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Studio retrospettivo in pazienti con mCRPC per valutare AR-V7 su RNA esosomiale come biomarcatore predittivo di resistenza ad abiraterone ed enzalutamide

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(1)

Università di Pisa

Dipartimento di Farmacia

Corso di Laurea Magistrale in Farmacia

Tesi di Laurea

Studio retrospettivo in pazienti con mCRPC per valutare

AR-V7 su RNA esosomiale come biomarcatore

predittivo di resistenza ad abiraterone ed enzalutamide

Candidata

Claudia Menocci

Relatori

Chiar.mo Prof. Romano Danesi

Chiar.mo Prof. Stefano Fogli

(2)
(3)

INDICE

RIASSUNTO ... 5

INTRODUZIONE ... 7

CARCINOMA PROSTATICO RESISTENTE ALLA CASTRAZIONE ... 14

IL RECETTORE ANDROGENICO ... 17

Struttura del recettore ... 18

Funzione del recettore ... 21

Le varianti di splicing ... 23

AR-V7 ... 27

Altri meccanismi di resistenza all’ormonoterapia ... 33

L’ETEROGENEITA’ GENOMICA TUMORALE ... 39

TECNICHE DI RILEVAZIONE DELLE ALTERAZIONI GENETICHE NEI TUMORI ... 41

Esosomi: possibili biomarcatori circolanti ... 44

La scelta dell’RNA esosomiale ... 44

(4)

MATERIALI E METODI ... 49

I pazienti... 49

Raccolta e conservazione dei campioni ... 50

Raccolta del plasma ed estrazione dell’RNA dagli esosomi ... 51

Digital Droplet PCR ... 52

Estrazione di AR-V7 RNA da VCaP e rilevazione con ddPCR ... 58

Analisi di AR-V7 su RNA esosomiali derivati dal plasma ... 59

Analisi dei dati ... 60

RISULTATI ... 61

Validazione del metodo ... 61

Dati clinici dei pazienti ... 62

Outcomes clinici secondo l'analisi di AR-V7 ... 66

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI ... 68

(5)

RIASSUNTO

Introduzione:la variante di splicing 7 del recettore androgenico (AR-V7) sembra essere associata alla resistenza con i trattamenti ormonali di nuova generazione in pazienti affetti da carcinoma della prostata metastatico resistente alla castrazione (mCRPC). A causa dei limitati metodi disponibili per l'analisi di AR-V7, l'identificazione di un metodo di rilevazione affidabile può facilitare l'uso di questo biomarker nella pratica clinica.

Obiettivo: confermare il ruolo di AR-V7 come fattore predittivo di resistenza ai trattamenti ormonali di nuova generazione e sviluppare un nuovo metodo per valutare AR-V7 attraverso l’analisi con digital droplet PCR (ddPCR) su RNA esosomiale estratto dal plasma.

Disegno dello studio e metodi: da 55 pazienti, affetti da mCRPC, sono stati prelevati dei campioni di plasma all’inizio del trattamento ormonale con abiraterone o enzalutamide. Al fine di analizzare AR-V7, sono stati isolati gli esosomi dal plasma e l’RNA è stato analizzato tramite ddPCR.

Analisi dei risultati e statistiche: la concentrazione del gene target espressa in copie/ml è stata determinata tramite ddPCR. Le analisi statistiche sono state effettuate con il Software SPSS.

(6)

Risultati e limiti: dei 55 pazienti inclusi nello studio, 35 pazienti sono stati trattati con abiraterone, 19 con enzalutamide e un solo paziente con cabazitaxel; il 47.3% dei pazienti è risultato AR-V7+. Il tempo alla progressione (TTP) è risultato significativamente più lungo nei pazienti AR-V7 negativo rispetto ai pazienti AR-V7 positivo (8 vs 4 mesi; p<0.001). La sopravvivenza globale (OS) è stata più lunga nei pazienti AR-V7 negativo rispetto ai pazienti AR-V7 positivo (10 mesi vs. 7 mesi, p = 0.005).

Conclusioni: questo studio dimostra che la presenza della variante di splicing 7 del recettore androgenico può essere un fattore predittivo di resistenza ai trattamenti ormonali di nuova generazione, rendendo pertanto AR-V7 un biomarker clinicamente rilevante. Inoltre, è stato dimostrato che l’RNA esosomiale è una fonte affidabile di AR-V7, che può essere sensibilmente rilevata mediante saggio con ddPCR.

(7)

INTRODUZIONE

Il

“Carcinoma prostatico resistente alla castrazione” (CRPC)

si sviluppa quando un paziente affetto da tumore alla prostata va in progressione alla

“Terapia di deprivazione androgenica” (ADT)

nonostante presenti livelli di castrazione di testosterone sierico1. Poiché tale neoplasia si sviluppa a partire da una ghiandola suscettibile all’azione degli ormoni (la prostata)2, risulta sensibile alla ADT; purtroppo ciò si verifica solo nelle fasi iniziali di trattamento e la progressione si verifica entro 12-24 mesi dall’inizio terapia1.

Il

carcinoma prostatico (PC)

, attualmente, rappresenta la neoplasia più frequente in Italia negli uomini a partire dai 50 anni di età (oltre il 20% di tutti i tumori diagnosticati)3.

Il numero di casi diagnosticati è in continuo aumento per due ragioni fondamentali: l’invecchiamento della popolazione e la diffusione delle pratiche diagnostiche (test del PSA, visita urologica, biopsia)4.

Relativamente all’anno 2015, le stime parlano di 35.000 nuovi casi l'anno in Italia, ma il rischio che la malattia abbia un esito nefasto non è particolarmente elevato, soprattutto se si interviene in tempo. A sostegno di quanto appena detto abbiamo i dati relativi al numero di persone ancora vive dopo cinque anni dalla diagnosi (circa il 91% - percentuale molto elevata tra i tumori considerando anche l'età avanzata dei pazienti e altre possibili cause di morte)2.

(8)

Secondo studi recenti, 1 uomo su 8 nel nostro Paese ha la probabilità di ammalarsi di tumore della prostata2. Sebbene l’incidenza del tumore della prostata abbia subito un brusco aumento nel periodo 1990-2005, si registra un’inversione dei trend dopo l’anno 2005. Nelle regioni del nord-ovest l’incidenza più alta si rileva negli anni 2003-2004 (circa 109 per 100.000 uomini/anno) seguite dal nord-est (102) e centro (circa 98), terminando con l’incidenza più bassa al Sud e nelle Isole (72). Dal 2006 l’incidenza decresce in tutte le macro aree soprattutto nelle regioni settentrionali. Per il 2020 si prevedono tassi tra 58 e 72 per 100.000 uomini all’anno

(FIGURA 1)

5.

FIGURA 1. Stime di incidenza per tumore alla prostata in Italia. Dati Standardizzati per 100000 persone/anno. (I tumori in Italia, http://www.tumori.net)

(9)

L’introduzione del test del PSA e il conseguente aumento di sovradiagnosi è la probabile causa del repentino aumento dell’incidenza osservato nel periodo 1995-2004. La minore incidenza nell’area meridionale è verosimilmente spiegata dal ritardo nell’introduzione del test PSA5.

Il

test del PSA (antigene prostatico specifico)

consiste in un esame del sangue, al fine di misurare il livello del PSA, la proteina secreta dalla prostata che è normalmente presente in minima quantità nel sangue, ma il cui livello tende ad aumentare con l’età, in presenza di infezione urinaria o di iperplasia prostatica benigna o di tumore della prostata. Premesso che non esiste un valore assoluto di normalità, si considera generalmente nella norma un valore di PSA totale inferiore a 4 ng/ml, anche se è poco probabile che valori compresi fra 2 e 4 ng/ml si associno alla presenza di un tumore. In questo intervallo il livello di PSA tende a crescere con l’età e con il naturale incremento di volume della prostata, tipico dell’invecchiamento. Pertanto l’interpretazione del risultato dell’esame deve essere sempre messa in relazione con l’età e la storia clinica dell’individuo. Un livello di PSA compreso fra 4 e 10 ng/ml indica la presenza di un problema che potrebbe essere di origine infettiva o infiammatoria (prostatite), benigna (IPB) o maligna (tumore). Dopo il trattamento, il livello di PSA torna nei limiti della norma, e talvolta si azzera, in un tempo variabile in funzione della terapia ricevuta. Per tale

(10)

motivo, l’esecuzione del test è utile per controllare l’evoluzione della malattia e per valutare l’efficacia del trattamento4.

Per procedere nella scelta della miglior opzione terapeutica e osservazionale, lo specialista deve prima individuare la classe di rischio del paziente, aiutandosi con i paramentri di

stadiazione

(il metodo più usato è il sistema TNM, ove T indica l’estensione del tumore, N l’interessamento dei linfonodi e M la presenza di metastasi), di

PSA

e di

Gleason Score

4. Il

Gleason

Score

indica quanto il tessuto tumorale

differisce dal normale tessuto prostatico e suggerisce quanto velocemente il tumore stia crescendo. Rappresenta il sistema di grading piu’ comunemente usato per il carcinoma della prostata (soltanto per l’adenocarcinoma)6. La scala di Gleason si basa su un punteggio da 2 a 10

(da

2 a 6:

tumore generalmente a crescita lenta e con scarsa tendenza a diffondersi a distanza;

7:

tumore di grado intermedio; da

8 a 10:

tumore molto aggressivo), quindi più basso è il punteggio, più basso è il grado del tumore4. Il sistema di Gleason può essere applicato alla biopsia e ai

campioni chirurgici, ma non alle biopsie con ago sottile in cui vengono perse le informazioni sull’architettura6.

(11)

• Il

trattamento chirurgico

può essere necessario in funzione delle caratteristiche, delle dimensioni e dell’eventuale estensione del tumore.

• La

radioterapia

utilizza radiazioni ionizzanti ad alta energia per distruggere le cellule tumorali, cercando al tempo stesso di salvaguardare i tessuti e gli organi sani circostanti con la finalità di eliminare radicalmente tutte le cellule tumorali (intento curativo), eliminare eventuali cellule tumorali residue e ridurre il rischio di recidiva locale (intento adiuvante post-operatorio) e/o in caso di risalita del PSA (intento post-operatorio di salvataggio), lenire il dolore nei pazienti in cui la malattia si è diffusa ad altri organi (intento palliativo).

• L’

ormonoterapia

rappresenta un altro supporto terapeutico e può essere utilizzata prima, durante o dopo la chirurgia o radioterapia. Essa consiste nella somministrazione di sostanze che agiscono sulla produzione o sull’azione degli ormoni prodotti dall’organismo, tra cui il testosterone, l’ormone sessuale maschile prodotto principalmente dai testicoli e che influisce sulla crescita del cancro alla prostata. Con l’abbassamento della concentrazione plasmatica di testosterone, è possibile rallentare, e in alcuni casi bloccare, la crescita delle cellule tumorali, ridurre le dimensioni del tumore e controllarne i sintomi. Il livello di testosterone può essere ridotto

(12)

chirurgicamente mediante l’intervento di orchiectomia, oppure farmacologicamente (castrazione chimica), con la somministrazione di farmaci simili agli ormoni prodotti dall’organismo, per via orale e/o iniettiva.

Questi farmaci costituiscono la cosiddetta

terapia di deprivazione

androgenica

, sottoclasse dell’ormonoterapia, che induce uno stato di castrazione chimica caratterizzato da livelli di testosterone sierico <50 ng/mLb, che inibisce la crescita delle cellule tumorali in malattie precoci. Tra questi abbiamo:

-

analoghi del GnRH:

bloccano la produzione degli ormoni maschili generati dai testicoli. I più utilizzati sono

goserelina, leuprorelina,

buserelina

e

triptorelina

. Recentemente, è stato introdotta la molecola

degarelix,

capace di indurre una potente inibizione nella produzione del testosterone4.

-

antiandrogeni:

farmaci che si legano ai recettori presenti sulla superficie delle cellule tumorali, impedendo così l’ingresso del testosterone. I più usati sono

bicalutamide

e

flutamide

4 .

In virtù dell’elevata ormono-dipendenza del carcinoma della prostata, la ADT rappresenta da anni la gold-standard per il trattamento di prima linea dei pazienti con carcinoma della prostata recidivato o avanzato1.

(13)

Per valutare la risposta all’ormonoterapia è necessario sottoporsi a visite di controllo e ripetere il test del PSA ogni 3-4 mesi. Sottoporre un paziente ad ormonoterapia per lunghi periodi può essere controproducente in quanto si può verificare una diminuzione, in alcuni casi, del suo effetto terapeutico di controllo della malattia. Il primo segnale d’allarme è dato dall’aumento costante del PSA4.

Recentemente sono stati introdotti due nuovi trattamenti ormonali che attualmente sono utilizzati nella fase metastatica del tumore:

abiraterone

ed

enzalutamide

.

Abiraterone

blocca la sintesi di testosterone da parte della corticale del surrene, mentre

enzalutamide

inibisce l’attività del recettore androgenico. Questi trattamenti hanno dimostrato di aumentare la sopravvivenza dei pazienti affetti da neoplasia prostatica avanzata. Rispetto alla chemioterapia, l’ormonoterapia risulta meglio tollerata, per questo motivo ne è consentito l’uso anche in pazienti anziani4.

• La

chemioterapia

ha lo scopo di ridurre le dimensioni del tumore, tenere sotto controllo la patologia, alleviare i sintomi e i dolori causati dalle metastasi e preservare una discreta qualità di vita. I farmaci più utilizzati sono:

docetaxel

e

cabazitaxel

4.

• Nel trattamento delle metastasi ossee, oltre che per eliminare il dolore, si può ricorrere all’utilizzo dei

radiofarmaci

. Questi

(14)

contengono una sostanza radioattiva, il radium-223, che, essendo simile al calcio, riesce a localizzarsi selettivamente nelle ossa, dove emette particelle alfa, le quali possiedono un raggio d’azione molto piccolo. Per questo motivo il farmaco è molto efficace a livello delle metastasi ossee e poco dannoso per gli organi e le strutture circostanti4.

CARCINOMA

PROSTATICO

RESISTENTE

ALLA

CASTRAZIONE

Si stima che alla diagnosi di CRPC, più dell’80% dei pazienti abbia già sviluppato metastasi ossee e che dei pazienti non metastatici alla diagnosi di CRPC, circa un terzo sviluppi metastasi nei successivi 2 anni. Il paziente affetto da CRPC ha generalmente una prognosi infausta, con una sopravvivenza mediana attesa che fino a pochi anni fa era di circa 14 mesi1.

Diversi meccanismi molecolari, alla base dell’eterogeneità tumorale, portano alla resistenza verso le terapie ormonali nel CRPC. Nella

(15)

FIGURA 3. Fondamento biologico della risposta adattativa del tumore al microambiente e ipotetico meccanismo di resistenza alla castrazione in CRPC.

Nel giro di pochi anni, le opzioni terapeutiche disponibili per questa fase di malattia sono aumentate considerevolmente e includono nuovi farmaci chemioterapici (docetaxel e cabazitaxel), nuove terapie ormonali (abiraterone ed enzalutamide), vaccini e radiocomposti9,10.

Di grande interesse sono le

nuove terapie ormonali

che comprendono: •

Enzalutamide

, un antiandrogeno di nuova generazione che esercita

la sua attività inibendo competitivamente il legame degli androgeni per il recettore androgenico andando ad occupare il dominio di legame del recettore. Si determina così lo spiazzamento dei ligandi naturali (testosterone e diidrotestosterone) e l’inibizione della

(16)

traslocazione nel nucleo dei recettori attivati e quindi la trascrizione dei geni target10,11

(FIGURA 4)

.

FIGURA 4. Meccanismo d’azione di enzalutamide. (http://www.xtandi.se/xtandi)

Abiraterone

, un potente e selettivo inibitore dell’enzima 17α-idrossilasi/C17,20-liasi (CYP17A1)10. Questo enzima è normalmente espresso ed è necessario alla biosintesi degli ormoni androgenici nei tessuti testicolari, surrenalici e nei tessuti prostatici neoplastici. Nel dettaglio, il CYP17A1 catalizza la conversione di pregnenolone e di progesterone in precursori del testosterone, rispettivamente DHEA e androstenedione, mediante 17α-idrossilazione e clivaggio del legame C17,2012,13

(FIGURA 5)

.

(17)

FIGURA 5. Meccanismo d’azione di abiraterone. (https://www.urotoday.com)

Entrambi i farmaci sono stati approvati per il trattamento del carcinoma della prostata metastatico castrazione-resistente,

tuttavia circa il

20-40% dei pazienti non risponde alla terapia con enzalutamide o abiraterone

(

resistenza primaria

) e anche tra i pazienti che hanno inizialmente una risposta quasi tutti alla fine acquisiscono una

resistenza

secondaria

10,14,15,16,17.

Nonostante i progressi della terapia, il CRPC in stadio avanzato rimane una malattia mortale con una bassa sopravvivenza a lungo termine9.

Il RECETTORE ANDROGENICO

L’alterazione della via del segnale del recettore androgenico (AR) svolge un ruolo chiave nella progressione del CRPC, che può verificarsi secondo due principali meccanismi, uno indipendente e l’altro AR-dipendente18,19,20.

(18)

Struttura del recettore

Il

gene

del recettore androgenico, mappato sul cromosoma Xq11-12, appartiene alla famiglia dei geni dei recettori degli ormoni steroidei. Il gene AR è costituito da otto esoni, i quali codificano per corrispondenti regioni funzionali del recettore21.

La struttura

del recettore androgenico include:

• un

dominio N-terminale di trans-attivazione (NTD) o

amino-terminal transactivation domain (TAD),

codificato dall’esone 1, responsabile dell’attività trascrizionale del recettore;

• un

dominio centrale per il legame del DNA

(

DBD - DNA binding

domain

) codificato dagli esoni 2 e 3;

• un

dominio C-terminale di legame per il ligando (LBD - ligand

binding domain

) codificato dall'esone 4 fino a parte dell'esone 8; • infine, tra il dominio DBD e LBD, è localizzata la

regione cerniera

(hinge region)

22.

Nel dettaglio:

− Il

dominio N-terminale di trans-attivazione (NTD)

contiene il dominio AF-1 e il dominio AF-523. Il dominio AF-1 media l'interazione tra i co-regolatori trascrizionali ed elementi del sistema trascrizionale, e contiene tasche che interagiscono con la

(19)

regione del LBD dopo il suo legame, portando ad interazioni amino-carbossi-terminali intra e/o inter molecolari, essenziali per l'attivazione della trascrizione24. Il NTD può includere un numero variabile di poliglutamine (17-29) e poliglicine, la cui lunghezza influenza l'attività della trascrizione di AR. In particolare, l'attività del recettore è aumentata in caso di ripetizioni più brevi delle poliglutamine, mentre la perdita di aminoacidi 141-338 (soprattutto residui 210-337) altera sensibilmente la funzione del recettore androgenico25.

La regione DBD

è caratterizzata da nove residui di cisteina, otto dei quali coordinano due atomi di zinco per formare la caratteristica forma chiamata “zinc finger”; la sua lunghezza è di circa 80 aminoacidi22. Il primo zinc finger contiene un P-box

deputato al riconoscimento degli elementi denominati ARE (Androgen Response Elements) per il legame diretto con il DNA. Il secondo zinc finger, chiamato D-box, è coinvolto nell’interazione proteina-proteina e stabilizza le unità per la dimerizzazione dei recettori. Attraverso l’interazione con il solco maggiore dell’elica di DNA, gli zinc fingers sono in grado di legare il recettore degli androgeni ai suoi geni bersaglio. Ulteriori funzioni operate da questi domini includono la dimerizzazione, il legame con proteine co-regolatorie, l’interazione con heat-shock proteins e la

(20)

regolazione della trascrizione26. I due cluster di zinco sono

strutturalmente e funzionalmente differenti e sono codificati da due differenti esoni27.

− Tra i domini DBD e il dominio LBD (precisamente tra l'ultima α-elica del dominio DBD e la prima del dominio LBD) è localizzata la

regione cerniera

, variabile nelle dimensioni nei differenti recettori steroidei. La regione cerniera contiene una serina in posizione 650 che può essere fosforilata dalla MEKK-chinasi e che sembra essere coinvolta nella regolazione della traslocazione di AR27,28. −

La regione

LBD

media le interazioni dell'AR con i suoi ligandi

steroidei e non steroidei ed è importante per le interazioni di AR con gli chaperoni29. Il LBD è composto da 12 α-eliche che formano una

"tasca" per il legame con il ligando. Al momento del legame avviene un cambiamento di conformazione della proteina, che provoca la stabilizzazione dell'elica e la formazione del dominio AF-2 sulla superficie di questa proteina. AF-2 svolge un ruolo essenziale per le interazioni intra e intermolecolari tra i domini N-/C-terminale, che possono ulteriormente stabilizzare il complesso ormone-recettore, giocando un ruolo importante sulla sua dimerizzazione30,31.

(21)

FIGURA 6. Gene, trascritto e struttura proteica del recettore androgenico. (Rong Hu, Samuel R Denmeade, and Jun Luo.Molecular processes leading to aberrant androgen receptor signaling and castration resistance in prostate cancer. Expert Rev

Endocrinol Metab. 2010 Sep; 5(5): 753–764. doi: 10.1586/eem.10.49)

Funzione del recettore

Il recettore androgenico agisce come

fattore di trascrizione attivato dal

ligando e regola l'espressione di geni definiti

, svolgendo un ruolo importante nella proliferazione e crescita cellulare, oltre che nella differenziazione e nella sopravvivenza32,33,34.

Il

legame degli androgeni

sul dominio LBD causa una dimerizzazione e una conseguente traslocazione nel nucleo del complesso ligando-recettore che va ad innescare una serie di eventi molecolari che culminano con la trascrizione di geni di risposta agli androgeni.

(22)

FIGURA 7. Meccanismo d’azione degli androgeni. (https://www.researchgate.net)

Pur rappresentando un’innovazione nel trattamento del mCRPC, quasi tutti i pazienti in cura con abiraterone ed enzalutamide, sviluppano una resistenza innata o acquisita a tali trattamenti con una durata della risposta ampiamente variabile. I meccanismi alla base della resistenza alla castrazione e della persistente attività del recettore androgenico non sono ancora chiari. A tal proposito sono state formulate diverse ipotesi:

1) l'amplificazione e la sovra-espressione del gene wild-type del recettore androgenico consente alle cellule tumorali androgeno-dipendenti di proliferare nonostante la bassa concentrazione di androgeni sierici35,36;

(23)

2) le mutazioni puntiformi somatiche nel gene AR forniscono una resistenza alla ADT, sia di prima37,38,39 che di seconda generazione40,41,42. In aggiunta, delezioni nel LBD portano a recettori costitutivamente attivi43;

3) l’esistenza di vie di segnalazione alternative che inducono stimoli proliferativi possono modulare e attivare la cascata di segnalazione del recettore androgenico43,44,45;

4) l’eccessiva produzione di testosterone intra-tumorale e di diidrotestosterone (DHT) dai precursori surrenalici può rappresentare una possibile causa del fallimento della ADT46,47;

5) l'attivazione di pathway alternativi nella biosintesi di DHT, come risultato di mutazioni degli enzimi coinvolti nel metabolismo degli steroidi, può contribuire alla progressione tumorale48. Pertanto,

nonostante la poca conoscenza approfondita della eziopatogenesi, il targeting di segnalazione del recettore androgenico rimane un’importante opzione per il trattamento del CRPC.

Le varianti di splicing del recettore androgenico

Una spiegazione plausibile alla resistenza primaria e secondaria può essere data dalla presenza di varianti del recettore androgenico prive del dominio di legame del ligando C-terminale, risultato di mutazioni nonsense somatiche che introducono codoni di stop nel gene AR49,

(24)

riarrangiamenti genici di AR50,51,52, splicing alternativo del gene AR53 o

modifiche post-traduzionali54,55.

Ad oggi sono state scoperte più di 20

varianti di splicing di AR (AR-Vs)

53

che codificano per isoforme del recettore tronche che non dispongono del LBD, regione di regolazione chiave dell’AR full-length (AR-FL). Il LBD è responsabile dell'attività recettoriale androgeno dipendente, di conseguenza la delezione del LBD determina la perdita del sito di legame del ligando (androgeno) e l'attivazione costitutiva del recettore androgenico50,56.

Le varianti del recettore prive di LBD, che hanno il NTD e il DBD intatti, sono in grado di localizzarsi nel nucleo e attivare la trascrizione dei geni target in modo androgeno-indipendente50,56 (attivazione costitutiva)

sostenendo una crescita delle cellule tumorali della prostata indipendente dallo stimolo ormonale57, e rappresentando un interessante meccanismo di resistenza alla ADT e alla progressione del tumore56.

(25)

FIGURA 8. Strutture schematiche delle varianti di splicing AR. (C. Ciccarese et al. Cancer Treatment Reviews 43 (2016) 27–35)

Solo

la variante di splicing AR-45

viene troncata a livello del dominio N-terminale e perde la capacità trans-attivante, operando come variante dominante negativa che inibisce la funzione recettore58.

La

variante di splicing AR-V8

non ha il DBD e non può agire come fattore di trascrizione e la

variante di splicing AR-V3

non ha il secondo zinc finger del DBD ma è comunque in grado di attivare i promotori AR-reattivi nelle cellule di PC52,59. La

variante di splicing AR23

presenta

delle inserzioni tra i due zinc fingers, conservando parte della sequenza intronica60.

Tra le diverse AR-Vs che sono state riconosciute fino ad ora, la

variante

di splicing AR-V7

(nota anche come AR3) e la

variante di splicing

(26)

ARv567es

(nota anche come AR-V12) sono le due principali varianti di

splicing del recettore individuate nei campioni di PC61.

L'

isoforma ARv567es

conserva gli esoni 1-4 e l'esone 8, mentre mancano gli esoni 5-7. Questa variante agisce come recettore

costitutivamente attivo, aumenta l'espressione dell’AR-FL e rafforza

l'attività trascrizionale del recettore androgenico indipendentemente dal

ligando, contribuendo così allo sviluppo del CRPC. Infatti, anche se la

forma del recettore ARv567es può essere espressa in tumori della

prostata benigni, maligni e metastatici, i suoi livelli tendono ad aumentare in caso di ADT, adattamento influenzato da condizionamenti ambientali e

volto a sostenere la proliferazione cellulare e la progressione tumorale61.

La segnalazione genomica dipende anche dalla formazione di dimeri che

causano il legame con la regione del promotore e l'espressione di geni

bersaglio. La dimerizzazione dell’AR-FL è dovuta alla presenza di ligandi,

mentre le AR-Vs sono in grado di dimerizzare in assenza di androgeni62.

In uno studio in vivo di Watson et al., l'attivazione dei geni target del recettore androgenico e la crescita cellulare, resistente alla castrazione,

(27)

AR-V7

AR-V7 codifica per una variante di splicing tronca del dominio di legame al C-terminale che risulta

costitutivamente attiva come fattore di

trascrizione

in quanto conserva il dominio transattivante N-terminale64.

Strutturalmente, AR-V7 è formata dall’esone 1, 2, 3 e dall’esone criptico 350,51 che contiene la sequenza di localizzazione nucleare (NLS),

permettendo una localizzazione intra-nucleare e un’attività trascrizionale ligando-indipendente

(FIGURA 9)

.

FIGURA 9. Strutture del trascritto di AR-FL e della variante AR-V7.

(Nakazawa M, Antonarakis ES, Luo J. Androgen receptor splice variants in the era of enzalutamide and abiraterone. Horm Cancer 2014; 5: 265-73.)

(28)

La rilevanza clinica di AR-V7 costituisce uno degli attuali grandi temi della ricerca sul cancro alla prostata. Fino ad oggi, la conoscenza raggiunta attraverso ricerche multiple permette di affermare che:

- AR-V7 svolge un

ruolo cruciale nello sviluppo del cancro alla prostata

e nella progressione tumorale

. Supporta la transizione epitelio mesenchimale (EMT), contribuisce alla diffusione metastatica e alla resistenza al trattamento ormonale65. L’espressione di AR-V7 è più alta

nel CRPC rispetto a quella che si ha nelle cellule ormono-sensibili, sottolineando una correlazione con lo sviluppo di resistenza alla castrazione e con un tumore prostatico dal comportamento più aggressivo66. AR-V7 è sovra-espressa nel tumore della prostata

resistente alla castrazione rispetto al cancro alla prostata ormono-naïve, probabilmente come conseguenza della pressione selettiva di terapie anti-AR67.

- La proteina tronca di AR-V7 è espressa raramente nei tessuti prostatici benigni, raramente in campioni di cancro alla prostata ormone-naïve e comunemente nei campioni di CRPC, con un gradiente di rilevamento 20 volte superiore nel CRPC rispetto al tumore prostatico ormono-naïve (P <0,0001)50,51.

Un'analisi recentemente pubblicata sull'espressione immunoistochimica di AR-V7 in diverse fasi del cancro alla prostata (100 casi di carcinoma

(29)

prostatico localizzato [coorte 1], 104 di casi di carcinoma prostatico metastatico di nuova diagnosi [coorte 2], e 46 pazienti CRPC [coorte 3]) ha rivelato che l'espressione di AR-V7 è legata con lo sviluppo di CRPC (il tasso di espressione di AR-V7 nella coorte 3 era significativamente maggiore rispetto alle altre due coorti, e AR-V7 era un fattore predittivo indipendente per lo sviluppo di CRPC all'analisi multivariata, P = 0,001), ed è associato ad una minore sopravvivenza nei pazienti con CRPC, rappresentando così un interessante

biomarker prognostico di un tumore

dal comportamento aggressivo e un marker predittivo promettente per la

progressione di CRPC

68.

Elevati livelli di AR-V7 mRNA (identificati tramite PCR) sono correlati significativamente con un aumento del rischio di recidiva di malattia dopo prostatectomia50, suggerendo il suo potenziale

valore prognostico

negativo

.

- AR-V7 è coinvolto nella

resistenza ai trattamenti ormonali come

abiraterone e enzalutamide

. L'isoforma del recettore costitutivamente attivo, mancando il LBD, sfugge alla ADT69.

Poiché enzalutamide agisce legandosi al LBD del recettore degli androgeni, la resistenza a tale farmaco potrebbe essere legata alla presenza della proteina tronca. Inoltre, essendo costitutivamente attiva,

(30)

non può essere inibita da agenti che riducono il ligando, come abiraterone10.

Per approfondire il ruolo di AR-V7 nei pazienti con CRPC trattati con terapia ormonale, Efstathiou et al. hanno effettuato uno studio su 60 pazienti con mCRPC con metastasi ossee70. La variante 7 di splicing era

presente nei pazienti con resistenza primaria all'enzalutamide (p = 0,018), ma non è stata rilevata nei pazienti che manifestavano benefici a lungo termine. Nello studio chiave di Antonarakis et al., tra i pazienti che ricevevano enzalutamide o abiraterone, i pazienti AR-V7+ avevano un tasso di risposta del PSA più basso (PSA-RR) rispetto ai pazienti AR-V7- insieme ad una più breve PFS-PSA, PFS clinica o radiografica e ad una qualsiasi sopravvivenza (OS)71.

- Sono state identificate variazioni dello stato di AR-V7, in campionamenti seriali di AR-V7 durante differenti trattamenti ormonali o citotossici. Cambiamenti dello stato di AR-V7 (conversione da AR-V7 negativo a positivo durante terapie mirate su AR e da AR-V7 positivo a negativo durante trattamento con tassani a causa della selezione clonale) sembrano sostenere il ruolo potenziale di AR-V7 come marcatore dinamico72.

Nei pazienti AR-V7 +, i tassani sembrano essere più efficaci di enzalutamide o abiraterone, mentre nei pazienti AR-V7 -, i tassani ed

(31)

enzalutamide o abiraterone sembrano avere un'efficacia paragonabile73.

Confrontando i tassani con la terapia ormonale, l’outcome clinico era migliore nei pazienti positivi a AR-V7 trattati con i tassani, mentre non si osservavano differenze nei pazienti AR-V7 negativi74.

Scher et al. si sono focalizzati sulla valutazione di AR-V7 nelle cellule tumorali circolanti (CTC) come

biomarker di risposta

nei pazienti con mCRPC prima di iniziare la terapia con inibitori di segnale del recettore androgenico (ARS) e tassani. In particolare, il 18% dei campioni è stato positivo per AR-V7. L'analisi della sopravvivenza libera da progressione (PFS) radiografica e della OS nei campioni di CTC positivi per AR-V7 prima dell'inibizione di ARS era più breve rispetto ai campioni di CTC negativi per AR-V7. Solo la OS è stata significativa per i campioni di CTC AR-V7+, pretrattati o meno con i tassani, suggerendo un ruolo potenziale di AR-V7 come biomarker trattamento–specifico per valutare la sopravvivenza in terapia con i tassani75. Quindi, i risultati disponibili suggeriscono che la presenza di AR-V7 può essere associata alla resistenza con abiraterone e enzalutamide, ma non può essere correlata con la sensibilità alla chemioterapia dei tassani76.

AR-V7 è il segno distintivo della progressione biologica della malattia e la sua rilevazione può avere un’importanza strategica per la gestione del trattamento. Per inserire questo test nella pratica clinica, esso deve risultare altamente sensibile, specifico, facile da eseguire ed economico.

(32)

Anche se finora è stato dimostrato in vitro, e in alcuni studi in vivo, che AR-V7 è un

biomarcatore di resistenza

, il suo ruolo deve essere confermato.

FIGURA 10. Differenze nel segnale del recettore androgenico (AR) mediate da AR-FL con il LBD intatto e da una variante del recettore che manca del LBD (es. AR-V7). L'attivazione di AR-FL richiede l'associazione di androgeni. Mediante il legame con l’androgeno, AR citoplasmatico subisce cambiamenti conformazionali, ed entra nei nuclei

per avviare la trascrizione del gene. La variante di splicing non dispone del LBD, quindi non è prevista l’associazione con l’androgeno, portando alla localizzazione nucleare e

all'attivazione nucleare indipendente dal legame.

(Rong Hu, Samuel R Denmeade, and Jun Luo. Molecular processes leading to aberrant androgen receptor signaling and castration resistance in prostate cancer. Expert Rev

(33)

Altri meccanismi di resistenza all’ormonoterapia

Mutazioni puntiformi del recettore androgenico

Le mutazioni somatiche di AR trovate nei CRPC sono quasi sempre associate ad un guadagno di funzione: influenzano il LBD, alterando la sua specificità e la risposta agli androgeni e agli ormoni steroidei. Grazie al sequenziamento degli esoni è stato visto che circa il 10% di mCRPC ha una mutazione somatica nel gene AR, tipicamente nel dominio di legame del ligando77. Sono state descritte più di 70 diverse mutazioni puntiformi

a livello del LBD di AR tra cui le più importanti p.W741L/C, p.H875Y, p.T877A e p.F876L40,78,79,80, illustrate in

TABELLA 1.

Mutazioni puntiformi del

recettore androgenico Effetto su AR

Effetto sul microambiente cellulare

p.T877A (o p.T878A) Iperattivazione Incremento della crescita cellulare

p.H874Y (o p.H875Y) Cambiamento della specificità e affinità del LBD

Sopravvivenza cellulare in presenza del ligando

p.W741L/C

Cambiamento conformazionale nell’elica

12

Cambio nell’interazione con il farmaco: passaggio dalla conformazione antagonista ad agonista p.F876L Cambiamento conformazionale nell’elica 11

TABELLA 1. Schema delle principali mutazioni puntiformi di AR e dei loro effetti sul recettore androgenico e sul microambiente cellulare.

(34)

• La

mutazione p.T877A (o p.T878A)

è stata la prima identificata nella linea cellulare LNCaP81,82. Questa mutazione induce un cambiamento conformazionale sulla superficie della tasca che lega il ligando, provocando un'iperattivazione del recettore83.

Lo studio condotto da Sun et al., ha dimostrato che la mutazione p.T877A favorisce la crescita cellulare nella linea cellulare LNCaP sia in assenza che in presenza di basse concentrazioni di R1881, uno steroide anabolico-androgenico non aromatizzabile84. Inoltre, l'inibizione della crescita delle cellule mediata da p53 viene soppressa con l’aumentare dell’espressione di questa mutazione del recettore androgenico85.

Un aumento della mutazione p.T878A è stato osservato nel 13% dei tumori in fase di progressione, correlato ad una minore PFS. Allo stesso modo, Chen et al. hanno esaminato la relazione tra la mutazione puntiforme p.T878A nel CRPC e il trattamento con abiraterone. Tre dei 18 casi analizzati hanno sviluppato questa mutazione con alta frequenza, suggerendo un possibile meccanismo di resistenza al trattamento86.

• La

mutazione p.H874Y (o p.H875Y)

è stata riscontrata per la prima volta nella linea cellulare 22Rv187. Questa mutazione si trova alla fine del dominio C-terminale dell'elica 10/11 nel LBD e coinvolge a una sequenza di 8 aminoacidi altamente conservati

(35)

nel recettore androgenico. La proteina risultante ha una maggiore specificità del LBD, ma conserva l'affinità per il DHT. Queste variazioni fenotipiche sono vantaggiose soprattutto per le cellule tumorali che hanno subito deprivazione androgenica88.

• La

mutazione p.F876L

si ha nei pazienti con CRPC sottoposti a terapia ormonale (enzalutamide e ARN-509, un antagonista del recettore androgenico, che inibisce la sua traslocazione nucleare)40,89. p.F876L è localizzata sull’elica 11 del LBD e, secondo studi di dinamica molecolare, quando al recettore con tale mutazione si lega enzalutamide, si ha un cambiamento dell’elica 12 del LBD, dalla conformazione antagonista ad agonista, e la formazione di AF-2, che è competente per il legame col co-attivatore40.

Balbas et al. hanno sottoposto a screening le mutazioni del recettore androgenico nel carcinoma prostatico resistente ad enzalutamide, scoprendo che p.F876L può portare a tale resistenza90.

• La

mutazione p.W741L / C

induce una modifica nella struttura dell'elica 12 avvicinandola al LBD e alla forma attiva. Questa mutazione cambia la conformazione del recettore androgenico da antagonista ad agonista91. Questa mutazione causa una minore affinità di legame fra androgeni e LBD, provocando anche in

(36)

bicalutamide un’azione agonista sul recettore, piuttosto che antagonista. Questa capacità è stata dimostrata in uno studio in vitro, che ha suggerito il coinvolgimento del pathway della MAPK nell'attivazione della mutazione puntiforme, indotta dal trattamento con l’antiandrogeno bicalutamide92.

Amplificazione del recettore androgenico

L'amplificazione del gene AR è stata riscontrata, per la prima volta, all’inizio del 199093. Da allora, i dati che riportano l'incidenza nell’amplificazione del gene AR è variata tra il 20 e il 33% nei pazienti con CRPC, mentre pochi sono i casi riportati nel carcinoma prostatico primario non trattato93,94. Recentemente, l'amplificazione del recettore

androgenico è stata esaminata nelle CTC estratte da pazienti sottoposti a terapie ormonali di seconda linea95,96. Questi studi hanno rivelato un elevato tasso nel numero di copie del recettore androgenico nei pazienti con CRPC (50-85%). La variazione del tasso di amplificazione del recettore, stimato nei campioni di cancro alla prostata, potrebbe essere spiegato con differenze di coorte, l’eterogeneità dei tumori e le limitazioni tecniche dei primi anni '90. Il fatto che l'amplificazione del gene AR sia stata raramente rilevata nel tumore della prostata primaria suggerisce che

l'amplificazione del gene AR contribuisce allo sviluppo

del CRPC.

L’amplificazione del gene wild-type AR è stata associata ad un maggiore livello di mRNA e dell’espressione del recettore

(37)

androgenico94,97, anche se l'aumento di tale proteina non può essere

completamente spiegato solo con l'amplificazione del gene AR97,98,99. È interessante notare che tale amplificazione è stata osservata più frequentemente nei pazienti che inizialmente hanno risposto alle terapie ormonali e successivamente hanno sviluppato una graduale resistenza, ma raramente sono state osservate in coloro che non hanno mostrato una risposta iniziale alla ADT o in coloro che hanno sviluppato resistenza in meno di 12 mesi94.

Poiché la terapia ormonale esistente non provoca una deplezione totale degli androgeni, un aumento del livello della proteina AR-FL a seguito di amplificazione del gene AR, o altri meccanismi, può generare un’elevata risposta anche in presenza di un ridotto livello di testosterone o DHT, causando quindi un vantaggio nella sopravvivenza e nella crescita nonostante la castrazione. Sulla base della constatazione che il gene AR è l'unico gene costantemente regolato durante la progressione a CRPC, in più modelli di xenograft, lo studio di Chen et al. ha portato delle prove che supportano l'aumento dell'espressione del recettore androgenico necessario per la progressione del CRPC100. In aggiunta, l’incremento della concentrazione del recettore, può convertire un suo antagonista (es. bicalutamide, un anti-androgeno) in un suo agonista100. Grazie allo studio di Chen et al., la ricerca di anti-androgeni di seconda

(38)

generazione, con maggiore affinità, ha acquisito un’importanza rilevante.

Tuttavia, gli studi di immunoistochimica (IHC) nei pazienti con CRPC non hanno mostrato una significativa correlazione tra il livello di espressione del recettore androgenico e la sopravvivenza del paziente98,101,102. Un recente studio ha evidenziato una marcata

riduzione nell’espressione dei recettori androgenici nei tumori mCRPC rispetto al tumore della prostata primaria103. Da sottolineare il fatto che in questo studio è stato utilizzato un anticorpo specifico per il LBD del recettore, che si è legato, quindi, solo a proteine AR-FL. Consapevoli dell’esistenza di molteplici varianti di splicing che non dispongono dell'AR-LBD (vedi sopra)104,105,106, studi futuri che confrontano i

risultati derivanti dall'uso di anticorpi AR possono rivelare risultati che suggeriscono l'importanza relativa dell’AR-FL e delle sue varianti.

(39)

L’ETEROGENEITA’ GENOMICA TUMORALE

Peter Nowell, nel 1976, ha proposto per la prima volta il modello di evoluzione clonale dello sviluppo del tumore che è stato elaborato come un processo governato dalle medesime leggi dell’evoluzione darwiniana: cellule pre-tumorali, geneticamente instabili, accumulano alterazioni nel proprio genoma, tali da far nascere sotto-popolazioni di cellule aventi un patrimonio genetico diverso sia tra loro, che dalle cellule normali da cui si sono originate107. Quando le mutazioni avvengono in geni regolatori di

processi fondamentali per la cellula (il destino cellulare, la sopravvivenza della cellula o l’integrità del genoma) si assiste alla nascita di nuove varianti che mostrano un vantaggio rispetto alle cellule normali. Ad esempio, i nuovi

cloni

possono acquisire una maggiore velocità nella divisione rispetto alle cellule normali oppure una migliore capacità di adattamento in condizioni critiche, come la scarsità di ossigeno. Le sottopopolazioni di cloni pre-tumorali (

subcloni

) continuano a mutare e a essere selezionate dal microambiente, in un processo adattativo, dove sopravvive il clone (o i cloni) di cellule che meglio riesce ad adattarsi alle condizioni ambientali107.

Tra la nascita dei primi cloni di cellule tumorali e la manifestazione evidente della malattia, intercorre solitamente un lungo periodo che generalmente riflette il tempo necessario perché le cellule tumorali trovino, seguendo un processo totalmente casuale, le combinazioni che si

(40)

adattano meglio al microambiente del tessuto in cui proliferano. Cellule tumorali e ambiente interagiscono reciprocamente, innescando un processo progressivo e dinamico, dove le cellule tumorali influenzano il microambiente e dove quest’ultimo opera una selezione dei cloni più adatti alla sopravvivenza107.

Questo modello di evoluzione clonale di cancerogenesi potrebbe contribuire alla cosiddetta

eterogeneità genetica tumorale

, che si divide in:

Eterogeneità intra-tumorale:

cellule dello stesso tumore che possiedono diverse mutazioni. Ogni volta che una cellula tumorale si divide, acquista nuove mutazioni, che la rendono diversa da quella che l’ha generata.

Eterogeneità inter-tumorale:

differenze tra lo stesso tipo di tumore, sviluppato in pazienti diversi. Nella pratica clinica è ormai consolidato il fatto che due pazienti, con lo stesso istotipo tumorale, possono avere un decorso clinico molto differente108.

(41)

TECNICHE DI RILEVAZIONE DELLE ALTERAZIONI GENETICHE NEI

TUMORI

Uno dei principali ostacoli per la diagnosi molecolare dei tumori solidi e per il loro monitoraggio è la necessità di procedure invasive per ottenere un adeguato materiale su cui effettuare i test molecolari.

Nel CRPC, l’identificazione di AR-V7 potrebbe essere di importanza strategica per la gestione della terapia. La variante 7 del recettore androgenico può essere rilevata attraverso

biopsia tissutale

direttamente nel tessuto tumorale109, oppure mediante

biopsia liquida

nelle CTC,74,110, nell’mRNA estratto da sangue intero111 o dagli esosomi.

Biopsia tissutale:

è un esame medico che consiste nel prelievo di una porzione o di un frammento di tessuto da un organismo vivente. Il tessuto prelevato viene poi analizzato al microscopio o con tecniche di microbiologia o di biologia molecolare, al fine di escludere o confermare un sospetto di malattia. Il prelievo di tessuto può avvenire per via percutanea, per via endoscopica (mediante prelievo con un ago) o mediante escissione nel contesto di un intervento operatorio. Inoltre per consentire l’allestimento di preparati osservabili al microscopio, il tessuto viene prima fissato in formalina e quindi incluso in paraffina. Il tessuto così ottenuto può essere tagliato in fettine dello spessore di 2-4

(42)

micron e montato su un vetrino porta-oggetti. Il medico specialista in anatomia patologica valuta il vetrino al microscopio e formula la diagnosi. Tuttavia, gli

svantaggi della biopsia tissutale

non sono trascurabili:

la formalina in cui viene immerso il tessuto può degradare gli acidi

nucleici

a tal punto da renderlo inutilizzabile per analizzare la presenza di mutazioni, in questo caso risulta impossibile fare una diagnosi;

→ è un

metodo invasivo

;

→ per analizzare tutta l’eterogeneità tumorale spaziale e temporale tra i vari siti della malattia, occorrerebbero biopsie multiple e ripetute nel tempo (re-biopsie); così come anche in presenza di metastasi.

La biopsia

può quindi non rispecchiare tutti gli aspetti della malattia;

la tecnica può causare l'accidentale migrazione di cellule tumorali dal

sito primario,

permettendo a queste di diffondere in altre aree del corpo. Infatti, il tumore deve essere perforato dalle quattro alle sei volte per ottenere un sufficiente ammontare di tessuto per la diagnosi; ciò può causare la rottura del tumore e il diffondersi delle cellule tumorali lungo il tracciato dell'ago, nel sistema linfatico o in quello sanguigno;

→ talvolta

certe lesioni sono clinicamente inaccessibili

112.

In conclusione l'uso di questo approccio per monitorare lo sviluppo della resistenza è limitato dall'invasività della procedura. Inoltre, un singolo campione di tessuto non è rappresentativo dell'eterogeneità tumorale e l'evoluzione molecolare nel tempo non può essere monitorata, rendendo

(43)

questo metodo scientificamente valido ma praticamente poco interessante.

Biopsia liquida

(CTC, mRNA da sangue intero o mRNA da esosomi):

permette l'analisi molecolare di un biomarcatore circolante superando l'ostacolo delle biopsie invasive per poter:

→ verificare la

presenza di alterazioni genetiche ed epigenetiche

tumore-specifiche che possono portare allo

sviluppo di resistenza

verso determinati farmaci

o che ci possono

guidare nell’utilizzo di

terapie personalizzate

, convenienti sia in termini di salute che in termini di costi economici113.

→ identificare precocemente

la ripresa della malattia e la presenza di

metastasi tumorali

nel

follow-up

dei pazienti. La chiave per poter effettuare un

follow-up

a lungo termine dei pazienti sottoposti a terapia antitumorale è proprio l’utilizzo di metodi che hanno la minima invasività. L’individuazione precoce di un biomarcatore della possibile progressione tumorale può essere necessaria per un intervento rapido al fine di ridurre il rischio di espansione della malattia, portando ad una maggiore sopravvivenza dei pazienti114.

(44)

Esosomi: possibili biomarcatori circolanti

Gli esosomi sono vescicole extracellulari, di origine endocitotica, secrete dalla maggior parte dei tipi di cellule (sia in vitro che in vivo), con un diametro che varia dai 30 ai 150 nm. Possiedono un carico molecolare specifico che include lipidi biologicamente attivi, proteine di membrana e solubili, mRNA, microRNA e trasposoni. Sono secreti fisiologicamente nei liquidi corporei come sangue, urina, saliva e liquido amniotico, ma

in

condizioni patologiche si osservano cambiamenti significativi del loro

numero, tipo e contenuto, divenendo

possibili biomarcatori di malattia

. Gli esosomi derivanti dal plasma forniscono una fonte vitale di RNA per l'analisi di AR-V7. Pertanto, la presenza di biomarcatori circolanti, quali gli esosomi, potrebbe consentire l’applicazione di test diagnostici meno invasivi, permettendo un monitoraggio costante della progressione delle malattie, incluse le malattie tumorali, e delle risposte associate ai diversi approcci terapeutici utilizzati.

La scelta dell’RNA esosomiale

Fino ad oggi, le varianti di splicing di AR (e AR-V7 in particolare) sono state rilevate in

cellule tumorali circolanti (CTC).

Questo rappresenta un metodo interessante, non invasivo e facile per monitorare cambiamenti nelle concentrazioni ematiche periferiche dell’isoforma del recettore durante differenti terapie.

(45)

Il ruolo chiave dell’espressione di AR-V7 nei pazienti affetti da CRPC trattati con abiraterone o enzalutamide era già stato analizzato in uno studio del 2014 da Antonarakis et al. che hanno valutato prospetticamente l’espressione di mRNA AR-V7 nelle CTC dei pazienti malati110. Sono stati arruolati 31 pazienti trattati con enzalutamide e 31

pazienti trattati con abiraterone, il 39% e il 19%, rispettivamente, ha presentato V7 rilevabile nelle CTC. Lo studio ha dimostrato che AR-V7 nelle CTC è associato con la resistenza ad enzalutamide e abiraterone. I pazienti AR-V7+ avevano tassi di risposta significativamente più bassi di PSA (0% vs 53%, P = 0,004 tra i pazienti trattati con enzalutamide; 0% vs 68%, P = 0,004 tra i pazienti trattati con abiraterone), e sopravvivenza libera da progressione di PSA più breve (mediana 1.4 vs 6.0 mesi; p <0.001; e 1.3 mesi vs non raggiunto, P <0.001 in pazienti trattati rispettivamente con enzalutamide e abiraterone), sopravvivenza mediana libera da progressione clinica o radiografica più bassa (2.1 vs 6.1 mesi; p <0.001; e 2,3 mesi vs non raggiunto, p <0,001) e sopravvivenza globale più bassa (OS mediana 5,5 mesi vs non raggiunto, P = 0,002; e 10,6 mesi vs non raggiunta, P = 0.006) rispetto ai pazienti AR-V7-.

Allo stesso modo, un recente studio tedesco prospettico condotto da Steinestel et al. ha dimostrato che la presenza di AR-V7 nelle CTC dei pazienti in terapia ormonale è correlata con una limitata efficacia delle

(46)

terapie sequenziali (enzalutamide-abiraterone o abiraterone-enzalutamide)115.

In un altro studio, Antonarakis at al. hanno prospetticamente indagato il ruolo predittivo di AR-V7 mRNA in CTC di 37 pazienti affetti da cancro alla prostata trattati con taxani73. Lo studio ha valutato il potenziale

impatto dello status di AR-V7 in diversi tipi di trattamento (taxano vs enzalutamide o abiraterone), ampliando i risultati del loro precedente studio110. I pazienti AR-V7+ hanno avuto una risposta peggiore ai taxani, rispetto ai pazienti AR-V7-, anche se non statisticamente significativa. Pertanto, nonostante il piccolo studio, la rilevazione di AR-V7 ha fallito nel predire un’attività ai taxani, infatti i pazienti con CRPC AR-V7+ avevano più probabilità di trarre beneficio dalla terapia con taxano che da terapie AR-mirate, mentre in pazienti AR-V7- il tipo di trattamento (chemioterapia vs abiraterone/enzalutamide) non differiva in efficacia in modo significativo. Anche se sono necessarie conferme in studi clinici di grandi dimensioni prospettici, lo stato AR-V7 può rappresentare un biomarker affidabile per la selezione del trattamento73,116.

Complessivamente, questi risultati promettenti suggeriscono che il rilevamento di AR-V7 può diventare una strategia interessante nei prossimi anni, dato il suo potenziale ruolo come biomarker nel CRPC, e come marker predittivo di resistenza a enzalutamide o abiraterone.

(47)

Tuttavia, da questi studi sono emerse le

limitazioni

che presenta questa metodica quali l'eterogeneità morfologica e immuno-fenotipica117, oltre alla loro fragilità, che potrebbe provocare rilevazioni di AR-V7 errate. Altra possibilità, per l’analisi di AR-V7, è quella di

estrarre RNA da

sangue intero

111. Questo approccio però può essere

influenzato

negativamente

dall'instabilità dell’RNA libero nel sangue e dalla grande quantità di RNA contaminato dai leucociti. Probabilmente questo è il motivo per cui, nello studio di Takeuchi et al.111, l'analisi di AR-V7 da mRNA nel sangue intero ha fallito nel predire la risposta del PSA e la resistenza al trattamento nei pazienti trattati con ormonoterapia.

Questo studio, invece, è stato condotto su

RNA messaggero estratto da

esosomi

di pazienti con carcinoma prostatico metastatico resistente alla castrazione trattati con enzalutamide o abiraterone

.

Si tratta di una pratica decisamente

meno costosa

e

meno difficoltosa

delle CTC.

Confrontando le CTC e gli esosomi derivati da plasma, come fonte di RNA, possiamo dire che nel secondo caso abbiamo una maggiore sensibilità rispetto alle CTC.

Nella pratica clinica, la rilevazione di AR-V7 dovrebbe avvenire con un test altamente sensibile, specifico, facile da eseguire e poco costoso. Un recente studio ha inoltre riportato che l'RNA esosomiale della variante AR-V7 può essere estratto da vescicole di cellule tumorali rilasciate nel sangue utilizzando la ddPCR. Questo metodo promettente è

(48)

stato usato per prevedere la resistenza alla terapia ormonale in 36 pazienti con PC 118. I risultati confermano in gran parte un precedente studio in cui l'espressione di AR-V7 è stata associata a una prognosi peggiore119, dimostrando così in vitro dati sulla resistenza ad

enzalutamide e abiraterone120,121,122,123.

SCOPO DELLA TESI

Il presente studio ha lo scopo di confermare

il ruolo di AR-V7 come

fattore predittivo di resistenza ai nuovi agenti ormonali

e mettere a punto un

nuovo approccio metodologico basato sulla “digital droplet PCR

(ddPCR)

”.

Lo studio è stato approvato dal Comitato Etico dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana e condotto in conformità con i principi della Dichiarazione di Helsinki.

Per valutare questo nuovo biomarcatore è stata analizzata retrospettivamente la variante di splicing 7 del recettore degli androgeni (AR-V7) su RNA messaggero estratto da esosomi di pazienti affetti da mCRPC, trattati con enzalutamide o abiraterone. E’ stato messo a punto un metodo rapido, sensibile e poco costoso per l’isolamento di RNA messaggero dalle vescicole esosomiali col fine futuro di fornire al medico

(49)

specialista uno strumento affidabile che lo aiuti nella scelta della strategia terapeutica più appropriata.

I risultati hanno permesso di approfondire la correlazione tra AR-V7 esosomiale e la resistenza alla terapia ormonale di nuova generazione.

MATERIALI E METODI

I pazienti

Per lo studio sono stati arruolati 55 pazienti, presso la U.O. Oncologia Medica dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana, affetti da carcinoma prostatico metastatico resistente alla castrazione in trattamento con enzalutamide (19), con abiraterone (35) o cabazitaxel (1). I pazienti dovevano avere una diagnosi di adenocarcinoma della prostata confermata istologicamente; erano in fase di resistenza alla castrazione, ovvero la malattia era in progressione nonostante i livelli di castrazione (testosterone sierico <50 ng/dL); presentavano metastasi linfonodali, viscerali o ossee documentate alla tomografia computerizzata o alla scintigrafia ossea; avevano un PSA basale di 2 ng/ml e almeno 3 valori di PSA in aumento con dosaggi ripetuti ogni 2 settimane, secondo PCWG–2. Era consentita una precedente chemioterapia con tassani. Tutti i pazienti inclusi nel presente progetto (acronimo Prostacycling) avevano dato il loro consenso informato firmato prima di sottoporsi al prelievo, alla raccolta e all’analisi dei dati. La modalità di valutazione dei pazienti è

(50)

stata condotta secondo pratica clinica:

dosaggio del PSA

ogni mese,

TAC

(tecnica di diagnostica per immagini che permette di rilevare la presenza di un tumore e di metastasi, indicando dimensioni e posizione)4 o

scintigrafia ossea

ogni 3 mesi (tecnica di diagnostica per immagini molto sensibile che si effettua con l’iniezione di un radiofarmaco nella vena del braccio. Il tessuto osseo infiltrato dalle cellule tumorali assorbe più radiofarmaco del tessuto sano, e di conseguenza appare più marcato)4.

La terapia con abiraterone ed enzalutamide è stata proseguita fino a progressione del PSA, progressione radiologica/clinica o comparsa di tossicità.

Raccolta e conservazione dei campioni

Al momento dell’inizio della terapia con abiraterone o enzalutamide sono stati raccolti 9 ml di sangue (basale). Il sangue intero è stato raccolto in un contenitore sterile tipo Vacutainer® contenente sodio EDTA e mantenuto a 4°C. Tutti i campioni ematici di Pisa sono stati spediti alla U.O. Farmacologia Clinica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana (AOUP) entro 1 ora dal prelievo, dove sono stati immediatamente processati per la separazione del plasma.

(51)

Raccolta del plasma ed estrazione dell’RNA dagli esosomi

Entro due ore dal prelievo, il sangue contenuto in provette con EDTA è stato centrifugato a 3000 g per 10 min a 4°C. Il plasma è stato prelevato e conservato a -80°C fino al momento dell’analisi. I campioni di plasma sono stati poi scongelati e centrifugati a 3000 g per 15 min per rimuovere i detriti cellulari. La procedura di isolamento è stata effettuata utilizzando ‘

exoRNeasy Serum/Plasma Maxi Kit

’ (QIAGEN®, Valencia, CA, USA) che prevede l’utilizzo di colonne con membrane ad alta affinità. In particolare, l’RNA è stato estratto dagli esosomi con una soluzione di lisi QIAzol/fenolo/guanidina. Il cloroformio viene aggiunto ai campioni-QIAzol che sono poi centrifugati a 12000 g per 15 min a 4 °C. La fase acquosa contenente RNA è stata recuperata e inserita nelle RNeasy MinElute spin column, dove l'RNA si lega alla membrana e i contaminanti vengono eliminati. L’RNA estratto è stato eluito in un volume finale di 20 μl e la sua concentrazione e qualità determinate utilizzando il kit Agilent 2100 Bioanalyzer (Agilent, Santa Clara, CA). A questo punto si è proseguito l’analisi con amplificazione mediante ddPCR. In

FIGURA 10

(52)

FIGURA 10. Fasi di estrazione dell’RNA esosomiale. (“ExoRNeasy maxi kit” handbook)

Digital Droplet PCR

L’amplificazione e l’analisi dell’RNA esosomiale è stata effettuata con il sistema

digital droplet PCR ™ QX100 ™

(ddPCR Bio-Rad).

In generale, il sistema ddPCR™ permette un’analisi degli acidi nucleici estremamente sensibile e precisa aiutando nella rilevazione di alleli mutati molto rari che differiscono per un singolo nucleotide e nell’analisi dell’espressione genica.

Il sistema QX100 consiste in due componenti principali: il generatore di bolle (Droplet Generator) e il lettore (Droplet Reader).

(53)

Il

Droplet Generator

ha la funzione di ripartire il campione, in 20.000 goccioline delle dimensioni di nanolitri. La ripartizione ha la funzione di ridurre la competizione tra DNA mutato e DNA wt, aumentando la specificità e la sensibilità dell’analisi. In questo modo l’abbondanza relativa del DNA target mutato rispetto al wt viene aumentata.

FIGURA 11. Preparazione dei campioni, piastra del Droplet Generator. ( http://www.bio-rad.com)

La cartuccia (DG8TM Cartridge), che verrà posizionata all’interno del droplet generator, possiede 3 file di 8 pozzetti: ci sono 8 pozzetti centrali (middle wells) ciascuno dei quali conterrà i 20 µl della nostra miscela di reazione, ci sono 8 pozzetti in basso (botton wells) ciascuno dei quali conterrà i 70 µl di olio che permetteranno la formazione delle gocce e poi

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ci sono gli 8 pozzetti in alto (top wells) che rimangono per adesso vuoti, in cui andranno le gocce che si formeranno.

Una volta inseriti tutti i reagenti, la cartuccia viene coperta con l’apposito tappetino, per essere inserita nel droplet generator entro due minuti.

Il QX100 dropled generator usa i microfluidi per combinare i campioni oleosi e acquosi generando 20.000 gocce della grandezza di nanolitri al termine della corsa.

FIGURA 12.Meccanismo di formazione delle gocce. (http://www.bio-rad.com) A questo punto 40 μl di ogni campione verranno trasferiti in una piastra da PCR (96 pozzetti) che verrà sigillata con un film resistente al calore mediante PX1 PCR Plate Sealer, e sottoposta ad una reazione di PCR secondo il seguente schema: 50°C x 60 min (step 1), 95°C x 10 min (step

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2), 95°C x 30s (step 3), 55°C × 60 s (step 4), ripetere step 3 e 4 per 40 cicli (step 5), 98°C × 10 min (step 6), 4°C all’infinito (step 7).

FIGURA 13. Meccanismo di amplificazione del DNA contenuto nelle gocce mediante PCR. (http://www.bio-rad.com)

Dopo l’amplificazione, la piastra da 96 pozzetti viene collocata all’interno del QX100

Droplet Reader

, il secondo componente della ddPCR, che legge ciascun pozzetto della piastra indipendentemente. Le singole gocce di ciascun campione vengono fatte scorrere in fila una dietro l’altra a livello di un rilevatore di fluorescenza. Il rivelatore legge le gocce in serie e in base alla fluorescenza segna quelle che contengono l’RNA target e quali no. QX100 ddPCR permette così il rilevamento e la quantificazione di alleli mutati e wt all’interno di ogni singolo campione.

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FIGURA 14. Meccanismo di lettura della fluorescenza da parte del Droplet Reader. (http://www.bio-rad.com)

Il lettore è connesso ad un computer con installato il software “

QuantaSoft

” (BioRad). Il software fornisce un set completo di strumenti per l'impostazione e la denominazione dei campioni, per l’esecuzione e il controllo dello strumento e per l’analisi dei risultati. Il lettore di goccioline è stato utilizzato per la quantificazione del segnale di fluorescenza. Il software QuantaSoft misura il numero di goccioline positive e il numero di goccioline negative per entrambi i fluorofori (FAM/HEX); il loro rapporto viene poi valutato mediante distribuzione di Poisson per determinare il numero di copie della molecola bersaglio, espresse come copie/ml. Questo sistema ha una sensibilità dello 0,001%.

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FIGURA 15. Analisi dei risultati. (http://www.bio-rad.com)

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Estrazione di AR-V7 RNA da VCaP e rilevazione con ddPCR

Per settare il metodo ddPCR, è stato estratto l’RNA da cellule VCaP (ATCC® CRL-2876 ™) portatrici note di AR-V7. L’RNA, estratto dalle VCaP utilizzando l’RNeasy Mini kit (QIAGEN®, Valencia, CA, USA), è stato trascritto in cDNA e amplificato utilizzando il Duplex One-Step RT-ddPCR Kit (BioRad®, Hercules, CA, USA). I primers e le sonde sia per AR full-length (AR-FL) sia per AR-V7 sono stati progettati nel nostro laboratorio utilizzando il software Primer 3. Le marcature FAM/HEX e la sintesi dei primers sono stati prodotte dai laboratori BioRad. Di seguito le sequenze dei primers utilizzati:

AR-FL primer forward: 5'-CATCAAGGAACTCGATCGT-3 '

AR-FL primer reverse: 5'-GAACTGATGCAGCTCTCTC-3 '

Sonda AR-FL: 5'-ACATCCTGCTCAAGACGCTCCT-3 '

AR-V7 primer forward: 5'-CTGTGCGCCAGCAGAAAT-3 '

AR-V7 primer reverse: 5'-TCAGGGTCTGGTCATTTTGA

-3 '

Sonda AR-V7: 5'-TGTCCATCTTGTCGTCTTCG-3 '.

Le reazioni PCR sono state assemblate in singoli pozzetti secondo il seguente schema: 1 ng di stampo di RNA (5 μl), 1 μl di 20X AR-V7 primer/sonda (FAM), 1 μl di 20X AR-FL Primer/sonda (HEX), 5 μl di 1X

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