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CAPACITA' LAVORATIVA ED INVECCHIAMENTO DEI LAVORATORI: IL RUOLO DEL DIRIGENTE NELL' AGE MANAGEMENT

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE

TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA

Corso di laurea magistrale

Scienze Riabilitative delle Professioni Sanitarie

TESI DI LAUREA

CAPACITA’ LAVORATIVA E INVECCHIAMENTO DEI

LAVORATORI: IL RUOLO DEL DIRIGENTE NELL’AGE

MANAGEMENT

Relatore: Prof. Alfonso Cristaudo

Candidata: Moira Camilletti

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2 Sommario RINGRAZIAMENTI ... 4 RIASSUNTO ... 6 INTRODUZIONE ... 10 Capitolo 1 ... 12

1.1 L'invecchiamento della Popolazione ... 12

1.2 L’invecchiamento ... 14

1.3 ACTIVE AGEING ... 16

1.4 L’invecchiamento e la forza lavoro ... 18

1.5 Cambiamenti dovuti all’età del lavoratore ... 20

Capitolo 2 ... 27

I riferimenti normativi ... 27

2.1 Legislazione UE a sostegno dell’invecchiamento attivo ... 27

2.2 L’Europa e le pensioni ... 31

2.3 La Legislazione Italiana ... 33

2.3.1 Evoluzione della Riforma del Lavoro ... 34

2.3.2 La riforma delle pensioni ... 36

2.3.3 Testo Unico in materia di tutela della Salute e della Sicurezza nei luoghi di Lavoro ... 40

Capitolo 3 ... 45

STRESS LAVORO-CORRELATO ... 45

3.1 Patologie da stress lavoro correlato ... 49

3.2 La valutazione dello stress: il questionario Perceived Stress Scale (PSS) ... 52

Capitolo 4 ... 53

Capacità lavorativa ed invecchiamento ... 53

4.1 Work Ability Index (WAI) ... 56

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L’azienda e l’invecchiamento dei lavoratori ... 61

5.1 Age management ... 62

5.2 L’importanza della formazione per la gestione degli old worker ... 68

5.3 Workplace Design ed Ergonomia ... 71

5.4 La Promozione della Salute ... 73

5.5 Age Management nelle Aziende Italiane ... 74

5.6 Il lavoratore over in Sanità ... 78

Capitolo 6 ... 85

IL RUOLO DEL DIRIGENTE ... 85

6.1 La leadership ... 85

6.2 Il ruolo del dirigente nell’age management ... 91

Capitolo 7 ... 99

INDAGINE SULLA CAPACITA’ LAVORATIVA e PERCEZIONE DELLO STRESS EFFETTUATO PRESSO LA FONDAZIONE STELLA MARIS ... 99

7.1 Materiali e metodi ... 99

7.1.1 Lo strumento di valutazione ... 99

7.1.3 Modalità di diffusione e raccolta del questionario ... 101

Capitolo 8 ... 103

RISULTATI DEL QUESTIONARIO ... 103

8.1 Analisi del campione ... 103

8.2 Analisi descrittiva dei risultati ... 107

8.3 Analisi degli item dei rischi percepiti... 112

8.4 Risultati WAI ... 114 8.5 Risultati PSS ... 117 Capitolo 9 ... 120 DISCUSSIONI E CONCLUSIONI ... 120 APPENDICE ... 142 BIBLIOGRAFIA ... 146

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4 SITOGRAFIA ... 153

RINGRAZIAMENTI

Doverosi e sentiti i seguenti ringraziamenti, rivolti a tutti coloro che hanno contribuito in maniera diretta o indiretta alla realizzazione di questa tesi.

I primi ringraziamenti vanno al il mio relatore Professor Alfonso Cristaudo, che con grande professionalità e disponibilità, mi ha seguito in questo progetto. Dimostrando inoltre profondo rispetto e comprensione, ha sempre saputo consigliarmi al meglio.

Un ringraziamento al Direttore Sanitario dr. Giuseppe De Vito per aver accolto il progetto di tesi, permettendo la realizzazione della parte sperimentale. Grazie a tutto il personale della Direzione Sanitaria della struttura in cui lavoro, in particolare la capo sala Silvia Matteucci, la sig.ra Emanuela Quaglierini, la sig.ra Cristina Toccafondo, inoltre, l’ ed. Maria Massei e tutti gli altri collaboratori che hanno contribuito alla diffusione e alla raccolta dei questionari.

Un sentito ringraziamento va, inoltre, a tutti i miei colleghi, cioè a tutto il personale della “Fondazione Stella Maris” che ha risposto al questionario, rendendo possibile la raccolta dei dati per la parte sperimentale della tesi.

Ringrazio tutti i miei colleghi di corso che hanno condiviso “gioie e dolori” di tutto l’intero percorso di questi due anni, in particolare la nostra insostituibile rappresentante Federica D’Acunto, che mi ha anche guidata nella realizzazione del questionario in formato on-line.

Un grazie anche ad Emanuale Gennai che ‘ha sempre una soluzione a tutto’ soprattutto se si tratta di ‘excel’.

Un ringraziamento speciale va sicuramente alla mia amica e collega Sara Da Prato che, nonostante i venti anni trascorsi, mi è sempre stata vicina, senza mai lamentarsi una

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volta, mi ha aiutata sia materialmente che moralmente soprattutto in questi due anni di studio, che non avrei mai portato a temine senza il suo incoraggiamento ed esempio. Vorrei inoltre ringraziare chi ha contribuito indirettamente, sostenendomi moralmente e aiutandomi nella gestione familiare quindi un ringraziamento speciale va anche a tutta la mia famiglia:

babbo e mamma, che dire grazie per avere sempre creduto nelle cose che sceglievo di fare, grazie per l’educazione e che mi avete dato e per l’aiuto che mai mi negate;

le mie sorelle Luciana e Johara per esserci sempre con il loro affetto, anche quando non sono fisicamente presenti;

i miei suoceri Angelo ed Incoronata grazie per la disponibilità, pazienza e dedizione verso i nipoti;

i miei cognati: Marco, il prezioso “baby sitter” del giovedì, Graziano, Federica e Francesco, sui quali si può sempre contare.

Ed ecco “dulcis in fundo” il mio ringraziamento più grande a Daniele, e ai nostri figli Raffaele e Nello che in questi anni hanno veramente pazientato e sopportato, mentre le mie giornate e serate erano impegnate tra studio, esami e lavoro, regalandomi sempre sostegno, incoraggiamento ed amore.

Dedico questo lavoro ai miei figli Raffaele e Nello e a tutti i miei nipoti Serena, Anna, Alessandro, Alessia, Diego e Letizia

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6 RIASSUNTO

La popolazione mondiale sta invecchiando rapidamente con conseguenze enormi nel prossimo futuro. Nel 2050, nel mondo, gli over 60 saranno 2 miliardi a fronte dei 700 milioni attuali. L’Italia che è uno dei paesi più longevi d’Europa con il suo 160% di indice di vecchiaia, nel 2050 avrà un cittadino su tre over 65.

Si tratta di un cambiamento epocale, che chiama in causa tutti i governi, soprattutto quelli a più alta industrializzazione. Non a caso, la Commissione Europea ha posto tra le sfide future, oltre alla globalizzazione, anche l’invecchiamento della popolazione. Per i governi nazionali, la priorità sul tema, è l’aumento dei costi del welfare state. La rilevanza del problema in tutta Europa si basa, primariamente, sull’aumento dell’età pensionabile connesso al significativo innalzamento dell’aspettativa di vita.

Ciò determinerà un aumento considerevole di lavoratori anziani (indicativamente con più di 50 - 55 anni) presenti nelle aziende. Con l’età aumentano la saggezza, il pensiero strategico, la percezione olistica e la capacità di giudizio, le competenze, le capacità relazionali, soprattutto nei servizi alla clientela, e la consapevolezza della qualità, tuttavia, alcune capacità funzionali, principalmente fisiche e sensoriali, diminuiscono per effetto del naturale processo di invecchiamento. Per questo è necessario promuovere iniziative di age management e considerare il fattore età anche nella sicurezza dei luoghi di lavoro.

La agenzia europea per la salute e la sicurezza dei luoghi di lavoro ha promosso per questo anno una campagna dal titolo “ Ambienti di lavoro sani e sicuri ad ogni età” con lo scopo di diffondere buone pratiche e cultura sull’argomento.

La capacità lavorativa degli individui è l'equilibrio tra lavoro e risorse individuali; quando lavoro e risorse individuali sono compatibili tra loro, la capacità lavorativa è adeguata. I fattori fondamentali che influiscono sulla capacità lavorativa sono: salute e capacità funzionali, competenza, valori, atteggiamenti e motivazione, vari aspetti del lavoro tra cui ambiente di lavoro, contenuto e requisiti del lavoro, organizzazione del lavoro, comunità lavorativa e capacità direttive.

Questa può essere mantenuta nel tempo, attraverso l’adozione di azioni di age management. La promozione della capacità lavorativa richiede la collaborazione tra datori di lavoro, dirigente e lavoratori, che a sua volta implica adeguate capacità direttive e

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la partecipazione dei lavoratori, inoltre presuppone che le azioni di promozione della capacità lavorativa nel luogo di lavoro comprendano tutte le dimensioni del lavoro.

Scopo della tesi è quello di individuare il ruolo del dirigente nell’ age management dopo aver rilevato la capacità lavorativa e i livelli di stress percepito ricavati dai risultati di un indagine sulla capacità lavorativa condotta sulla struttura in cui lavoro “Fondazione Stella Maris” con la somministrazione di un questionario contenente il WAI e del PPS.

I questionari raccolti sono stati 155 che corrispondono a circa il 60%: 84 provenienti dalla sede di Calambrone, per una partecipazione del 57,37%, nello specifico 70 dal personale sanitario, e 14 dell’area tecnico-amministrativa, 18 provenienti dalla struttura di “Casa Verde” per una partecipazione del 48,64%; 12 provenienti dall’IRC per un’adesione del 63,15 %; 41 provenienti dalla sede di Montalto per un’adesione del 82%.

Dai risultati emersi dall’analisi dell’intera struttura si evince che il campione è formato dal una maggioranza di lavoratrici donne, per la maggior parte appartenente alle professioni sanitarie non mediche, con livello di istruzione medio-alto (diploma/laurea), di età compresa tra i 26 ed i 66 anni con una concentrazione maggiore nella fascia 46-55 anni (38%), che lavora a tempo indeterminato (84%), full-time (78%), con un’anzianità lavorativa di oltre 20 anni (48%). La maggior parte del campione reputa il proprio lavoro psicologicamente impegnativo, valuta la propria capacità lavorativa molto buona con un punteggio medio di 8 (in una scala da 0 a 10), reputa la propria capacità lavorativa in base alla richiesta fisica e mentale abbastanza buona, soffre prevalentemente di disturbi muscolo-scheletrici, problemi “neurologici”(problemi visivi, uditivi, emicrania), malattie cardiovascolari (ipertensione), malattie endocrine (diabete), per le malattie diagnosticate reputa di non avere nessun impedimento nel proprio lavoro, mentre un 20% deve rallentare i propri ritmi.

La capacità lavorativa del campione risulta essere buona per il 53%, eccellente per un 26%, mediocre per un 17% e scadente per soltanto un 7% del campione.

Dall’ analisi statistica chi quadro, è stata rilevata una differenza statisticamente significativa per i risultati della WAI nelle diverse sedi.

L’indice di WAI ha un decremento significativo dopo i 45 anni e rispetto ad un’analisi per sede notiamo che nelle sedi distaccate di Montalto e Casa Verde assumono valori più bassi rispetto alla media, mentre quello degli amministrativi risulta tendenzialmente più alto, soprattutto all’aumentare dell’età.

Questo risultato può essere dovuto alla diversa tipologia di lavoro oppure alle diverse modalità di dirigenza, piuttosto che al diverso numero di soggetti in età superiore a 55

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anni, in cui Montalto ha un numero più elevato di over 55, seguito dalla sede del Calambrone, IRC, Casa Verde ed infine gli amministrativi.

L’indice Wai cambia in funzione della mansione svolta: la categoria dei medici e psicologi ha una capacità lavorativa più alta, seguiti dalla categoria degli impiegati/ amministrativi, mentre per le professioni sanitarie sono in ultima posizione. Questo dato risulta molto importante proprio per dirigere gli interventi di age management su una categoria piuttosto che su altre.

Per quanto riguarda i risultati della scala dello stress percepito la percezione dello stress è molto elevata in tutte le sedi. Per gli amministrativi si registra invece un livello di stress percepito “sotto la media” per il 50% . Per i risultati del PSS non ci sono state differenze statisticamente significative.

La capacità lavorativa dei lavoratori della struttura esaminata è risultata buona ma andrà fisiologicamente a diminuire e come abbiamo visto la popolazione della “Stella Maris” ha prevalentemente un’età compresa tra i 46 e 55 anni e i numeri dei over 55 aumenteranno nel prossimo futuro, risulta avere una capacità lavorativa più bassa la categoria delle “professioni sanitarie non mediche”, ed esistono differenze significative per sede, livelli di stress elevato sono percepiti in tutte le strutture quindi sembra necessario avviare tutte le possibili iniziative per promuovere, mantenere e migliorare la capacità lavorativa dei lavoratori e al tempo stesso limitare o contenere i livelli di stress.

Dalla letteratura sappiamo che i fattori che maggiormente influenzano la capacità di lavoro sono le caratteristiche delle richieste del lavoro ed ambientali, seguiti dalle caratteristiche dell’organizzazione e della comunità di lavoro, dalle competenze professionali ed infine dallo stile di vita.

Il dirigente assume un ruolo fondamentale nella promozione di iniziative di age management e soprattutto ha il compito di promuovere la cultura sull’invecchiamento attivo. Il dirigente deve creare un clima lavorativo basato sul dialogo e la partecipazione, il senso di appartenenza e migliorare la percezione del supporto aziendale sul lavoro, fondamentale è la leadership che il dirigente deve esercitare per creare “squadra” coinvolgendo tutte le generazioni presenti. La valorizzazione dell’esperienza in termini di indipendenza risulta essere il miglior fattore promotore della Work Ability, mentre lavorare in condizioni di scarsa libertà oltre che l’essere sottoposti a fenomeni di ambiguità di ruolo ed a frequenti interazioni con i supervisori è correlato con un basso livello dell’indice e crea le condizioni per far aumentare lo stress lavoro correlato.

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Mantenere le competenze dei lavoratori attraverso la valutazione delle competenze come uno strumento utile per la programmazione dell'avvicendamento del personale, lo sviluppo della carriera e base per una formazione e uno sviluppo professionale personalizzati, inoltre, la formazione può essere utilizzata come strumento di trasferimento delle conoscenze per salvaguardare l'esperienza accumulata dei lavoratori più anziani.

Cambiamenti delle capacità funzionali devono essere presi in considerazione nella valutazione dei rischi e per far fronte a tali cambiamenti devono essere modificati l'ambiente di lavoro e i compiti lavorativi. Rotazione dei compiti lavorativi e reimpiego possono essere utilizzati per ridurre i carichi di lavoro e minimizzare gli effetti di mansioni stressanti o fisicamente faticose e per dare ai lavoratori più anziani la possibilità di mantenere un tipo di lavoro corrispondente alle loro capacità.

Sulla salute in età più avanzata influiscono anche i comportamenti correlati alla salute tenuti in precedenza. La riduzione delle capacità funzionali può essere ritardata e limitata al minimo grazie ad abitudini e stili di vita sani, come un'attività fisica regolare e una corretta alimentazione. L'ambiente di lavoro svolge un ruolo fondamentale nella promozione di uno stile di vita sano e di attività che servono a prevenire la riduzione delle capacità funzionali, contribuendo quindi a mantenere la capacità lavorativa. La promozione della salute nei luoghi di lavoro riguarda molti aspetti diversi tra cui dieta e alimentazione, consumo di alcolici, abbandono del fumo, quantità di attività fisica, recupero e sonno. Tenuto conto delle ampie differenze individuali esistenti, il modo in cui il luogo di lavoro viene modificato per far fronte ai cambiamenti delle capacità funzionali deve essere adeguato alle esigenze e alle condizioni di ciascun lavoratore. Una buona progettazione del luogo di lavoro è vantaggiosa per tutti i gruppi di età anche se è mirata ai lavoratori anziani.

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10 INTRODUZIONE

Ogni discorso sulla vecchiaia è di grande attualità in questi ultimi tempi, e scaturiscono considerazioni psicologiche, etiche e sociali.

In Europa si sta avendo una progressione dell’ invecchiamento della forza lavoro mai visto prima d’ora; in molti paesi già oggi i lavoratori anziani costituiscono il 30% o più della popolazione attiva; pertanto in molti paesi sono state avviate delle politiche per favorire il prolungamento della vita lavorativa.

Ma quale ruolo svolge l’invecchiamento sulla capacità lavorativa? Quale relazione esiste tra invecchiamento e lavoro? Qual è il ruolo del dirigente nell’age management? L'invecchiamento attivo e la sicurezza sul lavoro dei lavoratori maturi sono aspetti correlati per la prevenzione e gestione dei rischi sul luogo di lavoro, e in questo contesto si colloca anche il ruolo del dirigente nella gestione del fenomeno stesso.

Cicerone nel suo “De Senectute” scriveva: “ ….La vita segue un corso ben preciso, arricchisce ogni età di qualità proprie. E’ per questo che la debolezza dei bambini, la foga dei giovani, la serietà degli adulti e la maturità della vecchiaia, sono caratteristiche del tutto naturali e vanno apprezzate ciascuna a tempo debito…In verità quando la vecchiaia consente di assolvere gli stessi compiti che si assolverebbero in gioventù, certamente riesce a farlo anche meglio. Non sono né la forza, né l’agilità fisica, né la rapidità che consentono le grandi imprese; sono piuttosto altre qualità, come la saggezza, la lungimiranza e il discernimento. Qualità di cui non solo la vecchiaia non ne è priva, ma che, al contrario, essa può ampiamente sfruttare”. Asserzioni lungimiranti, tuttora valide, infatti il lavoratore over 50 non deve avere un’accezione negativa bensì deve essere visto come una risorsa e compito del dirigente è anche quello di saperne valorizzare l'esperienza professionale e relazionale, facendone dei veri punti di forza nell’organizzazione.

Il dirigente deve occuparsi di adottare modifiche all’organizzazione del lavoro, assegnando mansioni specifiche, adatte e personalizzate per ogni individuo, occuparsi della formazione, in modo da modificare gli atteggiamenti nei confronti dell'invecchiamento e valorizzarne le potenzialità nell’intento di mantenere il più a lungo possibile il lavoratore attivo e ritardare il pensionamento.

Per accompagnare il lavoratore ultracinquantenne verso l’età pensionabile potrebbe essere adottata, inoltre, maggior flessibilità dell'orario lavorativo, tenendo conto dei cambiamenti

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fisiologici e della caratteristiche individuali di ognuno o effettuati dei piani di lavoro ad hoc come proposto dall’AOUP.

E' necessario il miglioramento ed il prolungamento delle carriere lavorative, rendendo fondamentale la salute e sicurezza nel lavoro nonché il benessere organizzativo a cui ogni dirigente deve aspirare.

Nel promuovere il benessere organizzativo e valorizzando il lavoratore anziano importante promuove la collaborazione tra lavoratori di diverse età.

La difficoltà maggiore per migliorare la situazione dei lavoratori anziani nei luoghi di lavoro è, soprattutto in Italia, la scarsa consapevolezza e le poche politiche esistenti che rendono difficile superare il problema.

Proprio dal 24 al 28 ottobre di questo anno si svolgerà in tutta Europa la Settimana europea per la sicurezza e la salute sul lavoro nell'ambito della Campagna Ambienti di lavoro sani e sicuri ad ogni età di Eu-OSHA (l'Agenzia europea per la sicurezza sul lavoro).

Quest'anno infatti, la Campagna è dedicata all'invecchiamento attivo e la Settimana sarà l'occasione per ricordare anche questo argomento nei tantissimi eventi organizzati in tutta Europa e anche in Italia.

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12 Capitolo 1

1.1 L'invecchiamento della Popolazione

Secondo le previsioni demografiche (EUROSTAT, 2014) nel 2030 oltre un quarto della popolazione europea avrà 65 anni o più e in Italia si prevede sempre per il 2030 il sorpasso numerico della popolazione ultra 80enne su quella di meno di dieci anni.

In Italia si calcola che la vita media degli uomini salirà da 77,4 anni (2005) a 83,6 nel 2050, mentre quella delle donne passerà da 83,3 a 88,8. L’innalzamento delle prospettive di vita, il miglioramento delle condizioni di salute e la bassa natalità stanno modificando profondamente la struttura della società italiana: gli ultra 65enni superano di oltre mezzo milione i giovani di meno di 20 anni. Infatti l’indice dio vecchiaia in Italia è uno dei più alti d’ Europa e ha raggiunto il 160% (Fig. 1.1).

Figura 1.1: Indice di Vecchiaia Fonte ISTAT

Negli studi di popolazione viene definito invecchiamento demografico il processo generato dal progressivo aumento della proporzione di anziani in una popolazione (INV =(P65+ / Ptot) · 100). Come popolazione anziana viene generalmente considerata quella che ha sessantacinque anni o più: questa soglia d’età è stata determinata sulla base di motivazioni di carattere economico poiché questa è, generalmente, l’età di uscita dal mercato del lavoro utile per l’accesso alla pensione.

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L’Italia, grazie all’elevata longevità e alla contemporanea bassa natalità, ha la più alta quota di popolazione over 85 (3,0%), a fronte di un valore medio europeo di 2,3%.

L’età media della popolazione residente al 1° gennaio 2013 è in Italia pari a 44 anni: il valore più basso si registra in Campania mentre quello più alto in Liguria.

La popolazione over 65, naturalmente, è molto eterogenea ci sono persone ancora particolarmente attive e indipendenti altre no, questo dipende dalle politiche dei diversi paesi ma anche dalle condizioni di salute. Infine la speranza di vita a 65 anni , è pari a 18,3 anni per i maschi e a 21,8 anni per le femmine. Recentemente si è quindi molto dibattuto sulle ripercussioni che l’invecchiamento della popolazione presente e futuro avrà sul mercato del lavoro, sull’integrazione sociale della popolazione anziana, sulla sostenibilità dei sistemi di welfare e sanitari. Dall’analisi dei dati delle previsioni della popolazione residente in Italia emerge come il peso degli ultrasessantacinquenni sul totale della popolazione residente attualmente pari a 21,2% sia destinato a crescere fino a raggiungere nel 2030 il 26,1% (ISTAT, 2013).

Ciò che interessa, maggiormente, non è tanto l’invecchiamento quantificato dall’età anagrafica quanto quello definito dalla presenza di limitazioni fisiche o psichiche che impediscono il normale svolgimento delle attività quotidiane e la partecipazione

attiva alla vita economica e sociale nella vita del proprio paese.

I progressi in campo medico così come il diffondersi di stili di vita più salubri e una maggiore diffusione della prevenzione potrebbero portare ad ulteriori guadagni in termini di aspettativa di vita in buona salute.

L’Europa percepisce l’urgenza di adottare le azioni necessarie a gestire il cambiamento demografico e ha iniziato una lunga e corposa campagna sull’invecchiamento attivo e sul mantenimento del lavoratore anziano.

Anche in Italia il fenomeno dell’invecchiamento della popolazione e soprattutto dei lavoratori non è passato inosservato e varie sono state le iniziative nate a tutela e a difesa del lavoratore maturo.

Il Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con la partecipazione dell’Italia all’Anno europeo dell’invecchiamento attivo (2012) ha aderito alla diffusione e promozione dei contenuti dell’iniziativa, ha dedicato un sito alla tematica dell’invecchiamento, puntando a sensibilizzare cittadini e operatori sui significati dell’Anno europeo, sui principali obiettivi e sulle implicazioni che le sfide demografiche comportano.

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L’adesione dell’Italia all’Anno europeo dell’invecchiamento attivo si è articolata in numerose iniziative sotto il coordinamento del Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ha lanciato il “Programma nazionale di lavoro. Per un invecchiamento attivo, vitale e dignitoso in una società solidale” in un’ottica di reciproco sostegno e valorizzazione degli obiettivi nazionali e locali con il forte coinvolgimento delle regioni e degli enti locali.

I temi sviluppati hanno riguardato:

• la promozione di un’idea diversa e positiva della terza età;

• l’importanza dell’apprendimento e della formazione permanente, anche in chiave di genere;

• la promozione dell’impegno civile e dell’attività del volontariato;

• la trasmissione del sapere e delle conoscenze dagli anziani ai giovani e l’attenzione al superamento del conflitto, potenziale o latente tra le generazioni;

• l’attenzione alla solidarietà, alle relazioni familiari e alle persone anziane e fragili; • la gradualità e l’accompagnamento al pensionamento;

• l’educazione a stili di vita sani e attivi;

• l’attenzione ai contesti strutturali che favoriscono l’invecchiamento attivo.

1.2 L’invecchiamento

L’invecchiamento è un processo fisiologico che coinvolge tutti gli individui in ogni parte del mondo, naturalmente è un evento soggettivo ed è difficile stabilire un momento preciso da cui far partire l’invecchiamento. In generale possiamo dire che a partire dai 30 aa il nostro cervello comincia a perdere un numero di neuroni progressivamente maggiore, fino a 100.000 al giorno >70aa (apoptosi).

Dai 30 ai 75 aa il cervello perde fino al 10% del suo peso e fino al 20% del suo rifornimento di sangue.

Nell’invecchiamento si osserva una fisiologica modificazione delle funzioni cognitive: in particolare l’attenzione selettiva, cioè la capacità di ignorare le informazioni, irrilevanti per il soggetto, e di mettere a fuoco quella rilevante, sembra diminuire nell’anziano (Rabbit, 1965).

L’attenzione distribuita, cioè quella che si usa nelle situazioni in cui un individuo deve svolgere due compiti contemporaneamente, come conversare e scrivere appunti, è meno efficiente nell’anziano.

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l’attenzione sostenuta o vigilanza, che fa tener d’occhio una fonte d’informazioni, ricercando attivamente certi elementi critici, è soggetta a decadere durante il compito se dura a lungo (concentrazione); nell’invecchiamento c’è distraibilità (Stokes, 1992).

Gli studi più recenti smentiscono l'assunto che l'invecchiamento si debba accompagnare invariabilmente a declino di tutte le funzioni Cognitive ma il cervello può continuare a funzionare perfettamente anche in tarda età. Se vengono perse alcune prerogative se ne possono allo tempo stesso acquisirne altre che compensano e superano quelle perdute quindi, ad esempio può diminuire la memoria episodica e aumentare quella semantica; si può sostituire una ridotta capacità di analisi con un’aumentata capacità di sintesi, vincere l’innovazione con la saggezza.

Grazie alla plasticità neuronale il cervello supplisce alla perdita di una percentuale di cellule cerebrali in base alla proprietà di quelle residue di compensare la diminuzione numerica con un aumento delle ramificazioni e l’utilizzo di circuiti neuronali alternativi. Vi sono anziani cognitivamente del tutto integri, o addirittura in progressione cognitiva rispetto all’età giovanile-adulta (fra i 70 e gli 80 aa almeno il 10% dei soggetti continua a migliorare, perlomeno in alcune funzioni cognitive) per questo è fondamentale vivere la vita intensamente.

Rita Levi Montalcini, nel suo libro “L’asso nella manica a brandelli” sottolinea l’importanza della plasticità neuronale durante la vecchiaia, che permette di sostituire e compensare prerogative perdute e lo fa illustrando le grandi opere compiute da alcuni personaggi famosi (Picasso, Galileo Galilei Michelangelo, ecc.) in età avanzata, lei stessa ha effettuato una grandiose scoperte in ambito scientifico già dopo i 70 anni ed ha vissuto attivamente fino ad età avanzata.

L’invecchiamento, così come altri stati fisiologici e patologici è fortemente influenzato sia da fattori genetici che ambientali. La relazione fra tali fattori è individuo-specifica ed in parte modificabile. Da queste sono nate le iniziative ed i programmi di invecchiamento attivo, con l’importanza della promozione della salute per diminuire tutti quei fattori modificabili che possono influire sullo stato di salute e quindi su un corretto invecchiamento.

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16 1.3 ACTIVE AGEING

L’invecchiamento attivo definito dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) : “un processo di ottimizzazione delle opportunità relative alla salute, partecipazione e sicurezza, allo scopo di migliorare la qualità di vita delle persone anziane”.

L’active ageing è stato promosso per la prima volta nel 1995 con il programma Ageing and Health dove venivano promosse le potenzialità fisiche, mentali, sociali ed economiche degli anziani, o meglio promuovere la capacità delle persone, una volta invecchiate, di condurre vite socialmente ed economicamente attive.

L’invecchiamento attivo della popolazione è stato un tema molto sentito anche a livello europeo tanto che il 2012 è stato proclamato “anno europeo dell’invecchiamento e della solidarietà tra generazioni”. Da qui si sono sviluppate diverse iniziative per la promozione dell’invecchiamento attivo e per conoscenza dell’argomento. È nato “l’indice di invecchiamento” attivo che misura la possibilità degli anziani di realizzarsi in termini di occupazione, partecipazione sociale e culturale, mantenimento dell’autonomia.

Nella costruzione dell’indice di invecchiamento vengono utilizzati i dati relativi al tasso di occupazione, allo svolgimento di volontariato, alla partecipazione politica, allo svolgimento di attività di esercizio fisico, alla sicurezza e autonomia economica, all’utilizzo e accesso ai servizi sanitari.

L’invecchiamento attivo è diventato un argomento di centrale interesse proprio perché non riguarda solo la capacità dell'ultracinquantenne di mantenersi fisicamente attivo, ma anche il mantenimento di un ruolo partecipativo a livello sociale e culturale.

Oltre agli indicatori relativi ad ogni individuo per la costruzione dell’indice sono stati presi in considerazione anche indicatori relativi all’ambiente esterno quali l’aspettativa di vita, il benessere psicologico, l’uso delle tecnologie e il grado di connettività che influiscono positivamente o meno nella promozione dell’invecchiamento attivo.

L’Italia purtroppo si colloca solo al quattordicesimo posto tra i 28 Paesi che hanno aderito allo studio della aderenti al progetto.

Al primo posto troviamo la Svezia dove le politiche sociali sono avviate da tempo sul tema dell’invecchiamento ed è lo stato promotore in Europa di “active ageing e ageing management”, al secondo posto troviamo la Danimarca.

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17 Figura 1.2 Active Agein Index EU 28 Fonte: UNECE. Statistic

In particolare il nostro Paese si trova particolarmente agli ultimi posti per i dati relativi all’occupazione meritando solo un diciannovesimo posto, mentre riesce ad ottenere un secondo posto per i dati relativi alla partecipazione sociale grazie al tempo impiegato dai nostri “nonni” alla cura di figli e nipoti.

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Rimanere attivi ed avere responsabilità aiuta il processo d’invecchiamento e quindi rimanere al lavoro più a lungo, in condizioni favorevoli, cioè con motivazione e partecipazione allontana l’invecchiamento.

Secondo uno studio dell'istituto di psichiatria del King's college di Londra, pubblicato sull' International Journal of Geriatric Psychiatry, lavorare fino ad età avanzata previene l’ Alzheimer. In particolare si stima che “ogni anno di lavoro in più ritarda di sei settimane l’inizio della vecchiaia”. Alla conclusione i ricercatori vi sono giunti dopo aver analizzato i dati di 1.320 pazienti malati di demenza, di cui 382 uomini, scoprendo che per gli uomini continuare a lavorare fino a tardi aiuta a mantenere il cervello abbastanza attivo e di ritardare la demenza, causata dalla perdita di cellule nel cervello. Secondo gli esperti un modo per accumulare il maggior numero possibile di connessioni cellulari è quello di mantenersi mentalmente attivi nella vita. In questo senso una buona educazione intellettuale e scolastica può aiutare a mantenere la cosiddetta “riserva cognitiva” come anche la stimolazione intellettiva continuata in tarda età. Si è visto infatti che le persone andate in pensione tardi hanno sviluppato l'Alzheimer successivamente rispetto a quelle che hanno lasciato il lavoro presto.

Le politiche di invecchiamento attivo in Italia sono sostanzialmente due: la transizione graduale al pensionamento ed il prolungamento della vita lavorativa.

Nel capitolo successivo vedremo quali sono le normative a tutela del lavoratore anziano, come sono cambiate nel tempo le leggi sul lavoro e le riforme pensionistiche in Italia.

1.4 L’invecchiamento e la forza lavoro

L'invecchiamento della popolazione lavorativa dipende da vari fattori, quali la riduzione della natalità, il prolungamento della vita media, l'incremento di età/anzianità pensionabile, l'assenza o la riduzione del prepensionamento, la riduzione o erosione di pensioni e welfare ed aumento del costo della vita, il difficile accesso al credito di giovani che intendono avviare attività lavorativa, le modifiche di alcuni lavori.

Aumentare i livelli di occupazione e prolungare la vita lavorativa sono importanti obiettivi delle politiche europee e nazionali dalla fine degli anni '90.

Il tasso di occupazione dell'UE-28 per le persone di età compresa tra 55 e 64 anni è aumentato dal 39,9 % nel 2003 al 50,1 % nel 2013. Si tratta di un tasso di occupazione ancora inferiore a quello del gruppo di età compreso tra 22 e 64 anni. È aumentata anche

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l'età media di uscita dal mercato del lavoro, che è passata da 59,9 anni nel 2001 a 61,5 anni nel 2010.

Nel 2012 in Italia l’età media della forza lavoro ha raggiunto in media 41,8 anni, con una crescita di 2 punti rispetto ai 39,8 anni del 2005.

La strategia Europa 2020 si propone di aumentare il tasso di occupazione della popolazione in età compresa tra 20 e 64 anni al 75 %. Ciò significa che i cittadini europei dovranno lavorare più a lungo ed è allora necessario promuovere l'invecchiamento attivo, sfruttando al meglio ciò che gli over 50 possono fare sia per la società che per l'economia.

Figura 1.3: percentuale della classe di età 15-24 e 55-64 sul totale della popolazione italiana, fonte ISFOL Dalla figura 1.3, è possibile vedere come nel tempo si sono invertite le percentuali delle fasce di classe di età 15-25 anni e 55-64 sul totale della popolazione italiana occupata e nel 2013 gli over hanno superato livelli inaspettati e questo dato sarà ancora in aumento. In Europa, la percentuale di persone anziane è in crescita, le persone devono lavorare più a lungo e l’ età media dei lavoratori è in aumento.

Per tale ragione è importante:

- creare un ambiente di lavoro sano e sicuro per i lavoratori di tutte le età - garantire che le persone possano arrivare alla fine della propria carriera in buone condizioni di salute.

L'EU-OSHA, in occasione della “Settimana Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro 2016” che si svolgerà dal 24 al 28 ottobre, ha adattato per oltre trenta paesi europei la Guida elettronica sulla gestione della sicurezza e della salute sul lavoro per una forza lavoro che invecchia.

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La guida fornisce informazioni pratiche, consigli ed esempi in merito all’invecchiamento della forza lavoro e alle opportunità legate a questo fenomeno. Mostra altresì come gestire criticità relative all’età nel contesto lavorativo.

I contenuti della guida sono stati realizzati considerando quattro tipi di fruitori: i datori di lavoro, i lavoratori, i responsabili delle risorse umane e i professionisti in materia di salute e sicurezza (includendo, anche i rappresentanti dei lavoratori, per la salute e la sicurezza e gli ispettori del lavoro).

La strategia Europa 2020 individua nel cambiamento demografico una delle principali sfide per l'Europa. Per rispondere a questa sfida, il quadro strategico in materia di salute e sicurezza sul lavoro per il periodo 2014–2020 dell'Unione Europea (UE) delinea misure volte a promuovere le buone pratiche e a migliorare le condizioni di sicurezza e salute sul lavoro (SSL) per tutti i lavoratori. L'invecchiamento della forza lavoro pone tutti coloro che si occupano di gestione della SSL di fronte a varie sfide:

- una vita lavorativa più lunga può comportare un'esposizione più prolungata ai rischi; - il numero di lavoratori con problemi di salute cronici ed esigenze specifiche è destinato ad aumentare;

- i lavoratori in età avanzata potrebbero essere più vulnerabili a determinati pericoli per la sicurezza e per la salute;

- si deve tenere conto del tasso elevato di problemi di salute legati al lavoro in alcuni settori e in alcune occupazioni che comportano un carico di lavoro fisico e/o mentale elevato, mansioni manuali o orario di lavoro atipico;

- la prevenzione della disabilità, la riabilitazione e il ritorno al lavoro assumono un'importanza sempre crescente;

- occorre affrontare a livello sociale la questione della discriminazione basata sull'età.

1.5 Cambiamenti dovuti all’età del lavoratore

I cambiamenti delle capacità funzionali dovuti all'età non sono uniformi in quanto, i lavoratori più anziani non costituiscono un gruppo omogeneo, esistono differenze individuali in termini di stile di vita, alimentazione, forma fisica, predisposizione genetica alle malattie, livello di istruzione e lavoro e altri ambienti.

Tuttavia, alcune capacità funzionali, principalmente fisiche e sensoriali, diminuiscono per effetto del naturale processo di invecchiamento. Il massimo dell'efficienza fisica è a 25 anni, mente verso i 40-45 anni si verificano alcune riduzioni funzionali, che riguardano

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capacità visiva, funzione uditiva, massima forza muscolare, minor resilienza, articolarità, apparati cardiovascolare e respiratorio, mantenimento dell'equilibrio, disturbi del sonno, termoregolazione. Tali deficit possono manifestarsi solo quando le richieste lavorative eccedono le capacità di lavoro. La particolarità è che nell'anziano il calo di funzionalità può essere compensato dall'adattamento delle abilità, anche perché un anziano allenato può avere maggiore capacità di un giovane sedentario.

I possibili cambiamenti delle capacità funzionali devono essere presi in considerazione nella valutazione dei rischi e per far fronte a tali cambiamenti devono essere modificati l'ambiente di lavoro e i compiti lavorativi.

Nel suo ultimo rapporto l’ Inail certifica che i disturbi all’udito mantengono il primato tra le patologie professionali, ma nell’ultimo quinquennio altre malattie hanno raddoppiato se non triplicato il numero dei casi denunciati:

- le tendiniti: da quasi 1.300 casi nel 2002 a circa 3.000 nel 2006; - le affezioni dei dischi intervertebrali: da 800 a circa 2.600; - la sindrome del tunnel carpale: da 800 a 1.700.

La crescita di queste malattie è “soprattutto causata da agenti fisici influenti in particolare sull’apparato muscolo-scheletrico: un’eredità dell’innovazione tecnologica che oltre all’elettronica ha introdotto nel mondo del lavoro tipologie di mansioni che richiedono anche posture e movimenti ripetuti potenzialmente dannosi”.

Alcuni cambiamenti muscolo-scheletrici, cardiovascolari e respiratori avvengono con l’innalzamento dell’età e possono combinarsi in modo tale da ridurre la capacità di un individuo di portare avanti un’attività lavorativa stressante o fisicamente gravosa. I cambiamenti normali associati all’età nella vista e nell’udito possono anche avere un impatto sulla capacità di lavoro in occupazioni che fanno affidamento sulla precisione, sebbene l’esperienza del lavoratore più anziano possa compensare.

Per quanto riguarda le funzioni cognitive si può notare come con l'età esse si riducano: i tempi di reazione aumentano, calano la memoria di lavoro, quella a breve termine e l'attenzione, si riduce la tolleranza alla confusione e aumenta la difficoltà per processare informazioni e fare ragionamenti induttivi. Tutto ciò comporta che occorra più tempo per pensare ed imparare nuovi compiti. Però, le strategie di adattamento e vari fattori possono compensare questi deficit. Non c’è alcuna prova scientifica per le supposizioni che le capacità di apprendimento diminuiscono con l’età. Mentre la velocità alla quale si processa e si dà una risposta all’informazione può declinare dopo i 30 anni, la capacità di fare uso

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della conoscenza si stabilizza o continua a crescere, essendo possibilmente rafforzata dai benefici dell’esperienza (WHO, 1988).

I cambiamenti nella funzione fisica e mentale collegati all’età sono stati evidenziati negli studi sulla performance lavorativa dei lavoratori più anziani. Dove l’ambiente di lavoro esalta i cambiamenti che si ritengono inerenti nei processi fisici legati all’età, è cruciale che siano attuate delle modifiche, affinché l’impatto del passare degli anni possa essere ridotto al minimo. Gli studi indicano che:

- Si ha un deterioramento della performance lavorativa, se l’attività lavorativa è fortemente dipendente dalla velocità del funzionamento cognitivo. I processi produttivi che richiedono una precisione manuale, un’attenzione selettiva e una rapida elaborazione d’informazione potrebbero, quindi, svantaggiare quei lavoratori più anziani le cui capacità ha cominciato a essere influenzate dal normale invecchiamento. Un’alta proporzione di “nuovi” lavori richiede precisamente queste qualità;

- I fattori ambientali possono combinarsi con cambiamenti di tipo biologico che si ritiene siano intrinseci al normale invecchiamento. Il rumore, il caldo e le vibrazioni possono ridurre la capacità di lavoro dei lavoratori più anziani, la cui tolleranza a questi fattori di stress esterni si è ridotta;

- La capacità da parte dei lavoratori più anziani di portare avanti compiti che richiedono un lavoro molto sensoriale o percettivo (ad esempio, l’elettronica) può essere ridotta, se essi stanno subendo cambiamenti della capacità visiva associati con l’età. Una scarsa illuminazione sfavorirà ulteriormente questi lavoratori più anziani;

- I cambiamenti cardiovascolari e respiratori associati con l’invecchiamento possono rendere difficile eseguire alcuni compiti, se il processo lavorativo richiede in modo consistente un’elevata attività fisica. I lavoratori più anziani possono, quindi, avere bisogno di una maggiore flessibilità e varietà nel ritmo di lavoro nelle ore lavorative, con pause addizionali per avere tempo per recuperare dai compiti gravosi.

- Grazie all’automazione e ad altre innovazioni del prodotto e del processo produttivo, in fabbrica molte lavorazioni particolarmente pesanti e nocive, ora sono svolte dalle macchine. C’è anche meno rumore. Tuttavia, in molti casi la fatica fisica e nervosa è restata notevole, perché le fabbriche producono just in time, che significa alimentare un flusso ininterrotto di materiali e di operazioni lungo tutto il

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processo, per cui l’operatore deve badare a che il flusso non si interrompa mai, che le eventuali disfunzioni vengano subito superate, e gli effetti di queste sui tempi come sulla qualità del prodotto prontamente eliminati. Ciò comporta ritmi di lavoro rapidi per tutti gli addetti alla produzione. L’automazione, quindi ha solo in parte attenuato e mutato la fatica nel lavoro in fabbrica.

Purtroppo, ora, lo sviluppo di modelli di lavoro che possano massimizzare la performance dei lavoratori mentre essi invecchiano e incoraggiarli a rimanere occupati, è ancora ostacolato dalla mancanza di strumenti pratici con i quali:

• identificare e misurare le capacità correnti e future dei dipendenti; • identificare e misurare i requisiti di specifici lavori;

• valutare quali siano i più appropriati aspetti dell’ambiente di lavoro da ridisegnare per eliminare lo scollamento identificato tra le capacità dei dipendenti e i requisiti del lavoro; • sviluppare metodi e criteri per la progettazione di nuovi sistemi di lavoro e di organizzazione.

Sulla salute in età più avanzata influiscono i comportamenti in materia di salute tenuti in precedenza. La riduzione delle capacità funzionali può essere ritardata e limitata al minimo grazie ad abitudini e stili di vita sani, come un'attività fisica regolare e una corretta alimentazione. L'ambiente di lavoro svolge un ruolo fondamentale nella promozione di uno stile di vita sano e di attività che servono a prevenire il declino fisico, contribuendo quindi a mantenere la capacità lavorativa. La promozione della salute nei luoghi di lavoro riguarda molti aspetti diversi tra cui dieta e alimentazione, consumo di alcolici, abbandono del fumo, quantità di attività fisica, recupero e sonno (OSHA 2016).

1.6 Giovani VS Anziani

I normali cambiamenti dovuti all'età possono essere sia positivi sia negativi.

Molti attributi, come la saggezza, il pensiero strategico, la percezione olistica e la capacità di giudizio, si sviluppano o si manifestano per la prima volta con l'avanzare dell'età. Con l'età si accumulano anche esperienze lavorative e competenze.

I cambiamenti delle capacità funzionali dovuti all'età non sono uniformi in quanto esistono differenze individuali in termini di stile di vita, alimentazione, forma fisica, predisposizione genetica alle malattie, livello d’istruzione e lavoro e altri ambienti.

I lavoratori più anziani non costituiscono un gruppo omogeneo; possono sussistere differenze considerevoli tra persone della stessa età.

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Il lavoratore cosiddetto anziano è un soggetto attivo, con competenze che se da un lato possono essere carenti da un punto di vista tecnico, sono certamente spendibili su altri piani, come quello dell’esperienza, del problem solving e della capacità relazionale.

In questo senso, oggi si tende a parlare non più di lavoratore anziano ma di lavoratore “maturo”, uno spostamento di senso che abbandona pregiudizi e connotazioni negative e sottolinea il nuovo contesto entro il quale si colloca il lavoratore ultra 50enne.

Infatti, secondo l’opinione rilevata dalla ricerca “Invecchiamento e mercato del lavoro: due nuove indagini sul campo” condotta da Basso, Busetta, Iacoucci, Vittori (2008) l’esperienza acquisita nel tempo è il principale motivo per cui i lavoratori maturi sono trattenuti all’interno dell’azienda mentre il più alto costo del lavoro è la principale motivazione per cui le imprese tendono a espellerli. Nel comparare alcune caratteristiche e attitudini mostrate dai lavoratori giovani e dai lavoratori anziani, è emerso che questi ultimi sono stati valutati positivamente per molti aspetti rispetto ai lavoratori giovani: 11 a 6. Le abilità a favore dei lavoratori anziani sono riguardanti le categorie della disponibilità, della responsabilità e dell’affidabilità.

In particolare possiamo riconoscere ai lavoratori più anziani:  rispetto della gerarchia;

 disponibilità a lavori pesanti e ripetitivi;  disponibilità allo straordinario;

 continuità dell’attenzione;

 disponibilità ad aiutare i compagni di lavoro;  affidabilità complessiva;

 responsabilità individuale;

 sensibilità agli interessi dell’impresa;  accuratezza nel lavoro;

 capacità di guida;  fedeltà all’impresa.

I lavoratori più giovani vengono, invece, giudicati “preferibili” agli anziani per quanto riguarda l’adattabilità all’innovazione, la familiarità con le apparecchiature informatiche, la creatività, l’integrazione nel gruppo.

Per altri due aspetti, produttività e assenteismo, ci si troverebbe, stando ai risultati dell’indagine sopra citata, in una situazione di sostanziale equivalenza. In definitiva, gli old worker sembrano costituire una solida base per l’impresa, un punto di riferimento stabile e

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affidabile che garantisce di fare fronte alle diverse esigenze di economicità, efficienza ed efficacia. Creatività e flessibilità identificano i punti deboli di queste figure.

Nella tabella riportata di seguito sono schematizzati i risultati di diverse ricerche sull’impiego dei lavoratori anziani.

Ricerche di riferimento

Vantaggi dell’impiego di lavoratori maturi e anziani

Svantaggi dell’impiego di lavoratori maturi e anziani

Lieberum, Heppe, Schuler,

(2005)

Maggiore esperienza (familiarità con i diversi problemi, conoscenza dei “trucchi del mestiere” e del contesto operativo...)

Competenze sociali e di relazione

Minore abilità di apprendimento e minore valenza delle doti fisiche

Basso, Busetta, Iacoucci, Vittori, (2005)

Maggiore (in ordine di rilevanza): - fedeltà all’impresa

- capacità di guida - accuratezza nel lavoro - sensibilità agli interessi dell’impresa - responsabilità individuale - affidabilità complessiva - disponibilità ad aiutare i compagni di lavoro - continuità nell’attenzione - disponibilità allo straordinario - disponibilità a lavori pesanti o ripetitivi

- rispetto per la gerarchia

Minore (in ordine di rilevanza): - adattabilità all’innovazione - familiarità con l’informatica - creatività

- flessibilità nelle mansioni - utilizzabilità complessiva - integrazione nel gruppo

Ilmakunnas, Skirbekk, van

Ours, Weiss (2007)

La relazione tra età e produttività è complessa e multidimensionale. I vantaggi per l’impiego di lavoratori giovani sono ridotti quando il

cambiamento tecnologico o la natura del lavoro rende la forza fisica meno importante.

Con l’età aumenta l’assenteismo e diminuiscono (ma non di molto) capacità di lavoro e produttività.

Ilmakunnas, Maliranta

(2007)

Il vantaggio dell’impiego di lavoratori più giovani è attenuato nelle situazioni diverse dall’industria manifatturiera basata sulle ICT.

La presenza di lavoratori più anziani ha un effetto negativo sulla crescita di profittabilità e produttività delle imprese, perché alla fine della carriera i salari eccedono la produttività a causa di rigidità della loro formazione derivanti da forme di retribuzione differita, di tutela del lavoro e di potere contrattuale che avvantaggiano i più anziani. Queste rigidità creano un divario più forte tra salari e produttività quando il cambiamento tecnologico rapido rende obsolete le competenze lavorative a un tasso più forte di quello dell’apprendimento sul lavoro. Ageing and employment, Warwick University- Economix Munich, 2006

I lavoratori più anziani possono avere performance migliori dei giovani nei settori che richiedono buone capacità di giudizio e abilità sociale.

Migliori performance per i più anziani nelle attività che richiedono valutazioni attente senza pressione di tempo e nella costruzione di rapporti forti e duraturi con i clienti.

La discrepanza tra produttività e salari per i lavoratori più anziani incoraggia i datori di lavoro a cercare soluzioni per non prolungare il rapporto di lavoro.

Difficoltà per i più anziani nei lavori con sforzo fisico e che richiedono adattamento a nuove tecnologie (come ICT).

Tabella 1.1 la valorizzazione dei lavoratori maturi (over 50): una sfida per le politiche pubbliche e per le strategie delle organizzazioni pagg.26-27

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Se prendiamo a riferimento altre analisi, come “Ageing and Productivity”, indagine presentata nel 2007 da Ilmakunnas, Skirbekk, Van Ours, Weiss, possiamo notare come risultati solo in parte differenti emergono quando si parla della combinazione old worker e produttività economica. I dati raccolti da ricerche empiriche sul lavoro manifatturiero convergono nel riscontrare che con l’età aumenta l’assenteismo. L’assenteismo è dettato dalla durata delle assenze, ma non dal numero delle assenze. Se prendiamo a riferimento le conclusioni della ricerca sopra detta, rileviamo che per numero di assenze i giovani sono in testa rispetto ai lavoratori maturi. In conclusione, dai dati emerge che la produttività si riduce se vengono a mancare gli investimenti e se non si aggiorna il capitale umano. Il gruppo di ricercatori della Helmut Schmidt University di Hamburg (Institute for human resources and international management) ha proposto di riferirsi a un emergente paradigma del ciclo evolutivo delle competenze, legato alle diverse fasi della vita professionale (Lieberum, Heppe, Schuler, 2005). Se si accoglie l’ipotesi dell’esistenza di tre distinte fasi nel normale ciclo di vita professionale e di carriera di un lavoratore, per esempio secondo la suddivisione 15-30 anni, 30-45 e 45-65, una serie di studi di ordine psicologico e gerontologico suggeriscono che le persone più anziane, mentre perdono alcuni aspetti della precedente capacità lavorativa, vengono a disporre però anche di competenze non possedute in modo significativo nelle fasi precedenti (v. fig. 1.4).

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27 Capitolo 2

I riferimenti normativi

In questo capitolo ci occuperemo di illustrare i riferimenti normativi: i principali provvedimenti che la Comunità Europea e lo Stato Italiano hanno adottato per la gestione del fenomeno dell’invecchiamento della popolazione lavorativa. Inoltre ci occuperemo di vedere come la normativa si occupi anche della valutazione del rischio da stress lavoro-correlato, poiché uno degli strumenti di valutazione del campione è appunto una scala di stress percepito in relazione alla capacità lavorativa.

2.1 Legislazione UE a sostegno dell’invecchiamento attivo

L’Unione Europea ha avuto un ruolo di primo piano nell’introdurre una legislazione antidiscriminatoria. Dalla metà degli anni’90 ha varato numerosi provvedimenti in difesa dei lavoratori maturi seguendo due direzioni: il contrasto delle discriminazioni per età e l’invecchiamento attivo raggiungibile sia con l’allungamento della vita lavorativa, sia attraverso l’innalzamento dei tassi di occupazione.

Mentre gli ambiti più rilevanti per l’invecchiamento attivo rimangono una responsabilità primaria degli Stati membri, vi sono alcune aree in cui la legislazione comunitaria contribuisce al programma generale sull’invecchiamento attivo. Attuare i valori fondamentali dell’UE come definiti nei trattati significa affrontare la discriminazione secondo ottiche diverse, incluse quelle fondate sull’età o sull’handicap. La discriminazione fondata sull’età minaccia la capacità delle persone di partecipare pienamente al mercato del lavoro e alla società in generale. La discriminazione lede anche gli sforzi della società nel raggiungere gli obiettivi occupazionali e affrontare le sfide del cambiamento demografico. Affrontare la discriminazione basata sull’età nel mercato del lavoro è essenziale per il conseguimento dell’invecchiamento attivo nel mondo del lavoro. Nel momento in cui i lavoratori anziani sono invitati e incoraggiati a restare sul mercato del lavoro, è fondamentale anche offrire loro opportunità occupazionali.

La discriminazione fondata sull’età limita ingiustamente la gamma di opportunità per i lavoratori più anziani.

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Nel 2000, l’UE ha adottato la direttiva 2000/78/CE del Consiglio che stabilisce un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate sulla religione o le convinzioni personali, la disabilità, l’età o le tendenze sessuali in materia di occupazione e di condizioni di lavoro. Essa impone agli Stati membri di rendere illegale la disparità di trattamento fra le persone, anche per motivi di età e disabilità, nel settore dell’occupazione, professione o attività autonoma, ivi comprese le condizioni di assunzione, promozione, formazione professionale, condizioni di lavoro e partecipazione ad organizzazioni.

La direttiva impone agli Stati membri di mettere a punto una normativa nazionale che vieta le discriminazioni dirette e indirette nonché le molestie e la vittimizzazione in base all’età. Le differenze di trattamento per motivi di età sono ammesse solo qualora siano oggettivamente giustificate da una finalità legittima del mercato del lavoro e i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari.

Tutti gli Stati membri hanno recepito questo principio di non discriminazione nel loro diritto nazionale, compresa l’Italia, come vedremo più avanti. Gli Stati membri che non hanno applicato in modo soddisfacente i principi della direttiva, vengono sanzionati dalla Commissione europea.

Con la tabella riportata di seguito (Tabella 2.1), sono riassunti i principali provvedimenti della Commissione Europea ed il loro contenuto, vediamo quanto è stato importante il contributo del Consiglio Europeo nel promuovere una cultura sull’invecchiamento e la lotta alla discriminazione.

ANNO EVENTO INDICAZIONI

1994 Consiglio Europeo di Essen

Emerge la necessità di adottare provvedimenti speciali nei confronti della difficile situazione delle donne disoccupate e dei lavoratori in età matura.

1995 Risoluzione sull’occupazione dei lavoratori in età matura

Si prevede di intensificare gli sforzi per adattare la formazione professionale e le condizioni di lavoro ai bisogni dei lavoratori in età matura e di adottare provvedimenti per prevenire l’esclusione dal mercato del lavoro dei lavoratori in età matura.

1997

Trattato di Amsterdam

Consiglio Europeo di Lussemburgo

Viene affrontato il tema della discriminazione professionale per età. Getta le basi della Strategia Europea per l’Occupazione - SEO

1998 Consiglio Europeo di Cardiff

Emerge la necessità di considerare i lavoratori in età matura come gruppo target delle azioni prioritarie da intraprendere per la creazione di una forza lavoro specializzata e flessibile, e l’importanza di contrastare le discriminazioni nel mercato del lavoro.

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ANNO EVENTO INDICAZIONI

2000 Consiglio Europeo di Lisbona

Vengono individuate strategie occupazionali da adottare per far fronte all’invecchiamento della popolazione.

Gli obiettivi principali da raggiungere entro il 2010: • Tasso di occupazione totale al 70%

• Tasso di occupazione femminile al 60%

• Tasso di occupazione dei lavoratori “anziani” (55-64enni) al 50%

2001 Consiglio Europeo di Stoccolma

Viene stabilito di ridurre il numero di persone anziane disoccupate o inattive attraverso l’obiettivo di innalzare al 50% entro il 2010 il tasso di occupazione dei lavoratori di età compresa fra i 55 e i 64 anni

2001 Consiglio Europeo di Laeken Viene elaborata la Relazione congiunta sugli obiettivi e i

metodi di lavoro nel settore pensionistico.

2002

Relazione congiunta sulla partecipazione della popolazione attiva e sull’invecchiamento attivo

Viene proposto un approccio basato sul ciclo di vita volto a garantire l’occupazione delle generazioni attive presenti e future e vengono individuati dei metodi per aumentare e prolungare la partecipazione attiva degli attuali lavoratori anziani

2002 Consiglio Europeo di Barcellona

Si prevede che gli Stati membri puntino ad alzare l’età di pensionamento di circa 5 anni entro il 2010 e l’introduzione di un nuovo indicatore strutturale sull’età media di pensionamento effettiva.

2003 Linee guida per l’occupazione

Nelle Linee guida per l’occupazione, che sono alla base della Strategia europea per l’occupazione relativa al periodo 2003-2010, i principi cardine sono il prolungamento della vita lavorativa e il rinvio del pensionamento mediante politiche che promuovono l’invecchiamento attivo, il titolo della specifica linea guida n.5 è: “aumentare l’offerta di manodopera e promuovere l’invecchiamento attivo”.

2004

Comunicazione della Commissione Aumentare il tasso d’occupazione dei lavoratori anziani e differire l’uscita dal mercato del lavoro, COM(2004) 146

La qualità del lavoro viene indicata come una delle chiavi per incoraggiare il differimento dell’uscita dalla vita attiva da parte dei lavoratori maturi.

Si segnala la necessità di un rafforzamento delle politiche attive del lavoro, in direzione della definizione e sviluppo di iniziative preventive e personalizzate.

2005

Rilancio della Strategia Europea di Lisbona e Linee di orientamento per le politiche per l’occupazione 2005-2008

Viene definito un nuovo strumento ‘Orientamenti Integrati per la Crescita e l’Occupazione (OICO), che ingloba i due elementi costitutivi della strategia di Lisbona:

1) gli indirizzi per le politiche economiche 2) gli orientamenti per l’occupazione.

Riguardo il secondo punto, la Commissione ha presentato 8 linee di orientamento per migliorare l’occupazione nell’Unione europea. Fra queste, la linea di orientamento integrata n.18, riguarda anche i lavoratori anziani, in quanto promuove un approccio al lavoro basato sul ciclo di vita attraverso la definizione di diverse azioni quali l’ammodernamento dei sistemi pensionistici e di erogazione delle cure sanitarie per garantirne l’adeguatezza e la sostenibilità finanziaria in modo da sostenere il

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ANNO EVENTO INDICAZIONI

prolungamento della vita professionale anche attraverso misure che favoriscano il lavoro e disincentivino il prepensionamento.

2006 Consiglio Europeo di Bruxelles

Il consiglio europeo definisce di comune accordo i settori seguenti nei quali dovranno essere svolte azioni prioritarie entro la fine del 2007:

- Investire ulteriormente nella conoscenza e nell’innovazione. Sono stati postulati diversi programmi di formazione, tra i quali il programma Grundtvig che riguarda tutte le forme d’istruzione che interessano gli adulti.

- Inoltre, il Consiglio ha approvato il patto europeo per la parità di genere che dovrebbe accrescere ulteriormente la visibilità dell’integrazione di genere e dare un impulso al miglioramento delle prospettive e delle possibilità delle donne su vasta scala.

2007

Rilancio della strategia europea di Lisbona e Linee di orientamento per le politiche per l’occupazione 2005-2008.

Quattro obiettivi: i diritti, il riconoscimento, la rappresentanza, il rispetto. Il fine dell’iniziativa è di

informare gli europei dei loro diritti a essere protetti contro le discriminazioni e promuovere le pari opportunità per tutti nella vita economica, sociale, politica e culturale

2009 Consiglio Europeo di Bruxelles Si ribadisce l’importanza degli accordi siglati nel Consiglio europeo di Lisbona e si rileva la necessità di formulare nuovi

documenti per il periodo successivo al 2010.

Tabella 2.1 – Provvedimenti della Comunità Europea. Fonte: Mirabile ET al. (2006) e Migliore, (2007).

In vista dell’Anno europeo 2012, Equinet, la rete europea degli organismi per le pari opportunità, ha pubblicato nel settembre 2011 una relazione intitolata “Tackling Ageism and Discrimination” (Combattere l’invecchiamento e la discriminazione) che prende le mosse da un’indagine dell’operato degli organismi sulle pari opportunità fondata sull’età. La Corte di giustizia dell’Unione europea ha affermato che il principio di non discriminazione in base all’età è un principio generale del diritto comunitario in quanto costituisce una specifica applicazione del principio generale della parità di trattamento. La direttiva della Commissione europea proibisce la discriminazione per età:

nell’accesso a beni e servizi, protezione sociale e istruzione,

nell’accesso a beni e servizi ai consumatori,

nella salute e sicurezza sul lavoro.

La salute e la sicurezza sul posto di lavoro è essenziale per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

Garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori durante la loro attività lavorativa è il presupposto per una vita lavorativa sostenibile e per un invecchiamento attivo e sano anche dopo il pensionamento.

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Ciò rappresenta una parte importante delle misure globali che mirano a consentire e incoraggiare le persone a lavorare più a lungo e quindi favorire la sostenibilità dei sistemi pensionistici.

L’UE ha adottato una serie di direttive sulla salute e sicurezza sul lavoro nelle quali si stabiliscono i requisiti generali in materia di prevenzione e protezione dei rischi professionali sul luogo di lavoro. Gli Stati membri devono fare in modo che la loro legislazione nazionale rispetti tali direttive e che esse siano effettivamente attuate.

L’Agenzia europea per la sicurezza della salute sul posto di lavoro (EU-OSHA) è un soggetto chiave di questa strategia.

L’invecchiamento attivo significa anche che i cittadini dell’UE possano godere dei diritti di protezione sociale in tutta l’UE. L’UE ha stabilito le misure che servono a tutelare l’accesso di persone che sono, o sono state, geograficamente mobili ai sistemi di sicurezza sociale e protezione sociale che consentono agli anziani di partecipare alla società e vivere in modo indipendente.

Il regolamento europeo relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (883/2004) assicura ai cittadini la possibilità di accumulare i diritti in materia previdenziale anche se sono stati acquisiti in diverse giurisdizioni nel corso della loro carriera e stabilisce che possano usufruire dei regimi pensionistici obbligatori e della protezione sociale in tutta l’UE.

I diritti pensionistici sono previsti sia per lavoratori che si spostano da uno Stato membro all’altro, sia ai lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro (2008/94/CE) .

L’accesso all’assistenza sanitaria è particolarmente importante per le persone anziane. Il regolamento per il coordinamento delle legislazioni in materia di sicurezza sociale (883/2004) prevede la parità di accesso all’assicurazione obbligatoria sanitaria e ai sistemi di assistenza sanitaria per le persone che si trasferiscono oltreconfine. Inoltre la direttiva concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera (2011/24/UE) protegge il diritto dei pazienti a richiedere tutte le informazioni necessarie per ricevere assistenza sanitaria in un altro Stato membro dell’UE.

2.2 L’Europa e le pensioni

Da uno studio del CES (Comitato europeo dei sindacati) risulta che solo il 46,3% della popolazione è attiva nella fascia di età 55-64 anni e solo un 35% nella fascia 15-24, in

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