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"COLPO DI FRUSTA": ESPERIENZE MEDICO LEGALI E GIURIDICHE A CONFRONTO

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"COLPO DI FRUSTA": ESPERIENZE MEDICO LEGALI E GIURIDICHE A CONFRONTO

Dr. Marco Frola

Apro il mio intervento odierno senza fare particolari accenni ai dati economici e statistici che riguardano il tema di queste giornate.

Da anni infatti è sotto gli occhi di tutti l'anomalia del caso italiano, innumerevoli volte si sono dibattuti i dati, sono stati riportati dai giornali, sono stati oggetto di approfondimento nel corso delle audizioni parlamentari. Se anche quest’anno l’associazione Melchiorre Gioia ha ritenuto opportuno riproporre questo tema nel convegno annuale forse veramente qualcosa continua a non funzionare.

La tematica è stata sviscerata nel corso di molti altri convegni, a partire, se ben ricordo, dal Convegno di Volterra di questa Associazione del 1994, nel corso del quale, forse per la prima volta, si cercò di trovare soluzioni al proliferare delle richieste di danno per micropermanenti.

Gli altri numerosi ed approfonditi convegni che, in questi ultimi anni, si sono succeduti in merito al cosiddetto "colpo di frusta" hanno finito per esaurire praticamente tutte le possibili analisi del fenomeno e tutti i tentativi di soluzione.

Poiché i risultati di questo intenso lavorio intellettuale sono, a detta di tutti, a dir poco sconfortanti, gli esperti assicurativi più qualificati della materia sono arrivati a dire che, probabilmente, è meglio che di tali argomenti si parli il meno possibile.

Infatti l'esperienza quotidiana ci dice che più si fanno convegni, più si propongono correttivi e interventi, più il settore registra perdite pesanti per effetto di una speculazione sempre più raffinata e preparata.

La situazione attuale continua ad essere critica, l’andamento tecnico del ramo Rc continua ad essere molto pesante.

La frequenza dei sinistri è la più alta dell’Europa comunitaria, l’incidenza delle lesioni sul denunciato anche, la crescita delle lesioni sul denunciato non appare diminuire nemmeno dopo gli interventi legislativi, infine gli importi pagati per piccoli danni fisici continuano a rappresentare percentuali che non hanno riscontro in altri paesi.

A ciò si deve aggiungere l’ancora insufficiente aiuto dei medici legali alla risoluzione del problema, nonostante le buone intenzioni che, bisogna dirlo, sono state sempre evidenziate.

Si deve anche considerare le obiettive difficoltà di approccio da parte delle reti liquidative con le controparti in questo campo, quasi sempre assistite da mediatori

Direttore Ramo Sinistri Sai Assicurazioni, Torino

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ed, infine, il costo per le imprese del contenzioso giudiziale che ha raggiunto livelli esorbitanti, tali da incidere sui risultati di bilancio.

Inoltre vorrei dire che questa sconfortante situazione in realtà colpisce tutti, in primo luogo gli utenti che subiscono aumenti di premio molto forti e che non sempre godono di un servizio ineccepibile.

Ed è proprio qui che sta il nocciolo della questione di cui dibattiamo oggi: per avere un corretto equilibrio economico di tutte le componenti del mercato assicurativo è necessario individuare il limite al di sotto del quale una lesione concreta del bene salute è così limitata che nessun risarcimento deve essere preteso.

Ma in Italia oggi ciò non avviene.

Nel nostro paese, infatti, ogni più piccolo perturbamento della sfera biologica del leso viene percepito come un danno da risarcirsi generando così costi che sono per la collettività molto elevati e, soprattutto, sottraendo al sistema le risorse per risarcire, invece, quegli eventi che realmente sconvolgono la vita di un danneggiato e dei suoi famigliari.

Gli operatori del settore da anni propongono, attraverso procedimenti tecnici e scientifici, di individuare una soglia lesiva minima al di sotto della quale non vi può essere lesione oggettivamente individuabile.

Purtroppo i giorni di inabilità biologica temporanea e i punti di invalidità permanente che i medici fiduciari delle Compagnie, per primi, continuano a concedere, anche per eventi realmente modesti e per sintomi puramente soggettivi, si mantengono ad un livello troppo elevato e che resterà alto anche in futuro senza un mutamento che sia, soprattutto, culturale nei confronti del fenomeno.

La novità di cui si dibatte oggi è la legge 57/2001: credo che tutti conoscano il tormentato iter di questa legge e delle altre proposte che hanno subito più infausta sorte o che giacciono ancora nei meandri del percorso parlamentare

Tutto nasce dal provvedimento del marzo 2000 sul blocco delle tariffe RC auto con il relativo decreto legge che, per primo, portò il criterio tabellare ad una dignità legale almeno per le micropermanenti. La sorte di quel decreto legge, certamente frettoloso e mal fatto, ma che almeno pareva recepire alcuni aspetti della problematica, fu negativa come tutti ricorderemo.

Ci fu qualche timido tentativo di arrivare ad un giusto compromesso in quei 60 giorni dall’entrata in vigore del Decreto alla sua possibile conversione in legge.

Gruppi di lavoro al Ministero, all’ANIA, nelle imprese, con le Associazioni dei consumatori e soprattutto all’ISVAP, studiarono alcune ipotesi per controbilanciare uscite minori (danno biologico lieve) a entrate minori (blocco delle tariffe).

Come finì lo ricordiamo tutti: il decreto fu convertito ma senza provvedimenti sul

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Poi si ricominciò con i tira e molla, un altro anno circa di discussioni ed infine un pesante compromesso con la legge attuale che, certamente, non risolve i problemi ma che ne ha fatti nascere altri.

Non a caso dal marzo 2001, quando la legge 57 fu approvata ad oggi, non si fa altro che parlare di riforma dell’Rc auto, altre proposte legislative hanno tentato di superate gli irti colli di una sorta di “concertazione” e, sistematicamente, sono state bloccate o non hanno raggiunto la fine dell'iter.

Certamente è doveroso sentire tutte le parti ma cercare di trovare un compromesso che accontenti tutti su tutto, in questo tema credo che francamente sia impossibile.

Tutto ciò che la confusione legislativa degli ultimi anni ha prodotto credo comunque abbia fatto emergere almeno un aspetto positivo: ha costretto le compagnie ad organizzarsi, a prendere decisioni importanti dal punto di vista organizzativo, decisioni per qualcuno anche difficili ed impopolari, soprattutto ha imposto una reazione.

Infatti è apparso chiaro che se si continuava a lasciare all’estro del singolo liquidatore la gestione e l’organizzazione di questo fenomeno, i troppi elementi di condizionamento avrebbero reso inefficace qualsiasi contromisura.

Anche la liquidazione dei danni non può più prescindere da una logica industriale, mantenendo le peculiarità che ogni danno possiede, certamente, ma con regole e processi ferrei.

Nello specifico campo delle micropermanenti non si può più prescindere da forti accentramenti organizzativi, da specializzazioni, da un governo pressante, vorrei dire feroce dei collaboratori esterni (medici, legali fiduciari ma anche periti), da una selezione degli stessi molto centralizzata con regole precise e chiare.

Quest’ultima area di intervento, quella che riguarda la scelta dei collaboratori esterni, è una strada lunga e difficile, gravata da innumerevoli condizionamenti:

credo però che al termine della stessa coloro che resteranno saranno finalmente i veri fiduciari di un’impresa, con un carico di lavoro equilibrato, una giusta remunerazione, una chiarezza di comportamento utile per tutti.

Da un certo qual lato potremmo dire che la legge 57, con tutti i suoi limiti, è stata per le imprese anche di aiuto. Soprattutto laddove forse ci mette maggiormente in difficoltà, in particolare nelle disposizioni sui tempi di liquidazione, con le conseguenti pesanti sanzioni che l’ISVAP sta incominciando ad irrogare, per la verità con un po’ di ritardo, rispetto all’entrata in vigore della legge.

Questa legge dicevo ci stimola, costringendo ad atteggiamenti e comportamenti attivi e non di semplice attesa dell’iniziativa avversaria.

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A questa necessità stiamo rispondendo con investimenti nell'informatica, con progetti organizzativi e con la formazione della rete liquidativa.

Vorrei ora tornare al cuore del tema odierno: la strategia delle parti.

Io abitualmente cerco di evitare facili battute con gli scontati accenni alla struttura del collo degli italiani, i riferimenti alla singola speculazione o ai guadagni facili, tutte cose che leggiamo sui giornali.

Sono fermamente convinto che quello che sta alla base dei problemi dell’RC auto sia in larga misura un problema tecnico e che perciò sia da risolversi tecnicamente, cioè con gli abituali e normali strumenti stragiudiziali e giudiziali che sono a disposizione.

Nocciolo della questione dal punto di vista della compagnia è l’istruzione del danno.

Lo scenario di oggi è questo: la nuova legge obbliga ad una istruzione del danno che pervenga in tempi rapidi alla formulazione di una proposta liquidativa.

E qui bisogna dire che gli stessi patrocinatori di controparte sono spesso in difficoltà.

Quante volte la richiesta della documentazione di parte, prevista dalla legge 57, non viene fornita con qualche pretesto, in attesa della quasi “mitica” visita medico legale da parte della compagnia, per poi magari arrivare rapidamente, al primo accenno di offerta, all’atto di citazione.

La legge impone una coordinata e completa istruzione del danno e solo attraverso di questa si può arrivare ad una significativa attività di contrasto del fenomeno speculativo e quindi ad un equo contenimento del costo della liquidazione

Per le imprese ciò si deve tradurre in una istruzione che sia un'attività condivisa da tutti i protagonisti del processo liquidativo, all’interno di un sistema mirato di regole definite.

I protagonisti di questa strategia sono molteplici: oltre ovviamente al liquidatore che deve essere il coordinatore di tutte le risorse che ruotano intorno al processo, ci sono i periti auto ed ergonometrici (di cui dovremo parlare un po’ più diffusamente), il medico ed il legale.

Le regole di questa strategia sono chiare e semplici: immediato riscontro della completezza della richiesta (spesso l’incompletezza è parte della strategia dei danneggiati, dicevo prima), riscontri di fatto sugli elementi emersi, eventuale richiesta di integrazione, eventuali incarichi ai fiduciari, offerta, previa trattativa.

Importantissimo è il ruolo dei periti auto per l’accertamento del danno materiale,

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ovviamente prescindere dall’efficienza lesiva dell’urto per valutare un danno fisico lieve.

Inoltre è centrale il ruolo del perito ergonometrico, cioè del tecnico che valuta scientificamente l’efficienza dell’urto e fornisce al liquidatore il dato sul nesso di causalità tra lesione pretesa ed evento.

La perizia ergonometrica consiste nell'indagine, di tipo meccanico, dell'esame delle deformazioni subite dai veicoli coinvolti nel sinistro, per arrivare a determinare, attraverso l'analisi dei componenti essenziali dei materiali di costruzione e attraverso la forza d'urto che si sprigiona, le sollecitazioni che subisce l'infortunato.

Nel nostro caso, l'indagine meccanica tende a determinare se la forza d'urto provocata dall'incidente possa aver determinato le lesioni per le quali il danneggiato chiede il risarcimento.

La perizia ergonometrica - strumento di recente introduzione, ma che i nuovi studi e sperimentazioni in materia rendono sempre meno empirico e più scientifico - ha determinato una nuova procedura nell'analisi dei sinistri con lesioni personali.

Il perito ergonometrico è oggi però raro, una vera competenza tecnica deve ancora divenire patrimonio di un numero sufficiente di operatori. È perciò fondamentale il fatto che ANIA, CESTAR e associazioni peritali stanno lavorando insieme per formare un numero sufficiente di tecnici preparati su tutto il territorio nazionale. Un corso specifico su questo tema sarà avviato dalla prossima estate.

A questo punto e solo a questo punto, se del caso, si potrà dare al medico legale l’incarico per la visita medica. Su questo punto troppo è già stato detto, non mi dilungo, i risultati sono ancora molto parziali, dico solo che ad oggi ci accontenteremmo di avere le perizie in tempo da poter adempiere alla legge 57.

Noi chiediamo da sempre che le perizie medico legali siano il più possibile tecniche, che l'analisi metodologica seguita per questi danni sia la più rigorosa e approfondita possibile, proprio perché è molto difficile stimare lesioni così sfumate, spesso limitate a soli sintomi soggettivi.

I risultati, come dicevo, non sono ancora quelli che ci aspettiamo ed anzi notiamo sintomi di deterioramento della prassi. Il principio giuridico relativo all'onere della prova, per il quale spetta a chi richiede un risarcimento provarne entità e diritto, nel campo della RC auto ed in particolare delle micropermanenti, appare completamente rovesciato.

Questa prassi comportamentale, unita anche alle obiettive difficoltà in cui la nostra rete liquidativa si trova, schiacciata tra l'esigenza di definire rapidamente i sinistri per non finire sommersa da pratiche in contenzioso e quella di ottenere risultati economici accettabili, ha generato una serie di concessioni continue che portano i negativi risultati tecnici che abbiamo esaminato prima.

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A questo punto si entra nella eventuale fase contenziosa, nel corso della quale veramente possiamo dire che i casi in cui le risorse economiche e organizzative vengono sperperate in modo grave e inutile sono ancora troppo numerosi.

Se l’istruzione non risponde ai criteri che ho sintetizzato, il ricorso al contenzioso è certo, non è certo però il contrario, anche di fronte a corretti iter di istruzione, a congrue offerte nei termini, il ricorso alla chiamata in giudizio è spesso prassi abituale.

Su questo credo ci sia poco da fare, c’è però molto da fare da parte delle imprese, cambiare cultura sulle costituzioni in giudizio, ritenere il ricorso al contenzioso come extrema ratio e comunque sempre e solo dopo che si sia provveduto a quantificare il danno, a fare l’offerta o a contestare il nesso di causa.

Qualunque altra situazione genera scompensi economici, che gravano drammaticamente sui bilanci delle imprese con tutte le conseguenza ben note.

Credo infatti che sia inutile tirare ancora in ballo, come spesso si fa, una presunta scarsa sensibilizzazione dei Giudici di Pace su questi temi , oppure i salomonici risultati di quasi tutte le CTU che rendono l’insieme delle azioni giudiziarie su questi danni uno scontato e banale copione.

Se si affronta la causa con una istruzione completa, con una congrua offerta effettuata o con una contestazione motivata, si potranno avere risultati positivi o negativi ma certamente, alla lunga, si controllano e si stabilizzano i costi di risarcimento e di gestione, che per le imprese è elemento essenziale per governare i risultati.

La nostra esperienza va in questo senso.

Un forte accentramento del sistema, una ferma politica di regole di comportamento per i liquidatori, una selezione dei fiduciari con regole precise, unitamente a velocità di istruzione e offerte sistematiche, sono elementi del processo che abbiamo avviato.

Con risultati devo dire piuttosto confortanti.

Certo è durissimo far cambiare mentalità ad una rete liquidativa magari avanti negli anni, abituata a confrontarsi con le controparti in un certo modo, che vede il ricorso al giudice ancora con un’ottica ante Giudice di Pace. Oggi tutto è cambiato e perciò bisogna cambiare modi e abitudini. Certo con gradualità, ma con decisione.

Siamo solo all’inizio, ma qualunque siano gli sviluppi, anche normativi, non ci sono alternative.

Ci piacerebbe che ci fosse l’aiuto di tutte le parti, ma se ciò non avviene si deve procedere ugualmente.

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Concludo riprendendo alcuni concetti già esposti precedentemente.

A chi collabora con il sistema compagnie chiediamo alcune cose:

ai liquidatori chiediamo cambio di mentalità e regole di comportamento precise, ai periti collaborazione in questa azione e precisione nel lavoro, ai medici tempi rapidi nelle visite, rispetto delle metodologie e coraggio nel giudicare, agli avvocati di essere per l’impresa una longa manus in campo giudiziale, in pratica una sorta di liquidatore in giudizio, ai giudici di Pace, infine, attenzione sul fatto che non si può prescindere dall'entità dell'urto subito dal mezzo per valutare una lesione, che esiste una soglia minima sotto la quale non è possibile che si producano lesioni permanenti e che è necessario sottoporre la documentazione di chi richiede un risarcimento ad un rigoroso esame, per evidenziare il nesso di causalità tra evento e documenti.

Bisogna dire che, proprio da questi magistrati, abbiamo riscontrato ultimamente attenzione e qualche buon risultato sul punto, con non poche sentenze che hanno accolto i principi su esposti, riconducendo pretese esagerate in un ambito di giustizia.

La strada da percorrere è però ancora molto lunga e piena di difficoltà; certo oggi chi subisce un tamponamento con una microlesione continua ad avere tra le mani un piccolo tesoro da valorizzare; sta però a tutti gli operatori interessati cercare di evitare che le nostre risorse economiche, che non sono illimitate, si disperdano nei rivoli della speculazione e della ingiustizia.

Da parte delle imprese si devono mettere a disposizione le risorse economiche che, ripeto, non sono illimitate come qualcuno invece pensa, per dare a coloro cui spetta un equo risarcimento commisurato al danno subito.

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