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VALUTAZIONE DI VULNERABILTA' SISMICA DI STRUTTURE ESISTENTI SPORTIVE IN CEMENTO ARMATO

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Università di Pisa Facoltà di Ingegneria

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Edile e delle Costruzioni Civili (Curriculum Costruzioni Civili)

VALUTAZIONE DI VULNERABILITÀ SISMICA DI

STRUTTURE ESISTENTI SPORTIVE IN C.A.

Tesi di laurea magistrale

Relatori:

Prof. Ing. Pietro CROCE

Prof. Ing. Paolo CIO I

Laureando:

Filippo LA DI

(2)
(3)

III

INDICE

I DICE ... III PREFAZIO E ... VIII I TRODUZIO E ... IX RI GRAZIAME TI ... X

CAPITOLO 1 EVOLUZIO E ORMATIVA ... 3

1.1 Evoluzione storica normativa italiana ... 3

1.2 Evoluzione storica normativa sismica in Italia ... 20

CAPITOLO 2 ESAME DEGLI EDIFICI SOGETTI ALLA VALUTAZIO E DI VUL ERABILITÀ SISMICA ... 45

2.1 Definizione edifici strategici rilevanti e importanti ... 45

2.2 Il caso degli impianti sportivi ... 48

CAPITOLO 3 VALUTAZIO E DELLA VUL ERABILITÀ SIMICA ... 53

3.1 La vulnerabilità sismica : definizioni ... 53

3.2 Il “Livello di conoscenza” ... 55

3.2.1 Le indicazioni normative ... 56

3.3 La modellazione... 65

3.4 I metodi di analisi ... 67

1.4.1 L’analisi statica lineare ... 68

1.4.2 L’analisi dinamica lineare ... 70

(4)

IV

3.4.5 L’analisi dinamica non lineare ... 78

3.5 I criteri di verifica ... 81

3.5.1 Condizioni di applicabilità dei metodi di analisi e criteri di verifica ... 82

3.6 La sintesi dei risultati ... 87

CAPITOLO 4 L’ARE A GARIBALDI – STADIO ROMEO A CO ETA I : A ALISI STORICO CRITICA ... 92

4.1 Contesto storico ed urbanistico del sito ... 93

4.2 L’Arena Garibaldi dal 1919 ad oggi ... 96

4.2.1 Le strutture del Campo del Littorio 1931 ... 98

4.2.2 La realizzazione della Curva ord (1960) ... 103

4.2.3 La nuova gradinata e la Curva Sud (1968) ... 110

4.2.4 Il Completamento delle Curve (1978) ... 116

4.2.5 La uova Tribuna Coperta (1982-86) ... 119

4.2.6 L’inserimento delle gradinate basse (1990) ... 127

4.2.7 La storia recente dell’impianto sportivo ... 133

4.3 L’Arena Garibaldi allo stato attuale ... 135

CAPITOLO 5 A ALISI DELLA STRUTTURA ESISTE TE ... 142

5.1 Curva Nord (1960) ... 143

5.1.1 Descrizione della struttura ... 143

5.1.2 Modellazione della struttura ... 147

5.1.2.1 Corpo B-2... 148

(5)

V

5.2 Gradinata e Curva Sud (1968) ... 162

5.2.1 Descrizione della struttura ... 162

5.2.2 Modellazione della struttura ... 165

5.2.2.1 Corpo C-3... 166

5.2.2.2 Corpo C-4... 172

5.2.2.3 Corpo C-11 ... 177

5.2.3 Modellazione azione sismica ... 180

5.2.4 Analisi dinamica lineare della struttura ... 187

5.2.4.1 Corpo C-3... 187

5.2.4.2 Corpo C-4... 189

5.2.4.3 Corpo C-11 ... 191

5.3 Tribuna coperta (1982-1986) ... 193

5.3.1 Descrizione della struttura ... 193

5.3.2 Modellazione della struttura ... 197

5.3.2.1 Corpo E-2 ... 199

5.3.2.2 Modellazione del portale con elementi solidi ... 208

5.3.3 Modellazione azione sismica ... 211

5.3.4 Risultati analisi della struttura ... 216

CAPITOLO 6 VALUTAZIO E DELL ’ AFFIDABILITÀ DELLA STRUTTURA ALLO STATO ATTUALE ... 219

6.1 Curva Nord (1960) ... 221

6.1.1 Materiali ... 221

6.1.2 Verifiche Corpo B-2 ... 223

(6)

VI Verifica pressoflessione ... 225 Verifica a taglio ... 225 6.1.2.3 Verifica travi ... 227 Verifica a flessione ... 227 Verifica a taglio ... 227 6.1.3 Criticità ... 228

6.2 Gradinata e Curva Sud (1968) ... 229

6.2.1 Materiali ... 229

6.2.2 Verifiche ... 232

6.2.2.1 Verifica cerniere di base ... 232

6.2.2.2 Verifica pilastri ... 234 Verifica pressoflessione ... 234 Verifica a taglio ... 234 6.2.2.3 Verifica travi ... 236 Verifica a flessione ... 236 Verifica a taglio ... 236 6.2.3 Criticità ... 237 6.3 Tribuna coperta (1982-1986) ... 238 6.3.1 Materiali ... 238

6.3.2 Verifiche corpo E-2 ... 244

6.3.2.1 Verifica pensilina in c.a.p. ... 244

6.3.2.2 Verifica piedritti ... 256

Verifica pressoflessione ... 256

Verifica a taglio ... 256

(7)

VII

Verifica a flessione ... 260

Verifica a taglio ... 261

6.3.2.4 Verifica nodo traversa inclinata – piedritto posteriore ... 262

6.3.2.5 Verifica giunti sismici ... 276

6.3.3 Criticità ... 277

APPE DICE A ... 278

RISULTATI VERIFICHE ELEME TI STRUTTURALI ... 278

A-1 CORPO B-2 ... 279

Verifica cerniere di base ... 279

Verifica pilastri ... 280

Verifica travi ... 283

A – 2 Corpo C-3 ... 285

Verifica cerniere di base ... 285

Verifica pilastri ... 286

Verifica travi ... 289

A – 3 Corpo C-4 ... 291

Verifica cerniere di base ... 291

Verifica pilastri ... 292

Verifica travi ... 296

A – 4 Corpo C-11 ... 298

Verifica cerniere di base ... 298

Verifica pilastri ... 299

Verifica travi ... 302

(8)

VIII

PREFAZIONE

La presente tesi si pone l’obiettivo di analizzare le problematiche relative alla valutazione di vulnerabilità sismica di strutture esistenti in c.a. , in particolare strutture sportive caratterizzate da grande affollamento.

La valutazione di vulnerabilità sismica di strutture esistenti di interesse strategico o rilevante, progettate con norme antecedenti al 1984 si è resa obbligatoria in seguito all’Ordinanza P.C.M. n. 3274/2003 e gli impianti sportivi (tribune, stadi, palazzetti dello sport) con capienza utile maggiore di 100 persone, rientrano a pieno titolo in questa categoria.

Risulta pertanto lo studio delle problematiche relative alla valutazione di vulnerabilità di tali opere argomento di interesse e di studio per l’ingegneria strutturale.

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IX

INTRODUZIONE

La tesi è articolata in tre parti: la prima parte ha carattere introduttivo sull’evoluzione normativa in merito alle costruzioni in cemento armato e sullo sviluppo delle norme sismiche nel nostro Paese; la seconda parte esamina invece gli edifici soggetti alla valutazione di vulnerabilità sismica e affronta i metodi di valutazione della vulnerabilità stessa per strutture esistenti in c.a.; ed infine l’ultima parte analizza il caso di studio reale dello stadio di Pisa, l’ Arena Garibaldi – Stadio Romeo Anconetani.

Parte I: Considerazioni Generali (Capitolo 1)

- Evoluzione normativa italiana con particolare riferimento alle opere in cemento armato (Capitolo 1)

- Evoluzione normativa sismica in Italia (Capitolo 1)

Parte II: Valutazione Vulnerabilità Sismica (Capitoli 2-3)

- Esame degli edifici soggetti alla verifica obbligatoria (Capitolo 2) - Metodi di valutazione della vulnerabilità sismica (Capitolo 3)

Parte III: Arena Garibaldi –Stadio Romeo Anconetani (Capitoli 4-6) - Analisi storico – critica dell’opera (Capitolo 4)

- Modellazione ed analisi delle strutture principali (Capitolo 5) - Verifiche di sicurezza (Capitolo 6)

(10)

X

RINGRAZIAMENTI

Desidero ringraziare i Proff. Paolo Cioni e Pietro Croce per i preziosi insegnamenti e per il tempo che mi hanno dedicato. Un ringraziamento particolare anche ai miei amici e compagni di corso con cui ho condiviso questi anni di studio. Infine desidero ringraziare con affetto i miei genitori per il sostegno e il grande aiuto che mi hanno dato in questi anni.

(11)
(12)

VALUTAZIONE DI VULNERABILITÀ

SISMICA DI STRUTTURE ESISTENTI

(13)
(14)

3

Capitolo 1

EVOLUZIONE NORMATIVA

1.1 Evoluzione storica normativa italiana

La data che segna il passaggio da un epoca in cui la sicurezza delle costruzioni veniva garantita solo ed esclusivamente dal rispetto di regole tecniche senza alcun riscontro di verifica, all’obbligatorietà della presentazione di calcoli statici allegati al progetto e di prove sperimentali sui materiali, è il 10 Gennaio 1907.

In tale data, vennero infatti emanate dall’allora ministero competente le “ orme e condizioni per i materiali agglomerati idraulici e per le opere

in cemento armato”.

Le norme del D.M. 10 gennaio 1907 si riferivano esclusivamente ad opere pubbliche e si componevano di tre allegati concernenti:

Allegato A – Metodi normali di prova per gli agglomeranti idraulici Allegato B – Prescrizioni normali per l’esecuzione delle opere in

cemento armato

Allegato C – Condizioni tecniche alle quali debbono soddisfare le forniture di agglomeranti idraulici

In particolare l’Allegato B, oltre a prescrivere nella Parte I che ogni opera in cemento armato doveva essere costruita sulla base di un progetto esecutivo firmato da un ingegnere e completo di calcoli giustificativi, fornisce nella Parte II le indicazioni da rispettare sulla qualità dei materiali, in particolare si imponeva che la resistenza a compressione dei cubetti di calcestruzzo di 10-15 cm di lato a 28 giorni di maturazione avvenuta

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risultasse superiore a 150 kg/cm2, mentre la resistenza alla rottura per trazione delle barre lisce di armatura, sperimentata su “provette” aventi una lunghezza utile di 20 diametri, doveva risultare compresa tra 36 e 45 kg/mm2, con coefficiente di qualità , prodotto del carico unitario di rottura per mm2 per l’allungamento percentuale, non inferiore a 900.

Nella Parte V infine, vengono riportate le prime norme per calcoli statici, per quanto riguarda in modo specifico :

Art. 21 - Peso proprio - Conglomerato armato valutato di norma, compreso il peso dei ferri, in ragione di 2500 kg/m3

Art. 22 – Carichi Accidentali – Valutati con le stesse norme valevoli per gli altri generi di costruzione

Art. 23 - Sollecitazioni esterne - Determinate con le teorie ordinarie della scienza delle costruzioni, considerando un coefficiente di omogeneizzazione m pari a 10 ( con modulo di elasticità del cls valutabile in cifra tonda pari a 200 t/m2 ). Inoltre nel caso di solidi inflessi, quali comunemente si incontrano nella pratica, si dovrà considerare nel calcolo delle sezioni in corrispondenza degli appoggi l’incastro perfetto e la continuità delle travi; mentre per la sezione centrale di una campata il momento flettente potrà essere valutato partendo dalla ipotesi che negli appoggi abbia luogo soltanto 2/3 del momento precedentemente calcolato. In mancanza poi di un calcolo esatto delle condizioni di incastro si potrà, per la sezione centrale, ridurre del 20% il momento che sarebbe dato dall’ ipotesi di appoggi semplici di estremità.

Art. 24 - Sforzi interni - Se la sollecitazione provoca sforzi di pressione in tutti gli elementi della sezione trasversale del solido valgono gli ordinari metodi di calcolo. Se invece, venissero provocati anche sforzi di tensione, si prescinderà dalla resistenza a tensione del conglomerato, e l’asse che separa la porzione reagente

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dell’inerte e gli unitari verranno determinati partendo dai seguenti principi:

- Conservazione delle sezioni piane

- Proporzionalità degli sforzi alle distanze dei singoli elementi superficiali dell’asse suddetto

Art. 25 - Calcolo dei pilastri - I pilastri, quando il rapporto fra lunghezza libera di flessione e la dimensione trasversale minima supera 15, verranno calcolati come solidi caricati di punta, e si terrà conto della eventuale eccentricità del carico.

Le legature trasversali dei ferri che armano il pilastro devono essere eseguite, con la massima cura, e trovarsi almeno così vicine da escludere la possibilità della flessione laterale di detti ferri considerati isolati.

Art. 27 - Carichi di sicurezza - Il carico di sicurezza per il conglomerato, a compressione semplice, non supererà un quinto del carico di schiacciamento a 28 giorni di maturazione, da indicarsi nel progetto, ed a richiesta, da comprovarsi con certificato di un Laboratorio ufficiale . Non si farà assegnamento sulla resistenza del conglomerato alla tensione ed al taglio, ritenendo che tali sollecitazioni vengano sopportate esclusivamente dall’armatura metallica.

Il ferro omogeneo non sarà assoggettato a sforzo di tensione o di compressione semplice (cioè senza pericolo di flessione laterale) superiore 1000 kg/cm2 ed a 800 kg/cm2 per la sollecitazione a taglio. Per il ferro agglomerato i carichi di sicurezza saranno i 4/5 di quelli ammessi per il ferro omogeneo.

Si nota quindi che viene introdotto, come metodo di calcolo, il metodo delle tensioni ammissibili che sarà il continuo riferimento per i

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progettisti per oltre un secolo. Infatti, seppure affiancato fin dal 1976 dal metodo agli stati limite , resterà valido sino all’entrata in vigore delle NTC 2008, che ne hanno limitato l’utilizzo a determinate costruzioni (Tipo 1 e 2 e Classe d’uso I e II) ricadenti in zone a basse sismicità (zona 4). Inoltre si introduce nei calcoli un coefficiente di sicurezza pari a 5.

Le successive norme in materia sono quelle emanate dal Decreto

Presidenziale del 15 Maggio 1925 che stabilisce l’obbligo per tutte le

Amministrazioni dello Stato di attenersi, per i materiali da costruzione dalle medesime impiegati, alle prescrizioni per l’accettazione degli agglomerati idraulici e l'esecuzione delle opere in conglomerato cementizio od armato approvate dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici nella sua adunanza del 14 novembre 1924, con n. 3227. Con queste prescrizioni, viene diminuito il coefficiente di sicurezza sulla resistenza dei materiali da 5 a 4 e ammesso il poter fare affidamento su di una resistenza a taglio non superiore a 2 Kg/cm2.

Con il successivo Regio Decreto Legge del 4 Settembre 1927 n°

1981 si abroga il decreto precedente e viene esteso l’obbligo del rispetto

della normativa sulle opere in c.a. anche ai privati, rendendo anche per essi obbligatoria la figura giuridica del Direttore dei Lavori. Il decreto si compone di due parti:

Parte I – Prescrizioni normali per gli agglomerati idraulici

Parte II – Prescrizioni per le costruzioni in conglomerato cementizio

semplice od armato

La prima parte ricalca l’Allegato A del Regio Decreto del 1907 i metodi di prova per gli agglomerati idraulici e i requisiti e le condizioni per la loro accettazione.

La seconda parte invece ricalca l’Allegato B del Regio Decreto del 1907 e introduce le seguenti novità:

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I - PRESCRIZIONI GENERALI

Si dispone che la qualità e le proprietà dei materiali impiegati dovranno essere comprovate da certificati emessi da laboratori ufficiali e che l’esecuzione delle opere dovrà essere diretta da un ingegnere e affidata a costruttori che comprovino la loro idoneità con appositi certificati.

Inoltre si determina che, ad esclusione delle opere eseguite per conto o sotto la diretta sorveglianza dello stato, il prefetto dovrà provvedere alla sorveglianza sulle costruzioni in cemento armato. Il committente ha pertanto l’obbligo di presentare alla prefettura prima dell’inizio dei lavori il progetto dei lavori in doppia copia con firme del progettista e del committente stesso che dovrà inoltre comunicare il nome del direttore dei lavori e dell’appaltatore. Al termine dei lavori il committente dovrà poi presentare in prefettura il certificato di collaudo, eseguito sempre da un ingegnere di riconosciuta competenza, prima di ottenere la licenza di uso della costruzione

II- QUALITÀ DEI MATERIALI

Vengono introdotti nuove modalità di prova e nuovi limiti in merito alla resistenza dei materiali, in particolare :

- La resistenza a pressione a 28 giorni di stagionatura dovrà essere determinata su 4 cubi di spigolo 16 cm e assumerà come valore la media dei quattro risultati, a patto che nessuno di questi risulti inferiore di oltre il 20% dalla media stessa

- La resistenza a pressione del calcestruzzo dovrà quindi risultare almeno quadrupla rispetto al carico di sicurezza adottato nei calcoli per le membrature soggette a semplice pressione

- La resistenza a tensione delle armature dovrà risultare compresa tra 38 e 50 Kg/mm2 , mentre l’allungamento a rottura dovrà risultare non inferiore rispettivamente al 27% e al 21%

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III – CARICHI DI SICUREZZA

Fermo restando il limite per il carico di sicurezza pari ad un quarto del carico di rottura per schiacciamento a 28 giorni, si dispone che nelle membrature soggette a pressione semplice non si dovrà superare il carico di 30 kg/cm2 per i conglomerati confezionati con cemento di 2a qualità e di 40 kg/cm2 per i conglomerati confezionati con cemento di 1a qualità. Nelle strutture inflesse tali limiti potranno elevarsi rispettivamente a 40 kg/cm2 e 50 kg/cm2 purché si tratti di membrature di altezza non inferiore a 10 cm.

Inoltre vengono aumentati, rispetto al decreto precedente, i carichi di sicurezza per il ferro omogeneo, che soggetto a tensione o compressione semplice potrà raggiungere il limite massimo di 1200 kg/cm2 , mentre per la sollecitazione di taglio potrà arrivare a 960 kg/cm2

IV – NORME PER I CALCOLI STATICI

Il peso proprio si valuterà in ragione di 2400 kg/m3 in luogo dei 2500 kg/m3 del decreto precedente, mentre il modulo di elasticità normale si assumerà pari a 150 t/cm2, viene quindi diminuito rispetto alle 200 t/cm2 del decreto precedente .

Per la prima volta vengono poi inserite limitazioni di armatura, si ordina infatti che l'armatura longitudinale di un pilastro non dovrà avere una sezione complessiva minore dell'1 % o del 0,50 % di quella del conglomerato, quando quest’ ultima sia rispettivamente non maggiore di 1600 cm2, oppure non minore di 6400 cm2. Per sezioni intermedie di conglomerato la sezione del ferro varierà linearmente fra i limiti sopra indicati. Le legature trasversali dei ferri che armano il pilastro dovranno quindi essere distribuite a distanza pari a 10 volte il diametro dei ferri.

Per la prima volta si fa cenno anche alle dilatazioni termiche e da ritiro del conglomerato, specificando che nelle costruzioni aventi grandi dimensioni si rendono necessari giunti di dilatazione.

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VI – NORME DI COSTRUZIONE

Vengono introdotte indicazione in merito a copri ferro e disposizioni delle armature. In particolare qualsiasi superficie metallica dovrà distare dalle facce esterne del conglomerato almeno 0,8 cm se si tratta di soletta e 2 cm se si tratta di nervatura; fra le superficie delle barre di ferro ci dovrà essere almeno, in ogni direzione, una distanza eguale al diametro delle medesime, ed in ogni caso non inferiore a 2 cm , facendo eccezione per le barre sovrapposte nelle travi inflesse, le quali vengono portate a contatto. Tale distanza viene inoltre aumentata a 3,5 cm in presenza di emanazioni gassose nocive alla costruzione e quando vi sia motivo di temere l'azione dannosa di correnti elettriche vaganti.

Le barre di armatura dovranno essere piegate all’estremità ad uncino rotondo con una luce interna pari ad almeno 5 diametri. Nei punti di interruzione delle armature si dispone poi che i ferri vengano sovrapposti per una lunghezza di 30 diametri, ripiegandoli ad uncino alle estremità, oppure uniti con manicotto filettato. Queste interruzioni dovranno comunque essere sfalsate e trovarsi nelle regioni di minore sollecitazione.

La normativa successiva è quella emanata con il Regio Decreto

Legge del 7 Giugno 1928 n° 1431 che non introduce sostanziali novità se

non:

- l’estensione agli architetti della competenza su progetti e direzioni lavori

- la possibilità di delega ai comuni, da parte del prefetto, per la ricezione e conservazione dei progetti relativi alle costruzioni che interessino l’incolumità pubblica e dove entri il conglomerato cementizio armato

- l’aumento del limite minimo di armatura longitudinale nei pilastri di sezione maggiore di 6400 cm2, che passa dallo 0,5% allo 0,7%

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L’anno successivo viene emanato il Regio Decreto Legge del 4

Aprile 1929 n° 592 in merito all’accettazione di cementi speciali e

all’esecuzione di opere in conglomerato composto con tali cementi. Si parla in particolare di cementi alluminosi e ad alta resistenza, e di cementi pozzolanici e di alto forno. Per i primi valgono le disposizioni delle precedenti normative salvo un aumento della resistenza limite a compressione semplice che sarà assunta pari 50 kg/cm2, mentre a flessione potrà essere aumentata di un ulteriore 30% . Per i secondi sono applicabili tutte indistintamente le prescrizioni delle precedenti normative.

Successivamente con il Regio Decreto Legge del 18 Luglio 1930

n° 1133 , si cerca di riunire in un solo testo le precedenti disposizioni in

materia inserendo solamente alcune leggere modifiche dettate dai bisogni riscontrati nella pratica.

A seguire abbiamo il Regio Decreto Legge del 23 Maggio 1932

n° 832 , nel quale si possono leggere le seguenti novità in merito a :

II- QUALITÀ DEI MATERIALI

Per il calcestruzzo, mentre resta invariato il numero di provini, pari a 4, si assumerà come resistenza definitiva la media dei tre risultati maggiori.

III- CARICHI DI SICUREZZA

I valori di tensione ammissibile per calcestruzzi ad alta resistenza od alluminosi diventano rispettivamente pari a 50 e 65 kg/cm2. Inoltre il carico di sicurezza al taglio non dovrà superare i valori di 2 kg/cm2 per conglomerati di cemento Portland, d'alto forno e pozzolanico, e di 4 kg/cm2

per conglomerati di cemento ad alta resistenza od alluminosi. Quando la

tensione tangenziale massima calcolata per il conglomerato supera i detti limiti, la resistenza al taglio deve essere integralmente affidata ad armature metalliche.

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IV- NORME PER I CALCOLI STATICI

Le legature trasversali dei ferri che armano i pilastri dovranno essere distribuite a distanza breve inferiore alla minore dimensione della sezione del pilastro e a 10 volte il diametro dei ferri.

Il successivo Regio Decreto Legge del 29 Luglio 1933 n° 1213 non porta modifiche degne di nota alle norme per l’accettazione dei leganti idraulici e per l’esecuzione delle opere in conglomerato cementizio armato fin qui descritte.

Nella trattazione dell’evoluzione normativa è invece opportuno soffermarsi sul R.D.L. del 16 ovembre 1939 n° 2228 e 2229 , la cui importanza è da ricercarsi nella sua longevità, resterà infatti in vigore per oltre trent’anni dalla data della sua pubblicazione (Gazzetta Ufficiale n° 92 del 12 Aprile 1940).

I due decreti ricalcano per i contenuti le due parti in cui si dividevano i decreti precedenti, nel primo (n°2228) vengono infatti indicate le norme per l’accettazione dei leganti idraulici, nel secondo (n°2229) le norme per le esecuzione di opere in conglomerato cementizio e armato.

NORME PER L’ACCETTAZIONE DEI LEGANTI IDRAULICI

Dopo aver definito i diversi tipi di cementi (Portland, pozzolanico, d’alto forno,alluminoso) e agglomerati cementizi (a lenta o a rapida presa), vengono subito riportati i requisiti necessari per l’accettazione in termini di composizione e di resistenza a compressione e a trazione. In seguito vengono descritti i metodi di prova e le condizioni e modalità di fornitura. Infine nell’Allegato A sono elencati i Laboratori Ufficiali per le esperienze sui materiali da costruzione, tra cui figura quello della facoltà di Ingegneria dell’Università di Pisa.

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NORME PER L’ESECUZIONE DI OPERE IN CONGLOMERATO CEMENTIZIO SEMPLICE O ARMATO

Le prescrizioni generali sono sostanzialmente le stesse riportate nei decreti precedenti, rimangono infatti l’obbligo di redazione di un progetto firmato da un ingegnere o da un architetto, di accertamento delle qualità dei materiali attraverso prove eseguite dai laboratori ufficiali indicati nell’Allegato A, di esecuzione delle opere sotto la direzione di un ingegnere, possibilmente il progettista, e di presentare prima dell’inizio della costruzione denunzia delle opere in prefettura, corredata di una copia di massima del progetto.

In seguito si trovano le disposizioni sulla qualità dei materiali, per quanto riguarda i conglomerati, mentre non variano le modalità di prova e di conseguenza la determinazione della resistenza cubica a pressione, si impone che tale resistenza risulti almeno tripla del carico si sicurezza adottato nei calcoli e mai inferiore a 120 kg/cm2 per conglomerati di cemento normale, ed a 160 kg/cm2 per conglomerati di cemento ad alta resistenza od alluminoso. Per le armature viene invece consentito l’utilizzo oltre che di acciaio dolce, di acciaio semiduro e duro per diametri dei tondini inferiori a 30mm, le cui caratteristiche in termini di resistenza e allungamento a rottura sono in seguito riportate :

- Acciaio dolce:

Carico di rottura per trazione compreso fra 42 e 50 kg/mm2 Limite di snervamento non inferiore a 23 kg/mm2

Allungamento di rottura non inferiore al 20 %

- Acciaio semiduro :

Carico di rottura per trazione compreso fra 50 e 60 kg/mm2 Limite di snervamento non inferiore a 27 kg/mm2

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- Acciaio duro :

Carico di rottura per trazione compreso fra 60 a 70 kg/mm2 Limite di snervamento non inferiore a 31 kg/mm2

Allungamento di rottura non inferiore al 14 %

Vengono quindi riportati i carichi di sicurezza da adottare per il calcolo delle strutture; per i conglomerati soggetti a sollecitazioni di pressione semplice e di pressoflessione viene indicato il limite di un terzo della resistenza a compressione a 28 giorni; per le sollecitazioni di taglio viene indicato il limite di 4 kg/cm2 per conglomerati di cemento portland e di 6 kg/cm2 per conglomerati ad alta resistenza; per le armature metalliche sollecitate a trazione non deve invece superare 1400 kg/cm2 per l’acciaio dolce e 2000 kg/cm2 per l’acciaio semiduro e duro. Inoltre si richiede che a valore più alti di tensione nelle armature corrispondano più elevati carichi a rottura 28 giorni per il conglomerato. In particolare la tensione di 1400 kg/cm2 richiede l’uso di conglomerato con resistenza minima 160 kg/cm2 ; l’uso di acciai semiduri e duri richiede invece l’impiego di conglomerato di cemento ad alta resistenza con carico di rottura cubico di 160 kg/cm2 fino a tensioni di 1800 kg/cm2 nelle sezioni rettangolari e 1600 kg/cm2 nelle sezioni a T o speciali; 225 kg/cm2 fino a tensioni di 2000 kg/cm2 nelle sezioni rettangolari e 1800 kg/cm2 nelle sezioni a T o speciali.

Si passa in seguito alle norme di calcolo; per quanto riguarda il calcolo del peso proprio si ritorna al valore di 2500 kg/cm3; per il calcolo delle caratteristiche di sollecitazione si rimanda ai metodi della scienza delle costruzioni considerando le condizioni di carico più sfavorevoli; per il calcolo delle tensioni massime nel conglomerato e nell’armatura metallica ed il dimensionamento diretto delle sezioni si fa riferimento sempre ai metodi della scienza delle costruzioni per i solidi omogenei, assumendo per sezione resistente quella costituita dal parte del conglomerato che risulta compressa e dalle aree metalliche affette dal coefficiente di

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omogeneizzazione n , e prescindendo di regola dalla presenza del conglomerato eventualmente teso.

Sono inoltre riportate indicazioni sulle disposizione delle armature, in particolare le membrature sollecitate a pressione assiale centrata od eccentrica di sezione quadrata o poligonale regolare devono avere un'armatura longitudinale di sezione non inferiore allo 0,8% di quella del conglomerato strettamente necessaria, quando questa sia minore di 2000 cm2 e non inferiore allo 0,5 % quando questa sia maggiore di 8.000 cm2, adottando per i casi intermedi la variazione lineare. Queste membrature dovranno inoltre essere munite di apposita staffatura continua o discontinua con passo o distanza non superiore alla metà della dimensione minima della sezione e a 10 volte il diametro dei ferri dell'armatura longitudinale.

Nei trenta e più anni di validità di questa normativa sono state emanate diverse circolari che rispondevano alle necessità del momento. Tra queste si ricordano la n°2083 del 25 settembre 1948 dal titolo “L’acciaio

da impiegare nei cementi armati” , la n°1082 dell’ 8 giugno 1953 dal titolo “Acciaio per conglomerati cementizi armati” e la n°1433 dell’ 20 maggio 1954 dal titolo “Osservanza delle norme per le costruzioni in cemento armato” , che sottolineano di rispettare rigorosamente la norma del 1939,

era infatti avvenuto che si tollerasse nelle strutture in cemento armato l’impiego di tondini di ferro, con processo di fabbricazione molto corrente e che perciò non offriva alcuna garanzia di uniformità di caratteristiche tecnologiche. Questo continuo interesse da parte del legislatore sull’argomento sicuramente testimonia un utilizzo di acciaio di scarsa omogeneità in quegli anni non più giustificabile.

La successiva circolare n°1472 del 23 maggio 1957 dal titolo

“Armatura delle strutture in cemento armato” riveste infine un ruolo molto

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suggerimenti dati dalle precedenti circolari definisce in modo chiaro i tipi di acciaio di possibile impiego per le armature.

In particolare si stabilisce che per tutte le armature delle strutture in cemento armato possono essere impiegati soltanto acciai Aq 42 , Aq 50 e Aq 60 , sia in tondo sia in forma speciale.

Per gli acciai in tondo la tensione non deve superare il 50% del carico di snervamento ed in ogni caso i valori di 1400 kg/cm2 per Aq 42, di 1600 kg/cm2 per Aq 50 e di 1800 kg/cm2 per Aq 60. Tutto questo purché si impieghi, per acciai Aq 50 e Aq 60, conglomerato almeno di classe R200 nel caso di sezione rettangolare e di classe R250 nel caso di sezione a T.

Per gli acciai di forma speciale ad aderenza migliorata la tensione non deve superare il 50% del carico di snervamento né il 40% del carico di rottura con la condizione che l’allungamento di rottura non sia inferiore al 12% . La tensione ammissibile per questi acciai non deve comunque superare il valore di 2200 kg/cm2, utilizzando per tali valori conglomerati di classe almeno R250.

Il successivo passo, che porta all’emanazione delle nuove norme tecniche, è la Legge n°1086 del 5 ovembre 1971 . Questa dispone infatti, all’art.21, che entro sei mesi dalla sua pubblicazione siano emanate da parte del Ministro dei Lavori Pubblici le nuove norme tecniche a cui si dovranno uniformare le costruzioni in cemento armato, normale e precompresso ed a struttura metallica. Inoltre introduce l’obbligo di denuncia delle opere, da parte del costruttore, all’ufficio del Genio Civile competente prima dell’inizio dei lavori. L’ufficio del Genio civile va quindi ad assumere il ruolo svolto negli anni precedenti dalla Prefettura. Questa disposizione si applica a tutte le opere ad esclusione di quelle eseguite per conto dello Stato o per conto delle regioni, delle provincie e dei comuni, aventi un ufficio tecnico con a capo un ingegnere.

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Le norme tecniche, che vanno a sostituire il R.D.L. n°2228 e 2229 del 1939, sono quindi state emanate l’anno successivo con il Decreto

Ministeriale n°9161 del 30 maggio 1972 dal titolo “ orme tecniche alle quali devono uniformarsi le costruzioni in conglomerato cementizio, normale e precompresso ed a struttura metallica” .

Soffermandoci sulla prima parte, relativa alle opere in cemento armato ordinario, si riportano le principali novità relative al calcolo (Par.2) , alla qualità dei materiali (Par.3) e all’esecuzione(Par.4).

2. CALCOLO

Per quanto riguarda il calcolo delle sezioni si rimanda come nelle normative precedenti ai metodi della scienza delle costruzioni basati sull’ipotesi di elasticità lineare dei materiali, ovvero il metodo delle tensioni ammissibili, ammettendo per la prima volta l’utilizzo di un coefficiente di omogeneizzazione n = 15. Per la prima volta viene anche ammesso il calcolo a rottura, purché si giustifichino le ipotesi teoriche ed i risultati sperimentali in esso considerati e ne risulti un coefficiente di sicurezza, rispetto al carico totale, pari a 1,75.

Vengono poi definiti i valori di tensione ammissibili sia per i conglomerati che per le armature. Per i conglomerati si distinguono sei classi di qualità, individuate dal numero che esprime in kg/cm2 la resistenza caratteristica cubica a 28 giorni di maturazione(R’bk), che sono 150 , 200 ,

250, 300 , 400 e 500 , escludendo per strutture armate l’impiego di conglomerati con R’bk inferiore a 150 kg/cm2. Vengono quindi fornite la

formula per il calcolo della tensione ammissibile σ’b che sarà pari a :

= 60 + − 1504 /

di calcolo della tensione tangenziale massima nel conglomerato τb0

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= 4 + 75− 150 /

e della tensione tangenziale massima nel conglomerato τb1 in

presenza di armature a taglio

= 14 + 35− 150 /

Per gli acciai in base alla resistenza caratteristica a snervamento Rsk

espressa in kg/mm2 si distingue fra :

- Acciai per barre tonde lisce del tipo FeB22 ed FeB32 aventi come tensione ammissibile rispettivamente 1200 kg/cm2 e 1600 kg/cm2 - Acciai per barre ad aderenza migliorata del tipo FeA38 FeA41 e

FeB44 aventi come tensione ammissibile rispettivamente 2200 kg/cm2 , 2400 kg/cm2 e 2600 kg/cm2 se controllati in stabilimento e 1900 kg/cm2 , 2000 kg/cm2 e 2200 kg/cm2 se non controllati.

Si impone poi per l’uso di acciai ad aderenza migliorati, l’impiego di un conglomerato di classe maggiore od uguale a 250.

Per la prima volta viene inoltre fornita una formula per il calcolo del modulo elastico del conglomerato in funzione della sua resistenza caratteristica

′ = 18000 · /

Per quanto riguarda la disposizione delle armature sono fornite le seguenti indicazioni:

- per le travi, si devono prevedere staffe aventi sezione complessiva non inferiore a 3cm2/m, con un minimo di tre staffe al metro, opportunamente collegate da apposite armature longitudinali che devono essere in percentuale non inferiore allo 0,15%, dell’intera sezione, per barre ad aderenza migliorata ed allo 0,25% per barre lisce;

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- per i pilastri, soggetti a compressione centrata od eccentrica, deve essere disposta un’armatura longitudinale di sezione non minore dello 0,6% e non maggiore del 5% della sezione di conglomerato strettamente necessaria per carico assiale in base alla tensione ammissibile adottata e non minore dello 0,3% della sezione effettiva. Il diametro delle barre non deve essere inferiore a 12mm e deve essere disposta una staffatura di diametro minimo pari a 6mm, con passo non superiore a 15 volte il diametro minimo delle barre longitudinali e con un massimo di 25cm.

3. QUALITÀ DEI MATERIALI

Per la determinazione delle qualità dei materiali si rimanda all’allegato I della presenta norma, dove vengono descritte le prove e le modalità di esecuzione. Per il conglomerato il direttore dei lavori dovrà effettuare almeno un prelievo ogni 100 m3 di getto e, comunque non meno di tre per ogni tipo di calcestruzzo omogeneo utilizzato nell’opera. Ogni prelievo dovrà poi contenere la quantità di calcestruzzo necessaria per la confezione di un gruppo di quattro provini.

Il controllo delle barre di armatura risulta invece obbligatorio per quanto riguarda gli acciai non controllati in stabilimento, è invece facoltativo per gli altri.

4. ESECUZIONE

Sono fornite indicazioni in merito alle giunzioni delle armature , alla piegatura dei ferri, al copri ferro ed all’interferro. Le giunzioni potranno essere effettuate sia mediante saldatura che mediante sovrapposizione con lunghezza di sovrapposizione non minore di 20 volte il diametro. Il copri ferro è stabilito pari almeno a 0,8cm per le solette e a 2cm nel caso di pilastri e travi, mentre l’interferro deve essere almeno pari al diametro delle barre e comunque non inferiore a 2cm.

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Successivamente, tenendo fede alla legge n°1086 del 5 Novembre 1971 che obbligava il ministero dei lavori pubblici ad emanare ogni due anni un decreto di aggiornamento delle norme sulle costruzioni, furono quindi emanati il D.M. 30 maggio 1974 , il D.M. 16 giugno 1976 ed il

D.M. 26 marzo 1980. Mentre il primo non introdusse novità di rilievo il

secondo portò un cambiamento nella definizione degli acciai da utilizzare per barre tonde lisce e ad aderenza migliorata.

Per gli acciai in base alla resistenza caratteristica a snervamento Rsk

espressa in kg/mm2 si distingue infatti fra :

- Acciai per barre tonde lisce del tipo FeB22k ed FeB32k aventi come tensione ammissibile rispettivamente 1200 kg/cm2 e 1600 kg/cm2 - Acciai per barre ad aderenza migliorata del tipo FeB38k e FeB48k

aventi come tensione ammissibile rispettivamente 2200 kg/cm2 e 2600 kg/cm2 se controllati in stabilimento e 1900 kg/cm2 e 2200 kg/cm2 se non controllati.

Inoltre per la prima volta si inizia a parlare di calcolo agli stati limite, in alternativa alle tensioni ammissibili, imponendo per questo metodo verifiche allo stato limite ultimo e agli stati limite di esercizio per fessurazione e deformazione.

Il D.M. 26 marzo 1980 esprime quindi in modo più completo il metodo semiprobabilistico agli stati limite, definendo per la prima volta le combinazioni delle azioni da adottare per i vari stati limite.

In seguito vengono emanati in merito i D.M. 01 aprile 1983, il D.M.

27 luglio 1985, il D.M. 14 febbraio 1992 fino ad arrivare al D.M. 9 Gennaio 1996 che costituirà la normativa di riferimento per il calcolo delle

strutture agli stati limite fino all’emanazione delle Nuove Norme Tecniche per le Costruzioni nel 2005.

Le nuove norme del 2005 si pongono l’obiettivo di riordinare le varie normative esistenti nel campo delle costruzioni realizzando un testo

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unitario improntato al più moderno indirizzo di normazione prestazionale. Entrate in vigore solamente nel gennaio 2008 sono state ben presto sostituite dalle TC2008 entrate ufficialmente in vigore, dopo un periodo transitorio di oltre un anno in cui ne era già consentito l’utilizzo, il 30 giugno 2009 e tuttora operanti.

1.2 Evoluzione storica normativa sismica in Italia

A seguito del disastroso terremoto che colpì lo stretto di Messina nel 1908, ebbe inizio una abbondante legislazione in materia di edilizia antisismica indirizzata, almeno inizialmente, esclusivamente ai territori già colpiti da eventi sismici importanti.

Il Regio Decreto del 18 aprile 1909 n° 193 aprì di fatto il valzer normativo; gli aspetti trattati dal citato Regio Decreto riguardavano essenzialmente i criteri di scelta dei siti edificabili, le altezze massime e il numero dei piani degli edifici, alcune prescrizioni urbanistiche, nonché una serie di indicazioni sull’ idoneità dei sistemi costruttivi, sulle regole del buon costruire e su alcune prescrizioni inerenti i calcoli di stabilità.

In particolare, le azioni del moto ondulatorio dovevano essere simulate da forze orizzontali applicate alle masse del fabbricato nelle due direzioni ed agenti in entrambi i sensi di ogni direzione, mentre il moto sussultorio veniva considerato aumentando di una percentuale le azioni statiche dovute al peso proprio e al sopraccarico. È riconosciuta quindi la natura dinamica dell’azione sismica distinguendo tra la componente orizzontale (moto ondulatorio) e quella verticale (moto sussultorio), ma di entrambe non è data alcuna indicazione quantitativa.

Si dovrà infatti attendere il R.D.L. del 29 aprile 1915 n° 573 per avere le prime indicazioni quantitative sull’entità delle azioni sismiche. Questo impone che si debbano considerare :

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- le azioni dinamiche, dovute al moto sismico ondulatorio, rappresentandolo con accelerazioni, applicate orizzontalmente alle masse del fabbricato nelle due direzioni (lunghezza e larghezza) ed agenti in entrambi i sensi di ogni direzione ,calcolate sapendo che i rapporti tra le forze applicate e le masse debbano essere convenzionalmente uguali ad un ottavo per il piano terreno (0,125) degli edifici che al piano di gronda non siano più alti di 10 m e ad un sesto per i piani superiori (0,16) di detti edifici e per quelli di altezza maggiore

- le azioni statiche dovute al peso proprio ed al sopraccarico, quando ha un carattere fisso o di lunga permanenza, aumentate del 50% per considerare l’effetto delle vibrazioni sussultorie

Il successivo R.D.L. del 23 ottobre 1924 n° 2089,sancì, tra le altre cose, il fatto che i calcoli dovevano essere firmati esclusivamente da un ingegnere, puntualizzò che non dovessero essere sommati gli effetti dell’accelerazione orizzontale e di quella verticale, calcolati come da decreto precedente, e introdusse alcune prescrizioni circa le “dimensioni delle membrature dell’ossatura per gli edifici di comune abitazione”(Art.29). In particolare si specifica che possono adottarsi per i pilastri in cemento armato, di edifici di comune abitazione a due piani, le seguenti dimensioni minime:

- al piano superiore cm. 30x30 con 4 tondini da mm. 18 - al piano terreno cm. 40x40 con 4 tondini da mm. 25

avendo cura di prolungare i ferri di ogni tronco nel successivo per una lunghezza non minore di 50 cm dal pavimento di ogni piano; ovvero di raddoppiare la sezione metallica mediante spezzoni alle due estremità, superiore ed inferiore ,dell’edificio.

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a) che l’ossatura sia costituita da pilastri di cemento armato posti a distanza non maggiore di metri 5 ed in numero non minore dell’area totale della superficie coperta, espressa in metri quadrati divisa per 10, allineati nelle sezioni trasversali e longitudinali, e da correnti di collegamento dei pilastri disposti a livello di pianterreno, dei solai e della gronda, costituenti un ingabbiamento completo a maglie rettangolari

b) che i pilastri abbiano in ciascun piano tutti eguale sezione c) che altezze di ciascun piano non eccedano metri 4,5

d) che i muri esterni siano di mattoni pieni ed abbiano spessore eguale a cm.30 al piano superiore e cm.40 al piano terreno,con telai di cemento armato per i vani porte e finestre a norma del precedente art.20 (porte e finestre devono essere incorniciate da un solido telaio in ferro o di cemento armato, prolungando alcune nervature del telaio del vano fino all’incontro dei montanti e dei correnti dell’ossatura principale)

e) che i muri interni nei piani superiori siano costituiti con mattoni forati, mentre quelli principali, costituenti il controventamento dei telai a distanza non maggiore di metri 10, abbiano la grossezza non minore di cm. 25

Si dispone inoltre che le sezioni mediate dei traversi, proporzionate al peso proprio e sopraccarico aumentati del 50 per cento, non debbano risultare di dimensioni minori delle seguenti:

- al livello del piano di gronda : cm.20 di base per cm.30 di altezza, con tre ferri da mm.18 inferiori e due da 14 superiori

- al livello del pavimento, sul pianterreno, cm.30 di base per cm.30 di altezza con tre ferri da mm.25 inferiori e due da 14 superiori

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considerando compresa nel calcolo delle altezze la grossezza della soletta. All’attacco con i montanti i traversi devono essere poi forniti di mensole, le quali devono avere nelle sezioni d’incastro, dimensioni non inferiori alle seguenti:

- al livello di gronda, cm.5 di base per cm.45 di altezza complessiva ( compresa quella del traverso) con tre ferri da mm..18 per parte - al livello del pavimento sul piano terreno, cm.35 di base per cm.60 di

altezza con tre ferri da mm.25 per parte

I correnti longitudinali debbono invece avere le dimensioni uguali a quelle dei corrispondenti trasversali ed i correnti e traversi del telaio di base devono avere le seguenti dimensioni minime :

- sezioni mediano di cm. 50x60 con tre ferri da mm.30 superiori e due da mm.14 inferiori

- mensole d’incastro di 50x80 con tre tondini da 30 per parte

Sono poi fornite, sempre nel medesimo articolo, alcune indicazioni sugli schemi di calcolo da adottare, in particolare si afferma di considerare le varie membrature come semi incastrate per il calcolo delle sezioni alla mezzeria, e come perfettamente incastrate per il calcolo delle sezioni di estremità, secondo le prescrizioni normali per l’esecuzione delle opere in cemento armato.

Si impone quindi, per le strutture orizzontali, il collaudo mediante prove di carico eseguite con pesi equipollenti alle forze verticali adottate nel calcolo.

Infine per gli edifici che dovranno necessariamente avere un cantinato si potranno prolungare i montanti fino al piano di pavimento dei cantinati ove si costruisce il telaio di base e qualora il telaio di base dell’ossatura venisse poggiato sui muri del cantinato, al livello del

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pianterreno, rendendo inutile il prolungamento dei montanti, i muri dovranno avere uno spessore non inferiore a cm.80.

Con il seguente R.D. del 13 marzo 1927 n°431si arriva quindi ad una classificazione delle località colpite dai terremoti “in relazione al loro

grado di sismicità ed alla loro costituzione geologica” e suddividendole in

due categorie, per le quali erano riservate delle prescrizioni specifiche per il calcolo dell’azione sismica.

Per le località della I categoria si imponeva di considerare le seguenti forze agenti, non contemporaneamente, sulle strutture resistenti dell’edificio:

a) il peso proprio ed il sopraccarico massimo di ciascuna di esse aumentati del 50 per cento, per tenere conto di eventuali azioni dinamiche dovute al moto sussultorio

b) forze orizzontali applicate alle masse delle varie parti dell’edifico, dipendenti dalle accelerazioni sismiche ad esso trasmesse dal moto ondulatorio. Queste forze agenti in entrambi i sensi, tanto in direzione longitudinale quanto in direzione trasversale, sono calcolate assumendo un rapporto tra le forze stesse ed i pesi corrispondenti alle masse su cui agiscono pari ad 1/8 per il piano terreno degli edifici che al piano di gronda non siano più alti di metri 10 o metri 12; pari ad un sesto per i piani superiori di detti edifici e per tutti i piani degli altri edifici.

Si nota come per le località inserite nella I categoria non siano cambiate i valori delle azioni sismiche rispetto a quelli indicati nel decreto precedenti.

Per le località di II categoria tali valori vengono invece ridotti, si impone infatti:

(36)

- per le azioni dinamiche dovute al moto sussultorio, l’aumento di un terzo dei carichi statici

- per le azioni dinamiche dovute al moto ondulatorio, un rapporto tra forze orizzontali e pesi corrispondenti alle masse su cui agiscono pari ad un decimo per tutti i piani degli edifici, quando questi non siano più alti di 15 m ed pari ad un ottavo per altezze superiori a metri 15. Evitando in ogni modo sezioni trasversali dei pilastri inferiori a cm 30 per 30.

Infine per quanto riguarda le norme sulle “dimensioni delle membrature dell’ossatura per gli edifici di comune abitazione” (Art.29), vengono riprese per le località di I categoria le indicazioni riportate nel precedente decreto, mentre non sono fornite disposizioni per le località di II categoria.

Le successive norme tecniche ed igieniche di edilizia per le località sismiche furono emanate cono il R.D.L. del 3 Aprile 1930 n°682, tuttavia questo non introdusse novità degne di nota.

Col seguente R.D.L. del 23 marzo 1935 n°640 “ orme Tecniche di

edilizia con speciali prescrizioni per le località colpite dai terremoti” venne

invece delineato un nuovo quadro normativo valido per tutti i comuni del regno, che costrinse le amministrazioni locali ad adottare regolamenti edilizi che specificassero le regole del buon costruire, in relazione anche ai materiali ed ai sistemi costruttivi tipici dei rispettivi territori.

Venivano tra l’altro richiamate anche alcune specifiche necessità come quelle che indicavano di evitare strutture spingenti e di eseguire cordoli sui muri in corrispondenza dei piani, compreso quello di gronda.

Per quanto riguarda poi le località sismiche della I e della II categoria, furono riprese le prescrizioni riportate nei precedenti decreti con alcune modifiche in particolare nei riguardi del calcolo dell’azione sismica.

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Si imponeva infatti, all’art.30, di considerare per le località della I categoria le seguenti forze agenti, non contemporaneamente, sulle strutture resistenti dell’edificio:

c) il peso proprio ed il sopraccarico massimo di ciascuna di esse aumentati del 40 per cento, per tenere conto di eventuali azioni dinamiche dovute al moto sussultorio

d) forze orizzontali applicate alle masse delle varie parti dell’edifico, dipendenti dalle accelerazioni sismiche ad esso trasmesse dal moto ondulatorio. Queste forze agenti in entrambi i sensi, tanto in direzione longitudinale quanto in direzione trasversale, sono calcolate assumendo un rapporto tra le forze stesse ed i pesi corrispondenti alle masse su cui agiscono pari ad 1/10 qualunque siano l’altezza dell’edificio ed il numero dei piani

Inoltre viene specificato che per il calcolo delle azioni orizzontali il carico accidentale deve essere limitato ad un terzo di quello massimo assunto per il calcolo delle singole strutture, disposizione questa che si ritroverà poi nei decreti successivi dal D.M. del 03/03/1975 fino al D.M. del 16/01/1996.

Per le località di II categoria vengono invece ridotte le forze agenti, si impone infatti di considerare:

- per le azioni dinamiche dovute al moto sussultorio, l’aumento del 25 % dei carichi statici

- per le azioni dinamiche dovute al moto ondulatorio, un rapporto tra forze orizzontali e pesi corrispondenti alle masse su cui agiscono pari ad 0,07 qualunque siano l’altezza dell’edificio ed il numero dei piani

Si verificò dunque un decremento del rapporto tra forze orizzontali e masse di piano sia per le località sismiche della I categoria che della II; tra

(38)

l’altro dovendosi considerare tali valori costanti per tutta l’altezza dell’edificio, di fatto si perse di vista la natura dinamica del sisma (amplificazione dinamica in altezza), concetto che venne ripreso solo nel 1975.

Erano infine fornite indicazioni, sempre all’art.30 , in merito alle cosiddette “strutture asismiche” da considerare di norma come sistemi elastici costituiti da travi e pilastri saldati tra loro (telai) e calcolati coi metodi della scienza delle costruzioni relativi ai sistemi staticamente indeterminati, sia per le sollecitazioni derivanti dai carichi verticali, sia per quelle derivanti dalle forze orizzontali. Nel calcolo dei telai multipli si ammetteva tuttavia di trascurare le deformazioni derivanti dalle sollecitazioni del taglio e dalle sollecitazioni assiali.

Si affermava poi di prescindere nel calcolo dei telai dagli aumenti di rigidezza derivanti dai muri trasversali ad esclusione di edifici muniti di telai irrigiditi, a distanza inferiore ai 15 metri, mediante diagonali metalliche o di cemento armato, o da robuste pareti di mattoni pieni e malta cementizia, nel qual caso veniva ammesso per i telai intermedi ( a maglie quadrangolari) il calcolo approssimato delle forze orizzontali ridotte del 50 % rispetto ai valori sopra determinati. In questo caso i telai maggiormente rigidi dovevano poi essere verificati come mensole incastrate alla base sotto l’azione delle forze orizzontali corrispondenti al loro scomparto e del 50% di quelle dei telai intermedi non considerate nel calcolo di questi ultimi.

Il R.D.L. del 1935 venne poi leggermente modificato dal R.D.L. del

22 ovembre 1937 n°2105 , in particolare nei confronti del calcolo

dell’azione sismica si specificò di considerare nell’ aumento carichi statici dovuto al moto sussultorio , un valore di partenza del sopraccarico accidentale pari ad un terzo del valore nominale, sempreché il carico totale così ottenuto non risulti inferiore alla somma del peso proprio e del

(39)

sopraccarico accidentale nel suo valore nominale. Inoltre venne ulteriormente ridotto, per le località sismiche di II categoria, il rapporto tra le forze orizzontali ed i pesi corrispondenti alle masse su cui agiscono, passando da 0,07 a 0,05.

Sono poi fornite per la prima volta alcune indicazioni sui carichi di sicurezza da adottarsi nei calcoli delle membrature in conglomerato cementizio armato, assumendo i valori di 1400 kg/cm2 e 2000 kg/cm2 rispettivamente per il ferro omogeneo e per l’acciaio semiduro.

Tutto questo rimanendo in accordo alle norme specifiche sul cemento armato e sui leganti idraulici dettate dal R.D.L. 29 luglio 1933,

n.1213 poi sostituito dal R.D.L. del 16 novembre 1939, n°2228 e n°2229 descritti al paragrafo precedente.

La norma del 1937 farà da riferimento per le costruzioni in zona sismica per molti anni, in pratica fino al 1975, infatti anche con la Legge 25

novembre 1962 n°1684, sebbene la cultura scientifica avesse fatto passi in avanti, non vennero apportate sostanziali modifiche alla legge del 1937, ad eccezione di piccole particolarità, come quelle riguardanti l’eliminazione degli effetti sismici verticali tranne che per strutture a sbalzo per le quale era previsto un incremento dei carichi permanenti ed accidentali del 40%.

La normativa sismica successiva a quella del 1937 e di pari importanza per longevità è quindi quella emanata, facendo seguito alle disposizioni della legge n.64 del 1974, con il D.M. 03 marzo 1975. Questa rimarrà sostanzialmente inalterata per circa trent’anni fino all’emanazione il 20 Marzo 2003 dell’ Ordinanza PCM 3274 .

Il testo del 1975 è molto importante in quanto presenta molte novità in particolare nel merito del calcolo dell’azione sismica. Viene infatti introdotta l’analisi statica, schematizzando l’azione del sisma con due sistemi di forze orizzontali agenti non contemporaneamente secondo due direzioni ortogonali.

(40)

Tali azioni sono proporzionali ai pesi Wi definiti come somma dei

pesi strutturali Gi e di un aliquota s del sovraccarico Qi

!" = #" + $ ∙ &"

ed applicate in corrispondenza dei baricentri dei “pesi” medesimi , i quali possono essere generalmente riportati alle quote dei solai.

Tabella 1.1 – Coefficiente s per il sovraccarico accidentale

La formula per il calcolo di quest’azione statica equivalente alla generica quota i risulta quindi essere la seguente

'" = ()" ∙ !" dove

()" = * ∙ ∙ + ∙ , ∙ -"

essendo

* = ./ il coefficiente di intensità sismica 0 il grado di sismicità della zona di costruzione

il coefficiente di risposta che dipende dal periodo fondamentale di vibrazione relativamente alla direzione considerata calcolato attraverso adeguate analisi dinamiche della sola struttura resistente. Nel caso questa non venga eseguita si assumerà pari a 1.

+ il coefficiente di fondazione assunto di regola pari 1, ad eccezione delle fondazioni dirette ed indirette su terreni particolarmente compressibili per le quali sarà apri a 1,3

(41)

, il coefficiente di struttura , assunto di regola pari a 1 ; nel caso che nella struttura dell'edificio vi siano telai ed elementi irrigidenti verticali ai quali si affida approssimativamente il 100% delle azioni orizzontali, si assumerà pari a 1,2

-" il coefficiente di distribuzione, che dipende dal piano in esame ed espresso dalla relazione seguente

-" = ℎ" ∑ !3 4 35

∑435 !3∙ ℎ3

Per quanto riguarda invece le azioni verticali, esse non vengono considerate ad esclusione di strutture aventi membrature orizzontali con luce superiore a 10 m o di natura spingente o presentanti sbalzi.

In tal caso si applica alla struttura un sistema di forze verticali, distribuite proporzionalmente alle masse presenti, la cui risultante sarà

'6 = ∙ * ∙ !

nella quale è, in genere, m = 2, salvo quanto precisato nelle norme tecniche proprie di opere particolari.

Indicando con αh e ηh rispettivamente le sollecitazioni (momento

flettente, forza assiale, forza di taglio e momento torcente) e gli spostamenti prodotti dal sisma di forze orizzontali, e con αv e ηv le sollecitazioni e gli

spostamenti prodotti dal sisma di forze verticali la singole componente di sollecitazione α e la singola componente di spostamento η risultano

7 = 7)+ 76 8 = 8)+ 86

L’analisi statica degli effetti sismici si può adottare per le costruzioni la cui struttura portante abbia uno schema statico semplice nei riguardi del suo comportamento sotto la azione sismica, e che non presenti elementi spingenti o di luce notevole.

(42)

Si impone invece per strutture con periodo proprio T0 maggiore di

1,4 s l’analisi dinamica eseguita con il metodo dell’analisi modale adottando come spettro di risposta, in termini di accelerazione orizzontale l’espressione

9

= * ∙ ∙ : ∙ ,

L’analisi modale deve poi tenere conto almeno dei primi tre modi di vibrazione e se la struttura presenta gruppi di modi indipendenti, il numero di modi considerati deve essere adeguatamente aumentato di conseguenza. Per ciascuna eccitazione (orizzontale oppure verticale), indicando con αi e ηi

rispettivamente le sollecitazioni e gli spostamenti relativi al modo i-esimo, le sollecitazioni e gli spostamenti complessivi si calcolano con le seguenti espressioni

7 = ;7" 8 = ;8"

Il decreto, in attesa dell’aggiornamento degli elenchi delle zone sismiche richiesto dalla legge del 2 febbraio 1974 n°64, si applicava solamente alle località sismiche già classificate in virtù delle preesistenti disposizioni in materia, nella prima e seconda categoria, ad esse attribuendo i gradi di sismicità S = 12 e S = 9 . In merito risulta doveroso effettuare un breve excursus sull’evoluzione della classificazione sismica.

I criteri per la classificazione sismica del territorio nazionale tardavano infatti ad evolversi, fino al 1980 valse il criterio di classificare una zona come sismica solo in seguito ad un importante evento sismico, in base ai danni subiti, secondo una suddivisione netta in due categorie.

(43)

Figura 1.1 – Classificazione sismica 1909

(44)

Figura 1.3 – Classificazione sismica 1935

(45)

Figura 1.5 – Classificazione sismica 1975

La classificazione, come sottolineato dalle figure precedenti, procedeva quindi lentamente e a sbalzi, senza un piano organico, e zone in cui le condizioni fisiche potevano far temere futuri eventi distruttivi non erano considerate a rischio. Inoltre, pressioni politiche, alle volte contrastanti, portavano ad una classificazione ingiustificabile: poteva avvenire infatti che, in seguito ad un evento, comuni pur poco colpiti facessero di tutto per essere classificati in zona sismica in modo da attingere a cospicui finanziamenti per la ricostruzione e poi, a distanza dall’evento, cercassero in tutti i modi di ottenere la declassificazione per non sopportare i maggiori oneri derivanti dalle norme per le nuove costruzioni.

Di conseguenza, come si nota dalla Figure 1.5 la mappa delle zone classificate presentava anomalie evidenti: zone altamente sismiche completamente isolate, o viceversa zone non classificate, completamente circondate da zone considerate ad alto rischio.

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Tuttavia dopo il terremoto in Irpinia del 1980 , si intrapresero studi sistematici finalizzati ad una classificazione sismica del territorio nazionale basata su criteri moderni e su studi scientifici. Questi studi condotti dal CNR porteranno alla classificazione del 1984, riportata in figura 1.5, che quasi raddoppierà il numero di comuni considerati sismici: si passa infatti da 1600 a 2965, e definirà tre categorie sismiche I, II e III aventi grado di sismicità S pari rispettivamente a 12 ,9 e 6 .

Figura 1.5 – Classificazione sismica 1984

Questa classificazione rimarrà valida per molti anni, in pratica fino all’entrata in vigore dell’ OPCM 3274 del 2003 dal titolo “Primi elementi

in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica”.

(47)

Questa ordinanza recepisce i moderni criteri di classificazione sismica, in particolare le mappe di pericolosità sismica elaborate dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.

Si individuano pertanto quattro zone, ciascuna caratterizzata dai valori di accelerazione orizzontale di picco al suolo con probabilità di superamento del 10% in 50 anni, secondo la tabella seguente

Tabella 1.2 – Classificazione sismica OPCM 3274

Le zone sismiche sono individuate sulla base del documento

“Proposta di riclassificazione sismica del territorio nazionale” elaborato

dal Gruppo di Lavoro costituito sulla base della risoluzione delle Commissione Previsione e Prevenzione dei Grandi Rischi nella seduta del 23 aprile 1997 in particolare le zone 1,2 e 3 corrispondono alle categorie I, II e III, mentre la 4 ai comuni non classificati della presente mappa (Figura 1.7).

(48)

Figura 1.7 – Proposta di riclassificazione 1998

L’azione sismica orizzontale è quindi considerata composta da due componenti ortogonali indipendenti, definite a partire dallo stesso spettro di risposta elastico le cui ordinate sono descritte dalle seguenti equazioni

0<(>) = 9@∙ 0 ∙ A1 +>> B∙ (2,5 ∙ 8 − 1)E FGH 0 ≤ > ≤ >B 0<(>) = 2,5 · 8 · 9@∙ 0 FGH >B≤ > ≤ >J 0<(>) = 2,5 · 8 · 9@∙ 0 ∙ K>> L FGH >J J ≤ > ≤ >M 0<(>) = 2,5 · 8 · 9@∙ 0 ∙ K>J> L FGH > > >∙ >M M dove

(49)

TB è il periodo di vibrazione che segna l’inizio del tratto dello spettro

ad accelerazione costante

TB è il periodo di vibrazione che segna l’inizio del tratto dello spettro

a velocità costante

TD è il periodo corrispondente all’inizio del tratto a spostamento

costante

S è un fattore che tiene conto del profilo stratigrafico del suolo di fondazione

Tabella 1.3 – Valori dei parametri nelle espressioni dello spettro elastico delle componenti orizzontali (OPCM 3274)

8 è un coefficiente funzione dello smorzamento viscoso equivalente ξ , espresso in termini percentuali diverso da 5

8 = O5 + 810

Per la componente verticale lo spettro di risposta elastico è invece definito dalle seguenti espressioni

06<(>) = 0,9 ∙ 9@ ∙ 0 ∙ A1 +>>

B∙ (3 ∙ 8 − 1)E FGH 0 ≤ > ≤ >B

06<(>) = 0,9 · 9@ ∙ 0 ∙ 8 ∙ 3 FGH >B ≤ > ≤ >J

06<(>) = 0,9 · 8 · 9@ ∙ 0 ∙ 3 ∙ K>> L FGH >J J ≤ > ≤ >M

(50)

dove i valori dei parametri che definiscono la forma dello spettro sono riportati nella seguente tabella

Tabella 1.4– Valori dei parametri nelle espressioni dello spettro elastico della componente verticale (OPCM 3274)

Dalle espressioni precedenti, si nota come l’accelerazione ag consista

in una “scalatura” delle ordinate degli spettri di risposta in funzione della pericolosità del sito in esame. Dallo spettro elastico si passerà poi allo spettro di progetto per lo stato limite ultimo attraverso un fattore riduttivo che tiene conto delle capacità dissipative della struttura, denominato fattore di struttura q.

Si differenzia poi l’intensità dell’azione sismica di progetto in funzione dell’importanza della costruzione in esame, attraverso il fattore di importanza -Q che va a moltiplicare l’espressioni precedenti.

Tabella 1.5 – Fattori di importanza (OPCM 3274)

Questa ordinanza (OPCM 3274) è molto importante perché oltre a modificare i criteri di classificazione sismica del territorio nazionale e di calcolo dell’azione sismica, dispone l’obbligo di procedere a verifica, da effettuarsi a cura dei rispettivi proprietari, sia degli edifici esistenti di interesse strategico e delle opere infrastrutturali esistenti la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile, sia degli edifici e delle opere infrastrutturali che possono

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avere rilevanza in relazione alle conseguenze di un eventuale collasso. Da quest’obbligo di verifica sono escluse le opere progettate secondo le normative vigenti successivamente al 1984 e relative, rispettivamente, alla prima categoria per quelle situate in zona 1, alla seconda categoria per quelle situate in zona 2 ed alla terza categoria per quelle in zona 3.

Nell’ Allegato 2 della presente ordinanza vengono quindi forniti gli strumenti per la valutazione della sicurezza sismica degli edifici esistenti, che saranno descritti nel terzo capitolo di questa tesi.

L’ordinanza sopra descritta era tuttavia viziata da errori ed imprecisioni che hanno richiesto successive modifiche e integrazioni. Sono state quindi emanati l’ OPCM 3316 del 2 Ottobre 2003, l’ OPCM 3333 del 23 gennaio 2004 e l’OPCM 3431 del 3 maggio 2005 , fino ad arrivare al riordino delle normative tecniche sulle costruzioni con l’entrata in vigore il 1 gennaio 2008 delle TC2005, che conservavano dell’ordinanza del 2003 solamente i criteri di classificazione sismica del territorio nazionale.

Nello stesso anno è stata infine emanata con il DM 14/01/08 la normativa tecnica sulle costruzioni tuttora in vigore, le cosiddette

TC2008, che hanno introdotto il principio dell’attribuzione diretta

dell’azione sismica dai dati di sito in funzione del periodo di ritorno considerato.

L’impostazione dell’OPCM 3274 presentava infatti delle criticità, per prima cosa quattro zone risultavano evidentemente insufficienti per soddisfare l’auspicabile condizione di garantire il medesimo errore medio tra la ag effettiva del singolo comune ricadente nella zona e la ag di

riferimento della zona stessa. In secondo luogo essendo i vari spettri (a parità di suolo) semplici scalature gli uni degli altri in funzione dell’accelerazione ag, non veniva considerata la dipendenza della forma spettrale dal periodo di ritorno dell’azione sismica che per tutto il territorio

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