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L'insegnamento della letteratura italiana nella scuola media superiore: il dibattito teorico e i testi di lavoro

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Corso di Laurea specialistica

in Filologia e letteratura italiana

Tesi di Laurea

L'insegnamento della

letteratura italiana nella scuola

media superiore

Il dibattito teorico e i testi di lavoro

Relatore

Ch. Prof. Pietro Gibellini

Laureando

Francesco Brollo Matricola 820024

Anno Accademico 2012 / 2013

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INDICE

I. LA LETTERATURA E L'EDUCAZIONE LETTERARIA

1. L'educazione letteraria. Un'introduzione p. 5

2. Gli strumenti dell'educazione letteraria: la storia della letteratura e l'antologia

p. 11

3. La letteratura in classe: i modelli, gli atteggiamenti critici e la didattica p. 17

4. L'educazione letteraria nella scuola: riflessioni e proposte p. 27

II. GLI STRUMENTI: IL LIBRO DI LETTERATURA

1. Il libro di letteratura italiana, la scuola e l'editoria negli ultimi due decenni

p. 36

2. Le storie-antologie degli anni Novanta e del nuovo millennio: un excursus

p. 43

3. Le storie-antologie di Letteratura italiana: dal libro enciclopedico al libro-tutor

p. 58

4. Libri a confronto: il primo volume e la letteratura italiana dalle origini al Trecento

p. 76

5. Un nuovo paradigma didattico. Quali prospettive per il libro di Letteratura italiana?

p. 152

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I.

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1. L'EDUCAZIONE LETTERARIA. UN'INTRODUZIONE

La letteratura assume rispetto ad altri strumenti formativi una posizione di straordinario rilievo nel sistema scolastico: il primo contatto con i testi letterari ha luogo fin dall'educazione di base, che coincide con la scuola elementare, e poi l'approccio ad essi evolve, passando attraverso i programmi della scuola media e della scuola superiore1.

Nei primi anni di istruzione, quelli della scuola elementare, l'allievo incontra per la prima volta la letteratura durante le ore di educazione linguistica: questo uso dei testi per acquisire le competenze di base con la lingua italiana non deve stupire perché rientra nella nostra tradizione. Si pensi alla storia della nostra lingua e alla funzione in essa svolta da molti testi capaci di fornire dei modelli di italiano sintatticamente robusto e lessicalmente ricco: I promessi sposi di Alessandro Manzoni, Cuore di Edmondo De Amicis, le poesie di Giosuè Carducci, di Giovanni Pascoli, i testi di Italo Calvino e di Gianni Rodari.

Ci sono stati ripetuti tentativi di orientare diversamente l'educazione linguistica sulla comunicazione quotidiana e su quella informativa: ne è segno l'integrazione della scelta di testi letterari con altri non letterari. Si tratta di un cambiamento giustificato dal fatto che molto spesso è più facile apprendere le strutture e gli usi della lingua attraverso testi con cui veniamo a contatto più frequentemente nella vita quotidiana e svincolati dal desiderio di leggere. Nonostante ciò, la letteratura continua ad avere una funzione importante e un ruolo privilegiato negli ordini di istruzione successivi. Proprio durante gli anni della scuola media ha inizio la prima alfabetizzazione letteraria, linguistica e culturale: la letteratura serve, in questo caso, ad educare i ragazzi alla lettura e a intraprendere percorsi di ricerca e di acculturazione, per trasmettere valori civili, morali, per conoscere culture ed epoche storiche diverse da quella contemporanea.

1 L'atto di nascita del sistema scolastico italiano fu la Legge Casati del 1859. A partire dall'Unità d'Italia l'istruzione si caratterizzò per la scelta dell'asse culturale Liceo Classico/Università: la preparazione umanistica era ritenuta la miglior base per creare una classe dirigente ristretta e preparata.

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Nei primi livelli d'istruzione (quelli della cosiddetta “scuola dell'obbligo”) gli strumenti fondamentali usati durante le ore di Italiano e nei quali gli studenti possono avere l'occasione di leggere esempi di letteratura sono l'antologia e altri libri di lettura (romanzi, racconti di viaggio e d'avventura, libri-inchiesta con apparati di commento, eserciziari, temi di dibattito e proposte di ricerca) integrati con il libro di grammatica per l'educazione strettamente linguistica.

Da un discorso di tipo quantitativo, però, è utile passare anche a considerazioni di ordine qualitativo. Infatti, la presenza della letteratura è sì constante, ma la divulgazione letteraria nella didattica della scuola elementare e media utilizza i testi snaturandoli: i procedimenti che portano a tali conseguenze sono gli stessi usati dall'industria culturale, dall'editoria per l'infanzia e per l'adolescenza, dalle trasmissioni televisive.

Per evitare questi usi deformanti della letteratura Remo Ceserani2 invita alla prudenza

e consiglia di non fermarsi alla domanda “Cosa dice il testo?” ma di chiedersi “Perché lo dice?” e “Come lo dice?”. Il lavoro sul testo poetico, che si basa prevalentemente sulle impressioni e sulla genericità delle idee e dei temi, dovrebbe, guidare alla comprensione dei meccanismi verbali, delle affascinanti ambiguità del linguaggio e all'individuazione degli espedienti retorici impiegati dal poeta. Analoghe considerazioni valgono per i testi narrativi: questi, scelti a seconda dei loro contenuti tematici, per l'interesse che suscitano e per le occasioni di dibattito cui possono dar luogo, dovrebbero essere il punto di inizio per una ricerca intorno l'efficacia dei loro meccanismi narrativi, la complessità della stratificazione semantica e dei rapporti tra realtà e finzione. Tuttavia, come sottolinea lo stesso Ceserani, il tempo è insufficiente, gli strumenti sono inadeguati e la relazione con la classe è piuttosto fragile: per questo motivo risulta preferibile focalizzare l'attenzione su una buona educazione linguistica, sui linguaggi della comunicazione sociale e quotidiana, ovviamente molto più semplici rispetto a quelli letterari e delle altre espressioni artistiche.

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Un discorso a sé merita, invece, il ruolo dell'educazione letteraria nella scuola superiore che si articola in un biennio e in un triennio (ora suddiviso in secondo biennio e ultimo anno3).

Nel primo biennio di questo ultimo ordine del sistema d'istruzione italiano continua l'uso dei testi letterari a fini estrinseci4 e non è raro che diventino il punto di partenza

per creative e libere discussioni. Nonostante la disaffezione degli studenti per la letteratura, l'antologia rimane lo strumento privilegiato per acquisire capacità di base come la lettura consapevole e autonoma di testi di tipologie diverse.

Per quanto riguarda l'educazione letteraria al triennio, le tendenze che provocano le più importanti storture sono principalmente due: la prima vede la letteratura al servizio dell'educazione linguistica, mentre la seconda la concepisce come trasmissione dei valori eterni dell'uomo. A queste potremmo aggiungere una terza corrente molto forte e cioè quella che insegna la disciplina come storia della letteratura nazionale; tuttavia, essendo ancora molto presente, verrà trattata nel terzo capitolo in cui saranno presi in esame i modelli di atteggiamento critico e di pratica didattica nella scuola odierna5.

La prima tendenza è diffusa soprattutto nei manuali di didattica della letteratura6, nei

corsi di aggiornamento per insegnanti e nei progetti di riforma ministeriali: la letteratura, in questo caso, è al servizio dell'educazione linguistica. L'idea forte alla radice di questo uso dei testi letterari è quella dell'educazione linguistica come unica base necessaria e comune a tutti gli studenti di tutti gli indirizzi di studio (licei, istituti tecnici e professionali) e il rischio è l'appiattimento e la cancellazione di tutte le altre dimensioni della letteratura. Nonostante il fallimento del progetto che voleva fare della linguistica la disciplina di riferimento di tutte le scienze umane, molti

3 Cfr. Decreto ministeriale sul riordino del 2° ciclo d'istruzione del 15 marzo 2010.

4 Riguardo tale questione, Ceserani riporta un passo del romanzo Wilt [Eva, una bambola e il professore, 1976] dell'inglese Tom Sharp in cui tale atteggiamento viene parodiato mostrando lo svolgimento delle lezioni di un docente della scuola superiore. Dato il rifiuto della classe di immedesimarsi nelle opere, gli interrogativi degli studenti deviano irrimediabilmente le lezioni a questioni attuali legate alla vita quotidiana.

5 Cfr. I parte, cap. 3, p. 17.

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pedagogisti e tecnici della didattica, lavorando sulle varie forme di linguaggio e di apprendimento, arrivarono a pensare alla didattica come una forma specializzata (persuasiva, dialogica, ecc. ) di comunicazione. Sulla base di questa premessa teorica, i testi letterari antologizzati vengono smontati, analizzati ignorando i modi e le circostanze della loro produzione e ricezione. Ne consegue la semplificazione della testualità a pura comunicazione e decodificazione del testo: nei programmi educativi che riflettono questa tendenza, l'analisi retorica della tradizione letteraria è sostituita da operazioni di codificazione, ricodificazione e transcodificazione dei testi (ad esempio trascrivere una storia di parole in una storia di immagini, in un video). La radicale destoricizzazione dei testi risulta così conforme a quelle ideologie dominanti che proclamano la morte della storia e la perdita, dunque, della cognizione delle radici storiche dei testi, dell'immaginario e delle modalità con cui le opere e i testi dell'immaginario influenzano l'uomo sul piano biologico, antropologico e sociale. La seconda tendenza, invece, riguarda coloro che nell'insegnamento sono ancora nostalgici della concezione della letteratura come fatto estetico ovvero come comunicazione di esperienze sublimi, di sentimenti altissimi e di originali slanci della fantasia. Anche questa corrente è responsabile di una riduzione e destoricizzazione dell'immaginario. I testi letterari sono utilizzati ponendo come principale obiettivo la formazione etica e morale: i grandi testi dell'epica, del romanzo e della poesia sono presi in esame per entrare in contatto con valori eterni e profondi dell'uomo e con complesse istituzioni e strumentazioni retoriche.

Presupposto ideologico di questa posizione conservatrice è quel modello educativo in cui la letteratura perde la sua specificità, diventa tutto e parla di filosofia, di etica, di scienza, di storia, ecc. Un'educazione letteraria di tale tipo corre il pericolo di ridursi nel culto dell'eloquenza e del bello scrivere e di selezionare gli studenti della classe sulla base del grado di comprensione e di rielaborazione del messaggio letterario più o meno recepito.

Ceserani ribadisce l'irriducibilità dell'opera letteraria alla sola testualità linguistica o unicamente alla qualità estetica perché appartiene al nostro immaginario culturale. È

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necessario riportare l'attenzione sulle potenzialità conoscitive e formative della lettura: entrare in contatto con un'opera letteraria permette di conoscere i bisogni profondi dell'uomo attraverso i prodotti dell'immaginario letterario, caratterizzati da tensioni interne, da contraddizioni e per questo elementi costitutivi di un'esperienza culturale non superficiale.

La tradizione letteraria ha avuto un ruolo fondamentale nell'età postunitaria.

L'Italia, infatti, si presentava come un paese fortemente eterogeneo e privo di forti strutture unitarie economiche e statali. Quindi, per cercare di creare un senso di identità nazionale, si è deciso di puntare sulla letteratura la quale offriva un valido ed efficace collante ed un modello per l'unificazione linguistica e culturale della penisola. In questo quadro storico la storia letteraria è diventata lo strumento privilegiato di autoeducazione del cittadino italiano ed è stata proposta come un romanzo di formazione in cui la vicenda narrativa procedeva grazie al conflitto tra le generazioni e il distinguersi di autori-personaggi importanti. Rientra in questa terza tipologia d'uso della letteratura il tentativo di individuare, ad esempio, il poema epico-nazionale italiano e le proposte dell'Iliade e dell'Odissea di Omero e soprattutto dell'Eneide di Virgilio, con la conseguente deformazione dell'impianto ideologico dell'autore. La letteratura, quindi, risultava nuovamente asservita ad una ideologia che ha come obiettivo l'educazione collettiva. Questo modello è stato preso a riferimento nella programmazione scolastica per almeno un secolo, ha agevolato il costituirsi di una lingua comune – operazione che poi ha ricevuto un notevole impulso grazie alla televisione – e , allo stesso tempo, ha creato l'immagine dell'italiano come intellettuale sventurato e/o in esilio, come eroe dei due mondi, come soldato delle trincee della guerra mondiale e fratello nel dolore di tanti altri, come “poeta-vate” che dà voce al mito nazionale.

Da queste premesse si è imposto il fortunato modello storicistico ottocentesco: esso risulta ancora molto diffuso a dispetto dell'esigenza di integrarlo o di sostituirlo con una libera esplorazione dei testi letterari, di cui recuperare la vera storicità tra conflitti

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2. GLI STRUMENTI DELL'EDUCAZIONE LETTERARIA: LA STORIA DELLA LETTERATURA E L'ANTOLOGIA

Negli ultimi decenni si sono distinte nella scuola italiana concezioni diverse della letteratura, del suo valore formativo e si sono affermate più concezioni della didattica ispirate a idee differenti di efficienza e di efficacia.

Chi scrive una storia letteraria non compie un'operazione imparziale ed oggettiva: qualsiasi profilo storico della letteratura è il frutto di un bilancio complessivo che tiene conto delle conclusioni a cui è giunto l'autore (o gli autori) e la critica precedente. Il progetto di scrivere una storia della letteratura, quindi, comporta problemi di carattere teorico e metodologico: la concezione/idea della letteratura e il modo di impostare i rapporti tra questa e la storia1. L'impianto dell'opera sarà,

dunque, diverso a seconda della personalità e dell'orientamento della ricerca dell'autore: quest'ultimo, ad esempio, per citare due casi che si collocano ai poli opposti, può considerare la letteratura come fenomeno autonomo oppure eteronomo2.

Per Francesco De Sanctis, autore della Storia della letteratura italiana3, la letteratura

era un fattore spirituale di civiltà che si muoveva in maniera dialettica e progressiva fino alla conquista da parte dell'Italia dell'indipendenza e dell'identità nazionale. I grandi scrittori erano tali in quanto capaci di esprimere le più significative esigenze del proprio tempo trasfigurandole in creazioni che vivevano di vita propria.

Fra Otto e Novecento il Positivismo maturò un'altra concezione della letteratura come fattore autonomo: essa era considerata un insieme di materiali eruditi e documentari, filologici e biografici validi in sé stessi piuttosto che riconducibili ad una valutazione estetica del fatto letterario o alla dialettica del quadro d'insieme.

Benedetto Croce, infine, accentuò il concetto di autonomia dell'arte: egli negava sul

1 Sulla storiografia letteraria cfr. G. Getto, Storia delle storie letterarie, Bompiani, Milano 1942; C. Ossola, M. Ricciardi (a c. di), Inchiesta sulla storia letteraria, Stampatori, Torino 1978; M. Pazzaglia (a c. di), Letteratura e

storia della letteratura, Zanichelli, Bologna 1978; O. Cecchi, E. Ghidetti (a c. di), Fare storia della letteratura,

Editori Riuniti, Roma 1986.

2 L'arte è considerata autonoma quando è concepita esclusivamente come intuizione lirica dell'autore. È eteronoma, invece, se pensata come frutto di istanze personali dell'autore dipendenti anche dal contesto politico, economico, sociale, culturale, ecc. La concezione dell'arte come fenomeno autonomo è centrale nell'estetica idealistica di Benedetto Croce. Per l'eteronomia dell'arte cfr. Autonomia ed eteronomia dell'arte di Luciano Anceschi (1936). 3 F. De Sanctis, Storia della letteratura italiana, 1870-1871, a cura di N. Gallo, Einaudi, Torino 1958.

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piano teorico la legittimità stessa di una storia letteraria perché, a suo parere, la “poesia” viveva di momenti irripetibili, individuabili e isolati. Nonostante questi non potessero essere legati tra loro né dal punto di vista storico né da quello logico, egli ribadiva l'utilità didattica della storia letteraria e confermava l'autorevolezza del modello desanctisiano, che sarebbe prevalso sugli altri quasi fino ai giorni nostri. Poi, i seguaci di Croce cercarono di superarne le posizioni nel tentativo di ridare vita e credibilità alla storia letteraria e nacquero testi poi usati come manuali scolastici4.

Nel secondo dopoguerra, però, alcuni cambiamenti politico-ideologici posero le premesse per un'idea nuova di letteratura come fenomeno eteronomo. In particolare fu fondamentale la scoperta del pensiero di Antonio Gramsci, che si diffuse con la pubblicazione dei Quaderni del carcere5. La sua influenza non fu dovuta

all'elaborazione di un progetto di storia letteraria, bensì a principi che potevano essere applicati in questo ambito. Infatti, con il concetto di letteratura “nazionale-popolare”, egli indicava la necessità di prestare attenzione agli aspetti sociologici della produzione letteraria e in particolar modo al ruolo degli intellettuali nell'organizzazione della cultura.

Con la diffusione del pensiero marxista alcuni critici crociani tentarono di conciliare la loro formazione e la necessità di inserire il giudizio estetico entro una rete di fattori più ampia, comprendente anche aspetti storici, sociali e culturali: tra questi ricordiamo Natalino Sapegno e il suo Compendio di storia della letteratura italiana6,

pubblicato tra il 1936 e il 1947 ed usato nelle scuole fino agli anni settanta.

Tra le tipologie di storie della letteratura, due sono ormai superate: la storia della letteratura come storia dello spirito e come storia dello stile7. Non ci soffermeremo

4 Cfr. A. Momigliano, Storia della letteratura italiana, Principato, Messina-Milano 1936; F. Flora, Storia della

letteratura italiana, Mondadori, Milano 1940; L. Russo, Disegno storico della letteratura italiana, Sansoni, Firenze

1946.

5 A. Gramsci, Quaderni del carcere, edizione critica dell'Istituto Gramsci a cura di V. Gerratana, Einaudi, Torino 1975.

6 N. Sapegno, Compendio di storia della letteratura italiana, La Nuova Italia, Firenze 1936-1947.

7 Secondo la “storia dello spirito” (Geistesgeschichte) esiste un sentire comune e nascosto (“spirito”) che informa di sé ogni periodo storico, ogni momento della civiltà e qualsiasi espressione culturale (v. la letteratura e l'arte). Tale tendenza risale all'opera del filosofo tedesco W. Dilthey (Introduzione alle scienze dello spirito, 1883) e alla filosofia neoidealistica e neohegeliana tedesca (1910 – 1925). Un'altra impostazione diffusa nella storiografia tra fine

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sulle premesse teoriche alla base delle due (mutuate dalla storiografia ottocentesca e dalla critica d'arte del primo Novecento), ma ci limiteremo a ricordare quanto segue: la prima aderisce alla concezione della storia letteraria come storia della coscienza nazionale o dei tratti distintivi (culturali, linguistici, anche razziali) di ogni comunità nazionale, mentre la seconda individua nell'evoluzione del tratto stilistico e formale l'elemento per creare un legame tra periodi letterari differenti8.

Le storie letterarie più diffuse e praticate sono altre, in particolare quelle che integrano tra loro più tipologie. Da una parte vi sono le storie della letteratura che privilegiano il contesto, dall'altra quelle che privilegiano i testi. Alla base di questa distinzione vi è la questione dell'opera come documento o come monumento9,

derivata dalle discussioni degli storici e poi affrontata anche nell'estetica soprattutto di impostazione fenomenologica: le opere possono presentarsi come documenti, ossia come testimonianza di una determinata realtà storica, oppure come monumenti quando hanno in sé la ragione di esistere, grazie al significato profondo, alle soluzioni formali, all'insieme delle qualità estetiche.

I tipi di storia che prediligono la ricostruzione dei contesti utilizzano le opere come documenti e si focalizzano sulla storia delle istituzioni (supporti materiali della comunicazione letteraria, ambienti e circostanze della produzione dei testi, luoghi d'incontro tra gli scrittori e gli intellettuali, i gruppi, le scuole, i movimenti), della lingua, della circolazione dei prodotti letterari e del pubblico, delle idee e ideologie (degli intellettuali e della società) e della vita degli scrittori. Al contrario, le storie che si concentrano maggiormente sul testo tendono a considerare le opere letterarie come monumenti e focalizzano l'attenzione sulle forme o sui temi.

Si tratta, in questo secondo caso di storie più volte proposte e sperimentate, ma che

Ottocento e primi decenni del Novecento è quella che mette in parallelo la storia dello spirito con quella degli stili (Stilgeschichte) in base alla corrispondenza tra lo spirito dell'epoca e lo stile dell'epoca. Tale idea è stata avanzata da storici dell'arte come lo svizzero H. Wöllflin e il francese H. Focillon.

8 A questa seconda tendenza appartengono gli studiosi tedeschi di letteratura italiana T. Spoerri, G. Weise, G. R. Hocke e A. Hauser. In Italia si possono ricordare M. Praz, W. Binni e R. Scrivano. R. Wellek ha dedicato alcuni studi importanti alla periodizzazione stilistica tra cui quelli sui concetti di barocco, classicismo, romanticismo, realismo, naturalismo e simbolismo in Concept of Criticism (1963) e Discriminations (1970).

9 Cfr. R. Ceserani, Storicizzare, in M. Lavagetto (a c. di), Il testo letterario. Istruzioni per l'uso, Laterza, Bari 2004, pp. 82-83.

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difficilmente hanno raggiunto il successo desiderato. Infatti, risulta difficile costruire una storia delle forme utilizzate dagli autori della letteratura italiana perché esse di per sé non sono significanti e i singoli tratti formali (retorici, metrici, linguistici) assumono un significato solo se messi in correlazione con i tratti semantici delle opere stesse. Altrettanto rischiosa è la scrittura di una storia letteraria che cerca di individuare reti tematiche tra le opere per risalire all'immaginario di una o più epoche storiche: il pericolo è quello dello schiacciamento storico, conseguenza di una eccessiva generalizzazione e la svista dei caratteri individuali e distintivi delle epoche e delle singole opere.

Sarà bene sottolineare che la storia della letteratura è sempre un percorso diacronico e sincronico che approda ai testi e li attraversa: sono essi la vera e insostituibile ragione d'essere della storia letteraria e questa trova il suo completamento naturale e necessario nell'antologia, sia che si tratti di opere enciclopediche o scolastiche.

Per quanto riguarda l'editoria scolastica per l'Italiano nel triennio superiore, il panorama dei libri si distingue a seconda della morfologia e della prospettiva di studio che vi sono sottese. A seconda dei criteri ordinativi e della differente frazione di spazio occupato dalla storiografia letteraria, dalla scelta di testi letterari degli autori e della documentazione critica, è possibile distinguere tre atteggiamenti diversi da parte dell'autore e allo stesso modo tre prodotti diversi e complementari.

L'autore del libro può preferire tra le sue funzioni quella di storico-letterario, descrivendo e narrando l'evoluzione della civiltà letteraria (come progresso dello spirito, come prodotto di conflitti socio-economici o come sviluppo di forme e stili), quella di critico, nella selezione e nel commento ai testi, o quella di storico della critica, riportando giudizi dei maggiori studiosi di letteratura. Nello stesso ordine si sono affermati rispettivamente il manuale, l'antologia dei testi e l'antologia della critica, che hanno avuto a lungo una vita separata e che solo negli ultimi cinque decenni sono stati sempre più abilmente integrati tra loro.

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sostitutivo alla lettura integrale e allo studio delle grandi opere della nostra letteratura, essa è diventata, da almeno quarant'anni, lo strumento principale nella didattica della letteratura italiana. Il pericolo della frammentazione delle opere più importanti (i “libri classici”) è stato fortunatamente superato grazie alla proposta di testi poetici non più riportati per parti (anche accostate una di seguito all'altra), all'ordine di brani di testi in prosa uniti tra loro da parti sintetizzate, alla scelta di fornire talvolta testi completi (o quasi) e alla costruzione di percorsi antologici secondo criteri soprattutto tematici.

L'antologia ha vinto anche un'altra importante scommessa e cioè il rapporto spesso antagonistico con il profilo di storia letteraria che, dal periodo compreso tra le due guerre e gli anni Sessanta del secolo scorso, ha un ruolo dominante nella didattica della letteratura italiana. L'antologia comincia ad incorporare anche la parte manualistica e, negli ultimi tre decenni del Novecento, assume via via un ruolo sempre meno accessorio perché pone i testi in relazione al profilo storico e viceversa10.

La vera svolta ha luogo negli anni Sessanta, durante i quali la morfologia del libro di testo cambia: dall'antologia come contenitore di exempla, asservito alla trattazione teorica secondo l'impianto idealistico e/o storicistico, si passa a quella che mette in primo piano i testi e li inserisce entro inquadramenti storico-culturali (v. Gianni-Balestrieri-Pasquali, 1964, e Pazzaglia, 1972). Solo negli anni Ottanta, cioè dopo oltre un decennio dall'affermazione dei metodi formali in Italia, il paratesto dell'antologia inizia a comprendere analisi testuali: nei casi migliori, come abbiamo detto poco prima, questa innovazione riuscirà a mettere in stretta correlazione le varie parti di cui il libro è composto e a porre i testi stessi in dialogo tra loro11.

Le funzioni a cui assolve l'antologia, elaborata e destinata a specialisti o a studenti o finalizzata alla semplice divulgazione, sono principalmente tre: esemplificare

10 Cfr. II parte, cap. 2, p. 43.

11 Secondo R. Barthes e J. Kristeva tutti i testi sono in rapporto con altri testi e sono costruiti assorbendo e

trasformandone altri. Si tratta del concetto dell'intertestualità: secondo la critica strutturalistica esso non si riferisce ai rapporti intersoggettivi tra gli scrittori, ma prevede un rapporto diretto e segreto tra i testi. Ci saranno studiosi che parleranno dell'intertestualità riferendosi ad un fenomeno che riguarda i lettori: essi colgono le relazione tra i testi per interpretarli e coglierne i significati nascosti.

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l'esistenza di un fenomeno letterario; coglierne e selezionarne gli aspetti salienti; stimolare nel lettore il bisogno di approfondire quanto già acquisito. Essa, dunque, obbedisce ad una concezione strumentale nel senso positivo del termine: ciò si realizza soprattutto quando non raccoglie più le pagine esteticamente più “belle” della nostra letteratura, bensì le pagine più significative per contenuto e qualità formali, come documenti di “poetica” o come testimonianza sociologica, utili per delineare una storia letteraria.

Altra importante questione da cui dipendono l'impostazione della storia letteraria, l'antologia dei testi e il rapporto tra queste due parti del libro di letteratura è la distinzione tra i concetti di individuale e generale12.

La distinzione concettuale tra individuale e generale (o generico, esemplare) deriva, invece, dalla logica classica: se per l'interpretazione e per il giudizio individuale ogni testo è un caso a sé, secondo la formulazione di giudizi generici e classificatori un singolo caso non ha nessun interesse. Ne deriva una differente considerazione dell'opera letteraria: se da un punto di vista generale essa è oggetto di astrazione per il critico letterario nella stesura di una storia letteraria, dal punto di vista individuale ogni opera, senza dover essere un fatto extrastorico, ha in sé la storia e la storicità è un aspetto della sua fisionomia.

Le conclusioni che possiamo trarre sono le seguenti: più l'opera è vista come monumento nella sua individualità, più l'antologia assume un ruolo di primo piano rispetto alla storia letteraria e la selezione dei testi sarà oggetto di analisi e di commento; al contrario, più l'opera è considerata come documento e fatto generale, più l'antologia sarà subordinata alla costruzione e allo studio del profilo storico-letterario.

12 Cfr. R. Ceserani, Storicizzare, in M. Lavagetto (a c. di), Il testo letterario. Istruzioni per l'uso, Laterza, Bari 2004, p. 84.

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3. LA LETTERATURA IN CLASSE: I MODELLI , GLI ATTEGGIAMENTI CRITICI E LA DIDATTICA

Per capire più da vicino come si svolge l'educazione letteraria è necessario guardare non solo ai modelli teorici, ma anche alla realtà concreta della scuola italiana. I docenti di Italiano nel triennio superiore seguono tre diversi modelli di atteggiamento critico e di pratica didattica durante le lezioni di Letteratura italiana, chi in maniera più rigida e chi, invece, integrandoli tra loro in maniera personale: il modello idealistico-storicistico, quello struttural-semiotico e quello ermeneutico.

Le premesse fondamentali del modello idealistico-storicistico1 sono l'idea di storia

come percorso lineare e finalistico, lo studio di un canone indiscutibile di autori “classici” di solidi valori e la centralità della letteratura nazionale.

La lezione di letteratura, che aderisce a questi principi, privilegia l'insegnamento cattedratico della storia letteraria e punta ad una didattica dei contenuti: il discorso dell'insegnante-maestro risulta molto convenzionalizzato e a fare la differenza sono la densità intellettuale, critica e la capacità di attirare l'attenzione dei destinatari. Infatti, il sapere che deve essere trasmesso è composto da nozioni e da valori estetici, etici e di ideali connessi ai momenti salienti della storia letteraria. Durante la lezione l'insegnante si rivolge a ciascun allievo e questi ha il compito di assimilare i contenuti e di ripeterli durante le prova orali e scritte. Sia l'esposizione del docente sia la risposta dell'alunno alla domanda dell'interrogazione sono discorsi modellati su altri discorsi: quello del docente sugli studi degli esperti della disciplina e spesso autori di manuali, quello dell'alunno su quello del primo e sul libro di testo in adozione. I metodi fondamentali di svolgimento dei programmi di Letteratura italiana sono, quindi, l'esposizione e il commento.

Lo strumento principale è il manuale tradizionale di storia letteraria; poi, in posizione

1 Per conoscere le teorie su cui si basa il modello idealistico-storicistico, cfr. i capp. 1-4 (Il realismo etico-civile di

Francesco De Sanctis; Scuola storica; Benedetto Croce e la critica idealistica; Storicismo marxista, sociologia,

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subordinata, viene impiegata l'antologia di testi e, talvolta, anche quella di brani critici. Il manuale espone concetti quali la definizione dei periodi storici, delle scuole letterarie, la narrazione dei fatti esterni e interni alla vita degli autori, la spiegazione delle loro concezioni del mondo e di prese di posizione ideologiche, la storia e le vicende delle opere, il riassunto del loro contenuto. I brani dell'antologia devono fornire, invece, un'esemplificazione utile per verificare e confermare le affermazioni generali del profilo storico e di eventuali saggi critici (in genere scelti in modo parziale e abbreviati). I cappelli introduttivi, le note e le proposte di lavoro che corredano i brani antologici tendono ad inquadrare la lettura di questi secondo il modello storicistico.

Questo modello, nonostante i suoi difetti culturali e pedagogici, è prevalso nell'ambito didattico italiano del Novecento almeno fino ai programmi Brocca (1988 - 1992) ed è ancora presente sia nel mondo della scuola sia in quello accademico. Molte generazioni di insegnanti si sono formati secondo questo metodo e ne continuano la lunga tradizione, rivitalizzandolo in modo personale per renderlo più efficiente: ora sono accentuati i contenuti critici e a volte anche quelli nozionistici, ora è arricchito secondo le proprie passioni ideologiche come il gusto della lettura e l'affinamento della sensibilità ricettiva degli allievi.

Il modello appena illustrato entra in crisi negli anni '60 e '70 del Novecento, quando si diffondono le novità introdotte dallo strutturalismo e dalla semiologia2.

I protagonisti di questo svecchiamento dei criteri e dei programmi di studio della letteratura sono insegnanti giovani, una minoranza, aggiornati sui progressi delle scienze umane e spesso stanchi delle pratiche didattiche tradizionali.

Il modello struttural-semiotico si basa sull'idea rivoluzionaria per cui di ogni testo esiste una decodifica corretta, vale a dire un'analisi esatta dello stesso. Di qui, si afferma la necessità di una scienza della letteratura, manifestazione di un

2 Per conoscere le teorie su cui si basano lo strutturalismo e la semiologia e, dunque, il modello struttural-semiotico, cfr. cap. 7 (La solitudine del testo. Strutturalismo, semiologia/semiotica, narratologia) in G. Tellini, Metodi e

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atteggiamento nei confronti del testo che mira al rilevamento di fenomeni descrivibili, misurabili in modo oggettivo. Per questo motivo, il testo, inteso come prodotto linguistico, è dotato di un ricco apparato di strumenti di decodifica, di misurazione e l'insegnante-scienziato diventa un “tecnico” della letteratura che deve educare gli allievi all'analisi dei testi.

La classe assume le caratteristiche di un laboratorio in cui gli allievi analizzano i testi per valutarne il funzionamento e capirne il significato. Questo metodo didattico punta alla programmazione di obiettivi organizzati secondo tassonomie perché diverse sono le abilità che lo studente deve acquisire.

L'impostazione dell'antologia cambia: a quella tradizionale, in cui sono presenti tagli e testi manipolati, si sostituisce una raccolta antologica che propone la lettura e l'analisi di opere il più possibile integrali. La letteratura viene intesa come corpus testuale e insieme di regole e istituzioni retoriche: per questo motivo cominciano ad affermarsi lo studio dei generi e delle tradizioni stilistiche.

Anche nel caso del modello struttural-semiotico sono stati espressi timori su eventuali conseguenze negative: l'utilizzo del metodo di lavoro descritto comporterebbe, infatti, un pericoloso riduzionismo culturale a causa di uno studio costituito da pratiche meccaniche e ripetitive. Inoltre, nemmeno le pubblicazioni editoriali hanno giovato allo sviluppo di questa pratica didattica innovativa: i manuali divulgativi sono stati appesantiti da un imponente insieme di apparati (analisi, schemi, grafici, precisazioni terminologiche, esercizi) che ha schiacciato il testo e, creando un evidente squilibrio tra questo e il paratesto, ne ha compromesso la centralità.

L'ultimo modello che prendiamo in esame è quello ermeneutico3.

La proposta di questo metodo di insegnamento e di studio è presente soprattutto nelle discussioni teoriche e programmatiche, mentre resta nel nostro paese ancora poco applicato nell'effettiva pratica didattica.

3 Per conoscere le teorie su cui si basa il modello ermeneutico, cfr. cap. 8 (I diritti del lettore. Fenomenologia,

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Stanley Fish, nel suo libro C'è un testo in questa classe?4, mette a punto la sua teoria

secondo la quale sono soprattutto i lettori, più che il testo statico, a costruire il senso in virtù delle teorie e delle credenze che si fanno a proposito del testo (non solo letterario) e che vengono considerate vere. I lettori sono ritenuti, quindi, una comunità di persone che condividono le stesse strategie interpretative. La risposta alla domanda contenuta nel titolo del suo più celebre libro è negativa se si intende il testo come una catena di significati preordinati e da esaminare, ma è affermativa se è la comunità dei lettori a definire il senso del testo (in qualche modo scrivendolo nuovamente assieme all'autore). Il saggio di Fish rende in modo molto efficace l'idea di questo modello didattico che si focalizza sulle strategie di lettura e di interpretazione dei testi e che concepisce la classe come comunità interpretante.

La scena non è più quella della lezione cattedratica o della classe come laboratorio: la situazione ideale è quella degli allievi che, disposti a cerchio e guidati dall'insegnante, sottopongono il testo all'esercizio interpretativo, mettono a confronto le proprie interpretazioni e ne motivano le ragioni. L'insegnante assume un ruolo simile a quello del pastore protestante entro la sua comunità di fedeli, impegnata nella comprensione del testo biblico: questa realtà rispecchia un'affermata tradizione culturale americana familiare allo stesso Fish, il quale individua nella lettura e nell'interpretazione aperta e comunitaria due elementi preziosi anche nella didattica della letteratura.

Lo scopo del lavoro didattico, come già detto, è il confronto tra le interpretazioni: l'analisi del testo, dunque, risulta indispensabile e si pone allo stesso tempo in posizione subordinata. C'è, però, un pericolo da evitare: quello di credere che tutte le interpretazioni possano essere accettabili e plausibili. L'analisi del testo serve proprio a deviare da tale rischio: gli allievi dovranno cercare di volta in volta argomenti a sostegno o a conferma della superiorità di un'interpretazione sull'altra all'interno dei testi, delle tradizioni linguistiche, delle convenzioni letterarie o nel contesto storico-culturale.

Il modello ermeneutico presenta come punto di forza il ruolo fondamentale assegnato

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allo studente nella sua soggettività. Il fatto di mettere al centro del lavoro didattico l'allievo, con il suo mondo di sentimenti e di idee e le sue capacità comunicative e persuasive, permette un'educazione letteraria più flessibile che risponde all'età degli studenti, ai loro interessi e alla curiosità di confrontarsi con altre culture. La letteratura, quindi, oltrepassa i limiti del sapere nozionistico e dell'analisi utile ma meccanica: essa diventa oggetto privilegiato di un dialogo intersoggettivo e interculturale.

Anche il tentativo dell'ermeneutica di cambiare la didattica della Letteratura italiana è stato parziale: questo recente modello metodologico si è tradotto nella pratica della “discussione in classe” a partire da un testo letterario, si è confuso con la tendenza al dibattito ideologico e in quella postmoderna che assorbe la letteratura negli Studi

Culturali. Inoltre, i manuali scolastici, pur presentando materiale critico idoneo a mostrare la plurisemanticità e la plurinterpretabilità dei testi letterari, raramente riescono a presentare un efficace confronto interpretativo. Generalmente gli autori dei libri di Letteratura italiana si limitano a riportare nelle analisi del testo le interpretazioni dei critici e a presentare come approfondimenti qualche lettura critica e la storia della ricezione.

Dal confronto tra i tre modelli didattici per l'insegnamento della letteratura, possiamo trarre alcune importanti conclusioni.

Innanzitutto, è indispensabile elaborare e mettere in pratica una strategia pedagogica che, tenendo salda la centralità del testo, riesca a coinvolgere gli studenti, ad avvicinarli a testi importanti ma non a loro vicini nel tempo. Alcuni testi, infatti, sono straordinariamente efficaci nella loro costruzione retorica e interessanti per le qualità formali, per la ricchezza di significati, tanto da dare l'impressione di poter parlare e piacere alle generazioni successive. In realtà, nulla garantisce che queste loro qualità durino in eterno perché le basi materiali, l'immaginario, la cultura, i modelli letterari e la lingua cambiano nella storia.

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e ai conflitti tra culture diverse, mettendone a confronto i sistemi di valori e sottolineando somiglianze e differenze, influenze, segni di continuità e di discontinuità. Nulla deve mai essere dato per fisso e scontato o trasmesso in modo passivo e dogmatico; allo stesso modo, è da evitare la sostituzione di un sistema di valori e di dati culturali con altri più facili da comprendere ed assimilare per gli studenti.

Prendendo spunto dalle considerazioni di Roland Barthes in Critica e verità5, possiamo dire che i tre modelli corrispondono a tre differenti tipi di relazione con l'opera letteraria6: quello storicistico corrisponde alla critica, quello

struttural-semiotico alla “scienza della letteratura” e quello ermeneutico alla lettura.

Il modello storicistico è da sempre stato prevalente nel triennio della scuola superiore, mentre quello struttural-semiotico ha avuto un indiscutibile successo nel biennio, in cui del testo è importante riuscire ad individuare e comprendere i suoi elementi costituenti. Tra i tre approcci ai testi delle opere letterarie, però, solo la lettura è un rapporto immediato perché non vi è la mediazione della scrittura attraverso nozioni e strumenti analitici. C'è la necessità di insegnare a leggere e di fare chiarezza circa il problema dell'interpretazione perché troppe volte è ridotta al reperimento del già noto e raramente diventa l'occasione per avanzare un'ipotesi sul senso del testo da convalidare con riscontri testuali.

Per incontrare il testo e fare l'esperienza della lettura è opportuno rendere lo studente consapevole di quanto poco immediata sia la sua fruizione culturale del testo e far maturare una capacità interpretativa sempre più raffinata.

La storicizzazione permette di contestualizzare il testo giustificando i riferimenti attraverso l'analisi degli aspetti formali, dell'ideologia e della poetica. Oltre ad essa, però, sono fondamentali anche l'attualizzazione e la valorizzazione. L'attualizzazione consiste nel riattivare in classe il potenziale di senso del testo cercando di capire cosa significa per noi, ponendolo in relazione all'enciclopedia di massa a disposizione

5 R. Barthes, Critica e verità, Einaudi, Torino 2002.

6 Cfr. D. Lo Vetere, Letteratura alle superiori: lettura, esperienza e interpretazione in Cosa insegnare a scuola.

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degli allievi e alla soggettività individuale dell'allievo. L'identificazione della propria esperienza con il senso del testo va in parte salvaguardata perché è fortemente motivante e funziona da stimolo. La valorizzazione, invece, è l'atto in cui è formulato il giudizio di valore sul testo: si tratta di un giudizio complessivo di sintesi, non necessariamente estetico, che tiene in considerazione di tutti gli elementi emersi nelle fase dell'interpretazione. Il giudizio di valore dovrebbe concludere ogni lettura dato che in base ai risultati ottenuti è possibile mettere in discussione il canone degli autori e delle opere da leggere. Allo stesso tempo, il discente deve essere guidato nel dotarsi di un vocabolario adeguato per verbalizzare per iscritto e a voce ciò che ha pensato, compreso, trovato.

In questo contesto il ruolo del docente diventa fondamentale: egli non può ridursi ad un “tutor”, ad una guida poco visibile a tutela dell'autonomia dello studente, ma deve esporsi perché in lui la classe deve vedere manifestata un'esperienza di lettura adulta e consapevole. Come sostiene Romano Luperini7, deve essere recuperata la figura del

“professore come intellettuale”, ovvero del rappresentante di un pensiero critico che sa mettere in discussione sé stesso, la sua cultura, e invitare gli allievi a fare altrettanto. La classe diventa una comunità ermeneutica in cui si negoziano i significati attraverso il conflitto delle interpretazioni e ci si educa a relazionarsi con l'altro. Solo così sarà possibile assumere un atteggiamento aperto e proficuo di analisi e confronto.

Al problema dei modelli didattici diversi nell'insegnamento della Letteratura italiana nel triennio superiore è strettamente legata la questione del canone letterario scolastico, ovvero degli autori ritenuti obbligatori nei programmi.

Come abbiamo già detto, nella nostra scuola permane ancora il modello tradizionale che fa coincidere lo studio della letteratura con quello della storia letteraria. Dato che le grandi opere erano ritenute l'unico riferimento su cui fondare il valore dell'unità nazionale, nella seconda metà dell'Ottocento la letteratura era lo strumento

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pedagogico per eccellenza nella formazione dei cittadini. Si trattava di una necessità storica cui si legavano motivi di ordine linguistico: attraverso la lettura dei grandi libri degli scrittori italiani si poteva diffondere un modello compiuto di lingua italiana ancora molto frammentario nella lingua parlata8. Di conseguenza, veniva indicata una

lista di autori e l'obiettivo dello studio consisteva nell'apprendere contenuti informativi e valori trasmessi dalla tradizione letteraria.

Ai nostri giorni, però, la situazione è cambiata: la lingua italiana si è assestata9, il senso di cittadinanza oltrepassa i confini nazionali e la formazione dell'immaginario è svolto soprattutto dai mezzi di comunicazione di massa. L'impostazione storicistica, quindi, è entrata in crisi; tuttavia permane una sua versione “debole” che si basa sulla narrazione storico-cronologica e sull'idea di canone scolastico come elenco di autori obbligatori. Come sostiene Armellini10, i Programmi Brocca per il triennio, anziché

sostituire alcuni punti dei vecchi programmi con proposte alternative, hanno aggiunto delle novità procedendo semplicemente per accumulazione: oltre agli autori obbligatori e alla lettura integrale di alcune grandi opere, sono proposti la costruzione di percorsi trasversali, l'accostamento alla teoria della letteratura, agli orientamenti critici e alle letterature straniere. Inoltre, la compilazione della lunga lista degli autori da leggere sembra derivare da una visione pessimistica sulle sorti dei classici. Le loro opere sono considerate già in partenza come libri che difficilmente gli studenti prenderanno in considerazione dopo aver terminato la scuola superiore: di conseguenza la loro lettura è ritenuta indispensabile e irrinunciabile.

Luperini afferma che la questione del canone comporta almeno tre problemi: “1) la definizione di un nuovo canone scolastico italiano e del suo rapporto con il canone europeo; 2) la mancanza di un canone scolastico del Novecento; 3) l'articolazione del

8 Alessandro Manzoni ebbe un ruolo decisivo nell'elaborazione teorica in ambito linguistico nell'età del

Romanticismo e, quindi, dell'unificazione del Regno d'Italia. Egli divenne presidente della commissione nominata dal ministro della Pubblica istruzione Emilio Broglio. La “questione della lingua” assunse una valenza sociale e politica: la definizione di una lingua sovranazionale serviva a superare il particolarismo politico e linguistico della penisola e gli squilibri sociali. Cfr. C. Marazzini, Da Dante alla lingua selvaggia, Carocci, Roma 1999, cap. 19. 9 La lingua italiana si è assestata nel Novecento grazie ai mass-media, ovvero i giornali e soprattutto la radio e la

televisione. Cfr. C. Marazzini, La lingua italiana. Profilo storico, Carocci, Roma 2002, cap. 13.

10 Cfr. G. Armellini, La letteratura in classe. L'educazione letteraria e il mestiere dell'insegnante, Unicopli, Milano 2008, p. 115.

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canone nel programma triennale”11.

Dato che la nostra cultura si inserisce nel quadro europeo e occidentale, è ovvio che sia necessario conoscere anche alcuni autori stranieri. Tuttavia, questa constatazione non deve diventare il motivo per ulteriori aggiunte. Occorre studiare la letteratura italiana secondo una prospettiva nuova e sovranazionale: l'approfondimento di un autore straniero del Seicento, ad esempio, può essere un punto di partenza valido per leggere la produzione italiana dello stesso periodo. Ciò consente di dare la giusta importanza ai nostri autori dato che l'influenza dei modelli italiani e i rapporti con le altre letterature è cambiata durante i secoli.

La definizione di un canone risulta, però, più difficile per il Novecento: nei casi migliori si riscontra nei programmi la trattazione di Pascoli, D'Annunzio, Pirandello e Svevo e raramente anche di Ungaretti (o Saba) e Montale. Sebbene i programmi ministeriali e i libri di letteratura abbiano dato rilievo all'ultimo decennio del XX secolo, durante il quinto anno la lettura dei contemporanei non è esauriente a causa delle ore da dedicare alla preparazione dell'Esame di Stato. Una soluzione potrebbe derivare dal confronto tra il passato e il presente, dall'approfondimento dell'eredità letteraria dei classici nel Novecento letterario a partire da Dante (primo anno del triennio). Inoltre, data la mancanza di autori novecenteschi considerati “classici”, sarebbe preferibile studiare l'ultimo secolo secondo percorsi tematici e interdisciplinari.

Per articolare in modo efficace il canone degli autori nel programma triennale, dovremmo spostare la nostra attenzione dalla “quantità” degli autori letti alla “qualità” della lettura delle loro opere maggiori12. In questa direzione si pone la

proposta di Luperini13 che ritiene possibile nel triennio lo studio di quindici-sedici

scrittori italiani (circa cinque ogni anno) e di cinque-sei scrittori stranieri: al primo anno Dante, Petrarca, Boccaccio, Ariosto, Machiavelli; al secondo Tasso, Goldoni, Foscolo, Manzoni, Leopardi; al terzo Verga, Pirandello, Svevo, Ungaretti o Saba,

11 R. Luperini, Insegnare la letteratura oggi, Manni, Lecce 2006, p. 65.

12 Cfr. Perché insegnare i classici (e come) in L. Serianni, L'ora di italiano. Scuola e materie umanistiche, Laterza, Bari 2010, pp. 95-106.

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Montale. Questa lista di autori può essere modificata scegliendo alternative tratte dalla letteratura italiana (Guicciardini, Parini, Alfieri, Carducci, Pascoli, D'Annunzio, Gozzano, Gadda, Tozzi, Fenoglio) e da quelle straniere (Chaucer, Rabelais; Shakespeare, Cervantes, Racine, Goethe o Stendhal; Baudelaire, Dostoevskij, Tolstoj, Kafka, Eliot, ecc. ). Un canone scolastico così strutturato permette di portare a termine lo studio di un numero limitato di autori e di stimolare altri percorsi di letture secondo gli interessi della classe14. Essa, quindi, deve essere considerata come una “comunità ermeneutica”, un gruppo di lavoro in cui l'insegnamento non si riduce alla semplice trasmissione di conoscenze prestabilite e di scrittori da leggere. Dato il continuo cambiamento dei valori socio-culturali, solo attraverso il momento dell'interpretazione è possibile stabilire un proficuo dialogo sugli autori e coniugare l'importanza della tradizione letteraria con quella della soggettività degli allievi.

14 Tale proposta è affine alla ridefinizione dell'idea di canone contenuta nell'immagine della biblioteca ideale di Italo Calvino. Cfr. I. Calvino, Perché leggere i classici?, in Perché leggere i classici?, Mondadori, Milano 2002, pp. 5-13.

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4. L'EDUCAZIONE LETTERARIA NELLA SCUOLA: RIFLESSIONI E PROPOSTE

Allo stato attuale l'educazione letteraria al triennio superiore sta conoscendo un momento di crisi.

Come sostiene Simonetta Teucci1, si possono segnalare tre ordini di problemi che si

intrecciano tra loro: 1) un marcato disinteresse degli studenti verso gli autori da leggere; 2) la frustrazione dei docenti che devono presentare opere e poetiche lontanissime dai temi e dalle problematiche che gli allievi sentono propri; 3) la difficoltà riscontrata dagli studenti (e rilevata dagli insegnanti) nel confrontarsi con testi linguisticamente molto lontani dalla lingua semplificata della comunicazione quotidiana.

Inoltre, spesso lo studio della letteratura è stato ancora impostato in modo cronologico, secondo una scansione rigida dei programmi e scelte testuali sempre uguali. Questa scelta risulta, anche se obsoleta, comoda per molti docenti data l'insufficienza di ore di lezione rispetto all'ampiezza del campo di studio, il ritmo frenetico della vita scolastica e il costante dovere di valutare gli allievi tramite prove orali e scritte da correggere.

Nonostante questo bilancio attuale, non sono da scordare i numerosi cambiamenti nella didattica avvenuti negli ultimi trent'anni. Alcuni progetti, infatti, sono stati davvero innovativi ma altrettanto inefficaci perché recepiti in maniera ambigua e tradotti in metodi sperimentali di breve fortuna.

Alla base delle riforme riguardanti gli anni '90 c'è stato un importante cambiamento nel mondo dell'istruzione: il passaggio da una scuola selettiva, che determinava già in partenza le scelte lavorative future, ad una scuola di massa, che rimanda tali scelte anche oltre l'università.

1 Cfr. S. Teucci, L'insegnamento della letteratura italiana e il “triennio” superiore, in www.griseldaonline.it, 25 giugno 2009.

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Un concetto che ha fatto molto discutere perché difficile da definire in maniera univoca è stato quello di “curricolo”: in esso, infatti, risulta impossibile valutare il percorso formativo da un solo punto di vista (quello dello studente e quello del docente) perché si basa sull'idea di un lavoro collettivo e di collaborazione. Il curricolo come quadro di riferimento definito è diventato il cuore didattico del piano dell'offerta formativa a partire dall'avvio dell'autonomia scolastica2, dopo articolate e

complesse sperimentazioni.

Questa nozione consente di guardare all'educazione a scuola come un processo complesso in cui si intrecciano processi cognitivi e relazionali. La trasmissione culturale e l'orientamento personale hanno luogo grazie ad un sistema di componenti diversi: il contesto sociale in cui si impara, gli insegnanti responsabili dei processi educativi, gli allievi nella loro individualità e nella loro collettività e gli strumenti per appropriarsi del patrimonio culturale della società in cui si vive. Gli obiettivi stabiliti nei programmi diventano dei punti di riferimento da raggiungere grazie alla sinergia all'interno della classe con la valorizzazione sia della professionalità del docente sia delle attitudini degli allievi. La vera rivoluzione sta proprio in questo lavorare insieme che richiede una ricerca e una rielaborazione continua delle pratiche didattiche.

La svolta decisiva avviene agli inizi degli anni '90, quando la Commissione Brocca elabora un progetto di riforma riguardante sia gli ordinamenti che la struttura del sistema scolastico, superando la distinzione tra “scuola classica” e “scuola tecnica”. I piani di studio per il biennio (1991) e quelli per il triennio (1992)3 dimostrano la

volontà di adeguare la scuola ad una società cambiata e consapevole degli strumenti e dei metodi da usare: in questi documenti sono indicate le finalità, gli obiettivi, le scelte metodologiche e i criteri di valutazione della progettazione curricolare e dei

2 Cfr. I. 59/1997, art. 21 e successiva regolamentazione con il DPR 275/1999.

3 I testi relativi sono stati pubblicati negli Studi e Documenti degli Annali della Pubblica Istruzione, editi da Le Monnier, Firenze. I piani e i programmi del biennio sono usciti in un volume pubblicato dalla Editrice La Scuola di Brescia nel 1991 con un commento introduttivo di G.C. Zuccon e due contributi di F. Bertoldi, Pedagogia e

didattica nella proposta dei nuovi programmi per la scuola secondaria superiore e di Francesco De Vivo, Il faticoso cammino verso l'unificazione della scuola secondaria superiore.

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suoi contenuti. Inoltre, al rigore si aggiunge la flessibilità della programmazione: alle finalità “prescrittive” si aggiungono obiettivi “prescrittivi” e altri “facoltativi”. Grazie all'articolazione degli obiettivi in due categorie, i docenti possono procedere con l'autonomia organizzativa e didattica che la variegata realtà scolastica richiede.

Per quanto riguarda la programmazione di Italiano nel triennio, vengono distinti tre ambiti: 1) l'analisi e la contestualizzazione dei testi; 2) la riflessione sulla letteratura e sulla sua prospettiva storica; 3) le conoscenze e le competenze linguistiche. Questa tripartizione è nota e seguita da chi nel triennio di educazione letteraria fa della lettura e del lavoro sui testi il vero fulcro dell'insegnamento. Si tratta, purtroppo, di una minoranza perché è ancora radicata la convinzione in un programma rigido e imposto dall'alto da completare nell'arco di ciascun anno. Per questo motivo, l'attenzione è troppo spesso posta prevalentemente sulla storia della letteratura senza dare una sufficiente importanza alla conoscenza diretta dei testi e a percorsi tematici e di genere che possono scaturire da essi.

Il cospicuo numero di finalità e obiettivi previsti relativamente ai punti 1) e 2) comporta la necessità di dare ordine e dimensione ai contenuti secondo scelte didattiche sostenibili da parte degli studenti, considerati nella loro individualità e nei loro interessi. I percorsi di studio dovranno essere di diverso tipo, in modo tale da dedicare il giusto spazio ai testi fondamentali (testi canonici) e riservare il resto per itinerari capaci di approfondire aspetti della letteratura italiana e anche delle letterature straniere.

Di particolare interesse è anche il rilievo che viene dato all'educazione linguistica nel triennio. Essa è da sempre presente al biennio, mentre al triennio era inevitabilmente accantonata come qualcosa di già acquisito. In realtà, le conoscenze linguistiche erano destinate ad essere dimenticate e, talvolta, risultavano difficili da recuperare. Secondo i Programmi Brocca l'educazione linguistica deve proseguire nel triennio, anche se in posizione secondaria rispetto allo studio della letteratura. In apparenza, affinare le capacità di espressione orale e scritta possono sembrare un ambito separato

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rispetto alla letteratura, ma la realtà è diversa. Infatti, nel raggiungere gli obiettivi sono previsti come strumenti testi letterari e non letterari: gli studenti devono diventare capaci di decodificare ciò che leggono e codificare in strutture organiche e in forme corrette, le loro riflessioni, analisi e commenti con l'obbligo di sintesi. Ciò si traduce nelle diverse tipologie A e B della prima prova dell'Esame di Stato che prevede l'analisi e il commento di un testo letterario nel primo caso e nel secondo il saggio breve o l'articolo di giornale.

Altre importanti indicazioni ministeriali sono state fornite nel 19994 con la

regolamentazione dell'autonomia scolastica attraverso il Piano di Offerta Formativa stabilito da ciascun istituto.

Nonostante siano state poche le scuole che hanno applicato veramente le direttive suggerite dal ministero, alcuni docenti hanno iniziato a sperimentare un nuovo modello didattico-organizzativo: la didattica modulare. La programmazione modulare ha permesso di superare la tradizionale scansione diacronica e rigidamente storicistica dei contenuti previsti per l'Italiano nel triennio. Infatti, la costruzione di percorsi di studio per tema e/o per genere ha reso più efficace la comprensione delle correlazioni tra le opere e il pensiero degli autori, del costante rapporto tra la tradizione e l'innovazione nelle opere stesse e degli scrittori italiani entro una dimensione letteraria europea.

Quindi, oltre all'apprendimento delle tradizionali conoscenze nozionistiche, sono state fissate competenze e abilità da raggiungere all'interno del contesto di classe, accentuando il ruolo dello studente come protagonista e risorsa del percorso formativo stesso5. Tra le competenze ricordiamo 1) il saper mettere in rilievo aspetti

della tradizione e caratteristiche innovative delle opere, 2) riflettere circa le influenze

4 Cfr. DPR 275/99.

5 Le conoscenze sono il risultato dell'assimilazione di informazioni attraverso l'apprendimento. Le abilità indicano, invece, le capacità di applicare le conoscenze per portare a termine dei compiti e risolvere problemi. Infine, le competenze consistono nella capacità di usare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in un determinato contesto come lo studio e il lavoro. Le capacità e le abilità si distinguono tra loro perché le prime sottintendono già in partenza la possibilità di fare qualcosa, mentre le seconde ne indicano l'applicazione mediante l'esercizio.

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del contesto socio-culturale sugli autori e 3) capire l'origine dei movimenti culturali che cambiano i codici, le forme e i temi della letteratura nel tempo. Le capacità da raggiungere, invece, sono di carattere critico sui testi oggetto di studio e di analisi, creativo e comunicativo nell'elaborazione e produzione scritta e orale.

Il curricolo di Letteratura italiana previsto dalla normativa del 1999 risulta così impostato: l'asse cronologico è inteso come supporto intorno al quale si articolano unità didattiche, ovvero percorsi orizzontali e verticali che stabiliscono raccordi tra tempi diversi. Le unità didattiche, equivalenti a un numero variabile di lezioni (da 10 a 20 ore), potranno focalizzarsi sul quadro storico-culturale, sui generi letterari, su temi di particolare interesse, sul ritratto di un autore o sull'incontro con un'importante opera.

Il vero fulcro di questa innovazione nell'insegnamento della letteratura, però, sono altri “percorsi” più complessi e comprendenti le unità didattiche stesse: i moduli6.

Questi si distinguono per la loro forte autonomia progettuale e per la specifica funzione formativa: attraverso il modulo, articolato in unità didattiche, si intende produrre una significativa modifica nella connessione tra conoscenze già possedute e l'acquisizione di altre. I moduli potranno essere complessivamente 5 o 6 per anno e saranno composti da unità di tipo diverso: in questo modo, la letteratura e la cultura del Novecento può trovare spazio anche nei primi due anni del triennio mediante letture libere e soprattutto tramite l'accostamento di opere contemporanee alle epoche oggetto di studio. Il confronto delle epoche prenovecentesche con il Novecento consentirà di stabilire continuità e differenze di temi e forme, secondo l'esigenza di attualizzare o segnare le opportune differenze del passato rispetto al presente.

Oltre al modulo monodisciplinare, nell'educazione letteraria potrà essere sviluppato anche qualche modulo pluridisciplinare (che coinvolge più discipline attorno a un

6 Il modulo è una parte del programma autonoma nei suoi contenuti, conclusa in sé stessa, certificabile e accreditabile. Il modulo è formato da più unità didattiche, sezioni attraverso le quali l'insegnante organizza il suo lavoro. Queste durano un numero di ore e abbracciano più competenze. L'unità di apprendimento, invece, è l'unità di lavoro percepita dallo studente e corrisponde ad una sessione, ovvero una o due lezioni collegate e integrate dal lavoro a casa. Più unità di apprendimento formano una unità didattica.

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contenuto) e interdisciplinare (quando più discipline convergono su un'abilità complessa) grazie ora alla collaborazione di più docenti ora del consiglio di classe. Altra importante novità è stata l'apertura della lettura anche ad opere della letteratura straniera soprattutto europea. Lo studio dei rapporti tra la letteratura italiana e le letterature straniere europee diventa un momento di studio imprescindibile soprattutto a partire dal programma del secondo anno del triennio. Infatti, dopo la nascita dei nostri primi testi letterari sulla spinta delle altre culture romanze e l'importanza delle nostre opere come modelli per le altre letterature, con il Seicento, la nostra tradizione perde la sua forza trainante e, dunque, la sua centralità culturale nel panorama europeo. A questo problema si ancora quello del nostro Novecento letterario, sul quale risulta ancora difficile stabilire un canone e che necessita di uno studio integrato con le altre letterature da cui trae spunto.

Il punto di partenza del lavoro saranno sempre la lettura e l'interpretazione dei testi (testi e brani letterari, documenti, eventuali brani storico-critici), i quali diverranno l'occasione per discussioni, confronti e per l'emergere di nuovi concetti come sintesi guidata dall'insegnante a partire dall'analisi dei materiali stessi.

Ci sono anche altri fattori che hanno determinato la crisi dell'insegnamento e dello studio della Letteratura italiana nei trienni della scuola superiore. Oltre a quello già anticipato, che consiste nella distanza avvertita dagli studenti rispetto ad autori ed opere che nella società di massa non sono più il punto di partenza per la formazione civile dell'individuo, vanno ricordati altri che riguardano più da vicino la didattica e la programmazione.

Innanzitutto, l'entusiasmo legato alle novità introdotte con ritardo dal modello struttural-semiotico ha avuto vita breve: per questo, esso è stato integrato con il modello storicistico, via via rivitalizzato dai docenti in maniera personale, raggiungendo anche notevoli successi ad esempio nella produzione dei libri di testo. A questa fase, è seguita quella in cui è stato avanzato e sperimentato il modello ermeneutico che focalizza l'attenzione sull'interpretazione dei testi e sulla dimensione

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dialogica della letteratura. Nonostante alcuni importanti indicazioni da parte di studiosi e autori di fortunate storie-antologie (v. il caso di Romano Luperini), questo modello è stato utilizzato in maniera spesso poco corretta e aperta a facili derive ideologiche.

Negli ultimi anni l'arretramento è diventato più marcato con la Riforma Gelmini, attuata a partire dall'anno scolastico 2010/117 che, come afferma Luperini8, ha

segnato “il ritorno a una concezione passiva della letteratura come insieme di nozioni e di competenze neutrali”. Luperini, però, sottolinea anche il deterioramento della funzione intellettuale del docente come “mediatore culturale”, ora sempre più inquadrato e burocratizzato. Il docente, dovendo gestire classi più numerose e programmi più vasti con un orario per l'Italiano ridotto di un'ora, ritorna alle vecchie abitudini didattiche costituite da stanche convenzioni e luoghi comuni. In seguito a questo e ai nuovi programmi ministeriali, vengono a cadere le recenti conquiste: la concezione dialogica della letteratura (che non è un sapere precostituito), l'attenzione al momento interpretativo come passo successivo e necessario all'analisi del testo, il canone come momento di negoziazione interdialogica attraverso il quale operare delle scelte, l'apertura alle letterature straniere e la costruzione di percorsi tematici o per genere. Il risultato è negativo: è restaurata una successione dogmatica e diacronica di argomenti da svolgere e viene privilegiato l'uso di procedure di analisi di tipo oggettivo e descrittivo. È necessario prendere atto di questo difficile momento e reagire evitando atteggiamenti nostalgici verso l'ultimo decennio del secolo scorso. Dato il ventennio passato dai primi anni Novanta in cui ci sono stati significativi cambiamenti socio-culturali ed istituzionali, si è affermato il bisogno di un nuovo modo di insegnare la letteratura. Come Luperini sostiene, a fare la differenza sarà il passaggio dalla pretesa di uno studio specialistico della letteratura italiana ad uno più culturale ed umanistico. Va ridotto l'aspetto tecnico-professionale dei manuali degli anni '90 come va ridimensionata la spiegazione talvolta minuziosa di alcuni momenti

7 Cfr. Legge 169/2008.

8 Cfr. R. Luperini, La riforma Gelmini e l'insegnamento scolastico della letteratura in Menodizero. Rivista

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letterari, degli autori “minori” e delle questioni filologiche. A queste operazioni di carattere principalmente quantitativo devono essere aggiunte scelte di ordine qualitativo come lo studio dei grandi libri della tradizione italiana ed europea, la costruzione di percorsi per temi e per generi, rendere l'analisi linguistica dei testi propedeutica al momento interpretativo. Inoltre, sarà opportuno coinvolgere i giovani nel loro immaginario, nella loro sensibilità culturale attraverso collegamenti e riflessioni di carattere storico-antropologico, psicologico, e rendere costante l'attualizzazione dei contenuti, alla ricerca del senso che essi hanno per noi.

Solo in questo modo, vale a dire focalizzando l'attenzione sulla letteratura come patrimonio di immagini che stabiliscono un rapporto con le esperienze a noi contemporanee, potremo restituire dignità all'insegnamento della letteratura e rilegittimarla.

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II.

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