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2.DALLE FEDERAZIONI TRANSNAZIONALI AI PARTITI POLITICI EUROPE

2.4 LE FEDERAZIONI E GLI EUROGRUPP

Le federazioni hanno una differente grandezza divisibile in modi differenti. Tra i vari metodi ricordiamo i voti ricevuti durante le elezioni per il Parlamento Europeo, il numero dei membri del parlamento a loro afferenti e la somma degli iscritti ai singoli partiti nazionali. Questa ricerca di Calossi E. (2011) presta attenzione all'istituzionalizzazione delle federazioni in un rapporto alle altre due facce che compongono la struttura di un Europartito. Viene presa in considerazione l'indice di '' coincidenza'' della federazione con l'eurogruppo (calcolando i membri del parlamento del gruppo che fanno riferimento a una federazione)45sia l'indice di ''inclusività'' geografica (indice calcolato in

base al numero di paesi della UE nella quale la federazione ha partiti nazionali membri).

44 http://www.europarl.europa.eu

45Ciò non è inversamente calcolabile perchè mentre ogni PLE può essere collegato ad un solo eurogruppo il reciproco non vale.Pertanto all'interno di uno stesso gruppo possono convivere memri del parlamento afferenti a più PLE.

Fonte: Calossi (2011) p. 30

Come si può osservare nella tabella l'unica federazione che ha partiti membri in tutti gli stati dell'Unione è il PSE. Bisogna però osservare che in Italia, dopo lo scioglimento dei Democratici di Sinistra (DS) dentro il Partito Democratico (PD), il leggittimo rappresentante del PSE è il piccolo e ormai extraparlamentare Partito Socialista Italiano, così come in Lettonia il partito membro è il piccolo LSDSP (che con percentuali poco al di sopra del 4% alle più recenti elezioni non ha eletto deputati nè al parlamento nazionale nè a quello europeo). Il PPE ha partiti in tutti gli stati membri tranne che nel Regno Unito dove, storicamente, il partito di centrodestra di quel paese(I conservatori) ha sempre voluto mantenere una sua specificità in ambito internazionale non aderendo alle organizzazioni degli altri partiti moderati europei, ritenuti troppo confessionali. Il Partito Verde ha rappresentanti in 25 dei 27 paesi (92,6%). Rimangono scoperte la Lituania e la Danimarca,dove i Socialisti Popolari (SF), che sono membri della NGLA, hanno scelto di assumere lo status di osservatore presso lo EGP (nota 19). I liberali sono presenti nel 77,8% dei paesi membri e sono assenti in tre paesi mediterannei (Portogallo,Grecia, Malta) e nelle due repubbliche della ex- Cecoslovacchia. L'EFA è composta da molti piccoli partiti regionalisti provenienti da 15 stati

dell'unione pari al 55,5% (molti partiti membri provengono dallo stesso Stato,come 5 partiti dall'Italia,6 dalla Francia e addirittura 7 dalla Spagna). Con la Sinistra Europea si inaugura il gruppo delle Federazioni che includono meno del 50% degli stati membri: il 44,4% della SE diventa il 63% se consideriamo anche i partiti osservatori). Gli EUDemocrats sono diffusi in 10 paesi (pari al 37%) ma nelle elezioni del 2009 nessun partito membro è riuscito ad eleggere deputati europei: possono essere dunque sollevati numerosi dubbi sulla reale capacità di questo partito di continuare a rispettare i criteri del Reg. 2004/2003. AEN è ugualmente diffusa in 10 paesi,che potrebbero essere considerati 9 per il fatto che il Partito Nazionalista Slocavacco (SNS), anzichè seguire le scelte degli altri partiti AEN, ha iscritto il suo unico membro del parlamento eletto nel 2009 nel gruppo ultra- euroscettico dell'Europa della Libertà e della Democrazia (EFD) (nota 20). Il partito con il più basso indice di inclusività è il Paritoto Democratico Europeo che è presente solo in 5 paesi dell'unione. Anche in questo caso si può essere dubbiosi che in futuro possano essere rispettati i criteri per lo status di Federazioni transanzionali. In particolare il PDE è entrato pesantemente in crisi dopo che uno dei due più importanti partiti (La margherita) si è sciolta nel Partito Democratico italiano. Si può presupporre che in futuro lo spettro delle opportunità politiche dei leader del PDE, personale politico di derivazione cattolica che rifiuta il conservatorismo del PPE ma anche il socialismo del PSE, difficilmente potrà essere molto ampio. Dal punto di vista dell'appartenenza partitica dei deputati, i due gruppi maggiori che, anche da un punto di vista nominalistico, presentano una chiara coincidenza tra il nome del PLE e quello dell'eurogruppo, sono quelli che hanno più alti indici di coincidenza. Per il PPE c'è una quasi perfetta corrispondenza tra Partito di livello europeo ed eurogruppo perchè 263 dei 265 (99,2%) deputati del Gruppo del Partito Popolare Europeo sono stati eletti da partiti membri del PPE (Calossi 2011). Questa percentuale si abbassa un po' per il PSE, mentre nella legislatura 2004-2009 tutti i membri del gruppo PSE provenivano dal partito PSE. Infatti 161 dei 183 membri (87,5%) del nuovo gruppo dell'Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D) sono stati eletti da partiti membri del PSE. In particolare è rilevante il caso dei 21 deputati italiani che sono iscriti al S&D ma provengono dal PD che non è iscritto ad alcune

federazioni. L'indice di coincidenza rimane alto anche per i Liberali (89,2%) e per i Verdi (80%). Ciò dimostra che i quattro partiti storici hanno ormai acquisito un alto livello di controllo e di identificazione con il proprio eurogruppo di riferimento. La situazione cambia con la Sinistra Europea (45,7%), che supera il 50% solo se aggiungiamo anche i partiti osservatori (62,8%). Anche l'Europa delle Nazioni è sotto il 50% (29,1%) e di fatto solo il polacco Prawo i Sprawiedliwosc (Legge e Giustizia /PIS) ha eletto membri del parlamento (ben 15 sui 16 dell'AEN). Bassi, ma attesi,sono anche gli indici dei due partiti ''alleati'' dei Liberali e dei Verdi. Il PDE raccoglio il 9,6% dei deputati dell'ALDE (Alleanza dei Liberali e Democratici Europei e l'EFA il 12,8% dei membri del parlamento del gruppo dei Verdi-Alleanza Libera Europea (Greens-EFA). Per concludere la federazione che aveva il più basso indice di coincidenza con il gruppo di riferimento è EUD: nel 2009 nessun partito membro è riuscito ad aleggere membri nel parlamento europeo (Calossi 2011).

3. L'EUROSCETTICISMO

“L‟Unione europea attraversa una fase protratta di crisi, culminata nelle recenti spinte verso una sua possibile disgregazione. La Brexit rappresenta un aspetto macroscopico del fenomeno, che trova una sponda più ampia nella crescente assertività e nel successo dei movimenti anti-europei, ormai diffusi in numerosi contesti nazionali e nel circuito della rappresentanza a livello comunitario. La crisi di popolarità dell‟UE e delle sue politiche attraversa una fase decisiva in quanto si associa ad altre sfide, in larga misura di derivazione esterna, che ne aumentano la portata. Tali sfide richiederebbero risposte forti da parte dell‟Europa che stenta invece a imporsi, tra queste la crisi migratoria, la perdurante crisi economico-finanziaria, i conflitti ai confini dell‟UE che potrebbero minacciarne la sicurezza. Nei confronti di queste fondamentali sfide - rispetto alle quali i cittadini misurano la capacità dell‟Europa di dare risposte ai problemi e di creare valore aggiunto a paragone della capacità di reazione dei singoli stati - l‟UE si mostra spesso paralizzata dai veti incrociati dei governi nazionali, divisi sulle priorità e le modalità di azione. La governance europea è stata architettata per funzionare, strutturalmente, attraverso la pratica del consenso, questo la espone al potere di veto dei diversi attori e dei molteplici interessi rappresentati nel processo decisionale comunitario. L‟Europa a 28 costituisce il culmine di un percorso volontario di aggregazione tra stati, senza termini di paragone nel resto del mondo, a testimonianza della sua unicità e successo. Tuttavia, l‟allargamento a un così elevato numero di paesi ha anche messo a nudo le divisioni tra le molte istanze all‟interno dell‟UE. Con la sua espansione, la conflittualità politica nell‟UE è aumenta esponenzialmente e gli accordi, sempre più all‟insegna di un minimo comune denominatore “al ribasso”, ne rivelano le divisioni interne e l‟incapacità di generare risposte all‟altezza delle sfide più pressanti. Tutto questo avviene in presenza di un impianto normativo che vincola significativamente la capacità di azione degli stati e rimanda al livello comunitario le principali scelte in materie sensibili, quale il controllo sulle politiche macroeconomiche nazionali. I partiti sovranisti e populisti capitalizzano sulle inefficienze del sistema comunitario, spingendo l‟UE al centro della competizione politica e della protesta. L‟euroscetticismo costituisce ormai una dimensione di

conflitto molto rilevante all‟interno del sistema politico, in alcuni paesi ha contribuito alla nascita e all‟affermazione di forze anti-sistema portatrici di un progetto massimalista (sempre più di frequente si parla di Frexit, Italexit, ecc.). Il loro successo minaccia la tenuta stessa del progetto di integrazione, i partiti tradizionali sono investiti dall‟onda d‟urto di queste forze antagoniste e perdono consensi a loro favore, talvolta si dividono al loro interno tra la linea di fedeltà all‟Europa e una linea più critica, rivolta a intercettare il consenso indirizzato alle forze euroscettiche. Lo stato di tensione generale e lo stallo dell‟UE risultano così acuiti dal clima di diffidenza e di scontento che le forze euroscettiche alimentano, mettendo costantemente a nudo le inefficienze del sistema decisionale comunitario e i costi del vincolo esterno. La mobilitazione contro l‟Europa si è fatta particolarmente tenace ed è culminata in una diffusa opposizione che si traduce, sempre più di frequente, in esiti elettorali che accrescono l‟effetto di delegittimazione dell‟UE”. (Conv. Sisp 2017) L‟obiettivo principale di questo capitolo è quello di analizzare e fornire interpretazioni, sotto molteplici angolature, circa l‟origine, l‟evoluzione e gli esiti della crisi dell‟UE. Una delle preoccupazioni principali degli osservatori delle questioni europee sembra essere il successo che la maggior parte dei sondaggi prevedono per i partiti alla destra dello spettro politico, variamente catalogati come euroscettici, populisti o estremisti. Mentre è innegabile che diversi Paesi europei siano percorsi da tensioni ed insoddisfazioni montanti nei confronti dell‟Unione Europea, soprattutto nella sua veste di portatrice di austerità, è opportuno fare alcune osservazioni per inquadrare il fenomeno, valutarne la portata e soppesarne il possibile impatto. Nelle elezioni europee del 2014 si è consolidato un fenomeno politico e sociale ormai ampliamente esteso in tutti gli Stati membri: l‟Euroscetticismo.1

Diverse cause, tra cui la crisi economica che ha colpito l‟Europa a partire dall‟inizio del 2008, ma anche il risorgere di populismi di stampo nazionalista e spesso xenofobi (Martinelli 2013), hanno concorso a moltiplicare la sfiducia verso l‟Unione europea e le sue istituzioni. I partiti degli Stati membri, sia di destra che di sinistra, compresi quelli al governo, durante la crisi economica, hanno tentato di politicizzare la frattura dell‟integrazione

europea, data la naturalezza con la quale è possibile imputare all‟UE i problemi nazionali, senza avere grandi ripercussioni politiche e elettorali (Baldini 2014). Negli anni 90'' l‟euroscetticismo non solo esprimeva l'opportunità per le forze politiche ai limiti del sistema politico per differenziarsi dai partiti mainstream (Taggart 1998), ma rappresentava anche una strategia partitica attuata dai partiti appartententi all‟opposizione nel quadro della consueta dialettica governo/opposizione: è la teoria in base alla quale i partiti più euroscettici sarebbero quelli ignorati dalle responsabilità di governo (Sitter 2001). Nell'ultimo decennio invece si sarebbe stabilito l'inizio di un nuovo cleavage nella politica europea: il “cleavage Europa” (Viviani 2010). Si individuano così tre nuove opposizioni politiche legate al processo di integrazione europea, sulla base del modello delle fratture sociali di Lipset e Rokkan:

1) Il cleavage tra centro e periferia, con lo scetticismo dei territori periferici verso l'accumulazione di risorse e poteri da parte del centro.

2) La resistenza al processo di costruzione di lealtà e identità culturale da parte di gruppi sociali minacciati da coloro che sfidano le gerarchie stabilite.

3) La frattura che deriva dalla distribuzione di risorse e dalle politiche regolative dell‟Unione Europea.2

Negli ultimi tempi una notevole parte dei cittadini dell‟Unione, soprattutto dopo lo scoppio della crisi, hanno iniziato a ponderare con maggiore freddezza il rapporto costi/benefici dell‟appartenenza alla comunità degli Stati europei, chiedendosi se sia conveniente o meno restare uniti in un progetto dal futuro assai incerto (Cerniglia 2013). I partiti euroscettici vengono designati come partiti di protesta con elementi di euroscetticismo, partiti mainstream con posizioni euroscettiche e fazioni euroscettiche all‟interno di partiti tradizionali e Ple (Taggart 1998). E' necessario introdurre nello studio dei partiti euroscettici un'altra importante distinzione, ovvero tra euroscettismo hard e soft. La versione ''Hard'' (dura) consiste nella totale opposizione al progetto di comunità europea e il partito che rientra in questa categoria desidera il ritiro del suo Stato

dall‟UE. La versione ''Soft'' (morbida) di euroscetticismo sostiene a una forma di Unione Europea e la sua opposizione è limitata ad alcune politiche europee in contrasto con l‟interesse nazionale (Taggart e Sczerbiak 2002). Questi criteri come si vedrà in seguito, potranno essere applicati anche ai PLE. Per avere una definizione dell‟euroscetticismo, si dovrà tenenre conto del suo carattere come fenomeno trasversale (Taggart 1998) e multidimensionale (Viviani 2010). Bisogna successivamente approfondire le principali categorie teoriche utilizzate per definire le diverse forme di dissenso verso l‟UE apparse negli Stati membri e a livello europeo partire dagli anni 90''. Il fine di questo studio è quello di individuare i punti di convergenza tra forze politiche estremamente differenti ma anche con punti in comune, specialmente a livello di atteggiamento verso l‟Unione Europea e le sue istituzioni. Anche per questo motivo un‟analisi comparativa dei Ple euroscettici può essere interessante per capire la crescita recente di questo orientamento di critica verso l'Unione europea. L‟euroscetticismo è stato un fenomeno politico e sociale che nelle elezioni europee del maggio 2014 ha dimostrato una determinata progressione dei partiti euroscettici. Forze politiche come il Front National in Francia e lo Ukip nel Regno Unito hanno ottenuto percentuali di voto molto elevate rispetto ai loro standard abituali. Il successo di questi partiti, che fanno, sebbene in diversa proporzione, dell‟opposizione all‟Unione Europea e/o alla moneta unica, un tratto decisivo del loro programma politico, indica chiaramente l‟importanza del fenomeno in questione.3L‟euroscetticismo, nel suo significato poliedrico e a tratti equivoco, è dunque oggi fondamentale per analizzare la politica dell'Unione Europea, facendo un rapporto tra livello interno agli Stati ma anche esterno a livello internazionale.

3.1 LE ORIGINI E L'EVOLUZIONE STORICA DELL'EUROSCETTICISMO