• Non ci sono risultati.

DETERMINAZIONE DI SOSTANZE STUPEFACENTI DA MATRICI NON CONVENZIONALI COME LA SALIVA IN AUTOMOBILISTI DEL SABATO SERA

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "DETERMINAZIONE DI SOSTANZE STUPEFACENTI DA MATRICI NON CONVENZIONALI COME LA SALIVA IN AUTOMOBILISTI DEL SABATO SERA"

Copied!
99
0
0

Testo completo

(1)

Introduzione e obiettivi

Nella genesi degli incidenti stradali il comportamento dell'utente della

strada costituisce il prevalente fattore di rischio, sul quale incidono l'età, il sesso, lo stato civile, l'esperienza, lo stile di vita, lo stato emotivo, di affaticamento e di vigilanza, l'efficienza visiva ed i tempi di reazione, tutti correlati alle condizioni del traffico.

Molti degli incidenti e dei decessi che avvengono sulle strade europee sono causati da conducenti che guidano in condizioni compromesse dall’assunzione di sostanze psicoattive. Si stima che l’alcol da solo possa essere responsabile ogni anno di 10.000 vittime sulle strade dell’Unione europea (UE), ovvero di un quarto di tutti i decessi per incidenti stradali.

Non esistono numeri confrontabili sugli incidenti stradali riconducibili all’uso di stupefacenti e farmaci psicoattivi, sebbene nel corso dell’ultimo decennio sia aumentata l’attenzione in tale campo. Gli studi condotti sugli effetti delle sostanze psicoattive sulla guida suggeriscono che, se gli stupefacenti e i farmaci terapeutici possono influire sulla guida, si tratta di effetti che possono variare notevolmente per tipo e portata a seconda della sostanza in questione.

(2)

Resta tuttavia difficile stabilire una misura obiettiva del potere invalidante di ogni singola droga, diversamente da quanto accade nella misurazione del tasso alcolemico.

Il complesso problema della guida sotto l’effetto di droghe è stato oggetto di un importante progetto comunitario, DRUID1, iniziato nel 2006 e che si è protratto fino al 2011. Il progetto DRUID (Driving under the Influence of Drugs, Alcohol and Medicines) ha come obiettivo quello di porre solide basi per una regolamentazione armonizzata a livello europeo in materia di guida sotto l’effetto di alcol, droghe e farmaci.

Wolfgang Gotz, direttore dell’OEDT2 (Osservatorio Europeo delle Droghe e delle Tossicodipendenze) nel meeting a Lisbona di Settembre 2009 ha dichiarato: “Per ridurre il numero di perdite

umane causate dalla guida sotto l’effetto di sostanze psicoattive sono necessarie misure fondate su una comprensione scientifica di tale complesso fenomeno. Compito del legislatore è quello di elaborare leggi valide, efficaci e applicabili che diano anche un messaggio chiaro al pubblico”.

Nell’ultima sintesi strategica dell’Osservatorio Europeo delle Droghe e delle Tossicodipendenze (OEDT) sulla guida sotto l’effetto di droghe, pubblicata nel 2009, si osserva che spesso, gli incidenti dovuti

(3)

all’effetto di droghe, ricevono grande attenzione da parte dei mezzi d’informazione, tuttavia sono pochi i paesi per i quali siano disponibili statistiche affidabili sulla prevalenza della guida sotto l’effetto di droghe. In molti paesi europei l’ampiezza del fenomeno non viene studiata.

In generale la cannabis costituisce lo stupefacente rilevato più di frequente, mentre le benzodiazepine sono i farmaci psicoattivi maggiormente segnalati. Complessivamente i dati a disposizione indicano una prevalenza di gran lunga superiore sia di stupefacenti sia di farmaci da prescrizione, spesso in associazione ad alcol, tra i guidatori coinvolti in incidenti o sospettati di guidare sotto l’effetto di droghe o alcol3.

La generale carenza di informazioni permane a tutt’oggi nonostante una raccomandazione del 2002 del gruppo di lavoro di esperti scientifici della Commissione europea su droghe, farmaci e guida stradale, in base alla quale tutti i conducenti coinvolti in incidenti mortali dovrebbero essere sottoposti ad esami atti a rilevare l’uso di alcol e droghe.

Un altro problema sollevato è stato quello legato alla raccolta delle prove scientifiche. Sulla base dei dati a disposizione, è difficile dimostrare in modo scientificamente valido gli effetti

(4)

comportamentali, la prevalenza e il rischio di incidenti. Molti degli studi esistenti si basano su campioni ridotti, pertanto risulta spesso difficile formulare ipotesi più generali.

Sono oltre 30 gli studi condotti in Europa dal 1999 sulla prevalenza di droghe tra i conducenti. Tuttavia, in tali studi sono stati impiegati diversi metodi e gruppi campione di conducenti, il che rende arduo trarre conclusioni generali.

Il numero delle persone selezionate andava da meno di 50 ad oltre 10.000; in più di un terzo degli studi i risultati si riferivano a meno di 500 soggetti. Va inoltre detto che la normativa o gli orientamenti a livello nazionale possono limitare la portata e la comparabilità degli studi di prevalenza. Ad esempio, nella maggior parte dei paesi non è consentito effettuare test antidroga a campione sulle strade. In alcuni paesi possono essere effettuati solo test contro gli stupefacenti e la prevalenza dei farmaci psicoattivi non può essere determinata con certezza. In alcuni casi se il conducente risulta positivo al test dell’alcolemia decade la necessità di effettuare test antidroga; in tal caso la limitatezza delle risorse e i requisiti dell’azione giudiziaria prevalgono sull’esigenza di raccogliere dati il più possibile completi. Con l’assistenza dell’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (OEDT) e della direzione generale dei Trasporti

(5)

della Commissione europea è stato redatto un nuovo documento internazionale di linee guida per la standardizzazione dei modelli di studio, in cui si tiene conto delle differenze tra la normativa e gli indirizzi in materia di test a livello nazionale e si forniscono oltre cento raccomandazioni, suddivise nelle categorie comportamento, epidemiologia e tossicologia.

Vi è poi il problema dei test contro la guida sotto l’effetto di droghe. Attualmente risulta molto difficile per la polizia stabilire in modo rapido e preciso se il conducente fermato sulla strada stia o meno guidando sotto l’effetto di droghe. L’agente di polizia che ferma un conducente può trovarsi nella necessità di effettuare un controllo preliminare relativo all’uso di droghe analizzandone il comportamento o campioni biologici. Nel febbraio 2002 il gruppo di lavoro di esperti scientifici della Commissione europea su droghe, farmaci e guida stradale ha raccomandato che le forze di polizia impiegate nel controllo del traffico siano obbligatoriamente istruite per riconoscere i segni di una diminuita capacità a seguito dell’assunzione di droghe. Tali test possono comprendere, ad esempio, la valutazione della dilatazione della pupilla, test di coordinazione, test comportamentali, valutazione delle reazioni e del modo di parlare. Tuttavia, nel 2007 erano solo quattro i paesi dell’UE (Belgio, Portogallo, Regno Unito,

(6)

Svezia) in cui la polizia stradale era tenuta a seguire obbligatoriamente attività di formazione in tal senso, mentre in 11 paesi risultavano attività di formazione ad hoc.

Inoltre, i test adottati nei vari paesi non sono uguali.

L’esame della saliva può essere accettabile per un controllo dei conducenti effettuato direttamente sulla strada, dato che un esame delle urine non è adatto per accertare una riduzione della capacità di guida. Tuttavia, l’affidabilità degli strumenti utili per il test della saliva effettuato su strada non è ancora stata confermata. Due importanti studi europei in proposito sono stati realizzati con i progetti comunitari Rosita-24 e DRUID. I limiti di tali apparecchi potrebbero in certa misura essere compensati modificando il protocollo di test.

Obiettivi

Questo studio fa proprie alcune delle problematiche fondamentali riscontrate dall’OEDT sulla guida sotto l’effetto di droghe che, in particolare, richiama l’attenzione sulla necessità di effettuare studi sulla prevalenza delle droghe nei conducenti in tutti gli Stati membri dell’UE e sulla necessità di elaborare protocolli rapidi e precisi, che permettano alla forze di polizia di stabilire se il conducente fermato sulla strada stia guidando sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. Con

(7)

questi presupposti questo lavoro si prefigge due obiettivi fondamentali:

 Conoscenza e prevenzione della diffusione del fenomeno dei guidatori sotto l’effetto di sostanze stupefacenti nella provincia di Brindisi

 Valutazione dell’attendibilità della metodica utilizzata per le determinazioni su strada, con dispositivo on-site Cozart DDS a matrice salivare, attraverso la conferma con GC/MS sui medesimi campioni di saliva e sulle urine.

(8)

Tossicologia e sicurezza stradale

Quadro normativo di riferimento

Nel Dicembre 2008, l’Unione Europea ha rivelato il suo nuovo piano d’azione in materia di lotta contro la droga5 (2009-2012) a cui ha fatto seguito, alcuni mesi dopo, la nuova dichiarazione politica e il piano d’azione delle Nazioni Unite per contrastare il problema mondiale della droga. L’approccio equilibrato dell’Unione Europea alle politiche in materia di droga attribuisce pari peso alla riduzione della domanda e dell’offerta di sostanze stupefacenti. Un esame della legislazione nazionale condotto durante gli ultimi dieci anni mostra che gli Stati membri dell’UE hanno elaborato attivamente regolamentazioni in maniera coerenti con tale impegno politico. In Italia, le leggi che disciplinano la materia degli stupefacenti hanno subito ben tre riforme dalla seconda metà degli anni ’50, quattro considerando anche le importanti modifiche intervenute a seguito del referendum abrogativo, del 1993, delle norme che riguardano il consumo non terapeutico delle sostanze stupefacenti.

Tutte queste riforme hanno portato, a partire dalla Legge n.1041 del 1954, ad una collocazione extra-codicistica della materia, la quale si è

(9)

infine voluta disciplinare in tutti i suoi diversi aspetti con l’adozione di un corpo normativo unico e coordinato: il vigente “Testo unico in materia di stupefacenti” (approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990 n. 309).

Quanto sopra scritto sottolinea il sempre maggiore impatto medico, sociale e sanitario, ancora più che giuridico, del problema inerente all’assunzione, alla detenzione, allo spaccio ed al traffico di sostanze stupefacenti. È poi importante sottolineare come su questo tema ci siano sempre state forti contrapposizioni ideologiche e culturali, soprattutto riguardo al consumo voluttuario, da qui l’importanza di fornire dei parametri sempre più sottratti alla discrezionalità di giudizio dei singoli Magistrati, almeno per ciò che riguarda l’uso personale.

Attualmente, a seguito del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29 Ottobre 2009, è stato ricostituito il Dipartimento per le Politiche Antidroga.

Il Dipartimento rappresenta la struttura istituzionalmente deputata a tradurre l’azione di Governo in materia di politiche antidroga. Nello specifico, e sulla base dell’articolo 2 del DPCM 31 dicembre 2009, il Dipartimento per le Politiche Antidroga è la struttura di supporto di cui si avvale il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro o il

(10)

Sottosegretario di Stato delegato per la promozione, il coordinamento ed il raccordo delle azioni di Governo in materia di politiche antidroga. Il Dipartimento, in particolare, provvede a promuovere, indirizzare e coordinare le azioni di Governo atte a contrastare il diffondersi delle tossicodipendenze e delle alcool dipendenze correlate, di cui al Testo Unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990 n. 309, e successive modificazioni, nonché a promuovere e realizzare attività di collaborazione con le pubbliche amministrazioni competenti nello specifico settore, le associazioni, le comunità terapeutiche i centri di accoglienza operanti nel campo della prevenzione, della cura, della riabilitazione e del reinserimento dei tossicodipendenti, provvedendo alla raccolta della documentazione sulle tossicodipendenze, alla definizione e all’aggiornamento delle metodologie per la rilevazione, l’elaborazione, la valutazione ed il trasferimento all’esterno delle informazioni sulle tossicodipendenze.

In particolare, per l’anno 2010, il Dipartimento per le Politiche Antidroga ha attivato 49 progetti (per un totale di spesa di oltre € 26.000.000), suddivisi e organizzati in aree di intervento.

(11)

Guida sotto l’influenza di sostanze stupefacenti

Analogamente a quanto avviene nel dibattito scientifico sui precisi effetti delle varie sostanze, anche la definizione giuridica del reato di guida sotto l’effetto di droghe è diversa tra i vari Stati membri dell’UE. Sono due le impostazioni adottate, a seconda del caso, dalla maggior parte dei paesi europei per la definizione del reato di guida sotto l’effetto di droghe. Undici paesi puniscono solo la guida in condizioni di ridotta capacità, a prescindere che sia causata da stupefacenti o farmaci. Altri undici paesi hanno adottato una politica di «tolleranza zero», punendo tutti i casi di guida dopo l’assunzione di droghe. Sette altri paesi adottano un mix di entrambe le impostazioni, fornendo una risposta differenziata per livelli contro chi guida sotto l’effetto di droghe.

(12)

Figura 1

Alcuni dei paesi che adottano una cosiddetta «tolleranza zero» non fanno distinzione tra farmaci psicoattivi e stupefacenti, mentre in altri paesi tale distinzione esiste. In Finlandia e in Svezia sono state approvate nuove norme a tolleranza zero per gli stupefacenti dopo aver constatato che il reato di guida in condizioni di ridotta capacità era estremamente difficile da dimostrare. A Cipro il problema viene affrontato denunciando i conducenti per consumo illegale di droghe. D’altro canto, in Belgio e nel Regno Unito è espressamente vietato l’uso dei risultati dei test antidroga come prova contro altre infrazioni.

(13)

L’assunzione di droghe può essere dimostrata tramite vari campioni biologici: sangue, urine, saliva, sudore, peli o capelli. I reperti ematici costituiscono la matrice ideale per dimostrare in modo giuridicamente valido lo stato di ridotta capacità, anche se la soluzione

più pratica è procedere a un esame della saliva direttamente sulla strada. I livelli soglia delle droghe possono essere fissati in corrispondenza del limite inferiore di sensibilità oppure a livelli in cui si presume che inizi una riduzione della capacità di guida. Tuttavia mentre alcune droghe, tra cui cannabis e oppioidi, sembrano esercitare un effetto negativo dose-dipendente, ciò non vale per altre sostanze come le anfetamine. Tolleranza e interazione con alcol o altre sostanze complicano ulteriormente tali calcoli. In Francia per i conducenti che hanno assunto droghe assieme ad alcol è previsto un inasprimento della sanzione.

In Italia la guida sotto l’influenza di sostanze stupefacenti è disciplinata dall’art.187 (“Guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti”) del “Nuovo Codice della Strada” (Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 in Suppl. ordinario alla Gazz. Uff., 18 maggio, n. 114). Quest’ultimo è stato ulteriormente modificato dall’Art. 33 della Legge del 29 luglio 2010 , n. 120 “Disposizioni in materia di sicurezza

(14)

stradale” con l’adozione di misure estremamente severe. A seguito di queste nuove disposizioni è previsto che:

- chiunque guida in stato di alterazione psico-fisica dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope è punito con l'ammenda da euro 1.500 a euro 6.000 e l'arresto da sei mesi ad un anno (pene raddoppiate se si provoca un incidente). All'accertamento del reato consegue in ogni caso la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a due anni.

- al fine di acquisire elementi utili per motivare l'obbligo di sottoposizione agli accertamenti, gli organi di Polizia stradale, possono sottoporre i conducenti ad accertamenti qualitativi non invasivi o a prove, anche attraverso apparecchi portatili.

- i conducenti possono essere sottoposti ad accertamenti clinico-tossicologici e strumentali ovvero analitici su campioni di saliva prelevati a cura di personale sanitario ausiliario delle forze di polizia. - qualora non sia possibile effettuare il prelievo a cura del personale sanitario ausiliario delle forze di polizia ovvero qualora il conducente rifiuti di sottoporsi a tale prelievo, gli agenti di polizia stradale possono accompagnare il conducente presso strutture sanitarie fisse o mobili afferenti ai suddetti organi di polizia stradale ovvero presso le strutture sanitarie pubbliche o presso quelle accreditate o comunque a

(15)

tali fini equiparate, per il prelievo di campioni di liquidi biologici ai fini dell'effettuazione degli esami necessari ad accertare la presenza di sostanze stupefacenti o psicotrope.

- qualora l'esito degli accertamenti clinico-tossicologici non sia immediatamente disponibile e gli accertamenti on-site abbiano dato esito positivo, se ricorrono fondati motivi per ritenere che il conducente si trovi in stato di alterazione psico-fisica dopo l'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, gli organi di polizia stradale possono disporre il ritiro della patente di guida fino all'esito degli accertamenti e, comunque, per un periodo non superiore a dieci giorni.

- salvo che il fatto costituisca reato, in caso di rifiuto degli accertamenti, il conducente e' soggetto alle sanzioni di cui all'articolo 186, comma 7. Con l'ordinanza con la quale e' disposta la sospensione della patente, il prefetto ordina che il conducente si sottoponga a visita medica ai sensi dell'articolo 119. 8-bis.

- al di fuori dei casi previsti dal comma 1-bis del Art. 187, la pena detentiva e pecuniaria può essere sostituita con quella del lavoro di pubblica utilità (di cui all'articolo 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274), secondo le modalità ivi previste e consistente nella prestazione di un'attività non retribuita a favore della collettività da

(16)

svolgere, in via prioritaria, nel campo della sicurezza e dell'educazione stradale presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato, nonché nella partecipazione ad un programma terapeutico e socio-riabilitativo del soggetto tossicodipendente come definito ai sensi degli articoli 121 e 122 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. Il lavoro di pubblica utilità può sostituire la pena per non più di una volta.

Procedure per l’analisi tossicologica

L’analisi tossicologica è una parte essenziale nel processo diagnostico clinico e medico legale essendo mirata a ricercare l’evidenza della presenza di sostanze psicoattive nei fluidi biologici e nei tessuti. Metodi analitici con elevato potere identificativo sono necessari al fine di poter ottenere più informazioni possibili da una singola analisi. Peraltro, le conseguenze penali che possono derivare dai risultati provenienti dal laboratorio si traducono nella necessità di ottenere un dato analitico significativo e attendibile. Per questo motivo, il laboratorio analitico deve seguire linee guida nazionali e/o internazionali nonché avere misure di verifica e accreditamento

(17)

esterno.

Generalmente nel nostro Paese le linee guida internazionali utilizzate sono:

- “Urine Drug Testing in the Clinical Laboratory. Approved Guidelines”, 1999

del National Committee for Clinical Laboratory Standards (NCCLS),

- “Mandatory Guidelines for Federal Workplace Drug Testing Programs”, 2001

del Substance Abuse and Mental Health Services Administration (SAMHSA), ente che ha sostituito il National Institute for Drug Abuse (NIDA).

- “Reccomendations for the Use of Laboratory Tests to support the Impaired and Overdosed Patients from the Emergengy Department”, 2003 .

della National Academy of Clinical Biochemistry (NACB) Laboratory Medicine Practice Guidelines, accademia ufficiale della American Association of Clinical Chemistry (AACC)

A livello nazionale le prime linee guida per i laboratori di analisi delle droghe d’abuso con finalità medico-legali furono elaborate nell'anno 2000, nell’ambito dei Progetti di ricerca del Ministero della Salute in tema di: “Miglioramento della qualità analitica nell’analisi

tossicologica delle sostanze d’abuso e standardizzazione delle procedure analitiche adottate nella diagnostica di laboratorio, nonché di formazione specifica del personale preposto agli accertamenti tossicologici”.

(18)

Le Linee Guida, condivise dal Gruppo Tossicologi Forensi Italiani (GTFI)6 della SIMLA, sono state quindi oggetto di revisione ed aggiornamento periodici. In particolare, nel luglio 2003 è stata pubblicata una prima revisione, successivamente aggiornata nel maggio 2008 (revisione n. 2) al fine di standardizzare le procedure analitiche adottate. L’ultima revisione (la n. 3) è stata elaborata dalla Commissione Qualità del GTFI, approvata dal Consiglio Direttivo della stessa Società Scientifica e pubblicata il 1 Marzo del 2010 col titolo “Linee guida per i laboratori di analisi di sostanze d’abuso con finalità tossicologico-forensi e medico-legali”.7

Le linee guida specificano che nel caso di analisi finalizzate a scopi medico-legali, le fasi analitiche previste siano fondamentalmente due, basate ciascuna su principi chimico-fisici differenti cioè “ortogonali” tra loro.

La prima fase analitica prevede una metodica di screening per analizzare un numero ampio di campioni, mentre la fase successiva prevede una conferma del dato.

Prima fase analitica

In linea di principio, possono venire impiegati diversi metodi analitici nella fase di screening, a patto però che siano in grado di soddisfare

(19)

criteri di sensibilità (LOD e LOQ), specificità (minor numero possibile di falsi negativi) e che siano stati opportunamente validati in matrici biologiche. A tal fine vengono utilizzati molto frequentemente saggi immunologici, i quali si suddividono in test immunoenzimatici (EIA), test radio-immunologici (RIA), saggi immunologici di fluorescenza a luce polarizzata (FPIA) e a interazione cinetica di microparticelle in soluzione (KIMS). Questi metodi soddisfano i requisiti di sensibilità, velocità di analisi e in molti casi si prestano alla possibilità di automazione. Tuttavia è necessario puntualizzare che nessuna tecnica di screening è in grado di rilevare tutte le sostanze xenobiotiche di interesse medico-legale, quindi a seconda delle singole esigenze è necessario utilizzare più metodi analitici.

I metodi immunometrici si basano sulla competizione per un determinato sito di legame specifico su un anticorpo tra l’analita nella matrice biologica e l’analita marcato aggiunto (tracciante), legato cioè ad un particolare radionuclide, molecola o enzima che ne consenta la misura in determinate condizioni. Tale competizione è regolata dalla legge di azione di massa per cui maggiore è la concentrazione dell’analita presente nel campione e minore è l’interazione dell’anticorpo con il tracciante libero. In relazione alla fase in cui avviene la determinazione del legame antigene-anticorpo si

(20)

suddividono in metodi in fase omogenea (in fase libera: EMIT, CEDIA, KIMS) o in fase eterogenea (ELISA, RIA).

Indipendentemente dalla tipologia, questi test non necessitano di un elevato grado di pretrattamento del campione, risultando quindi essere molto rapidi e relativamente di facile utilizzo. Essendo basati sulla reazione antigene-anticorpo, la specificità di questi test può non essere rivolta alla singola sostanza ma piuttosto al gruppo di sostanze (specificità di gruppo). Anche per questo motivo sono possibili dei “falsi positivi”. I “falsi positivi” possono essere causati sia dalla presenza di sostanze lecite appartenenti alla stessa “famiglia” per cui è stato creato l’anticorpo, sia di sostanze con struttura chimica diversa ma comunque in grado di legare l’anticorpo. Inoltre, la reazione antigene-anticorpo può risentire di interferenti naturalmente presenti nella matrice (pH alterato, torbidità eccessiva ecc.) oppure intenzionalmente aggiunti (cloruro di sodio, collirio, aceto, acido cloridrico, ipoclorito di sodio), traducendosi di fatto nell’ottenimento di un campione falsamente negativo (“falso negativo”). In ogni laboratorio di tossicologia forense esistono accorgimenti e metodiche per evitare queste interferenze. A questo fine è necessario confermare la “positività” di tutti i campioni con una seconda tecnica analitica.

(21)

Seconda fase analitica

Secondo le linee guida internazionali, la conferma del dato analitico deve avvenire sfruttando tecniche separative, generalmente cromatografiche. Il termine cromatografia riunisce un gruppo di importanti e differenti metodi in grado di separare e identificare componenti assai simili in miscele complesse. In tutte le separazioni cromatografiche il campione viene disciolto in una “fase mobile”, che può essere un gas o un liquido. Questa fase mobile viene poi fatta passare attraverso una “fase stazionaria”, immiscibile, posta in una colonna (HPLC, GC) o su una superficie solida (GC capillare). La separazione degli analiti si basa sul diverso grado di ripartizione delle sostanze tra liquido e fase legata (HPLC) o tra gas di trasporto e fase legata (GC). La scelta, quindi, delle caratteristiche chimico-fisiche delle fasi mobili e/o stazionarie deve riflettere le caratteristiche chimico-fisiche degli analiti da separare. Le tecniche cromatografiche vengono oggi accoppiate molto spesso alla spettrometria di massa (LC-MS e GC-MS), ma sono tradizionalmente disponibili in letteratura scientifica metodi cromatografici con rivelazione ottica o di conducibilità. In linea generale, in GC-MS vengono preferenzialmente analizzate sostanze volatili e termoresistenti mentre in LC-MS

(22)

vengono più facilmente analizzate sostanze solubili e termolabili. Questo tipo di tecniche sono le più utilizzate in quanto in grado di identificare le sostanze inequivocabilmente in base a parametri quali il tempo di ritenzione, la massa molecolare (ione molecolare) e la struttura chimica (frammenti ionici). Sono disponibili in letteratura numerosi metodi in GC-MS e LC-MS per la determinazione di sostanze psicoattive nei liquidi biologici, che grazie anche all’introduzione di librerie spettrali, soprattutto in GC-MS, riescono a soddisfare le esigenze della “systematic toxicological analysis” (STA) (Moeller et al., 1998; Polettini et al., 1998).

La quantificazione dei composti identificati qualitativamente si basa oggi sull’impiego di standard interni, vale a dire composti simili alla sostanza da misurare che sono aggiunti in quantità nota e che la tecnica analitica separa dall’analita d’interesse.

Per quanto riguarda gli “standard interni” utilizzabili, l’operatore è libero di scegliere le sostanze più idonee sulla base delle indicazioni degli organismi internazionali, della letteratura scientifica disponibile e dalla oggettiva disponibilità. È tuttavia raccomandato, nel caso della rivelazione in spettrometria di massa, l’utilizzo di standard deuterati, in quanto per identica struttura chimica, sono in grado di rispondere alle fasi di estrazione, eventuale derivatizzazione, migrazione e

(23)

ionizzazione in maniera analoga all’analita ricercato (Polettini, 2006). È importante sottolineare come la scelta del metodo di conferma si rifletta sul pretrattamento del campione che in alcuni casi può essere semplicemente sottoposto a estrazione in fase liquida con solventi oppure venire estratto su fase solida (SPE) con l’uso di dispositivi monouso. Allo scopo di aumentare la sensibilità del metodo analitico verso la sostanza, il campione biologico viene concentrato di qualche ordine di grandezza, successivamente alla fase di estrazione. In alcuni casi è indispensabile aumentare la sensibilità e la specificità mediante procedure di derivatizzazione dell’analita. Le fasi di pretrattamento del campione e i limiti di sensibilità, a loro volta, influenzano la quantità di campione biologico necessaria; molto spesso le tecniche cromatografiche necessitano di volumi di campione maggiori rispetto ad altre tecniche analitiche.

La scelta delle metodiche analitiche da attuare nel complesso, dalla scelta della matrice, alla fase di estrazione e analisi, dipendono fortemente dalla distribuzione del composto nei tessuti, dalla forma dell’analita presente (sostanza modificata, metabolita, forma libera o legata) e dal momento dell’assunzione.

Le fasi in cui si articola la procedura analitica sono molteplici e alcune di esse risultano essere critiche, tra queste il trattamento del campione,

(24)

la separazione, l’analisi e l’elaborazione dei dati ottenuti.

Trattamento del campione

L’ analisi strumentale per la determinazione delle sostanze d’abuso in matrici biologiche è preceduta dall’ isolamento dello xenobiotico dalla matrice. Le procedure di preparazione attualmente utilizzate ricorrono spesso all’estrazione liquido-liquido, esse sono lunghe e laboriose e richiedono numerosi passaggi ed elevate quantità di solventi a cui il laboratorista viene esposto. La Figura 2 riporta il procedimento orientativo di un’estrazione liquido/liquido che comprende un elenco esemplificativo di sostanze estratte, con l’indicazione media della loro resa di estrazione8.

(25)

Fig 2. Linee guida orientative per un’estrazione liquido/liquido

La Benzoilecgonina per il suo carattere anfotero si estrae con difficoltà in queste condizioni. La sua estrazione è più efficace con sistemi solido/liquidi

L’introduzione dell’estrazione solido-liquido ha ridotto molti dei problemi dell’estrazione liquido-liquido, essa infatti richiede tempi minori ed utilizza minori quantità di solventi, ma resta comunque un procedimento laborioso. L’estrazione in fase solida è una tecnica di preparazione del campione largamente diffusa ed utilizza dispositivi monouso contenenti sostanze assorbenti con particelle impaccate di varia porosità. Questo metodo permette in un solo passaggio la purificazione del campione senza la necessità di estrazioni a diversi pH ed impiega minori quantità di campione e di solventi. Gli analiti

(26)

sono trasferiti sulla fase solida dove sono ritenuti e, successivamente, recuperati per eluizione attraverso un liquido, un fluido o desorbimento termico nella fase gassosa.

Un approccio recente alla preparazione del campione è la microestrazione in fase solida (SPME)9, inventata da Pawliszyn et al. nel 1989, tale procedura integra il campionamento, l’estrazione, la concentrazione e l’iniezione del campione in un singolo passaggio senza l’uso di solventi. Gli analiti nel campione sono direttamente estratti e concentrati sulla fibra di estrazione. Tale metodo estrattivo riduce i tempi di analisi, i costi e migliora i limiti di rilevabilità. La SPME è in genere usata in combinazione con la gas cromatografia/spettrometria di massa (GS-MS) per l’analisi di numerosi composti, in particolar modo quelli volatili e semi-volatili10. Per la SPME si utilizza una fibra di silice fusa ricoperta da un sottile strato di materiale assorbente. Tale fibra adsorbe gli analiti dalla matrice fino al raggiungimento di un equilibrio, la quantità di analiti assorbiti dipende dalla natura del materiale adsorbente e dal coefficiente di ripartizione dell’analita tra la matrice e la fibra stessa. Dopo l’estrazione, la fibra è trasferita, con l’ausilio di un supporto simile ad una siringa (holder), allo strumento analitico per la separazione, identificazione e quantificazione degli analiti11.

(27)

La SPME può essere attuata in 3 modi differenti: estrazione diretta, in spazio di testa o estrazione con protezione di membrana.

L’estrazione diretta prevede che la fibra sia immersa nel campione e venga a contatto diretto con gli analiti; per facilitare tale contatto può essere utile agitare la soluzione per facilitare il raggiungimento dell’equilibrio. Nell’estrazione in spazio di testa gli analiti sono estratti dalla fase gassosa in equilibrio con il campione in un recipiente ermeticamente chiuso. Tale metodo protegge la fibra dagli effetti avversi causati dalle molecole non volatili ad alto peso molecolare presenti nel campione e permette modificazioni dei campioni da analizzare (es. pH ) senza intaccare l’integrità della fibra stessa. In questo tipo di estrazione la temperatura riveste un ruolo fondamentale, infatti, per gli analiti volatili l’equilibrio si raggiunge più velocemente nello spazio di testa che per contatto, mentre per gli analiti poco volatili vale il discorso inverso, essi sono presenti solo in minima parte in fase gassosa e per questo motivo è necessario un aumento di temperatura per favorire il passaggio in fase gassosa. Altra procedura per agevolare il passaggio in fase gassosa degli analiti è il “salting-out”, ottenuto mediante l’aggiunta di sali la cui scelta è in funzione degli analiti da dosare. Altra possibilità di condurre l’estrazione è quella di interporre una membrana tra la fibra e il

(28)

campione, tale membrana funge da barriera che lascia passare gli analiti di interesse e protegge la fibra dagli effetti avversi causati dal contatto con molecole ad alto peso molecolare. Il processo estrattivo è più lento dei precedenti in quanto gli analiti devono diffondere attraverso la membrana12.

Prima di poter utilizzare una nuova fibra è necessario che essa venga condizionata, sottoponendola alla temperatura massima di desorbimento per 0,5 – 4 ore. Per poterla utilizzare in GS-MS sono necessari, per il condizionamento, gas carrier altamente purificati, perché alcune fasi estrattive possono essere facilmente ossidate da tracce di ossigeno. Le fibre possono essere riutilizzate diverse volte (20-150) a seconda della matrice da analizzare13.

Derivatizzazione

Nell’analisi SPME la fibra può essere sottoposta a sostanze che derivatizzino gli analiti adsorbiti in modo da dare dei vantaggi di diverso tipo al momento dell’analisi14. La derivatizzazione può essere necessaria e viene usata per la trasformazione chimica degli analiti in una forma più adatta all’analisi. Mediante la derivatizzazione si può aumentare la volatilità e/o diminuire la polarità di alcuni analiti e aumentare così l’efficienza, la selettività e la rilevabilità. Tale

(29)

approccio rende possibile l’identificazione di sostanze con scarsa rilevabilità cromatografica, molto reattive o termicamente instabili. Tre procedure sono attualmente in uso per effettuare la derivatizzazione: derivatizzazione diretta, derivatizzazione su fibra SPME e derivatizzazione nell’ iniettore GS.

La derivatizzazione diretta è spesso quella preferita per SPME, in questo caso un agente derivatizzante è aggiunto alla matrice del campione, avviene la derivatizzazione e la fibra SPME estrae gli analiti derivatizzati.

La derivatizzazione su fibra può essere effettuata dopo l’estrazione, in questo caso i composti estratti vengono esposti all’agente derivatizzante in fase gassosa per un tempo stabilito, o prima dell’ estrazione, in questo caso l’agente derivatizzante è caricato prima sulla fibra e questa viene poi esposta al campione da analizzare, così gli analiti sono estratti e simultaneamente convertiti in analoghi con maggiore affinità per la fibra.

La derivatizzazione nell’iniettore si basa sullo stesso principio di quella diretta , con la differenza che in questo caso viene effettuata alle temperature elevate dell’iniettore.

Desorbimento

(30)

iniezione del gascromatografo. L’efficienza di tale desorbimento termico dipende dalla volatilità dell’analita, dallo spessore del rivestimento della fibra, dalla profondità dell’iniezione, dalla temperatura e dal tempo di esposizione. Un foro stretto nell’iniettore è essenziale per garantire un flusso costante e la fibra deve essere esposta immediatamente dopo l’inserimento dell’ago di supporto nell’iniettore. In genere la temperatura ideale per il desorbimento è circa quella di evaporazione dell’analita meno volatile, in pratica la temperatura deve essere 10-20 °C più bassa del limite della fibra. Il flusso della fase mobile provvede alla rimozione degli analiti dalla fibra.

Calibrazione e standard

I metodi classici di calibrazione possono essere utilizzati per effettuare un’analisi quantitativa, essi prevedono l’uso di uno standard esterno (curva di calibrazione), l’uso di uno standard interno o il metodo dell’aggiunta dello standard; ognuno di questi metodi ha vantaggi e svantaggi. La costruzione di una curva di calibrazione prevede la preparazione di soluzioni standard in matrici organiche o nella matrice del campione, per ottenere la relazione tra la risposta dello strumento (come altezza/ampiezza del picco) e la concentrazione dello standard. Per tale metodo è necessario che le condizioni di analisi rimangano le

(31)

stesse sia per il campione che per lo standard e che, nel caso vi sia un effetto della matrice, sia preparato un bianco della matrice.

La curva di calibrazione è la relazione che lega la risposta del metodo di analisi al rapporto tra la concentrazione dell’analita e la concentrazione dello standard interno. Lo standard interno dovrebbe essere una sostanza con proprietà chimico-fisiche del tutto simili a quelle dell’analita in esame e non deve interferire con la corsa cromatografica. L’intervallo di misura deve includere le concentrazioni che si trovano generalmente in vivo. Si valuta quindi se l’equazione che lega le due variabili è lineare e se la retta ha intercetta vicino a zero. Se il metodo permette la determinazione simultanea di più analiti, per ciascuno di essi deve essere generata un’ appropriata curva di calibrazione. Il metodo dello standard interno viene utilizzato prevalentemente in cromatografia. Viene effettuata una curva di calibrazione su soluzioni a contenuto noto di analita a cui viene aggiunta la stessa quantità di standard interno. Si costruisce il grafico riportando in ascissa la concentrazione di analita e in ordinata il rapporto tra il segnale misurato per l’analita rispetto a quello dello standard interno (rapporto tra le aree dei picchi cromatografici). Tipicamente i grafici dose/risposta approssimano una linea retta, come è auspicabile, anche se, a causa di errori associati al processo di

(32)

misurazione, non tutti i dati si trovano esattamente su una retta.

Applicazione del metodo analitico su matrici biologiche

Le analisi tossicologiche si avvalgono di diverse matrici biologiche, che da sole o in abbinamento tra loro, consentono di esprimere una diagnostica appropriata alle diverse finalità per le quali è richiesta. Il sangue rappresenta ancora oggi la matrice di elezione per rilevare l’attualità d’uso. Ciascuna matrice biologica presenta vantaggi e limiti, la sua idoneità risponde a criteri di finalizzazione dell’indagine, alle caratteristiche farmacocinetiche delle sostanze, alle metodologie analitiche da adoperare, alla praticabilità del prelievo nel contesto operativo del momento. Nella tabella sono sintetizzate peculiarità e limiti delle matrici biologiche più utilizzate oltre al sangue.

(33)

Per una corretta interpretazione dell’analisi delle sostanze nei liquidi biologici bisogna tener conto di numerosi fattori che influenzano il risultato, come la quantità e lo schema metabolico della sostanza assunta, la frequenza dell’uso, il tempo intercorso tra il prelievo e l’ultima assunzione, la sensibilità del metodo e la scelta del cut-off, il tipo di matrice biologica esaminata, la concomitante assunzione di più sostanze, la presenza di sostanze o condizioni interferenti.

Un risultato positivo implica solamente che il soggetto ha assunto la sostanza, ma non fornisce altre informazioni sulla dose, sul momento di assunzione, sulle modalità di uso o abuso.

La possibilità di ottenere più facilmente un campione di urine, in consistente quantità, rende questa matrice ampiamente utilizzata nello screening per ogni finalità.

Un aspetto tecnico importante della diagnostica di laboratorio è rappresentato dall’individuazione e gestione dei falsi negativi. L’ individuazione in fase preanalitica di campioni alterati o contraffatti rappresenta un aspetto essenziale per l’attendibilità/utilità della diagnosi di laboratorio. Questo punto è importante perché implica una serie di considerazioni sulle modalità e condizioni di prelievo del campione e sulla definizione di parametri obiettivi, quali temperatura, pH, peso specifico, che possano escludere una sofisticazione o

(34)

sostituzione delle urine. Esistono diverse sostanze che aggiunte al campione possono renderlo negativo, soprattutto ad un’analisi con metodi immunochimici: cloruro, bicarbonato, ipoclorito di sodio, succo di limone, detergenti liquidi, acqua ossigenata. Per la facilità con cui tali manomissioni possono essere operate, non è superfluo sottolineare la necessità di un’adeguata catena di custodia che inizi già dal momento del prelievo.

La figura 3 riporta le principali condizioni che alterano il campione urinario e le più diffuse verifiche per individuare un campione non idoneo15.

Figura 3

Nella tabella sono indicate le più diffuse modalità di contraffazione del campione, le possibili verifiche da effettuare per la sua individuazione ed i livelli decisionali di alcuni parametri secondo le

(35)

indicazioni SAMHSA.

Allo scopo di individuare adulterazioni nei campioni da analizzare, ci sono pratiche dettate dal buon senso, come la concentrazione per evaporazione naturale dei campioni sospetti, e suggerite da linee guida, come la determinazione della creatinina urinaria16.

La tecnologia sta sviluppando sistemi sempre più accurati per l’identi_ cazione delle sostanze d’abuso e dei loro assuntori. L’analisi nelle uri_ ne continua ad essere la più diffusamente utilizzata, ma l’impiego di matrici alternative offre alcuni vantaggi e nel tempo ha consentito lo sviluppo di procedure a buon livello di performance e di standardizza_ zione.I limiti delle matrici alternative sono progressivamente ridotti dalla ricerca analitica e dalla tecnologia, il consenso su aspetti parti_ colarmente delicati quali i cut-off, la costruzione e l’interpretazione dei risultati è in fase di consolidamento nella comunità scientifica

(36)

internazionale.

Si propongono linee guida che procedono parallelamente a quelle per il drug testing nelle urine. Tra i problemi tecnici per una maggiore diffusione di queste matrici:

necessità di appositi materiali per il controllo di qualità, standardizza_ zione delle procedure, cut-off idonei e condivisi, conoscenze scientifiche esistenti sulla disposizione delle sostanze e sulle cinetiche nelle matrici alternative, nuove tecniche analitiche per lo screening e la conferma, biomarkers per la normalizzazione dei risultati del test (come la creatinina per le analisi in urine), maggiori conoscenze sulla relazione tra concentrazioni e tempo-dose-frequenza dell’assunzione, interpretazione dei risultati discordanti rispetto alle analisi in urine.

Procedure per gli accertamenti tossicologici sui conducenti

Sulla base delle linee guida consolidate e della normativa in materia il nostro laboratorio di patologia clinica distrettuale e tossicologia della ASL BR ha così definito le proprie “Linee guida per la determinazione delle sostanze d’abuso e procedure operative per la Commissione patenti”

(37)

che: “… con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti,

di concerto con i Ministri dell'interno, della giustizia e della salute, sentiti la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le politiche antidroga e il Consiglio superiore di sanità, … sono stabilite le modalità … di effettuazione degli accertamenti… e le caratteristiche degli strumenti da impiegare negli accertamenti medesimi …”. Nelle more dell’adozione del previsto Decreto, il 25 Febbraio 2005 è stata presentata una direttiva interministeriale dal titolo: “Protocollo operativo per gli accertamenti richiesti dall’art

187 del DL.vo 30.4.1992 n. 285 e successive modificazioni sui conducenti che si presume siano in stato di alterazione psico-fisica conseguente all’ uso di sostanze stupefacenti e/o psicotrope”. Il protocollo, diviso in 12 capitoli, prevede che i laboratori accreditati, o comunque utilizzati per l’effettuazione degli accertamenti, devono rispettare le seguenti procedure e soddisfare i seguenti requisiti minimi, indispensabili ad assicurare l'affidabilità del risultato delle analisi sui campioni biologici prelevati. Le modalità previste sono:

a) acquisizione, conservazione e manipolazione dei campioni biologici nel rispetto delle norme che garantiscono l'idoneità e l'integrità della catena di custodia;

(38)

psicotrope attraverso l'impiego di metodiche a due livelli di accertamento:

- screening con metodi di tipo immunochimico dotati delle caratteristiche di cui alla Tabella I;

- successiva conferma dei risultati positivi con tecnica cromatografica, di regola abbinata alla spettrometria di massa, con l'utilizzo dei relativi standard di riferimento. c) performance analitica della struttura costantemente monitorata

attraverso la partecipazione continuativa a controlli di qualità esterni;

d) valutazione/interpretazione del dato positivo effettuata con riferimento ai valori soglia di cui alla Tabella I ed in base alla congruenza del risultato analitico globale con il quadro atteso, secondo le conoscenze scientifiche sulla natura e sul metabolismo della sostanza identificata;

e) possibilità di conservare, per eventuali esigenze legali, la terza ed ultima aliquota del campione risultato positivo nelle idonee condizioni per un periodo di tempo non inferiore ad un anno; f) impegno ad effettuare la refertazione attraverso la modulistica

prevista dal protocollo operativo e a trasmetterla alla direzione sanitaria corredata, in caso di identificazione positiva, dai

(39)

tracciati cromatografici

g) impegno a conservare la documentazione riguardante la catena di custodia, i tracciati cromatografici, gli spettri di massa e ogni altro documento necessario, in copia, per cinque anni.

(40)

Dispositivi di screening on-site

Il comma 2 dell’Art. 187 del “Nuovo codice della strada” stabilisce che: “Al fine di acquisire elementi utili per motivare l'obbligo di

sottoposizione agli accertamenti di cui al comma 3, gli organi di Polizia stradale… secondo le direttive fornite dal Ministero dell'Interno… possono sottoporre i conducenti ad accertamenti qualitativi non invasivi o a prove, anche attraverso apparecchi portatili”.

La successiva direttiva specifica che “l’accertamento qualitativo… non ha contenuto di accertamento analitico o di esame diagnostico e può essere effettuato direttamente da parte degli organi di polizia stradale… mediante apparecchi portatili, mediante test di tipo monouso in grado di rilevare la presenza di sostanze stupefacenti o psicotrope in campioni biologici quali saliva, urina o traspirato ovvero mediante strumenti tecnici, dispositivi di controllo ovvero test o procedure che consentono di rilevare alterazioni significative del comportamento del conducente che, presumibilmente, possono essere collegate all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope. Gli apparecchi, i dispostivi e gli strumenti tecnici di controllo … sono denominati

(41)

rapidità di misura e possibilità di impiego in ogni condizione ambientale”.

I rilevatori preliminari così come definiti nella precedente direttiva interministeriale, sono meglio conosciuti, nella letteratura internazionale, come dispositivi di rilevamento on-site.

La scelta di un dispositivo on-site non può prescindere da alcuni criteri di valutazione che sono:

1. Finalità di utilizzo

2. Caratteristiche di sensibilità e specificità 3. Possibilità di un controllo interno

4. Prevalenza dell’uso di sostanze nel territorio 5. Personale da cui è adoperato

6. Praticabilità

Un esempio di come possano variare le caratteristiche di sensibilità e specificità in relazione alla prevalenza dell’uso della sostanza si può rilevare da un lavoro di Kadehjian del 2001 (L. J. Kadehjian, 2001

“Performance of five on-site instrument urine drug-testing devices with challenging near cut-off specimens” J. Anal. Toxicol 25:670-679) in cui sono state valutate le performance di quattro dispositivi

(42)

on-site applicati a campioni intorno al cut-off. Pur fornendo nel complesso livelli di performance accettabili, analizzando ciascun dispositivo per le diverse classi di sostanze, si rilevano chiari deficit in termini di sensibilità e specificità, in particolare per amfetamine e cannabinoidi.

L’affidabilità dei dispositivi per il test della saliva, effettuato on-site, è stata anche obiettivo di studio di due importanti progetti comunitari. Dei nove dispositivi on-site valutati nell’ambito del progetto comunitario «Rosita-2» tra il 2003 e il 2005, nessuno è risultato tale da poter essere raccomandato per il controllo dei conducenti effettuato sulla strada. I limiti di tali apparecchi, tuttavia, potrebbero in certa

(43)

misura essere compensati modificando il protocollo di test. La valutazione dei dispositivi on-site è stata inoltre una parte integrante del progetto DRUID (misura 3, azione 2). In questo caso la durata della valutazione è andata da Ottobre 2007 a Dicembre 2009.

Lo studio è stato condotto in tre differenti Paesi: dalla “Facoltà di Scienze Mediche e della Salute - Dipartimento di chimica clinica, microbiologia ed immunologia”, dell’Università di Ghent in Belgio; dall’Istituto Nazionale per la Salute e il Benessere (THL) in Finlandia; e dall’ “Istituto di ricerca sulla sicurezza stradale” (SWOV) nei Paesi Bassi. Al Dipartimento dei Trasporti, dell’Università Tecnica della Danimarca (DTU) è stato dato il compito di guidare l‘indagine. THL era responsabile dell’elaborazione del risultato finale.

Sono stati valutati 8 dispositivi on-site per la saliva17. Le sostanze testate sono state: anfetamine, metamfetamina, MDMA, cannabis, cocaina, oppiacei, benzadiazepine e PCP.

Gli studi sono stati condotti su guidatori scelti a caso, guidatori sospettati di guidare sotto l’effetto di droghe, pazienti dei centri di cura e cliniche di riabilitazione e clienti di bar.

È stato fissato come target auspicabile una prestazione dell’80% o più di sensibilità, specificità e precisione.

(44)

Tutti i risultati di sensibilità, specificità e accuratezza a seconda del cut-off DRUID sono stati riportati in tabelle divise per sostanza. Quando si interpretano i risultati, i rispettivi valori di sensibilità, specificità e accuratezza dei dispositivi, devono essere considerati insieme, così come deve essere valutata la popolazione di studio utilizzata per il test.

L'accuratezza di un dispositivo è la percentuale dei risultati veri negativi, o veri positivi, di tutti i risultati dei test. Tuttavia, una grande accuratezza da sola, non implica necessariamente che i dispositivi siano buoni per identificare correttamente i casi positivi, infatti, testando una popolazione con molti “non consumatori” di una determinata sostanza, si può facilmente presumere che ne conseguirà una quota molto alta di casi veri negativi, facendo assumere, di conseguenza, un valore elevato anche all’accuratezza. Pertanto, per consentire una migliore comprensione della performance del dispositivo, deve essere esaminata sia la sensibilità (o proporzione di casi positivi che sono correttamente identificati dal test), sia il numero di casi positivi inclusi nello studio. Allo stesso modo, sono importanti sia la specificità (o proporzione di casi negativi che sono correttamente identificati dal test), che il numero totale di casi negativi

(45)

inclusi nello studio.

È da notare che in questo studio tutte le specificità dei dispositivi sono nel range 90-100%, ad eccezione della prova OrAlert oppiacei (81%). Le popolazioni di studio, in generale, contenevano un numero elevato di casi negativi; con eccezioni delle popolazioni dei Paesi Bassi e del Belgio che presentavano una percentuale elevata di casi positivi per cannabis e oppiacei.

Nonostante, quindi, la necessità di considerare tutti i risultati insieme, la sensibilità rimane probabilmente il principale parametro d’interesse. Diagrammi di sensibilità, con intervalli di confidenza al 95%, per tutti i dispositivi testati, sono riportati di seguito, per ogni classe di sostanza (grafico 2.2-2.8). Gli intervalli di confidenza sono stati calcolati con il metodo Wald modificato. Va notato che, quando non ci sono risultati veri positivi (o falsi negativi), la sensibilità del test di quel dispositivo non può essere calcolata e, di conseguenza, non è calcolata neanche la barra di errore18.

(46)

Grafico 2.2 - Istogramma unico di sensibilità per i test dell’anfetamina

Grafico 2.3 - Istogramma unico di sensibilità per i tests della cannabis

(47)

Grafico 2.5 - Istogramma unico di sensibilità per i test degli oppiacei

Grafico 2.6 - Istogramma unico di sensibilità per i test delle benzodiazepine

(48)

Grafico 2.8 - Modello a dispersione della sensibilità contro specificità per ogni dispositivo testato

Nel progetto Rosita-2 la sensibilità dei dispositivi per le anfetamine varia dal 40% al 83% e la specificità dal 80% al 100%. I risultati ottenuti in DRUID per le anfetamine sono leggermente migliori per sensibilità e specificità (sensibilità 54-87%, specificità 88-100%). Anche per le prove di alcuni oppiacei e benzodiazepine ci sono stati modesti miglioramenti. La sensibilità è stata del 51-100% per gli oppiacei nel progetto Rosita-2 e del 69-90% in DRUID (sensibilità media 79%). Per le benzodiazepine, la sensibilità è stata 33-60% nello studio Rosita-2 e del 48-68% in DRUID. I valori di specificità per le prove di oppiacei e benzodiazepine ottenuti in DRUID sono leggermente superiori rispetto ai valori ottenuti in Rosita-2, ma va ricordato che per molti dei dispositivi testati in DRUID non ci sono

(49)

stati casi positivi per queste sostanze. Purtroppo, nessun miglioramento significativo può essere visto per la cannabis e cocaina confronto al progetto Rosita-2. Al contrario, i valori di sensibilità per la cocaina non hanno raggiunto il livello ottenuto nel precedente studio19.

Si deve però anche ricordare, che almeno alcuni dei dispositivi testati in Rosita-2, sono di produttori diversi da quelli testati in DRUID. Il confronto di cut-off utilizzati in Rosita-2 e DRUID mostra che generalmente sono circa gli stessi, o solo leggermente inferiore per il progetto DRUID. Pertanto, il confronto dei risultati di Rosita-2 con i risultati del DRUID lascia intravedere la direzione di miglioramento dei test on-site.

(50)

Sostanze d’abuso

Le sostanze psicotrope e stupefacenti oltre ad essere molto dannose per la salute, rappresentano un’aggravante per i guidatori e un rischio per l’incolumità di terzi.

Le sostanze d’abuso possono essere classificate secondo diversi criteri:

 Giuridici (legali ed illegali)

 Di pericolosità (leggere e pesanti)

 Di preparazione (naturali, semisintetiche e sintetiche)

 Farmacologici (caratteristiche farmacodinamiche e strutturali)  Sintomatologici (modificazioni psichiche in rapporto alla loro attività sul S.N.C.)

In particolare alla luce di quest’ultimo criterio si parla di:

Droghe deprimenti: alcool etilico, narcotici (oppio e derivati), barbiturici e benzodiazepine

Droghe stimolanti: cocaina, amfetamine e derivati, caffeina, antidepressivi

Droghe psichedeliche: allucinogeni (LSD, mescalina, fenciclidina) cannabinoidi (hashish, marijuana).

(51)

Oppiacei

Gli oppiacei (Fig. 3.1-3.2) e i suoi derivati sono una classe di composti aventi in comune la proprietà di interagire con i recettori µ, δ e κ, i cui mediatori naturali sono rispettivamente endorfine, encefaline e dinorfine. A livello centrale causano sedazione, euforia, depressione respiratoria ed analgesia. L’oppio è un essudato secco di colore brunastro, che si estrae, in forma di lattice, dalle capsule verdi del Papaver Somniferum. I due principali alcaloidi presenti nell’oppio sono morfina e codeina mentre l’eroina è un derivato semisentetico della morfina.

(52)

Eroina

Si presenta sottoforma di polvere granulosa bianca o marrone. È uno dei più potenti oppiacei che si può fumare, sniffare o iniettare in vena. L’eroina è una sostanza che deprime il funzionamento del Sistema Nervoso Centrale, abbassando quindi pressione arteriosa, frequenza respiratoria e cardiaca.

Fig. 4 Eroina

Quando la si assume, si realizza uno stato di rilassamento intenso che può durare dalle 4 alle 6 ore, con sonnolenza, deficit della coordinazione motoria, dell’attenzione. Il rischio più grande è l’overdose che può portare a morte per soffocamento causato dall’eccessivo rilassamento muscolare.

Morfina

Si presenta sotto forma di polvere bianca che tende ad imbrunire all’aria, insolubile in acqua, solubile in alcol. In terapia sono utilizzati i suoi sali, cloridrato e solfato, che risultano discretamente solubili in

(53)

acqua. Può essere assunta sia per via orale, sia sottocutanea che intramuscolare. Assorbita rapidamente, ha un’emivita di circa 4 ore. Si distribuisce velocemente in vari tessuti, ma è lenta la sua penetrazione dal sangue nel sistema nervoso centrale, per cui l’acme analgesico si ha solo dopo 20 minuti; in minima parte viene metabolizzata, per lo più è eliminata libera o glucurono-coniugata con le urine.

Fig. 5 Morfina

Stimolanti

Fanno parte di questa categoria le sostanze in grado di esercitare azione stimolante sul sistema nervoso centrale. La classe degli

stimolanti od eccitanti è piuttosto vasta e include sostanze diverse fra loro per tipologia di effetti, accomunate dal fatto di aumentare la permanenza in circolo di qualche neurotrasmettitore in modo tale da

(54)

aumentare qualche prestazione psicofisica ed alcune funzioni biologiche.

Cocaina

La cocaina viene estratta dalla pianta della coca ed è uno stimolante del S.N.C. Viene assorbita rapidamente ma i tempi di eliminazione variano a seconda del soggetto e delle modalità di assunzione. La sostanza è diffusa maggiormente sotto forma di sale cloridrato. Può essere assunta per via nasale, endovenosa, crack-smoking. Viene metabolizzata (fig. 6) quasi completamente nel fegato ed escreta inalterata nell’urina solo in misura dell’1% circa dove i suoi metaboliti sono reperibili per circa 2 giorni dopo l’assunzione.

L’analita presente in concentrazioni maggiori è la cocaina stessa, la sostanza è diffusa maggiormente sottoforma di sale cloroidrato.

Altro analita quantificabile la benzoilecgonina, mentre non sempre osservabili la norcocaina e il cocaetilene, quest’ultimo presente nel caso di assunzione contemporanea di cocaina e alcol.

(55)

Norcocaina Benzoilecgonina

Cocaina

Ecgonina Metilestere Cocaetilene

Fig 6 Metabolismo della cocaina

L’effetto farmacologico principale della cocaina a livello del sistema nervoso centrale è quello di bloccare il recupero di dopamina nel terminale presinaptico una volta che questa è stata rilasciata dal

(56)

terminale del neurone nello spazio intersinaptico.

La rimozione della dopamina nel teminale sinaptico avviene ad opera delle cosiddette proteine di trasporto che favoriscono l’assorbimento del neurotrasmettitore dall’esterno all’interno del neurone. La cocaina agisce sulla funzionalità delle proteine di trasporto, impedendo il riassorbimento di dopamina (Fig. 7 ). Il risultato è quindi un aumento della quantità di questo neurotrasmettitore a livello delle terminazioni sinaptiche dei neuroni dopaminergici del SNC. La cocaina può bloccare anche il riassorbimento presinaptico di noradrenalina e serotonina.

Questo effetto provoca l’esaurimento delle riserve di neurotrasmettitore del neurone presinaptico, causando una sorta di affaticamento sinaptico, che altera la normale risposta fisiologica alla depolarizzazione.

(57)

Amfetamine-Metossiamfetamine

Il termine “ amfetamina ” si riferisce a vari farmaci tra i quali i più comuni sono: D-amfetamina, D-metamfetamina e D-L-amfetamina. Le amfetamine vengono assorbite senza difficoltà nel canale gastro-intestinale e successivamente disattivate dal fegato o escrete inalterate nell’urina, dove sono reperibili entro 3 ore dall’assunzione . L’analita presente in concentrazioni maggiori è la sostanza consumata. Agiscono mediante un aumento del rilascio di neurotrasmettitori catecolaminergici.

Sono farmaci simpatico-mimetici di sintesi con una potente azione stimolante sul S.N.C. ed azioni periferiche sui recettori α e β dell’adrenalina e noradrenalina; sono efficaci anche se somministrati per via orale. A livello centrale gli effetti comportano un aumento della vigilanza e dell’attenzione, un’ esaltazione dell’umore fino all’euforia e marcata riduzione del senso di fatica muscolare. Gli effetti periferici sono blandi ed incostanti, consistono in bronco-dilatazione e ipertensione arteriosa.

(58)

Fig 8. amfetamina MDMA Allucinogeni: LSD, MESCALINA,PSILOCIBINA

Gli allucinogeni interferiscono nelle interazioni fra le cellule nervose e la serotonina presente nel sistema nervoso centrale e coinvolta nel controllo del comportamento, del sistema percettivo e della percezione sensoriale

Cannabinoidi

Comunemente conosciuta come marijuana (Fig. 3.10), è una pianta originaria dell’Asia Centrale. Il suo derivato principale è l’hashish ottenuto impastando la resina della pianta con grasso animale. Il maggior composto psicoattivo presente è il delta-9-tetraidrocannabinolo (THC). Quando il THC viene assunto, il metabolita che viene ricercato nelle matrici biologiche è l’acido 11-nor-delta-9-tetraidrocannabinol-9-carbossilico.

Aumento delle percezioni sensoriali e senso di rilassatezza, sono gli effetti più comunemente riscontrati in seguito all’abuso di queste

(59)

sostanze. O COOH OH C5H11 O CH3 OH C5H11 ∆ ∆∆

∆ 9-THCCOOH metabolita ∆9-THC cannabinoide

Caratteristiche della matrice salivare

Con il termine saliva si indica, in fisiologia, il liquido che viene secreto dalle ghiandole salivari situate nella cavità orale. Le tre coppie di ghiandole salivari sono le parotidi a secrezione sierosa pura, le sottomandibolari e le sottolinguali a secrezione mista prevalentemente sierosa per le prime e mucosa per le seconde.

Composizione

La saliva umana è un fluido composto principalmente da acqua, ma in essa sono presenti elettroliti, muco ed enzimi. Nel dettaglio:

Acqua (99%) Elettroliti di cui:  2-21 mmol/L sodio  10-36 mmol/L potassio

(60)

 1.2-2.8 mmol/L calcio  0.08-0.5 mmol/L magnesio  5-40 mmol/L cloruro

 25 mmol/L bicarbonato  1.4-39 mmol/L fosfato

• Muco composto da glicosaminoglicano e glicoproteine

• Composti antibatterici come l’enzima perossidasi e immunoglobuline di tipo A

• Enzimi: α-amilasi, lisonzima, lipasi, fosfatasi acida, lattoperossidasi, superossido dismutasi, aldeide deidrogenasi

• Cellule umane e batteriche

• Altre sostanze in misura minore (pepsina, testosterone)

(61)

Funzioni

Le funzioni della saliva sono:

 Solvente: dovuta alla componente sierosa ricca di acqua

 Umettante: esercitata dalla componente mucosa che umetta il bolo alimentare al fine di evitare lacerazioni al passaggio nel canale digerente

 Antibatterica: la presenza di lisozima, lattoferrina, ione tiocianato e anticorpi permettono di opporsi alla vita e alla crescita dei batteri che vengono introdotti all’interno della cavità orale. Ci proteggono inoltre dai batteri infettivi

 Digestiva: la presenza di ptialina, una α-amilasi capace di scindere i legami α-1,4 di glucidi contenenti almeno tre unità di glucosio nella struttura.

Secrezione

Il controllo della secrezione salivare è regolata dal sistema nervoso parasimpatico a livello dei nuclei salivari superiori e inferiori del tronco encefalico. Anche la stessa irrorazione sanguigna a livello delle ghiandole stimola indirettamente la secrezione salivare, infine è bene ricordare che l’aumento della salivazione è uno dei pochi casi in cui le branche ortosimpatiche e parasimpatiche promuovono lo stesso

(62)

effetto.

Giornalmente vengono secreti approssimativamente 1500 ml di saliva non in modo omogeneo: in condizioni normali la produzione è di circa 20 ml/h, sotto stimolazione può arrivare a 250 ml/h, durante il sonno diventa prossima a 0 ml/h.

Utilizzo in tossicologia

La saliva è senza dubbio la matrice non convenzionale più comunemente utilizzata in sostituzione del sangue per il monitoraggio di molti farmaci e per studi farmacocinetici e farmaco-tossicologici. Il motivo per cui viene determinato un farmaco nella saliva è che la sua azione farmacologica dipende dalla frazione di farmaco nel plasma non legata alle proteine seriche: questa frazione è normalmente secreta dalla ghiandola salivare nella saliva20. I vantaggi nell’utilizzazione di questa matrice sono costituiti dalla non invasività del prelievo, dalla facilità di prelievo ripetuti nel tempo e dalla possibilità di quantizzare la frazione libera del farmaco. Gli svantaggi sono costituiti dalla necessità di tecniche analitiche sensibili per i farmaci presenti in piccole concentrazioni, dall’alterazione della concentrazione salivare di un farmaco nei casi di stimolazione del flusso salivare per la raccolta, dal rischio di contaminazione nelle 3 somministrazioni orali,

Figura

Fig 2.  Linee guida orientative per un’estrazione liquido/liquido
Figura 3.1 - Pianta dell’oppio  Figura 3.2 - Derivati dell’oppio
Fig. 4   Eroina
Fig. 5  Morfina
+7

Riferimenti

Documenti correlati

I preparati sono esclusi parzialmente dalle misure di controllo quando contengono una o più altre componenti e quando la quantità di codeina, calcolata come base, non supera i 100

Alcune attività lavorative possono comportare rilevanti rischi per l’incolumità e la sicurezza non solo per il lavoratore che vi è direttamente adibito, ma anche

Un’organizzazione “no profit” ha condotto, sin dal 2012 e su scala internazionale, indagini demoscopiche circa i motivi, che hanno indotto persone a far uso di stupefacenti e di

In particolare, tale collegamento può essere desunto da specifiche fonti di prova (quali, laddove mancasse un accer- tamento "in flagranza" della dazione illecita, i

3-(2-dietilaminoetil)-indolo vedere sotto N,N-dietiltriptamina N,N-dietillisergamide vedere sotto dietilamide dell’acido lisergico N,N-dietiltriptamina

Si precisa che è obbligo dei lavoratori sottoporsi agli accertamenti disposti dal medico competente (sulla base dell’art. 81/08, sanzionabile ai sensi dell’art. a di

SOSTANZA CON UN'ALTRA LE PERSONE CHE UTILIZZANO STIMOLANTI SONO TUTTE FUORI CONTROLLO E NON SONO CAPACI DI ADOTTARE COMPORTAMENTI NON RISCHIOSI. LA PAURA È UN DETERRENTE

e di maggior coerenza con il paradigma della ragionevolezza intrinseca della pronuncia –, la questione di legittimità costituzionale per l'irragionevole