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''L'Euroscetticismo nei gruppi politici del parlamento europeo. Il caso dell' ECR''

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Facoltà di Scienze Politiche

Corso di Laurea in Studi Internazionali

Tesi di Laurea

''L'Euroscetticismo nei gruppi politici del

parlamento europeo. Il caso dell' ECR''

Relatore

Candidato

Dott. Enrico Calossi

Ippolito Pennisi

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INDICE

''L'Euroscetticismo nei gruppi politici del parlamento europeo.

Il caso dell' ECR''

INTRODUZIONE:

LE ELEZIONI DEL 2014 E IL SUCCESSO DELL'EUROSCETTICISMO

1. I PARTITI POLITCI A LIVELLO EUROPEO

1.1 La nascita ed evoluzione del parlamento europeo 1.1.2 Il Parlamento eletto dal popolo (1979 -1992) 1.1.3 Da Amsterdam a Lisbona

1.2. Le teorie dei partiti politici a livello europeo 1.2.1 La Forza Organizzativa di EPGS E EUPPS 1.2.2 Lo sviluppo della struttura europartita 1.3 Genesi ed evoluzione del Ple

1.3.1. I gruppi politici

1.3.2 Coesione comportamental e coerenza ideologica

2. DALLE FEDERAZIONI TRANSNAZIONALI AI PARTITI POLITICI

EUROPEI

2.1 Struttura e organizzazione delle federazioni transnazionali 2.2 Il finanziamento

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2.2.1 Finanziamento e i nuovi statuti oggi 2.4 Le federazioni e gli eurogruppi

3. L'EUROSCETTICISMO

3.1 Le origini e l'evoluzione storica dell'Euroscetticismo 3.2 Interpretare l’euroscetticismo

3.3 Le cause dell'euroscetticismo: i 3 livelli di origine 3.3.1 Le cause strutturali

3.3.2 Le cause politiche 3.3.3Le cause sociali

4. I PLE EUROSCETTICI E IL SUCCESSO DEL GRUPPO ECR

4.1 Le principali differenze ideologiche 4.2 Storia e successo del gruppo ECR 4.2.1 Legislatura 2009-2014

4.2.2 Legislatura 2014-2019

4.2.3 I partiti politici membri nel gruppo 4.2.4 Economia

4.2.5 I Risultati dell'ECR 4.2.6 Influenza nel parlamento

4.3 Organizzazione interna del gruppo ECR

Conclusioni

Bibliografia

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INTRODUZIONE

Le elezioni europee del 2014 hanno evidenziato la crescita e una maggiore fiducia da parte dei cittadini nei confronti dei Partiti Politici a Livello Europeo (Ple) euroscettici. Questo fenomeno politico e sociale ormai largamente diffuso in tutti gli Stati membri è attribuito a diversi fattori, tra i quali la crisi economica che ha colpito l’Europa a partire dall’inizio del 2009, e l'accentuarsi di populismi di stampo nazionalista e xenofobi che hanno contribuito all’intensificarsi della sfiducia verso l’Unione europea e le sue istituzioni. Ai tempi di Maastricht, l'euroscetticismo, come affermano i copiosi studi di Taggart, rappresentava e ancor oggi rappresenta per le forze politiche ai margini, un modo per differenziarsi dai partiti mainstream. In età contemporanea le ricerche di Viviani affermano che l'eurosceticismo ha sancito la nascita di un nuovo cleavage nella politica europea: il “cleavage Europa”. Nel primo capitolo della tesi è collocata la nascita del Parlamento Europeo e la sua evoluzione, concentrandosi sui poteri che ha acquisito negli anni durante il lungo percorso dell'integrazione europea. Successivamente seguirà un'analisi sulle più importanti riflessioni teoriche dei Partiti politici europei, trovando un grande contributo di Luciano Bardi (1989) ed Enrico Calossi (2011). Conclusa la parte teorica, l'argomento verterà sulla composizione dei primi gruppi politici, analizzando forza e ruolo che oggi ricoprono. Nel secondo capitolo saranno discusse le prime federazioni transnazionali, e come successivamente nel tempo si siano evoluti in veri e propri partiti politici europei. Avvalendoci degli strumenti teorici del primo capitolo sarà possibile analizzarne la loro recente forma organizzativa e strutturale, facendo particolare attezione al nuovo regolamento relativo al finanziamento che presenta notevoli novità. Il capitolo si concluderà facendo riferimento alle istituzioni nate del 2007, “Le Fondazioni politiche europe” che appoggiandosi ai partiti politici europei, ricoprono un ruolo rilvente per quanto riguarda l'ottenimento dei finanziamenti. Il terzo capitolo affronterà il tema centrale della tesi, ovvero ''L'Euroscettiscmo'', esaminando il termine dalla sua prima comparsa nel 1985 nella rivista inglese ''TIMES'', per poi procedere ad un'analisi interpretativa e teorica, che andrà a ricercare i 3 principali

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livelli di origine, cosi da poter comprendere al meglio questo fenomeno che sta avendo sempre più successo negli ultimi anni. Nel quarto e ultimo capitolo vi sarà una breve disamina dei PLE euroscettici, definendo le principali caratteristiche e riportando le maggiori differenze ideologiche, proseguendo verrà riportata la storia e il successo del gruppo parlamentare ''ECR'' sfruttando i siti ufficiali del gruppo medesimo e quello del Parlamento Europeo, (www.ecrgroup.eu.it)-(http://www.europarl.europa.eu) analizzando la legislazione 2009-2014 e quella odierna 2014-2019 che continua a registrare sempre più consensi, includendo soggetti che precedentemente appartenevano ad altri gruppi. Il capitolo si concluderà con un'analisi del loro programma elettorale, della loro organizzazione interna e i relativi gruppi di lavoro che vi operano all'interno, riportando i successi ottenuti e l'influenza crescente all'interno del parlamento europeo.

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1. I PARTITI POLITCI A LIVELLO EUROPEO

1.1 LA NASCITA ED EVOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO

La dichiarazione Schuman del 9 Maggio 1950, oggi celebrata come l'atto fondativo dell'Unione Europea, non presenta alcun accenno alla necessità di un' assemblea rappresentativa. Tale esigenza sarà concepita da Jean Monnet, preoccupato di garantire legittimità democratica a quella Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio di cui diventerà primo Presidente (Mammarella 2005). L' articolo 20 del Trattato di Parigi del Maggio 1952 prevede dunque la creazione di una “Assemblea Comune, composta da membri nominati dai parlamenti nazionali e dotata dell' unico potere di sfiduciare eventualmente l'Alta Autorità della CECA.1Già pochi mesi dopo la sua fondazione,

l'Assemblea Comune fa mostra però delle sue grandi aspirazioni. Assumendo il titolo di “Assemblea ad hoc", essa si impegna infatti nella scrittura di una bozza del Trattato della Comunità Politica Europea, progetto ambizioso, che naufragherà in seguito alla bocciatura della Comunità Europea di Difesa da parte del Parlamento Francese nel 1954 (Mammarella 2013). L'ipotesi allora concepita, quella di trasformare l'Assemblea Comune in una vera e propria Camera Europea eletta direttamente dai cittadini, avrebbe però continuato a far preoccupare i federalisti europei, finendo per trovare in seguito una limitata ma sempre più effettiva realizzazione. Con l’insucesso del balzo in avanti federalista, il progetto di integrazione europea riparte con un lento processo, ma costante andamento impressagli dal concreto idealismo funzionalista di Monnet. Nel 1957, il Trattato di Roma istituisce così la Comunità Europea dell'Energia Atomica (Euratom) e la Comunità Economica Europea (CEE) (Mammarella 2013), in seguito unite alla CECA nelle Comunità Europee (1967). L'Assemblea Comune, che a partire dal 1962 si sarebbe attribuita il nome di Parlamento Europeo, poi riconosciuto ufficialmente dall'Atto Unico del 1986, è istituzione condivisa da tutte e tre le comunità. L'Assemblea eleggeva Robert Schuman come primo presidente e struttura i propri gruppi in base alle posizioni politiche piuttosto che alle appartenenze nazionali. Questa decisione, presa il 13 Maggio del 1958, è da allora considerata l'atto fondativo del moderno

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Parlamento Europeo (Mark Gilbert 2008). Quanto alle mansioni di tale organo, il trattato di Roma inserisce l'obbligo per il Consiglio CEE di consultare l'Assemblea: si tratta di un iniziale riconoscimento del ruolo legislativo che il Parlamento sarà poi chiamato ad assumere con sempre maggiori poteri nei decenni a venire.2Dopo una lunga fase di stasi negli anni del gollismo, il

progetto europeo riprende robustezza negli anni settanta, e con esso anche il Parlamento europeo. Nel 1970 il PE ottiene un primo potere di controllo sul budget, sia pure inizialmente circoscritte alle spese cosiddette non obbligatorie (che escludevano quelle, sostanziali, della Politica Agricola Comune). Già nel 1975 questo controllo viene però esteso, fino a comprendere il diritto di approvare il budget della Comunità nel suo complesso e i rendiconti di fine anno. Come avvenne nella storia dei parlamenti nazionali, anche per il Parlamento Europeo, il controllo sul budget si dimostrò negli anni un potente strumento di negoziato con le altre istituzioni, spesso impiegato per ottenere maggiori poteri in altri ambiti3

1.1.2 IL PARLAMENTO ELETTO DAL POPOLO (1979 -1992)

Tra il 7 e il 10 Giugno del 1979 si tennero le prime elezioni dirette del parlamento. Questo evento lo portò a una nuova posizione di preminenza. Formalmente è vero che i poteri del parlamento rimasero immutati, ma questa data rappresenta un enorme passo in avanti verso l'integrazione europea e a vede sempre con maggior robustezza l'allargamento dei propri poteri.4 Nonostante

l'opinione del Parlamento non sia vincolante, essa è infatti da considerarsi parte integrante del processo legislativo. Nel 1984, il Parlamento approva poi il Piano Spinelli, un disegno di riforma dei trattati in senso federalista che servirà da stimolo all’approvazione dell'Atto Unico Europeo del 1986 ( Battista 2016). L'Atto Unico Europeo sarà fondamentale per ridefinire il mercato interno a

2 http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?qid=1505320502580&uri=CELEX:11951K020 16/08/17

3 Si veda il recente caso della creazione del Servizio Europeo di Azione Esterna (Wisniewski 2013).

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seguito della crisi degli anni 70“ e unire più politicamente che economicamete gli stati membri5

. Inoltre per dare più leggitimità democratica verrà rafforzato il parlamento attraverso due nuove procedure legislative. Quella di “cooperazione” che incrementerà il potere del Parlamento ammettendo una seconda lettura delle proposte legislative, e la seconda,“ parere conforme” la quale verrà utilizzata per l'approvazione di trattati internazionali o per l'adesione di nuovi stati membri (Rapone 2015). Per quanto riguarda la terza procedura si dovrà attendere fino al trattato di Maastricht del 1992, che rafforzerà maggiormente il potere del parlamento, introducendo la cosidetta procedura della “codecisione”. Attraverso essa, allorquando non si trovi un compromesso tra Consiglio e Parlamento in seconda lettura, il provvedimento passerebbe ad una camera definita di “conciliazione” composta da rappresentanti dei due organi in ugual numero. Se infine, nemmeno il testo così emendato fosse risultato accettabile, il Consiglio avrebbe potuto reinserire il proprio testo iniziale e il Parlamento avrebbe potuto respingere il testo solo ottenendo la maggioranza assoluta (Mammarella 2013). Questa procedura verrà in seguito semplificata aumentando ulteriormente i poteri del Parlamento fino a divenire la procedura legislativa standard dell'Unione Europea con il nome di “procedura ordinaria”.6

Sempre Il trattato di Maastricht introdurrà altre significative novità. In primo luogo, al Parlamento verrà riconosciuto il diritto di invitare la Commissione a presentare proposte legislative su questioni che esso ritenga necessarie per una piena implementazione dei Trattati. A differenza di gran parte dei Parlamenti nazionali, il PE non ha infatti ancora oggi ottenuto il diritto di iniziativa legislativa, che rimane esclusiva della Commissione. A questo proposito è però utile tenere a mente che anche nei parlamenti nazionali l'approvazione di progetti di legge non sostenuti dall'esecutivo rimane caso piuttosto raro. Inoltre, qualora la Commissione non ritenga di dare seguito alla richiesta del Parlamento, è tenuta a giustificare davanti ad esso la propria decisione. In secondo luogo, il Trattato di Maastricht affida al Parlamento nuovi e rilevanti poteri di nomina e controllo sugli organi esecutivi. Esso ottiene dunque il diritto del Parlamento di essere consultato sulla scelta del Presidente della Commissione e di

5 I trattati europei su EUR-Lex.

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votare la fiducia alla Commissione nella sua interezza. Inoltre, il PE ottiene anche il potere di nominare il presidente della Banca Centrale Europea, l'Ombusdman e il Collegio dei Revisori, oltre che di creare Commissioni di Inchiesta al proprio interno (Saulle 1995). Con il trattato di Maastricht, il Parlamento Europeo assume dunque sostanzialmente la propria funzione attuale: esso ha rilevanti poteri di nomina e controllo sulla Commissione e sugli altri organi e agenzie della UE, agisce come co-legislatore insieme al Consiglio in un numero crescente di aree di policy e detiene il potere di approvare o modificare il bilancio. Ciò che avviene nei due decenni successivi è dunque essenzialmente un ampliamento dei poteri lungo direttrici ormai già consolidate7. Sarà proprio il

trattato di Masstricht a introdurre per la prima volta nell'articolo 138A una parziale definizione di "Partito Politico a livello europeo" affermando che "I Partiti Politici a livello europeo sono un importante fattore per l'integrazione in seno all'Unione. Essi contribuiscono a formare una coscienza europea e ad esprimere la volontà politica dei cittadini dell'Unione". In questo modo nasceva il concetto di Partito Politico a Livello Europeo anche se non era chiaro a cosa facesse riferimento (Calossi 2011).

1.1.3 DA AMSTERDAM A LISBONA

Il trattato di Amsterdam del 1997 è uno dei trattati fondamentali dell'Unione europea ed è il primo tentativo di riformare le istituzioni europee in vista dell'allargamento ed unirle sempre più politicamente attraverso la “cooperazione rafforzata” cercando di uniformare gli stati membri nelle politiche economiche, di giustizia e difesa. Anche questo trattato darà maggior potere al parlamento inserendo il “potere di veto” sulla nomina del Presidente della Commissione, e come accennato precedentemente le aree di policy, riguardo la procedurà di codecisione passerà da 15 a 32 . Esso semplifica inoltre tale procedura, eliminando il diritto per il Consiglio di reintrodurre il proprio testo iniziale qualora fallisca anche il Comitato di Conciliazione, e dunque rafforzando la posizione del

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Parlamento Europeo (Tizzano 1998). Da notare come questa innovazione non faccia altro che enfatizzare i trattati già in vigore. Nei propri regolamenti interni, il Parlamento si era riservato a rigettare il testo del Consiglio ogni qual volta esso venisse ripresentato nella forma ''prendere o lasciare'' in seguito ad un fallimento del Comitato di Conciliazione. Più in generale è infatti importante tenere a mente come, oltre alle innovazioni previste dalle successive riforme dei trattati, l'aumento dei poteri del Parlamento dipenda da un abile uso delle proprie Regole di Procedura interne, oltre che da importanti vittorie politiche ottenute sul campo. Particolarmente importanti sono le vittorie che il Parlamento ottiene nel suo costante tentativo di creare un legame sempre più stretto con la Commissione Europea. Nel 1998 esso ottiene ad esempio le dimissioni della Commissione Santer, prima rifiutando di approvare il rendiconto di bilancio e poi minacciando di ricorrere al voto di sfiducia. Inoltre, nonostante i trattati non prevedano l'istituto della fiducia individuale nei confronti dei Commissari, il Parlamento riesce ad esercitare un'influenza sempre maggiore sulla loro nomina, come testimoniato dalle mancate nomine di Buttiglione nel 2004 e della Jeleva 2009.8Con Lisbona nel 2009 ci sono state due grandi novità a livello istituzionale.

L’ampliamento dei poteri del parlamento attraverso estensione della procedura di codecisione a ben 88 aree di policy e dall'altro la previsione che il Parlamento Europeo elegga a maggioranza il Presidente della Commissione, sulla base di una proposta del Consiglio che deve però tenere conto delle elezioni del Parlamento (art. 17 TUE).9 E proprio questa disposizione, unita al fatto che dal

2014 i partiti europei hanno per la prima volta indicato ciascuno il proprio candidato alla Presidenza, che hanno rafforzato il principio democratico e dato ufficialmente al Parlamento un ruolo di primo ordine sempre più incisivo.

8 http://cise.luiss.it/cise/2014/04/17/vita-di-pe-levoluzione-storica-del-parlamento-europeo-e-dei-suoi-poteri/ 20/08/17

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Fonte: Calossi (2011) pp. 58-59

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1.2. LE TEORIE DEI PARTITI POLITICI A LIVELLO EUROPEO

Il termine Partito ha un significato poliedrico, che permette di essere utilizzato in realtà differenti, non sempre coincidenti con la definizione di sistema partitico formalmente riconosciuto. In occasione dell'indagine nata nell’affrontare il problema del deficit democratico, ampliamente evidente nell’Unione Europea, si è soliti evidenziare il carattere embrionale dei partiti: organizzazioni prive di un’istituzionalizzazione e pertanto di legittimità, quasi a dimostrarne l’inesistenza dal punto di vista sostanziale. Nella relazione tra integrazione Europea, carattere e sviluppo dei partiti e del sistema partitico, vengono espresse tre relazioni fondamentali. Una prima riflessione è sull’origine e lo sviluppo delle Federazioni transnazionali e più specificatamente europee, proprio qui troviamo, il germogliare di queste prime organizzazioni il potenziale per la nascita di un sistema partitico puro a livello europeo. In concomitanza con la prima elezione diretta del Parlamento europeo ritroviamo il contributo di Geoffrey Pridham (1979); nello stesso filone si inserisce Luciano Bardi (1996); negli studi sul Parlamento Europeo, intrapresi nel 1994; Simon Hix, con ricerche immediatamente succesive ad investigare sulla genesi dei partiti politici europei. La seconda corrente di ricerche concerne l’analisi della forma e delle dinamiche dei partiti e del sistema partitico, nella prospettiva di un approccio funzionale al Parlamento Europeo. Questo filone di studi prende in esame lo studio della composizione delle Federazioni partitiche, nonché la razionalizzazione presente all’interno dell’organo rappresentativo Europeo: pioniere di questi studi è Luciano Bardi, nel 1989, cui seguono Fulvio Attinà nel 1990, e Gary Marks in una ricerca congiunta con Marco Steenbergen nel 2004. A questo punto, diventano pertinenti due osservazioni in merito allo stato dell’arte degli studi che attraversano l’impervio dilemma dei Partiti Politici Europei. La prima è in che misura e soprattutto secondo quali modalità, la letteratura delinea i tre momenti di un sistema partitico, all’uopo quello Europeo: il Partito, nella sua costituzione, l’organizzazione centrale del Partito volgarmente conosciuto, ed il Partito in rapporto all’amministrazione pubblica. Già in riferimento a questa prima questione, anche analizzando i diversi approcci, si può affermare che queste tre analisi non sono che semplicemente tre fasi di uno

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stesso concetto; dunque è impossibile sviscerare separatamente i processi e le interrelazioni. La seconda osservazione è sull’Europa tout court e l’Europeizzazione, nel senso che le elezioni europee, gioco forza, si interconnettono, e dunque le politiche a livello nazionale non possono che interfacciarsi su questi fronti. Dai dislivelli che emergono nell’affrontare lo studio di un inconsistente sistema partitico Europeo, l’unica certezza che traspare è l’arrendersi dinnanzi ad una ineludibile constatazione: «Il livello politico comunitario manca ancora di soggetti partitici ben definiti e compiutamente sviluppati in strutture analoghe a quelle nazionali. Per Partiti Europei si intendono, tanto sul piano teorico, che su quello squisitamente pratico, delle entità dai contorni non chiari, in un certo senso liquide, a prima vista dunque difficili da racchiudere in una definizione puntuale» (Mollica 2009). Per avere un sistema politico, infatti, è necessario che vi siano attori politici che abbiano una dimensione più o meno chiara all’interno delle questioni politiche, e che soprattutto agiscano in modo coerente e lineare come strutture intermedie del sistema. Per assumere l’Unione Europea come sistema politico non basta che i problemi vengano affrontati dal punto di vista nazionale, ma è necessario che assumano il rango di problematiche sovranazionali, e come tali, vengano discussi distintamente dalle questioni nazionali. A fronte di tale chiarissima definizione, nasce una nuova strada da percorrere, per gli studiosi del settore, ovvero la ricerca di una modalità per far convergere i tre livelli che sottengono la sintesi partitica stabile: quello nazionale, quello transazionale e quello propriamente comunitario. E’ in questo senso che Luciano Bardi ha delineato i contorni dell’immagine di un cd. “Poligono a tre facce", laddove il lato maggiore della figura, che si rende visibile, è quello formato dai partiti nazionali, su cui si fondano, si costituiscono e si poggiano gli altri due lati, meno evidenti ovvero le Federazioni Transnazionali ed i Gruppi Parlamentari. L’immagine nascente dalla figura descritta dal politologo italiano però, considerata storiograficamente, viene annullata dalla storicizzazione stessa della scienza politica secondo cui il politologo francese, Maurice Douverger, affronta la nascita dei Partiti Politici, suddividendo la genesi partitica in una differenza tra partiti ad origine interna ed esterna. Su tale definizione crolla l’impianto del Poligono trifacciale, laddove i gruppi parlamentari, intesi come

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partiti ad origine interna, non sono che l’altra faccia delle federazioni transnazionali, assunte come partiti ad origine esterna. I Partiti Politici Europei, inoltre non si sostanziano di una nascita cd. “dal basso”, ovvero da uno spontaneo movimento popolare, bensì si associano concretamente per costituire degli organismi nuovi e non comuni, cui delegare autorità, celata dall’esigenza di rappresentanza e non di rappresentatività Europea. Tali formazioni organizzate si palesano più come i sottogruppi europei delle rispettive Internazionali, formate a livello globale e strutturate, come la summa ideologica di una formazione politica. Anche laddove volessimo intendere l’Unione come un esempio di Governance postparlamentare (Burns & Anderson 1998), in cui non sarebbe prevista e tanto meno concepibile l’ipotesi di partiti “classici” come portatori di interesse, potrebbero rientrare le fattispecie di Federazioni fino ad ora proposte, laddove, è proprio l’Unione a prevedersi come sistema politico, e non come potrebbe essere auspicabile intenderla come democrazia degli interessi, diversa dalla democrazia rappresentativa in cui gli agenti principali delle dinamiche sono quelli che noi ricerchiamo e tendiamo a voler configurare come Partiti Politici Europei. Per molto tempo, nella dottrina nominalista vi è stata una certa confusione sugli oggetti di studio. Principalmente la letteratura si è concentrata su due Euro-strutture una interna al Parlamento Europeo (i gruppi parlamentari o eurogruppi) e una esterna al Parlamento (le federazioni transnazionali). Alcuni autori mettono in risalto e favoriscono l'importanza degli Eurogruppi evidenziandone la maggior forza alle federazioni (Bardi & Ignazi 2004), altri ancora prediliggono le federazioni, evidenziandone il loro graduale rafforzamento e le loro maggiori potenzialità di sviluppo (Hanley 2008, Bell e Lord 1996, Hix 1996). A proposito dei rapporti tra le due eurostrutture esiste un consenso generale nel considerarli sbilanciati, nella distribuzione di risorse e prerogative, con gli eurogruppi in posizione dominante rispetto alle federazioni. Infatti appartenere a un gruppo parlamentare europeo dà alle delegazioni partitiche nazionali e ai singoli parlamentari accesso a notevoli risorse materiali (segreterie,documentazione, ecc.) nonchè notevoli vantaggi politici (attribuzione di posti nelle commissioni, cariche direttive nel PE, ecc.) Però, sia le federazioni sia gli eurogruppi, mancano a tutt'oggi di un elemento che la letteratura ritiene

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essenziale per i partiti politici: Il legame con la società civile.10Questo infatti, anzichè essere

autonomo, è garantito dalle euro-strutture dai singoli parititi nazionali. In un certo senso si può dunque affermare che mentre nei partiti tradizionali ( dal partito di notabili fino al cartel party) erano i singoli iscritti individuali a rappresentare la base del partito, nei partiti operanti a livello europeo sono i singoli partiti nazionali a rappresentare la membership. Per questo inserendo nell'analisi anche i singoli partiti di livello statale si può comprendere come sia applicabile anche per i partiti operanti a livello europeo il modello delle "tre facce" dell'organizzazione partitica proposto da Katz e Mair nel 1993 (Fig.1). Oltre ai gruppi parlamentari (rappresentanti del Party in the Central Office) e alle federazioni transnazionali (il Party in Public Office), la terza faccia (il Party on the Ground) viene così rappresentata dai singoli partiti nazionali (Bardi 2005). Mentre dunque si possono identificare i nomi delle singole facce (Gruppi parlamentari, federazioni transnazionali e partiti nazionali), in letteratura però permane una certa confusione terminologica nell'uso di termini come Partito Europeo, Europartito, Partito Transnazionale o Partito politico a livello Europeo, che spesso vengono utilizzati sia per descrivere le organizzazioni extraparlamentari (le federazioni transnazionali) sia per indicare l'insieme delle relazioni presenti tra le due eurostrutture di vertice (Calossi 2011).

Fo

te:

10Sin dagli albori della scienza politica l’interesse degli studiosi si è concentrato su quest’aspetto (Bryce 1921;Schattschneider 1942;Neumann 1956; King 1969;Sartori 1976). Ovviamente la natura del legame tra partiti politici e società civile è andata variando nel tempo.

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Figura 1. Poligono a 3 facce

Fonte: Calossi (2011)p.14

Risulta lampante che il dibattito ed affermazione sulla scena politica europea di veri e propri partiti di dimensione sovranazionale, comunitaria, segua un percorso lungo e tortuoso che non è ancora ultimato. E’ nell’analisi appena compiuta che si esprime pienamente nell’impossibilità di separare i cd. “Partiti ad origine interna” a quelli cd. “ad origine esterna” (Panebianco 1993), dal momento che mentre politologicamente questi due fenomeni sono alternativi per la nascita di un partito, nel

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contesto europeo è riscontrabile l’aggregazione dei due tipi, così che la presenza dell’uno non escluda quella dell’altro. E' importante valutare il rapporto che vi è tra i gruppi politici del Parlamento europeo (EPG) e i partiti politici europei (EuPP) in termini di coesione interna e in termini di forza organizzativa. Il sistema partitico europeo è stato studiato da vari punti di vista: dai lavori seminali sulla coesione delle EPG (Attinà 1990; Hix e Lord 1997) e sul loro grado di competitività (Kreppel e Hix 2003) alla rappresentatività dei loro membri verso l'elettorato europeo (Mair e Thomassen 2010; Scully et al., 2012); a partire dal primo timido sviluppo delle federazioni di partito sovranazionali (Bell e Lord 1998) allo sviluppo di un vero sistema di partiti transnazionali (Bardi et al. 2010). A partire dalla concettualizzazione già citata della teoria dei "tre volti dell'organizzazione del partito" (Katz e Mair 1993), si può vedere che lo studio di ogni faccia e il rapporto tra Party on the Ground (i partiti nazionali) e le altre due facce hanno ricevuto un'attenta attenzione accademica (Ladrech 2007, Whitaker 2011), il rapporto tra la ''Party in pubblic office'' (rappresentato dalle EPG) e il ''Party in central office'' (EuPPs) è ancora caso di studio. In particolare, non è ancora chiaro quale sia l'equilibrio di potere tra gli EPG e gli EuPP e quali logiche segua. Su questo aspetto, si sostiene che esista, come già accennato una forte correlazione tra la predominanza di un attore sull'altro, sia in termini di unità ideologica e comportamentale sia di forza organizzativa. Vengono utilizzati una serie di indicatori per misurare questi aspetti. L'unità interna degli EPG è misurata dalla loro ''coesione di voto'', in linea con la letteratura più diffusa sul tema (Hix et al. 2006, 2007), mentre l'unità interna di EuPPs è misurata dalla loro ''coerenza ideologica'' , utilizzando i dati Euromanifesto (Braun et al., 2010, 2016). Il confronto di questi elementi all'interno di ogni "famiglia politica" dovrebbe mostrare come l'equilibrio del potere possa essere orientato più verso l'EPG o il relativo EUPP. In uno studio simile, gli indicatori utilizzati per misurare la forza organizzativa degli EPG e dell' EuPP sono le loro risorse finanziarie e il personale impiegato. Analogamente, il confronto di questi indicatori rivela l'equilibrio tra potere organizzativo tra EPG e EuPP. La nostra aspettativa è che più alto è il dominio dell'EPG dal punto di vista comportamentale rispetto alla coerenza ideologica del corrispondente EuPP, tanto più forte è

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l'organizzazione del gruppo rispetto a quella del partito. Eseguiamo questa analisi per le ultime due legislature del Parlamento europeo (2009-2014 e dati disponibili per l'attuale, 2014-2019) che poi riprenderemo nel quarto capitolo per analizzare al meglio la forza del gruppo ECR. Gli studiosi generalmente concordano sulla considerazione di questa divisione in tre facce come uno strumento utile per analizzare l'organizzazione dei partiti politici e la loro distribuzione interna del potere. Secondo Bardi (2006), questa divisione in tre facce può essere analiticamente applicata anche allo studio politico dei partiti a livello europeo, dove il PPO è rappresentato dai gruppi politici del Parlamento e i PCO dai partiti politici a livello europeo. La differenza principale è che a livello europeo il POG non è generalmente rappresentato da membri individuali ma dai partiti nazionali. Le relazioni tra questi tre volti allora sarebbe la "Europarty" coeme indicato nella figura 1. Questo modello è utile per studiare il livello di integrazione delle tre facce in quanto tale potrebbe essere considerato come un obiettivo a lungo termine di tutte le famiglie politiche europee. Certamente, questo può essere chiaramente applicato a quelle famiglie politiche, come ad esempio il Cristiano-democratici / partito popolare, i socialisti, i liberali o i verdi che, anche se in misura diversa, considerano il processo di integrazione europea come un processo a lungo termine e non reversibile. In alcuni casi questo modello è utile per capire a quale grado l'integrazione tra le tre facce è andata avanti. Secondo questa prospettiva la piena integrazione tra i tre volti è un obiettivo degli attori politici. Inoltre, per i partiti politici che sostengono l'evoluzione dell'Unione europea, dovrebbe essere utilizzato questo sistema, non solo perchè utile per lo studio dei partiti nazionali, ma anche più semplicemente per analizzare in che misura i partiti europei sono diventati più simili a quelli dei partiti nazionali. Un altro elemento fondamentale dell'integrazione delle tre facce è l'equilibrio del potere tra le due facce superiori, ma questo sembra ben lungi dall'essere raggiunto nella politica a livello comunitario. Questa prospettiva di pro-integrazione non è condivisa da tutti gli attori politici dei Ple. Al contrario, la maggior parte degli attori politici considerano che l'integrazione europea debba essere fermata o rallentata (secondo un euroscetticismo moderato, uno euro-realista o un euro-critico) mentre per altri attori l'ideologia è ancora più radicale (prospettiva anti-europea). Tra

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queste diverse categorie di partiti, molti cercano forme di cooperazione a livello europeo. Queste alleanze non possono essere analizzate semplicemente con modelli concettuali che sono state create per analizzare i partiti nazionali, come in Katz & Mair. In realtà le alleanze di questi partiti non funzionano e non mirano a funzionare come i partiti nazionali fanno. In questi casi, sarebbe più utile interpretare il livello europeo delle attività del partito come faccia europea (la "quarta faccia") dell'organizzazione nazionale dei partiti (Sozzi 2011) piuttosto che essere concettualizzato come una struttura autonoma. Così, lo schema del partito potrebbe essere interpretato come in figura 2, mostrando come le delegazioni del partito nel gruppo politico e il partito a livello europeo sono sotto il controllo diretto del «central office». Così, secondo questo modello, i partiti nazionali piuttosto che essere una faccia dell'europartito (il PoG) sono ancora al centro del mondo politico nell'UE; anzi, le strutture europee sono semplicemente un volto debole e dipendente del partito nazionale.

Fig.2 Fonte: Calossi (2014) p.4

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1.2.1 LA FORZA ORGANIZZATIVA DI EPGS E EUPPS

Come sostengono gli esperti in Studi Organizzativi, due indicatori sono significativi per la forza delle organizzazioni, e sono rappresentati dalle risorse economiche e dall'organizzazione personale (Scott 2013). I partiti politici, visti come organizzazioni, non sono estranei a questa prospettiva, anche se anche l' appartenenza svolge un ruolo importante (Katz, Mair 1992; Webb, Farrell, Holliday 2004). Il caso della politica di partito a livello dell' UE è tuttavia diverso da quello nazionale, in quanto non vi è un' affiliazione diretta dei membri ordinari a gruppi o a EuPP. Pertanto, la disponibilità di fondi e di personale sono i migliori indicatori da adottare confronto tra i due tipi di attori dell' UE. Per quanto riguarda il finanziamento, un indicatore valido per misurare l'equilibrio dei poteri tra gruppi e partiti è il confronto delle risorse finanziarie provenienti dal Parlamento europeo. Queste risorse non sono le uniche che i partiti politici raccolgono - il PE finanzia fino all' 85% delle spese dei EuPP: ciò significa che gli EuPP devono trovare un altro 15% delle loro spese totali, che sono solitamente rappresentate dalle tasse dei partiti membri, ma rappresentano certamente una parte significativa delle entrate totali. Inoltre, poiché le due eurostrutture sono finanziate dalla stessa istituzione, questo ci permette di capire quale delle due è considerata dalle istituzioni europee la più importante. La figura 3 include anche i fondi che dal 2009 sono stati ricevuti anche dalle fondazioni politiche a livello europeo (Bardi et al. 2014; Gagatek e Van Hecke 2011). Come si può vedere, nel 2005 i gruppi politici hanno ricevuto la grande maggioranza (86%) dei fondi che il PE devolve alle attività di parte a livello europeo. All'epoca i fondi dei gruppi erano più di sei volte superiori a quelli dei partiti. Questo importo è diminuito in modo significativo negli anni a causa dell' aumento della quota di fondi destinati ai partiti (fino al 25%) e dell' inizio dei finanziamenti nel 2009 per le fondazioni politiche. Tuttavia, i dati più recenti mostrano che ancora il 60 per cento dei fondi stanziati dal Parlamento europeo è destinato ai gruppi politici. Oggi queste risorse sono ancora circa due volte e mezzo più grandi di quelle ricevute dai partiti politici.

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Figura 3: Fondi stanziati

Fonte: Calossi (2017) pp14

La tabella 1 mostra i dati disaggregati e il rapporto tra EUPP e le EPG in termini di risorse economiche per le due legislature presi in considerazione. Come si può vedere, il gruppo ha sempre più risorse economiche del partito. Non sorprende che i piccoli partiti politici europei (EPD, EFA) che condividono lo stesso gruppo con un EuPP più grande abbiano un rapporto particolarmente elevato. In linea con l'andamento evidenziato dalla figura precedente, si può notare che tutti i rapporti diminuiscono tra la settima e l' ottava legislatura. Infine, la diade conservatrice mostra una tendenza particolarmente distorta (da 11,2 a 3,0).

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Fonte: Calossi (2011) pp 16 Tabella 1

Per quanto riguarda il personale, anche se gli EuPP hanno progressivamente aumentato il numero dei loro dipendenti (nel 1984 i partiti popolare, liberale e socialista avevano in totale 14 dipendenti; nell' attuale legislatura hanno 77 dipendenti su un totale di 98 per gli EuPP presi in considerazione), queste cifre sono ancora molto lontane da quelle fornite dai gruppi politici, come si può vedere nella tabella 2. Inoltre, dobbiamo considerare che i gruppi politici possono anche sfruttare le risorse di personale del PE per alcune funzioni.

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Fonte: Calossi (2017) pp 16 Tabella 2

Tutti gli EUPPs dispongono di risorse di personale molte volte meno importanti di quelle del corrispondente gruppo politico. Nella settima legislatura, la gamma variava dall' EPG del Partito popolare, che ha un numero di dipendenti 4,6 volte superiore a quello del partito PPE, al personale del gruppo conservatore, 24 volte superiore a quello dell' AECR. All'epoca, tuttavia, l'AECR era ancora abbastanza giovane rispetto alle altre parti. Quattro anni dopo le cifre sono leggermente cambiate, quasi tutte nella direzione di un moderato rafforzamento dell'EuPP rispetto alle EPG. Le uniche eccezioni sono rappresentata dalla Sinistra europea e dal Partito Verde europeo, che tra EP7 e EP8 ha effettivamente "perso" potere rispetto al loro corrispondente EPG. Nell'attuale legislatura, nella famiglia democratica popolare/cristiana l'equilibrio tra il partito e il gruppo è meno squilibrato, mentre nella famiglia conservatrice invece il gruppo è ancora di gran lunga più forte del corrispondente e del piccolo partito dell' EFA. Ciò non sorprende, poiché per un piccolo EuPP che

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condivide la stessa EPG con un EuPP più grande, lo squilibrio è necessariamente elevato. Un ultimo elemento che rende gli EPG più forti degli EuPP da considerare è la presenza di requisiti più severi per la loro formazione. Infatti, uno dei principali interessi dei partiti e dei gruppi politici già stabiliti è quello di rendere difficile il riconoscimento di nuovi attori, perché nuovi attori parteciperebbero alla divisione di risorse fornite dal Parlamento; il fatto che le EPG siano riuscite a farlo in modo più "efficiente" dimostra in che misura i partiti politici sono più deboli dei gruppi politici nel difendere la loro principale fonte di finanziamento, perché non sono in grado di limitare l'adesione di nuovi concorrenti alla scena politica dei nuovi partiti politici riconosciuti (e finanziati) (Calossi 2014). Senza alcun dubbio, le EPG sono di gran lunga più forti dei loro corrispondenti partiti politici europei, sia dal punto di vista organizzativo che da quello del quadro giuridico. Nel paragrafo precedente abbiamo analizzato in che misura l'equilibrio di potere tra gruppi e partiti è significativo; ora, rivolgiamo la nostra attenzione a quali elementi sono correlati, e come, al livello di questo squilibrio. In sintesi, la domanda di ricerca è: quali sono le caratteristiche ideologiche, politiche, comportamentali e relazionali dei Gruppi del Parlamento europeo e dei partiti politici europei che influenzano maggiormente l' equilibrio del potere organizzativo tra i due?

Abbiamo una serie di aspettative sul rapporto tra l' equilibrio organizzativo tra gli EuPP e le EPG e altre caratteristiche del sistema “Europarty”. Innanzitutto, ci aspettiamo una correlazione tra equilibrio organizzativo ed equilibrio ideologico e comportamentale. In altre parole, i casi in cui la coerenza ideologica dell'EuPP è più vicina alla corrispondente coesione comportamentale dell'EPG avranno anche una struttura organizzativa più equilibrata, vale a dire uno squilibrio organizzativo inferiore EPG/EuPP. Al contrario, anche gli EPGs finanziati in modo sproporzionato e con personale sproporzionato rispetto all'EuPP avranno uno squilibrio di coerenza/comportamentale. In secondo luogo, e coerentemente con il quadro teorico che abbiamo delineato nel paragrafo precedente, ci aspettiamo che gli attori che guardano più favorevolmente al processo di integrazione europea disporranno di un potere organizzativo più equilibrato tra gli EuPP e le EPG. Al contrario, i partiti euroscettici avranno anche un equilibrio organizzativo sproporzionato a favore del EPG. In

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terzo luogo, e di conseguenza, ci aspettiamo che i gruppi più grandi e transnazionali siano più equilibrati dal punto di vista organizzativo. Quarto e ultimo punto, ci aspettiamo che il grado di controllo dell'EuPP sul gruppo influisca sull' equilibrio organizzativo. In altre parole, più un EuPP controlla il corrispondente EPG, più equilibrata sarà la struttura organizzativa tra le due facce. Queste ipotesi sono riassunte di seguito.

1: Quanto maggiore è l'equilibrio tra la coesione di voto della EPG e la coerenza ideologica dell'EuPP, tanto più equilibrato è il rapporto organizzativo tra EuPP e EPG

2: Quanto maggiore è l'atteggiamento pro-UE dell'EuPP, tanto più equilibrato è il rapporto organizzativo tra l' EuPP e l' EPG.

3: Quanto maggiore è il controllo dell'EuPP sull'EPG, tanto più equilibrato è il rapporto organizzativo tra l'EuPP e l'EPG

4: Quanto più grande e transnazionale è l'EPG, tanto più equilibrato è il rapporto organizzativo tra EuPP e EPG. (Calossi e Cicchi 2017)

1.3 GENESI ED EVOLUZIONE DEL PLE

1.3.1. I GRUPPI POLITICI

Con l'entrata in vigore dei Trattati che istituivano la Comunità Carbosiderurgica Europea (CECA), vi è la prima comparsa, in sede comunitaria, dei rappresentanti non più accomunati per la loro nazionalità, ma da un'ideologia (Grasso 2008). I settantotto parlamentari, radunati nell'Assemblea Parlamentare, una delle quattro istituzioni da cui veniva composta la Comunità11, nonostante

venissero nominati dai Parlamenti nazionali dei sei paesi fondatori, parteggiarono a seconda della loro afferenza politica, proposta che venne discussa il 16 giugno 1953 (ART.33 BIS) (Van Oudenhove 1965). Queste all’epoca confluirono nei primi tre schieramenti, che poi andranno a

formare tre gruppi politici: Popolare, Socialista e Liberale (Kapteyn 1962). Quando L’assemblea

aveva solo poteri consultivi, non vi era la necessità di creare gruppi a livello politico, ma quando

11 L’Assemblea Parlamentare era un organo istituito insieme all’Alta Autorità, il Consiglio dei Ministri e la Corte di Giustizia, cui va aggiunto il Comitato Tecnico Consultivo.

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l’assemblea comune ha assunto poteri parlamentari potendo costringere ad esempio alle dimissioni attraverso la mozione di censura, ha prodotto una più pronunciata tendenza all’organizzazioni di gruppi politici (Van Oudenhove 1965). Riguardo alla consistenza numerica maggior ruolo venne ricoperta dal Partito popolare, seguito dai Socialisti e i Liberali ( Kapteyn 1962). Le diverse ideologie che caratterizzano le divisioni interne all’organo deputato alla rappresentanza dell’interesse del Demos europeo, continuarono sia quando la denominazione istituzionale cambiò da Assemblea Parlamentare a Parlamento Europeo, tra il 1958 ed il 1962, sia successivamente, quando fu messo in atto il suffragio universale per la designazione dei deputati europei, approvato nel Vertice di Parigi del 197412, e posto in essere con la prima elezione diretta del Parlamento

Europeo, nel 1979. Concretamente sarà la fine della seconda guerra mondiale che, in simultaneità con la ricerca di una soluzione per la pace duratura europea, a far nascere, tra la fine degli anni quaranta e gli inizi degli anni cinquanta, le prime famiglie partitiche sovranazionali, in cui i diversi componenti cercarono un accordo tra loro, in modo tale da agire in modo congiunto. I gruppi politici nati in sede istituzionale, già dal 1958, cercavano un'attinenza pratica, oltre che teorica, giacché emergeva e diveniva sempre più evidente l'esigenza di incontrarsi e confrontarsi con “partiti europei” su cui potersi sorreggere nell’ottica della realizzazione di politiche comunitarie in sinergia con l’attuazione di propositi e proposte sovranazionali a livello nazionale. Quanto alla composizione politica, il Gruppo numericamente più consistente era quello dei Cristiano Democratici, che contava tra le sue file ben 39 rappresentanti provenienti dalle seguenti forze partitiche nazionali: il Parti Social-Chrétien belga (5 membri), i tre partiti cristiani, cattolici e protestanti, olandesi, ovvero il Katolieke Volkspartij (3 membri), l’Anti-RevolutionairePartij (2 membri) e il Christelijk Historische Unie (1 membro), il Chrëschtlech Sozial Vollekspartei (Csv) lussemburghese (2 membri), la Christlich-Democratische Union (Cdu) e la ChristlichSoziale Union (Csu) tedesche (10 membri), il Mouvement Républicain Populaire (3 membri) e il Parti Chrétien

12 Il 3 dgiunge un accordo su un progetto di Trattato relativo ai poteri del Parlamento Europeo in materia di bilancio ed all’istituzione della Corte dei Conti. Poco più tardi, nel vertice dei capi di Stato e di Governo, svoltosi appunto a Parigi il 9 e 10 dicembre, decidono di riunirsi regolarmente per i propri vertici, tre volte l’anno, creando la componente istituzionalizzata del Consiglio Europeo, e approvano l’elezione del Parlamento europeo a suffragio universale diretto.

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Populaire (Saar) francesi (2 membri) e la Democrazia Cristiana italiana (11 membri) (Van Oudenhove 1965). Il Gruppo dei Socialisti si componeva di 23 membri, provenienti dal Parti Socialiste Belge (4 membri), dal Partij van de Arbeid (Partito laburista) olandese (3 membri), dal Parti Socialiste lussemburghese (1 membro), dal Sozialdemokratische Partei Deutschlands (Spd) tedesco (6 membri), dalla Section Française del’Internationale Ouvrière (Sfio) e dal Parti Social-Démocrate (per la Saar) francese e dal Partito Social-democratico italiano (Psdi) ed il Partito repubblicano italiano (Pri) (Van Oudenhove). Infine, il Gruppo dei Liberali e Alleati annoverava 14 componenti, provenienti dal Parti Libéral belga (1 membro), dal Parti Libéral lussemburghese (1 membro), dal Freie Demokratische Partei e dal Deutsche Partei tedeschi (1 membro ciascuno), dal Parti des Indépendatns et Paysans d'action sociale, il Parti Radical-Socialiste e l’Union Démocratique et Sociale de la Résistance francesi (rispettivamente, 4, 2 e 1 membro) e dal Partito Liberale italiano (2 membri), oltre ad un indipendente (Van Oudenhove). Analizzando le alterazioni legate al cambiamento del sistema di rappresentanza politica, si possono analizzare i dati relativi al primo Parlamento europeo frutto di una scelta diretta degli elettori europei (1979-1984). L’apertura al voto dei cittadini modificava in modo significativo gli equilibri che erano stati raggiunti in un’assemblea in precedenza composta solo di delegati degli Stati membri. Il Gruppo dei Socialisti, pur restando la formazione più numerosa, scendeva dal 33,50% dei seggi posseduti in Parlamento prima delle elezioni dirette al 27,31%, affiancandosi al Gruppo del Partito popolare europeo, i cui valori restavano pressoché invariati, passando dal precedente 26,39% al successivo 26,34%.

I Liberali, che costituivano, con il 12,18% dei seggi, la terza forza parlamentare, scendevano al quinto posto con il 9,75%, preceduti dai Conservatori britannici e danesi e dai Comunisti; i conservatori passavano dal 9,13% dei seggi al 15,36%, occupando la terza posizione, mentre i comunisti restavano quarti, salendo dal 9,13% al 10,73% dei seggi. I gollisti francesi dell’Ude restavano in sesta posizione, scendendo dal 7,61% al 5,36% dei seggi. Restavano inoltre non iscritti dieci deputati, mentre in undici formavano un gruppo “tecnico” denominato Gruppo di coordinamento tecnico e di difesa dei gruppi e dei parlamentari non iscritti (Cdi). In termini

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assoluti, dopo le elezioni del 1979, il Gruppo dei Socialisti otteneva 112 seggi, il Gruppo del Ppe 108, il Gruppo dei Conservatori 63, il Gruppo comunista 44, i Liberali 40, i gollisti 22 ed il Gruppo tecnico 11 seggi (Kreppel 2002). Sotto il profilo della composizione politica, il Gruppo socialista formatosi dopo le prime elezioni a suffragio diretto si componeva delle seguenti forze politiche: i due partiti socialisti belgi (il francofono Parti Socialiste ed il fiammingo Socialistische Partij Anders), il Partito socialdemocratico danese (Socialdemokratiet), la Spd tedesca, i francesi del Parti socialiste13e del Mouvement des Radicaux de Gauche (Mrg), il Partito socialista (Psi) ed il Partito

socialdemocratico (Psdi) italiani, ed i partiti laburisti britannico e irlandese (Labour Party), lussemburghese (Parti Ouvrier Socialiste Luxembourgeois) e olandese (Partij van de Arbeid, Pvda). Nel Gruppo del Ppe confluivano i cristiano democratici belgi del Psc/Cvp, tedeschi della Cdu e della Csu, i popolari francesi della Union pour la Démocratie Française (Udf),14l’irlandese Fine Gael, la Dc ed il Südtiroler Volkspartei italiani, il Partito cristiano sociale (Csv) lussemburghese ed i cristiano democratici del ChristenDemocratischAppèl (Cda) olandese.15Il Gruppo conservatore si

componeva del Konservative Folkeparti (Kf) danese e del Conservative Party britannico, mentre quello comunista del Socialistisk Folkeparti (Sf) danese, del Parti Communiste Français (Pcf) e del Partito comunista italiano (Pci). Il Gruppo liberale vide la partecipazione dei partiti liberali belgi, il fiammingo Partij voor Vrijheid en Vooruitgang (Pvv) ed il francofono Parti Réformateur Libéral (Prl), danese (Venstre, Danmarks Liberale Parti), tedesco (Fdp), di alcuni deputati dell’Udf Francese, del Partito repubblicano (Pri) e del Partito liberale (Pli) italiani, dei liberali del Demokratesch Partei (Dp) lussemburghese e del Volkspartij voor Vrijheid en Democratie (Vvd) olandese. Ed Infine, il Gruppo dei Democratici europei di Progresso (Dep) che era composto

13 Costituito nel 1969, il Parti socialiste francese nasceva dall’unione della precedente Section Française de l’Internationale Ouvrière (Sfio) con altre forze di ispirazione socialista.

14Con l’avvento dei gollisti di Charles De Gaulle in Francia (Unr), il maggiore partito cristiano democratico francese

esistente durante la Quarta Repubblica, ovvero il Mouvement Républicain Populaire (Mrp), perdeva di importanza (sino allo scioglimento, nel 1967), ed il campo da esso occupato era sostanzialmente diviso tra i gollisti (Unr) ed il partito democristiano del Centre Démocrate, nato nel 1966 dalla fusione del Mrp con i conservatori del Centre National des Indépendants et Paysans (rispettivamente collocati al Parlamento europeo nel gruppo dei democristiani e dei liberali). Il Centre Démocrate, in seguito alla costituzione nel 1976 del Centre des démocrates sociaux, entrava nel 1978 nella nuova grande formazione centrista della Union pour la démocratie française (Udf).

15Il Cda riuniva i precedenti tre partiti olandesi di ispirazione cristiana, cattolici e protestanti, ossia il Katolieke Volkspartij, l’Anti-Revolutionaire Partij ed il Christelijk Historische Unie.

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fondamentalmente dai francesi del Rassemblement pour la République (Rpr)16e degli irlandesi di

Fianna Fáil (Ff), cui si aggiungevano i liberali delFremskridtspartiet (Frp) danese e lo Scottish National Party (Snp). Il Gruppo tecnico Cdi era composto da quattro deputati danesi euroscettici del Folkebevægelsen mod EU (FolkeB), più un popolare belga della Volksunie (Vu) e cinque italiani discendenti dalle file dei radicali e dei partiti di estrema sinistra Democrazia Proletaria e Partito di Unità Proletaria. Dei deputati non iscritti, la delegazione nazionale più solida era costituita dagli italiani del Msi-Dn.17Infine per quanto concerne i “gruppi politici” l’articolo 30 del Regolamento, al primo comma, presenta la norma decisiva secondo la quale «i deputati possono organizzarsi in gruppi secondo le affinità politiche».18Si tratta di una norma in vigore da quasi sessant’anni, che istituisce il perno portante dell’intera organizzazione “politica” del Parlamento europeo.19

1.3.2 COESIONE COMPORTAMENTALE E COERENZA IDEOLOGICA

In questo paragrafo, rivolgiamo la nostra attenzione alla misurazione della forza delle EPG e dei partiti, in termini di coesione votativa e coerenza ideologica interna. Per quanto riguarda il primo elemento, ci basiamo sull'indicatore più diffuso della coesione di gruppo, ossia "l'indice dell'accordo" (AI), calcolato per le votazioni per appello nominale (RCV) del Parlamento europeo. Questo indice, introdotto da Hix, Noury e Roland (2005) varia da 1 (tutti i membri di un gruppo votanti allo stesso modo) a 0 (membri di un gruppo equamente ripartiti tra le tre opzioni di voto: voto favorevole, voto contrario e astensione). Va notato che alcuni studiosi suggeriscono che

16Si tratta del partito gollista francese, nato dall’Union des démocrates pour la République (Udr), a sua volta erede dell’originario partito gollista dell’Unr. Il Rassemblement pour la République sarebbe confluito nel 2002 nel principale partito politico di centrodestra francese, l’Union pour un mouvement populaire (Ump).

17Parlement Européen, La construction d’un Parlement: 50 ans d’histoire du Parlement Européen 1958-2008, Luxembourg, 2009, p. 75. Si veda anche: R. Corbett-F. Jacobs-M. Shackleton, The European Parliament, London, 2005, p. 72

18E. Vinci, Il Parlamento europeo, Milano, 1968, p. 71; C.Romanelli Grimaldi, Il Parlamento europeo, Padova, p. 122; A. Chiti Batelli, Il Parlamento europeo, Padova, 1982, p. 157; G. Guidi, I gruppi parlamentari del Parlamento europeo, Rimini, 1983, p. 57; D. Judge-D. Earnshaw, The European Parliament, Basingstoke, 2003, p. 117 e ss.; R. Corbett-F. Jacobs-M. Shackleton, The European parliament, London, 2005, pp. 71 e ss.

19A. Chiti-Batelli, Il Parlamento europeo, Padova, 1982, pp. 157-163; G. Guidi, I gruppi parlamentari del Parlamento europeo, Rimini, 1983, p. 57 e ss.; A. Ciancio, I partiti europei e il processo di democratizzazione dell’Unione,

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l'analisi basata sui RCV può essere fuorviante, perché le votazioni per appello nominale sono solo una parte (non rappresentativa) dell'intero universo dei voti espressi: i RVC rappresentano approssimativamente le votazioni effettive che si svolgono nel Parlamento europeo. Pertanto, le conclusioni tratte da questo campione possono effettivamente essere distorte (Carrubba e Gabel 1999; Clinton, Jackman e Rivers, 2004; Carrubba, Gabel e Hug 2008; Hug 2010). La tabella 3 mostra la coesione delle EPG dal 1979

Fonte: Calossi (2017) pp 11 (Tabella 3)

Concentrandosi sulle ultime due legislature, vediamo che la maggior parte dei gruppi (Socialisti, Partito popolare, Liberali e Verdi/Alleanza libera europea) hanno un livello estremamente elevato di coesione (intorno al 0,9 o superiore). L'estrema sinistra, senza fluttuazioni nel tempo, ottiene punteggi leggermente inferiori (0,83). Il gruppo di estrema destra Europa delle Nazioni e della Libertà (ENF) in EP8 è meno coeso (0,7), mentre l' Euroscettico EFD e più tardi EFDD è piuttosto

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un gruppo diviso, segnando meno di 0,5. Dal punto di vista diacronico, l'unico cambiamento rilevante tra EP7 e EP8 è rappresentato dai conservatori, la cui coesione passa da 0,88 a 0,79. È interessante notare che questo stesso gruppo ha registrato un calo particolarmente elevato in termini di controllo dell'EuPP sull'EPG, discusso nel paragrafo precedente. Infine, il comportamento dei membri non iscritti, privi di un corrispondente EuPP, non rientra nell' ambito della nostra ricerca. Per quanto riguarda i partiti politici europei, consideriamo la loro "coerenza ideologica" come l'indicatore per misurare la forza dei partiti politici europei. Diversamente dalla coesione di voto delle EPG, non ci basiamo sugli indici esistenti, ma costruiamo un indice originale partendo dai dati di Euromanifesto (Braun, Mikhaylov e Schmitt 2010; Schmitt, Braun, Popa, Popa, Mikhaylov e Dwinger 2016). Gli studiosi hanno analizzato approfonditamente la coerenza ideologica dei gruppi (Hix, Noury e Roland 2007; McElroy e Benoit 2010,2012; Bressanelli 2014), mentre la coerenza ideologica dei partiti politici europei rimane sottovalutata. Il nostro indice è calcolato nel seguente modo: la coerenza ideologica di un EuPP corrisponde alla variazione media dei valori che riflettono la posizione nei confronti dei conflitti politici di ciascuno dei partiti nazionali che compongono l'EuPP. Dal momento che la codifica Euromanifesto per ciascuno di questi conflitti politici varia da 1 a 7, i sono stati poi normalizzati per variare da 0 (divisione ideologica completa) a 1 (completa coerenza ideologica). Il grafico 1 qui di seguito mostra la coerenza ideologica dell'EuPP e il suo cambiamento nel corso del tempo considerato. (Calossi e Cicchi 2017)

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2.DALLE FEDERAZIONI TRANSNAZIONALI AI PARTITI POLITICI

EUROPEI

Assumendo una prospettiva storica, la cooperazione extraparlamentare tra partiti politici è iniziata ancor prima nelle Istituzioni europee. Infatti, le prime associazioni transnazionali di partiti politici erano fondamentalmente esterne alle istituzioni e costituite da partiti di sinistra.

Gli "internazionalisti" - come venivano chiamati - consentivano ai partiti socialisti, che fino alla prima guerra mondiale erano generalmente partiti di opposizione, di coordinare le loro attività con i partiti fratelli, mentre gli esponenti borghesi potevano farlo attraverso canali diplomatici istituzionali e ufficiali. Così, la prima associazione partitica transnazionale fu la Seconda Internazionale (nota anche come Internazionale Socialista) nel 1889. I partiti comunisti fondarono la propria Internazionale nel 1919. Successivamente, altri movimenti politici, in conseguenza del più generale "contagio da sinistra" organizzativo (Duverger 1953), formarono i propri internazionalismi politici. Tra i più rilevanti ricordiamo il Segretariato internazionale dei partiti democratici di ispirazione cristiana. (formata nel 1925 e divenuta Unione Mondiale dei Democratici Cristiani nel 1961), Internazionale Liberale (nel 1947), Democratica Internazionale (nel 1983) e infine nel 2001 Verde Globale. Così, anche prima della creazione della Comunità europea almeno quattro famiglie politiche avevano già una propria Internazionale. Tuttavia, anche se la maggioranza dei partiti membri dei partiti internazionali erano europei, l'integrazione europea e la configurazione dello spazio politico della Comunità europea non erano al centro dei loro interessi e interessi. Quindi, limitando la nostra prospettiva storica ad uno scenario puramente europeo, dobbiamo notare che durante la prima fase dell' integrazione le uniche strutture sovranazionali attive in Europa erano i gruppi di partito all'interno dell' assemblea parlamentare della Comunità europea. Se limitiamo il nostro studio ai soli partiti politici dell'ambiente europeo, non vi sono dubbi sul fatto che i gruppi politici del PE siano più vecchi, essendo stati istituiti nel 1952 nell'ambito della prima assemblea comune della CECA. Tuttavia, al di fuori del Parlamento europeo, esistevano alleanze di partiti nazionali a livello europeo già prima del regolamento 2004/2003, che nel 2003 esprimeva

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chiaramente l'esistenza dei partiti politici a livello europeo. Quindi, la prospettiva di eleggere direttamente il Parlamento europeo era alla base della scelta delle famiglie di partito filoeuropee di istituire la sovranazionalità. Prima dell'introduzione del finanziamento dei PPEL, solo altre due famiglie di partito decisero di istituire una propria organizzazione extraparlamentare: i Verdi, che nel 1984 istituirono il "Coordinamento Verde Europeo" (EGC), e alcuni partiti progressisti regionalisti, che nell' ottobre 1994 fondarono la "Alleanza Libera Europea" (EFA). Le federazioni sembravano dunque nascere come "emanazione dei gruppi politici del Parlamento Europeo che si sentivano in dovere di affidarsi alle organizzazioni di partito presenti a livello europeo" (Coosemans 2000). Nello stesso periodo, ci sono stati cambiamenti nominali che dovrebbero preparare alcune federazioni ad avvicinarsi ai veri e propri partiti politici. All'inizio degli anni Novanta sembrava normale pensare all'imminente adozione di uno statuto dei partiti politici europei, per cui le principali famiglie politiche compirono i loro passi per essere pronte a tale miglioramento. Nel 1992, la Confederazione dei partiti socialisti ha assunto il nome di Partito dei Socialisti Europei (PES); nel 1993, il coordinamento verde è diventato la Federazione europea dei partiti verdi (EFGP) e anche nel 1993, la Federazione dei partiti liberaldemocratici e riformatori ha preso il nome dei liberali democratici e riformatori europei (ELDR). Tutte le famiglie politiche che hanno istituito federazioni di partiti transnazionali (Partito Popolare Europeo, Partito dei Socialisti Europei, Partito dei Liberali Europei, Democratici e Riformisti, partito verde europeo, Alleanza libera europea) prima dell'introduzione dei finanziamenti pubblici a PPEL erano pro-europei. Senza dubbio l'introduzione di tale risorsa monetaria è diventata lo stimolo per la creazione di tutti gli altri PPEL. Senza dubbio l' introduzione di tale risorsa monetaria è diventata lo stimolo per la creazione di tutti gli altri PPEL. La tabella 1 mostra l'elevato numero di partiti che hanno chiesto il riconoscimento (e i fondi) al PE dopo il 2004. Attualmente, dei 18 partiti politici europei (EuPP) esistenti - la nuova denominazione data dai regolamenti dell'UE dal 2014 - la grande maggioranza non è costituita da partiti pro-integrazione. In particolare, tra i nuovi nati dopo il 2004, ad eccezione del Partito Democatico Europeo (EPD) e, in parte, del Partito della sinistra europea (EL), tutti gli altri EuPP

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condividono un certo livello di euroscetticismo o addirittura di antieuropeismo. (Calossi e Cicchi 2017).

Fonte: Calossi & Cicchi (2017) p.7

Ma perché nascono le federazioni transnazionali di partito? E’ possibile rispondere alla medesima questione analizzando tre principali ragioni (Pridham 1981). La prima è la graduale politicizzazione della Comunità europea, avvenimento che trova riscontro nel processo di ampliamento (attraverso le nuove candidature statuali alla membership comunitaria) e diversificazione (in particolare, con l’apertura, sul finire degli anni Sessanta, alla sfida comunitaria delle forze socialiste, prima, e comuniste, poi) dell’offerta politica e che comporta «una maggiore accettazione del confronto ideologico a livello europeo, comprendendo la necessità di combinare gli sforzi politici da parte delle forze nazionali ideologicamente affini» (Pridham 1981). La seconda è

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la necessità di democratizzazione dell’assetto comunitario, scopo che aveva origine dalla generale consapevolezza, da un lato, della distanza dei cittadini dai centri di potere comunitario e, dall’altro, dal riconoscimento “che le vecchie internazionali di partito non fossero state in grado di esercitare il loro ruolo fondamenta, sul piano programmatico, di promozione delle politiche comunitarie, e, su quello istituzionale, di controllo democratico" (Pridham 1981). La terza motivazione è prettamente legata all’introduzione dell’elezione a suffragio universale diretto dei membri del Parlamento europeo (Gaffney 1996). Comunque, la nascita di di ciò che oggi chiamiamo Partiti Politici a livello europeo, o Europartiti, è da collocare negli anni Settanta. Mai prima delle elezione del Parlamento Europeo, i partiti politici nazionali, hanno avvertito l'esigenza di cooperare in modo univoco e più proficuo per raggiungere obiettivi all’interno della Comunità, e per coordinare le proprie attività in Europa1. La creazione di formazioni partitiche europee, in concomitanza con la prima tornata

elettorale, del 1979, ha condotto all’epoca, in dottrina, alla possibilità concreta di proclamare l’inizio di una nuova era di democrazia partitica genuina a livello europeo, in cui i partiti politici avrebbero rappresentato i consociati Stati membri, infatti l’apertura al voto dei cittadini modificava in modo significativo gli equilibri che erano stati raggiunti in un’assemblea in precedenza composta solo di delegati degli Stati membri. Il primo parlamento si componeva di soli 197 membri, e le quote di seggi riservate a ciascuno Stato erano il frutto di un accordo politico-diplomatico che, tenendo conto dei rapporti demografici e “di forza” tra gli Stati, disegnava, con le opportune deformazioni, un modello assai mediato di rappresentanza politica. Il secondo, fermo Il numero degli Stati membri (nove) i cui corpi elettorali erano chiamati ad esprimere a suffragio universale diretto i deputati, innalzando notevolmente (da 197 a 410) il numero complessivo di seggi al Parlamento europeo, mutava l’incidenza di ciascuno Stato sul totale dei componenti l’assemblea, modellando una rappresentanza più fedele al dato demografico e, pertanto, più vantaggiosa per i Paesi più grandi.2Per quanto attiene al profilo giuridico, le federazioni transnazionali nascono de

1 La construction d’un Parlement: 50 ans d’histoire du Parlement Européen 1958-2008, Luxembourg, 2009, pp. 75 e ss.

2 Parlement Européen, La construction d’un Parlement: 50 ans d’histoire du Parlement Européen 1958-2008, Luxembourg, 2009, pp. 75 e ss

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facto, ovvero al netto di alcun riconoscimento o qualificazione giuridica ad opera dei Trattati, nel cui orizzonte “costituzionale” non rientra alcuna entità di carattere politico. È invece decisiva la volontà dei partiti politici nazionali, la cui costante azione di avvicinamento e reciproca contaminazione costituisce il fattore chiave perché il legislatore comunitario sia indotto, prendendo atto di una realtà non più emarginabile, a offrire copertura giuridica al fenomeno della cooperazione politico-ideologica sul piano comunitario.3 Solo la decisione di introdurre il suffraggio diretto ispira

però la formazione di organizzazioni partitiche extraparlamentari. Nonostante la realizzazione concreta dell’elezione diretta fu ritardata fino al 1979, in quei sette anni che seguirono il 1972 tre “Federazioni Transnazionali di Partiti” si formarono nell’aspettativa che le elezioni dirette avrebbero richiesto e favorito la creazione di veri e propri partiti politici pan-Europei. Queste organizzazioni partitiche erano la Confederazione dei partiti socialisti della Comunità Europea, fondata nell’aprile 1974, la Federazione dei Pariti Liberali e Democratici delle Comunità Europee, nata nel marzo 1976, e il Partito del Popolo Europeo-Federazione dei partiti democratico cristiani della Comunità Europea (European People’s Party-Party Populaire Européen/EPP-PPE), che federava i partiti democratico cristiani, creato nel giugno 1976 (Calossi 2011). A queste federazioni originarie si aggiunse nell’aprile del 1984 Il Coordinamento Verde Europeo (European Green Coordination/EGC). Le federazioni come già detto sembravano dunque nascere come “emanazione dei gruppi politici presenti nel Parlamento Europeo che ritenevano necessario appoggiarsi a organizzazioni partitiche a livello Europeo'' (Coosemans 2000).

3 Peraltro, vi è chi sottolinea come il mancato riconoscimento giuridico nei Trattati delle

federazioni non impedisse di intravedere nel “diritto dei gruppi” un «quadro “costituzionale” a maglie larghe»: infatti, «la collocazione delle federazioni all’interno della struttura della Comunità europea non era senza alcuni punti di riferimento, malgrado il fatto che il Trattato di Roma non prevedesse alcuna disposizione per fondare un serio sviluppo delle organizzazioni di partito»; rilevava, in questo senso, «il collegamento con i gruppi al Parlamento europeo ed il loro ruolo generale di coordinamento tra i partiti

nazionali» (G. Pridham-P. Pridham, Transnational Party Co-operation and European Integration, London, 1981, p. 117, tradotto dall’inglese).

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