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Funzioni degli amministratori nel concordato preventivo

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Academic year: 2021

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1

INDICE SOMMARIO

1. PROFILI GENERALI ... 2

1.1. Il dovere di accertare il requisito di continuità aziendale ... 3

1.2. Il dovere di “monitorare” lo stato di crisi ... 6

1.3. Gli strumenti di superamento della crisi ... 7

1.4. Le responsabilità ... 8

2. DOVERI E OBBLIGHI DEGLI AMMINISTRATORI ... 12

2.1. Il diritto di fare domanda di ammissione al concordato preventivo ... 14

2.2. Il dovere di rispettare il piano concordatario ... 16

2.3. Il dovere di informazione ... 17

2.4. La facoltà di ricercare “nuova finanza” ... 20

2.4.1. I finanziamenti “alla ristrutturazione” e i finanziamenti c. d. “ponte”... 24

2.4.2. I finanziamenti “interinali” ... 30

2.4.3. I finanziamenti dei soci ... 33

3. L’ART. 182-SEXIES L. F. ... 38

3.1. Il problema ... 49

3.2. Soluzioni applicative ... 52

3.3. I limiti della regola “ricapitalizza o liquida” ... 55

(2)

2

1. PROFILI GENERALI

Nella presente indagine, s’intende verificare se nelle società di capitali in crisi i doveri e i compiti degli amministratori possano assumere connotati peculiari, tenuto conto che durante la crisi1 essi devono individuare un punto di equilibrio tra due contrapposte esigenze: l’interesse dei soci alla conservazione del patrimonio societario e l’interesse dei creditori sociali alla liquidazione dello stesso per la soddisfazione dei propri crediti. Entrambi gli interessi sono meritevoli di tutela ed è quindi dovere degli amministratori individuare la soluzione più idonea per il superamento della crisi, nel momento in cui si registra la disfunzione organizzativa, gestionale e finanziaria dell’impresa2. Data la situazione particolare che colpisce la società, sicuramente i doveri e i poteri degli amministratori diverranno più stringenti, risultando limitata così la discrezionalità gestoria3.

In questa prospettiva d’incertezza diventano centrali gli obblighi riguardanti: i) il costante monitoraggio della situazione economico-finanziaria, ii) la verifica del requisito della continuità aziendale e iii) l’impiego di strumenti negoziali della crisi nei rapporti con i creditori4.

Resta (naturalmente) fermo l’obbligo di convocare l’assemblea per deliberare gli opportuni provvedimenti nel caso di perdite rilevanti, di accertare tempestivamente la causa di scioglimento causato dalla perdita che riduce il capitale al di sotto del minimo legale5. Tutto quanto sopra si traduce in un dovere implicito degli amministratori di utilizzare i mezzi e le risorse adeguate allo scopo di monitorare e gestire adeguatamente la crisi6.

1 Ricordo che per crisi s’intende il potenziale pericolo, in un futuro non prossimo, di non riuscire ad

adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni. La crisi d’impresa è il presupposto oggettivo per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo.

2 F. GUERRERA, Compiti e responsabilità degli amministratori nella gestione dell’impresa in crisi, in La

nelle società di capitali, a cura di M. Vietti, Egea, Milano, 2013, p. 247-248.

3 F. GUERRERA, Compiti e responsabilità degli amministratori nella gestione dell’impresa in crisi, p. 250. 4 F. GUERRERA, Compiti e responsabilità degli amministratori nella gestione dell’impresa in crisi, p.

250-256.

5

F. GUERRERA, Compiti e responsabilità degli amministratori nella gestione dell’impresa in crisi, p. 250.

6

(3)

3

1.1. Il dovere di accertare il requisito di continuità aziendale

La nozione di continuità aziendale è utilizzata dal legislatore in ambito contabile7, assumendo come parametro di riferimento il “valore d’uso” dei beni in rapporto all’attività svolta; in tal senso il bilancio d’esercizio assume una prospettiva dinamica8. Coerentemente il venir meno delle prospettive di continuazione dell’attività impone il passaggio ai criteri di liquidazione9, non intendendo più le componenti del patrimonio come un sistema di relazioni dinamiche e proiettando l’azienda verso la sua estinzione10.

In sintesi, se il redattore del bilancio d’esercizio ritiene che la società sia in grado di proseguire la propria attività operativa nei successivi dodici mesi, allora adotterà i valori d’uso, altrimenti se individua sintomi di crisi o addirittura di insolvenza sarà obbligato ad abbandonare il criterio del valore d’uso11.

La continuità aziendale quindi richiede la sussistenza di un equilibrio prospettico sotto diversi profili: i) quello finanziario, in relazione ai flussi di cassa; ii) quello economico, in relazione alla redditività dell’area caratteristica; iii) quello gestionale, in relazione alla eventuale perdita di amministratori, dirigenti, dipendenti strategici, o al venir meno di fornitori o clienti essenziali per il proseguimento dell’attività12.

L’accertamento della continuità aziendale pertanto è strettamente legato al

liquid test, che gli amministratori devono effettuare al fine di non procedere a

7 L’articolo 2423-bis del codice civile, primo comma, pt. 1), dispone che: “le valutazioni del delle voci

deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione dell’attività […]”.

8

C. CINOTTI - NIEDDU ARRICA, Continuità aziendale, capitale e debito: la gestione del risanamento nelle

procedure di concordato preventivo, in www.orizzontideldirittocommerciale.it/media/

19067/cincotti_c._nieddu_arrica_f._paper_25-06-13.pdf, p. 2.

9

Ai sensi dell’articolo 2490, 2° comma c.c.

10 C. CINOTTI - NIEDDU ARRICA, Continuità aziendale, capitale e debito: la gestione del risanamento nelle

procedure di concordato preventivo, p. 3.

11 C. CINOTTI - NIEDDU ARRICA, Continuità aziendale, capitale e debito: la gestione del risanamento nelle

procedure di concordato preventivo, p. 2-3.

12

C. CINOTTI - NIEDDU ARRICA, Continuità aziendale, capitale e debito: la gestione del risanamento nelle

(4)

4 distribuzioni del patrimonio ai soci a condizioni tali da consentire la conservazione della liquidità e nella vigenza del sistema del capitale sociale13. La continuità aziendale assume rilievo, oltre che sotto il profilo contabile, anche sotto il profilo dei doveri degli amministratori di cui all’articolo 2428 c.c.14 in ossequio agli obblighi di corretta gestione che gravano sugli stessi (articolo 2381 c.c.)15.

Non a caso il legislatore ha espressamente previsto l’obbligo di verificare la permanenza della continuità aziendale con riferimento ad alcune operazioni societarie. Il quadro normativo di riferimento è costituito da alcune previsioni16. Viene quindi in considerazione, l’articolo 2501-bis c. c., ai sensi del quale, in caso di fusione a seguito di acquisizione con indebitamento, gli amministratori della società risultante dalla fusione devono indicare nel progetto di fusione, oltre che il contenuto minimo indicato al primo comma dell’articolo 20501-ter17, anche le risorse finanziarie previste per il soddisfacimento delle obbligazioni della società risultante dalla fusione; essi, inoltre, devono indicare, nella c. d. relazione dell’organo amministrativo, le ragioni che giustificano l’operazione in questione e predisporre un piano economico-finanziario al fine di indicare la fonte delle risorse finanziarie e di descrivere gli obiettivi prefissati.

Assume altresì rilievo l’articolo 2433-bis, comma 5 c. c., che richiede, per poter deliberare la distribuzione di acconti suoi dividendi, la redazione di un prospetto contabile e la redazione di una situazione patrimoniale, economica e finanziaria che ne consenta la distribuzione.

13 M. MIOLA, Riflessioni sui doveri degli amministratori in prossimità dell’insolvenza, in Studi in onore di

Umberto Belviso, I, Bari, 2011, p. 624.

14

Impone loro di indicare nella relazione sulla gestione “ i principali rischi ed incertezze cui la società è sottoposta”.

15

C. CINOTTI - NIEDDU ARRICA, Continuità aziendale, capitale e debito: la gestione del risanamento nelle

procedure di concordato preventivo, p. 3.

16 A. SACCHI, La responsabilità gestionale nella crisi dell’impresa societaria, in Giurisprudenza

(5)

5 Da ultimo, il riferimento è all’articolo 2447-ter, comma 1, lett. c) c. c., che prevede, in capo agli amministratori, l’obbligo di verificare la congruità del patrimonio rispetto allo specifico affare, tramite la predisposizione di un piano economico-finanziario18, nonché all’articolo 2447-decies, comma 2, lett. a c. c., il quale obbliga gli amministratori a descrivere “i costi previsti e i ricavi attesi” al fine di verificare la sostenibilità del finanziamento destinato allo specifico affare19.

La portata operativa di questo principio civilistico trova tuttavia un limite nell’ambito della crisi d’impresa, anche se il venir meno della continuità aziendale non è perfettamente identificabile con lo stato di crisi, che rappresenta il presupposto per l’accesso alla procedura di concordato preventivo. Logicamente, con riguardo ai doveri gestori, il venir meno della continuità aziendale vincola gli amministratori al rispetto dell’obbligo di gestione conservativa imposto dall’esigenza di tutela dei creditori20.

In quest’ottica, assume rilievo la causa di scioglimento di cui al numero 2) dell’articolo 2484 c.c., a norma della quale le società di capitali si sciolgono anche quando sopravviene l’impossibilità di conseguire l’oggetto sociale21; per cui questa regola può essere letta in una prospettiva opposta: si svaluta nuovamente il ruolo della regola “ricapitalizza o liquida” e del capitale minimo legale ammettendo implicitamente la prosecuzione dell’attività sociale addirittura anche in una situazione di squilibrio patrimoniale purché, sulla base

18

Questo articolo è riferito ai c. d. patrimoni destinati ad uno specifico affare, i quali sono disciplinati, come noto, dall’articolo 2247-bis lett. a).

19 Questo articolo è riferito ai c. d. finanziamenti destinati ad uno specifico affare, i quali sono disciplinati

dall’articolo 2247-bis lett. b) c.c.

20

C. CINOTTI - NIEDDU ARRICA, Continuità aziendale, capitale e debito: la gestione del risanamento nelle

procedure di concordato preventivo, p. 4.

21

Il venir meno della prospettiva di continuità aziendale, in ragione dello stato di crisi e quindi ad uno squilibrio di tipo finanziario, può essere incluso tra le ipotesi di impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale, come prevede un’interpretazione estensiva offerta da G. Racugno, il quale sostiene che “pur permanendo la possibilità astratta di realizzazione dell’oggetto sociale previsto dallo statuto, ne risulta impossibile, di fatto, a causa del venir meno della continuità aziendale”.

(6)

6 di specifici piani finanziari, sia ragionevole ritenere che la società ritorni ad adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni22.

1.2. Il dovere di “monitorare” lo stato di crisi

L’obiettivo che la riforma del diritto fallimentare ha inteso conseguire è quello di favorire l’emersione anticipata della crisi, in ragione della maggior probabilità di salvare l’impresa23. Si è così passati da un modello binario di tipo continuità/discontinuità, ad un modello tripartito: continuità/emersione della crisi/ discontinuità24. In base al quale gli amministratori devono porre in essere un sistema di controllo interno volto a consentire la tempestiva rilevazione di sintomi della crisi tali da mettere in discussione la prosecuzione dell’attività d’impresa; il sistema di amministrazione deve quindi essere in grado di rilevare e monitorare le eventuali criticità25. Al fine di monitorare lo stato di crisi gli amministratori debbono utilizzare alcuni indicatori che discendono dalla scienza aziendalistica, questi sono raggruppabili in tre diverse categorie26:

1) indicatori finanziari  derivanti dall’analisi del deficit patrimoniale, dai prestiti in scadenza, dall’incapacità di reperire nuove risorse dagli istituti professionali di credito;

2) indicatori gestionali  i quali attengono all’organizzazione produttiva e ai mercati, come la perdita di dirigenti strategici, la perdita di mercati, la perdita di clienti o fornitori senza riuscire a sostituirli;

3) altri indicatori  come l’esistenza di contenziosi tributari o civili che, in caso di soccombenza, comporterebbero il sorgere di obblighi non suscettibili di essere adempiuti, ma anche modifiche legislative che comporterebbero effetti alquanto sfavorevoli all’impresa.

22

C. CINOTTI - NIEDDU ARRICA, Continuità aziendale, capitale e debito: la gestione del risanamento nelle

procedure di concordato preventivo, p. 4-5; F. BRIZZI, Finanziamento dell’impresa in crisi e doveri gestori,

in www.orizzontideldirittocommerciale.it/media/24098/brizzi_f_def.pdf, Roma, 2014, p. 27.

23

A. ZOPPINI, Emersione della crisi e interesse sociale, in

http://www.juscivile.it/contributi/2014/04_%20Zoppini.pdf, Roma, 2014, p. 54.

24

A. ZOPPINI, Emersione della crisi e interesse sociale, p. 55.

25 A. ZOPPINI, Emersione della crisi e interesse sociale, p. 56. 26 A. ZOPPINI, Emersione della crisi e interesse sociale, p. 57.

(7)

7 In gli amministratori delle società in crisi devono monitorare costantemente tutti i possibili sintomi della crisi: il livello di sovra indebitamento27, la composizione e l’ammontare dei finanziamenti, cercando di non abusare della cosiddetta leva finanziaria; si aggiungono doveri di rendicontazione circa l’andamento finanziario tramite l’utilizzo di indicatori finanziari (dettati dalle scienze aziendalistiche al fine di accertare la capacità operativo-finanziaria della società) e non finanziari28.

1.3. Gli strumenti di superamento della crisi

Ultimo dovere (ma non per importanza) di un amministratore di società in crisi è quello di utilizzare tempestivamente gli strumenti che il nostro ordinamento pone a disposizione delle imprese per superare lo stato di dissesto.

Si pensi appunto al concordato preventivo29, agli accordi di ristrutturazione dei debiti30 e ai piani di risanamento31. Queste iniziative, competono agli amministratori in quanto discendono dal dovere di salvaguardare il patrimonio societario e il valore di avviamento32.

Compete quindi all’organo gestorio la valutazione della gravità della situazione, dell’entità dell’indebitamento e del comportamento dei creditori nei confronti della società, al fine di intraprendere il percorso più congeniale, ed è proprio da queste scelte strategiche che dipenderà il successo o l’insuccesso dell’operazione di salvataggio33. Ogni volta che si manifestano sintomi di pericolo per i creditori (come la perdita di capitale, il sovraindebitamento34, l’eccessiva sottocapitalizzazione35, l’insolvenza potenziale), gli amministratori

27

Eccessivo squilibrio tra mezzi propri e mezzi di terzi.

28

F. GUERRERA, Compiti e responsabilità degli amministratori nella gestione dell’impresa in crisi, p. 254.

29 Ex articolo 160 L. F. 30 Art. 182-bis L. F. 31 Art. 67 L. F. 32

F. GUERRERA, Compiti e responsabilità degli amministratori nella gestione dell’impresa in crisi, p. 256-257.

33

F. GUERRERA, Compiti e responsabilità degli amministratori nella gestione dell’impresa in crisi, p. 257.

34 Eccessivo squilibrio tra mezzi propri (patrimonio netto) e mezzi di terzi finanziatori. 35

Come noto, esistono due diversi tipi di sottocapitalizzazione, infatti in dottrina si parla di quella nominale e quella materiale. La prima si verifica quando i soci dotano la società di un capitale di rischio

(8)

8 saranno costretti ad affrontare in maniera appropriata la crisi nell’interesse dei creditori della società36. Anche perché i gestori hanno l’obbligo, come detto in precedenza, di mantenere l’impresa in continuità aziendale e nel momento in cui questa minacci di venir meno essi devono adottare tutte le contromisure possibili per la tutela preminente dei creditori sociali37. Il tutto significa non necessariamente l’interruzione dell’attività d’impresa per il semplice profilarsi della mancanza di continuità aziendale, ma l’adozione di soluzioni di gestione della crisi più congeniali rispetto al caso concreto, anche attraverso procedure preventive o alternative.

1.4. Le responsabilità

La responsabilità degli amministratori di società di capitali in stato di crisi può essere individuata sotto tre diversi profili:

1) La responsabilità per aver cagionato o aver aggravato la crisi dell’impresa;

2) La responsabilità per non aver percepito tempestivamente i sintomi della crisi o non aver prontamente reagito;

3) La responsabilità per aver malamente adoperato gli strumenti giuridici che il nostro ordinamento mette a disposizione delle imprese38.

insufficiente, ma essi sopperiscono all’incapienza dei conferimenti tramite l’apporto di prestiti. La seconda (sottocapitalizzazione materiale), invece, si ravvisa quando la società è dotata di un capitale sociale inadeguato rispetto all’oggetto sociale, senza neppure la copertura di prestiti da parte dei soci. Il fenomeno della sottocapitalizzazione nominale, molto diffuso tra le società a responsabilità limitata di piccole dimensioni, ha portato il legislatore italiano, con la riforma del diritto societario del 2003, ad introdurre l’articolo 2467 c. c., il quale prevede, al verificarsi di determinate condizioni, la postergazione del rimborso dei finanziamenti dei soci rispetto agli altri creditori sociali. Il sopracitato articolo sarà meglio esaminato nel successivo capitolo, che tratta in generale i finanziamenti (e quindi anche quelli dei soci) erogati alle società di capitali ammesse a concordato preventivo. G.B. PORTALE, I

“finanziamenti” dei soci nelle società di capitali, in Banca e borsa, 2003, Fascicolo I, p. 680 ss. Per

ulteriori riferimento, v. anche M. CAMPOBASSO, Finanziamento del socio, in Banca e borsa, 2008, I, p. 441 ss.

36 F. GUERRERA, Compiti e responsabilità degli amministratori nella gestione dell’impresa in crisi, p. 250. 37

M. MIOLA, Riflessioni sui doveri degli amministratori in prossimità dell’insolvenza, p. 627.

38 R. RORDORF, Doveri e responsabilità degli amministratori di società di capitali in crisi, in Società

(9)

9 Con riferimento al primo dei profili ora individuati deve essere sottolineato che le ragioni che possono far entrare la società in stato di crisi sono molteplici e che non necessariamente dipendono dal comportamento di chi la gestisce, anche se talvolta proprio chi detiene il potere gestorio può concorrere a cagionare o ad aggravare lo stato di crisi in cui versa essa39.

Bisogna distinguere tra c.d. business judgement rule, da un lato, e rule of law, dall’altro40: solo la violazione di quest’ultima genera responsabilità giuridica nei confronti dell’amministratore41. L’articolo 2381 del codice civile, infatti, individua i doveri alla cui osservanza gli amministratori si devono attenere nello svolgimento delle proprie funzioni, e a norma di tale articolo essi “[…] curano che l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa […]”. Appare quindi evidente che non è possibile individuare quindi una tecnica di gestione consona a tutte le realtà aziendali, ma essa dipende dalla natura e dalle dimensioni dell’impresa. L’amministratore, come detto in precedenza, è libero di compiere scelte imprenditoriali, ma è altresì obbligato dall’articolo 2381 a verificare che gli strumenti di cui dispone la società siano adeguati alla realizzazione delle scelte imprenditoriali precedentemente programmate42. In definitiva, non di rado, si può configurare una responsabilità per gli amministratori dovuta anche al mancato rispetto del

business judgement rule, purché la negativa decisione degli amministratori sia

riconducibile ad un difetto di organizzazione dell’impresa43. Il secondo profilo di responsabilità cui possono essere soggetti gli amministratori di società di capitali è connesso alla diligenza che essi devono impiegare nell’amministrazione della società al nascere della crisi: devono,

39

R. RORDORF, Doveri e responsabilità degli amministratori di società di capitali in crisi, p. 670.

40

La prima regola attiene alle ragioni di opportunità imprenditoriale e manageriale, conseguentemente rileva solo nel rapporto tra amministratori e soci; mentre la seconda attiene ai doveri derivanti da vere e proprie regole di diritto.

41

R. RORDORF, Doveri e responsabilità degli amministratori di società di capitali in crisi, p. 670; F. BRIZZI,

Finanziamento dell’impresa in crisi e doveri gestori, p. 19.

42

R. RORDORF, Doveri e responsabilità degli amministratori di società di capitali in crisi, p. 670; F. BRIZZI, Finanziamento dell’impresa in crisi e doveri gestori, p. 15.

(10)

10 difatti, essere in grado di percepire tempestivamente i sintomi della stessa per poter reagire in modo adeguato44.

Gli amministratori devono istituire strumenti idonei a segnalare tempestivamente l’avvicinamento dello stato di crisi o comunque di uno squilibrio finanziario: spetta quindi loro, in primis, saper valutare se la società opera in una prospettiva di continuità aziendale.

L’emersione della responsabilità degli amministratori per la violazione di tale dovere incontra tuttavia un ostacolo. Invero, dal momento che le decisioni gestionali non possono essere censurate sotto il profilo della legalità, qualora esse siano ragionevoli, congruamente motivate e non in conflitto d’interessi con la società; difatti in tale situazione rientriamo nell’ambito della business

judgement rule45.

Peraltro, l’esistenza di strumenti dettati dalle scienze aziendalistiche fa sì che, in determinati casi, possa esser possibile sindacare circa il dovere degli stessi di monitorare i fattori che mettono a rischio il requisito della continuità aziendale; cosicché quando l’omessa rilevazione della crisi dipende dalla circostanza che gli amministratori non hanno utilizzato le procedure e gli indicatori aziendali, allora il loro comportamento risulta essere censurabile anche applicando la business

judgement rule, in quanto riconducibili a violazioni di loro doveri46.

Analogamente è possibile sindacare l’operato degli amministratori anche nei casi in cui, l’omessa o ritardata percezione dello stato di crisi in cui versa la società, è dovuta alla carenza o scarsa qualità delle informazioni disponibili, in quanto tale deficit informativo risulta essere conseguenza di un inadeguato e inaffidabile assetto organizzativo47.

Gli amministratori inoltre devono saper accertare puntualmente il verificarsi di una causa di scioglimento dovuta ad una perdita qualificata di capitale sociale e

44 R. RORDORF, Doveri e responsabilità degli amministratori di società di capitali in crisi, p. 671. 45

A. SACCHI, La responsabilità gestionale nella crisi dell’impresa societaria, p. 307.

46 A. SACCHI, La responsabilità gestionale nella crisi dell’impresa societaria, p. 308. 47 A. SACCHI, La responsabilità gestionale nella crisi dell’impresa societaria, p. 309.

(11)

11 anche saper valutare se sia divenuto impossibile conseguire l’oggetto sociale48. Non a caso il codice civile, con riguardo alle cause di scioglimento, impone agli amministratori di “accertare senza indugio” il verificarsi di una causa di scioglimento , di “effettuare i dovuti adempimenti pubblicitari” presso il registro delle imprese49 e di gestire la società al solo fine di conservare l’integrità del valore del patrimonio societario50; il codice, inoltre, ogni qualvolta che la società consegue una perdita che riduce il capitale sociale per oltre un terzo, altresì impone loro a mezzo degli art. 2446-2447 (alle spa) e degli art. 2482bis-2482ter (alle srl), di convocare “senza indugio” l’assemblea dei soci “per prendere gli opportuni provvedimenti”51; è evidente che il legislatore richiede una diligenza consona a rilevare nel minor tempo possibile il verificarsi di simili eventi52. L’ulteriore profilo di responsabilità è legato all’incapacità degli amministratori di utilizzare gli strumenti giuridici per superare la crisi può derivare da molteplici circostanze, ad esempio: a causa di un mero ritardo nella presentazione della dichiarazione di fallimento, per via di tentativi infruttuosi per mezzo di procedure negoziali della crisi quando ne mancavano i presupposti e quando tali tentativi abbiano aggravato la situazione patrimoniale della società, ma anche quando l’amministratore lascia fallire la società invece di procedere con una soluzione alternativa che avrebbe sicuramente meglio soddisfatto i creditori sociali e meglio salvaguardato il patrimonio sociale53.

Costituisce un obbligo degli amministratori elaborare una strategia di risanamento e di riorganizzazione della società in presenza di sintomi di crisi, al fine di rimuovere tutti i fattori che mettono in pericolo la continuità aziendale pregiudicando il “ritorno” in bonis della società54.

48

R. RORDORF, Doveri e responsabilità degli amministratori di società di capitali in crisi, p. 671.

49

Articolo 2485 c. c.

50

Articolo 2485 c. c.

51

Valutare come imprimere un diverso indirizzo gestionale, approvando nuovi piani strategici, alleanze, fusioni, conferimenti, cessioni di rami.

52

R. RORDORF, Doveri e responsabilità degli amministratori di società di capitali in crisi, p. 671.

53 R. RORDORF, Doveri e responsabilità degli amministratori di società di capitali in crisi, p. 675. 54 A. SACCHI, La responsabilità gestionale nella crisi dell’impresa societaria, p. 310.

(12)

12 Il legislatore, a seguito di molteplici interventi legislativi, ha messo a disposizione delle imprese in crisi una vasta gamma di procedure per perseguire il salvataggio della stessa. Infatti, l’impresa debitrice può ricorrere, oltre che alla procedura concorsuale maggiore (che in base alle caratteristiche del soggetto è individuabile tra il fallimento, la liquidazione coatta amministrativa e l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi), anche ad uno strumento negoziale della crisi tra quelli previsti nel nostro sistema legislativo: piano di risanamento, accordi di ristrutturazione dei debiti, concordato preventivo55.

Con tali procedure, il debitore ha un ampio potere di configurare il contenuto della soluzione concordata della crisi che decide di utilizzare; questo vale non solo per il piano attestato e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, ma anche per il concordato preventivo. Infatti, tale procedura vanta un elevato grado di elasticità, sia perché può essere indirizzata verso una ristrutturazione dei debiti tramite molteplici forme di contenuto (cessione dei beni, accollo, operazioni straordinarie,attribuzione di partecipazioni, etc.), sia perché può essere prevista la continuazione dell’attività d’impresa grazie alle previsioni dell’articolo

186-bis, comma 1, L. F (concordato in continuità)56.

In definitiva spetta ai gestori intraprendere la procedura più idonea rispetto al caso concreto57.

2. DOVERI E OBBLIGHI DEGLI AMMINISTRATORI

Quando l’impresa debitrice è svolta in forma di società di capitali, il potere di scegliere lo strumento di regolazione della crisi tra quelli presenti nel nostro ordinamento spetta agli amministratori58.

Focalizzandoci specificatamente sul concordato preventivo, il suddetto potere in capo agli amministratori è espressamente previsto dall’articolo 161, comma 4,

55 A. SACCHI, La responsabilità gestionale nella crisi dell’impresa societaria, p. 310. 56

A. SACCHI, La responsabilità gestionale nella crisi dell’impresa societaria, p. 310.

57 A. SACCHI, La responsabilità gestionale nella crisi dell’impresa societaria, p. 310. 58 A. SACCHI, La responsabilità gestionale nella crisi dell’impresa societaria, p. 310.

(13)

13 della legge fallimentare59, che richiama l’articolo 152 L. F; come è possibile desumere dalla lettura dei suoi primi due commi: com’è noto “la proposta di concordato per la società fallita è sottoscritta da coloro che ne hanno la rappresentanza sociale. La proposta e le condizioni del concordato, salva diversa disposizione dell'atto costitutivo o dello statuto: a) nelle società di persone, sono approvate dai soci che rappresentano la maggioranza assoluta del capitale; b) nelle società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata, nonché nelle società cooperative, sono deliberate dagli amministratori”.

Si tratta dunque di comprendere come mutino i compiti degli amministratori di società di capitali ammesse alla procedura di concordato preventivo, considerando anche che in tale procedura subentrano altri organi straordinari quali il Giudice Delegato e il Commissario Giudiziale. Preme ribadire che la presentazione della domanda di concordato spetta agli amministratori, andando così ad aprire la fase di gestione sorvegliata caratterizzata da obblighi informativi verso gli organi della procedura, pur non dimenticando che non esiste una norma espressa della legge fallimentare che tratti tutti i poteri e doveri degli amministratori di società in corso di concordato preventivo60. Appare quindi opportuno applicare per analogia le disposizioni vigenti nel rapporto tra debitore-imprenditore individuale e organi della procedura61. Si deve inoltre precisare che la procedura in esame non comporta l’arresto o la sospensione dell’attività d’impresa in capo agli amministratori, i quali ai sensi dell’ articolo 167 della legge fallimentare conservano “l’amministrazione dei beni e l’esercizio dell’impresa sotto la vigilanza del commissario giudiziale”62.

59 Così il breve testo del suddetto comma: “Per le società la domanda deve essere approvata e

sottoscritta a norma dell’articolo 152”.

60

S. BOGGIO, Amministrazione e controllo delle società di capitali in concordato preventivo, in Impresa e

capitale sociale nel diritto della crisi, Giappichelli, Torino, 2013, p. 869 ss.

61 F. GUERRERA, Compiti e responsabilità degli amministratori nella gestione dell’impresa in crisi, p. 261. 62

Il testo è riferito all’imprenditore individuale, ma si applica per analogia anche agli amministratori di società.

(14)

14

2.1. Il diritto di fare domanda di ammissione al concordato preventivo

Come detto la decisione di accedere alla soluzione concordataria compete proprio all’organo amministrativo63, anche se spesso è richiesto il coinvolgimento dell’assemblea dei soci: talvolta tramite un’avocazione di competenze, altre volte con un semplice interpello, altre ancora con semplici pareri, istruzioni, raccomandazioni64.

Nelle s.p.a., il potere di fare domanda di concordato preventivo è di competenza esclusiva degli amministratori come desumibile dalla lettura congiunta dell’articolo 152 L.F. e 2380-bis, comma 1 c.c.65.

Va inoltre precisato che questa decisione spetta al plenum del consiglio, dal momento che elemento centrale di qualsiasi strumento negoziale della crisi è il piano; ma l’esame del piano spetta all’organo in forma consiliare ai sensi del comma 3 del medesimo articolo66.

È comunque possibile derogare al principio secondo cui, nelle spa, la competenza decisionale per proporre domanda di concordato spetta agli amministratori.

La deroga può derivare da una previsione statutaria oppure dipendere dal fatto che le perdite hanno intaccato un terzo del capitale, cosicché il concordato assume la “veste” degli opportuni provvedimenti che l’organo gestorio propone e sottopone all’assemblea oppure essere subordinato al fatto che il piano prevede operazioni straordinarie (fusione, scissione, conferimento), le quali, incidendo sostanzialmente sui diritti dei soci, devono passare nella sfera decisionale degli stessi. In questo ultimo caso nasce la necessità di conferire da parte dei soci un’apposita delega agli amministratori, cosicché essi possano deliberare le operazioni straordinarie previste nel piano concordatario, oppure

63

4° comma dell’articolo 161 della legge fallimentare, che rimanda al più specifico articolo 152 L. F.

64

F. GUERRERA, Compiti e responsabilità degli amministratori nella gestione dell’impresa in crisi, p. 261.

65

“La gestione della società spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale.

66

Così il terzo comma dell’articolo 2380-bis: “ Quando l’amministrazione è affidata a più persone, queste costituiscono il consiglio di amministrazione”.

(15)

15 semplicemente affiancando la competenza parallela e comunque concorrente dell’organo assembleare a quella dell’organo amministrativo67.

Quanto appena descritto in ambito di spa può essere affermato anche con riferimento alle srl, pur considerando un indubbio, più rafforzato, rapporto tra soci e amministratori. Infatti la disposizione dell’articolo 152 L.F. deve essere coordinata con l’articolo 2479 del codice civile che tratta le competenze decisionali dei soci, il quale riserva loro il potere di deliberare su tutte quelle “operazioni che comportano una rilevante modificazione dei diritti dei soci”68, cosicché , come per le spa, a maggior ragione anche per le srl gli amministratori debbono preventivamente informare i soci della volontà di intraprendere la procedura di concordato preventivo69.

È comunque sempre possibile prevedere statutariamente che la competenza decisionale in materia spetti esclusivamente all’organo gestorio70.

La riflessione sulla ripartizione di competenza decisionale tra amministratori e soci è doverosa per gli evidenti riflessi rilevanti in ordine alla discrezionalità gestoria nella scelta del modo con cui superare la crisi, oltre che sul piano della responsabilità degli amministratori verso la società, nel caso in cui il tentativo di risanamento concordato non vada a buon fine71.

In ogni caso, qualsiasi sia la configurazione prevista dalla società in esame, è sempre imprescindibile un dovere di informazione e di consultazione preventiva dei soci in ossequio ai principi di buona fede e correttezza cui sono appunto

67 F. GUERRERA, Compiti e responsabilità degli amministratori nella gestione dell’impresa in crisi, p. 261

ss.; A. SACCHI, La responsabilità gestionale nella crisi dell’impresa societaria, p. 311-312; F. GUERRERA,

Le competenze degli organi sociali nelle procedure di regolazione negoziale della crisi, Diritto societario e crisi d’impresa, Torino, Giappichelli, 2014, p. 76-78.

68

Articolo 2479 c. c., primo comma.

69

A. SACCHI, La responsabilità gestionale nella crisi dell’impresa societaria, p. 311-312; F. GUERRERA,

Compiti e responsabilità degli amministratori nella gestione dell’impresa in crisi, p. 264; F. GUERRERA, Le competenze degli organi sociali nelle procedure di regolazione negoziale della crisi, p. 84-85 .

70

F. GUERRERA, Le competenze degli organi sociali nelle procedure di regolazione negoziale della crisi, p. 84-85.

71

F. GUERRERA, Compiti e responsabilità degli amministratori nella gestione dell’impresa in crisi, p.262; F. GUERRERA, Le competenze degli organi sociali nelle procedure di regolazione negoziale della crisi, p. 65.

(16)

16 soggetti gli amministratori, oltre che nei casi di modificazioni del capitale sociale della società debitrice e di altre operazioni straordinarie72.

2.2. Il dovere di rispettare il piano concordatario

Nella procedura di concordato preventivo, gli amministratori sono tenuti a gestire la società tendendo al “miglior soddisfacimento dei creditori” e a rispettare rigorosamente il contenuto del piano di risanamento allegato alla domanda, attestato dal professionista, esaminato dal tribunale e appunto approvato dai creditori. Verosimilmente, il piano non può prevedere tutti i singoli atti che gli amministratori effettueranno durante la procedura, cosicché essi potranno compiere liberamente solo gli atti di ordinaria amministrazione73. L’articolo 167, 2° comma, prevede che il debitore, e quindi l’amministratore di società, ha il potere di eseguire atti di straordinaria amministrazione, previa autorizzazione del Giudice delegato74.

La ratio di una simile impostazione va ricercata nella finalità della procedura di concordato, che non è necessariamente consistente nella liquidazione dell’attivo per estinguere il passivo, bensì è spesso indirizzata alla salvaguardia del complesso produttivo, con la conseguente funzione del concordato di “traghettare” la società verso il ritorno in bonis superando, così, lo stato di crisi ed evitando al contempo l’insorgere dell’insolvenza, ma sempre con riguardo agli interessi dei creditori75.

Si presenta, però, una problematica: come distinguere atti aventi carattere straordinario da atti aventi carattere ordinario. In soccorso viene il 2° comma dell’articolo 111 della legge fallimentare, il quale precisa che solo i crediti

72 F. GUERRERA, Compiti e responsabilità degli amministratori nella gestione dell’impresa in crisi, p.263. 73 C. CINOTTI - NIEDDU ARRICA, Continuità aziendale, capitale e debito: la gestione del risanamento nelle

procedure di concordato preventivo, p. 8.

74

C. CINOTTI - NIEDDU ARRICA, Continuità aziendale, capitale e debito: la gestione del risanamento nelle

procedure di concordato preventivo, p. 9.

75

(17)

17 “funzionali” sono prededucibili, mentre di converso i crediti “occasionali” non possono essere considerati come prededucibili76.

In quest’ottica, qualora vi sia autorizzazione del Giudice delegato (pena l’inefficacia dell’atto), gli amministratori potranno compiere alienazioni di beni patrimoniali, cessioni in blocco, acquisti di immobilizzazioni funzionali al ciclo produttivo etc.77.

Inoltre, gli amministratori delle società ammesse a concordato preventivo, devono, oltre che rispettare il piano, anche verificare che esso rimanga attuale. Infatti l’impresa è una realtà che opera in ambienti dinamici, conseguentemente, talvolta, potrebbero mutare gli scenari ragionevolmente prevedibili ex ante che sono stati presi in considerazione per la redazione e predisposizione del piano78.

In uno scenario di questo tipo sarà ovviamente necessaria una nuova attestazione del piano da parte di un soggetto indipendente secondo i requisiti dettati dall’articolo 67, comma 3, lett. d) della legge fallimentare, in quanto il piano risulta essere sostanzialmente modificato79.

2.3. Il dovere di informazione

Gli amministratori di società ammesse al concordato preventivo hanno inoltre il dovere di instaurare un flusso informativo con il tribunale e il commissario giudiziale della procedura al fine di garantire trasparenza sull’andamento e sullo svolgimento del piano. Si crea così una sorta di convivenza imprescindibile tra l’organo gestorio della società e gli organi della procedura80.

E’ l’articolo 161 della legge fallimentare al suo ottavo comma81 a prevedere obblighi informativi periodici da parte degli amministratori verso il tribunale,

76

S. BOGGIO, Amministrazione e controllo delle società di capitali in concordato preventivo, p. 869-871.

77

S. BOGGIO, Amministrazione e controllo delle società di capitali in concordato preventivo, p. 873.

78

A. SACCHI, La responsabilità gestionale nella crisi dell’impresa societaria, p. 321.

79

A. SACCHI, La responsabilità gestionale nella crisi dell’impresa societaria, p. 321.

80 A. MUNARI, Il nuovo articolo 182-sexies l. f., in Impresa e capitale sociale nel nuovo diritto della crisi,

Giappichelli, Torino, 2013, p. 90.

81 Così il testo letterale: “Con il decreto che fissa il termine di cui al sesto comma, primo periodo, il

(18)

18 soprattutto relativamente agli aspetti finanziari della stessa e all’attività compiuta ai fini dell’attuazione della proposta del piano82. Tali obblighi sono disposti dal Tribunale col decreto che fissa i termini per la presentazione del piano nel caso di concordato con riserva e debbono essere assolti con cadenza periodica almeno mensile e fino alla scadenza del termine fissato dal giudice (che come noto è compreso tra sessanta e centoventi giorni)83. Il legislatore, con il c. d. Decreto del Fare, ha ritenuto opportuno specificare la periodicità temporale84 con la quale devono essere assolti gli obblighi informativi, al fine di uniformare la norma nei confronti di qualsiasi tipo di società ammessa al concordato preventivo85. Anche se il destinatario dell’informativa, come si può leggere dal tenore letterale dell’articolo, è il tribunale, un ruolo importante lo gioca sicuramente il commissario giudiziale, il quale, non a caso, è espressamente tenuto a vigilare sull’ottemperanza degli amministratori a tale obbligo, alla luce del fatto che esso è il solo organo della procedura

dell'impresa e all'attività compiuta ai fini della predisposizione della proposta e del piano, che il debitore deve assolvere, con periodicità almeno mensile e sotto la vigilanza del commissario giudiziale se nominato, sino alla scadenza del termine fissato. Il debitore, con periodicità mensile, deposita una situazione finanziaria dell'impresa che, entro il giorno successivo, è pubblicata nel registro delle imprese a cura del cancelliere. In caso di violazione di tali obblighi, si applica l'articolo 162, commi secondo e terzo. Quando risulta che l'attività compiuta dal debitore è manifestamente inidonea alla predisposizione della proposta e del piano, il tribunale, anche d'ufficio, sentito il debitore e il commissario giudiziale se nominato, abbrevia il termine fissato con il decreto di cui al sesto comma, primo periodo. Il tribunale può in ogni momento sentire i creditori”.

82

A. MUNARI, Il nuovo articolo 182-sexies l. f., p. 88.

83

Il termine è richiamato al comma sesto del medesimo articolo e può essere prorogato solo in presenza di giustificati motivi al massimo di ulteriori sessanta giorni.

CNDCEC, Circolare numero 38 del 03/03/2014, in

www.commercialisti.it/Portal/Documenti/Dettaglio.aspx?id=0428cfd4-fefe4528899db6a451f89b7e,

p.17.

84

In precedenza non era previsto un termine preciso e così i tribunali potevano individuare la cadenza per loro più opportuna. La conseguenza è stata una vasta varietà delle cadenze determinate dei nostri giudici: Tribunale di Terni, 12/10/12 (mensilmente); Tribunale di Crotone, 4/10/12 (ogni 15 giorni); Tribunale di La Spezia, 25/9/12 (settimanalmente); Tribunale di Bolzano, 25/09/12 (ogni 20 giorni); Tribunale di Asti, 24/09/12 (mensilmente), Tribunale di Pisa, 19/09/12 (ogni 30 giorni). Mentre il Tribunale di Mantova (27/09/12) e il Tribunale di Velletri (18/09/12) hanno imposto solo l’obbligo di depositare un’aggiornata relazione nel termine, rispettivamente, di 60 e 30 giorni.

A. MUNARI, Il nuovo articolo 182-sexies l. f., p. 89.

(19)

19 effettivamente in grado di valutare con criticità il contenuto delle relazioni in questione, grazie alle sue competenze tecniche86.

La situazione finanziaria sopra citata viene pubblicata entro il giorno successivo nel registro delle imprese, da parte del cancelliere del tribunale, cosicché anche i creditori e più in generale i terzi possano prenderne visione e venirne a conoscenza87.

Sorgono al riguardo alcune perplessità circa l’esaustività di tale documentazione, tant’è vero che è buona prassi depositare congiuntamente alla situazione finanziaria anche una situazione economico-patrimoniale in modo da rendere certamente più completa l’informativa nei confronti del tribunale e dei creditori88.

Nella disciplina fallimentare però manca una sanzione esplicita nei confronti degli amministratori che non adempiono correttamente e puntualmente a tale dovere informativo, anche se possono essere individuati alcuni rimedi impliciti: la dichiarazione di inammissibilità da parte del tribunale89 e la conseguente conversione nel fallimento qualora ve ne siano i presupposti, la revoca della proposta90, la mancata approvazione della proposta su indicazione del commissario giudiziale 91, il rigetto della domanda di omologazione92, l’annullamento del concordato stesso93. Peraltro sanzioni formali nei confronti degli amministratori possono comunque essere individuate nelle norme societarie, si pensi alla sostituzione dell’amministratore inerte, alla revoca d’urgenza dalla sua funzione a norma dell’articolo 2476 del c.c. e alla denuncia al tribunale ai sensi dell’articolo 2409 del c.c94.

86

CNDCEC, Circolare numero 38 del 03/03/2014, p.17.

87

CNDCEC, Circolare numero 38 del 03/03/2014, p.17.

88

CNDCEC, Circolare numero 38 del 03/03/2014, p.17-18.

89 Articolo 162 L. F.. 90 Art. 173 L.F. 91 Art. 179 L.F 92 Art. 180 L. F. 93 Art. 186 L. F.

S. BOGGIO, Amministrazione e controllo delle società di capitali in concordato preventivo, p. 878-879.

(20)

20 In definitiva, il corretto funzionamento della procedura di concordato preventivo presuppone l’esistenza di un continuo flusso informativo, in grado di garantire ai creditori la formazione di un consenso consapevole in merito alle proposte del debitore, il tutto sotto la supervisione degli organi della procedura95.

Gli amministratori delle società assoggettate a concordato preventivo, oltre ad esporre in modo completo e trasparente la situazione economico-finanziaria della società agli organi della procedura con cadenza periodica, devono altresì rappresentare la società alle adunanze dei creditori, curare il rapporto tra la società e gli organi della procedura, dare esecuzione a quanto previsto nel piano concordato coi creditori96.

2.4. La facoltà di ricercare “nuova finanza”

Tra i doveri degli amministratori di società in crisi, centralità viene assunta dalle decisioni che essi compiono relativamente ai finanziamenti. In generale gli amministratori devono evitare il peggioramento della situazione finanziaria. È anche vero che qualora se ne prefiguri la possibilità, essi devono reperire nuovi finanziamenti, al fine di superare lo stato di crisi. È in questa prospettiva che emerge l’incentivo da parte del legislatore ad utilizzare, attraverso un sistema di protezione per i finanziatori in caso di esisto negativo del tentativo di risanamento, procedure come il concordato preventivo, gli accordi di ristrutturazione dei debiti e i piani di risanamento. Il favor del legislatore ha la finalità di evitare che gli amministratori contraggano finanziamenti per risanare l’impresa al di fuori di una procedura attestata ai sensi dell’articolo 67 della legge fallimentare97.

95

S. BOGGIO, Amministrazione e controllo delle società di capitali in concordato preventivo, p. 878.

96

S. BOGGIO, Amministrazione e controllo delle società di capitali in concordato preventivo, p. 878.

97

C. CINOTTI - NIEDDU ARRICA, Continuità aziendale, capitale e debito: la gestione del risanamento nelle

procedure di concordato preventivo, p. 18; F. BRIZZI, Finanziamento dell’impresa in crisi e doveri gestori,

(21)

21 Preme ricordare che l’acquisizione di capitale di credito, proveniente da soci o da terzi, è elemento assolutamente fisiologico dell’attività d’impresa, alla luce anche della mancanza, nel nostro ordinamento, di un principio espresso che imponga ai soci di dotare la società di un capitale congruo all’oggetto sociale oltre che della mancata indicazione giuridica di un corretto rapporto tra capitale proprio e capitale di credito98. Ma il finanziamento deve essere contratto solo se risulta essere funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori e/o se serve a preservare il residuo valore aziendale; si può affermare che a rilevare non sono i finanziamenti in senso lato, ma come essi vengono impiegati all’interno del piano attestato99.

Così, l’acquisizione di finanziamenti non potrebbe dirsi legittima qualora non rientrasse in un piano preventivamente predisposto e al cui interno risultasse accertata la sostenibilità finanziaria dei relativi obblighi di rimborso; non a caso qualora i finanziamenti provengano dai soci o da società che esercitano l’attività di direzione e coordinamento, gli stessi, al verificarsi di una situazione di squilibrio patrimoniale o finanziario, saranno postergati ai sensi dell’articoli 2467 e 2497-quinquies del codice civile100.

Tornando ai doveri degli amministratori è necessario sottolineare che lo squilibrio finanziario e/o la perdita del requisito della continuità aziendale comportano una contrazione dei poteri degli amministratori, nel senso che qualsiasi atto gestorio di natura ordinaria e di natura straordinaria (quindi anche la contrazione di un finanziamento), deve necessariamente essere programmato ed attuato se e solo se può contribuire al risanamento della società comportando, effetti positivi sulla liquidità, sull’economicità o sulla consistenza patrimoniale della società101.

98

A tal proposito neppure le scienze aziendalistiche individuano un rapporto ottimale tra capitale proprio e capitale di terzi, dato che esso dipende da molteplici fattori e condizioni dei mercati.

F. BRIZZI, Finanziamento dell’impresa in crisi e doveri gestori, p. 8.

99

F. BRIZZI, Finanziamento dell’impresa in crisi e doveri gestori, p. 11-12.

100 F. BRIZZI, Finanziamento dell’impresa in crisi e doveri gestori, p. 24. 101 F. BRIZZI, Finanziamento dell’impresa in crisi e doveri gestori, p. 12.

(22)

22 In definitiva quando una società verte in situazione di squilibrio finanziario o è sottocapitalizzata102, la condotta degli amministratori e delle società che esercitano l’attività di direzione e coordinamento deve conformarsi al principio di corretta gestione e protezione dei creditori sociali. Conseguentemente quindi, gli amministratori dovranno astenersi dal rimborsare finanziamenti in favore dei soci nei casi in cui ricorrono le condizioni dell’articolo 2467 c. c., a meno che sussistano le previsioni dell’articolo 182-quater L. F103.

Va sottolineato che nei concordati che mirano al risanamento dell’impresa, l’apporto di nuova finanza è indispensabile non tanto per coprire le perdite pregresse, quanto per sostenere le scelte operative degli amministratori al fine di avviare il progetto di risanamento104. Non a caso il legislatore è intervenuto nel 2010, introducendo nella legge fallimentare l’articolo 182-quater, il quale prevede un meccanismo di prededuzione e postergazione per i crediti sorti in “funzione” o in “esecuzione” di un concordato preventivo (e di un accordo di ristrutturazione dei debiti). In particolare l’articolo riconosce il carattere della prededucibilità piena ai crediti per i finanziamenti effettuati da certe banche, intermediari finanziari, semplici finanziatori privati, e riconosce il carattere della prededucibilità attenuata (in misura massima dell’80% dell’ammontare) ai crediti relativi ai finanziamenti dei soci105.

Questi crediti sono individuati con un criterio oggettivo: devono derivare da finanziamenti effettuati “in esecuzione del concordato preventivo” oppure “in funzione della presentazione della domanda”; ma anche con un criterio

102

La sottocapitalizzazione consiste in un basso ammontare di capitale sociale in relazione all’oggetto che la società deve perseguire. Tale squilibrio tendenzialmente si ravvisa quando la società non riesce più a contrarre prestiti dagli istituti bancari e di credito, senza che i soci presentino garanzie personali.

103

F. BRIZZI, Finanziamento dell’impresa in crisi e doveri gestori, p. 24.

104

F. NIEDDU ARRICA, Le operazioni di finanziamento funzionali alle soluzioni concordate della crisi

d’impresa alla luce dell’articolo 182-quater della legge fallimentare, in Rivista di diritto societario, n. 2, Giappichelli, Torino, 2011, p. 434 ss.

105 F. NIEDDU ARRICA, Le operazioni di finanziamento funzionali alle soluzioni concordate della crisi

(23)

23 soggettivo: la qualifica del soggetto finanziatore, che può essere una banca, un intermediario, un socio o un terzo106.

L’obiettivo del legislatore nell’introdurre questa norma era quello di agevolare l’ottenimento del credito da parte di società in difficoltà, inducendo così gli amministratori a trattare col soggetto finanziatore secondo canoni di trasparenza: ammettendo subito la situazione di crisi, ma al contempo prospettando una ristrutturazione coerente con le effettive capacità di risanamento dell’impresa107. Così facendo, il legislatore ha voluto proteggere i finanziatori delle imprese in crisi, concedendo loro il miglior trattamento possibile, in veste di premio per aver creduto in un’impresa nonostante il suo stato di dissesto finanziario. Questa scelta è stata comunque oggetto di molte critiche in dottrina108, dal momento che in caso di mancato esito positivo dello svolgimento del piano di concordato, potrebbero essere ulteriormente lesi i diritti dei creditori chirografari109.

Una volta individuata la ratio che ha spinto il legislatore ad introdurre l’articolo 182-quater, leggiamo nello specifico i commi di tale norma:

“I. I crediti derivanti da finanziamenti in qualsiasi forma effettuati [...] in esecuzione di un concordato preventivo di cui agli articoli 160 e seguenti ovvero di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell'articolo

182-bis) sono prededucibili ai sensi e per gli effetti dell'articolo 111.

II. Sono parificati ai crediti di cui al primo comma i crediti derivanti da finanziamenti erogati in funzione della presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo o della domanda di

106 Rispetto al passato è stata ampliata la platea dei soggetti che possono beneficiare di tale regime agevolato, invero in passato la prededuzione era in favore esclusivo delle banche e degli intermediari finanziari; oggi non rileva più chi eroga nuova finanza, l’importante è che vi sia qualcuno e questo qualcuno deve essere premiato.

F. NIEDDU ARRICA, Le operazioni di finanziamento funzionali alle soluzioni concordate della crisi

d’impresa alla luce dell’articolo 182-quater della legge fallimentare, p. 437.

107

F. NIEDDU ARRICA, Le operazioni di finanziamento funzionali alle soluzioni concordate della crisi

d’impresa alla luce dell’articolo 182-quater della legge fallimentare, p. 437.

108

In tal senso Nigro e Ambrosini.

109 F. NIEDDU ARRICA, Le operazioni di finanziamento funzionali alle soluzioni concordate della crisi

(24)

24 omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti, qualora i finanziamenti siano previsti dal piano di cui all'articolo 160 o dall'accordo di ristrutturazione e purché la prededuzione sia espressamente disposta nel provvedimento con cui il tribunale accoglie la domanda di ammissione al concordato preventivo ovvero l'accordo sia omologato.

III. In deroga agli articoli 2467 e 2497-quinquies del codice civile, il primo e il secondo comma si applicano anche ai finanziamenti effettuati dai soci fino alla concorrenza dell'ottanta per cento del loro ammontare. Si applicano i commi primo e secondo quando il finanziatore ha acquisito la qualità di socio in esecuzione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti o del concordato preventivo.

IV. Con riferimento ai crediti indicati al secondo comma, i creditori, anche se soci, sono esclusi dal voto e dal computo delle maggioranze per l'approvazione del concordato ai sensi dell'articolo 177 e dal computo della percentuale dei crediti prevista all'articolo 182-bis, primo e sesto comma”.

Infine per completare il quadro delle tipologie di finanziamenti che possono essere contratti da una società assoggettata a concordato preventivo, sarà necessario analizzare anche il primo comma dell’articolo 182-quinques della legge fallimentare che disciplina i finanziamenti “interinali”.

2.4.1. I finanziamenti “alla ristrutturazione” e i finanziamenti c. d. “ponte”

Dalla lettura dei primi due commi dell’articolo 182-quater L. F. si individuano due diverse tipologie di crediti prededucibili: quelli “in esecuzione”110, richiamati al primo comma, e quelli “in funzione”111, richiamati al secondo comma. I primi sono concessi successivamente all’omologazione del concordato preventivo e sono quindi previsti nel piano e finalizzati al superamento della crisi; i secondi consistono in finanziamenti effettuati prima del deposito della domanda di

110 Sono detti anche finanziamenti alla ristrutturazione. Il termine è stato usato da Stanghellini L.,

Finanziamenti-ponte e finanziamenti alla ristrutturazione, Il Fallimento, 2010, 1346 ss.

111 Sono anche chiamati finanziamenti ponte. Pure per questi finanziamenti il termine è stato utilizzato

(25)

25 ammissione al concordato preventivo e sono finalizzati non al superamento della crisi, bensì alla continuazione dell’attività d’impresa nella fase iniziale del procedimento112.

Per ammettere la prededuzione dei finanziamenti “in esecuzione”113 è sufficiente che essi siano previsti nel piano; non a caso il medesimo piano è stato già oggetto di approvazione da parte dei creditori, i quali, se avessero avuto motivi di opposizione alla contrazione di un finanziamento in occasione del piano non avrebbero neppure approvato la proposta stessa114. È possibile individuare quali sono i crediti menzionati al primo comma del 182-quater: in particolare si fa riferimento ai contratti di credito bancario (fido, anticipazione, apertura di credito e sconto), ai contratti di finanziamento alla società (mutuo, leasing, factoring) e alle operazioni di finanziamento mediante strumenti societari (prestiti obbligazionari e altri titoli di debito)115.

Diversa è la questione relativa alla prededucibilità dei finanziamenti regolati dal secondo comma del medesimo articolo. Difatti, i finanziamenti ponte svolgono una funzione sicuramente più circoscritta rispetto ai finanziamenti “in esecuzione“, dal momento che servono esclusivamente a proteggere l’avviamento residuo dell’impresa in crisi in un preciso arco temprale che va dal deposito della domanda fino all’omologazione del concordato116. Si tratta di finanziamenti utili a far fronte ad uscite monetarie non differibili ma necessarie nella fase in cui la società decide di ricorrere al concordato e nella fase in cui elabora la proposta e il piano. Per cui, nella definizione di finanziamenti ponte, ciò che rileva è il lasso temporale, proprio perché i medesimi forniscono la

112 L. STANGHELLINI, Finanziamenti-ponte e finanziamenti alla ristrutturazione, in Fallimento e le altre

procedure concorsuali (Il), n. 12, Ipsoa, 2010, p. 1348; F. NIEDDU ARRICA, Le operazioni di finanziamento funzionali alle soluzioni concordate della crisi d’impresa alla luce dell’articolo 182-quater della legge fallimentare, p. 438 ss.

113

1° comma art. 182-quater L. F.

114

L. STANGHELLINI, Finanziamenti-ponte e finanziamenti alla ristrutturazione, p. 1349-1350; F. NIEDDU ARRICA, Le operazioni di finanziamento funzionali alle soluzioni concordate della crisi d’impresa alla luce

dell’articolo 182-quater della legge fallimentare, p. 438-439.

115

L. STANGHELLINI, Finanziamenti-ponte e finanziamenti alla ristrutturazione, p. 1350.

116 F. NIEDDU ARRICA, Le operazioni di finanziamento funzionali alle soluzioni concordate della crisi

(26)

26 liquidità necessaria per attivare la procedura di concordato in quel preciso e circoscritto lasso temporale117.

Il tribunale, per qualificare un finanziamento ponte come prededucibile, ne deve valutare, oltre che l’ammissibilità, anche la coerenza con la funzione di sostenere nell’immediato la carente liquidità dell’impresa per salvaguardare il proprio avviamento; una volta effettuato tale controllo lo disporrà nel decreto di ammissione al concordato, cosicché da quel preciso momento in poi tale credito sarà prededucibile a tutti gli effetti118. Infatti la legge richiede che “la prededuzione sia espressamente disposta nel provvedimento con cui il tribunale accoglie la domanda di ammissione al concordato preventivo”, ne deriva che il finanziamento che sia stato funzionale alla presentazione della domanda di concordato non diviene prededucibile in modo automatico119. Il tribunale potrebbe, infatti, ammettere il finanziamento al concordato, ma negare la prededuzione, deludendo così il finanziatore e impattando di concreto sulla fattibilità del piano120. In ogni caso anche quando il concordato resta fattibile, il piano dovrà essere modificato prima dell’adunanza dei creditori, al fine di non alterare le cause legittime di prelazione eliminando la prededuzione del finanziamento121.

In definitiva per tali finanziamenti si individuano due diverse forme di controllo: una formale, che guarda all’avvenuta erogazione e alla successiva inclusione dello stesso nel piano, e l’altra sostanziale, che mira a verificare la congruità e la funzionalità dello stesso rispetto alle prospettive del piano122. A proposito di quest’ultimo requisito, il nesso di funzionalità tra l’erogazione del finanziamento

117 F. NIEDDU ARRICA, Le operazioni di finanziamento funzionali alle soluzioni concordate della crisi

d’impresa alla luce dell’articolo 182-quater della legge fallimentare, p. 450.

118

L. STANGHELLINI, Finanziamenti-ponte e finanziamenti alla ristrutturazione, p. 1356; F. NIEDDU ARRICA, Le operazioni di finanziamento funzionali alle soluzioni concordate della crisi d’impresa alla luce

dell’articolo 182-quater della legge fallimentare, p. 450.

119

L. STANGHELLINI, Finanziamenti-ponte e finanziamenti alla ristrutturazione, p. 1354.

120

Si pensi al creditore che condiziona la domanda di concordato alla concessione della prededuzione per il finanziamento ponte.

L. STANGHELLINI, Finanziamenti-ponte e finanziamenti alla ristrutturazione, p. 1354.

121 L. STANGHELLINI, Finanziamenti-ponte e finanziamenti alla ristrutturazione, p. 1354. 122 L. STANGHELLINI, Finanziamenti-ponte e finanziamenti alla ristrutturazione, p. 1354.

(27)

27 e l’idoneità dello stesso a far concludere iter della procedura, Stanghellini L. ha affermato che “la funzionalità del finanziamento alla presentazione della domanda di concordato è elemento che non dipende dalla volontà delle parti, in quanto essa sussiste o non sussiste di fatto”, cosicché l’esistenza di tale nesso di funzionalità deve essere sempre verificata in concreto; ad eccezione di alcune fattispecie, nelle quali la sua esistenza è sempre evidente123:

- Per il pagamento degli stipendi e dei compensi ai dipendenti e collaboratori dell’impresa essenziali al suo funzionamento;

- Per il pagamento delle imposte, delle tasse, delle ritenute d’acconto e dei contributi previdenziali;

- Per il pagamento delle spese di giustizia ex articolo 163, secondo comma, n. 4), L. F.

Occorre adesso coordinare il primo comma del 182-quater col richiamato articolo 111124 e chiedersi se la prededuzione riservata dal recente articolo

182-quater consiste in un’elencazione meramente esemplificativa, ovvero in

un’elencazione rigorosamente tassativa. La dottrina a tale riguardo non è unanime. Un prima tesi prevede che tutti i crediti nascenti da atti previsti nella proposta concordataria e compiuti successivamente al decreto di omologa sono prededucibili; in poche parole, secondo questo indirizzo dottrinale il precetto del 182-quater sarebbe una mera ripetizione di quanto già disposto dal 111

123

L. STANGHELLINI, Finanziamenti-ponte e finanziamenti alla ristrutturazione, p. 1354-1355.

124 Così recita tale articolo: “Le somme ricavate dalla liquidazione dell’attivo sono erogate nel seguente ordine:

1) per il pagamento dei crediti prededucibili;

2) per il pagamento dei crediti ammessi con prelazione sulle cose vendute secondo l’ordine assegnato dalla legge;

3) per il pagamento dei creditori chirografari, in proporzione dell’ammontare del credito per cui ciascuno di essi fu ammesso, compresi i creditori indicati al n. 2, qualora non sia stata ancora realizzata la garanzia, ovvero per la parte per cui rimasero non soddisfatti da questa.

Sono considerati crediti prededucibili quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge, e quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla presente legge; tali debiti sono soddisfatti con preferenza ai sensi del primo comma n. 1)”.

(28)

28 della L. F; quindi si dovrebbe intendere come un semplice elenco esemplificativo125.

La seconda tesi interpretativa invece è orientata nel senso che i crediti sorti “in occasione” o “in funzione” di un concordato diversi da quelli espressamente previsti dal 182-quater non sarebbero prededucibili; per cui questa opzione prevede un’interpretazione diametralmente opposta alla prima: l’articolo

182-quater conterrebbe perciò un’elencazione tassativa126.

Esiste anche una terza interpretazione, secondo la quale il secondo comma del 111 L. F., dal momento che si riferisce a crediti di qualunque fonte, quindi anche extracontrattuale, ha portata più ampia rispetto al 182-quater; cosicché l’elencazione degli atti da cui possono sorgere crediti prededucibili sarebbe sì tassativa, ma limitatamente alle operazioni di finanziamento e ai contratti di prestazione d’opera coi professionisti coinvolti nella procedura, senza lasciar spazio ad altre ipotesi di prededucibilità127.

L’opinione maggiormente apprezzata è la seconda, ossia quella che dà al

182-quater la funzione di elenco tassativo di ipotesi di crediti prededucibili128; di conseguenza i) i crediti nascenti da finanziamenti non riconducibili alle previsioni del 182-quater, anche se autorizzati dal tribunale, non possono godere della prededuzione; ii)i finanziamenti successivi al decreto di ammissione generano crediti prededucibili per il semplice fatto di essere analiticamente indicati nel piano oggetto di attestazione da parte dell’esperto sotto il profilo della sostenibilità finanziaria.129

125

F. NIEDDU ARRICA, Le operazioni di finanziamento funzionali alle soluzioni concordate della crisi

d’impresa alla luce dell’articolo 182-quater della legge fallimentare, p. 446-447; G.B. NARDECCHIA,

Commento all'art. 182-quater l.f., in www.ilcaso.it, 2012, p.2106-2107.

126

F. NIEDDU ARRICA, Le operazioni di finanziamento funzionali alle soluzioni concordate della crisi

d’impresa alla luce dell’articolo 182-quater della legge fallimentare, p. 446-447.

127

F. NIEDDU ARRICA, Le operazioni di finanziamento funzionali alle soluzioni concordate della crisi

d’impresa alla luce dell’articolo 182-quater della legge fallimentare, p. 446-447.

128

Crediti previsti nel piano e crediti effettuati prima dell’omologazione del concordato.

129 La conseguenza ii) si riferisce ai finanziamenti disciplinati al primo comma dell’articolo 182-quinquies

L. F.

F. NIEDDU ARRICA, Le operazioni di finanziamento funzionali alle soluzioni concordate della crisi

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