acetil-CoA sintetasi 2, enzima importante per permettere l’inizio del ciclo di Krebs, così come dell’enzima acetil-CoA deidrogenasi che nel fegato è implicato nell’ossidazione degli acidi grassi.41

SIRT4

La sua scoperta è avvenuta nel 1999 ed è la sirtuina più prossima rispetto alle SIRTs dei procarioti.42 La sua principale localizzazione è a livello mitocondriale ed esercita oltre che la funzione di deacetilasi anche quella di mono-ADP-ribosiltransferasi, andando a trasferire il motivo ADP-ribosile sulla proteina substrato.43 Un’altra attività nota di questo enzima è quella da lipoamidasi, cioè la sua attività nel modificare i residui di lisina che contengono i gruppi lipoil- e biotinil-lisina (cofattori lipoamidici). Questa attività è superiore rispetto all’attività da deacetilasi.44 Grazie all’attività di lipoamidasi, l’enzima ha come bersaglio soprattutto il complesso di Piruvato Deidrogenasi (PDH), agendo sulla componente E2 dalla quale va a rimuove i cofattori lipoamidici; l’effetto è una riduzione dell’attività di LDH. Quando esercita attività come mono-ADP-ribosiltransferasi, ha come bersagli la glutammato deidrogenasi e la proteasi che degrada l’insulina (IDE) interferendo con la sua secrezione nel contesto dello sviluppo della sostanza amiloide, importante nella patogenesi del DM2.33,45

SIRT5

Anche SIRT5 è una proteina mitocondriale43; anche essa presenta un’attività da deacetilasi sia pur debole. Ben più rappresentate sono le attività di demalonilasi e

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12 desuccinilasi.46 Oltre che per queste funzioni, SIRT5 sembrerebbe importante anche nel trasporto della sirtuina SIRT3 all’interno del nucleo.47

SIRT6

La sua localizzazione è nucleare. Come la maggior parte delle sirtuine possiede un’attività deacetilasica che dipende dalla presenza del coenzima NAD+; va così a generare prodotti quali la nicotinamide, il 2’-O-acetil-ADP-ribosio e un prodotto deacetilato.48 Questa sua attività è rivolta sia agli amminoacidi acetilati ma anche ai gruppi acidi grassi a lunga catena.49

Tale attività è dimostrata da uno studio fatto in cristallografia che mette in evidenza la presenza di una grande tasca idrofobica che può ospitare al suo interno anche gruppi acili, fatto che è stato confermato valutando l’influenza di questa attività sulla secrezione di TNFα50. Così come SIRT4, SIRT6 è dotata di attività ADP-ribosilasi.49 Nel complesso l’attività di SIRT6 è rivolta alla riparazione del DNA, al controllo dei telomeri e al metabolismo dei lipidi e dei glucidi, con possibili implicazioni della molecola nella patogenesi del diabete e dell’obesità, nella patologia cardiaca e nel cancro.

È stata quindi ampliata l’ipotesi originale che vedeva l’attività limitata solo ed esclusivamente al controllo della cromatina.49

SIRT7

SIRT7, infine, si colloca nel nucleolo.51 Anche questa proteina si comporta come deacetilasi e, proprio nel nucleolo, va a regolare con questo meccanismo l’acetilazione degli istoni e di un enzima che è RNA-polimerasi di tipo 1; quest’ultima svolge un ruolo importante nella sintesi di rRNA indispensabile per la formazione dei ribosomi della cellula. Infatti, la perdita di SIRT7 comporta l’arresto della proliferazione cellulare e l’induzione dell’apoptosi. Altri studi hanno messo in evidenza anche il possibile coinvolgimento dell’enzima nella regolazione del metabolismo lipidico. A livello epatocitario la SIRT7 interviene lungo una via metabolica in cui è coinvolto il nuclear testicular receptor-4 (NR2C2), un componente della famiglia dei recettori di trascrizione del recettore nucleare. Attraverso questa via, SIRT7 induce un aumento della captazione degli acidi grassi e la sintesi/deposito di trigliceridi (figura 4).52

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13 Figura 4 – La figura riassume le principali attività enzimatiche delle sirtuine30

Le sirtuine nel contesto della famiglia delle Istone deacetilasi (HDACs)

L’epigenetica è una nuova frontiera dello studio biomedico, che ha ampliato la nostra conoscenza delle informazioni provenienti dal DNA che non sono più limitate alle combinazioni delle quattro basi azotate A, T, C e G, ma anche all’azione di fattori esterni che influenzano l’espressione dei singoli geni. Uno dei meccanismi che sono alla base dell’epigenetica è rappresentato dalla regolazione della acetilazione degli istoni a livello della cromatina nucleare53, con conseguente cambiamento del rapporto tra etero ed eucromatina, rispettivamente la forma densa e quella decondensata del materiale nucleare. La regolazione del processo di acetilazione della cromatina avviene grazie a due famiglie di enzimi con funzione opposta che sono la istone acetiltransferasi (HAT) e la istone deacetilasi (HDACs).54 Le HATs, usando Acetil-CoA come reagente, donano il gruppo acetile ai residui di lisina contenuti nelle proteine istoniche, mentre le HDACs sono gli antagonisti delle HATs che, attraverso un processo di idrolisi, vanno a rimuovere il gruppo acetile.

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14 Figura 5 – Meccanismi di regolazione della acetilazione degli istoni da cui emergono le funzioni opposte della istone acetiltransferasi (HAT) e della istone deacetilasi (HDACs).54

Le HDACs si dividono in quattro classi: la prima classe in cui compaiono le proteine HDAC 1, 2, 3 e 8; la seconda con HDAC 4, 5, 6, 7, 9 e 10; la quarta classe con HDAC 11 e infine la terza classe in cui compaiono le sirtuine, le uniche che necessitano della presenza di NAD+ come cofattore. All’interno della famiglia delle Istone deacetilasi, le sirtuine hanno come capostipite la proteina Sir2, scoperta per la prima volta nel lievito Saccharomyces Cerevisiae. Essa può comparire in un complesso più ampio, in associazione alle proteine Sir3 e 4, dove svolge il ruolo di soppressione della trascrizione dei geni della regione subtelomerica e dei gruppi di compatibilità (HM), oppure assieme a Net1p e Cdc14p a formare il complesso RENT (regulator of nucleolar silencing and telophase exit)55,56 capace di regolare la densità della cromatina nucleolare e, dunque, l’espressione del rDNA.57 Inizialmente sono stati riconosciuti come effetti delle sirtuine la regolazione della longevità, la mediazione degli effetti benefici della restrizione calorica e la riparazione del DNA.33 In quest’ultimo caso l’effetto è mediato da PARP (poli-ADP-ribosiopolimerasi), fattori che svolgono un ruolo importante nel modificare la biodisponibilità di NAD+.54 Più recentemente sono stati

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15 attribuiti alle sirtuine altri effetti come quelli legati alla regolazione dell’invecchiamento, della risposta energetica alla bassa disponibilità di substrati e della resistenza allo stress, così come l’infiammazione e l’apoptosi. Altre funzioni sono, per esempio, la biogenesi dei mitocondri e la regolazione dell’orologio circadiano.58

Struttura delle sirtuine

Nel corso della filogenesi la sirtuina ha mantenuto inalterata una struttura fondamentale, quella del core catalitico, costituita da circa 260 residui amminoacidici.

Sulla base della filogenesi è stata proposta da Frye e coll59 una classificazione che divide le sirtuine in cinque classi: le classi I-IV che contengono ognuna almeno una delle 7 sirtuine umane e la classe U (dove U sta per “undifferentiated”) che invece riguarda solo ed esclusivamente i procarioti, intesi sia come archeo che come eubatteri (figura 6).

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16 Gli studi successivi hanno confermato la validità di tale classificazione pur affermando la necessità di creare delle sottoclassi all’interno delle classi già individuate60. Alla classe I appartengono SIRT1, 2 e 3, con la classe I che a sua volta si divide in tre sottoclassi: Ia di cui fa parte SIRT1, Ib con SIRT2 e 3 ed Ic che contiene sirtuine di origine fungina. Nella classe II è presente la SIRT4. Nella classe III esistono 3 sottoclassi: IIIa, IIIb e IIIc, di queste quella più importante è la IIIa che contiene SIRT5. La classe IV contiene 2 sottoclassi la “a” che contiene la SIRT6 e la “b” con SIRT7. Lo studio della morfologia delle sirtuine ha coinvolto diversi studiosi61-63 che hanno cristallizzato la struttura proteica e hanno confermato la presenza di una regione altamente conservata nel corso dell’evoluzione come il core catalitico.

Esso è diviso in due domini: il grande dominio in cui figura la piega di Rossman costituita da 6 α-eliche e 6 foglietti β paralleli e il piccolo dominio che invece presenta 3 foglietti β antiparalleli, 2 eliche α e un atomo di zinco. La funzione dello zinco nelle sirtuine è diversa rispetto alle altre HDACs: nelle HDAC di classe 1, 2 e 4 lo zinco partecipa al processo catalizzato dall’enzima64 mentre nelle sirtuine ha un ruolo strutturale. Nel piccolo dominio sono presenti 4 residui di cisteina collocati nei β-foglietti ed altamente conservati nel corso della filogenesi e che hanno un ruolo molto importante nel legame di coordinazione con lo zinco. Nella figura 7 sono marcate di rosso le aree che, stando ad analisi per allineamento, sono risultate più conservate e tra queste oltre che le 4 cisteine sopracitate sono presenti il canale catalitico, il sito di legame con NAD+ e il sito di reazione con acetil-lisina.

La sede del sito catalitico è all’interno di un canale idrofobico situato nell’interfaccia tra i due domini, in una posizione tale da consentirgli di interagire con la molecola di nicotinammide-ribosio proveniente da NAD+ necessaria al processo di deacetilazione.60 Il collegamento tra NAD+ e acetil-lisina avviene grazie an un tunnel che percorre il solco tra i due domini del core catalitico.63 Il canale idrofobico risulta ancora più profondo nel caso di SIRT5 dato che non si limita ad accogliere al suo interno l’acetil-lisina, ma svolge anche altre funzioni come quella di desuccinilasi e demalonilasi.65

La dipendenza da NAD+ è ciò che più differenzia questa classe di Istone deacetilasi rispetto alle altre. NAD+ si lega invece al dominio maggiore nel contesto della piega di Rossman che infatti contiene sequenze amminoacidiche che sono condivise con altre proteine che legano NAD+ e NADP+, in un sito che si interfaccia con il dominio minore.29 La sua attività è anche mediata dalla presenza di uno dei prodotti del processo catalizzato dalla sirtuina che è la nicotinamide che si comporta come inibitore non competitivo.66,67

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17 Figura 7 - Visione tridimensionale della Sirtuina con i siti di legame con Zn²⁺, acetillisina e NAD+; marcate di rosso sono le aree più conservate nella filogenesi.60

Ancora non sono state individuate con esattezza quelle sequenze di amminoacidi che consentirebbero alla sirtuina nel riconoscere i substrati e anche i cofattori necessari alle reazioni catalizzate68, ma si ipotizza un ruolo importante delle componenti non conservate N e C-terminali69 che sono molto più rappresentate nella SIRT159 e in generale nella classe 1a di cui SIRT1 fa parte, rispetto alle altre sirtuine.

Meccanismo di azione delle SIRTs

L’attività della sirtuina che è stata studiata per prima è stata la capacità di deacetilare i residui di lisina delle proteine istoniche e non. Questa reazione, che sfrutta la presenza di NAD+, rompendo il legame glicosidico del coenzima NAD+ ottiene due prodotti, la nicotinamide, che poi agirà come inibitore non competitivo dell’enzima, e O-acetil-ADP-ribosio (OAADPr), che forse svolge un ruolo da secondo messaggero intracellulare70. Da questo processo il residuo amminoacidico di lisina risulta deacetilato (figura 8).

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18 Figura 8 - Deacetilazione mediata da SIRTs60

Il processo avviene grazie al canale idrofobico della sirtuina che conduce il gruppo acetile a contatto con il gruppo nicotinamide-ribosio di NAD+, generando un intermedio a carica positiva noto come O-alkilamidato, nello step successivo il gruppo acetile si trasferisce sul ribosio per ottenere il risultato finale: la proteina è stata deacetilata e si genera O-acetil-ADP-ribosio.71

Come può l’enzima compiere il primo e decisivo passaggio di questa serie di reazioni chimiche? Inizialmente sono state formulate quattro ipotesi:

1. attacco nucleofilo da parte del residuo di istidina in posizione 116 e impiego del gruppo 2’-OH di NAD+;

2. l’intero sito catalitico dell’enzima agisce come nucleofilo;

3. un meccanismo SN2-like in cui il clivaggio della nicotinamide è contestuale all’attacco dell’acetil-lisina:

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19 4. un meccanismo SN1-like dove invece il prodotto intermedio si forma prima

dell’addizione nucleofila di acetil-lisina. Ad oggi le ipotesi più accreditate sono le ultime due71.

Figura 9 - Meccanismi probabili di funzionamento della deacetilasi della sirtuina71

Alcune sirtuine svolgono anche altre funzioni enzimatiche come quella ADP-ribosil-transferasica; tra queste figurano proprio Sir2p72 dei lieviti, Sir2 di tripanosoma73 e SIRT4 e 674 dei mammiferi. La reazione sfrutta il trasferimento di ³²P da NAD+ alla proteina bersaglio generando nicotinamide e una proteina ADP-ribosilata.72

Riassunto delle funzioni delle sirtuine

Come descritto in precedenza, le sirtuine sono state scoperte per la prima volta nei lieviti come Saccharomyces Cerevisiae sottoforma di proteina Sir2. Le loro funzioni originariamente erano state legate al silenziamento delle regioni subtelomeriche e dei gruppi di compatibilità, cioè funzioni che andavano ad esplicarsi sulla cromatina, modificando così il rapporto tra eu- ed eterocromatina.

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20 Nei mammiferi la loro funzione sul controllo della densità della cromatina è confermata dal fatto che questi enzimi fanno parte di una grande famiglia delle istone deacetilasi. A livello cromatinico, le sirtuine idendificano i residui di lisina delle proteine istoniche come H1, 3 e 4 e vanno a rimuovere il gruppo acetile per poter andare a far condensare la cromatina inducendo quindi il silenziamento di geni bersaglio. Uno dei residui amminoacidici istonici più bersagliati dalla sirtuina è H4K16.75,76

Tra i bersagli non ci sono soltanto molecole appartenenti alla cromatina, ma anche fattori di trascrizione come FoxOs, p53, PGC1α e PPARγ77-79, così come enzimi legati al metabolismo energetico come gli enzimi mitocondriali 80 e enzimi legati alla degradazione e produzione di ROS.81

Nel complesso si può concludere che le sirtuine sono coinvolte in processi come l’infiammazione, l’invecchiamento, la riparazione , l’apoptosi e la senescenza cellulari, la produzione d’energia, la resistenza allo stress ossidativo, la resistenza e l’adattamento alla restrizione calorica82. Si comporterebbero quindi come dei sensori con ruolo importante nell’adattamento della cellula agli stimoli derivanti dall’ambiente circostante.

SIRT1

La nostra attenzione si è concentrata soprattutto su SIRT1 che, tra le sirtuine, è la molecola che appare più vicina alle aree di nostro interesse come il diabete mellito e la patologia cardiovascolare.

Relazione tra SIRT1 e diabete mellito di tipo 2

Consolidato è il legame tra questa proteina e la patogenesi del diabete mellito di tipo 2; ne consegue l’opportunità di inserire la sirtuina tra i possibili bersagli terapeutici.83

L’effetto della sirtuina si esplica a più livelli nel contesto del diabete mellito (figura 10). A livello pancreatico favorisce la secrezione dell’insulina da parte della β-cellula e protegge la stessa dall’effetto deleterio dell’infiammazione e dello stress ossidativo. Aumenta la sensibilità dei tessuti bersaglio dell’insulina come il tessuto adiposo, il fegato e il muscolo scheletrico. Infine, modula tutti quei fattori che sono più o meno strettamente legati all’insulino-resistenza come l’adiponectina, l’infiammazione, la gluconeogenesi, lo stress ossidativo, la funzione mitocondriale e il ritmo circadiano.84,85

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21 Figura 10 - Schema che sintetizza gli effetti dell’attivazione di SIRT1 nel contesto del DM286

SIRT1 e β-cellula

La sirtuina 1 svolge un ruolo molto importante nel funzionamento della β-cellula, intesa sia come secrezione dell’ormone insulina che come resistenza della massa di β-cellule a stress di varia natura come lo stress ossidativo o l’infiammazione.

Il meccanismo con cui la cellula produce l’insulina dipende dalla disponibilità di ATP, a sua volta viene ottenuto dal metabolismo energetico. Quindi, nel momento in cui viene captato il glucosio, si attiva tutta la cascata metabolica che porta alla produzione dell’ATP; sarà proprio tale nucleotide a legarsi ad un canale del potassio sensibile alla presenza di ATP a determinarne la chiusura. Dopo tale evento la cellula si depolarizza e porta all’apertura del canale del calcio; sarà proprio la corrente del calcio in ingresso a determinare la secrezione dell’insulina. Lungo questa pathway la sirtuina agisce come antagonista dell’espressione del fattore mitocondriale UCP2 (proteina di disaccop-piamento), legandosi alla sua regione promotore e favorendo la sintesi di ATP da parte della catena respiratoria mitocondriale. L’aumento di biodisponibilità di ATP favorisce la secrezione dell’insulina. Il messaggio finale è quindi che la sirtuina aumenta la secrezione di insulina in risposta al carico di glucosio.87

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22 L’effetto sulla secrezione insulinica si esplica come attività della sirtuina estranea agli effetti sulla cromatina, possibilmente attraverso la deacetilazione del fattore di trascrizione FoxO177,88.

L’altra funzione svolta dalla sirtuina è quella di proteggere la massa delle β-cellule dai danni causati dallo stress ossidativo e dall’infiammazione. Nel diabete mellito di tipo 2, nel lungo termine, si assiste alla perdita progressiva del patrimonio delle cellule che producono insulina, per cui la malattia tende verso “l’insulino-dipendenza”. La sirtuina andrebbe a sopprimere la subunità p65 di NF-kB tramite deacetilazione e quindi inibirebbe l’espressione della ossido nitrico sintasi inducibile (i-NOS) oltre che della Cox-2.89 L’effetto era già stato studiato Yang e coll.90 che avevano notato come l’acetilazione di questa subunità nei fumatori, a seguito di una ridotta espressione di SIRT1, era accompagnata da un’aumentata espressione dei fattori a valle di NF-kB e quindi da uno stato pro-infiammatorio. Per confermare gli effetti di SIRT1 sono stati eseguiti studi con topi transgenici che esprimono in eccesso SIRT1 selettivamente a livello delle cellule β (BESTO).91 Questi studi hanno dimostrato un aumento della risposta secretoria dell’insulina in presenza di glucosio e KCl, il tutto dovuto ad una ridotta espressione di UCP-2, fenomeno che è stato confermato anche in studi condotti su cellule β isolate. Analogamente, i topi BESTO hanno mostrato un declino dell’attività di SIRT1 dipendente dall’età, che comporta una maggiore espressione di UCP-2, quindi una ridotta produzione di ATP ed infine una ridotta risposta insulinica. Infine è stato osservato che il declino dell’attività di SIRT1 può essere rallentato grazie alla somministrazione di nicotinammide mononucleotide, precursore di NAD+.92

Riconosciuto è ormai il ruolo della restrizione calorica nel migliorare la sopravvivenza dei lieviti, ma anche di organismi pluricellulari come Drosophila melano-gaster e i roditori. La restrizione calorica ha come effetto il miglioramento del metabolismo glucidico legato ad una migliore risposta insulinica; contestualmente, in questi organismi è stato rilevato un aumento dell’espressione di Sir2.93,94 Viene quindi confermato anche da questi studi il ruolo della dieta e dell’attività fisica nel migliorare il metabolismo glucidico.

SIRT1, insulino-resistenza e fegato

La patogenesi del diabete mellito di tipo 2 riconosce nell’insulino-resistenza una componente importante, caratterizzata dall’incapacità dell’insulina di agire sui tessuti bersaglio. I principali tessuti bersaglio dell’insulina sono il muscolo scheletrico, il tessuto

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23 adiposo e fegato. La sirtuina 1 non esercita, nella patogenesi del diabete mellito, solo un ruolo importante nel favorire la risposta insulinica in presenza di glucosio ma anche nell’incentivare l’effetto del segnale dell’ormone a livello dei tessuti bersaglio.95,96

Nel diabete mellito, il fegato rappresenta uno degli organi più importanti per quanto riguarda la patogenesi dell’insulino-resistenza. Il fegato, anche da un punto di vista anatomico, è il primo organo che viene “incontrato” dall’insulina dal momento in cui entra nel torrente ematico. In uno studio compiuto su topi insulino-resistenti, l’impiego di un un vettore adenovirale che trasportava il gene della SIRT1 determinava un miglioramento sia della steatosi epatica che dell’insulino-resistenza.97 Diverse sostanze possono regolare il funzionamento di SIRT1, a partire dalla metformina.98 La metformina, infatti, è capace di aumentare i livelli di SIRT1 e di ridurre l’espressione dei principali geni legati alla gluconeogenesi. Lo stesso effetto viene ottenuto con molecole diverse come il sitagliptin (DPP4-inibitore)99, ma anche con nutraceutici come il resveratrolo100, un polifenolo contenuto, per esempio, nel vino rosso.

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24 Nel mondo Occidentale, soffre di steatosi epatica il 20-40% della popolazione generale, percentuale che si alza al 75% nel caso della popolazione diabetica ed obesa.101 Dunque, è chiaro che il “fegato grasso” rappresenta un tassello molto importante del puzzle rappresentato dal diabete mellito.

La genesi del “fegato grasso” non alcolico (NAFLD) è legata essenzialmente allo squilibrio tra rimozione e accumulo di trigliceridi ed acidi grassi liberi a livello epatocitario. Questo accumulo si può spiegare con l’aumento degli acidi grassi provenienti dai chilomicroni o con l’aumento dell’afflusso di glucosio sotto stimolo insulinico. Dall’altra parte, possono intervenire una ridotta capacità di ossidare gli acidi grassi oppure un ridotto trasferimento dei trigliceridi verso le VLDL per il quale è necessaria la disponibilità dell’apolipoproteina B.102

SIRT1 esercita un ruolo protettivo nella patogenesi della steatosi epatica in quanto inibisce la funzione della proteina SREBP-1c, una proteina che sotto stimolo dell’insulina induce l’adipogenesi. Tale effetto si esplica attraverso la deacetilazione dei residui Lys-289 e Lys-309 che, a sua volta, favorisce l’ubiquitinizzazione e la conseguente degradazione nel proteasoma della molecola SREBP-1c.101 Così, SREBP-1c perde la stabilità necessaria per legare i promotori dei geni legati alla lipidogenesi.103 L’altro effetto noto di SIRT1 è su un’altra molecola legata alla lipidogenesi che è ChREBP, sensibile ai livelli di glucosio e di acidi grassi liberi. Questo comporta cambiamenti post-trascrizionali come la fosforilazione e l’acetilazione.104 Proprio su quest’ultimo aspetto che va ad agire la deacetilasi della sirtuina inducendo la degradazione del mediatore e agendo sulla regione promotore di ChREBP andando a deacetilare H4K16 e H3K9.105 Come conseguenza dell’azione della sirtuina 1 si ha una riduzione dell’espressione di enzimi legati alla lipidogenesi come l’AcetilCoA carbossilasi 1 (ACC1), l’acido grasso sintasi (FAS) e la elongasi degli acidi grassi.

L’altro meccanismo con cui la sirtuina protegge dall’insorgenza della steatosi epatica è la sua capacità di favorire la degradazione degli acidi grassi attraverso la β-ossidazione; essa, infatti, favorisce l’attivazione della cascata PGC1α/PPARα, importante nel facilitare l’espressione dei geni legati al catabolismo dei lipidi.106

Più recentemente sono state scoperte anche altre funzioni legate alla sirtuina, come, ad esempio, il favorire l’espressione del fattore di crescita FGF21 che promuove l’ossidazione dei lipidi, il dispendio energetico, la conversione del tessuto adiposo da bianco a bruno e previene l’insorgenza della steatosi.107

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25 Nella patogenesi del diabete mellito riveste un ruolo molto importante lo stress a carico del reticolo endoplasmatico che si verifica a seguito dell’esposizione ad alti livelli di lipidi. L’aspetto più studiato è quello dell’associazione con l’accumulo di palmitato a livello epatocitario.108 L’effetto della sirtuina si esplica attraverso l’azione di deacetilasi su alcuni bersagli come mTORC che, a sua volta, va a regolare quella che viene definita UPR (Unfolded Protein Response).97 Quello che si verifica a valle è una ridotta espressione delle proteine CHOP e GRP78, così come una ridotta fosforilazione delle chinasi PERK e JNK109 tutte molecole legate all’insorgenza dell’insulino-resistenza.

Il fegato esercita anche un ruolo molto importante nel diabete mellito grazie alla gluconeogenesi, responsabile dell’elevata glicemia a digiuno e post-prandiale. La sirtuina svolge in questo caso un ruolo abbastanza ambiguo. In alcuni studi risulta favorire la gluconeogenesi, in altri invece risulta avere un ruolo inibitorio. Essa, esercitando la sua attività di deacetilazione su STAT3, FOXO1 e PGC-1α, favorisce l’espressione dei geni legati alla gluconeogenesi come fosfoenolpiruvato carbossilasi chinasi (PEPCK), fruttosio-1,6-bifosfatasi (FBP) e glucosio-6-fosfatasi (G6P).110,111 In altri studi invece risulta che SIRT1 è in grado di ridurre la gluconeogenesi, effetto che viene mediato dalla deacetilazione di HNF-4α, fattore che va poi a legarsi alla sequenza promotrice di PEPCK-C, inibendone la trascrizione.112 Come si possono spiegare questi effetti apparentemente contraddittori? È stato individuato un ulteriore elemento di questa pathway, un recettore orfano nucleare chiamato SHP (small heterodimer partner). Questo recettore, codificato dal gene Nr0b2, va a regolare per feedback negativo l’espressione di FOXO1 e di SIRT1 e il risultato è una ridotta espressione dei geni di glucosio-6-fosfatasi e di piruvato deidrogenasi chinasi 4.113

SIRT1 e tessuto muscolare

Il tessuto muscolare è un altro tessuto insulino-sensibile che svolge un ruolo cruciale nella patogenesi del diabete mellito ed anche qui SIRT1 svolge un ruolo importante nel modulare l’effetto periferico dell’insulina. Secondo uno studio di Frojo e coll.114 risulta infatti che i livelli d’espressione di SIRT1 siano ridotti a livello del tessuto muscolare maturo così come dei mio-tubuli primari dei pazienti diabetici. Le modalità con cui la sirtuina media la sensibilizzazione all’insulina sono varie. Essa può, per esempio, migliorare la funzione e la biogenesi dei mitocondri attraverso l’attivazione di fattori di trascrizione PPARγ e PGC-1α.115,116 Inoltre, l’azione della sirtuina si esplica anche grazie all’espressione di MnSOD sotto

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26 stimolo sempre di PGC-1α, con la conseguente neutralizzazione delle specie ROS che si accumulano nella cellula a seguito dell’esposizione all’iperglicemia e all’infiammazione sistemica. Le ROS infatti vanno a compromettere la via di segnale intracellulare dell’insulina. Tra i meccanismi, con cui SIRT1 va a controllare l’insulino-resistenza del tessuto muscolare, è stato riconosciuto il ruolo nella soppressione della fosfatasi PTP1B, un enzima che defosforila la proteina IRS-1 a valle del recettore dell’insulina, determinandone l’inibizione.95 L’azione dell’insulina viene facilitata da parte di SIRT1 anche grazie alla deacetilazione della proteina IRS-2 a valle rispetto al recettore dell’insulina;117 la deacetilazione di questa proteina permette infatti la successiva fosforilazione della stessa IRS-2. L’effetto della sirtuina sul muscolo si esplica anche indipendente dal segnale insulinico. Essa infatti va a favorire la deacetilazione della subunità p85 di PI3K che a sua volta va a fosforilare le proteine IRS favorendo quindi l’internalizzazione e l’impiego del glucosio anche a concentrazioni fisiologiche di insulina.114

SIRT1 e tessuto adiposo

Il tessuto adiposo svolge un ruolo di primo piano nella patogenesi dell’insulino-resistenza. Una delle vie attraverso cui può innescare tale meccanismo patogenetico è quella dell’infiammazione cronica generalizzata118 come dimostra il fatto che il tessuto adiposo si presenta infiltrato da elementi leucocitari come i macrofagi.119 Il ruolo svolto dalla sirtuina è molto importante in questo senso; la sua soppressione favorisce l’induzione di uno stato pro-infiammatorio e, quindi, di uno stato di insulino-resistenza.120 L’inibizione della sirtuina è associata a un aumento dell’espressione di citochine proinfiammatorie quali TNFα e IL-6, così come a un cambiamento dell’attività di alcuni enzimi come JNK che aumenta la sua attività di fosforilazione, ma anche a un decremento dell’attività di Akt e di ERK, due fosforilasi associate al segnale insulinico.

La sirtuina, inoltre, favorisce la conversione del tessuto adiposo bianco a quello bruno. La differenza tra queste due forme è legata al fatto che il tessuto adiposo bruno, più ricco di mitocondri, ha una maggiore capacità di ossidare gli acidi grassi contenuti al suo interno. La SIRT1 esercita il suo effetto tramite la deacetilazione di PPAR-γ su K268 e K293, favorendo l’espressione di geni legati alla differenziazione del tessuto adiposo verso il tessuto adiposo bruno.121

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27 Infine, è stata studiata l’associazione con l’adiponectina, un’adipochina che svolge un ruolo nella sensibilizzazione periferica all’insulina, aspetto che è in parte confermato dal fatto che negli obesi e nei diabetici questo mediatore è sotto-espresso. SIRT1 deacetila il fattore di trascrizione FoxO1 e favorisce la secrezione dell’adiponectina.122 Quest’effetto è stato confermato assieme agli altri meccanismi sopra discussi dalla stimolazione esogena tramite resveratrolo.123

SIRT1 e complicanze del diabete mellito SIRT 1 e neuropatia

I meccanismi alla base della neuropatia sono estremamente vari; tra questi vi sono lo stress ossidativo causato da un’alterata funzione dei mitocondri indotta dall’iperglicemia, l’accumulo di prodotti terminali di glicazione (AGEs), l’accumulo di polioli, la disfunzione della pompa Na⁺/K⁺, la disfunzione dei mitocondri.124

La sirtuina, in questo contesto, agisce soprattutto nel contrastare la disfunzione mitocondriale. La fibra nervosa, intesa sia come assone neurale, ma anche come cellule gliali (cellule di Schwann), ha bisogno di una grande quantità di energia per conservare la sua complessa struttura e mantenere la sua funzione, per cui la disfunzione del mitocondrio rappresenta un momento drammatico per l’insorgenza della neuropatia diabetica. La sirtuina contribuisce, grazie a NAD+, a deacetilare il fattore PGC-1α, importante nella biogenesi dei mitocondri. In accordo con queste osservazioni è il ruolo protettivo della somministrazione di nicotinamide, molecola precursore di NAD+.125

SIRT1 e retinopatia

Anche per questa complicanza microvascolare la fisiopatologia è multifattoriale e vede l’interazione di fattori con l’esposizione cronica all’iperglicemia, che concorre a determinare un’elevata produzione di specie reattive dell’ossigeno come il superossido di idrogeno, che, a sua volta, predispone il tessuto retinico allo stress ossidativo. A questa condizione si sommano la disfunzione mitocondriale, l’infiammazione e l’attivazione del VEGF indotta dall’ipossia. Si tratta di processi legati all’incremento dell’apoptosi delle cellule neuronali e vascolari così come alla neovascolarizzazione aberrante tipica della retinopatia quando tende ad evolvere verso la forma proliferativa.126

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28 L’azione della sirtuina si traduce nel controllo dei meccanismi attivati dall’infiammazione: la soppressione di NF-kB impedisce infatti l’espressione di alcune citochine pro-apoptotiche come l’interleuchina IL-17. La sirtuina, inoltre, agisce attraverso il controllo degli effetti dello stress ossidativo, controllandone da una parte la produzione, dall’altro arresta la pathway che porta all’apoptosi e alla senescenza cellulare attraverso l’inibizione di fattori come p53 e protein-arginina-metil-transferasi 1 (PRMT1). L’enzima potrebbe anche agire come antagonista della formazione di neovasi aberranti tipici della forma proliferativa della retinopatia, attraverso l’inibizione dei fattori di crescita indotti dall’ipossia (HIFs) quali VEGF e endotelina-1.127

L’espressione della sirtuina risulta ridotta nella retina di topi diabetici a dimostrare il ruolo importante che questo enzima svolge nella patogenesi della retinopatia; tale ridotta espressione concorre al fenomeno della “memoria metabolica” all’iperglicemia, importante nella patogenesi della retinopatia.128 La sirtuina si trova a monte di una pathway in cui sono coinvolti NF-kB, Bax e PARP (poli-ADP-ribosio polimerasi), tutti mediatori di fenomeni come l’apoptosi cellulare, l’infiammazione e la formazione di ROS. Tra le altre molecole che vengono soppresse rientrano anche ICAM-1 (fondamentale per la diapedesi dei leucociti nell’infiammazione) e VEGF che permeabilizza i capillari retinici.129 Il meccanismo può essere percorso anche a ritroso, infatti, l’accumulo di ROS causato dall’iperglicemia favorisce l’attivazione di PARP che si comporta come antagonista di SIRT1.130 Questo ruolo è stato confermato da studi in cui si è andati a bloccare o ad attivare la funzione di SIRT1 per mezzo di miRNA antagonisti o agonisti dell’espressione di SIRT1. Per esempio, miR-23b-3p espone la retina ad una condizione di stress ossidativo simile a quello associato ad una condizione di severo scompenso glicemico.131 D’altra parte, il fenofibrato determina iper-espressione di SIRT1 tramite l’attivazione del recettore PPARα che risulta protettivo nei confronti della “memoria metabolica” dell’iperglicemia. Questo meccanismo potrebbe contribuire a spiegare gli effetti esercitati dal fenofibrato in termini di prevenzione della retinopatia indipendentemente dall’azione di controllo della dislipidemia.132 La sirtuina è implicata anche in altre funzioni come il controllo del danno mitocondriale mediato dalla pathway NF-kB/Racl/NADPH ossidasi133, così come il controllo dell’espressione della metalloproteasi 9 (MMP9) tramite la deacetilazione della subunità p65 di NF-kB e di AP1.134 La metalloproteasi è un enzima che svolge un ruolo di primo piano nella patogenesi della retinopatia diabetica attraverso l’induzione della neoangiogenesi, dell’apoptosi cellulare e del danno

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29 mitocondriale. SIRT1, inoltre, regola l’espressione di mediatori come l’endotelina-1 e il TGF-β1 così come anche del collagene di tipo 1α. Parallelamente si verifica una riduzione della fibronectina, una componente molto importante della matrice extracellulare che, infatti, risulta ispessita in caso di soppressione di SIRT1.135 Nel lungo termine una delle forme più temute di retinopatia diabetica è la retinopatia proliferativa. SIRT1 è risultata efficace nel rallentare l’evoluzione della retinopatia attraverso diversi meccanismi come l’inibizione dell’espressione di IL-17 ma anche dei fattori HIF (Hipoxia Induced Factor).136,137

Figura 12 - SIRT1 nella retinopatia diabetica e non solo128

SIRT1 e nefropatia

Nella nefropatia diabetica sono coinvolte cellule peculiari come i podociti che si riducono in numero a causa dell’apoptosi e perdono i pedicelli per alterazioni del citoscheletro. Il ruolo dei podociti risulta particolarmente importante nella patogenesi dell’albuminuria, dato che partecipano alla costituzione della barriera glomerulare. Altri elementi cellulari coinvolti sono le cellule del mesangio che sono implicate nell’alterazione della matrice mesangiale a cui consegue la perdita della filtrazione glomerulare, ma anche le cellule tubulari prossimali che evolvono in senso mesenchimale oppure vanno incontro ad apoptosi o ipertrofia. Risulta coinvolto anche l’interstizio che viene infiltrato da cellule

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30 proinfiammatorie e da fibroblasti contribuendo notevolmente al declino della funzione renale. Va, inoltre, ricordato che il diabete è caratterizzato dalla presenza della ialinosi arteriolare.138

Studi recenti138,139, dimostrano che SIRT1 può giocare un ruolo importante nel rallentare la progressione della nefropatia diabetica (figura 13). L’effetto protettivo è stato ipotizzato valutando l’associazione con i polimorfismi del gene di SIRT1 all’interno della popolazione diabetica, ma anche in modelli sperimentali in cui elementi cellulari come i podociti, le cellule del mesangio e del tubulo contorto prossimale venivano esposti a iperglicemia o ai prodotti avanzati di glicazione. Gli effetti si sono visti nel controllo dell’infiammazione, dell’apoptosi cellulare e della fibrosi, attraverso la modulazione di fattori quali p53, FOXOs, NF-kB, HIF-1α. L’effetto positivo di SIRT1 sul rene non si limita alla protezione nei confronti della nefropatia diabetica ma anche verso altre condizioni come l’insufficienza renale acuta, l’insufficienza renale cronica e la nefropatia da lupus.

Figura 13 - Schema che illustra gli effetti di SIRT1 nella nefropatia diabetica139

Gli effetti della sirtuina si esplicano a livello dei podociti come suggerito dai risultati ottenuti in modelli di topi diabetici. La soppressione dell’espressione o della funzione di SIRT1

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31 sia a livello podocitario che a livello delle cellule del tubulo prossimale si associa a un aumento dei livelli di albumina urinaria.140,141 La sirtuina esercita un ruolo importante nel regolare la vitalità dei podociti e la stabilità del loro citoscheletro. Essa, tramite la deacetilazione di importanti fattori come FOXO4, p65 e STAT3 mantiene il podocita in uno stato antiapoptotico. Infatti, il principale effetto di FOXO4 è quello di prevenire l’espressione del fattore BCL2-like-11.142,143 BCL2-like-11, appartenente alla famiglia delle proteine BCL-2, agisce, a seconda delle condizioni, come regolatore anti- o pro-apoptotico ed è coinvolto in una ampia varietà di attività cellulari e, soprattutto, nel mantenimento della loro vitalità.

Un altro effetto di SIRT1 è quello di stabilizzare la struttura del citoscheletro dei podociti, fondamentale per la principale funzione dei pedicelli, la regolazione della selettività della barriera glomerulare. L’azione della SIRT1 si esplica soprattutto sulla cortactina ("cortical actin binding protein"), un fattore coinvolto nella stabilizzazione dei filamenti di actina nella periferia cellulare.142,144 In questo settore sono importanti gli studi di Hasegawa e coll.141,145 che hanno evidenziato un ruolo importante di SIRT1 a livello del tubulo prossimale in una sorta di comunicazione “tubulo prossimale-podociti” coordinata dall’espressione della claudina-1 nei podociti; questa proteina, principale componente insieme alla occludina delle “tight junctions” delle “zonulae occludentes”, concorre a regolare l’escrezione urinaria di albumina. SIRT1, a livello tubulare, va ad agire sulle proteine istoniche H3 e H4, impedendo l’espressione della claudina-1 e preservando anche in queste cellule l’integrità del citoscheletro (figura 14).

Anche le cellule mesangiali svolgono un ruolo rilevante nella patogenesi della nefropatia diabetica. Fattori come il TGF-β1 sono importanti nell’indurre l’espansione del mesangio e nel determinare la sclerosi glomerulare.138 SIRT1 risulta coinvolta nel contenere il processo infiammatorio e, soprattutto, nel rallentare i fenomeni di fibrosi.46 La dimostrazione deriva da esperimenti in cui una ridotta espressione di SIRT1 è stata associata all’aumento dei livelli di fibronectina e vimentina in cellule mesangiali di ratto esposte ad iperglicemia. Per contro, l’attivazione di NAMPT (nicotinamide phosphoribosyltransferasi o visfatina) o l’aumento di biodisponibilità di nicotinamide mononucleotide, importanti per l’attivazione di SIRT1, permetteva di avere un controllo sia sulla fibrosi che sull’infiammazione, grazie soprattutto alla deacetilazione di p65 di NF-kB.147

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32 Figura 14 – Struttura delle “tight junctions”.

Anche i vasi che irrorano il parenchima renale vanno incontro a fenomeni patologici e anche in questo caso SIRT1 può svolgere un ruolo di rilievo. Oltre ai classici processi patologici che verranno trattati più specificatamente nella sezione dedicata alla malattia cardiovascolare, l’enzima svolge un ruolo nel regolare il segnale Notch-1 che a livello renale provoca la rarefazione e la degenerazione fibrotica dei capillari peritubulari.148 I membri della famiglia di Notch giocano un ruolo in una miriade di processi morfogenetici controllando le “decisioni” che stanno alla base del destino di una cellula.

Anche il tubulo può essere coinvolto nella patogenesi della nefropatia diabetica, soprattutto il tubulo contorto prossimale ha mostrato un’elevata fragilità in caso di ridotta espressione della sirtuina 1. In presenza di iperglicemia è stata osservata una riduzione dei livelli di mRNA e della proteina della SIRT1 rispettivamente del 19 e del 36%.149 Tra le altre funzioni svolte da SIRT1 a livello tubulare, sono stati rilevati un aumento dell’attività della

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33 pompa Na⁺/K⁺ 150, così come un controllo dell’inspessimento della membrana basale tramite l’inibizione delle vie di segnale TGF-β/Smad e ERK1/2.151 L’enzima svolge un ruolo importante anche nel prevenire il danno cellulare e l’apoptosi in modelli di topi diabetici sottoposti a restrizione calorica.152

SIRT1 e malattia cardiovascolare

La malattia cardiovascolare è la principale causa di decesso nella popolazione generale, ma soprattutto tra i pazienti affetti da malattie metaboliche, tra cui il diabete mellito. La sirtuina 1 svolge un ruolo nella patogenesi dell’invecchiamento vascolare e di tutti quei processi che sono alla base dell’insorgenza e della progressione dell’aterosclerosi (figura 15).

Figura 15 - Riassunto delle funzioni di SIRT1 a livello vascolare153

La carenza di SIRT1 risulta importante per le cellule endoteliali e le cellule progenitrici endoteliali, le cellule muscolari lisce dei vasi e anche per i macrofagi/monociti. Le alterazioni di tutte queste componenti cellulari risultano essere alla base dei fenomeni che, derivanti dall’esposizione allo stress ossidativo e all’infiammazione, regolano la formazione delle cellule schiumose, la senescenza cellulare, l’alterata produzione di ossido nitrico (NO), la

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