INTRODUZIONE
Nella ricos truzione di un evento delittuoso contro la persona il medico legale ha il compito di valutare l’epoca della morte o del ferimento ed i mezzi impiegati.
In particolare, nel caso il fatto delittuoso avvenga co n l’impiego di un’arma da fuoco, le indagini forensi hanno anche lo scopo di stabilire il tipo di arma usato e il s uo calibro, il numero di colpi esplos i, la distanza da cui tali colp i sono stati s parati e la pos izione reciproca tra la vittima e l’aggressore.
La balistica identi ficativa infine comprende le indagini atte ad identificare l’arma utilizzata.
1. DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE
Secondo una definizione condivisa unanim e mente, un’ar ma è quals ias i s trumento atto ad aumentare la capacità di offesa o di difesa1.
Le ar mi, a loro volta, possono essere suddivise, d a un punto di vista tecnico in:
- armi bianche (armi da punta, da taglio, da fendente, etc.);
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- armi da fuoco (armi che utilizzano la forza propuls iva de i gas prodotti dalla combustione di un esplos ivo per lanciare il proiettile);
- armi nucleari (bo mba atomica e tutti i prodotti radioattivi e da fiss ione, etc);
- armi chimiche (gas, veleni, fumogeni, lanciafiamme, etc.); - armi biologiche (culture batteriche, tossine, etc.);
- armi fis iche (energia elettrica, ultras uoni, laser , etc.);
- armi miste (co mbinano due o più tipi di arma come classe); - armi improprie (apparati cas ualmente usati per ar ma ma
non nati per essere utilizz ati direttamente co me ar ma ).
Le armi da fuoco, che costituiscono l’oggetto della presente
trattazione, possono essere definite, secondo quanto
rinvenibile in manuali militari , come macchine termo -balistiche capaci di lanciare un corpo pesante, il proietto (destinato ad offendere, neutralizzare oppure ad arrecare specifici effetti ad un bersaglio posto a dis tanza ), utilizzando la forza es pans iva dei gas prodotti dalla tras for mazione di una sostanza esplos iva, carica di lancio o propellente, fatta esplodere a ll’ interno di un tubo res is tente, canna o bocca d i fuoco.
Comunemente le armi da fuoco, a loro volta, possono essere suddivise in base al loro utilizzo in:
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a) portatili o legge re o individuali, cos ì definite in quanto d i calibro relativa mente ridotto, facilmente trasportabili ed impiegabili, atte a lanciare proiettili a brevi e medie distanze;
b) mobili o medie o di gruppo;
c) pesanti o da pos tazione o artiglierie.
S t a mpa del X VI s ec ol o r a ffi gur a nt e l e t r a i et t or i e cur ve e t es e di u n ca nnone e di u n mor t a i o.
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Ciò premesso, occorre osservare che l’ambito di interesse precipuo in tema di perizia di natura balistica è rappresentato dalla categoria delle armi portatili , che possono essere ulterior mente s uddivise in base ai seguenti parametri:
- tiro: tes o, caratterizzate da elevata velocità iniziale, da traiettoria tesa, da elevato errore battuto - errore nell a graduazione dell’alzo di un’arma senza che il bersaglio cessi di essere colpito dal proiett ile sparato dall’ar ma stessa - e da grandi zone defilate - parte di terreno no n vis ibile al tiratore perché pos ta dietro un ostacolo e quind i non battibile - ovvero curvo, caratterizzate da bassa velocità iniziale, da traiettoria curva, da ridotto errore battuto e da piccole zone defilate;
- carica mento: avancarica se il caricamento, sempre s ingolo, viene effettuato dalla volata o retrocarica se viene effettuato attra verso un’apertura che im mette nella camera di cartuccia ;
- sistema di funzionamento: a caricamento s ingolo se il carica mento e tutte le altre fas i del ciclo funzionale
vengono effettuate se mpre per azione manuale
dell’operatore o a ripetizione se il caricamento viene effettuato una sola volta per più colpi. Ques te ultime a loro volta possono essere s uddivise in ar mi a ripetizione ordinaria se carica mento, sparo ed espuls ione del boss olo spento avvengono per ma no del tiratore, semiautomatica s e
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dopo lo sparo del primo colpo l’estrazione e l’espuls ione del bossolo spento e l’introduzione di una nuova cartuccia nella ca mera di scoppio avvengono auto maticamente , ma il tiro si può effettuare solo colpo per colpo pre mendo e lasciando di volta in volta il grilletto, e auto matica se dopo il primo sparo con la semplice p ress ione del dito s ul grilletto s i ottengono più spari s uccessivi (i n esse viene sfruttata l’azione diretta dei gas per provocare l’apertura dell’otturatore e la forza di una molla di recupero per la chius ura);
- trasporto ed impiego: individuali o collettive/di reparto) ; - canna: arma “lunga”, a s ua volta comprendente i fucili e le
carabine, e arma “corta”, pis tole e rivoltelle. La definizione di “arma lunga” e “arma corta” si rinviene nella direttiva CEE 91 /477 che nell’ allegato I, punto IV, lettera A definisce arma corta “qualsias i ar ma da fuoco la cui canna ha una lunghezza inferiore ai 30 cm oppure la cui lunghezza totale non s upera i 60 cm”; l’arma lunga è invece definita co me “quals ias i arma da fuoco di versa dalle armi da fuoco corte”.
6 R evol ver .
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Da un punto di vista giuridico s i rinviene una definizione d i arma nell’art. 585 del Codice Penale alla rubrica “Circostanze aggravanti”, in base al quale “ Agli effetti della legge penale per ar mi s’ intendono: 1) quelle da s paro e tutte le altre la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona; 2) tutti gli strumenti atti ad offendere, dei quali è dalla legge vietat o il porto in modo assoluto, ovvero senza giustificato motivo. Sono ass imila te alle ar mi le materie esplodenti e i gas asfissianti o accecanti.” e all’art. 704 “Armi”: “Agli effetti delle dispos izioni pre cedenti, per armi s i intendono: 1) quelle indicate nel numero 1 del capovers o dell'arti c olo 585; 2) le bombe, quals ias i macchina o involucro contenente materie esplodenti, e i gas asfissianti o accecanti”.
L’art. 30 del T.U.L.P.S. ribadisce quanto stabilito dal combinato disposto degli arti coli precedentemente elencati, stabilendo che “per ar mi s’ intendono: 1) le ar mi proprie, cioè quelle da s paro e tutte le altre la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona; 2) le bombe, qualsiasi macchina o involucro conte nente materie es plodenti, ovvero i gas asfissianti o accecanti.”
La materia è ulteriormente dis ciplinata dalla legge n. 110 de l 18 aprile 1975 e s uccess ive modifiche, la quale, agli artt. 1 e 2 fornisce, rispettivamente, la definizione di “armi da guerra, armi tipo guerra e munizioni da guerra” e delle “armi e munizioni comuni da sparo”. Nella fattispecie “…sono armi
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da guerra le armi di ogni specie che, per la loro s piccata potenzialità di offesa, sono o pos sono essere des tinate a l moderno ar mamento delle truppe nazionali o es tere pe r l'imp iego bellico, nonché le bo mb e di quals ias i tipo o parti d i esse, gli aggress ivi chimici biologici, radioattivi, i congegni bellici micidiali di qualunque natura, le bottiglie o gli involucri es plos ivi o incendiari. Fatto salvo quanto s tabilit o nel secondo comma dell'articolo 2, sono armi tipo guerra quelle che, pur non r ientrando tra le a rmi da guerra, possono utilizzare lo stesso munizionamento delle ar mi da guerra o sono predisposte al funziona mento auto matico per l'ese -cuzione del tiro a raffica o presentano caratteris tiche balistiche o di impiego co muni con le ar mi da guerra. Sono munizioni da guerra le cartucce e i relativi bossoli, i proiettili o parti di ess i destinati al caricamento delle ar mi da guerra. ” Sono, invece, ar mi comuni da sparo: “a) i fucili anche semiautomatici c on una o più canne ad anima liscia; b) i fucili con due canne ad anima rigata, a carica mento s uccess ivo co n azione manuale; c) i fucili con due o tre canne miste, a d anime lisce o rigate, a caricamento success ivo con azione manuale; d) i fucili, le carabine ed i moschetti a d una canna ad anima rigata, anche se predisposti per il funzionamento semiautomatico; e) i fucili e le ca rabine che impiegano munizioni a percuss ione anulare, purché non a funziona mento auto matico; f) le rivoltelle a rotazione; g) le pistole a
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funziona mento se miauto matico; h) le repliche di armi antiche ad avancarica di modelli anteriori al 1890 fatta eccezione per quelle a colpo s ingolo. Sono altres ì armi co muni da sp aro i fucili e le carabine che, pur potendos i prestare all'uti
-lizzazione del muniziona me nto da guerra, presentino
specifiche caratteristiche per l'effettivo impiego per uso d i caccia o sportivo, abbiano limitato volume di fuoco e s iano destinate ad utilizzare munizioni di tipo diverso da quelle militari. (…) Sono infine cons iderate armi co muni da sparo quelle deno minate 'da bersaglio da sala', o ad emiss ione d i gas, nonché le armi ad aria compres sa o gas co mpress i, s ia lunghe s ia corte i cui proiettili erogano un'energia cinetica superiore a 7,5 joule, e gli strumenti lanciarazzi, salvo che s i tratti di armi des tinate alla pesca ovvero di ar mi e strument i per i quali il Banco nazionale di prova escluda, in relazione alle rispettive caratteristiche, l'attitudine a recare offesa alla persona.(…) Le munizioni a palla destinate alle ar mi da spar o comuni non possono co munque essere costituite con pallottole a nucleo perforante, traccianti, incendiarie, a carica esplos iva, ad espans ione, autopropellenti, né possono essere tali da emettere sostanze stupefacenti, toss iche o corros ive, o caps ule sferiche marcatrici, diverse da quelle consentite a nor m a de l terzo comma ed eccettuate le cartucce che lanciano sostanze e strumenti narcotizzanti des tinate a fini scientifici e di zoofilia per le quali venga rilasciata apposita licenza del questore”.
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Sulla base della normativa citata la dottrina ha dis tinto le armi “proprie” da quelle “improprie”: le prime sono, come ricavabile dall’art. 585 del Codice Penale e dall’art. 30 del T.U. L. P.S., le ar mi “ la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona”, ivi co mprese quelle da sparo. Nella categoria delle armi “improprie” invece rientra ogni mezzo, che pur non rientrando nella definizione precedente è tuttavia capace d i manomettere l’altrui incolumità personale, così che la legge ne vieta il porto in modo assoluto o senza giustificato motivo. Ulteriori s pecificazioni sono fornite dal Decreto Legis lativo 26 ottobre 2010 n. 204, “Recepimento direttiva 2008/51/C E, relativa al controllo dell'acquis izione e della detenzione d i armi e modifiche alla leggi s ulle ar mi (G.U. 10 dicembre 2010 n. 288)”.
All’art. 1-bis del Decreto Legislativo 30 dicembre 1992 n. 527 viene precisato che deve intenders i per arma da fuoco “qualsiasi arma portatile a canna che espelle, è progettata ad espellere o può essere tras formata al fine di espellere un colpo, una pallottola o un proiettile mediante l’azione di un combus tibile propellente, a meno che non s ia esclusa per una delle ragioni elencate al punto III dell'allegato I della direttiva 91/477/C EE, e s uccess ive modificazioni. Un oggetto è cons iderato idoneo ad essere tras formato al fine di espellere un colpo, una pallottola o un proiettile mediante l'a zione d i un co mbus tibile propellente se ha l'aspetto di un'ar ma da
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fuoco e, come ris ultato delle s ue caratteris tiche di fab -bricazione o del materiale a tal fine utilizzato, può essere cos ì trasformato”.
2. COSTITUENTI DI UN’ARMA
Il già menzionato D. Lgs. n. 204 del 26 ottobre 20 10 stabilisce che per “parte” di arma da fuoco deve intendersi “qualsiasi componente o ele mento di ricambio specificamente progettato per un'arma da fuoco e indispensabile al s uo funzionamento, in particolare la canna, il fusto o la carcassa, il carrello o il tamburo, l’otturatore o il blocco di culatta, nonché ogni dispos itivo progettato o adattato per attenuare il rumore causato da uno sparo di arma da fuoco”.
I. La canna
La canna è un cilindro metallico di dia metro e lunghezza deter minati che ha la funzione di contenere la cartuccia e di guidare il proiettile nel tratto iniziale della traiettoria. La canna presenta una porzione posteriore, definita “vivo di culatta”, e una porzione anteriore, definita “vivo di volata”,
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mentre la cavità al suo interno viene definita “anima” e può essere liscia o rigata.
All’interno della canna avviene la trasformazione del calore, generatos i a seguito della co mbustione di una sostanza esplos iva, in energia cinetica del proiettile: i gas che s i creano con la combustione premono contro di esso, deter minando la genes i di una forza di propuls ione 2.
La funzione della canna è quella di contenere la cartuccia, s ia nel periodo statico di riposo, sia nel periodo dina mico dello sparo, di fungere da camera di compress ione a volume variabile durante la deflagrazione del propellente, di guidare il proiettile durante l’accelerazione impulsiva, di stabilizzarlo giroscopicamente – se si tratta di canna con a nima rigata – e di proiettarlo verso un bersaglio collimato.
Dal punto di vista geo metrico e strutt urale la canna è costituita da:
- culatta, che ne costituisce la parte posteriore, quella in cui si introduce la cartuccia;
- volata, che è la parte anteriore, quella attravers o cui il proiettile fuoriesce;
- camera della cartuccia, intesa come la sede ove la cartuccia alloggia;
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I gas esercitano, inoltre, un’azione compressiva anche contro l’otturatore, determinando la forza di “rinculo”, e contro le pareti della canna stessa.
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- camera di scoppio, oss ia quella porzione che oltre alla camera di cartuccia comprende anche il raccordo nelle canne lisce ed il free boring in quelle rigate.
La canna può altres ì vantare il montaggio di congegni suss idiari, quali co mpensatori al vivo di volata, strozzator i variabili, spegnifiamma, s ilenziatori, s morzatori di rinculo etc.
La maggior parte delle canne presenta all’interno di esse una rigatura ad anda mento elicoidale, la quale consente d i imprimere una rotazione intorno al proprio asse lon gitudinale al proiettile, garantendo dunque, per “effetto giroscopico”, stabilità alla s ua traiettoria, divenendo cos ì maggiormente “tesa”: ciò è rilevante peraltro ai fini di una periz ia balistica, in quanto l’analis i delle strie primarie e secondarie s ul proiettile permette di stabilire, nella maggior parte dei cas i, quale s ia il tipo di arma di provenienza dello stesso e, inoltre, la loro co mparazione con altri analoghi segni lasciati s u un proiettile di cui s i conosc e la canna dalla quale proviene consente di identificare l’ar ma che lo ha sparato.
14 C a nna r i ga t a .
Gli ele menti che caratterizzano le rigature di u na canna sono rappresentati da:
- numero;
- inclinazione, che può essere costante o progress iva ;
- direzione, che può avere anda mento destrorso o s i nistrorso; - passo delle righe, ovvero la dis tanza percorsa da un proiettile per eseguire una rotazione di 3 60° sessages imali intorno al proprio asse longitudinale. Nelle ri gature ad inclinazione costante il passo è anch’esso costant e, mentre in quelle progress ive all’aumentare della inclinazione diminuis ce il passo e viceversa.
Poiché la rigatura è costituita da solchi tra elementi in ril ievo sull’anima della canna, il calibro varia a seconda dello spazio dal quale s i compie la mis ura: s i avrà pertanto un calibro c.d.
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balistico, rappresentato dal diametro mis urato tra due rilievi contrapposti, e un calibro effettivo, costituito dal diametr o mis urato tra due righe contrapposte .
S ez i one fr ont a l e di t r e t ip i di ca nna : l is c ia (a si nist r a ), r iga t a (a l c ent r o) e p ol i gona l e (a dest r a ).
A = ca l ibr o ba l ist ic o B = ca l ibr o eff et t i vo
Il calibro essendo una mis ura di lunghezza, può essere mis urato in millimetri (s is tema europeo) o in pollici e sotto multipli (s is tema anglosassone). Conoscendo il calibro in uno dei due sis temi s i può facilmente ricavare la mis ura nell’altro, considerando l’uguaglianza in base all a quale un pollice è pari a 25, 4 millimetri. A mero titolo esemplificativo, si può ricavare la mis ura in pollici di un calibro 9 mm dividendo questo numero per 25, 4 mm/pollici, troncando e appross imando per eccess o la terza cifra decimale, e ottenendo la mis ura di 0,355 pollici. Viceversa, un calibro d i 0,30 pollici (ovvero, con notazione anglosassone .30), corrisponde a d un calibro di 7,62 mm – valore, questo,
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ottenibile moltiplicand o il calibro in pollici per 25, 4 mm/pollici.
In alcune canne moderne la rigatura è stata sostituita da un profilo poligonale ad anda mento elicoidale dell’anima.
Il calibro delle canne ad anima liscia, co me quello di alcuni fucili, di contro, viene mis urato con un s iste ma che trae la propria origine nel passato e che è pervenuto trala tizia mente fino ai te mpi attuali; esso, infatti, viene indicato con il numero di s fere, aventi diametro analogo a quello della canna in questione, che possono essere ricavate da una libbra (mis ura pondo metrica pari a 454 grammi) di pio mbo: se una canna ad anima liscia ha calibro p ari a 12, per esempio, ciò significa che è poss ibile ottenere da una libbra di pio mbo12 sfere che hanno il calibro uguale a quello della canna in cons iderazione.
La for mula che per mette di ris alire al calibro teorico conoscendo il numero di palle è la segu ente:
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II. La cassa
In un'arma da fuoco lunga, la cassa o carcassa è quella parte che unisce le diverse co mponenti e permette la presa, il punta mento ed il tiro. La cass a si articola in fus to, impugnatura e calcio.
Il fusto, co mune mente in un solo pezzo con il resto della cassa, porta s uperiormente una scanalatura, per contenere la canna, e un intaglio profondo, per permettere l’alloggiamento del serbatoio dei colpi. Il fus to serve principalmente per da r presa alla mano s inist ra del tiratore , che ha il co mpito d i dirigere l’arma. I fucili a canne basculanti hanno il fusto separato dal resto della cassa: il fus to in questo caso prende il nome di as ta. La canna dei fucile da guerra in corrispondenza del fusto è coperta anche s upe riormente da un ele mento chiamato copricanna .
L’impugnatura è la parte della cassa posta immediatamente dietro al grilletto: essa forma con la canna un angolo, detto angolo di calcio, che consente al tiratore di far coincidere più facilmente la linea vis ua le con quella di mira. L’ impugnatura, comunemente sagrinata, costituisce solida presa per la mano destra, che s pinge l’ar ma contro la s palla. P rende vari nomi a seconda della for ma: dritta o inglese, a mezza pistola, a pistola.
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Il calcio è la parte della c assa che equilibra il peso dell’ar ma, determina la distanza fra la spalla di chi spara e l’otturatore e ripartisce s u una s uperficie allargata il rinculo.
Nelle armi corte, invece, il fusto è la carcassa del “castello”, cioè di quella parte dell’arma che sostiene la canna: esse, difatti, non richiedono l’appoggio alla spalla per il tiro, pe r cui il calcio e l’impugnatura si identificano.
III. L’otturatore
L’otturatore è quella parte meccanica, fissa o mobile, che pres iede all’ introduzione ed alla tenuta del bossolo nella camera di scoppio della canna.
Il congegno di otturazione, ed in particolare la s uperficie che entra in contatto con il fondello del bossolo, ha somma importanza ai fini della balis tica identificativa , cons iderato il fatto che ogni modell o di arma da fuoco ha, per fabbricazione, una organizzazione morfologica, geometrica ed angolare degli organi che interagis cono s ul bossolo durante l’introduzione, la percussione della capsula, lo sparo, l’estrazione e l’espulsione.
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IV. I congegni di estrazione ed espulsione
I congegni di estrazione ed espuls ione s ono quas i se mpre integrati al congegno di otturazione. Il bossolo esploso per essere sostituito da una cartuccia attiva deve essere estratto dalla camera ove era collocato , a cui segue poi la funzione d i espulsione dal castello e dall’arma stessa.
L’estrazione avviene attraverso l’aggancio di un organo geometrico particolare, definito testa o unghia dell’ estrattore, sul collarino del bossolo. L’azione dell’estrattore è necessaria nel funziona mento delle ar mi se miauto matiche o automatiche munite s i chius ura stabile o metastabile , mentre diviene inutile nel ciclo operativo di quelle ar mi che hanno una chius ura labile, in cui è la stessa press ione dei gas della deflagrazione che determina l’estrazione e l’espulsione del bossolo spento. L’estrazione avviene attravers o l’azione eccentrica di una s uperficie fissa o mobile del cas tello, dell’otturatore o del caricatore contro il bordo del fondello del bossolo esploso; s otto questa azione impuls iva s i viene a creare una reazione eccentrica che proietta il corpo de l bossolo fuori dal castello o dal s iste ma di otturazione ; l’espulsione può avvenire oppure superiormente.
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3. MUNIZIONI
Per munizionamento si intende l’insieme del materiale da introdursi in un’arma da fuoco, perché essa possa estrinsecare la propria funzionalità e potenza balistica.
Il munizionamento dunque deve essere costituito da l propellente, cioè il motore che tras forma l’energia chimica in energia cinetica, dal vettore , che immagazzina e trasporta l’energia a distanza sul bersaglio, e da un sistema di iniziazione del feno meno propuls ivo nel propellente.
Questi tre ele menti possono ess ere usati ed introdott i nell’arma separatamente opp ure già uniti. L’assemblaggio di proiettile, propellente ed apparecchio di innesco danno ne l loro ins ie me unico la cartuccia.
Le munizioni per ar mi da fuoco portatili a retrocarica sono composte da quattro ele menti principali:
- il boss olo; - il proiettile; - l’ innesco;
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Cart ucc ia ed e le me nt i c he la co mpo ngo no
I. Il boss olo
Il bossolo può essere cons iderato la struttura portante della cartuccia in cons iderazione del fatto che assolve varie importanti funzioni, tra cui quella di mantenere in pos izion e tutti gli altri co mponenti. Nel fondello, infatti, presenta la sede dell’innesco; contiene il proiettile, che viene trattenuto mediante un restringimento, definito, crimpaggio, dell’orlo della sede destinata ad accoglierlo; il restante volume interno (camera di polvere) contiene le carica di lancio.
Il bossolo, inoltre, durante la deflagrazione d ella carica d i lancio si dilata a causa della press ione interna e, aderendo alla parete della camera di cartuccia , impedis ce ai gas in rapida espans ione di giungere alla culatta. Success iva mente,
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caduta la press ione, tende a riass umere le d imens ioni originali consentendone, quindi, l’estrazione.
I bossoli sono costituiti con materiali divers i, in funzione dell’ impiego cui sono des tinati. Nelle ar mi a canna liscia vengono utilizzate soventemente cartucce contenenti pallini : tali munizioni pre sentano bossolo in plastica ovvero cartone rinforzato alla base da un fondello in ottone Le munizio ni impiegate con armi a canna rigata, di contro, sono formate da un bossolo metallico in monopezzo.
Nel bossolo s i s uole distinguere le seguenti parti:
- fondello: rappresenta la chius ura del bossolo , che funge da piano di contrasto con la faccia dell’otturatore dell’arma. Nelle munizioni a percuss ione centrale al centro de l fondello viene ricavata la sede dell’innesco;
- collarino: è la corona circolare este rna del fondello, s ulla quale si impegna l’estrattore dell’arma;
- scanalatura: incostante, è un solco che percorre l’ intera circonferenza del fondello s uperiormente al collarino;
- corpo: è la parte compresa tra il fondello e d il margine superiore, nel quale viene infiss o il proiettile. Nel s uo interno è contenuta la carica di lancio;
- colletto: è la parte del bossolo des tinata ad accogliere il proiettile e a trattenerlo in sede mediante la rastre matura dell’orlo del colletto stesso.
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II. Il proiettile
Il proie ttile è l’elemento des tinato a recare l’offesa s ul bersaglio, cedendo ad esso l’energia cinetica impressagli dal feno meno propuls ivo e producendo cos ì s u di esso un lavoro di tipo meccanico.
Nel proiettile possono in linea di mass ima distinguers i tre parti principali:
- base o fondello del proiettile, cioè la superficie s ulla quale agisce la press ione esercitata dai gas di sparo e che può essere piana, cava, rastremata, con borra (per muni -ziona mento spezzato);
- corpo, ovvero la parte cilindrica del proiettil e, il cui diametro individua il calibro del proiettile stesso;
- ogiva, cioè la parte destinata a fendere l’aria e a s ubire l’impatto con il bersaglio. Quest’ultima può essere di forma differente (spianata, arrotondata, ogivale, acuta ad angolo circolare, ac uta a cono, cava).
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Le principali caratteristiche di un proiettile sono:
- peso che, essendo una forza, è rappresentata dalla massa gravitazionale per l’accelerazione di gravità;
- calibro, cioè il dia metro mass imo del corpo del proiettile; - lunghezza, cioè la mis ura totale dell’asse interno de l
proiettile; - forma;
- compos izione, ovvero il materiale che lo co mpone e le modalità di costruzione.
Il peso del proiettile dipende dalla s ua struttura interna e da l peso specifico del o dei materiali usati ed è un ele mento deter minante ai fini delle s ue prestazioni ba listiche: un proiettile leggero infatti, rispetto ad uno più pesante, uguale per for ma, lunghezza e dia metro, raggiunge a parità di s pinta una maggiore velocità iniziale, che però tende a decrescere più rapida mente.
Il peso delle palle di fabbricazione europea è espresso in “grammi” mentre quello delle palle di fabbricazione inglese ed americana è espresso in “grani” (1 grammo = circa 15 grani).
Il calibro è il dia metro del p roiettile prima di s ubire il forzamento della rigatura, cioè prima dello sparo.
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Per il muniziona mento s pezzato, invece, di regola è il semplice dia metro della palla.
Il dia metro del proiettile di regola non coincide con il calibro dell’anima dell’arma, ma è leggermente superiore.
La lunghezza del proiettile è un fattore che per mette d i addensare sulla superficie sezionale un’energia superiore a quella di un proiettile di uguale peso ma di dia metro più grande e quindi più corto.
La dens ità sezionale, espres sa in Kg/c m², rappresenta il rapporto tra il peso del proiettile espresso in Kg e la superficie s u cui tale forza -peso agisce, espressa in c m². Ne consegue che, a parità di peso, per mantenere inalterata la dens ità sezionale diminuendo il diametro (e quind i la superficie) necessaria mente deve aumentare la lunghezza. La lunghezza, tuttavia, non può s upe rare un certo limite, in quanto un proiettile di lunghezza maggiore tende a ribaltars i nella traiettoria a causa della posizione più arretrata de l centro di s pinta ris petto al centro di res is tenza. Una regola empirica vuole che, affinché il moto del proiettile s ia stabilizzato, la s ua lunghezza deve essere compresa tra 3 e 4, 5 volte il calibro del proiettile per palle da fucile e tra 1,5 e 2, 5 volte il calibro per i proiettili per armi a muniziona mento singolo.
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La for ma del proiettile è molto importante s ia per fin i balistici esterni (penetrazione nell’aria e stabilità) , sia per quanto riguarda la balistica ter minale (danneggia mento de l bersaglio ).
I n pr i mo p ia no es emp i di di ver s i t ip i di pr oi e t t i l e. S ul l o sf ondo gli st ess i pr oi et t i li mont a t i su l boss ol o.
La compos izione del proiettile è molto importante in quanto qualifica la s ua destinazione e specializzazione.
Il proiettile può essere: - di pio mbo;
- incamiciato (o mantellato), cioè rivestito da una
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Il potere di arresto è l’attitudine di un dato proiettile ad arrecare les ioni, dirette o meno, a un dato bersaglio e che siano tali da ridurne o annullarne la capacità di agire quando viene colpito.
Tale condizione dipende da molteplici fattori, s ia relativi a l bersaglio, come la costituzione, la res is tenza ad azioni traumatiche, la pos izione, le s ue condizioni di moto o d i quiete, l’esistenza di eventuali protezioni naturali o artificiali, altri dipendenti dalle caratteristiche statico -dina miche del proiettile. Le qualità statiche del proiettile sono rappresentate dalle s ue caratteristiche fis iche, co me il calibro, il peso, i materiali cos titutivi, la f or ma dell’ogiva e la lunghezza. Sono, invece, dinamiche la velocità d’ impatto, di traslazione, di rotazione, l’energia cinetica, la forza viva residua (cioè quella posseduta dal proiettile dopo l’impa tto con il bersaglio).
Quando un proiettile attinge un corpo cede ad esso una energia che viene tras for mata in lavoro, il quale sarà proporzionale all’energia ceduta.
Trapassando un corpo, il proiettile cede ad esso un’ energia pari alla differenza tra l’energia cinetica all’impatto e quella di uscita, per cui più alto è il potere di penetrazione, dunque più veloce è il passaggio, tanto minore sarà l’energia che viene tras messa al corpo attinto.
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L’energia cinetica posseduta da un proiettile è uguale al semiprodotto tra la massa di esso e la velocità al quadrato. Nei fatti, proiettili che hanno mass a e velocità diversa, pur avendo uguale energia di impatto, produrranno un lavoro diverso: in altre parole, gli effetti prodotti s ul bersaglio da un proiettile di massa elevata e a bassa velocità sono divers i da quelli prodotti da uno di massa ridotta e di velocità elevata, cioè a parità di energia cinetica produrranno lavoro diverso, in quanto l’energia è trasmessa in tempi differenti.
Un proiettile che all’impatto cede la maggior parte di energia sul corpo urtato possiede sicuramente un potere d’arresto superiore ad un altro che invece, perforando veloce mente il corpo, tras mette minore energia.
III. L’innesco
L’innesco è costituito da una piccola quantità di polve re esplos iva che detona se sottopost a ad urto da parte di un agente meccanico (percussore).
Sottoposta ad urto, la miscela innes cante detona , esercitando sul propellente un’azione di compressione meccanica, causata dall’onda d’urto della detonazione, ed un’azione termica dovuta alla cessione di calore, determinando così l’inizio del processo di co mbustione della carica di lancio.
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IV. La carica di lancio
La carica di lancio è costituita da una deter minata quantità d i esplos ivo deflagrante in polvere, che, incendiata dall’azione dell’innesco, brucia sprigionando dei gas, i quali tendono ad espanders i a causa del calore generato durante il processo.
4. ESAME COMPARATIVO IN AMBITO BALISTICO
I. La comparazione dei proiettili
La s uperficie cilindrica dei proiettili sparati da un’arma da fuoco con canna rigata presenta un certo numero di im pronte ben vis ibili macroscopica mente, parallele ed equidistanti fra di loro ed inclinate rispetto all’asse della canna, che possono avere andamento destrors o o s inistrorso, prodotte dai pieni esistenti nell’anima della canna fra solco e solco, deputati ad imprimere al proiettile un moto rotatorio intorno al proprio asse longitudinale per stabilizzarlo giroscopicamente. Tali impronte, vis ibili ad occhio nudo, vengono definite “strie primarie” e sono utilizzate nelle comparazioni al fine di stabilire il tipo di arma che ha sparato, in base alle loro caratteris tiche.
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Nell’ambito di tali strie e nello spazio tra esse si rilevano, con l’utilizzo del microstereoscopio, fasce di piccolissime striature parallele, dette “strie secondarie”, prodotte dalle microscopiche asperità della s uperficie interna della canna e che sono caratteris tiche individuali della canna che ha sparato. Confrontando le strie s ec ondarie s ui proiettili rinvenuti con quelle rilevate s ui proiettili sparati in laboratorio con l’utilizzo dell’arma sequestrata, si può stabilire se e quali proiettili s ono stati esplos i da quella specifica canna.
Giova co munque porre in evidenza che due p roiettili perfetta mente uguali, sparati con la medes ima canna , no n presentano mai strie che ad un esame comparativo appaiono tutte perfettamente uguali. Ne deriva che, mentre la corrispondenza fra strie secondarie permette di identificare con certezza una data arma, la mancanza di corris pondenza non consente di escludere a priori che l’ar ma in esame s ia quella del delitto.
La compa razione fra le striature è resa peraltro p iù difficoltosa dal fatto che i loro caratteri principali ( maggiore o minore profondità e larghezza) variano a seconda della durezza del metallo dei proiettili e a seconda della carica d i lancio, dunque, in ultima analis i, in base a lla press ione esercita ta s ui proiettili stess i all’atto dello sparo.
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Le impronte s ono infine influenzate dalla presenza d i eventuali particelle es tranee presenti nella canna e possono variare da un colpo a quello s u ccessivo co me forma e intens ità, infatti mentre il proiettile a vanza nella canna, s i verifica una lieve abras ione dell’anima dal v ivo di culatta fino alla volata, quindi i primi segni prodottis i possono essere modificati dal contatto con la res tante parte di rigatura e nuovi segni possono sovrappors i ai primi.
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II. La comparazione dei boss oli
La maggior frequenza di co mparazione s u boss oli di ar mi auto matiche o semiautomatiche dipende dal fatto che ess i vengono espuls i al mo mento dello sparo, a differenza d i quelle a ripetizione manuale, in cui i bossoli vengono trattenuti.
I punti che poss ono essere impres si s ul bossolo a seguito dello sparo sono i seguenti:
- impronte delle ale tte del caricatore: sono prodotte s ia ne l momento dell’inserimento manuale della cartuccia nel caricatore, sia quando l’otturatore la spinge nella ca mera d i cartuccia della canna ;
- impronte dell’ele mento introduttore: s i verificano quando l’otturatore preleva la cartuccia dal caricatore e la spinge in canna ;
- impronte dell’ estrattore prodotte nel mo mento in cui la cartuccia viene inserita in camera: d urante ques ta fase l’estrattore tocca il bordino del fondello imprimen dovi un’impronta;
- impronta di percuss ione (c .d. cratere dell’ innesco): è generata dal percussore al momento dello sparo ;
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- impronta dell’espuls ore: deriva dall’ azione di un ele mento d’acciaio che durante l’azione dell’otturatore urta il fondello del bossolo esploso ;
- impronta dell’estrattore al mo mento in cui il bossolo esploso viene estratto.
Impr onta di percussione o crater e d’innesco .
5. BALISTICA
La balistica è il ramo della meccanica che studia il moto di un proiettile, inteso co me un corpo inerte sottoposto alla forza d i gravità e all'attrito viscoso del mezzo fis ico di propagazione. Tale scienza s i s uddivide in:
- balistica interna , che s i occupa dello studio del movimento del proiettile dal momento dell’accensione della carica di lancio fino all’ uscita dalla canna;
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- balistica inter media , che studia la traiettoria del proie ttile fuori della canna fino al mo mento dell’ impatto con il bersaglio;
- balistica ter minale , che studia gli effetti s ul proiettile e s ul bersaglio dopo l’impatto.
I. La balis tica interna
A seguito dell’impatto del percussore sulla capsula dell'innesco, la co mpos izione innes cante detona , producendo un intenso dardo di fia mma che raggiunge la carica di lancio, dando inizio alla sua deflagrazione.
La deflagrazione della polvere s viluppa una grande quantità di gas (circa un litro per ogni grammo di polvere) , che s i dilatano per effetto del calore (olt re 2000 gradi); un litro d i gas racchiuso in uno spazio minimo e sottoposto a tale temperatura produce un aumento di press i one che in un fucile a palla giunge a superare i 3000 kg/cm2 (circa 500 at mos fere in un fucile a canna liscia). La pres sione cos ì s viluppatas i s i esercita in tutte le direzioni: contro le pareti del bossolo , che viene pressato contro la parete della c amera di cartuccia (ass icurando in tal modo che non s fuggano gas poste -riormente), contro il fondello , che viene premuto contro l'otturatore, e contro il fondo del proiettile , che viene spinto in avanti. La press ione continua a crescere fino al mo mento in
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cui il proiettile s i s vincola dal bossolo e d inizia il s uo percorso: aumenta in tal modo lo spazio a dis pos izione per i gas, ma fino a che la produzione di ess i è maggiore dello spazio a dis pos izione, continua ad aumentare la press ione, il che aumenta la produzione di gas. Raggiunto l'equilibrio tra i due valori, la press ione inizia a calar e.
II. La balistica intermedia
Non appena il proiettile lascia la bocca da fuoco, i gas d i deflagrazione s i espandono rapida mente s ino a raggiungere la press ione at mos ferica, miscelandos i conte mporanea mente co n l’aria circostante e determinando int ense turbolenze.
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Si verifica pertanto la produzione di una variazione d i press ione, definita onda d’ urto, che si propaga nello spazio con una velocità s uperiore a quella del s uono: ciò è dovuto all’incremento temporaneo della temperatura nella z ona di passaggio e dunque a d una diminuzione della dens ità, inducendo un aumento della velocità.
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L’onda acustica generata dalla turbolenta fuori uscita dei gas di deflagrazione s i muoverà s ia in direzione opposta alla volata che vers o di essa.
La parte dell’onda che s i muove vers o la volata e contro i gas in uscita da essa può avere una velocità s imile , ma in vers o contrario, rispetto a quella di de flusso dei gas di defla -grazione: questo de ter mina un’ onda pressoria quas i statica (imposs ibilità di avanza mento).
La regione di efflusso dei gas anteriore alla volata dell’arma è interessata da due distinti feno meni: il primo è provocato da l proiettile che si muove ancora all’interno della canna, il secondo, all’uscita dello stesso dalla volata.
Quando il proiettile accelera all’ interno della canna, s i ha un getto precusorio di gas costituito dall’aria che viene espulsa dalla canna, a cui s i somma una porzione dei gas propellent i che s i ins inuano tra proiettile e rigatura. Si forma cos ì un’onda pressoria proprio davanti al proiettile, onda che viaggia per tutta la canna e viene rilasciata come un’onda d’urto con fronte iniziale quasi sferico alla volata.
Una volta che il proiettile è fuoriuscito dalla volata, per mettendo al gas propellente di espanders i nell’at mos fera, genera una potente onda d’ urto.
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Il gas s i es pande ed accelera rapidamente, s ino ad ass umere velocità molto maggiori di quella del proiettile. Tale effluss o di gas tende quindi a superare il proiettile e deter mina una spinta addizionale s u lla s ua base. Tale spinta addizionale è generalmente indes iderata , perché comporta una des ta -bilizzazione del movimento del proietto ed una conseguente riduzione dell’accuratezza dell’arma, il proietto infatti tende a subire una sorta di imbardata.
La precis ione di un’ar ma è fortemente legata ad una corretta stabilizzazione del proiettile, che a sua volta dipende dalle caratteris tiche statiche e d al passo di rigatura dell’arma.
Sul proiettile poss ia mo distinguere il centro di massa e d il centro di spinta. Il centro di massa (o baricentro) è il punt o nel quale vengono applicate le forze di natura fis ica (ne l nostro caso la forza di gravità) e che traccia il moto de l proiettile. Il centro di spinta è invece il punto nel quale vengono applicate le forze aerodi na miche (portanza e resistenza dell’aria).
Essendo le forze applicate in due punti divers i, s i viene e creare un mo mento, che ten de a ribaltare il proiettile, il quale deve pertanto essere stabilizzato.
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La stabilizzazione può essere otten uta in vari modi: uso d i proiettile s ferico, proiettili rastremati, stabilizzazione me -diante alette sottili, stabilizzazione giroscopica .
La stabilizzazione giroscopica è la metodica attualmente più utilizzata per le ar mi a canna rigata. Essa dipende da fattor i quali pass o di rigatura, lunghezza del proiettile, massa, velocità e dens ità del mezzo attraversato: più il proiettile è lungo e più è pesante, e maggiore è dens ità del mezzo attraversato, più è influenzato il momento d’inerzia , che è il para metro che condiziona la stabilizzazione.
La rigatura ha l'effetto di tras formare il proiettili in un sistema giroscopico; un corpo in rapida rotazione, e quindi un proiettile, è soggetto ai seguenti movimenti: 1) la rotazione lungo l'asse longitudinale , che in parte riduce l'eff etto della forza di gravità e d impedisce lo spostamento dell'asse; 2) lo spostamento dell'asse in direzione del movimento di rotazione (l’asse peraltro descrive una superficie conica); 3) lo spostamento dell'asse, anche per effetto della forza di gravità, che produce cicloidi o oscillazioni che s i sovrappongono al movimento di precess ione (nutazioni).
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III. La balistica terminale
Gli effetti prodotti dall’impatto dipendono da molteplici variabili, quali le caratteris tiche strutturali dei materiali interessati, la velocità d’ impatto, la for ma dei proiettili ed altri, che hanno co me conseguenza che lo stesso bersaglio o lo stesso proiettile possono comportars i in modo divers o a seconda delle circostanze.
Cos ì, ad ese mpio, se un proiettile colpisce un bersag lio costituito da materiale ad alto allunga mento percentuale, produrrà una cavità di dia metro maggiore di quello de l proiettile stesso, ma il grosso del lavoro di deformazione e rottura avverrà in ca mpo elastico ed il restante materiale conserverà la s ua c ontinuità senza sgretolars i. Se cioè colpisce un bersaglio costituito da materiale ad alto allungamento percentuale a rottura, il materiale viene deformato al di là del proprio mass imo allunga mento percentuale e s i ha lo strappamento e la deformazione dell o stesso.
Se colpis ce un bersaglio dotato di elevato carico di rottura, ma caratterizzato da un basso allunga mento percentuale a rottura, pratica mente coincidente con il limite elastico , il materiale cederà di netto.
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6. LESIONI DA PROIETTILE UNICO A BASSA VELOCITÀ
Quando la velocità con cui il proiettile colpisce il corpo è bassa, cioè inferiore a 340 m/sec (velocità del s uono), gli effetti les ivi sono circoscritti, infatti la maggior parte dell’energia cinetica del proiettile viene impiegata dallo stesso per vincere la res is tenza della cute e dei tess uti. I n questo caso gli effetti lesivi sono causati dall’attrito del proiettile con i tess uti.
I. La ferita d’ingress o
Nel mo mento in cui il proiettile colpisce la cute, essa s i introflette, formando un cono di depressione. Se l’energia cinetica del proiettile non è s ufficiente a vincere la res istenza elas tica della cute, il proiettile s i comporta co me un corpo contundente, provocando ferite la cero contuse, escoriazioni o ecchimos i (nel vivente).
Quando invece il limite mass imo di elas ticità della cute viene superato, essa s i lacera e il proiettile prosegue il s uo percors o all’interno del corpo. Ne consegue una soluzione di continuo rotondeggiante o ovalare, a seconda che il proiettile abbia colpito il corpo perpendicolar mente o obliqua mente ris pett o alla s uperficie cutanea, e il cui dia metro è solita mente
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inferiore al dia metro del proiettile. I margini della ferita appaiono fine mente frastagliat i.
Tutto intorno alla soluzione di continuo può essere apprezzabile una zona chia mata orletto di deters ione, che s i forma in seguito al depos itars i s ulla cute di materiali present i sul proiettile al momento dell’impatto, come tracce di lubrificante balis tico, res idui dello sparo o materiale raccolto nell’ambiente durante la traiettoria extra -corporea.
Esternamente rispetto all’orletto di detersione, la cute si presenta escoriata: questa zona s i chiama orletto d i escoriazione ed è causata dall’attrito del pr oiettile sulle pareti del cono di depress ione durante la penetrazione. Per ques to motivo l’ampiezza dell’orletto di escoriazione è direttamente proporzionale alla cons istenza della regione anato mica colpita, e può mancare nelle zone in cui la cute è aderen te a l piano scheletrico, come ad ese mpio il cuoio capelluto. Se il proiettile colpisce il corpo perpen dico larmente ris petto alla superficie cutanea, l’orletto di escoriazione è circolare, con spessore uguale in tutta la circonferenza, mentre se l’impatto avviene obliqua mente l’orletto di escoriazione ass ume una forma ovalare, più allungata dal lato di provenienza del colpo. Se il proiettile non determina la morte, intorno all’orletto di escoriazione può co mparire un alone di ecchimos i, causato dal trauma co ntus ivo al mo mento dell’ impatto.
43 Tipica ferita d’ingr esso di un colpo sparato a distanza e che ha
r a ggiu nt o la cut e qua si p er p endi c ola r ment e.
Quando il colpo è esploso da vicino, cioè entro una distanza di circa 50 c m, sono apprezzabili anche delle az ioni les ive secondarie, causate dalla bocca dell’arma e dai fenomeni secondari all’espulsione del proiettile: la fiammata di accens ione della carica di lancio, i gas e vapori prodotti dalla combus tione della polvere da sparo, che for mano una nuvola che procede per un certo tratto dietro al proiettile, e d i res idui inco mbus ti dalla polvere s tessa, che vengono espuls i dall’arma.
Questi effetti secondari, incontrando la cute o gli abiti prima di disperders i, deter minano manifes tazioni che s i appalesano entro d is tanze comparabili a parità di ar ma e munizione e che si esauriscono viepiù all’au mentare della distanza di sparo : ciò fornisce valide indicazioni s ulla distanza dalla quale è stato esploso il colpo .
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Nel caso di un colpo esploso a contatto di una zona in cui la cute è vicina ad una s uperficie os sea, come ad ese mpio a livello del cranio, i gas penetrano tra la cute e l’osso , s i espandono a causa della loro press ione molto elevata, scollano la cute dal piano osseo e la spingono verso l’arma. Ciò provoca una ferita stellata, perché la cute è s pinta violentemente verso l’esterno dai gas, quindi dal foro d’ingresso si dipartono varie lacerazioni irregolari; inoltre l’impatto della cute contro la canna, che si trova a contatto con essa, può provocare un’escoriaz ione a stampo della bocca dell’arma sulla cute stessa.
45 Impr onta a stampo della bocca dell’arma sulla cute.
Quando il colpo viene sparato ad una distanza di circa 5 c m dal corpo, la cute o gli abiti vengono investiti dalla fia mmata di accens ione della carica di lancio, deter minando sovente un’ustione che circonda il foro d’entrata (colpo “a bruciapelo”).
Oltre alla fia mmata, escono dalla canna anche i gas e i vapor i prodotti dalla co mbustione della polvere da sparo, che formano una nube ovoidale.
I vapori sono dei fumi costituiti dai residui solidi carbonios i di co mbus tione della polvere, cioè da finiss ime particelle che si depos itano s ulla cute o s ugli abiti come una patina, formando un alone scuro la cui tonalità varia con il tipo d i polvere. Questo alone, definito di affumicatura e facilmen te rimovibile con la deters ione , s i può riscontrare fino ad una distanza di sparo di circa 25 – 30 cm e raggiunge il s uo diametro massimo quando la bocca dell’arma si trova a circa 10 – 15 cm dal corpo; nei colpi sparati perpendicolarmente
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alla s uperficie cutanea è circolare, mentre nei colpi obliqui è ovalare, con estens ione maggiore dal lato opposto rispetto alla provenienza del proiettile.
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Altres ì, occorre far menzione della poss ibile presenza d i particelle di polvere da sparo incombuste che accompagnano il proiettile per un breve tratto e che possono infiggers i nella cute a guisa di minuscoli proiettili, qualora posseggano una
energia cinetica s uffi ciente a vincere la res istenza
dell’epidermide. Questi corpuscoli costituiscono un’area solita mente neras tra, denominata tatuaggio.
Qualora invece non s iano dotati di energia s ufficiente, possono deter minare s ull a cute esclus iva mente escoriazioni puntifor mi, che nel loro ins ie me s i appalesano co me un’ area rossastra intorno al foro d’ingresso, la cui forma dipende dalla traiettoria del proiettile: è rotonda nei colpi esplos i perpendicolarmente alla superficie cutanea, ovalare nei colp i esplos i obliqua mente, con maggior estens ione dal lato oppos to a quello di provenienza del proiettile.
Al mo mento dello sparo la massa di particelle incombuste che esce dalla canna è compatta, poi a causa dell’attrito dell’aria esse tendono a dis perders i e ad allontanars i tra lo ro, quindi il diametro del tatuaggio e/o dell’alone di punteggiatura è diretta mente proporzionale alla distanza da cui è stato esploso il colpo, mentre la dens ità degli stessi è inversamente proporzionale. La punteggiatura s i osserva fino ad una distanza d i sparo di circa 40 – 50 cm, oltre la quale le particelle non riescono più a raggiungere il bersaglio.
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II. Il tramite
Il tra mite intracorporeo è la les ione causata dal percorso de l proiettile all’interno del corpo. Non sempre però il numero di tra miti corrisponde al numero di proiettili che hanno colpit o un corpo, infatti un proiettile può spezzars i e dare cos ì origine a tramiti multipli. Se il tramite s focia in una ferita d’uscita si parla di tramite trapassante o transfosso. Contrariamente se il proie ttile s i arres ta nel s uo percors o all’interno del corpo si parla di tramite a fondo cieco.
Solita mente il tramite è rettilineo, ma se nel s uo percors o intracorporeo il proiettile incontra una struttura anato mica con una res is tenza tale da farlo deviare, co me ad esempio una struttura ossea, diventa angolato.
Quando il proiettile attraversa strutture ad elevata res istenza, come ossa, tendini, fasce e aponevrosi, il diametro del tramite corrisponde a quello del proiettile, mentre quando vengono attraversati i tess uti molli è sempre maggiore rispetto a quello del proiettile.
Nel tra mite s i possono ritrovare materiali provenienti da ele menti che il proiettile ha attraversato prima di penetrare nel corpo, ad ese mpio fibre provenienti dagli indumenti o fra mmenti di bottoni. In caso di colpi sparati da una distanza ravvicinata nel tramite s i possono trovare fumi e tracce d i ossido di carbonio.
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Nel caso in cui il proiettile colpisca la cute tangenzialmente, non determina delle vere ferite d’ingresso e d’uscita con un tra mite interno co mpleto, ma scava un solco più o meno profondo nella cute. Se la traiettoria è s uperficiale ed interessa soltanto l’epidermide causa una escoriazione lineare, mentre se viene leso anche il derma o il tess uto sottocutaneo s i for ma un tra mit e a semicanale, cioè una les ione rettilinea, con margini fr astagliati ed orletto d i escoriazione; spesso s i osservano delle lacerazioni satelliti, che partono dal tra mite e divergono nel sens o di progress ione del proiettile.
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Un caso particolare è il tramite a setone, che s i realizza quando il proiettile entra ed esce dal corpo, ma con una traiettoria sottocutanea.
T ra mit e a set one .
III. La ferita d’uscita
Se dopo il suo percorso all’interno del corpo il proiettile ha ancora energia s ufficiente a vincere la res istenza dei tess uti, riesce perforare la cute e si forma una ferita d’ uscita.
Se il proiettile s i è frammentato durante il s uo tragitto intracorporeo e uno o più frammenti conservano energia sufficiente a superare il limite massimo dell’elasticità cutanea, ad una sola ferita d’ingresso possono corrispondere più ferite d’uscita.
La morfologia di tali ferite è incostante: possono essere rotondeggianti, ovalari, stellate o lineari; la dimens ione è d i
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solito maggiore rispetto alla ferita d’ingresso ed i margini sono irregolari ed estrofless i.
La ferita d’uscita manca dell’orletto di detersione e di tutte le azioni les ive secondarie, che sono invece caratter istiche dalla ferita d’ingresso. Invero può presentare un orletto ecchimotico-escoriativo se a contatto del punto d’uscita de l proiettile c’è una resistenza, ad esempio se il corpo era appoggiato contro qualcosa o se la vittima indossava abit i particolar me nte duri, co me ad esempio una cintura. Tale lesione si origina per l’azione compressiva verso l’esterno esercitata dal proiettile s ulla cute contro questa res istenza.
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7. LESIONI DA PROIETTILE UNICO AD ALTA VELOCITÀ
Sono cons iderati ad alta velocità i proiettili che colpis cono il corpo con una velocità s uperiore a 340 m/sec (velocità de l suono). La caratteris tica di tali proiettili è di cedere a l bersaglio una notevole quantità di energia in un temp o breviss imo, quindi s ono in grado di provocare les ioni più estese e di maggiore gravità.
I. La ferita d’ingress o
A velocità comprese tra 340 m/sec e 750 m/sec l’aspetto della ferita d’ingresso è equiparabile a quello di una provocata da un proiettile a bassa velocità.
A velocità s uperiore a 750 m/sec, invece, essa ass ume un aspetto crateriforme, con margini irregolari, e la s ua dimens ione è nettamente maggiore rispetto al dia metro de l proiettile. C i può essere la proiezione all’ indietro di materiali biologici.
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II. L’onda di s hock
Quando un s iffatto proiettile penetra nel corpo viene rallentato dalla resistenza dei vari tessuti e provoca un’onda di press ione s ferica o onda di s hock, che s i tras mette molt o bene lungo la co lonna liquida dei vasi arterios i e venos i e che provoca danni anato mici e funzionali anche a dis tanza, soprattutto negli organi parenchimatos i (cervello, milza, fegato, reni, pancreas).
III. La cavità temporanea
A velocità superiori a 750 m/sec l’energia che il proiettile cede rapida mente ai tess uti è molto elevata, tanto da sollecitarli violentemente in senso centrifugo: ne consegue, oltre all’onda di shock, una progressiva dilatazione dei tessuti, seguita da una s uccess iva contrazione. Si for ma in questo modo una cavità te mporanea, che è caratteris tica de i proiettili ad alta velocità e la cui entità è direttamente proporzionale all’energia cinetica del proiettile e all’elasticità dei tess uti colpiti; s i stima che il dia metro mass imo della cavità te mporanea possa raggiungere le 11 - 12 volte il diametro del proiettile e che la s ua durata s ia di circa 5 - 10 millisecondi. La cavità temporanea causa ai tess uti un
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centricamente intorno al tramite e che colpisc e
particolar mente gli organi parenchimatos i e quelli dotati d i minore elas ticità.
C a vit à t emp or a nea .
Moviment o di rotazione del pr oiett ile all’int erno del corpo.
Il danno meccanico provocato dall’onda pressoria durante la fase dilatativa cons iste nella deformazione e frattura delle ossa, compress ione degli organi parenchimatos i, co m -press ione e riduzione di volume degli organi contenenti aria, lacerazione degli organi contenenti di liquido. Inoltre
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l’effetto cavitazionale caratteristico della fase dilatativa determina una pressione negativa, che provoca l’aspirazione nella ferita di materiale proveniente dall’esterno.
Anche la s uccess iva fase di contrazione provoca dei danni, causati dal rapido ritorno alla pos izione primitiva dei tess ut i compress i in sens o centrifugo: le ossa precedentemente deformate possono fratturars i e quelle già fratturate s i fra mmentano, s i ha vacuolizzazione degli organi paren
-chimatos i, lacerazione degli organi contenenti d’aria,
ampliamento delle lacerazioni degli organi pi eni di liquido. Il movimento pulsatorio dei tessuti conseguente all’effetto
cavitazionale determina anche lacerazioni vascolari,
soprattutto arteriose, e nervose, con produzione di danni a notevole distanza dalla regione anato mica primariamente colpita.
IV. Il tramite
Nelle les ioni da proiettili ad alta velocità il tra mite è costituito dalla cavità per manente che res idua nei tess uti dopo l’esaurimento della fase di contrazione ed è rappresentato dall’effettiva distruzione tissutale causata dal proiettile ; è caratterizzato da un alone di necrosi cellulare. Il dia metro dipende dalle dimens ioni del proiettile e dalla s ua velocità.
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V. La ferita d’uscita
Se dopo l’impatto con il corpo il proiettile ha ancora una velocità residua sufficiente a vincere l’assor bimento elastico dei tessuti, si realizza una ferita d’uscita. Le ferite d’uscita dei proiettili ad alta velocità sono di solito rappresentate da vas ti crateri, alla cui formazione contribuisce anche il feno meno della cavitazione.
8. DETERMINANTI DI LESIVITÀ
La localizzazione dalla ferita d’ingresso e il tramite del proiettile sono i fattori più importanti nel deter minare una lesione significativa o la morte in seguito ad un colpo d’arma da fuoco. In particolare le tes ta e il tronco sono le aree più vulnerabili, perché un colpo a questo livello può ledere il sistema nervos o centrale o altri organi vitali.
L’estensione del danno dipende dal tipo di proiettile e dalla sua massa e velocità, dalla res istenza elas tica dei tess ut i colpiti e dalla dimens ione dell’organo colpito.
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I. La localizzazione del proiettile
La sede attinta dal proiettile è il fattore più importante ne l deter minare la capacità del proiettile stesso di causare un’immediata o comunque rapida neutralizzazione del bersaglio.
Il danno d ipende dalle strutture anatomiche colpite e dalla gravità della les ione causata. L’exitus si ha in particolare se il proiettile colpisce la porzione più craniale del s is tema nervoso centrale, cioè l’encefalo.
E’ anche possibile che il SNC venga danneggiato indirettamente, attraverso il meccanis mo della cavitazione temporanea in vicinanza del midollo spinale: in tal caso il midollo può venire spinto violentemente contro le pareti de l canale spinale e ris ultarne les ionato, con immediata perdita d i funzionalit à dei muscoli innervati dalle radici nervose che escono dal midollo a livello della les ione o distalmente ad essa.
Altre cause di neutralizzazione immediata sono la distruzione tiss utale mass iva e il collasso del s is tema cardiocircolatorio in seguito alla les ione del cuore o di gross i vas i arterios i o venos i; la quantità di sangue perso è in relazione alla
dimens ione della les ione vascolare e d alla press ione
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Data l’abbondanza di strutture vitali che contiene, il tronco è una delle regioni corporee più vulnerabili dopo la testa, anche perché le s ue dimens ioni sono maggiori, quindi la probabilità che un proiettile colpisca il tronco è superiore ris petto alla probabilità che colpisca la testa.
II. Le caratteristiche del proiettile
Anche la forma e le caratteristiche strutturali del proiettile sono importanti nel deter minare la s ua capacità di caus are un danno. La massa e la velocità ne stabiliscono il potenziale d i distruzione tiss utale, mentre la forma e la costruzione deter mi nano la quantità di tess uto effetti va mente distrutto. I movimenti di oscillazione lungo la traiettoria e la perdita della stabilità giroscopica aumentano notevolmente gli effett i dovuti all’attrito, quindi in definitiva aumentano l’effetto cavitazionale. Se la deviazione dell’asse lungo del proiettile dalla traiettoria supera i 20°, generalmente non c’è possibilità di riacquis ire la stabilità e la deviazione raggiunge i 90°, quindi il proiettile procede lungo la traiettoria presentando la sua mass ima area frontale; ne consegue che l’energia depositata ai tessuti al momento dell’impatto col corpo è molto maggiore e l’entità della cavità temporanea aumenta.
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Un aumento dell’effetto di cavitazione può essere causato anche dalla deformazione o dalla fra mmentazion e de l proiettile.
CONCLUSIONI
Un’attenta analisi delle caratteristiche della lesione balistica, ed in particolare del foro di ingres so a livello cutaneo, co n specifico riguardo ai feno meni secondarii dello sparo, quali l’orletto ecchimotico-escoriativo, l’alone di ustione, di affumicatura e il “tatuaggio”, unitamente alla rilevazione delle caratteris tiche dei reperti, quali i bossoli e i proiettili esplos i eventualmente rinvenuti s ulla scena del sopralluogo, indis pensabile corollario all’ inda gine forense, consente d i ricos truire la dinamica del feno meno, stabilendo le modalità dello stesso in modo da fornire una ris posta ai ques iti post i dall’autorità giudiziaria.
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BIBLIOGRAFIA
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