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Calprotectina fecale come marcatore prognostico di mucosal healing nella terapia con Vedolizumab delle malattie infiammatorie croniche intestinali: uno studio prospettico

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Academic year: 2021

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Scuola di Medicina

Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

Tesi di Laurea Magistrale

CALPROTECTINA FECALE COME MARCATORE

PROGNOSTICO DI MUCOSAL HEALING NELLA

TERAPIA CON VEDOLIZUMAB DELLE MALATTIE

INFIAMMATORIE CRONICHE INTESTINALI:

UNO STUDIO PROSPETTICO

Relatore:

Chiar.mo Prof. Santino MARCHI

Candidato:

Riccardo TEDESCHI

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INDICE

RIASSUNTO...4

1 INTRODUZIONE...6

1.1 Le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali...6

1.1.1 Definizione...6

1.1.2 Epidemiologia...6

1.1.3 Fattori di rischio e patogenesi...7

1.2 Presentazione clinica...15 1.2.1 Malattia di Crohn...15 1.2.1.1 Segni e sintomi...15 1.2.1.2 Caratteristiche anatomopatologiche...18 1.2.2 Rettocolite Ulcerosa...20 1.2.2.1 Segni e sintomi...20 1.2.2.2 Caratteristiche anatomopatologiche...21 1.2.3 Colite Indeterminata...22 1.3 Complicanze...23 1.4 Diagnosi...26

1.4.1 Anamnesi ed esame obiettivo...26

1.4.2 Esami di laboratorio...27

1.4.3 Endoscopia...28

1.4.4 Diagnostica per immagini...29

1.5 Classificazione...31 1.5.1 Classificazione clinica...31 1.5.2 Attività di malattia...33 1.5.3 Classificazione Endoscopica...35 1.6 Terapia...37 1.6.1 Terapia convenzionale...38 1.6.2 Farmaci biologici...43 1.6.2.1 Anti-TNF...44 1.6.2.1.1 Infliximab...44 1.6.2.1.2 Adalimumab...45 1.6.2.1.3 Golimumab...46

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1.6.2.2 Vedolizumab...47

1.6.2.2.1 Farmacologia e indicazioni d’uso...47

1.6.2.2.2 Studi sull’efficacia clinica...48

1.6.2.2.3 Effetti avversi...54 1.6.3 Terapia chirurgica...55 2 STUDIO CLINICO...57 2.1 Scopo...57 2.2 Materiali e metodi...58 2.3 Risultati...62 3 DISCUSSIONE...79 4 CONCLUSIONI...85 RINGRAZIAMENTI...87 ABBREVIAZIONI...88 BIBLIOGRAFIA...89

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RIASSUNTO

Sin da quando sono state per la prima volta descritte le malattie infiammatorie croniche intestinali hanno costituito un argomento di grande interesse per i gastroenterologi.

La loro natura multiforme in quanto ad andamento e presentazione clinica, unita a una patogenesi complessa e non ancora del tutto chiarita ne rendono talora difficile la diagnosi e la caratterizzazione.

Dal punto di vista della terapia si sono succedute nel tempo numerose strategie di trattamento: a partire da una terapia convenzionale (tutt’ora valida soprattutto per la colite ulcerosa) con corticosteroidi, amminosalicilati e immunomodulatori fino ad arrivare ai più moderni anticorpi monoclonali .

Tra questi ultimi si inserisce il Vedolizumab (VDZ), anticorpo anti-integrinico di nuova generazione con un buon profilo di efficacia e sicurezza ma che in una certa porzione di pazienti trattati non è in grado di indurre una risposta soddisfacente, portando quindi al fallimento terapeutico.

In quest’ottica si rende chiaro che lo sviluppo di un metodo in grado di riconoscere precocemente se la terapia sia o meno efficace può ritenersi utile nella scelta e nell’ottimizzazione della stessa, al fine di ottenere un miglior controllo globale della malattia e un significativo risparmio sui costi legati a questa patologia.

L’obiettivo di questa tesi è infatti la ricerca di un marcatore i cui valori dosati nelle prime settimane di terapia si correlino in maniera significativa con l’esito a un anno di distanza ed in particolare con il raggiungimento del mucosal healing (MH).

Una delle molecole più promettenti in questo senso è la Calprotectina Fecale (CF), già nota come marcatore di infiammazione intestinale e più recentemente valutata anche come predittore di risposta nella terapia con anti-TNF.

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È stato condotto uno studio su pazienti dell’U.O. di Gastroenterologia Universitaria dell’Azienda Ospadaliero-Universitaria Pisana affetti da MICI, i quali sono stati sottoposti a terapia con VDZ per la durata di un anno.

Per tutta la durata della terapia sono stati monitorati una serie di parametri clinici e laboratoristici tra cui in particolare l’attività clinica di malattia e i valori di CF e proteina C-reattiva (PCR).

Alla conclusione del primo anno di terapia o nel caso di una sua sospensione anticipata i pazienti sono stati sottoposti ad un esame endoscopico per ricercare l’eventuale raggiungimento di MH . Come MH è stato considerato un punteggio endoscopic-Mayo ≤ 1 per RCU e la scomparsa ulcere per MC.

Nello studio sono stati reclutati 38 pazienti di cui 27 con RCU e 11 con MC. 33 di questi hanno raggiunto l’anno di terapia mentre per i restanti 5 è stata necessaria una sospensione precoce del farmaco.

In 17 pazienti è stato accertato endoscopicamente il MH e in 22 si è raggiunta una remissione clinica duratura; solo 12 pazienti hanno conseguito sia la remissione clinica che endoscopica .

Dall’analisi statistica dei dati, eseguita con test di Fisher, test di Mann-Whitney e curva ROC, emerge che vi è una chiara correlazione tra i livelli di CF misurati a 6 e 14 settimane di terapia con VDZ e il raggiungimento di MH.

Di contro la remissione clinica di malattia così come i valori di PCR a 6 e a 14 settimane di trattamento non mostrano alcuna correlazione con il MH.

La CF dopo l’induzione della terapia con VDZ è quindi un ottimo marcatore prognostico di MH e il suo utilizzo dovrebbe essere incentivato nell’ottica di una migliore ottimizzazione della terapia nei pazienti con MICI.

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1 INTRODUZIONE

1.1 Le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali

1.1.1 Definizione

Le malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI) sono patologie immuno-mediate dal decorso cronico e recidivante che interessano in maniera variabile il tratto digerente. Le due principali entità patologiche comprese nelle MICI sono la Rettocolite Ulcerosa (RCU) e la Malattia di Crohn (MC).1,2

La patogenesi ad oggi non è ancora del tutto conosciuta, sebbene si ritenga che tali malattie abbiano un’origine multifattoriale determinata dalla complessa interazione di fattori genetici, ambientali, infettivi e immunologici.1,2

1.1.2 Epidemiologia

L’incidenza e la prevalenza di tali patologie sono più elevate nei paesi occidentali rispetto a paesi in via di sviluppo, anche se negli ultimi anni tale divario si sta facendo sempre più esiguo. 3

All’interno degli stessi paesi occidentali vi è poi una diversa incidenza tra zone urbane e zone rurali: la popolazione di queste prime risulta infatti maggiormente soggette a casi di MICI e questo è verosimilmente dovuto alle differenze dello stile di vita, che determinano infatti una maggiore esposizione ai fattori di rischio per le MICI. 1,4

L’incidenza delle MICI è inoltre maggiore nei paesi del nord Europa e minore nei paesi del sud Europa. 5

In Europa la RCU ha una incidenza media che si attesta su 0,6–24.3 casi su 100.000 persone l’anno ed una prevalenza di 4.9–505 malati ogni 100.000 persone.1

I dati europei per la MC sono simili, con una prevalenza di 0,3–12,7 casi su 100.000 persone. 1

Per quanto riguarda l’Italia, l’incidenza annua per 100.000 persone è di 9,7 (9.4– 10.00) per RCU e di 5,9 (5.7–6.1) per MC. 6

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Le MICI possono insorgere a qualsiasi età, tuttavia esiste un picco di incidenza tra la seconda e la quarta decade di vita e un secondo, più modesto, picco tra la sesta e la settima decade. 7,8

Alcune etnie sono più soggette a MICI rispetto ad altre, in particolare si è osservato un più alto carico di malattia nei caucasici e negli ebrei (specialmente negli Ashkenaziti), mentre ispanici e afroamericani risultano meno soggetti a tali malattie. 1,9

1.1.3 Fattori di rischio e patogenesi

Le MICI in quanto malattie multifattoriali non riconoscono una causa eziologica precisa, bensì vedono alla loro base una serie di fattori che, variabilmente combinati tra loro, possono determinarne l’insorgenza .

Fattori genetici

Tra il 2 e il 14% dei pazienti con MC e tra l’8 e il 14% dei pazienti con RCU

hanno famigliarità per malattie infiammatorie croniche intestinali 1

I primi studi in merito sono stati effettuati sui gemelli ed hanno mostrato per la MC una concordanza del 20-55% nei monozigoti e del 0-3,6 % nei dizigoti; per la RCU tale valore era del 6,3-17 % nei monozigoti e del 0-6,3% nei dizigoti e ciò probabilmente indica una maggiore importanza dei fattori ambientali nell’origine di tale patologia. 10

Gli studi genomici con approccio Genome-Wide (Genome Wide Association

Studies, GWAS) hanno consentito di individuare una serie di specifici loci

genetici associati alle MICI. 11

Il primo locus genetico che si è dimostrato associarsi ad una maggiore suscettibilità per MC è il locus NOD2, localizzato sul cromosoma 16. Questo codifica per una proteina che agisce come recettore intracellulare per i pattern molecolari del peptidoglicano batterico; la sua stimolazione è in grado di attivare processi di autofagia fondamentali nel controllo della replicazione batterica e per la presentazione dell’antigene .

NOD2 pertanto svolge un importante ruolo nella regolazione della risposta immunitaria a livello della mucosa intestinale. 12,13

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Soggetti eterozigoti per la mutazione di NOD2 presentano un rischio aumentato di 2-4 volte di sviluppare MC rispetto alla popolazione generale, mentre in soggetti omozigoti tale rischio sale a 20-40 volte. 1

Studi successivi hanno portato alla luce un totale di 163 loci genetici di interesse tra cui 30 associati a MC, 23 associati a RCU e 110 associati ad entrambe le patologie. Molti di questi loci contengono geni responsabili di processi legati all’omeostasi della mucosa intestinale, alla modulazione della risposta immunitaria, alla protezione dallo stress ossidativo e alla difesa verso i microorganismi. 2,11

Tra questi è importante citare ATG16L1, ATG5 e ATG7, i quali trovano un ruolo nella formazione degli autofagosomi ed hanno come localizzazione primaria le cellule di Paneth dell’intestino tenue. 14

Una disfunzione dei processi di autofagia nelle cellule di Paneth, associata ad una alterata risposta immunitaria data dalla mutazione di NOD2 sembra avere un ruolo importante nella patogenesi della MC 14–16

Altra associazione degna di nota si ha tra MICI e mutazioni genetiche dell’interleuchina 23 (IL23) e in altri geni coinvolti nel pathway di generazione e maturazione dei linfociti Th17; In particolare mutazioni nei loci IL23R, IL12B, JAK2 e STAT3 sono state ritrovate sia in RCU che MC 2,17

Molti dei geni scoperti sono inoltre stati associati ad altre malattie immuno-mediate tra cui Psoriasi (IL23R, IL12B), Artrite Reumatoide (TNFAIP3), Spondilite anchilosante (IL23R), Lupus Eritematoso Sistemico (TNFAIP3, IL10) e Diabete Mellito Tipo 1 (IL10, PTPN2); ciò suggerisce l’esistenza di punti in comune nella genesi di tali patologie e che queste possano presentarsi in maniera combinata all’interno di un singolo individuo. Di contro questa vicinanza può essere sfruttata in senso terapeutico, potendo sviluppare farmaci specifici verso pathway immunologici comuni e, pertanto, potenzialmente attivi su più malattie.

11

Fattori ambientali

Quello dei fattori di rischio ambientali è un capitolo molto ampio nel contesto delle MICI, sono infatti numerosi gli elementi che devono essere presi in

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considerazione; i loro effetti possono inoltre variare e talora essere opposti a seconda che si parli di MC o di RCU.

• Fumo di Sigaretta: il fumo rappresenta un fattore di rischio per la MC, ma è invece un fattore protettivo per quanto riguarda la RCU. 18

In particolare si è dimostrato un aumento di due volte del rischio di sviluppare la MC in pazienti fumatori19 , inoltre nei fumatori affetti da MC la malattia

presenta un comportamento più aggressivo e un maggior numero di riacutizzazioni. 20

Per quanto riguarda la RCU invece il rischio nei fumatori risulta essere dimezzato, alcuni studi associano al fumo una minore attività di malattia, con minor numero di riacutizzazioni e una minor dipendenza dai farmaci. 21

Le motivazioni di questa associazione inversa sono ancora in studio e non ancora del tutto note, tuttavia sono state formulate numerose ipotesi: anzitutto si è ipotizzato che fosse la nicotina a determinare direttamente tale effetto ma studi successivi non sono stati in grado di provare con certezza questa associazione. Ad oggi si pensa che il meccanismo sia più complesso e comprenda una serie di alterazioni a carico del muscolo liscio, dell’endotelio, della barriera mucosa e dello stesso microbiota intestinale indotte dal fumo. 22

• Appendicectomia: in maniera simile a quanto accade per il fumo anche l’appendicectomia rappresenta un fattore protettivo verso la Rettocolite Ulcerosa, specialmente se eseguita in età infantile, mentre determina un aumento, seppur modesto, del rischio di sviluppare la MC. 1,23

• Igiene: sotto questa denominazione si comprende una serie di aspetti quali l’appartenenza a una famiglia numerosa, la collocazione in un ambiente rurale, l’esposizione ad animali domestici e l’assunzione di latte non pastorizzato. I suddetti aspetti, specialmente se ricorrono in età infantile, rappresentano un fattore protettivo verso lo sviluppo di RCU e, in misura minore, verso la MC. Questo dato conferma quanto detto in precedenza riguardo la differente incidenza di MICI tra paesi industrializzati e in via di sviluppo così come tra zone urbane e rurali. 24,25

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• Infezioni: è alquanto improbabile che alla base delle MICI sussista una causa infettiva diretta, tuttavia è ipotizzabile che una infezione possa agire come cofattore all’interno di un processo patogenetico più complesso.

Alcuni studi hanno mostrato una associazione tra episodi di gastroenterite, spesso sostenuta da batteri quali Salmonella e Campylobacter, ed un aumentato rischio di sviluppare una MICI. In particolare è stato osservato un aumento del rischio di sviluppare MICI pari a 2,9 volte il rischio osservato nella popolazione generale in pazienti esposti a infezioni da Salmonella o Campylobacter, considerati in un periodo di 15 anni. 26,27

Anche le infezioni virali potrebbero avere un ruolo nella patogenesi: su modelli murini è stato provato che, in animali geneticamente predisposti, una infezione da norovirus da luogo a una risposta infiammatoria Crohn-simile. Ad oggi non sono ancora disponibili dati relativi all’uomo. 28

Le infezioni sono inoltre spesso causa di riacutizzazione di MICI, tra queste la più comune è sostenuta dal Clostridium Difficile, la quale è spesso motivo di ospedalizzazione e si associa ad un aumento della mortalità e morbilità. 29

• Farmaci: molte classi farmacologiche sono state associate ad un aumentato rischio di MICI.

In primo luogo gli Antibiotici i quali avendo una azione distruttiva sulla flora batterica intestinale, specialmente se assunti in età infantile, mostrano una associazione con una aumentata suscettibilità alle MICI; questa associazione è maggiore per la MC rispetto alla RCU. 30,31

Secondo alcuni studi Aspirina e FANS potrebbero avere un ruolo nell’insorgenza e nelle riacutizzazioni delle MICI, questa associazione si è dimostrata essere tanto più forte quanto più intensa e duratura è stata la terapia.32

Questo effetto potrebbe derivare dalla non selettività dei FANS verso l’enzima Ciclo-ossigenasi la quale porta ad una azione lesiva riducendo i meccanismi di difesa della mucosa, oltre che ad indurre direttamente danni sulla stessa. La somministrazione di inibitori specifici della COX-2 ha invece dimostrato una riduzione degli episodi di riacutizzazione di malattia. 32

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• Dieta: si può ipotizzare che la composizione degli alimenti assunti possa avere un ruolo nel favorire o prevenire l’insorgenza delle MICI, sebbene i molti studi fatti in merito siano gravati da difficoltà nella raccolta e nella standardizzazione delle informazioni. 33,34

L’effetto di questi nutrienti può essere spiegato in vari modi, sia mediante una modulazione della risposta infiammatoria a livello della mucosa intestinale, sia con l’azione che possono avere sulla proliferazione della flora batterica. 34

Le Fibre rappresentano la componente alimentare per la quale è presente un maggior numero di studi; la loro assunzione ha mostrato una associazione inversa con le MICI, verso le quali agirebbe quindi da fattore protettivo. 35

In particolare si è visto che attraverso i processi di fermentazione delle fibre vegetali mediati da batteri anaerobi a livello del colon vengono prodotti acidi grassi a catena corta, i quali hanno un effetto inibitorio sulla proliferazione dei linfociti e sulla produzione di citochine pro-infiammatorie quali IL-2 IL-4 e IFNγ 36

Una dieta ricca di Grassi, specialmente se saturi del tipo Omega 6 (omega-6 PUFA) e povera in Omega-3 è stata associata ad un aumentato rischio per RCU e MC. Questo dato è stato in particolare confermato in modelli murini, mentre nell’uomo l’associazione è meno forte e potrebbero partecipare altri fattori ad oggi ancora non ben conosciuti. La supplementazione di acidi grassi Omega-3 non ha peraltro dimostrato alcun sostanziale beneficio in pazienti affetti da MICI. 34,37,38

Per quanto riguarda i Carboidrati non esiste in letteratura una associazione chiara con le MICI, sebbene alcuni studi sostengano che una dieta povera in FODMAP (Oligosaccaridi, Disaccaridi, Monosaccaridi e Polioli Fermentabili) possa migliorare il quadro sintomatologico nei pazienti con malattia in fase attiva. 1,39

Bassi livelli di Vitamina D, dovuti sia ad una insufficiente assunzione sia anche a deficit nella bioattivazione, sono stati associati ad un aumentato rischio di malattie autoimmuni e immuno-mediate come anche le MICI. La vitamina D possiede infatti anche un effetto immuno-modulatore, agendo come soppressore di geni pro-infiammatori tra cui TNF-α e IL-6 in cellule del

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sistema monocito-macrofagico; la somministrazione di Vit.D esogena è inoltre associata a un miglioramento dei sintomi in pazienti con MICI. 40,41

Microbiota intestinale

A seguito di una lunga serie di studi è stato riconosciuto un ruolo del microbiota intestinale e dei metaboliti da esso prodotti nella patogenesi delle MICI. 42

Si è infatti dimostrato che i pazienti affetti da MICI presentano delle differenze sia quantitative che qualitative della flora batterica intestinale. 43

Nei pazienti con MC si evidenzia infatti una riduzione della popolazione di batteri del phylum Firmicutes e Bacterioides, abbondanti invece nei soggetti sani e dal possibile ruolo protettivo, con un aumento di specie potenzialmente patogene appartenenti alla famiglia delle Enterobatteriacee. Tra questi ultimi esplicano una azione importante gli E. Coli Aderenti-Invasivi (AIEC) i quali sono in grado di invadere la mucosa e replicarsi all’interno dei macrofagi. La loro presenza all’interno dei granulomi nel contesto della MC ne suggerisce inoltre un probabile ruolo nella patogenesi. 44,45

In maniera analoga, anche nella RCU ritroviamo una alterata composizione della flora batterica intestinale; in questo caso è stata dimostrata una riduzione di batteri del phylum Firmicutes tra cui in particolare i batteri della specie Clostridium e del Faecalibacterium Prausnitzii, con un aumento della popolazione di E. Coli e di altri batteri opportunisti. 46,47

Un’altra componente del microbiota che potrebbe avere un ruolo nella patogenesi delle MICI potrebbe essere costituita da elementi non batterici, vale a dire miceti, virus e parassiti.

In particolare è stata osservata nei pazienti affetti da MICI una riduzione della popolazione di Saccharomices Cerevisiae accompagnata ad un aumento di

Candida Albicans e da un aumentato rapporto Basidiomiceti/Ascomiceti.

Questa alterazione della componente fungina del microbiota intestinale potrebbe avere una azione patogenetica sia diretta che indiretta, creando un ambiente favorevole alla proliferazione di specie batteriche patogene. 48

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Per quanto riguarda i Virus, è stata descritta una alterazione nella popolazione dei

Batteriofagi con un aumento dei Caudovirales in pazienti pediatrici affetti da MC.

Questo dato è associato ad una riduzione della diversità batterica in tali pazienti, la qual cosa potrebbe derivare direttamente dall’azione di questi batteriofagi anomali sulla flora intestinale. 49,50

Fattori immunologici

Gli studi disponibili al giorno d’oggi suggeriscono che nella alterata risposta infiammatoria presente nel contesto delle MICI giochino un ruolo importante alcune disfunzioni della risposta immunitaria innata e adattativa.

Per quanto riguarda l’immunità innata recenti studi hanno mostrato nei pazienti con MICI alterazioni nella funzione e nell’espressione dei Toll-Like Receptors (TLR) e delle proteine NOD (impiegati nel riconoscimento di elementi batterici) , dell’IL-23 (che ha un ruolo centrale nella risposta immunitaria precoce) e dei geni ATG16L1 e IRGM (legati ai processi di autofagia). 2,14,16

Le alterazioni dell’immunità adattativa trovate nell’ambito delle MICI sono differenti tra le due forme: Nella MC prevale una disfunzione della risposta mediata dai Linfociti Th1 i quali producono in questo caso quantità sopra la norma di IFN-γ e di IL-2. Nella RCU invece pare essere prevalente una risposta mediata dai Th2, caratterizzata dalla produzione di citochine quali IL-4 , IL-5 e IL-13. 51

Studi più recenti hanno però messo in discussione questa dicotomia, in quanto alti livelli di IFN-γ sono stati ritrovati attraverso biopsie intestinali sia in pazienti con RCU che con MC, inoltre l’IL-13 potrebbe possedere una azione antinfiammatoria e una sua riduzione è stata documentata in RCU e MC. 51

Infine, come altro punto in comune, è stata considerata l’alterata risposta dei linfociti Th17, caratterizzati dalla produzione di IL-17A, IL-17F, IL- 21 e IL-22. L’espansione di questa popolazione linfocitaria è inoltre promossa dall’azione dell’IL-23 e rappresenta quindi un esempio di interazione tra risposta innata e acquisita. 52 Livelli più alti di IL-17A sono stati infatti ritrovati nella mucosa di

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pazienti affetti da RCU e MC rispetto ai soggetti sani, pertanto si ipotizza che anche i Th17 abbiano un ruolo nella patogenesi di tali malattie . 53

In conclusione possiamo quindi affermare che esiste un substrato di specifiche alterazioni genetiche e immunitarie il quale, se combinato a una serie di fattori ambientali e microbiologici di varia natura, può determinare l’insorgenza di una Malattia Infiammatoria Cronica Intestinale.

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1.2 Presentazione clinica

1.2.1 Malattia di Crohn

La MC è una malattia dal decorso cronico e ricorrente caratterizzata da una alterata risposta infiammatoria a livello intestinale che interessa a tutto spessore la parete del viscere.54

La malattia può interessare tutto il tratto digerente - dalla bocca all’ano - in maniera discontinua, tuttavia si localizza preferenzialmente a livello dell’ileo terminale e del colon (malattia Ileocolica, 50% dei casi), del solo ileo (Ileite, 30% dei casi) o del solo Colon (Colite, 20% dei casi); altre localizzazioni come quella nel tratto digestivo superiore sono molto più rare e rappresentano una porzione di pazienti inferiore all’1%. Non è inoltre infrequente che tale malattia possa avere un interessamento perianale. 54,55

1.2.1.1 Segni e sintomi

La clinica e i sintomi lamentati dal paziente sono variabili e dipendono in larga parte dalla localizzazione di malattia:

• Ileite: Nella presentazione più tipica il paziente riferisce dolore ricorrente nei quadranti addominali inferiori, che può talora associarsi al rilievo di una mas-sa palpabile di origine infiammatoria.

Frequenti sono inoltre gli episodi di diarrea, tipici della malattia in fase attiva, derivanti sia dal malassorbimento, sia da una ipersecrezione di liquidi legata al processo infiammatorio sia anche da una alterazione della crescita batterica. Più raramente possono insorgere episodi di natura ostruttiva legati all’edema della mucosa e allo spasmo dello strato muscolare. 54

La presenza di malattia a livello dell’ileo determina inoltre una riduzione della superficie assorbente, con conseguente sintomatologia legata al malassorbimento. 56

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Il paziente può quindi sviluppare anemia per il ridotto assorbimento di Ferro e di Vitamina B12, disturbi idro-elettrolitici quali ipomagnesemia e ipocalcemia, ipoalbuminemia, carenza delle vitamine A, D, E, K . 56

• Colite: Il paziente riferisce dolore addominale crampiforme, malessere, febbricola, diarrea e più raramente ematochezia.

Il comportamento della malattia a questo livello è variabile tra un soggetto e l’altro: può infatti avere una evoluzione Stenosante con conseguente sintomatologia da ostruzione intestinale che talora necessita di un intervento chirurgico disostruttivo oppure la malattia può decorrere in senso Fistolizzante , con la formazione di fistole tra il colon e altri tratti intestinali (fistole entero-enteriche), altri organi addominali (ad esempio fistole entrero-vescicali o entero-uterine) o, in casi più rari, verso l’esterno (fistole entero-cutanee). 54

• Ileocolite: è la localizzazione più comune della MC, i segni e sintomi che il paziente può presentare sono una combinazione di quanto descritto nella localizzazione colica e ileale.54

• Malattia Perianale: può interessare fino a 1/3 dei pazienti con malattia attiva a livello colico. La manifestazione più tipica include la formazione di ascessi peri-rettali e di fistole ano-rettali che possono compromettere la qualità di vita del paziente e che spesso necessitano di una bonifica chirurgica. 55,57

• Tratto digestivo Superiore: è una localizzazione relativamente rara, che riguarda una porzione tra 0,5 e 16% di tutti i pazienti con MC.58

Qualora sia interessato il tratto gastro-duodenale il paziente può lamentare sintomi quali Nausea, Vomito e Dolore Epigastrico.

Nell’interessamento orale si ha tipicamente un rigonfiamento edematoso delle labbra e la comparsa di lesioni aftoidi e ulcerate della mucosa buccale. 58

Anche in questo caso potranno essere presenti complicanze di natura fistolizzante e/o ostruttiva. 54

Manifestazioni extraintestinali: Oltre ai segni e sintomi riferibili alla malattia

intestinale, nella MC si può verificare l’interessamento di altri organi e apparati; questo può essere dovuto sia ad effetti secondari alla malattia stessa, sia essere la

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manifestazione di altre patologie immuno-mediate che possiedono aspetti patogenetici in comune.

Tra queste le più frequenti sono:

• Articolari: una forma di Artrite Enteropatica può colpire fino al 15-20% dei pazienti con MC, questa si definisce come una poliartrite sieronegativa migrante che generalmente interessa le grandi articolazioni degli arti superiori e inferiori, ma che può colpire anche le piccole articolazioni della mano e il rachide. Il suo andamento correla con l’attività di malattia intestinale: nelle fasi di riattivazione della MC anche l’artrite tende ad esacerbarsi.

Più raramente possono associarsi altre manifestazioni articolari quali la Spondilite Anchilosante e la Sacroileite. 59

• Dermatologiche:

◦ Eritema Nodoso: comparsa improvvisa di noduli sottocutanei di consistenza inizialmente dura, dolenti e dolorabili alla palpazione, di colore rossastro e diametro variabile. Si localizzano tipicamente sulla superficie anteriore delle gambe e, più di rado su tronco, collo, volto e arti superiori. La loro comparsa correla con l’attività di malattia e si manifesta nel 10-15% dei pazienti affetti da MC. 56

◦ Pioderma Gangrenoso: si caratterizza per la presenza di una o più lesioni inizialmente papulari o nodulari circondate da un alone infiammatorio che, successivamente, si tramutano in ulcere anche piuttosto estese e sottominate. Nella sua forma più classica si localizza sulla superficie dorsale dell’arto inferiore e del piede, più raramente in altre sedi. 56

◦ Psoriasi: patologia della cute caratterizzata dalla comparsa di papule e placche eritematose successivamente coperte da scaglie di colore argenteo o biancastro. Nella sua forma classica si localizza sulle superfici estensorie degli arti, nella regione lombo-sacrale e cervicale.

La sua patogenesi è multifattoriale e contempla anche fattori di natura immunologica che possono essere in comune con le MICI, con le quali si associa nel 5-10% dei pazienti. 60

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• Oftalmiche: un impegno oculare è più raro ma possibile e tipicamente si manifesta sotto forma di Uveite con dolore oculare bilaterale, fotofobia e visione offuscata.

Questa associazione non correla con la sintomatologia intestinale, può manifestarsi anche durante i periodi di remissione e talora precedere l’insorgenza della malattia. 56

• Renali: la più frequente complicanza renale delle MICI e in particolare di MC è la nefrolitiasi, la quale può colpire fino al 15% dei soggetti. A seguito del malassorbimento degli acidi biliari una maggiore quantità di acidi grassi raggiunge il colon dove hanno tendenza a legarsi al calcio; la diminuzione della quota di calcio causa un aumento dei livelli di ossalato libero, il quale può quindi precipitare a livello renale formando il calcolo.

È inoltre possibile che nel paziente con MICI insorga una glomerulonefrite, questa può essere di vario tipo ed ha un andamento legato all’attività di malattia: se si raggiunge la remissione clinica della MICI anche la funzionalità renale tende a ristabilirsi. 61

• Ematologiche: nell’ambito delle MICI è presente uno stato di ipercoagulabilità, che predispone ad eventi tromboembolici di natura arteriosa e venosa. Questo deriva da una complessa interazione tra i processi molecolari dell’infiammazione, della coagulazione e della aggregazione piastrinica, che vanno a potenziarsi reciprocamente.

Il rischio di eventi trombotici è aumentato sia nelle fasi di attività di malattia, sia nelle fasi di remissione seppur in maniera minore. Come conseguenza di ciò tutti i pazienti ospedalizzati e allettati per MICI dovrebbero ricevere una dose profilattica di eparina per tutta la durata della degenza. 61,62

1.2.1.2 Caratteristiche anatomopatologiche

La MC si contraddistingue per un interessamento a tutto spessore della parete intestinale con caratteristiche lesioni “a salto”, ovvero che colpiscono in maniera discontinua il tratto digerente lasciando illese le restanti porzioni; All’esame endoscopico la mucosa risulta caratterizzata dalla presenza di ulcere aftoidi che appaiono in rilievo rispetto alla circostante mucosa assumendo il cosiddetto

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aspetto caratteristico a “Cobblestone”, data la somiglianza ad un selciato. In fasi più avanzate della malattia le lesioni si fanno più estese e confluiscono dando ulcerazioni dall’aspetto stellato e serpiginoso. 63

Si possono riconoscere tre sottotipi anatomopatologici, sulla base del comportamento della malattia:

• Malattia Infiammatoria (Non Stenosante e Non Fistolizzante): è presente solamente l’aspetto infiammatorio, con ispessimento delle pareti, ulcere aftoidi e aspetto a selciato.

• Malattia Stenosante: si caratterizza per la presenza di multiple stenosi che possono essere dovute a edema infiammatorio o, più frequentemente, ad esiti fibrotici delle ulcerazioni; queste si localizzano prevalentemente nell’ileo distale. Si possono inoltre ritrovare dilatazioni delle anse a monte dell’ostruzione.

• Malattia Fistolizzante: sono presenti tragitti fistolosi verso anse intestinali circostanti o altri visceri addominali, questi possono inoltre dare origine ad ascessi qualora si estendano a fondo cieco nel retro-peritoneo o nel mesentere. 54

Da un punto di vista microscopico ritroviamo a carico della mucosa e

sottomucosa un importante edema di natura infiammatoria, insieme alla presenza di aggregati linfocito-macrofagici che possono organizzarsi a formare granulomi. La tonaca muscolare appare ispessita ed è interessata da processi di fibrosi. A livello della sierosa si ritrovano inoltre infiltrati infiammatori perivascolari. 63

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1.2.2 Rettocolite Ulcerosa

La rettocolite ulcerosa è una patologia infiammatoria del tratto digestivo inferiore, caratterizzata dall’interessamento della sola mucosa e sottomucosa. Ha sempre origine dal retto ma può estendersi variabilmente in senso retrogrado e senza interruzioni fino alla valvola ileocecale. 64

Il suo andamento prevede l’alternanza di periodi di attività, in cui si presentano i sintomi, e periodi di remissione, nei quali la clinica è silente e il paziente riferisce uno stato di benessere. 64

1.2.2.1 Segni e sintomi

I sintomi più tipici all’esordio e, più un generale, nelle riacutizzazioni sono il dolore addominale di tipo crampiforme riferibile a tutti i quadranti addominali e la diarrea, frequentemente accompagnata dall’emissione di sangue e muco, che si manifesta con un numero variabile di evacuazioni giornaliere ed anche nelle ore notturne. Altro sintomo molto comune è il tenesmo rettale.

Meno frequentemente possono comparire sintomi sistemici e legati al malassorbimento quali febbre, nausea, vomito, anoressia e calo ponderale.

Anche in questo caso la manifestazione della malattia varia in base alla sua estensione: nel caso di una proctite o proctosigmoidite il paziente lamenta più che altro tenesmo e rettorragia, se è interessato il colon si manifesta anche il dolore addominale ed il sangue compare più spesso mischiato alle feci. 64,65

Manifestazioni extraintestinali:

Analogamente alla MC, anche nella RCU è possibile ritrovare la compromissione di altri organi e sistemi.

• Articolari: meno frequente rispetto a MC , anche in questo caso può comparire una artrite enteropatica che peggiora nei periodi di attività di malattia.59

• Oftalmiche : patologie oculari quali uveite, irite ed episclerite possono presentarsi in un un numero variabile di pazienti affetti da RCU, con una incidenza stimata che va dall’1 al 10% 56

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• Cutanee: nel 10% dei pazienti con RCU può comparire l’eritema nodoso e fino al 2% può essere interessato da pioderma gangrenoso; quest’ultimo è relativamente più frequente in RCU rispetto a MC. 56

• Epatobiliari: fino al 7,5% dei pazienti affetti da RCU sviluppa una Cirrosi Biliare Primitiva, malattia caratterizzata da infiammazione delle vie biliari intra- ed extra-epatiche che esita in fibrosi e porta quindi a una progressiva insufficienza d’organo. 66

1.2.2.2 Caratteristiche anatomopatologiche

L’aspetto tipico della RCU è caratterizzato da una infiammazione dello strato mucoso, il quale si presenta edematoso, iperemico e mostra una riduzione del pattern vascolare. Si riscontrano inoltre multiple lesioni ulcerose dall’estensione longitudinale variabile ma che, caratteristicamente, non si approfondano oltre la sottomucosa.

In forme più avanzate è possibile ritrovare degli pseudopolipi infiammatori, solitamente piccoli e multipli, derivati dal tentativo di rigenerazione della mucosa in risposta alle ulcerazioni.63

Al momento della diagnosi la malattia può avere una differente estensione, pertanto si distinguono:

• Proctite: interessamento del solo Retto.

• Colite Destra: oltre al retto sono colpiti anche il Sigma e il Colon Discendente

• Pancolite: la malattia interessa tutto il colon e il retto. 65

È possibile che, nel corso del tempo, la malattia vada in contro a progressione, ovvero che possa estendersi ai tratti superiori del colon precedentemente liberi da malattia.

All’esame istologico si può notare una alterazione strutturale delle cripte, che assumono un percorso tortuoso e si riducono in numero andando in contro ad atrofia. È inoltre presente un infiltrato infiammatorio costituito da neutrofili, linfociti e plasmacellule, che si estende fino alle porzioni più profonde della mucosa. Nel 70% dei casi si ha un accumulo plasmacellulare in prossimità dello

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strato basale, che rappresenta un rilievo piuttosto specifico per la diagnosi di RCU. 63

Talora a queste alterazioni si può associare una degenerazione displastica della mucosa, che rende ragione dell’aumentato rischio di neoplasie del colon riscontrato in questa categoria di pazienti. 67

1.2.3 Colite Indeterminata

Entità patologica di più recente introduzione che costituisce il 10-15% dei casi di MICI. Si definisce come una condizione infiammatoria cronica generalmente limitata al colon le cui caratteristiche macroscopiche e microscopiche sono miste tra RCU e MC. Fino al 20% dei casi queste rappresentano una forma iniziale di MICI che solo in un secondo momento si differenzia in RCU o MC. 68

La presentazione clinica è quella tipica di una colite, con dolore addominale, tenesmo, diarrea ed eventualmente rettorragia; di frequente sono presenti anche sintomi da interessamento sistemico come febbre, astenia, calo ponderale ed anemia.68

All’esame endoscopico l’interessamento della parete del colon è di solito segmentario e il processo flogistico si approfonda in maniera variabile all’interno di essa, il retto è in genere risparmiato.68

Facendo un esame istologico della mucosa non si riscontrano i segni anatomopatologici tipici di RCU e MC che ne permetterebbero una diagnosi differenziale; possono essere presenti elementi più aspecifici quali congestione vascolare, alterazioni cito-architetturali delle cripte, presenza di granulomi infiammatori e miocitolisi. 68

La terapia della colite indeterminata è sostanzialmente identica a quella delle altre MICI e pertanto non si dovrebbe aspettare di ottenere una diagnosi precisa prima di iniziare il trattamento. In ogni caso è necessario osservare l’evoluzione del quadro clinico in quanto la malattia potrebbe differenziarsi in RCU o MC. 68

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1.3 Complicanze

La storia clinica delle MICI può essere gravata da una serie di complicanze che determinano un peggioramento per la qualità di vita del paziente.

Alcune di queste complicanze rappresentano una emergenza per il paziente, per la quale spesso si rende necessaria una risoluzione chirurgica.

Le più comuni sono:

• Perforazione: si verifica maggiormente nella MC, in quanto essa interessa la parete a tutto spessore, sebbene la sua incidenza non superi l’1-2% dei casi. È un evento di particolare gravità in quanto può essere causa di peritonite batterica che, se non trattata tempestivamente, mette in pericolo la sopravvivenza del paziente. 69

• Fistola: complicanza frequente nella MC, può avere differenti localizzazioni e il tragitto può estendersi attraverso varie strutture addominali.

La forma più comune è la fistola entero-enterica nella quale si ha la formazione di un tragitto fistoloso tra due anse intestinali.

Per quanto riguarda le fistole con altri organi un caso particolare è la fistola entero-vescicale, che si manifesta con disuria, infezioni urinarie ricorrenti, pneumaturia e talora fecaluria.

Le fistole possono inoltre essere entero-cutanee, qualora si formi un percorso verso l’esterno. Queste ultime spesso rappresentano una via di drenaggio di raccolte purulente formatesi nel contesto del processo infiammatorio; il loro ritrovamento è tipico nella MC con interessamento perianale. 70

• Ascesso: raccolta purulenta in cavità neoformata, deriva dalla diffusione del processo infiammatorio oltre la parete del viscere verso la cavità addominale o pelvica. Il trattamento standard prevede il drenaggio percutaneo TC guidato della raccolta, sebbene talora si renda necessario un intervento chirurgico. 70

• Stenosi e ostruzione intestinale: complicanza presente fino al 10% dei casi di RCU e in maniera minore in MC. L’ostruzione può essere temporanea qualora sia legata all’edema della mucosa in fase attiva di malattia oppure permanente, come esito di processi fibrotici post-infiammatori.

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Nel caso in cui il transito intestinale sia interrotto e non sia possibile ripristinarlo con la terapia medica vi è indicazione alla resezione chirurgica del tratto interessato. 71

• Megacolon Tossico: complicanza temibile che può verificarsi nel 5% dei pazienti affetti da RCU di grado severo. Si presenta come una dilatazione abnorme del colon (>6cm di diametro) associata ad una alterazione della peristalsi dovuta al danneggiamento del plesso mioenterico di Auerbach, che a sua volta determina un ristagno del materiale fecale e una sovracrescita batterica. Questo fa sì che possano passare attraverso la mucosa prodotti di scarto della digestione e tossine batteriche, che sono alla base delle manifestazioni sistemiche di tossicità. 72

Il trattamento è inizialmente di carattere medico e prevede l’utilizzo di corticosteroidi ad alte dosi e/o di immunosoppressori; qualora la terapia medica non sia efficace o si manifestino ulteriori complicanze quali perforazione, peritonite o emorragia è previsto l’intervento chirurgico di resezione. 73

• Infezioni: nell’ambito delle MICI vi è un aumentato rischio di patologie infettive del tratto digerente, queste possono essere causa di riacutizzazione e quindi di peggioramento dello stato generale del paziente. La complicanza infettiva più temibile è la colite da Clostridium Difficile, la quale necessita di ospedalizzazione fino al 50% dei pazienti e può richiedere una resezione chirurgica nel 20%. 29

Nei soggetti affetti da Rettocolite Ulcerosa che hanno subito un intervento chirurgico di proctocolectomia con confezionamento di una tasca (Pouch) costruita con le ultime anse ileali e sua successiva anastomosi con l’ano (IPAA, ileal pouch-anal anastomosis), può manifestarsi la Pouchite .

Con Pouchite si intende un processo infettivo-infiammatorio dalla patogenesi complessa e non ancora del tutto chiarita che interessa la pouch ileale nel 23-46% dei pazienti andati in contro a tale intervento. 74

• Neoplasia: la presenza di un processo infiammatorio cronico associato a fenomeni di rigenerazione della mucosa è un fattore che predispone nel tempo allo sviluppo di displasia e, quindi, alla degenerazione neoplastica.

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Sebbene i molti studi in merito abbiano dato risultati talora discrepanti, considerandoli nell’insieme, si stima che “il rischio di sviluppare un carcinoma del colon-retto (CCR) in pazienti con RCU oscilli tra le 0,9 e le 8,8 volte e tra 0,8 e 23 volte nei pazienti con Pancolite”. 75

Per quanto riguarda la MC il rischio di sviluppare un CCR è presente solo se si considerano i pazienti con MC di lunga data: a 40 anni dalla diagnosi si ha un aumento del rischio comparabile alla RCU. 75,76

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1.4 Diagnosi

La diagnosi di una malattia infiammatoria cronica intestinale è un processo complesso che richiede oltre al rilevamento di dati clinici anche l’impiego di esami di laboratorio e di diagnostica strumentale. Molte altre patologie entrano in diagnosi differenziale con le MICI e talora può inoltre essere difficile distinguere una RCU da una MC, specialmente se queste possiedono caratteristiche atipiche.

1.4.1 Anamnesi ed esame obiettivo

Già dal primo approccio con il paziente possono essere acquisite una serie di informazioni utili ad orientare il clinico verso una possibile diagnosi.

È importante chiedere al paziente da quanto tempo sono presenti i sintomi e quali siano le loro caratteristiche, così come può essere utile conoscere se il paziente ha famigliarità per MICI o se ha sofferto in passato di patologie che potrebbero correlarsi alle MICI stesse (es: artriti, uveite).

Dato che le modalità di presentazione e l’andamento delle MICI sono mutevoli anche il quadro clinico ne risente: l’esame obiettivo può variare da silente a francamente positivo, anche nello stesso paziente. 11,71

L’osservazione spesso non aiuta molto, tuttavia in stadi avanzati di malattia possono comparire segni riconducibili al malassorbimento e all’anemia quali pallore, perdita di peso, alterazioni di cute e mucose, stanchezza e confusione mentale. 54

L’auscultazione può evidenziare una peristalsi più vivace della norma; nei più gravi casi in cui si verifica una subocclusione/occlusione intestinale secondaria alla malattia è possibile constatare una condizione di ileo meccanico.

La percussione in egual maniera può essere silente o mostrare un ipertimpanismo legato alla ritenzione di feci e gas.

Alla palpazione è possibile, specialmente nella MC, apprezzare una massa addominale più o meno definita in corrispondenza dei tratti intestinali interessati dal processo infiammatorio. 71

(27)

L’ Esplorazione rettale nelle fasi acute di malattia può risultare positiva per la presenza di sangue. 71

1.4.2 Esami di laboratorio

In quanto patologie a carattere infiammatorio le MICI si accompagnano ad una serie di alterazioni aspecifiche che nel complesso prendono il nome di reazione di fase acuta.

In particolare i livelli di VES, Proteina C-Reattiva, proteine del complemento e leucociti circolanti sono elevati oltre la norma, mentre le quantità di albumina sierica e di transferrina risultano diminuite.

Tra questi marcatori è la PCR ad avere la maggiore utilità clinica in quanto correla più strettamente con lo stato infiammatorio rispetto alle altre e la sua breve emivita consente di apprezzare eventuali cambiamenti in tempi più rapidi. 77

Si possono inoltre riscontrare alterazioni secondarie all’attività di malattia ed ai fenomeni di malassorbimento quali anemia (sia sideropenica, sia da carenza di vitamina B12), ipoalbuminemia , ipopotassemia e/o alcalosi metabolica.

I valori ottenibili dal sangue sono quindi un parametro sensibile per inquadrare l’attività di malattia, ma sono altamente aspecifici.

Un’ulteriore analisi è la ricerca di alcuni anticorpi che possono essere presenti nelle MICI, in particolare si tratta dei pANCA (perinuclear Anti Neutrophil Cytoplasmic Antibodies) e degli ASCA (Anti Saccharomyces Cerevisiae Antibodies).

La positività dei pANCA si ha in circa un terzo dei pazienti con RCU e nel 10% dei pazienti con MC. Gli ASCA sono positivi fino al 70% dei pazienti con MC, nel 10-15% dei pazienti con RCU , oltre che a ritrovarsi nel 5% della popolazione sana. 78

Considerando questi dati si può affermare che gli anticorpi non siano da soli sufficienti a fornire una diagnosi né a distinguere le due malattie, tuttavia il loro ritrovamento può essere utile a rinforzare un sospetto diagnostico ottenuto da altri esami. 78,79

(28)

Si sta cercando di migliorare l’accuratezza diagnostica di questo esame aggiungendo il dosaggio di ulteriori anticorpi diretti verso E. Coli (OmpC, OmpW), flagellina (CBir1, A4-Fla2, FlaX), Pseudomonas Fluorescens (I-2) e altri antigeni batterici; il loro ruolo è promettente ma ancora in fase di definizione. 80,81

L’esame di laboratorio ad oggi ritenuto più efficace nell’individuare e quantificare l’infiammazione intestinale è il dosaggio della Calprotectina Fecale (CF).

La CF è una proteina prodotta dai neutrofili che si ritrova sia nel sangue che nelle feci. I suoi livelli aumentano in seguito ad eventi infiammatori ed infettivi.

Nell’ambito delle MICI molti studi hanno mostrato come i livelli di CF siano un marcatore efficace e non invasivo per quantificare l’attività di malattia e per individuare precocemente i fenomeni di riacutizzazione. Questa ultima associazione sembrerebbe essere più forte per RCU che per MC. 79,82,83

La CF è inoltre utile nella diagnostica differenziale come marcatore negativo: bassi livelli di CF sono difficilmente riscontrabili in una MICI in fase attiva e devono pertanto far propendere verso altre cause non infiammatorie come per esempio la Sindrome dell’Intestino Irritabile. 84

I livelli di CF oscillano nella popolazione generale, pertanto è stata definita una soglia sotto alla quale i livelli misurati non sono significativi; questo limite ad oggi è fissato a 50 μg/g. Nuovi studi suggerirebbero tuttavia di alzare questa soglia a 250 μg/g in quanto ciò fornirebbe una maggiore sensibilità e specificità all’esame. 82

1.4.3 Endoscopia

L’indagine endoscopica, nella fattispecie la colonscopia, rappresenta il gold

standard nella diagnostica strumentale delle MICI, questa consente infatti non

solo di osservare e documentare la presenza di lesioni caratteristiche a livello della mucosa, ma anche di prelevare campioni bioptici utili alla definizione anatomopatologica della malattia.76

Per considerare completo l’esame colonscopico, questo deve essere in grado di esplorare tutto il colon fino al cieco dove è inoltre possibile cercare di superare la valvola ileocecale ed esplorare l’ultima ansa dell’Ileo (ileoscopia). I prelievi

(29)

bioptici devono essere multipli e provenire da diverse porzioni del colon, sia da zone con evidente attività di malattia sia da zone all’apparenza sane. Citando le linee guida della European Crohn’s and Cholitis Organization (ECCO) “Per una

diagnosi affidabile di RCU e MC si dovrebbero raccogliere biopsie multiple da sei segmenti (ileo terminale, colon ascendente, trasverso, discendente, sigmoide e retto). Le biopsie multiple implicano un minimo di due campioni rappresentativi da ciascun segmento, compresi quelli macroscopicamente normali.” 85

L’esame endoscopico non trova solo applicazione nella diagnosi delle MICI ma anche nel loro follow-up, è infatti uno strumento fondamentale per seguire nel tempo l’attività e la progressione della malattia, così come per monitorare l’efficacia della terapia farmacologica. Ad oggi è pratica comune effettuare una colonscopia di controllo ogni 1-2 anni anche in pazienti con remissione clinica della malattia; si può inoltre valutare se effettuare un esame endoscopico nel momento in cui si verifichi una riacutizzazione. 76

Infine la colonscopia trova applicazione anche nella prevenzione secondaria del carcinoma del colon retto ‒ per il quale i pazienti con MICI, specie se di lunga data, hanno un aumentato rischio ‒ e nel controllo post-chirurgico a medio-lungo termine con il fine di individuare eventuali recrudescenze di malattia sui margini di resezione o altri fenomeni più specifici come la Pouchite. 76,85

1.4.4 Diagnostica per immagini

Sebbene l’endoscopia rappresenti uno strumento fondamentale e impareggiabile in termini di accuratezza diagnostica, altri esami strumentali trovano spazio nella formulazione del sospetto clinico e nel follow-up. In particolare TC e RM possono avere un ruolo complementare all’endoscopia in quanto consentono di studiare tratti non altrimenti raggiungibili dall’endoscopio quali il tenue ed eventuali porzioni di colon poste distalmente a una stenosi invalicabile.

I rilievi tipici di MICI all’esame TC comprendono l’ispessimento della parete intestinale con un aumentato enhancement contrastografico, l’aumentata attenuazione del grasso mesenterico, la congestione dei vasa recta e la comparsa di linfoadenopatie pericoliche. 86

(30)

La TC inoltre possiede una migliore sensibilità per l’individuazione di complicanze quali fistole, ascessi e stenosi. 71

Gli esami radiologici sono inoltre utili per la ricerca e lo studio delle manifestazioni extraintestinali delle MICI, in particolare per quanto riguarda il possibile interessamento articolare e delle vie biliari. 61

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1.5 Classificazione

Una volta diagnosticate, le MICI possono essere classificate secondo diversi aspetti quali la clinica, l’attività di malattia e la presentazione endoscopica. Nel corso del tempo sono state sviluppate numerose classificazioni, qui di seguito sono riportate quelle maggiormente rilevanti.

1.5.1 Classificazione clinica

Tra le più comunemente utilizzate vi è sicuramente la Classificazione di Montreal, che è definita sia per MC che per RCU. Questa si compone di vari parametri indicati con una lettera a cui viene associato un punteggio numerico.

Classificazione di Montreal della Malattia di Crohn

• Età di Insorgenza (A, Age) ◦ A1: ≤ 16 anni

◦ A2: tra 17 e 40 anni ◦ A3: >40 anni

• Localizzazione (L, Location) ◦ L1: Ileale

◦ L2: Colica ◦ L3: Ileo-colica

◦ L4: interessamento del tratto digestivo superiore (è un modificatore, che può essere aggiunto alla localizzazione principale)

• Comportamento (B, Behaviour)

◦ B1: non stenosante e non penetrante ◦ B2: Stenosante

◦ B3: Penetrante

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Classificazione di Montreal della Colite Ulcerosa:

• Estensione (E, Extent)

◦ E1: Proctite , l'interessamento è limitato al solo retto.

◦ E2: Colite sinistra, la malattia può estendersi nel sigma e nel colon discendente fino alla flessura splenica.

◦ E3: Pancolite, l’estensione supera la flessura splenica arrivando al massimo fino al cieco.

• Gravità (S, Severity)

◦ S0: Remissione clinica, il paziente è asintomatico.

◦ S1: RCU Lieve , quattro o meno evacuazioni al giorno (con o senza sangue), assenza di malattia sistemica, marker infiammatori normali. ◦ S2: RCU Moderata, più di quattro evacuazioni al giorno con minimi

segni di malattia sistemica.

◦ S3: RCU Grave, sei o più evacuazioni al giorno, frequenza cardiaca ≥ 90 bpm, temperatura corporea ≥ 37,5 °C, Emoglobina <10,5 g/dl, VES ≥30mm/h. 87

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1.5.2 Attività di malattia

I seguenti score hanno la funzione di stimare l’attività di malattia sulla base di dati ottenibili dalla clinica.

Partial-Mayo Score

Schema di valutazione della RCU sviluppato dalla Mayo Clinic statunitense, si ottiene dalla somma di tre parametri clinici a cui viene assegnato un valore da 0 a 3. Viene chiamato score “parziale” in quanto può essere sommato al punteggio dello score Mayo Endoscopico per ottenere un indice complessivo (Full Mayo). 88

• Numero di Evacuazioni al Giorno

0. Nella norma (fino a 3 evacuazioni/die) 1. 1-2 evacuazioni oltre la norma

2. 3-4 evacuazioni oltre la norma 3. 5 o più evacuazioni oltre la norma • Sanguinamento Rettale

0. Nessun sanguinamento

1. Feci striate di sangue in meno di metà dei casi 2. Sangue nelle feci nella maggior parte dei casi 3. Sanguinamento rettale anche senza feci

• Giudizio complessivo del clinico sulla gravità di malattia 0. Normale

1. Lieve 2. Moderato 3. Grave

Sulla base del punteggio ottenuto si stima l’attività di malattia di RCU in:

• < 2 Remissione

• 2 - 4 Lieve

• 5 - 7 Moderata

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HBI – Harvey Bradshaw Index

Indice per MC sviluppato negli anni ‘80 come semplificazione del precedente CDAI (Crohn’s Disease Activity Index), rispetto al quale è di più facile applicazione nella pratica clinica. Vari studi hanno inoltre dimostrato che questo indice correla con l’attività di malattia in maniera sovrapponibile al CDAI. 89,90

• Benessere del Paziente 0. Buono

1. Leggermente sotto la norma 2. Scarso

3. Molto scarso 4. Pessimo

• Numero di Evacuazioni Liquide o molli nel giorno precedente (+1 per ogni evacuazione) • Massa Addominale 0. Assente 1. Dubbia 2. Definita 3. Definita e Palpabile

• Presenza di complicanze, si aggiunge un punto per ognuna tra: ◦ Artralgia ◦ Uveite ◦ Eritema Nodoso ◦ Ulcera Aftoide ◦ Fissurazione Anale ◦ Ascesso

Anche in questo caso l’attività di malattia è definita sommando i vari punteggi ricavati.

• < 5 Remissione

• 5 - 7 Lieve

• 8 - 16 Moderata

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1.5.3 Classificazione Endoscopica

Le seguenti scale di valutazione definiscono l’attività di malattia sulla base di quanto è possibile osservare all’esame endoscopico.

Endoscopic Mayo

Valuta l’attività della RCU in endoscopia. Come già detto in precedenza si combina al Partial Mayo per ottenere il Full Mayo 88

0. Normale: la mucosa è intatta e la malattia è pertanto in completa remissione.

1. Attività Lieve: eritema, riduzione/alterazione del reticolo vascolare, lieve friabilità della mucosa al contatto con lo strumento.

2. Attività Moderata: eritema marcato, mancanza del reticolo vascolare, fragilità da contatto e presenza erosioni.

3. Attività Grave: sanguinamento spontaneo, ampie ulcerazioni della mucosa.

SES-CD – Simple Endoscopic Score for Crohn’s Disease

In questo score vengono considerati diversi aspetti visibili all’endoscopia, ai quali è assegnato un punteggio sulla base della gravità. La valutazione viene ripetuta nei segmenti di retto, sigma e colon discendente, colon trasverso, colon ascendente e ileo; il punteggio ottenuto in ciascun segmento viene quindi sommato per ottenere lo score complessivo. 91

• Presenza di Ulcere 0. Ulcere assenti

1. Ulcere aftoidi, fino a 0,5cm 2. Ulcere grandi, tra 0.5 e 2 cm 3. Ulcere estese, >2cm

• Superficie coinvolta da malattia 0. 0%

1. <50% 2. 50-75% 3. > 75%

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• Superficie Ulcerata 0. 0% 1. <10% 2. 10-30% 3. >30% • Stenosi 0. Assenza di stenosi

1. Stenosi singola e superabile 2. Stenosi multiple ma superabili 3. Stenosi non valicabile

Sulla base del punteggio ottenuto si stadia l’attività di malattia in Remissione (0-2 punti) , Lieve (3-6 punti), Moderata (7-15 punti) o Grave (>15 punti) .

Score di Rutgeerts

Score endoscopico sviluppato specificamente per la valutazione della recidiva post-chirurgica in MC a seguito di un intervento di resezione ed anastomosi ileo-colica. 92

• i0: Assenza di lesioni nell’ultima ansa ileale → Remissione.

• i1: fino a 5 lesioni aftoidi a livello dell’anastomosi o dell’ileo neoterminale. → Remissione.

• i2: più di 5 lesioni aftoidi su mucosa sana o aree focali con altre lesioni o ulcere fino a 1 cm localizzate sull’anastomosi . → Recidiva post-chirurgica. • i3: Ileite aftosa estesa, la mucosa è infiammata e sono presenti multiple lesioni

aftoidi. → Recidiva post-chirurgica avanzata.

• i4: lesioni di grandi dimensioni con infiammazione diffusa, possono essere presenti noduli ed aspetto acciottolato, ci può essere stenosi. → Recidiva post-chirurgica avanzata.

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1.6 Terapia

Lo scopo della terapia per le MICI è rappresentato dall’ottenimento di una remissione della malattia, sia clinica che endoscopica, la quale sia più lunga e duratura possibile al fine di regolarizzare la funzione intestinale, prevenire le complicanze e, non per ultimo, garantire al paziente una migliore qualità di vita. Negli ultimi anni si è sviluppato anche per le MICI il concetto di “Treat to Target” ovvero l’attuazione di un protocollo terapeutico volto al raggiungimento di specifici obiettivi clinici ed endoscopici che siano ben oggettivabili e standardizzabili.

Le attuali raccomandazioni sono state formulate dalla consensus conference STRIDE (Selecting Therapeutic Targets in Inflammatory Bowel Disease) sulla base di una revisione della letteratura mondiale e del parere di esperti. 93

Per RCU sono stati individuati i seguenti obiettivi: 93

• Remissione clinica definita come risoluzione del sanguinamento rettale e delle alterazioni dell’alvo.

• Remissione Endoscopica, definita come un punteggio Endoscopic-Mayo minore o uguale a 1.

Per MC gli obiettivi sono: 93

• Remissione clinica con risoluzione del sanguinamento rettale e delle alterazioni dell’alvo.

• Remissione Endoscopica, definita come la scomparsa delle ulcere all’esame endoscopico o, in alternativa, la risoluzione dell’infiammazione visibile agli esami radiologici qualora non sia praticabile l’endoscopia.

La terapia medica si può dividere in due branche: una terapia convenzionale composta da corticosteroidi, 5-amminosalicilati e immunomodulatori ed una terapia biologica, di più recente introduzione, che sfrutta anticorpi monoclonali diretti verso specifici mediatori dell’infiammazione. Il trattamento per RCU e

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MC è sostanzialmente sovrapponibile, anche se esistono alcune differenze che saranno specificate in seguito.

Vi è poi, qualora la terapia medica sia insufficiente e/o siano insorte complicanze, la possibilità di intervenire chirurgicamente sul tratto intestinale interessato.

1.6.1 Terapia convenzionale

La terapia farmacologica classica contempla l’utilizzo di varie classi farmacologiche che possono trovare applicazione sia nel mantenimento di uno stato di remissione clinica, sia nel trattamento delle riacutizzazioni.

5-Amminosalicilati

In questa classe farmacologica sono compresi diversi composti derivati dall’acido 5-Amminosalicilico (5-ASA), il quale possiede attività antiinfiammatoria a livello intestinale e, più specificamente, del colon.

Il capostipite della classe è rappresentato dalla Sulfasalazina, molecola ottenuta dalla coniugazione dell’acido 5-Amminosalicilico con la Sulfapiridina. L’obiettivo originario era quello di ottenere un farmaco dall’azione sia antiinfiammatoria che antibiotica; solo in un secondo momento si è dimostrato efficace per il trattamento della RCU grazie al solo 5-ASA.

Successivamente sono quindi stati prodotti farmaci derivati da questa componente attiva quali la Mesalazina (che è lo stesso 5-ASA) , la Balsalazide e l’Olsalazina (profarmaci del 5-ASA).

Sono disponibili diverse formulazioni farmacologiche, assumibili per os o per via trans-rettale (supposte e clismi), che consentono di direzionare il farmaco nei tratti di intestino in cui è necessario intervenire.

Tali farmaci si sono dimostrati essere efficaci in maniera sovrapponibile per il mantenimento della RCU in fase lieve e moderata, la scelta dipende in gran parte dalla sede di infiammazione e dalle eventuali intolleranze del paziente. 94

L’utilizzo per la MC è invece dibattuto: gli amminosalicilati fornirebbero infatti solo un lieve beneficio nelle fasi attive di malattia ed alcuni trial clinici affermano che la loro efficacia nel mantenimento delle fasi di remissione sia sostanzialmente paragonabile al placebo. 95

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Gli effetti avversi sono più comuni con la Sulfasalazina rispetto ad altri composti e comprendono cefalea, nausea, astenia e dolore addominale; la gravità di tali sintomi si correla con la dose. Più raramente possono dare nefrotossicità (motivo per cui tali pazienti dovrebbero essere controllati per la funzionalità renale) e reazioni di tipo allergico o idiosincrasico quali anemia emolitica, mielotossicità, epatite, rash cutanei e sindrome di Stevens-Johnson.

Corticosteroidi

I corticosteroidi rappresentano un cardine nella terapia di RCU e MC grazie alla loro potente azione antiinfiammatoria e immunomodulatrice.

Possono essere somministrati da soli o in combinazione con un 5-ASA e trovano ampio uso in quanto efficaci nel trattamento della malattia in fase acuta e nell’induzione della remissione.

Una volta ottenuto il controllo della malattia dovrebbero essere sospesi per via degli effetti cronici della terapia steroidea, tuttavia questo non è sempre possibile.

95

Solo nel 40% dei pazienti si riesce infatti ad ottenere una remissione duratura che continua dopo la sospensione del farmaco, un altro 40% invece sviluppa la condizione di cortico-dipendenza. Nel paziente cortico-dipendente si ha una ricomparsa dei sintomi di malattia al momento della cessazione o riduzione della dose di steroide: spesso questi pazienti necessitano di un basso ma costante livello di steroidi per mantenere il benessere clinico.

Vi è poi un restante 20% di casi in cui la terapia steroidea è inefficace e si parla quindi di pazienti cortico-resistenti.

La comparsa di farmacoresistenza o di corticodipendenza deve portare il clinico a valutare delle alternative alla terapia in atto: queste condizioni rappresentano infatti una delle maggiori indicazioni all’utilizzo di un farmaco biologico.

Le molecole di maggiore utilizzo sono Prednisone, Metilprednisolone, Idrocortisone e Budesonide. Sono disponibili diverse formulazioni, la cui scelta dipende principalmente dalla localizzazione e dall’attività di malattia: è possibile

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infatti ricorrere a un trattamento topico nella forma di clismi e supposte oppure ad un trattamento sistemico per via orale o, in casi più gravi, per via iniettiva. 96

Una delle maggiori problematiche che derivano dall’utilizzo di questi farmaci è la comparsa di effetti avversi, questi fanno la loro comparsa a partire da due settimane dall’inizio della terapia e tendono ad aggravarsi quanto più questa è duratura.

Tra gli effetti avversi più comuni si ricordano ridistribuzione del grasso corporeo, ritenzione idrica, assottigliamento e fragilità della cute, ipertensione, osteoporosi, miopatia, alterazioni del tono dell’umore; tutti questi elementi concorrono a formare l’entità clinica della Sindrome di Cushing Iatrogena. 95

Immunosoppressori

Famiglia molto ampia di farmaci che, attraverso vari meccanismi di azione, consentono di modulare e sopprimere la risposta immunitaria. Inizialmente sviluppati per un utilizzo in ambito oncologico e trapiantologico si sono dimostrati efficaci nel trattamento di molte malattie immunomediate tra cui anche le MICI.

• Azatioprina e 6-mercaptopurina (6-MP): l’azatioprina viene velocemente convertita in 6-MP, la quale si comporta come un analogo purinico andando a bloccare la sintesi delle purine e di conseguenza la replicazione cellulare. Il profilo di azione di tali farmaci è sostanzialmente identico e i dosaggi indicati sono di 2-2,5mg/kg per l’Azatioprina e di 1,5mg/kg per la 6-MP. La loro efficacia non è immediata e possono essere necessari anche alcuni mesi prima che questa si evidenzi; per questo motivo rappresentano una scelta terapeutica adatta al mantenimento della remissione e sono utili come alternativa ai corticosteroidi anche in pazienti steroido-dipendenti.

Gli effetti avversi più temibili sono la mielotossicità, dalla quale in particolare può derivare una condizione di leucopenia che espone il paziente ad infezioni opportunistiche, e la epatotossicità; nel 3-5% dei casi si può avere una pancreatite acuta farmaco-indotta la quale tipicamente insorge nelle prime settimane di terapia e regredisce alla cessazione della stessa. 95,97

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• Ciclosporina: Potente immunosoppressore, è un peptide lipofilo inibitore della Calcineurina, molecola fondamentale nei processi di attivazione dei linfociti T.

Il suo utilizzo è rivolto principalmente a pazienti affetti da RCU con elevata attività di malattia e non responsivi agli steroidi, per i quali sarebbe altrimenti necessario un intervento chirurgico.

La somministrazione è per via endovenosa ad un dosaggio raccomandato di 2-4mg/kg .

Il miglioramento del quadro clinico si ottiene in breve tempo, generalmente nel corso di una settimana. È possibile anche una somministrazione per via orale, tuttavia questa si è dimostrata meno efficace nella sua azione terapeutica.

L’utilizzo di questo farmaco è tuttavia fortemente limitato dalla comparsa di effetti avversi: prima tra tutti la tossicità renale, per la quale si rende necessario un monitoraggio costante dei livelli di farmaco nel sangue. Tra gli altri effetti avversi si ricordano ipertensione, iperplasia gengivale, ipertricosi, parestesie, tremori, cefalea e infezioni opportunistiche da P. Carinii.95

• Metotrexate: inibitore della diidrofolato reduttasi, impedisce la sintesi del DNA e quindi la riproduzione cellulare, sembra inoltre possedere effetti antiinfiammatori indipendenti da questo meccanismo.

Se usato ad alte dosi (25mg/settimana i.m. o s.c.) si è dimostrato efficace nell’indurre e mantenere la remissione nei pazienti con MC.

Nella pratica clinica il Metotrexate è però poco utilizzato in quanto ha efficacia inferiore all’Azatioprina, inoltre ha un maggior rischio di effetti avversi e necessita di una supplementazione di folati per tutta la durata della terapia.

Non è invece indicato per il trattamento della RCU in quanto nessuno studio ne ha dimostrato l’efficacia. 98,99

Antibiotici

Pur non avendo una azione diretta sui meccanismi dell’infiammazione, dati clinici e sperimentali affermano che la terapia antibiotica, se assunta in associazione alla

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