4. Analisi traduttologica di La camisa
4.1 La traduzione dei testi teatral
Il testo teatrale trova la sua piena realizzazione nella messa in scena perché in forma scritta può solo esprimersi attraverso il codice linguistico. Durante la rappresentazione, invece, emerge appieno la sua natura polisemica in quanto la significazione viene trasmessa attraverso elementi sia linguistici che extralinguistici; oltre al linguaggio, infatti, presente nei dialoghi o nei monologhi, operano elementi soprasegmentali – timbro e intonazione della voce degli attori – gestuali e mimici. Sono le didascalie che accompagnano i dialoghi o i monologhi il luogo deputato a raccogliere le informazioni sui movimenti dei personaggi, compresi le entrate e le uscite, sull’atmosfera dell’azione – indicazioni spazio-temporali, luci e suoni – e sull’eventuale ruolo degli oggetti sul palcoscenico.218
Lauro Olmo, in La camisa, presta grandissima attenzione alle indicazioni di scena rendendole dettagliate e perfettamente fruibili; cura la descrizione degli elementi scenici, di arredo e di disposizione degli spazi e spesso delinea, con precisione, anche le azioni dei personaggi rivelando così la loro condizione emotiva. Il linguaggio delle indicazioni di scena è standard, diretto ma mai volgare; a tratti si rivela persino aulico, per via della scelta di alcune parole proprie di un registro alto quali, ad esempio: “melifluo”, “azorada”, “iracundo” e “dolida”.
Nella rappresentazione scenica, il soggetto con il quale il testo drammatico deve stabilire una comunicazione efficace sono gli spettatori, che possono mostrare approvazione o meno nei confronti della pièce. Inoltre, esiste una forma di condizionamento tra i membri del pubblico nella manifestazione del proprio gradimento.219 Chi assiste ad una performance teatrale deve essere consapevole che il dramma messo in scena è una finzione regolata in maniera precisa, grazie alla presenza di codici teatrali e drammatici, ma soprattutto deve essere a conoscenza dei referenti storico-culturali a cui la pièce allude per fruire in maniera corretta dello spettacolo.220
Uno dei requisisti che deve soddisfare, invece, il testo drammatico è la coerenza che si articola su molteplici livelli: coerenza testuale e proairetica, tra dialogo e sviluppo dell’azione drammatica; referenziale – ciò che viene detto in scena richiama referenti concreti e visibili o metaforici; logica e discorsiva – i referenti citati devono essere in
218 MENIN Roberto [2014: 302-328]; ROMANELLI Giuseppina [2002: 35-42]. 219 ROMANELLI Giuseppina [2002: 48].
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armonia tra loro rispetto al tema centrale dell’opera e alla sua collocazione spazio-temporale – ed, infine, coerenza retorica e stilistica.221
I testi teatrali tradotti per la messa in scena devono rispettare i criteri di: speakability (dicibilità) – le frasi che compongono il testo devono essere facilmente pronunciabili dagli attori e comprensibili dal pubblico in sala – e di performability (teatralità/recitabilità) – il testo deve dimostrare coerenza rispetto alla scenografia, ai movimenti e ai giochi scenici.222 I criteri di speakability e performability si inseriscono all’interno di un più ampio concetto di playability cioè di rappresentabilità del testo drammatico in rapporto al contesto di produzione e al destinatario finale.223
Una questione in grado di generare pareri discordanti, sempre nell’ambito degli studi teatrali per la messa in scena, è il confine fra traduzione, adattamento e versione. Per Giuseppina Romanelli, l’adattamento implica modifiche sul piano macrostrutturale, in cui si alterano i riferimenti al contesto culturale o alle convenzioni sociali di un paese per renderli più accettabili agli occhi della cultura destinataria dell’opera.224 Anche per alcuni critici come E. Llovet (1998) con l’adattamento, così come con la versione, si ha un processo di riscrittura dell’originale con il proposito di rendere l’opera intellegibile in un certo paese, in
una determinata epoca storica, in relazione a un preciso destinatario. Altri ancora, come J. C. Santoyo (1989), distinguono tra versione, intesa come modernizzazione del testo di
partenza in vista della messa in scena e adattamento, che corrisponde, invece, a un processo di adeguamento degli elementi socioculturali del testo di partenza eccessivamente distanti, nello spazio e nel tempo, dal moderno pubblico di arrivo. Quando si superano i limiti della versione e dell’adattamento si incorre in un vero e proprio rifacimento che Santoyo definisce “adattamento libero” o “riscrittura”.225 Considerando che con le opere teatrali non si traducono enunciati bensì contesti e situazioni, già alcuni decenni fa, G. Mounin giudicava lecita un’operazione di adattamento del testo di partenza purché si salvaguardasse il criterio dell’immediatezza – visto che lo spettatore, a differenza del lettore, non ha modo di “tornare indietro” per decodificare passi oscuri – ma soprattutto se ne preservasse il valore teatrale.226
Indubbiamente è auspicabile che, ogni qualvolta si traduca un testo teatrale per la messa in scena, si operi una “cooperative translation”227 e perché ciò avvenga occorre che si
221 MENIN Roberto [2014: 313]; ROMANELLI Giuseppina [2002: 37]. 222 MENIN Roberto [2014: 305].
223 ESPASA Eva [2009: 96].
224 ROMANELLI Giuseppina [2002: 88-89]. 225 BRAGA RIERA Jorge [2011: 65-68]. 226 MOUNIN Georges [2006: 155]. 227 DIADORI Pierangela [2012: 119].
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verifichino due felici condizioni: si affidi il lavoro a un traduttore specializzato, in quanto il direttore artistico non possiede né la preparazione teorica né l’abilità tecnica per un simile impegno e si crei un clima di collaborazione tra il professionista e tutti i membri della troupe teatrale (compresi gli attori e lo scenografo).228
Nonostante il testo drammatico sia generalmente plasmato per prendere vita all’interno di uno spettacolo, esiste una lunga tradizione di opere teatrali che rimangono (esclusivamente o meno) dentro un teatro narrativo. In merito alla nostra proposta traduttiva di La camisa, è opportuno osservare che è stata pensata per una lettura individuale o drammatizzata da parte di un pubblico mediamente colto ed interessato ad approfondire le proprie conoscenze sulla cultura iberica; così si spiega l’inserimento di note a piè di pagina o alcuni accorgimenti grafici come il corsivo per i prestiti, gli elementi culturospecifici, i toponimi, etc. Inoltre, a differenza di quanto accadrebbe in un contesto lavorativo reale e non accademico, non consta di alcun condizionamento editoriale. Questo fattore non è secondario dato che, oggi, in Europa, la traduzione teatrale ha, sfortunatamente, un mercato ridotto, e spesso si decide di pubblicare solamente a seguito di un discreto successo dell’opera sulle scene.229
Ancora oggi è forte la tentazione di contrapporre la traduzione di testi teatrali orientati alla leggibilità a quella di opere pensate per la recitabilità, che corrisponde alla netta divisione proposta da Santoyo, tra traduzione reader-oriented (definita anche traducción
puramente literaria) dove il focus è sul testo e performance-oriented (definita anche traducción escénica) dove l’attenzione è posta, al contrario, sul rapporto tra testo e le altre
componenti che entrano in gioco nella rappresentazione scenica.230 Tuttavia, negli ultimi anni, si sta lentamente abbandonando questo approccio rigidamente dicotomico, per affrontare il testo in un orizzonte più globale considerando che in entrambe le tipologie è fondamentale valutare come il testo verrà recepito nella cultura di arrivo e considerare che “los recursos textuales no se contraponen a criterios teatrales: al contrario, están al servicio de estos.”231
Un’ interessantissima opinione sul tema la fornisce la traduttrice C. M. Zaccherelli, la quale sottolinea come la traduzione di testi teatrali non possa essere paragonata a quella saggistica per la presenza di forti condizionamenti esterni (pubblico, scenografia) e interni
228 MENIN Roberto [2014: 326-328]; VIETIES Manuel F. [2017: 109-128]. 229 VINUESA Cristina [2013: 286-287].
230 VIETIES Manuel F. [2017: 119]. 231 ESPASA Eva [2009: 98].
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(tempi, pause, ritmo del testo) e pertanto debba basarsi sul criterio della lealtà. Una traduzione leale è sempre fedele alle intenzioni dell’autore ma non è mai letterale; è una ricreazione artistica che nasce per realizzarsi in teatro ma che si adatta anche alla pubblicazione editoriale o a forme di lettura drammatizzata.232
Un rifiuto della rigida separazione tra traduzione teatrale per la lettura, da un lato, e per la messa in scena dall’altro è in linea con le più recenti e illuminate riflessioni sulla teoria traduttiva dei testi letterari, che auspicano, infatti, un superamento delle nette contrapposizioni proposte negli ultimi due secoli (trad. fedele/infedele; trad. source- oriented/target-oriented; trad.letterale/libera). Del resto, come suggerisce Umberto Eco, la traduzione è una negoziazione; un continuo processo di ricerca di un compromesso tra estremi, nel quale si tradisce il testo di partenza solo quando si è incapaci di coglierne il senso profondo.233
4.1.1 Il registro linguistico dei testi teatrali
Gli studi sulla traduzione drammatica si interrogano da tempo sullo stabilire quanto i dialoghi – cuore pulsante dell’azione scenica – siano aderenti a un registro linguistico informale nella cultura di arrivo alla quale sono destinati. Considerando il parlato teatrale non come una riproduzione mimetica della conversazione ma piuttosto come una ricreazione artistica, è possibile distinguere tra parlato-parlato e parlato-recitato (nella sua accezione di parlato programmato), usando una terminologia introdotta dal linguista Giovanni Nencioni.234 E, conseguentemente, notare che il “parlato scenico” rispetto al “parlato reale” presenta: meno incongruenze sul piano sintattico; un’intensità informativa maggiore, con meno enunciati vuoti; una maggiore purezza illocutoria – dato che le intenzioni dei comunicanti sono volontariamente chiarissime o estremamente ambigue – ed, infine, una netta definizione dei turni di battuta con l’obiettivo di evitare sgradite sovrapposizioni.235 Ad ogni modo, nel “parlato teatrale” si può riscontrare una pluralità di elementi tipici dell’oralità quali: i continui riferimenti alla deissi (tramite pronomi e dimostrativi), le numerose pause e interruzioni – per trasmettere reticenza o esitazione, o ancora per censurare parzialmente le imprecazioni – e i moltissimi connettivi fatici.236
232 ENGUIX TERCERO María [2008: 283-286]. 233 ECO Umberto [2013: 161-195].
234 MELLONI Alessandra [1995: 121-139]. 235 MENIN Roberto [2014: 312-314]. 236 DIADORI Pierangela [2012: 162-170].
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È lecito allora sostenere che il linguaggio delle opere teatrali tende ad allontanarsi dai canoni della narrativa, per abbracciare invece le logiche della comunicazione con il fine di ottenere una maggiore partecipazione della platea allo spettacolo. A tal proposito, un recente studio della professoressa S. Calamai (2009) sulla lingua italiana contemporanea a teatro ha rilevato quanto questa sia ricca di strategie discorsive, di riferimenti alla deissi e anche di analogie con il registro colloquiale. Sul piano sintattico, infatti, si riscontra un’alta frequenza della paratassi e di frasi nominali con ellissi del verbo nonché un ampio uso della topicalizzazione (con dislocazioni e frasi scisse). Sul piano morfologico, invece, oltre alla presenza del “ci” attualizzante e del dativo etico (ex: cosa mi combini?) si trovano forme pronominali ridondanti e fenomeni di semplificazione (ex: “che” invece di “il quale”). Infine, per quanto concerne il lessico, non mancano i volgarismi e i forestierismi mentre scarseggiano le voci auliche e letterarie. Inoltre, sul piano stilistico, pullulano le ripetizioni e le accumulazioni unite alla tendenza ad abbreviare i nomi propri e ad impiegare segnali discorsivi (ex: insomma, allora, vero).237
Dato che la traduzione di testi teatrali si configura come “un caso híbrido de traducción que participa de características de la modalidad de traducción escrita y de traducción oral”238 è opportuno che il traduttore teatrale professionista possieda solide competenze linguistiche, una discreta sensibilità letteraria, buone nozioni di stilistica e di letteratura comparata nonché una certa familiarità con le strutture dell’interazione orale.239 A queste abilità deve necessariamente sommarsi, come per ogni traduttore letterario, una profonda conoscenza degli argomenti trattati in relazione alla cultura di partenza e di arrivo e al periodo storico di riferimento; il che acquista la stessa valenza del sapere padroneggiare le strutture grammaticali e lessicali delle lingue verso e da cui si traduce.240