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La camisa di Lauro Olmo: studio e proposta di traduzione

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI

FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA

CORSO DI LAUREA IN

LINGUISTICA E TRADUZIONE

TESI DI LAUREA

La camisa di Lauro Olmo:

studio e proposta di traduzione

CANDIDATO

RELATORE

Luisa Frons

Chiar.mo Prof.

Enrico Di Pastena

CONTRORELATORE

Chiar.ma Prof. ssa

Rosa María García Jiménez

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INDICE

1. Il teatro spagnolo del dopoguerra

1.1 La generazione realista………...………... ..1

1.2 I referenti della generazione realista: Antonio Buero Vallejo ed Alfonso Sastre...3

1.3 Alfonso Paso e la commedia di evasione………...………...4

1.4 Il fenomeno della censura e le sue ripercussioni sulla produzione drammatica...…....5

1.5 Le compagnie teatrali del dopoguerra………...7

2. Lauro Olmo: vita e opere di un “golfo de bien” 2.1 La formazione, gli esordi e l’inaspettato successo di La camisa………..9

2.2 Gli anni della maturità fra teatro e narrativa………...13

2.3 Le ultime produzioni………..………….19

2.4 Valori, idee letterarie, stile e linguaggio ………...23

3. La camisa 3.1 Struttura, ambientazione e linguaggio drammatico………...… ……26

3.2 Il rapporto con il sainete di Carlos Arniches………...…….. ….27

3.3 La camisa e il realismo sociale………...………29

3.4 Lo spazio e gli effetti scenici………...……….. ….31

3.5 Il rapporto con la censura e con la critica...………...……. …32

3.6 I personaggi principali: Juan e Lola ………...………….34

3.7 I personaggi secondari………...……… ….35

3.8 Le implicazioni simboliche……….37

3.9 La camisa e i suoi temi: continuità con altre opere………....………. ...38

(3)

4. Analisi traduttologica di La camisa

4.1 La traduzione dei testi teatrali……….……… 43

4.1.1 Il registro linguistico dei testi teatrali………..………. 46

4.2 La variazione linguistica in traduzione………..………. 47

4.3 Elementi grammaticali e morfosintattici della varietà neo-standard……...………... 50

4.3.1 La costruzione frastica………...………... 50

4.3.2 La morfosintassi………...……… 51

4.3.3 La morfologia………...………... 53

4.4 Elementi morfosintattici e lessicali del registro colloquiale………..…… 55

4.4.1 I segnali discorsivi………..……… 55 4.4.2 La suffissazione……….………. 56 4.4.3 I colloquialismi lessicali……….……….58 4.4.4 Gli appellativi……….…………... 59 4.4.5 Il caso di gachó……….….…………. 63 4.4.6 Il turpiloquio……….………... 64

4.4.7 Varietà lessicali per campi semantici……….……… 64

4.5 Espressioni idiomatiche e giochi di parole……….………... 69

4.5.1 Le espressioni idiomatiche ………... 69

4.5.2 I giochi di parole ……….………... 71

4.6 Aspetti linguistico-culturali……….…... 76

4.6.1 La traduzione dei nomi dei personaggi del dramma ……….. 76

4.6.2 La traduzione dei nomi dei personaggi storici ………... 77

4.6.3 La traduzione dei nomi di edifici e di luoghi storici………... 77

4.6.4 La traduzione dei nomi di prodotti ed elementi culturali………... 78

4.6.5 La traduzione dei nomi con grafia scorretta ………... 78

4.6.6 La traduzione dei toponimi………. 79

(4)

4.6.8 La traduzione dei realia ………. 80

4.6.9 I versi cantati………... 81

4.7 La punteggiatura ……….... 84

Conclusioni………..………... 86

Proposta di traduzione di La camisa con testo a fronte………...….. 89

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1

1. Il teatro spagnolo del dopoguerra

1.1 La generazione realista

La definizione “generación realista” o “di promoción realista” viene proposta per la prima volta sulle pagine di Primer Acto – rivista, fondata a Madrid nel 1959, che rappresenta una forte voce di dissenso nel panorama dell’epoca – dal critico José Monleón, a seguito della prima di La camisa di Lauro Olmo, l’8 marzo 1962.1 Con questa definizione ci si riferisce ad un gruppo di giovani scrittori spagnoli, attivi a cavallo tra gli anni cinquanta e sessanta, molto diversi tra loro e inconsapevoli di rappresentare un gruppo – Antonio Gala, Carlos Muñiz, Ricardo Rodríguez Buded, Lauro Olmo, José María Rodríguez Méndez, José Martín Recuerda – accomunati dalla volontà di proporre un teatro di denuncia socio-politica, nel quale la preoccupazione civica e morale precede quella estetica.2 La realtà stilistica che rappresentano è composita: in Olmo e in Rodríguez Méndez vediamo un realismo che spesso si sposa con la tradizione dei generi teatrali minori3; in Martín Recuerda il realismo è “impregnado de una profunda espiritualidad y poesía”4 così come in Gala è possibile riscontrare una “veta realista-poética”5. Il realismo di Muñiz è, invece, un rifiuto del naturalismo convenzionale con elementi neoespressionistici; come dimostra la sua opera più popolare, El tintero (1961), dove pullulano gli elementi figurativi.6

Il nuovo teatro, pur complesso e contradditorio al suo interno, si configura sempre come un teatro di protesta – con al centro temi scottanti come le ingiustizie sociali, l’alienazione, la miseria e le sofferenze delle classi sociali più povere – e pertanto viene fortemente ostacolato dal regime, interessato a promuovere, invece, una cultura apologetica e un teatro conservatore e d’evasione.7 Pertanto, molti drammaturghi realisti si scontrano con la censura e spesso ottengono un maggior successo fuori dalle scene, con la pubblicazione delle loro opere e dei loro articoli critici, che al botteghino.8

Gli appartenenti alla generazione realista desiderano rivolgersi ad un pubblico ampio e dalla necessità di una rapida decodificazione e comprensione dei fatti rappresentati scaturisce il rifiuto di alcune sperimentazioni estreme proposte dal teatro europeo

1 OLIVA César [2004: 178].

2 OLIVA César [2004: 177-183]; RUIZ RAMÓN Francisco [1975: 485-490]. 3 OLIVA César [2004: 192-198].

4 OLIVA César [2004: 189]. 5 OLIVA César [2004: 208]. 6 OLIVA César [2004: 203-205].

7 OLIVA César [2004: 177-183]; RUIZ RAMÓN Francisco [1975: 487]. 8 OLIVA César [2004: 180].

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contemporaneo.9 Al lessico neutro del teatro ufficiale, rispondono con un linguaggio diretto, esplicito e a tratti quasi violento.10 Olmo e Rodríguez Méndez, in particolare, ci presentano un “lenguaje populista y sincopado”11, ricco di frasi fatte ed espressioni colloquiali e, perlomeno in una fase iniziale della loro produzione, molte loro opere si caratterizzano per la presenza di “algo de sainete, de costumbrismo, de viejo naturalismo”12. È possibile riscontrare molte similitudini tra La camisa di Olmo (1962) e La batalla del Verdún di Rodríguez Méndez (1965): in entrambi i casi è il proletariato suburbano il protagonista dell’opera (madrileno nel primo caso, barcellonese nel secondo) e si trattano temi quali la disoccupazione, la lotta per la sopravvivenza e l’emigrazione come rimedio finale. Se l’ambiente scelto evoca le convenzioni del genere del sainete, la volontà di critica sociale, che tanto Olmo quanto Rodríguez Méndez si prefiggono, è del tutto inedita.13

Nel novembre del 1965 a Cordova si tengono le “Conversaciones Nacionales sobre Teatro Actual” alla quale partecipano molti critici – J. Monléon, A. Marqueríe, J. De Sagarra – alcuni direttori di scena – A. Moreno, J. Guerrero Zamora, S. Salazar – ma soprattutto gran parte dei drammaturghi realisti – Gala, Olmo, Rodríguez Méndez. In questa sede si elabora un documento conclusivo che costituisce un vademecum a cui dovrebbe attenersi il nuovo teatro spagnolo, chiamato, dunque, a produrre un’arte scenica che sia testimonianza della realtà; a rivolgersi ad un pubblico popolare; a riaffermare la sua funzione sociale e culturale e, infine, a decentralizzarsi rispetto alla capitale, spostandosi nelle zone periferiche.14 Analizzando questi punti programmatici risulta evidente che, nonostante il successo di

pièces quali La camisa di Olmo e El tintero di Muñiz, a metà degli anni sessanta, è ancora

forte il radicamento di un teatro borghese, convenzionale e disimpegnato. Fotografa, con acume, lo stato di salute dell’arte drammatica spagnola di quegli anni, dalle pagine della rivista Índice, il critico Jesús Fernández Santos, il quale, riferendosi alla programmazione della stagione 1965/1966 definisce il teatro proposto: “anodino, gris y aburrido”15.

Se l’adesione all’estetica realista è, per molti giovani drammaturghi del dopoguerra, strumento di contestazione dell’arte di regime e rappresenta “un gesto, una intención de ruptura”16, con il tempo diventa una categorizzazione rigida dalla quale desiderano

9 RUIZ RAMÓN Francisco [1975: 489]. 10 RUIZ RAMÓN Francisco [1975: 488]. 11 OLIVA César [2004: 192-195]. 12 OLIVA César [2004: 178].

13 RUIZ RAMÓN Francisco [1975: 513-514].

14 GARCÍA RUIZ Víctor, TORRES NEBRERA Gregorio [2004 b: 14]. 15 GARCÍA RUIZ Víctor, TORRES NEBRERA Gregorio [2004

b: 13]. 16 OLIVA César [2004: 179].

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allontanarsi, ma mai separarsi definitivamente. Lauro Olmo, in una fase di produzione successiva a La camisa, approda ad un “realismo expresionista de signo colectivista”17; Martín Recuerda si avvicina a un teatro di “participación y provocación”18 e Rodríguez Méndez dal realismo più puro arriva al grottesco.19

1.2 I referenti della generazione realista: Antonio Buero Vallejo ed Alfonso Sastre

Quando Monleón conia la sua definizione, un teatro realista – che mettesse al centro le classi più umili e si occupasse di mettere a fuoco le disuguaglianze sociali della Spagna franchista – esisteva già, in realtà, da oltre una decina d’anni.20 Si può infatti sostenere che il precedente illustre della generazione realista sia Antonio Buero Vallejo (1916-2000) che, il 14 ottobre 1949, mette in scena, nel Teatro Español di Madrid, la sua opera maestra:

Historia de una escalera.21 Con Buero Vallejo nasce infatti “el nuevo drama español” che si caratterizza per la necessità di un “compromiso con la realidad inmediata” y la “voluntad de inquietar y remover la consciencia española”22.

Un’altra figura significativa per la generazione realista è quella di Alfonso Sastre (1926) che più di tutti ha cercato di dare un’impostazione teorica all’estetica realista in opere quali

Drama y sociedad (1956) e Anatomía del realismo (1965). Ancora studente, nel 1945, fonda

l’associazione teatrale “Arte Nuevo” che si propone di rinnovare il teatro spagnolo coevo e che raccoglie alcuni giovani drammaturghi – tra cui Alfonso Paso, Medardo Fraile e José María Palacio – che, come lui, provano “náusea ante el teatro burgués de aquel momento”23; con questo gruppo rappresenta alcune opere sperimentali di un solo atto come Uranio 235 (1946) e Cargamento de sueños (1946). Alcune riviste danno voce alla sua idea di “teatro de agitación y transformación de la sociedad”24, in particolare La Hora, dove nell’ottobre del 1950, Sastre, con José María de Quinto, firma il manifesto del “Teatro de agitación social” (T.A.S) nel quale si propone un’arte scenica con una funzione sociale e politica e che rimarrà “un grito de protesta y alerta”25. Al T.A.S segue il progetto del “Grupo de Teatro Realista” (G.T.R), sempre in collaborazione con de Quinto, che, a differenza del precedente,

17 RUIZ RAMÓN Francisco [1975: 494]. 18 OLIVA César [2004: 190].

19 OLIVA César [2004: 196]. 20 OLIVA César [2004: 178]. 21 OLIVA César [2004: 183].

22 Tutti i riferimenti in RUIZ RAMÓN Francisco [1975: 337]. 23 RUIZ RAMÓN Francisco [1975: 385].

24 RUIZ RAMÓN Francisco [1975: 386]. 25 RUIZ RAMÓN Francisco [1975: 387].

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riuscirà a concretizzarsi nella messa in scena di alcune opere, tra gennaio e febbraio 1961, come El tintero di Muñiz ma che, dopo una sola stagione, naufragherà. La produzione drammatica di Sastre riflette i suoi propositi teorici come dimostra Prólogo patético (1950) nel quale viene trattato il tema del terrorismo rivoluzionario e dove, per la prima volta, Sastre adotta una tecnica letteraria, che sarà poi ricorrente nella sua produzione, basata sugli artifici della “transposición y desarrollo”26 ovvero sulla dislocazione topografica e storica delle opere rispetto alla contemporaneità. Scelte tematiche analoghe si riscontrano in: El cubo de

la basura (1951) – dove si affronta il tema dell’azione rivoluzionaria individuale come

reazione ad un ordine sociale ingiusto; La mordaza (1954) – nella quale si mostrano le conseguenze di una tirannia; Tierra Roja (1954) – che ci propone una rivolta di minatori repressa nel sangue e Muerte en el barrio (1955) – incentrata sul peso della colpa e sulla responsabilità civile.27

1.3 Alfonso Paso e la commedia di evasione

Il panorama scenico nel quale il dramma realista cerca di trovare una sua posizione è dominato dalla commedia leggera che prende avvio negli anni quaranta – e consta di grandi nomi come Calvo Sotelo, Miguel Mihura e José María Pemán – e che continua durante il ventennio successivo. Il successo di una forma di teatro d’evasione è legato alla tipologia di pubblico che, prevalentemente, si reca nelle sale in quegli anni – una classe borghese, recentemente arricchita, che cerca nel teatro una forma di divertimento – e al fortissimo appoggio che, per ovvi motivi, il regime dà a quest’arte “innocua”, permettendo alle opere di rimanere in programmazione per moltissimo tempo, e garantendo quindi agli impresari ottimi incassi. Interessante in proposito è il ritratto che il critico Monleón ci regala, dalle pagine di Primer Acto del 1961, della platea teatrale di riferimento di quegli anni, definendola così: “Ausente por un lado el pueblo, y, por otro, la minoría intelectual, el público de teatro queda reducido casi únicamente a la burguesía, con unos gustos y una demanda perfectamente conocida y definida”28.

A cavallo tra gli anni cinquanta e sessanta, in concomitanza con le pièces impegnate di Buero Vallejo e Sastre, il vero diamante di punta del teatro commerciale – denominato “teatro público”29 – è Alfonso Paso (1926-1978). Il drammaturgo in gioventù milita tra le

26 RUIZ RAMÓN Francisco [1975: 395].

27 OLIVA César [2004: 198-203]; RUIZ RAMÓN Francisco [1975: 384-419]. 28 GARCÍA RUIZ Víctor, TORRES NEBRERA Gregorio [2004

b: 12]. 29 RUIZ RAMÓN Francisco [1975: 422].

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fila di “Arte Nuevo” e scrive alcuni articoli su Primer Acto; una pubblicazione, come precedentemente sottolineato, di stampo progressista e rivoluzionario. L’adesione di Paso ad un’arte scenica non impegnata non è, pertanto, né immediata né totale, ma nasce dalla volontà di venire a patti con il pubblico, cercando di assecondare, almeno in parte, le sue richieste. A testimonianza di quanto detto si può rilevare che, nel 1956, insieme a Cuarenta

y ocho horas de felicidad – opera comica che incarna il tema ricorrente de “hacer posible lo

imposible”30 – Paso propone Los pobrecitos che, nonostante il tono umoristico e i personaggi stereotipati, mostra un’adesione alle tematiche realiste. Tuttavia, il patto de “halagar, y a la vez luchar”31 non dura a lungo e, eccetto un paio di opere di teatro sociale, la maggior parte della fecondissima produzione dell’autore riflette il grande condizionamento che il pubblico esercita sulle sue scelte.32

Non solo Paso domina la scena del teatro commerciale nel quinquennio 1955-1960 ma a lui si uniscono anche José López Rubio – che pubblica tre commedie leggere – Víctor Ruiz Iriarte – che mette in scena farse, parodie del dramma poliziesco e del vaudeville e infine Luis Fernández de Sevilla e Carlos Llopis, continuatori della “comedia asainetada” di Carlos Arniches e Pedro Muñoz Seca.33 La scena teatrale della metà degli anni sessanta si arricchirà poi di nuovi giovani commediografi come Jaime de Armiñan, Jaime Salom e Juan José Alonso Millán.34

1.4 Il fenomeno della censura e le sue ripercussioni sulla produzione drammatica

Non si possono ignorare le ripercussioni che ha, sulla produzione drammatica, un capillare sistema di censura che dura per ben quarant’anni – la totale libertà di espressione sugli scenari si recupererà solamente nel 1978 con il “Real Decreto 262”35– responsabile di “una gravísima distorsión en la expresión pública y en la creación literaria”36.

Nella Spagna franchista, infatti, il controllo delle opere teatrali, prima della messa in scena, viene affidato ad un organo ben preciso: la “Junta de censura de las obras teatrales”,

che opera alle dipendenze della “Dirección General de Cinematografía y Teatro”. Il fenomeno della censura previa, impossibilitando la rappresentazione, priva l’autore, a

30 OLIVA César [2004: 213].

31 RUIZ RAMÓN Francisco [1975: 424].

32 OLIVA César [2004: 211-215]; RUIZ RAMÓN Francisco [1975: 422-429]. 33 GARCÍA RUIZ Víctor, TORRES NEBRERA Gregorio [2004

a: 53-57/ 82-91]. 34 RUIZ RAMÓN Francisco [1975: 429-431].

35 MUÑOZ CÁLIZ Berta [2014

b: 85-96]. 36 GARCÍA RUIZ Víctor [1999: 57].

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livello artistico, di un confronto diretto con il suo pubblico e, a livello economico, di qualsiasi tipo di remunerazione per il lavoro svolto. Il regime, come già accennato, fomenta un’arte scenica di evasione mentre sottopone alle maglie della censura il teatro “di protesta e di denuncia”37 le cui opere escono spesso “mutilate”38, a causa dei molteplici tagli. Una più sottile misura di restrizione consiste, invece, nella limitazione della messa in scena di una

pièce alle compagnie di teatro da camera; ciò comporta rendere accessibile lo spettacolo solo

ad un pubblico circoscritto – composto da drammaturghi ed universitari – diminuendo, conseguentemente, la sua portata eversiva. Talvolta, si autorizza la prima in un teatro commerciale, solo in una determinata città, e successivamente, con il pretesto di uno scarso successo ottenuto o di qualche irregolarità, se ne proibisce la replica in loco o altrove. In altre circostanze, la censura approva il testo, magari a seguito della soppressione di molte frasi o di intere scene, ma in un secondo momento ne blocca il montaggio, perché riscontra una violazione della morale cattolica nella scelta delle musiche o del vestiario. Un simile clima di sfiducia e paura finisce per condizionare gli autori nella loro fase creativa portandoli, in alcuni casi, all’autocensura; in altri, a scrivere testi eccessivamente enigmatici rivolti ad un pubblico di soli intellettuali e, in altri ancora, a un’arte solitaria dove a una totale libertà di scrittura segue l’inevitabile divieto di commercializzazione dell’opera.

Un altro fattore responsabile della scarsa diffusione del nuovo teatro è la debole formazione culturale di alcuni direttori di scena che, spesso, non si rivelano all’altezza del delicato momento storico. Il più delle volte, infatti, preferiscono puntare su commedie che assicurino fruttuosi guadagni piuttosto che riporre fiducia in pièces il cui montaggio può essere bloccato dalla censura o che possono tradursi in un sonoro fiasco. Inoltre, l’ottenimento di grandi premi, da parte della critica, non è affatto garanzia di un’autentica promozione dell’opera o della possibilità di una concreta rappresentazione scenica.39

Il dilemma tra “il piegarsi al sistema” pur di far conoscere le proprie creazioni e il rimanere in toto fedele ai propri principi, rinunciando così alla diffusione delle opere, è all’origine della celeberrima polemica sul “posibilismo” e l’“imposibilismo” teatrale, che coinvolge Buero Vallejo, Sastre, e parzialmente Paso, sulle pagine di Primer Acto (precisamente nei numeri 12, 14, 15 e 16 del 1960). Mentre Paso sostiene la necessità di scendere a patti con il pubblico e Buero Vallejo rivendica un teatro possibile, che venga

37 RUIZ RAMÓN Francisco [1975: 442]. 38 RUIZ RAMÓN Francisco [1975: 444]. 39 MUÑOZ CÁLIZ Berta [2014

b: 85-96]; OLIVA César [2004: 219-220]; RUIZ RAMÓN Francisco [1975:

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dunque autorizzato alla messa in scena, Sastre rifiuta qualsiasi tipo di compromesso – che per lui equivale a una forma di autocensura o di sottile conformismo – e sostiene il teatro impossibile, che lo è in una determinata circostanza storica e geografica ma non in assoluto.40

Lauro Olmo, uno dei drammaturghi più censurati della generazione realista – per il suo linguaggio, sempre crudo e verace, e per la sua, seppur velata, critica politica al sistema – non si schiera apertamente nella polemica ma certamente crede nella forza comunicativa del teatro; pertanto accetta sempre le modifiche imposte dalla censura e, quando riceve dei “no”, non si arrende ma sottopone le opere rifiutate più e più volte alle autorità preposte.41

1.5 Le compagnie teatrali del dopoguerra

Fin dal primo dopoguerra, nasce il desiderio di creare organizzazioni e gruppi teatrali non professionisti, alternativi al teatro commerciale e intenzionati a un rinnovamento scenico e tematico. I più rappresentativi di questa fase sono i cosiddetti “teatros íntimos”42 come “Los Juglares” e “Dido, Pequeño Teatro” a Madrid o “Teatro de Cámara” e “El Corral” a Barcellona. Le autorità mostrano un grande interesse nel cercare di controllare questo fenomeno in espansione e mettono in atto una serie di strategie. In primo luogo, offrono delle sovvenzioni ai “teatros de cámara y ensayo” disposti a iscriversi in un registro nazionale, a rivolgersi a un pubblico di soli iscritti ed infine a proporre rappresentazioni in un’unica sessione.43 In secondo luogo, attraverso il SEU (Sindicato Español Universitario) si occupano dei TEUs ovvero dei teatri universitari, i quali, nonostante la non totale libertà di azione, si rivelano il primo motore propulsore dell’arte scenica di quegli anni. Difatti, benché rappresentino principalmente autori classici (Lope de Vega, Calderón de la Barca, Tirso de Molina) e subiscano il divieto di mettere in scena testi di autori esiliati o condannati dal regime, è pur vero che apportano novità interessanti come nel caso del TEU di Granada, diretto, dal 1952 al 1959, da Martín Recuerda. Su un piano estetico, si può constatare che il direttore propone delle rappresentazioni accattivanti ed eleganti, frutto di una rielaborazione delle tecniche sceniche della commedia dell’arte italiana, del teatro shakespeariano e tedesco. Su un piano tematico, invece, nel 1954, si scelgono opere come La llanura, scritta nel 1949 dallo stesso Martín Recuerda, con un impianto storico e realista, dove la carica critica viene però inevitabilmente smorzata dai tagli operati dalla censura, volti a far

40 GARCÍA RUIZ Víctor, TORRES NEBRERA Gregorio [2004

a: 16-17]; OLIVA César [2004: 177]. 41 MUÑOZ CÁLIZ Berta [2014

a: 119-138]. 42 OLIVA César [2004: 174].

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percepire il testo più come una storia di crimini e vendetta che come il racconto appassionato di uno dei tanti episodi di violenza compiuti durante la guerra civile. Nonostante le mutilazioni subite e le limitazioni per la rappresentazione, dopo la prima a Granada, la pièce, in funzione unica sia a Siviglia che a Madrid, ottiene un ottimo successo di pubblico.44

A partire dalla metà degli anni sessanta, ai “teatros íntimos” e ai TEUs subentrano i teatri indipendenti che si propongono di essere un vero motore di cambiamento incoraggiando la presenza di nuovi attori e direttori, e facendo assumere al teatro una funzione sociale. A ciò uniscono la volontà di coinvolgere un pubblico più ampio e di scegliere nuovi spazi per la messa in scena (dalle piazze alle sale universitarie); le compagnie adottano conseguentemente uno spirito itinerante e presenziano ai principali festival del paese, nelle città di Madrid, Valladolid, Sitges, Vitoria e San Sebastián. I nuovi gruppi indipendenti – tra cui “Els Joglars”, “Los Cátaros” (a Barcellona); “Tábano”, “El Teatro Experimental Independiente” (a Madrid) – sono appoggiati da alcune riviste come le note Yorick (Barcellona - 1965) e Pipirijaina (Madrid - 1974). 45

44 MORÓN ESPINOSA Antonio C. [2008: 217-241].

45 GARCÍA RUIZ Víctor, TORRES NEBRERA Gregorio [2004

a: 136-144]; OLIVA César [2004: 220-225];

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2. Lauro Olmo: vita e opere di un “golfo de bien”

2.1 La formazione, gli esordi e l’inaspettato successo di La camisa

Lauro Olmo, considerato uno dei drammaturghi più rappresentativi della generazione realista, nasce in Galizia nella località di El Barco de Valdeorras il 9 novembre 1922. A soli quattro anni subisce il distacco dal padre che, perso il lavoro di contabile, è obbligato a emigrare in Argentina nella città di Buenos Aires e, nel 1930, con la madre e i quattro fratelli, lascia il paesino natale per dirigersi a Madrid. Nonostante siano anni di povertà e ristrettezze economiche, Olmo vive un’infanzia felice, fatta di scorribande e di grande avventure con i compagni, che lasciano in lui ricordi spensierati e indelebili. Nel 1934 viene mandato, con tre fratelli, in un istituto, dove rimarrà per due anni; non sono giorni entusiasmanti perché il piccolo Lauro si sente imprigionato e privato della propria libertà. Allo scoppio della guerra civile viene internato nelle “Guarderías infantiles” di San Juan, ad Alicante, dove compie i suoi studi superiori e dove inizia a sentirsi attratto dalla cultura. Nel 1939 torna a Madrid dove si cimenta in svariati mestieri per guadagnarsi da vivere: meccanico di biciclette, venditore ambulante e correttore di bozze. Nel 1943 compie il servizio militare nella caserma “María Cristina” ma, a causa di alcuni problemi di salute a livello polmonare dovuti a una brutta operazione al naso, è obbligato al riposo e visita nuovamente El Barco de Valdeorras. Sono anni travagliati nei quali Olmo non smette mai di leggere e di documentarsi; nel settembre del 1948 diventa socio dell’Ateneo di Madrid dove, da autodidatta, arricchisce la propria formazione culturale, divorando, anche se in maniera poco sistematica, il materiale della ricchissima biblioteca. Qui ha l’opportunità di conoscere personalità di rilievo quali il critico letterario Francisco García Pavón, il professore universitario Alberto Sánchez e gli scrittori coevi Gabriel Celaya, Víctor Ruiz Iriarte e Rafael Millán. Il suo essere al di fuori del mondo universitario e il suo forte legame con la calle, con la vita dei quartieri popolari, lo portano spesso a definirsi scherzosamente: “golfo de bien”. Agli albori degli anni cinquanta in Olmo nasce la passione per la scrittura, che si concretizzerà in tre ambiti: il teatro, la narrativa e la poesia.46

Nel 1953 compone le sue due prime opere teatrali: El Milagro – che viene messa in scena per la prima volta a Madrid il 6 dicembre 1955 presso la “Escuela Social de Trabajadores” – e El Perchero – che verrà pubblicata postuma, nel 1996, sulla rivista teatrale Estreno.47

46 BERENGUER Ángel [201814°:12-14]; GARCÍA PAVÓN Francisco [1995: 37-39]; NICHOLAS Robert L.

[1992: 51-52].

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Nel 1954 scrive e presenta nella collezione “Literatura de juglaría” l’opera in prosa Cuno che si configura come un racconto tradizionale data la brevità e il rispetto della consuetudine – contraria a quanto avviene nei romanzi – della mancata evoluzione dei personaggi. È diviso in quindici parti ed ha un’ambientazione rurale e galiziana; lo stile è conciso e il finale inaspettato. Il narratore in terza persona è onnisciente e, nel raccontare, formula precisi giudizi e compie considerevoli salti temporali. Al centro dell’opera vi è il rapporto tra il piccolo Cuno e il vecchio Anguilucha; un pastore con un triste passato alle spalle ma desideroso di riscatto. Cuno ha sette anni, è un bambino sveglio e curioso; il suo ingegno e la sua astuzia ricordano il pícaro del Lazarillo de Tormes. Vive con la nonna, visto che la madre lo ha abbandonato, ma a lei preferisce l’amicizia di Anguilucha. Nel testo si nota il buon uso che Olmo fa del “poder creador de la palabra”48 grazie al benefico influsso dell’arte poetica alla quale si dedica in quegli anni, ma anche alla sua abilità nel presentare dialoghi tendenzialmente brevi e ben strutturati, che saranno una delle chiavi del successo delle sue opere teatrali future.49

All’esordio narrativo segue, nello stesso anno, la pubblicazione della prima raccolta di poesie intitolata Del aire. Nella prima breve poesia “Eco” Olmo si occupa del rapporto dell’uomo con Dio, o meglio, con una realtà superiore e distante. Il tema religioso è presente anche nei sonetti “Via-Crucis” e “Soneto en mí” dove si assiste ad un rapporto con la divinità che muta nel tempo: se nella prima composizione troviamo un creatore umanizzato ed una creatura che reagisce con determinazione, nella seconda l’essere umano ci appare sconfitto e supplichevole nei confronti di un’entità ingiusta. Più frequente del tema religioso, tuttavia, risulta quello amoroso, che viene analizzato nella sua natura di rapporto carnale tra l’uomo e la donna e nel suo essere forza primigenia che muove il mondo. Nella poesia “Estrella tinta” la donna viene paragonata alla terra per il suo essere feconda; in “Cita ibérica” il maschio viene accostato alla figura del toro per la sua energia e vitalità mentre in “In mente” si presenta un amore oramai naufragato a causa di una serie di ostacoli e costrizioni sociali. In “Incógnitas” Olmo si dedica all’introspezione e all’indagine dell’essenza del mondo; in “Profecía” il poeta lascia spazio alla speranza per l’uomo di un destino più giusto e felice; in “Rosa-Ruda”, infine, sintetizza tutti i temi trattati nelle precedenti liriche. A livello formale Olmo usa sia il tradizionale sonetto che il più popolare romance; sceglie un linguaggio puro ed essenziale, libero da volgarismi o idiomatismi ma ricco di parallelismi e

48 FÉRNANDEZ INSUELA Antonio [1984 a: 325].

49 BERENGUER Ángel [201814°: 13]; FÉRNANDEZ INSUELA Antonio [1984

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11 metafore originali.50

Il 1954 è anche l’anno del fortunato matrimonio con Pilar Enciso, che gli starà accanto tutta la vita sia a livello personale che professionale; insieme infatti pubblicheranno, tra il 1959 e il 1969, alcune opere teatrali per l’infanzia: El león engañado, El león enamorado,

La maquinita que no quería pitar, El raterillo y Asamblea general.51 Tornati a Madrid dopo il viaggio di nozze a Parigi, si stabiliranno in una zona tranquilla e antica della città, ovvero il “barrio de Pozas”, che lasceranno solamente l’11 febbraio del 1972 a causa di uno sgombero forzato del quartiere da parte delle autorità.52 A lei dedicherà anche la sua opera teatrale più famosa, La camisa (1962): “A Pilar: compañera de las horas difíciles”53.

Un altro incontro importante che avrà luogo in questi anni è quello con Antonio Buero Vallejo, sul cui teatro, in una intervista del 1963, dirà: “auténticamente y directamente preocupado por reflejar la situación española actual y sus problemas. El ejemplo de Buero para mí ha servido mucho”54. La loro si rivelerà un’amicizia duratura, tanto che lo scrittore gallego sarà uno dei principali oratori ad intervenire all’omaggio realizzato in onore del maestro per la sua opera La doble historia del Doctor Valmy.55

Il 6 giugno del 1955 nasce il primo figlio di Lauro e Pilar: Lauro Olmo Enciso.56 Nel 1956 Lauro Olmo pubblica la raccolta di racconti Doce cuentos y uno más con la quale vincerà, lo stesso anno, il premio di narrativa “Leopoldo Alas”. Composti tra il 1953 e il 1954, i racconti si caratterizzano per una fusione di elementi realistici e lirici; per uno stile semplice, diretto ma fortemente comunicativo e per un linguaggio allo stesso tempo lirico e originale.57

Nel 1958 sarà la volta di Ayer, 27 de octubre (finalista al “Premio Nadal”); un romanzo ambientato nel 1945, in un arco temporale di ventiquattro ore, dove il fulcro dell’azione risiede negli spazi chiusi di un’osteria, di una portineria e di una pensione. Il narratore, anche in questo caso, è onnisciente ed interviene personalmente per commentare azioni e modi di essere dei personaggi. Il materiale narrativo appare diviso in unità brevi, e lo stile viene ricondotto ai modelli classici di Benito Pérez Galdós, Pio Baroja e del più recente Camilo José Cela. Al titolo sono state date due diverse interpretazioni: di una data simbolica in cui

50 FÉRNANDEZ INSUELA Antonio [1984

a: 275-306]. 51 BERENGUER Ángel [201814°: 13-16].

52 FÉRNANDEZ INSUELA Antonio [1984

a: 19-20]. 53 FÉRNANDEZ INSUELA Antonio [1984

a: 20]. 54 FÉRNANDEZ INSUELA Antonio [1984

a: 17]. 55 FÉRNANDEZ INSUELA Antonio [1984

a: 17]. 56 BERENGUER Ángel [201814°: 13].

57 FÉRNANDEZ INSUELA Antonio [1984

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hanno luogo eventi irripetibili o al contrario di un giorno qualunque nel quale non avviene nulla di significativo. Non esiste un vero e proprio protagonista ma ogni personaggio ricopre un ruolo preciso; alcuni, a partire dal 27 ottobre, subiranno un importante cambiamento, mentre per altri non ci sarà la minima trasformazione. Nel primo gruppo rientrano Felisa la Sorda, Benemérita, il Señorito Pedro e Doña Leonor. Felisa è una donna complessa, deturpata nel fisico e nel pensiero, caratterizzata da una profonda frustrazione sentimentale provocata dall’abbandono della madre e da un matrimonio infelice. Tutte le sue attenzioni sono rivolte al gatto e al vizio del bere; il 27 ottobre il suo amato Regaliz verrà ucciso dal marito e per Felisa inizierà un percorso che, prima la porterà alla follia, e poi alla morte. Benemérita è una quarantenne che, desiderosa di avere un figlio, lo concepisce al di fuori del matrimonio; quando la madre e la sorella si rendono conto dell’accaduto, proprio il 27 ottobre, la cacciano di casa. Per il Señorito Pedro invece, un trentenne amatore e nullafacente, questa, per decisione paterna, sarà la data di inizio della professione di idraulico. Infine troviamo Doña Leonor, una vecchietta amorevole e affettuosa che, a seguito delle morte del fratello, a partire dal 27 ottobre, non potrà più contare sul suo benefattore ma dovrà appoggiarsi alla domestica Reme. Questa e la vicina Luisa non la abbandoneranno; nel loro gesto caritatevole si manifesta una delle costanti della produzione olmiana, ovvero la grande dignità morale delle persone povere. Al secondo gruppo appartengono, invece, la coppia formata da Luisa e Jorge – la donna lavora come lavandaia per mantenere i suoi quattro figli visto che il marito è rimasto invalido durante la guerra civile – e le figure di Fany e Doña Remedios. Se Luisa incarna il prototipo della benefattrice che Olmo riprenderà in La camisa con la figura di Balbina; Fany e Doña Remedios sono la rappresentazione della donna sessualmente e sentimentalmente frustrata. Fany vive immersa nelle sue fantasie di nubile – il che la rende simile a Elvira di La señorita Elvira (si veda infra 2.2) – mentre Doña Remedios sfoga la sua insoddisfazione controllando in maniera assidua e morbosa i comportamenti morali di chi le sta attorno; un atteggiamento che ritroveremo in Doña Elena di La pechuga de la sardina (si veda infra 2.2). Un altro degli elementi che caratterizzano

Ayer, 27 de octubre e che riaffiora in gran parte della produzione drammatica di Olmo, è

l’uso del linguaggio in chiave umoristica – attraverso iperboli e sostituzione di parole – come strumento per riflettere la provenienza sociale dei personaggi. Nel romanzo Olmo ci presenta gli stessi tratti distintivi del parlato popolare madrileno che inserirà poi in La camisa: parole

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sincopate, lessico colloquiale e a tratti volgare, laísmo e ampio uso di suffissi diminutivi.58 Il 7 luglio del 1958 nasce il secondo figlio di Lauro e Pilar: Luis Olmo Enciso.59

La carriera teatrale del nostro autore riceve un impulso inaspettato con la prima di La

camisa l’8 marzo 1962 nel Teatro Goya di Madrid, che si rivela un “estreno triunfal”60. Il successo è inarrestabile anche all’estero: in Europa, dal 1963 al 1966, viene messa in scena

a Parigi, a Ginevra, a Utrecht e a Francoforte; poi sbarca a San Paolo e a Buenos Aires. Talvolta l’opera viene tradotta, mentre quando destinata a un pubblico popolare formato soprattutto da immigrati, è rappresentata in lingua originale.61

2.2 Gli anni della maturità fra teatro e narrativa

Dopo l’inaspettato successo di La camisa Olmo mette in scena nel 1963, nel Teatro Goya di Madrid, La pechuga de la sardina che non verrà acclamata entusiasticamente né dal pubblico né dalla critica. Tuttavia Olmo non si scoraggerà, convinto dei valori teatrali e artistici dell’opera, che verranno apprezzati con il tempo, ma soprattutto consapevole che un contrasto dialettico tra autore e pubblico è contemplato e persino positivo quando si parla di arte drammatica. Le principali critiche che gli verranno mosse concernono “la falta de vigor dramático”62 dell’opera e l’organizzazione della scenografia.63 Il testo si rifà alla tradizione lorchiana del drama de mujeres di La casa de Bernarda Alba presentandoci uno spazio opprimente, “asfixiante” e “desvitalizador”64. L’ambientazione realista non esclude, tuttavia, la presenza di alcuni elementi esperpentici e grotteschi che sono riscontrabili in alcuni personaggi: in Doña Elena, definita “esperpento encamao”65 e nella figura simbolica della “Viejecita de los gatos”. In La pechuga de la sardina Olmo ci presenta la vita di sei donne all’interno di una modesta pensione; un microcosmo in cui la sessualità femminile viene repressa dalle proibizioni morali e dall’oscurantismo religioso del tempo. La padrona dell’albergo è Juana, la quale, nonostante tante perdite e delusioni, continua ad essere generosa e caritatevole verso gli altri; segue la domestica Cándida nel cui nome possiamo cogliere l’essenza del prototipo che incarna ovvero quello della “solterona virgen”66,

58 BERENGUER Ángel [201814°: 13-16]; FÉRNANDEZ INSUELA Antonio [1984

a: 389-461]. 59 BERENGUER Ángel [201814°: 13].

60 DOMÉNECH Ricardo [1969: 162]. 61 BERENGUER Ángel [201814°: 13-16]. 62 FÉRNANDEZ INSUELA Antonio [1984

a: 58]. 63 FÉRNANDEZ INSUELA Antonio [1984

a: 56-60]. 64 RUIZ RAMÓN Francisco [1975: 496].

65 RUIZ RAMÓN Francisco [1975: 496]. 66 LÓPEZ CRIADO Fidel [2007: 31-48].

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condannata ad aspettare un principe azzurro che non arriverà mai. Le ospiti della pensione sono quattro: Concha – una giovane incinta e disoccupata, senza né un compagno né una famiglia che la sostenga; Soledad – una donna matura che ha vissuto l’abbandono dell’amato e teme di rimanere per sempre nubile; Doña Elena – una signora anziana che spia le vicine con un binocolo e giudica le loro azioni con acredine ed infine Paloma – una ragazza che non rinuncia al sogno di crearsi una famiglia ma che, grazie allo studio, aspira a raggiungere innanzitutto la propria indipendenza economica. Si tratta di sei donne sole, ben caratterizzate psicologicamente; animate ciascuna da una propria ansia vitale ma accomunate dall’essere oppresse, tutte, da una società maschilista, votata alla demonizzazione dei desideri carnali femminili. La vera vittima appare Doña Elena, le cui ossessioni per la purezza e la castità l’hanno resa ipocrita e malvagia. In un clima così desolato c’è spazio, però, anche per una figura positiva come Paloma, che, con tutta probabilità, rappresenta la fiducia di Olmo in una generazione pronta a costruire una nuova Spagna.67

Nel 1963 Olmo scrive un’opera teatrale intimista di un solo atto, che sarà pubblicata ma mai messa in scena, intitolata La señorita Elvira nella quale ricostruisce la vita, grigia e anonima, di una donna ormai matura. La pièce ruota attorno al dialogo dell’anziana con un funzionario dell’ufficio dell’Anagrafe; una conversazione grottesca nella quale lei è l’unica a parlare all’interno di uno scenario decisamente meno realista rispetto a La camisa o a La

pechuga de la sardina. Al funzionario, la señorita Elvira Sánchez del Río, ricapitola tutta la

sua vita, costellata da molteplici incontri con uomini che lei ha sempre rifiutato condizionata dal dovere morale di salvaguardare l’onore. La pièce si conclude con il funzionario che si volta verso il pubblico e si palesa nella sua vera essenza, ovvero quella della morte. La protagonista è stata vittima di un sistema educativo, autoritario e oppressivo, che l’ha portata alla solitudine, alla frustrazione e all’infelicità. La tragedia di Elvira – che diventa cosciente delle privazioni alle quali è stata condannata solo nel momento in cui vede la morte – da personale diventa collettiva e simboleggia il risultato dell’applicazione di un certo complesso di valori che porta la donna ad annullarsi, a ridursi ad una triste caricatura di sé; ad una maschera “muy arreglada, excesivamente pintada”68. La señorita Elvira suscita la stessa compassione di Doña Elena di La pechuga de la sardina con la differenza che lei non vuole redarguire nessuno ma cerca solamente di difendersi tutelando il proprio anonimato.69

67GARCÍA PAVÓN Francisco [1995: 37-43]; HALSEY Martha T. [1995: 101-118]; OLIVA César [1978:

71-72]; SERRANO Virtudes [2016: 307-318].

68 HALSEY Martha T. [1995: 109]; LÓPEZ CRIADO Fidel [2007: 31-48].

69 HALSEY Martha T. [1995: 101-118]; LÓPEZ CRIADO Fidel [2007: 31-48]; PÉREZ COUTO Sofía

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Come nel dramma lorchiano Doña Rosita la soltera, la donna nubile attende invano il vero amore e il matrimonio, si occupa di difendere l’onore della famiglia ma soprattutto è incapace di affrontare con consapevolezza l’inesorabile trascorrere del tempo. Ne scaturisce il bisogno di isolarsi dal mondo circostante, per paura e per vergogna, che in Rosita si condensa nel non uscire più di casa e in Elvira nel custodire così gelosamente la propria

identità, a cui si legano anni di ricordi e di frustrazioni; fino a quando non sopraggiunge la morte che le sorprende sole ed infelici.

Il 1963 è anche l’anno della firma della “Carta de los 102 intelectuales”, un documento elaborato da intellettuali di diversa provenienza politica, con il quale si chiede al ministro del turismo Manuel Fraga Iribarne di chiarire il comportamento delle autorità nei confronti di un gruppo di minatori in sciopero, a cui, secondo alcune fonti, era stato risposto con violenza. È la prima volta, dall’inizio della dittatura, che il mondo della cultura si muove, in maniera così compatta, nella condanna di abusi e violenze commesse dal regime. I firmatari vanno inevitabilmente incontro a delle ripercussioni; prima fra tutte quella di diventare “degli osservati speciali” in occasione delle loro pubblicazioni. Olmo, ovviamente, non è escluso, ma un simile trattamento è per lui fonte di ispirazione per la gran parte delle pièces brevi che compongono l’opera El cuarto poder.70

Tra il 1963 e il 1965 Olmo lavora ad un ambizioso progetto teatrale da lui definito “caleidoscopio tragicómico”71 che riuscirà a mettere in scena solo parzialmente il 26 marzo del 1969, in Italia, in occasione del “XVII Festival Internacional de Teatro Universitario”. In El cuarto poder il drammaturgo gallego si allontana dal naturalismo e sperimenta una nuova estetica composta da una pluralità di elementi: la nota realista, la farsa, il mimo e il

gran guiñol. Il filo conduttore delle sei pièces brevi che compongono questo “retablo

dramático”72 è il ruolo della stampa e dei mezzi di comunicazione in genere. La noticia

(1963), che presenta un linguaggio realista ma si basa su una costruzione scenica anti-naturalista, è costruita attorno ad una notizia a tutti sconosciuta ma capace di generare

un gran fermento tra i personaggi; l’urgenza comunicativa della figura del voceador potrebbe

essere paragonata al desiderio di espressione dello scrittore nella Spagna franchista. In La niña y el Pelele (1965) Olmo, in una cornice grottesca ed esperpentica, affronta il tema

della trasmissione del sapere ai giovani, che risulta sempre vincente a discapito delle possibili avversità; in La metamorfosis de un hombre vestito de gris o Conflicto a la hora de

70 FÉRNANDEZ INSUELA Antonio [1984 a: 63]. 71 RUIZ RAMÓN Francisco [1975: 498]. 72 OLIVA Cesar [1978: 78].

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la siesta (1965) l’autore ci presenta, al contrario, una nuova generazione apatica e passiva,

che né si informa né ha il coraggio di assumere posizioni critiche verso le storture della società. El mercadillo utópico o de cómo un hombre limpión tiró de la manta (1965) è una “farsa simbólica de agitación social”73 dove Olmo vede in un quotidiano libero il mezzo per ribellarsi ai poteri forti. In Nuevo retablo de las maravillas y olé (1965) – nel quale si rielabora la tradizione cervantina fondendola con il gran guiñol – si pone al centro la figura simbolica di un direttore di giornale, Montiel, che incarna la nuova tecnocrazia, pronta a subentrare a un sistema totalitario in crisi. Infine, con Ceros a la izquierda (1965), Olmo ci lascia con un’immagine evocativa: una pioggia di telegrammi, che riportano il numero dei partecipanti ad uno sciopero, si abbatte copiosa sulla scrivania del direttore di un giornale reazionario. El cuarto poder mostra una originalità senza precedenti e una serie di ingredienti inediti: “espíritu crítico, imaginación, experimentación de formas dramáticas, gracia expresiva, teatralidad y modernidad”74.75

Nel 1964 Olmo pubblica il suo secondo romanzo: El gran sapo, che la critica aveva già premiato l’anno precedente con il riconoscimento “Elisenda de Moncada”. Il titolo ha un chiaro significato simbolico ed evoca tutto ciò che è ingiustizia, corruzione, odio, violenza e brutti istinti; secondo alcune interpretazioni la figura del sapo rimanderebbe al generale Franco. Ambientata nei sobborghi della Madrid del dopoguerra, l’opera presenta un numero di personaggi inferiore rispetto al precedente romanzo e solo tre ricoprono un ruolo significativo: Marcos Sánchez, Ricardo el Señorito e Tío Godo. Ricardo el Señorito è sia narratore che personaggio; l’opera è incentrata sulla visione idealizzata del pensiero politico del panettiere Marcos, che sarà la causa scatenante della sua morte. Ricardo ricorda e celebra i grandi valori dell’amico da cui lui stesso, nonostante l’iniziale diffidenza dovuta ad una condizione economico-sociale completamente diversa, è rimasto affascinato. Questa grande fede progressista, unita al rifiuto dell’emigrazione come rimedio alla fame e alla penuria economica, è la stessa che abbiamo incontrato nel personaggio di Juan di La camisa. Il Tío Godo è una figura a metà strada tra realtà ed invenzione – così come lo è il Tío Maravillas di La camisa – caratterizzato da un linguaggio retorico e a tratti filosofico; strumento nelle mani di Olmo per comunicare una certa “carga ideológica”76, un determinato pensiero politico capace di collegare le generazioni precedenti alla guerra civile alle giovani leve. Tra

73 BERENGUER Ángel [201814°: 94]. 74 DOMÉNECH Ricardo [1969: 171].

75 BERENGUER Ángel [201814°: 83-102]; DOMÉNECH Ricardo [1969: 170-172]; OLIVA César [1978:

78-83].

76 FÉRNANDEZ INSUELA Antonio [1984 a: 478].

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i personaggi secondari menzioniamo la Croqueta e le sue cinque sorelle nubili, che sono una rivisitazione della figura femminile ossessiva, frustrata ed esperpentica; le donne vivono, infatti, in una casa circondata da sbarre di ferro simile ad una prigione e pregano con espressioni latine stereotipate.77

Il 1 ottobre del 1965 Olmo interviene nelle “Conversaciones Nacionales sobre Teatro Actual” di Cordova con un discorso dal titolo “Sobre un punto esencial” nel quale auspica maggiore libertà per lo scrittore che “no puede escribir con miedo o con la zozobra de si su obra pasará o no pasará”78. Sul tema tornerà in altre due occasioni: nella primavera del 1966 in un articolo dal titolo “Al hilo de las tablas” pubblicato su “Informaciones”79 e in occasione del “III Congreso Nacional de Teatro Nuevo” di Terragona nel 1969.80 Nello stesso anno scriverà anche l’opera teatrale El tonto útil, che tuttavia rimarrà inedita.81

Il 4 maggio del 1966, nel Teatro Goya di Madrid, si tiene la prima di una tragedia intitolata

El cuerpo nella quale Olmo ironizza sul narcisismo di don Víctor; un uomo che, nonostante

il passare degli anni, si compiace ancora dei suoi muscoli. La scenografia e il linguaggio di questa “tragicomedia del forzudo en decadencia”82 sono realisti mentre il protagonista è una figura grottesca, che si nutre di illusioni e vive nel culto dell’aspetto fisico. La moglie, Doña Ceño, è delusa, pensierosa per il proprio futuro e convinta che il marito l’abbia sposata per interesse. I due, infatti, vivono grazie ai beni ereditati dalla donna, visto che Don Víctor non lavora ma si dedica soltanto alla cura del proprio corpo; chi gli sta attorno lo giudica un emarginato, un uomo ridicolo, irrisolto ed infelice. Nell’opera ci sono momenti comici che si alternano ad altri riflessivi e melodrammatici così che potremmo definirlo un “drama crítico a partir del sainete”83. In questo panorama desolato emerge la figura di Cuquina, la nipote della coppia; una ragazza moderna e piena di vita, che, prima di sposarsi, desidera trovare la propria realizzazione personale. El cuerpo, che è un’opera nella quale l’autore porta la classe media spagnola a riflettere sulle proprie contraddizioni, potrebbe essere letta allegoricamente sia come una critica alla forza bruta e cieca del maschilismo che come un attacco al sistema franchista fondato sull’esaltazione del padre-padrone.84

Nel 1968 Olmo pubblica un’antologia di racconti intitolata Golfos de bien, dedicata ai

77 FÉRNANDEZ INSUELA Antonio [1984

a: 467-516]. 78 FÉRNANDEZ INSUELA Antonio [1984

a: 72]. 79 FÉRNANDEZ INSUELA Antonio [1984

a: 73]. 80 FÉRNANDEZ INSUELA Antonio [1984

a: 93]. 81 SANTOLARIA SOLANO Cristina [1995: 255]. 82 RUIZ RAMÓN Francisco [1975: 497].

83 OLIVA César [1975: 75].

84 HALSEY Martha T. [1995: 101-118]; OLIVA César [1975: 74-78]; PÉREZ COUTO Sofía [2016-2017:

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suoi compagni di avventure con la dicitura: “hermanos, golfos de bien, con quien viví estas páginas”85 composta da una sezione intitolata propriamente “Golfos de bien” – con quindici racconti – da un’altra denominata “Otros cuentos” e dalla ripubblicazione di Cuno. I quindici racconti della sezione “Golfos de bien” celebrano la fede nella vita, l’ingenuità e la capacità di sorprendersi dei ragazzi, dei pícaros con i quali Olmo aveva vissuto gli anni della sua adolescenza. I golfillos hanno da un minimo di otto ad un massimo di quattordici anni d’età, e, nonostante alcuni appaiano con maggiore frequenza e abbiano una personalità più forte e spiccata, il protagonista del testo è sempre collettivo. I ragazzi presenti in almeno uno dei racconti della raccolta sono: Enzo, il più riflessivo e moderato; Cabrito, vitale e ingenioso; Teodorín, il meno forte fisicamente e il più nostalgico; Sabañon, romantico e sensibile; Juan de Mollas, che si impone più con la forza dei suoi muscoli che con la testa; Paco el Doblao, molto problematico e poco affidabile ed, infine, Berto, il più intrigante e amato dalle ragazze. Il narratore è onnisciente ed interviene commentando le azioni dei personaggi; talvolta, si rivolge direttamente al lettore e, nel racconto “Adiós”, è persino protagonista. Si può pertanto sostenere che ci sia un alto grado di identificazione dell’autore con la figura del narratore ma non al punto di definire Golfos de bien un’autobiografia. La forza dell’opera risiede nella capacità di descrivere con lucidità, senza sconti né idealizzazioni, le avventure e i comportamenti dei componenti della “banda”, a volte solidali, a volta crudeli tra di loro; continuamente in lotta con gli adulti (familiari e maestri) spesso ottusi, rigidi e a tratti aggressivi. A livello stilistico i dialoghi sono brevi e concisi e si alternano, con un ritmo perfetto, alle parti narrate; non mancano momenti comici ed ironici. Il linguaggio, invece, si articola su tre livelli: quello diretto, vivace ed espressivo dei ragazzi, che contempla frasi brevi, appellativi ed epiteti volgari; quello stereotipato e convenzionale degli adulti ed, infine, quello neutro ma fortemente comunicativo del narratore. La sezione “Otros cuentos” è formata dai racconti Catalina, Don Cosme, El segundo terrón – dura critica alla vacuità e alla superficialità di certa borghesia madrilena – Don Poco – variazione sul tema trattato nel racconto precedente e il più noto La peseta del hermano mayor – nel quale la strenua ma vana lotta di un bambino per salvare il fratello malato diventa il pretesto per mostrare quanto lo spirito di fraternità degli adolescenti si contrapponga agli egoismi degli adulti.86

Il 1968 è un anno produttivo anche in ambito teatrale visto che segna il ritorno sulle scene

di Olmo con English Spoken rappresentata il 6 settembre nel Teatro Cómico di Madrid.

85 FÉRNANDEZ INSUELA Antonio [1984 a: 177]. 86 FÉRNANDEZ INSUELA Antonio [1984

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La pièce, in cui si riafferma una linea drammatica popolare, ha molti punti in comune con

La camisa: la scelta del tema dell’emigrazione; l’ambientazione popolare – che risulta chiara

fin dalle prime indicazioni di scena con alcuni luoghi emblematici come la strada e le case

popolari – nonché il linguaggio, anch’esso colloquiale, diretto e a tratti volgare. I protagonisti sono Carlos e la fidanzata Luisa, che, dopo anni di studio e formazione a

Londra, sono tornati in patria perché qui desiderano lavorare e sposarsi. Accanto a Carlos, al quale il periodo di vita all’estero ha infuso solide convinzioni politiche progressiste, c’è il “Mister”; un uomo amorale, che instrada le ragazze alla prostituzione ed è in cerca di sempre maggiori guadagni. Carlos e il “Mister” – la cui figura potrebbe essere considerata una rielaborazione del chulo del sainete – sono le due facce della gioventù spagnola: una europeista e virtuosa; l’altra arrivista e degradata. A loro si aggiunge la figura di Basilio, il proprietario di un modesto bar che ben presto ospiterà loschi traffici; un uomo squallido, che fa prostituire la sorella alcolizzata, obbligato, però, a fare i conti con un passato oscuro. Due note non realiste, in un panorama scenico che lo è pienamente, sono rappresentate dalle apparizioni del fratello morto di Basilio e dal linguaggio, che in alcuni casi, si fa estremo e violento.87

2.3 Le ultime produzioni

Nel 1973 Olmo mette in scena Cronicón del Medioevo – che revisionerà l’anno seguente e rappresenterà nuovamente con il titolo definitivo di Historia de un pechicidio, sottotitolata

La venganza de don Lauro. L’opera, sia in poesia che in prosa, è un gioco comico, parodico

e dissacrante; l’autore la definisce “farsidrama”88 ma anche “divertimento para cuatro actores”89. È una “farsa tragicómica sobre el honor”90 che cerca di coniugare la tradizione spagnola con le nuove correnti teatrali e che prova a fondere elementi del teatro classico, sotto forma di caricatura, con espressioni popolari. I personaggi sono ridicoli, stravaganti e, a volte, finiscono per identificarsi con il ruolo che interpretano. La pièce fu accolta tiepidamente da una parte della critica che giudicò povero il linguaggio, la scenografia e il vestiario, ma dalla maggioranza fu apprezzata perché capace di divertire in maniera

87 HALSEY Martha T. [1995: 101-118]; OLIVA César [1975: 84-87]; SERRANO Virtudes [2016: 307-318];

TANEV Stephan [1995: 25-35].

88 FÉRNANDEZ INSUELA Antonio [1984 a: 102]. 89 DOMÉNECH Ricardo [1969: 169].

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intelligente e di attrarre il pubblico più giovane con i suoi tratti innovatori.91

Nel 1973 l’autore gallego pubblica, nella rivista Cuadernos para el diálogo, l’opera breve

José García.92 Il linguaggio così come la situazione sono realisti – un caffè molto frequentato con dei clienti e un cameriere – ma gli esiti a cui si approda sono parodici, esilaranti ed inaspettati. Si tratta tematicamente di una variante dell’archetipo del hombre gris; dell’uomo qualunque, oppresso e debole, che ha grandi aspirazioni destinate a non concretizzarsi mai. La costruzione anti-naturalista, nella quale tutti i personaggi si credono José García, si avvicina al teatro dell’assurdo. Olmo, convinto della possibilità di battere con successo nuovi terreni della drammaturgia a partire da presupposti realisti, dedica l’opera ai suoi colleghi con queste parole: “A mis compañeros de la llamada generación realista. Con mucho respeto93”.94

Nel 1976 Olmo mette in scena, nel Teatro Infanta Isabel di Madrid95, il dramma in due atti La condecoración. L’opera, scritta più di dieci anni prima ma proibita dalla censura, è incentrata sul rapporto conflittuale tra generazioni diverse e, in concreto, sullo scontro di un figlio rivoluzionario con un padre conservatore. Pedro è un giovane dissidente della classe media mentre il padre, don José, è un uomo rigido, ancorato a un glorioso passato di combattente falangista; la vera vittima dell’opera è la mamma di Pedro, María, che soffre terribilmente di questa rivalità. Il senso della tragedia è racchiuso nel suo pensiero: la donna considera futile la lotta di entrambi, animata da ideali diversi ma in ogni caso capace di oscurare qualsiasi logica e volta ad ottenere un riconoscimento pubblico ma apparente.96

Nel settembre del 1977 viene programmata, nel Centro Cultural de la Villa di Madrid, la messa in scena di Léonidas el grande, una pièce teatrale per l’infanzia, sottotitolata “Farsidrama para todas las clases”97 ispirata alla favola di La Fontaine Los animales

apestados. Tuttavia, a pochi giorni dalla prima, l’accordo salta in quanto il direttore del

centro afferma di non voler più rappresentarla, giudicando il testo “ni bueno ni apropiado en líneas generales para teatro infantil”98. È certo che dietro le maschere, i giochi di parole e la spontaneità del linguaggio, si può intravedere una sottile ma pungente critica al regime e all’oppressione delle libertà. Del resto l’opera, da anni, era stata sottoposta al sistema

91 FÉRNANDEZ INSUELA Antonio [1984

a: 101-105], OLIVA César [1975: 87-88]. 92 BERENGUER Ángel [201814°: 17].

93 OLIVA César [1975: 88-90].

94 FÉRNANDEZ INSUELA Antonio [1984 a: 100]. 95 BERENGUER Ángel [201814°: 18].

96 DOMÉNECH Ricardo [1969: 169]; FÉRNANDEZ INSUELA Antonio [1984

a: 121-128]; RUIZ RAMÓN

Francisco [1975: 498].

97 RUIZ RAMÓN Francisco [1975: 500]. 98 FÉRNANDEZ INSUELA Antonio [1984

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censorio ma, in passato, le era stato negato il permesso di divulgazione perché se ne era intuita la vera natura come rivela questa nota: “La obra de infantil no tiene nada. El mundo de los animales es simbólico y todos los personajes representan los diferentes elementos de una sociedad humana regida autoritariamente. El gran Leónidas es el dictador sin escrúpulos rodeado de una 'élite' aduladora y opresora [...]”99.100

Nel 1978 Olmo rivede e corregge l’opera teatrale Mare Vostrum (che verrà poi pubblicata nel 1982) la cui messa in scena era stata proibita dalla censura in due occasioni, nel 1966 e nel 1970 quando aveva il titolo di Mare Nostrum S.A., a causa del linguaggio giudicato indecoroso, delle scene violente e lesive della morale.101 In questo “espectáculo tragicómico”102, Olmo critica il turismo aggressivo e corrotto, frutto di una mentalità economica neocapitalista portata alle estreme conseguenze. I protagonisti sono figure complesse, a metà strada tra il naturalismo aggressivo e l’esperpento103: Ricart e Adriana sono due giovani amanti che, per denaro, entrano nel circolo della prostituzione; a loro si affianca la Vieja, una sorta di fattucchiera, di alcahueta, che funge da intermediario tra la coppia e gli stranieri desiderosi dei loro servigi. Nonostante a tratti manchi di coerenza e profondità drammatica, non si può negare che l’opera abbia un valore di testimonianza paragonabile a quello di La camisa. Per quanto concerne il linguaggio, invece, l’autore deve rinunciare al terreno conosciuto del madrileno popolare perché la vicenda è ambientata sulla costa mediterranea spagnola.104 Lo spirito di denuncia del testo drammatico è evidente: gli antichi valori sono crollati, spazzati via da un vento amorale e arrivista trasformando un villaggio di pescatori in “un nido de chulos, homosexuales y prostitutas”105.106 Il tema del “fracaso de la libertad de las clases populares”107 è presente anche in un’opera inedita, coeva alla composizione di Mare Nostrum S.A., intitolata Plaza Menor (1967), dove la protagonista Luisa è allegoria di un paese maltrattato e ferito.108

Nel 1978 va in scena, nel Teatro La Corrala di Madrid, la prima di un adattamento curato da Lauro Olmo e basato su quattro sainetes brevi e una pièce lunga (El agua del Manzanares)

99 MUÑOZ CÁLIZ Berta [2014 b: 136]. 100 FÉRNANDEZ INSUELA Antonio [1984

a: 128]; RUIZ RAMÓN Francisco [1975: 500]. 101 FÉRNANDEZ INSUELA Antonio [1984

b: 369-382]. 102 OLIVA César [1975: 83].

103 RUIZ RAMÓN Francisco [1975: 500]. 104 DOMÉNECH Ricardo [1969: 169]. 105 DOMÉNECH Ricardo [1969: 169]. 106 SERRANO Virtudes [2016: 315]. 107 RUIZ RAMÓN Francisco [1975: 499].

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di Carlos Arniches.109 Nello stesso anno Lauro scrive sette copioni su un totale di tredici che avrebbero dovuto comporre una serie televisiva su TVE, intitolata “Un taxi para vivir”, che purtroppo però non verrà mai prodotta. Pur ribadendo il suo credo nel teatro, infatti, lo scrittore gallego è consapevole del sempre maggiore successo della televisione e del cinema.110 Ciò non gli impedisce di conservare uno sguardo attento sulla realtà contemporanea, come dimostra l’opera teatrale Don Especulón (1979) – il cui tema portante è la corruzione dei tempi moderni – o la pièce inedita Spot de identidad o Los maquilladores, scritta nel 1975, dove si analizza, da una prospettiva critica, il ruolo della pubblicità nella società dei consumi.111

A cavallo tra gli anni ottanta e novanta, Olmo si dedica alla celebrazione del valore della libertà nell’opera La jerga nacional, messa in scena nel 1986, o di una certa visione politica nella pièce Pablo Iglesias – scritta nel 1983 ma rappresentata l’anno successivo nel Teatro Maravillas di Madrid – dove, attraverso uno spettacolo “dramático-musical”112 ricco di flashbacks, si ricostruisce la biografia dell’omonimo tipografo fondatore del primo sindacato spagnolo (la “Union General de Trabajadores”) e del PSOE.113 Sempre nello stesso periodo, Olmo propone – nei testi inediti La Benita e El orinal de oro, messi in scena il 10 di gennaio del 1992 a Valencia in occasione dello spettacolo Instantáneas de fotomatón – una cronaca spietata e realista, sempre condita da una dosi di humor e sorprendente ironia, dei comportamenti femminili, fin troppo libertini, nella società di massa.114

Nell’ ultimo decennio prima della sua morte, che avverrà a Madrid il 19 giugno 1994, Lauro Olmo scrive moltissimo ma i suoi testi (la maggior parte pièce teatrali brevi) sono rimasti inediti o, qualora pubblicati, non sono stati ancora studiati e approfonditi dovutamente dalla critica. Di seguito presentiamo i titoli dei più significativi posti in ordine cronologico: Los quinielistas; El pre-electo y las putifláuticas; ¿Qué hago con la vuelta?;

Ese que nos mira (inedita); Un cierto sabor a angulas; Sombrerete Jazz (inedita); Luis Candelas (El ladrón de Madrid); Estampas contemporáneas; Desde abajo.115

109 FÉRNANDEZ INSUELA Antonio [1984 a: 129]. 110 FÉRNANDEZ INSUELA Antonio [1984

a: 191]. 111 PÉREZ MARTÍNEZ Ana María [2005: 150]. 112 PÉREZ MARTÍNEZ Ana María [2005: 151]. 113 OLIVA César [2004: 193-194].

114 OLIVA César [2004: 194]; SERRANO Virtudes [2016: 316-317]. 115 SANTOLARIA SOLANO Cristina [1995: 257-259].

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2.4 Valori, idee letterarie, stile e linguaggio

Lauro Olmo si caratterizza per un certo antintellettualismo e per la ferma convinzione che i lavori manuali possiedano la stessa dignità del suo impegno di scrittore; a suo parere, un simile atteggiamento permette al drammaturgo di non perdere il contatto con la realtà e la capacità di dialogo con certi settori della società. Ne consegue un categorico rifiuto dell’isolamento pessimista contemplato dall’esistenzialismo europeo coevo, e l’affermazione di uno spirito positivo e fiducioso nelle potenzialità dell’essere umano. Tutto ciò lo ritroviamo nella forza di volontà e nella determinazione di moltissime protagoniste femminili delle sue opere ma anche nei comportamenti, grezzi ma pur sempre vitali, dei

golfos de bien. Si è spesso associata una simile posizione a due fattori: il primo, le dure ma

formative esperienze vissute nella giovinezza e, il secondo, alcune fonti di ispirazione come

il sainete di Carlos Arniches, la novela picaresca o la Celestina di Fernando de Rojas. In Olmo, un atteggiamento ottimista non implica il non sapere guardare la realtà anche nei

suoi aspetti più critici e problematici, anzi, al contrario, comporta l’affrontarli con coraggio e in maniera diretta. La sua fede non è religiosa ma “umanista”; è un forte credo nella solidarietà tra le persone, nell’aiuto reciproco e disinteressato, nella fratellanza e nella collaborazione. Nelle opere di Olmo questi valori si accompagnano, spesso, a cuori puri e non corrotti; pertanto si ritrovano nei bambini, nelle giovani donne e nei poveri. Una tematica che si sposa con la fiducia nella vita è la celebrazione della libertà associata alla negazione di ogni tabù e di ogni costrizione sociale. Se nei ragazzi di Golfos de bien troviamo il rifiuto degli obblighi scolastici, delle regole imposte in famiglia e della dittatura del tempo, in alcune opere teatrali come La pechuga de la sardina o La señorita Elvira si ha la dimostrazione delle estreme conseguenze alle quali l’uomo approda quando soffoca la propria natura e le proprie inclinazioni.

Il realismo come volontà di esplorare le condizioni di vita dei marginalizzati si associa spesso al patriottismo inteso come stretto legame con la Spagna più profonda e rurale; tutto ciò lo vediamo rappresentato nel personaggio di Juan di La camisa, nelle scorribande dei

Golfos de bien ma anche nella produzione poetica. Il patriottismo, anche quando si fa difesa

del carattere nazionale, non dà tuttavia alle opere un’impronta localista poiché l’autore si prefigge di essere “universal, trascendente, hablando de lo particular”116. Se per lo scrittore gallego “la realidad no es seca, es imaginativa”, potremo definire il suo “realismo revelador”

116 FÉRNANDEZ INSUELA Antonio [1984

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