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MMPI-2 e Questionario degli Adattamenti di Personalità: esistono correlazioni?

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Sommario

RIASSUNTO ... 3

INTRODUZIONE ... 4

CAPITOLO PRIMO: LA PERSONALITA’ ... 6

1.1 Che cos’è la Personalità? ... 6

1.2 Le Principali Teorie sulla Personalità ... 9

1.2.1 Teorie Psicodinamiche: ... 9

1.2.2 Teorie dei Tratti di Personalità ... 11

1.2.2.2 La teoria dei Big Five ... 13

1.2.3. Le teorie socio-cognitive: ... 15

1.3 Lo sviluppo della personalità durante il ciclo di vita ... 15

1.3.1 Tipi di stabilità e cambiamento ... 16

1.4 Valutazione Della Personalità ... 19

1.4.1 Principali strumenti per la valutazione della personalità ... 21

1.4.1.1Test proiettivi ... 21

1.4.1.2Test oggettivi ... 23

CAPITOLO SECONDO: Il MINNESOTA MULTIPHASIC PERSONALITY INVENTORY-2 (MMPI-2) ... 28

2.1 Introduzione ... 28

2.2 La struttura dell’MMPI-2 e la sua interpretazione ... 29

2.2.1 Scale di validità ... 30

2.2.2 Le scale cliniche di base e le sottoscale di Harris e Lingoes ... 33

2.2.3 Le scale di contenuto e supplementari ... 39

(Tabella 4:Scale Supplementari) ... 42

2.2.4 PSY-5... 42

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CAPITOLO TERZO: ADATTAMENTI DI PERSONALITA’ ... 48

3.1 La Cornice Teorica : la struttura di personalità e gli stati dell’IO ... 50

3.2 I Sei Adattamenti di Personalità: ... 53

3.2.1 Entusiasta - Iperattivo (Isterico) ... 53

3.2.2 Responsabile – Stakanovista (Ossessivo – Compulsivo) ... 54

3.2.3 Brillante – Scettico (Paranoide) ... 54

3.2.4 Creativo – Sognatore (Schizoide) ... 55

3.2.5 Scherzoso – Oppositivo (Passivo-Aggressivo) ... 56

3.2.6 Affascinante – Manipolatore (Antisociale) ... 56

3.3 Misurare gli Adattamenti di Personalità ... 58

3.3.1Somministrazione e valutazione ... 59

CAPITOLO QUARTO : LA RICERCA ... 63

4.1 Obiettivi ... 63

4.2 Partecipanti ... 64

4.3 Metodo ... 64

4.4 Strumenti ... 66

4.4.1 Minnesota Multiphasic Inventory of Personality 2 (MMPI-2) ... 66

4.4.2 Questionario degli Adattamenti di Personalità... 66

4.4 Procedure ... 67

4.5 Analisi dei Dati ... 67

4.6 Risultati ... 68

4.7 Discussione ... 77

CAPITOLO 5: CONCLUSIONI... 79

BIBLIOGRAFIA ... 81

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RIASSUNTO

Il concetto di personalità è forse uno dei più studiati nella pratica psicologica, e può essere definita come una serie di caratteristiche che definiscono un individuo, e quindi i pensieri, i sentimenti, il comportamento, che differiscono l’uno dall’altro. Dati recenti sostengono che la personalità si caratterizza sia per la stabilità sia per il cambiamento, questi due concetti possono, infatti, essere considerati due facce della stessa medaglia. L’importanza dello studio sulla personalità ha portato molti autori a sviluppare diverse teorie che cercano di spiegare come la personalità è costituita; sulla base di queste teorie sono stati talvolta progettati diversi strumenti di valutazione, misurazione ed interpretazione. In particolare il test più utilizzato nella pratica clinica per la misurazione della personalità è il Minnesota Multiphasic Inventory of Personality 2 (MMPI-2). In questo elaborato si è cercato di confrontarlo con un questionario recente,il Questionario degli Adattamenti di Personalità, per osservare se vi sono similarità o correlazioni.

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INTRODUZIONE

Il concetto di personalità si definisce come “una modalità strutturata di pensiero, sentimento e comportamento che caratterizza il tipo di adattamento e lo stile di vita di un soggetto e che è la risultante di fattori costituzionali, dello sviluppo e dell’esperienza sociale e che influenzano in modo univoco la cognizione, la motivazione e il comportamento. (Librán, E. C., 2015; Organizzazione Mondiale

della Sanità, 1992). Accanto al termine personalità, ne sono stati spesso accostati

altri due: temperamento e carattere. Nel linguaggio comune, questi tre termini sono di solito usati in modo intercambiabile come sinonimi per indicare le caratteristiche psicologiche di un individuo. Il temperamento è costituito dagli aspetti motivazionali ed emotivi dell'individuo, geneticamente determinati che lo portano a

reagire in diversi modi nei confronti dell’ambiente. Il temperamento

rappresenterebbe la parte biologica della personalità. (Millon e Everly,1994). Il carattere, al contrario, si riferisce alle caratteristiche acquisite durante lo sviluppo e che danno la specificità al modo di essere di un individuo. In ogni caso sia il temperamento sia il carattere sono inclusi nel concetto di Personalità. (Gabrielli e

Marconi, 2007). L’importanza dello studio sulla personalità ha portato lo sviluppo di

diverse teorie che cercano di spiegare come è costituita. Ciò che è stato fatto in questo elaborato di Tesi è quello di presentare attraverso una revisione della letteratura, dapprima il grande tema della “Personalità”, includendo le varie teorie, e misurazioni per poi concentrarsi sulla Ricerca.

Nel primo capitolo verrà preso in esame il concetto di Personalità a partire dai suoi fondamenti teorici, ed in particolare saranno presentate le principali teorie sulla personalità, partendo da quelle psicodinamiche fino alle teorie che oggi sono più utilizzate, come la Teoria dei Big Five di McCrae e Costa (1989). Saranno poi considerati dati recenti che sostengono lo sviluppo della personalità nel ciclo di vita. Sempre nel primo capitolo è stata eseguita una breve rassegna dei principali test di valutazione della personalità.

Il secondo capitolo tratta di uno dei test più utilizzati nella pratica clinica per la valutazione della personalità, ovvero il Minnesota Multiphasic Inventory of

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Personality 2 (MMPI-2) (Hathaway, McKinley, 1940,1943). Verrà analizzata la sua struttura, soffermandosi sulle varie scale che lo compongono, ed in particolare sulle scale PSY-5 (Harkness, McNulty, Ben-Porath et al., 2002).

Il terzo capitolo invece è incentrato sul modello degli Adattamenti di Personalità di Vann Joines e Ian Stewart (2002), che si basa sullo studio della personalità incentrato sullo stile adattivo del soggetto.

L’ultimo capitolo, il quarto, si sofferma su uno studio , in cui si è andati a ri-confrontare due tipologie di test. Lo scopo della nostra ricerca è stata indagare attraverso un’analisi esplorativa se due strumenti , il Minnesota Multiphasic Inventory of Personality 2 (MMPI-2) e il Questionario degli Adattamenti di Personalità, hanno delle corrispondenze a livello di misurazione dei costrutti, se sono quindi correlati o simili. Questa ricerca si basa su un lavoro precedentemente eseguito, abbiamo quindi ripetuto l’analisi con la differenza nel campione rappresentativo, che risulta aumentato, i test sono stati somministrati ad altri 30 soggetti , per un totale di 65 soggetti esaminati. Ci siamo soffermati principalmente sulle scale cliniche e sulle scale PSY-5 dell’ MMPI-2 confrontati ai sei adattamenti della personalità, e si è voluto vedere se tra questi fattori ci sono delle relazioni.

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CAPITOLO PRIMO: LA PERSONALITA’

1.1 Che cos’è la Personalità?

Dal punto di vista etimologico il termine “personalità” deriva dal concetto latino di “persona”. Originariamente questo termine si riferiva alle maschere usate dagli attori nella commedia latina, rappresentava quindi l'aspetto esteriore, qualcosa di superficiale, ed era utilizzato per dare un'immagine di sé. Da questo punto di vista la personalità si riferisce all'impressione che un individuo dà agli altri, cioè quello che vuol sembrare. Ma allora è questo che intendiamo quando si parla di personalità? Si riferisce solo alla maschera che un individuo porta e ai diversi ruoli che gioca? Naturalmente no, quando si parla di personalità, ci riferiamo a un insieme di caratteristiche come sentimenti, emozioni e pensieri legati al comportamento di ciascun individuo, che persiste nel tempo, distinguendo un soggetto da qualsiasi altro, rendendolo diverso e quindi unico. (Librán, A. C., 2015).

Il concetto di personalità è forse uno dei più studiati e discussi all'interno della scienza psicologica, vista anche la sua implicazione in altri concetti psicologici come l’autostima, l’ansia o la depressione (Simkin, 2012.) Molti teorici hanno tentato di dare diverse definizioni, che possono essere raggruppate nelle seguenti categorie:

Definizioni Additive: intendono la personalità come “somma di”. Questo

gruppo di definizioni è però poco consistente e irriducibile, difatti non è chiaro se esista veramente una personalità come fenomeno a se stante o se rappresenta un semplice costrutto dato dalla somma di altri fenomeni che possono essere spiegati da soli. (Allport,1966);

Definizioni Integrative: considerano la personalità come un insieme di

elementi e caratteristiche organizzate e strutturate che definiscono un individuo, che è talvolta suscettibile al cambiamento durante lo sviluppo;

Definizioni Gerarchiche: queste definizioni ammettono che alcuni elementi abbiano un particolare significato rispetto ad altri all'interno del quadro totale della personalità. All'interno di questa categoria sarebbero le definizioni di Cattell (1972) e di Eysenck (1967) che poi vedremo;

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Definizioni basate sulla distinzione: identificano la personalità come la base

di differenziazione tra gli individui.

In generale, possiamo quindi considerare, la personalità come “una modalità strutturata di pensiero, sentimento e comportamento che caratterizza il tipo di adattamento e lo stile di vita di un soggetto e che è la risultante di fattori costituzionali, dello sviluppo e dell’esperienza sociale e che influenzano in modo univoco la cognizione, la motivazione e il comportamento. (Librán, E. C., 2015;

Organizzazione Mondiale della Sanità, 1992).

Accanto al termine personalità, ne sono stati spesso accostati altri due:

temperamento e carattere. Nel linguaggio comune, questi tre termini sono di solito

usati in modo intercambiabile come sinonimi per indicare le caratteristiche psicologiche di un individuo; la maggior parte degli Autori però concorda nel dare al concetto di personalità un significato molto più ampio, esteso all'intera psiche del soggetto, mentre i concetti di carattere e di temperamento rappresentano il suo aspetto esteriore, quello che si rivela alle altre persone. (Gabrielli e Marconi,2007) Come abbiamo visto la personalità può essere definita come una serie di caratteristiche che definiscono un individuo, e quindi i pensieri, i sentimenti, il comportamento, che differiscono l’uno dall’altro. Il modo in cui ogni persona agisce in situazioni diverse ci dice qualcosa della sua personalità. In altre parole, è il modo in cui ogni persona pensa, parla, e si muove per soddisfare le proprie esigenze nell’ambiente circostante. Il temperamento (dal greco = “Miscela”) è invece costituito da quegli aspetti motivazionali ed emotivi dell'individuo, geneticamente determinati che lo portano a reagire in diversi modi nei confronti dell’ambiente. Nel temperamento sono coinvolti fattori ereditari, congeniti ed esogeni, e potrebbe essere considerato come la parte della personalità resistente al cambiamento, sebbene possa essere talvolta modulato dall’ambiente. Il temperamento rappresenterebbe la parte biologica della personalità. (Millon e Everly,1994).

Da un punto di vista storico, sono state molte le concettualizzazioni di questo costrutto ma il primo a far riferimento al concetto di temperamento e in qualche modo a definire una prima teoria sulla personalità fu Ippocrate, che distingue quattro umori o temperamenti:

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 Il Collerico: con eccesso di bile gialla, è magro, asciutto, di bel colore, irascibile, permaloso, furbo, generoso e superbo;

 Il Flemmatico: con eccesso di flemma, è beato, lento, sereno e talentuoso.  Il tipo Sanguigno: con eccesso di sangue, è rubicondo, gioviale, allegro,

goloso e dedito a una sessualità giocosa.

La predisposizione all’eccesso di uno dei quattro temperamenti secondo Ippocrate definirebbe un carattere psicologico, un temperamento e insieme una costituzione fisica (alle quali sarebbero riconducibili anche specifici disturbi). Un altro teorico che parla del concetto di temperamento è Strelau (1987), il quale insiste su cinque caratteristiche, in cui il temperamento e la personalità sono diversi. (Tabella 1)

TEMPERAMENTO PERSONALITA’

Rilevanza di fattori biologici

Rilevanza di fattori ambientali

Si manifesta nei primi anni di vita Si manifesta in età adulta per effetto della socializzazione.

È specifica anche degli animali È specifica degli umani

È stabile È modificabile

(Tabella 1: Differenze tra Temperamento e Personalità, Strelau 1987)

Altri autori come Gabrielli e Moscato (2007) individuano quattro temperamenti principali:

Temperamento depressivo o distintivo;

Temperamento ipertermico;

Temperamento ciclotimico;

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In tale prospettiva, il temperamento appare immutabile, ma talvolta le infinite circostanze esistenziali possono andare a modificarlo, offrendo a un individuo diversi modi di agire e reagire: questo è proprio ciò che s’intende per carattere (Gabrielli e

Moscato,2007)

Come per il temperamento, lo studio del “Carattere” ha origine nell’antichità, è, infatti, lo studioso Teofrasto, il primo ad avvicinarsi allo studio delle differenze individuali. Il termine carattere, deriva dal greco “Kharakter”, che significa “marchio inciso” ed è stato utilizzato in molti casi come sinonimo di personalità, anche se entrambi i termini hanno origini diverse. (Allport,1960). Nel suo senso psicologico si riferisce a una sorta di sigillo personale che si manifesta nel comportamento dell'individuo. Pertanto, il carattere, al contrario del termine temperamento, si riferisce alle caratteristiche acquisite durante lo sviluppo e che danno la specificità al modo di essere di un individuo. In ogni caso sia il temperamento sia il carattere sono inclusi nel concetto di Personalità. (Gabrielli e Marconi, 2007).

1.2 Le Principali Teorie sulla Personalità

L’importanza dello studio sulla personalità ha portato molti autori a sviluppare diverse teorie che cercano di spiegare come la personalità è costituita; sulla base di queste teorie sono stati talvolta progettati diversi strumenti di valutazione, misurazione ed interpretazione.

1.2.1 Teorie Psicodinamiche:

Il più importante teorico di questo paradigma della psicologia è Sigmund Freud. Secondo Freud il comportamento di una persona è il risultato di forze psicologiche che operano all'interno dell'individuo e che nascono dalla coscienza (Morris e

Maisto, 2005). Per descrivere la struttura della personalità, ha sviluppato una

complessa teoria che sostiene che la personalità sia composta di tre strutture :

Es: è l'unica struttura che è presente alla nascita ed è totalmente inconsapevole,pura e non organizzata. L’Es opera in accordo con il principio del piacere, che ha come obiettivo quello di ridurre la tensione e di massimizzare la soddisfazione;

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Io: agisce secondo il principio della realtà, in cui l’istinto è attenuato per aiutare l’individuo ad integrarsi nella società. È una struttura che lotta per bilanciare i desideri dell’Es e la realtà del mondo esterno. Cerca di garantire la gratificazione nel modo più sicuro possibile;

Super Io: rappresenta il bene e il male della società, è una struttura irrealistica.

Freud sostiene inoltre che la personalità si sviluppa nella misura in cui una persona riesce a soddisfare i propri desideri sessuali nel corso della vita, quindi la personalità è determinata dal modo in cui ciascuno affronta le fasi psicosessuali (Morris e

Maisto, 2005). Freud ne identifica cinque e le esperienze con ognuna di esse possono

determinare uno specifico profilo di personalità.

- Fase Orale (0-12/18 Mesi) : La bocca è il luogo primario di piacere sessuale,i bambini che ottengono una buona soddisfazione in questa fase tendono ad essere ottimisti, e fiduciosi, mentre quelli che rimangono fissati tendono ad essere pessimisti e sarcastici (Morris e Maisto,2005);

- Fase Anale (12/18 Mesi –3 Anni): La zone di piacere si sposta, il bambino lo ottiene dalla ritenzione e dall’espulsione delle feci. Se la fissazione avviene in questa fase, l’adulto potrebbe essere rigido, tendenzialmente autodistruttivo, testardo, e con un grande senso dell’ordine (Freud, 1967);

- Fase Fallica (3 Anni): l’interesse è focalizzato sui genitali, ed è in questa fase che si sviluppa il complesso Epidico e di Elettra ,che porta all’identificazione con il genitore dello stesso sesso. Le persone che non ricevono abbastanza soddisfazioni durante questa fase tendono a diventare egoiste, con una bassa autostima (Morris e Maisto, 2005);

- Fase di Latenza (5/6 anni fino all’Adolescenza): rappresenta il periodo durante il quale le preoccupazioni sessuali sono temporaneamente messe da parte e i bambini possono giocare con altri dello stesso sesso senza sperimentare alcuna difficoltà;

- Fase Genitale (Fino all’età adulta): il focus è il comportamento sessuale maturo, le persone che affrontano con successo questa fase sviluppano un ottimo senso di responsabilità e preoccupazione per gli altri (Davidoff,1998).

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Un importante sviluppo di queste teorizzazioni di Freud si ritrova nei cosiddetti “Psicoanalisti Neofreudiani”, i quali ponevano un’enfasi maggiore sulle funzioni dell’Io, e un’enfasi minore sulla visione sessuale come forza trainante della vita. Uno di questi era Carl Jung. A differenza di Freud, si concentrò sull’idea che esiste un inconscio collettivo, costituito da un insieme d’idee, sentimenti che sono ereditati dai genitori. Questo inconscio è talvolta condiviso da ognuno ed emerge dal comportamento. L’inconscio collettivo, presenta al suo interno un inconscio individuale costituito dai cosiddetti archetipi, in altre parole rappresentazioni simboliche, universali e innate, che possono talvolta determinare le nostre reazioni e attitudini (Ciceri, M. R., Amoretti, G. F., & Feldman, R. S. ,2013). Secondo Carl Jung, esistono quattro funzioni psicologiche di base: pensiero, sentimento, intuizione e sensazione. Ciascuna di queste funzioni sono variamente dominanti in ogni individuo, e vanno a formare due grandi tipologie di carattere: l’introverso e l’estroverso. Ciascuno ha caratteristiche specifiche che lo distinguono dall’altro, e determinano diversi tipi di personalità (Ciceri, M. R., Amoretti, G. F., & Feldman, R. S. ,2013).

1.2.2 Teorie dei Tratti di Personalità

Secondo queste teorie esistono dei tratti di personalità come dimensioni permanenti che permettono all'individuo di ruotare attorno ad una particolare caratteristica e che gli differenziano da altri individui (Engler, 1996).Tutti hanno dei tratti ma ognuno li possiede in gradi diversi. Sono state sviluppate diverse teorie dei tratti, che sebbene differiscano tra loro, concordano su alcuni presupposti fondamentali: 1. Evidenziano le differenze individuali che sono più o meno stabili nel tempo. 2. Sottolineano la misurazione mediante test, spesso questionari di autocontrollo.

Uno dei primi a parlare della teoria dei tratti fu Gordon Allport. Secondo Allport la personalità è “un’organizzazione dinamica, in seno all'individuo, di quei sistemi psicofisici che determinano il comportamento e il pensiero che gli sono caratteristici”. L’unità primaria della personalità è il tratto, che è definito come “un sistema neuropsichico generalizzato e focalizzato, tale da rendere equivalenti e guidare forme di comportamento adattivo ed espressivo”. Pone l’accento quindi

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sull'importanza dei singoli fattori nella determinazione della personalità, seguendo una visione idiografica (studio del singolo). Concorda in parte con Freud sulla presenza di una motivazione determinata dagli istinti sessuali, anche se poi se ne discosta poiché non è in realtà duratura, Allport piuttosto parla di una motivazione legata al livello di maturità e quindi legata al concetto di Sé, che si forma con lo sviluppo e rappresenta uno dei tratti di personalità più importanti

(Mischel, 1988).

Analizzando i tratti di personalità Allport ne distingue dapprima due tipologie: individuali, peculiari di una sola persona, e comuni, posseduti da diversi individui in vari gradi, risultati dell’influenza culturale (Allport,1937). Poi ne categorizza altre tre:

- Tratti Cardinali: Un tratto cardinale è così penetrante che domina quasi tutto quello che una persona fa. Rappresentano le radici della vita (Ad esempio, la tendenza a ricercare il potere, al godimento del cibo) (Allport,1937).

- Tratti Centrali: rappresentano le caratteristiche principali di un individuo, colgono la sua essenza e influenzano una buona parte del comportamento; - Tratti Secondari: descrivono i modi in cui una persona è coerente, ma, a

differenza di un tratto centrale, non influenza tanto ciò che la persona fa. Le caratteristiche secondarie sono "meno appariscenti e meno generalizzate”; Un altro autore che si è interessato alla teoria dei tratti è Raymond Cattell. Cattell, utilizzando l’analisi fattoriale sostiene l’esistenza di un sistema complesso di personalità, di una vera e propria tassonomia di tratti di personalità che consenta di prevedere il comportamento di un individuo in una data situazione. L’autore individua per questo sedici coppie di tratti fondamentali che rappresentano le dimensioni di base della personalità di un individuo. Usando questa tassonomia sviluppò il Questionario dei sedici fattori di personalità (16PF), che sarà analizzato più avanti. Insieme a Cattell, si affianca Hans Eysenck. Egli definisce la personalità come un'organizzazione stabile costituita dal carattere, dal temperamento, dall'intelletto e dalla fisicità della persona, che permette loro di adattarsi all'ambiente. Eysenck crea di conseguenza tre dimensioni, basate sulle differenze biologiche tra individui (Davidoff, 1998): Estroversione/Introversione¸ Nevroticismo, Psicotismo. La prima dimensione è una dimensione che va a rappresentare la misura del livello di

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arousal (eccitabilità) e varia tra gli individui, infatti, alcuni tendono a essere più amichevoli, più socievoli e impulsivi, mentre altri sono più inclini a essere riservati, tranquilli e timidi. La dimensione Nevroticismo riflette la stabilità/instabilità emotiva e si riferisce alla capacità di un individuo di adattarsi o no all'ambiente ed è connessa a strutture cerebrali con attività autonomica (es. amigdala, ipotalamo, ecc.) deputate alla regolazione emotiva (Eysenck e Rachman ,1965); infine il costrutto Psicoticismo si riferisce ad elementi di asocialità, impulsività e aggressività. È una dimensione caratterizzata dalla perdita o dall'assenza del principio della realtà che si riflette nell'incapacità di distinguere tra eventi reali o immaginati (Engler, 1996). Queste dimensioni sono misurabili attraverso l’utilizzo del questionario Eysenck Personality (EPQ) che rappresenta il punto d’arrivo dell’autore nello sviluppo della teoria della personalità.

1.2.2.2 La teoria dei Big Five

Il modello dei Big Five fu proposto da McCrae e Costa nel 1992. Questo modello adotta la teoria dei tratti, difendendo l’idea che gli individui sono caratterizzati da schemi di pensiero, sentimento e azione che si mantiene in diverse situazioni (McCrae e Costa,2008). Il modello dei Big Five vede la personalità come un insieme di cinque dimensioni comuni a tutti gli individui e si basa su tre postulati teorici di base:

1. La personalità può essere definita in base a cinque aree di contenuto;

2. Le differenze individuali hanno una base genetica e derivano da meccanismi fisiologici, e suggeriscono la stabilità delle dimensioni nel tempo;

3. La personalità di una persona può essere descritta rispetto al punteggio ottenuto nelle diverse dimensioni (McCrae e Costa,2008).

Ma quali sono queste cinque dimensioni? (Figura 1)

Nevroticismo: è la dimensione legata al livello cronico d’instabilità emotiva e

determina la tendenza a sperimentare emozioni negative e stress. Include talvolta risposte di coping maladattive, e sembra essere rilevante negli individui con problemi psicologici (John,1990). Presenta al suo interno sei

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sotto-dimensioni: Ansietà,Ostilità,Depressione,Ansia Sociale,Impulsività e Vulnerabilità;

Estroversione: fa riferimento alla quantità e intensità delle interazioni interpersonali, e alla capacità di sperimentare emozioni positive. L’estroversione può portare una persona a essere socievole, ottimista, piena di vita; dall’altra parte, la persona introversa tende a chiudersi e a rimanere da sola. Anche questa dimensione prevede sei sfaccettature:Cordialità, Assertività, Attività, Ricerca di Emozioni ed Emozioni positive.

Apertura all’esperienza:

si associa alla creatività, alla curiosità e alla ricerca

di nuove esperienze. Persone con tale dimensione si mostrano aperte a nuove esperienze, aperte ai cambiamenti. Le sei sottodimensioni sono: fantasia,estetica,sentimenti,azioni,idee e valori. (McCrae e Costa,1990).

Gradevolezza: questa dimensione rappresenta individui attenti, comprensivi,

fiduciosi, si mostrano talvolta ingenui. Si associa ad altruismo, sensibilità verso gli altri; il polo negativo si associa invece a ostilità e indifferenza; Le sei sottodimensioni sono: fiducia, altruismo, franchezza, modestia, sensibilità e atteggiamento conciliante;

Coscienziosità: si riferisce al grado di organizzazione, controllo e motivazione della persona ad esempio verso il portare a termine un lavoro. Le sei sottodimensioni sono: Competenza, ordine, dovere,necessità di successo,autodisciplina e deliberazione.

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Il modello dei Big Five è quindi definito come un insieme organizzato di tratti di personalità universali e gerarchiche costituiti da cinque dimensioni di base e sei sotto-dimensione per ciascuna. E’ una teoria che pone l’accento sulle differenze individuali, e consente di comprendere le basi della personalità e le sue relazioni con altre variabili. (McCrae e John,1992).

1.2.3. Le teorie socio-cognitive:

Queste teorie si concentrano sul comportamento e su come un individuo pensa e agisce di fronte ad una determinata situazione. L’approccio socio-cognitivo enfatizza l’influenza dei pensieri, valori, e aspettative nel determinare la personalità. Uno dei principali sostenitori è Albert Bandura. Secondo Bandura (1977), la personalità è l'interazione tra cognizione, apprendimento e ambiente; in ugual modo giocano un ruolo molto importante le aspettative interne dell’individuo. Secondo questa visione, il soddisfacimento o meno di queste aspettative, determina livelli elevati di prestazione e talvolta lo sviluppo della cosiddetta auto-efficacia (Bandura e

Locke, 2003). L’autoefficacia sta alla base della fiducia delle persone, e rappresenta

il credere nelle proprie capacità di portare a termine un successo o un risultato desiderato. Un modo per svilupparla è fare attenzione ai precedenti successi o insuccessi, se un evento/azione hanno avuto conseguenze negative, sarà più difficile che venga ripetuto/a. L’approccio socio-cognitivo pone il suo interesse anche nel rapporto individuo-ambiente, in particolare non è solo l’ambiente a influenzare la personalità, ma il comportamento e la personalità modifichino l’ambiente

(Bandura,1999).

1.3 Lo sviluppo della personalità durante il ciclo di vita

La personalità abbiamo visto essere definita come un insieme di pensieri,sentimenti, comportamenti prevalentemente stabili che distinguono una persona da un’altra. Il concetto di stabilità si riferisce alla costanza nel tempo, entrambe mediate dall’ambiente in cui vive un individuo. Difatti sembra che le caratteristiche mostrate da un bambino non possono essere uguali a quelle dello

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stesso bambino in età adulta poiché l'essere umano vive e si adatta continuamente ai cambiamenti dell’ambiente (Pelenchano,2000), anche se su questi argomenti si sono sviluppate diverse teorie. Alcuni autori (McCrae et. Al 2000) difendono l’idea che esistono dei tratti di personalità basati biologicamente sul temperamento, pertanto essendo il temperamento poco suscettibile all’influenza ambientale, anche la personalità non si modificherà (Bleidorn,2009). D’altro canto altri mantengono una visione di personalità come fluida e variabile soprattutto nei periodi di normale sviluppo dell’individuo, come quello cognitivo, fisico e sociale (Lewis,2001). I dati recenti sostengono che la personalità si caratterizza sia per la stabilità sia per il cambiamento, questi due concetti possono, infatti, essere considerati due facce della stessa medaglia: se non c’è stabilità vi sarà il cambiamento e viceversa.

1.3.1 Tipi di stabilità e cambiamento

La stabilità e il cambiamento della personalità comprendono aspetti diversi. In particolare esistono diversi tipi di stabilità: il primo è la cosiddetta “Structural Continuity” e ci permette di sapere se la struttura della personalità, valutata in periodi diversi, è stabile o presenta delle variazioni che indicano che questa struttura cambia, a livello di popolazione, nel tempo. E’ quindi la prima cosa da analizzare, ed è necessaria per considerare gli altri tipi di stabilità (Little,1997).

Si parla poi di "Rank-Order Stability" e " Mean-Level Change”. Il primo concetto si riferisce al grado in cui le differenze nei tratti di personalità tra individui rimangono o non rimangono invariate con il passare del tempo.L’altro tipo di stabilità permette di conoscere se le variabili individuali di personalità, valutate in due momenti temporali diversi, variano (aumentano o diminuiscono) in modo significativo. In generale a livello di popolazione, alcuni studi indicano che la personalità sembra maturare con l'età. Roberts, Wood e Caspi (2008) propongono il "principio di maturazione" secondo il quale le persone andando avanti con l’età appaiono più amichevoli, responsabili ed emotivamente stabili. Pertanto i loro risultati indicano che la personalità "matura" tra i venti anni e quaranta anni, con cambiamenti che faciliterebbero il funzionamento nella società (Roberts,Legno e Caspi, 2008). Gli stessi autori hanno osservato in studi di coorte l’importanza del contesto sociale. Ad

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esempio i campioni più giovani mostravano maggiori cambiamenti nella dominanza sociale, assertività ed estroversione, aspetti legati quindi a una maggiore interazione e cambiamento con e dell’ambiente; cambiamenti che evidenziano l’importanza dei ruoli sociali nella personalità (Roberts, Wood y Caspi, 2008). Il concetto di stabilità può essere tuttavia studiato anche a livello individuale, andando a valutare la cosiddetta "stabilità del profilo” o il “cambiamento individuale”. La "stabilità del profilo" consente di darci informazioni sulla configurazione specifica delle caratteristiche e dei pattern di personalità di un individuo e se queste rimangono stabili nel tempo. Da un punto di vista della ricerca, anche se meno numerosa, studi recenti indicano che esistono differenze individuali relative ai tratti maggiormente in età adulta, sebbene siano meno del 10% del campione. I risultati di questi studi indicano che i cambiamenti nei profili di personalità e la loro conseguente stabilità sembrano verificarsi nel momento in cui si acquisisce l’età adulta, in particolare sembra esserciun aumento della coerenza di un tratto (Terracciano,Costa y McCrae, 2010). Tuttavia, la personalità non smette di cambiare a un’età specifica, poiché gli

eventi biologici e sociali della vita possono rappresentare un fattore di cambiamento. Per eventi biologici s’intendono fasi della vita come la pubertà, per eventi sociali invece ci si riferisce alla qualità della vita dell’individuo. Queste transizioni di vita non comportano necessariamente cambiamenti, ma possono rappresentarne i motivi. Il concetto di “cambiamento a livello individuale” sembra essere, infatti, associato al "principio di co-responsabilità” (Roberts et al. 2008).

Questo principio spiega che, l'effetto delle esperienze di vita sullo sviluppo della personalità causano cambiamenti nei tratti, ma talvolta i tratti favorirebbero la predisposizione verso questi eventi (Roberts, Wood e Caspi, 2008). In sintesi, sebbene esistano pochi studi su questi argomenti, i risultati sembrano sostenere l'idea che la stabilità della personalità a livello individuale sia moderatamente elevata, soprattutto in età adulta.Ma perché la personalità è così stabile? Quali sono i fattori che la spiegano? Sono stati proposti diversi approcci teorici nello studio dello sviluppo della stabilità e cambiamento di personalità, che hanno l’obiettivo di dare spiegazioni eziologiche sui due tipi di stabilità sopra menzionate. I principali sono tre:

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Prospettiva Sociale (o Ambientale):

La prospettiva sociale attribuirebbe un ruolo rilevante all'ambiente, sottolineando la sua importanza nello sviluppo della personalità. In tal senso la personalità rimarrà stabile grazie alla relazione con il contesto sociale dell’individuo. Alcuni studi di meta-analisi hanno osservato che ambienti di vita consistenti e stabili porteranno a una maggior consistenza nella personalità dell’individuo. Caspi et al. (2005) ripresenta invece l’ipotesi di maturazione con l’idea che le persone diventano più stabile socialmente con l’età, e di conseguenza anche la personalità.

Prospettiva Genetica ( o Biologica):

Questa prospettiva propone che siano i fattori genetici a contribuire alla stabilità della personalità nel lungo termine, attraverso due ipotesi: una di fissazione e una di maturazione. La prima ipotesi suggerisce che vi sono fattori ambientali che influenzano la personalità a breve termine , e fattori genetici che determinano questi “punti di fissazione” che sono livelli stabili di personalità, geneticamente predeterminati. Di conseguenza gli eventi di vita di un individuo possono causare deviazioni transitorie da questi punti che rimangono tuttavia stabili (Lucas,2007). L’ipotesi di maturazione invece propone i fattori genetici come unici mediatori dei tratti di personalità, che si sviluppano nell’infanzia raggiungendo la maturità nella fase adulta , senza essere influenzati in alcun modo dall’ambiente (McCrae e Costa,

1994; McCrae et al., 2000). In seguito queste ipotesi sono state riesaminate,

suggerendone un’ulteriore, detta di maturazione biologica che vede lo sviluppo della personalità fondamentalmente causato da fattori genetici, anche se è possibile che i fattori ambientali possano in qualche modo modificare indirettamente queste tendenze di base, influenzando i sistemi biologici che li regolano.

Prospettiva Transazionale:

Ritiene che l'ambiente e le differenze genetiche individuali siano combinati tra loro per promuovere la stabilità (Caspi, Roberts e Shinner, 2005). La personalità influenzerebbe l'ambiente e l'ambiente avrebbe un effetto sulla personalità. Pertanto, lo sviluppo della personalità secondo questa prospettiva potrebbe essere influenzato dal ciclo di vita, poiché gli individui selezionano ambienti che soddisfano i loro tratti, ma talvolta sono le esperienze stesse che possono influenzarli. In sintesi, la stabilità e

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il cambiamento variano nel corso della vita, per effetto di fattori culturali, sociali e psicologici, e l’adattamento all’ambiente favorisce una maggiore stabilità (Roberts,

Walton e Viechtbauer, 2006). In conclusione gli studi longitudinali citati ci

permettono di cominciare a rispondere ad alcune domande. I dati indicherebbero che la personalità raggiunge importanti livelli di stabilità dai trenta anni e soprattutto dopo i cinquanta anni. Di conseguenza, i cambiamenti più importanti sembrano avvenire nel periodo dell'adolescenza per stabilizzarsi nell’età adulta. Inoltre, studi di genetica mostrano che i fattori genetici hanno la più grande influenza sulla stabilità della personalità, ma anche i fattori ambientali sembrano svolgere un importante ruolo, soprattutto perché i cambiamenti della personalità sembrano essere il risultato di esperienze ambientali (Viruela Royo, A. ,2013).

1.4 Valutazione Della Personalità

La valutazione della personalità può essere racchiusa nel cosiddetto processo di “Assessment ”che implica l’integrazione d’informazioni provenienti da fonti diverse, ed è definito come la raccolta e l’integrazione di dati al fine di ottenere una valutazione, decisione o indicazione per un intervento (APA Dictionary of

Psychology, 2007). Una fonte d’informazione sono naturalmente i test psicologici

attraverso i quali si ottengono misure obiettive e standardizzate di un campione di comportamento (Anastasi, 2002). Da un punto di vista psicometrico, i test rappresentano l’elemento centrale e in particolare i test di personalità sono intesi come strumenti che vanno a misurare le caratteristiche emotive, motivazionali, interpersonali e di atteggiamento di un individuo (Anastasi, 2002). Per essere considerati tali devono però essere validi e attendibili. Nel dettaglio, per validità s’intende il grado in cui uno strumento misura effettivamente ciò che intende misurare. Attraverso la validità possiamo fare inferenze sul comportamento del soggetto (Aragón e Silva, 2002). Esistono diversi tipi di validità tra cui:

- Tipi di validità quantitative: Validità di costrutto e di criterio

La validità di Costrutto può essere considerata il più importante tipo di validità e si riferisce all’idea che un test debba misurare il costrutto per cui è stato costruito, anche quando questo non è osservabile, di conseguenza, i comportamenti osservati in

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un test, sono talvolta indicatori del costrutto. Questo tipo di validità risponde alla domanda "come può essere spiegato psicologicamente il punteggio del test?" . È definita quindi come “il grado con cui un individuo possiede un tratto ipotetico o costrutto che si presume si rifletta nella performance al test “(American

Psychological Association, Sartori, R. & Pasini, M. ,2007). La validità di Criterio invece cerca di dimostrare l’accuratezza di una misura comparandola con un’altra che ha già evidenziato la sua validità. (McDonald, 1999). Si tratta di stabilire un criterio con il quale confrontare i risultati ottenuti con lo strumento di cui vogliamo stabilire la validità di costrutto. La validità di criterio si riferisce talvolta al grado in cui il test può stimare o prevedere comportamenti presenti o futuri dell’individuo. Si divide in validità concorrente quando il criterio si rileva contemporaneamente alla somministrazione del test e validità predittiva quando il criterio viene misurato in seguito alla somministrazione del test.

- Tipi di validità qualititative: Validità di facciata e di contenuto

La validità di facciata si riferisce a ciò che il test sembra misurare, uno strumento che ha un’alta validità di facciata è uno strumento che ha le sembianze di uno che misura il costrutto che intendiamo misurare (Anastasi,1993). Mentre quella di Contenuto si riferisce all’adeguatezza con cui gli item di un test misurano ciò che devono misurare. Si concentra quindi sul campione di item che dovrebbero essere rappresentativi del dominio d’interesse. Essa è diversa dalla validità di facciata, ma quest’ultima può essere considerata, a volte, parte della prima (Sartori, R. & Pasini,

M. ,2007).

L’altro concetto è quello di Attendibilità. L’attendibilità può essere definita come il grado di accordo tra misurazioni indipendenti dello stesso costrutto. Quando tali misurazioni convergono, tanto più lo strumento sarà attendibile. La convergenza delle misurazioni è detta Coerenza Interna. Uno strumento è talvolta attendibile quando le risposte sono stabili nel tempo. Per misurare la stabilità nel tempo si utilizza il cosiddetto test- retest, si vanno a correlare le risposte ottenute dal medesimo strumento in due tempi di applicazione diversa. La mancanza di attendibilità di un test psicometrico è legata all'intervento dell'errore. L'errore ci dà un’informazione sulla differenza che c’è tra il punteggio vero e quello ottenuto dal test. L'errore si presenta di due tipi: a) errore sistematico, è presente in tutte le

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misurazioni e influenza allo stesso modo tutti i punteggi osservati e va a influenzare l’accuratezza della misura; b) errore causale, varia in ogni misurazione.(Lanz, M.,

Amoretti, G., & Tagliabue, S. ,2012) Sulla base di questi due concetti si vanno a

sviluppare e creare tutti i test psicologici, in particolare nel prossimo capitolo saranno esposti i principali test sulla personalità.

1.4.1 Principali strumenti per la valutazione della personalità

I test di personalità sono intesi come gli strumenti che misurano le caratteristiche emotive, motivazionali, interpersonali e di atteggiamento di un individuo, distinte, quindi, dalle sue abilità intellettive (Anastasi, 2002). Si distinguono test proiettivi che si basano su approccio idiografico, che permettono una concettualizzazione individualizzata del caso specifico, e test oggettivi, che si basano su un approccio nomotetico, basato sulla comparazione dei valori ottenuti dal soggetto con dei dati normativi.

1.4.1.1Test proiettivi

I test proiettivi sono test utilizzati tradizionalmente nella diagnosi dinamica della personalità. Sono utilizzati nel processo diagnostico nella fase di raccolta delle informazioni, e sono usati per la successiva pianificazione del trattamento. Il termine “proiezione” in psicologia ha diversi significati:

- È un processo d’interpretazione del mondo esterno, grazie al quale l’individuo percepisce la struttura della propria personalità in relazione al mondo che lo circonda ( L.Frank, 1939).

- Può indicare il processo in cui il paziente proietta sull’analista l’immagine dei suoi genitori o altri individui;

- Può indicare un meccanismo di difesa.

Tra i test proiettivi più noti, vi sono il test di Rorschach e il Thematic Apperception Test (TAT).

Test di Roscharch (Herman Rorschach, 1921):

Il test di Rorschach può essere utilizzato per due scopi: come test diagnostico per stabilire l'esistenza di fenomeni patologici definiti (schizofrenici, isterici, etc.) o

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come strumento di analisi della personalità, in questo caso il test va a esplorare le caratteristiche della personalità che caratterizzano l’essere normale o patologico di un individuo (Alessandri, A. M. ,1983).È un test composto di dieci tavole suddivise in tre tipologie: cinque acromatiche, tre cromatiche e due rosse e nere, come Rorschach ha affermato "la prova consiste in un'interpretazione di forme accidentali, vale a dire immagini senza una configurazione specifica". Le tavole non hanno risposte corrette, ma alcune risposte sono popolari o convenzionali che, se mancano, indicano un allontanamento dalla realtà. (Rorschach,1922). Con questo test si cerca di mettere in moto processi percettivi e associativi, attraverso però una consegna breve e concisa. La prima domanda che si pone al soggetto è “Che cosa potrebbe essere?” Il soggetto dal canto suo deve comunicare ciò che vede o evidenziare un possibile abbinamento con realtà o fantasia. I fogli possono essere ruotati e osservati da entrambi i lati e le interpretazioni possono riferirsi a parti isolate della tavola o comprendere l'intera figura. Si chiede al soggetto di eseguire questo processo per tutte e dieci le tavole, e il passaggio avviene solo quando il soggetto comunica di non vedere o immaginare nulla in quella specifica tavola. Da un punto di vista dell’interpretazione è necessario avere il protocollo delle risposte cui far riferimento e poi, è necessario eseguire una sintesi quantitativa e percentuale dei dati contenuti in questo protocollo, registrando le frequenze principali, le formule, le percentuali e le relazioni (Alessandri, A. M. 1983). Per quanto riguardo l’utilizzo di questo strumento, tutt’oggi è una questione molto dibattuta,esso è utilizzato in contesti quali, clinico sia psichiatrico sia psicologico, evolutivo e giuridico-forense soprattutto nell’affidamento dei minori.

Thematic Apperception Test (TAT; Murray, 1943)

Il TAT è il più popolare set di figure designato a elicitare la produzione di storie. Fa, infatti, parte dei cosiddetti “thematic apperceptive techniques”, in altre parole quelle tecniche utilizzate nella valutazione della personalità che richiedono il racconto di storie come risposta alla presentazione di tavole che rappresentano situazioni sociali (C.D Morgan, H.A Murray,1935). Principalmente ciò che si va a valutare è la reazione del soggetto di fronte alla somministrazione, quindi vengono registrate esclamazioni, pause e il grado di coinvolgimento del soggetto.

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colorata), di cui undici uguali per tutti i soggetti e venti specifiche in relazione dell’età (maggiore o minore di quattordici anni) e del sesso del soggetto, che riproducono dipinti, fotografie o opere d’arte. Il soggetto in seguito alla presentazione viene invitato a costruire, per ciascuna, una storia nella quale vengono descritti gli antecedenti del fatto, la situazione attuale e la conclusione della storia. Al termine della somministrazione, si procede con l’inchiesta per chiarire le motivazioni e i possibili riferimenti personali che emergono dalle risposte. Il TAT è più indicato per esplorare gli aspetti nevrotici e psicotici del soggetto (H.Teglasi,1993,2001).

1.4.1.2Test oggettivi

Tali tecniche constano di strumenti testologici la cui realizzazione si fonda sull'analisi fattoriale di dati empirici raccolti e analizzati sulla base di un determinato modello scientifico di riferimento come ad esempio quello psicometrico o quello cognitivo. Tra i test che rientrano tra i test oggettivi abbiamo i questionari di personalità, Rating Scales, o Self-Report. Nella letteratura scientifica i principali test sono quelli elencati brevemente di seguito:

Minnesota Multiphasic Personality Inventory 2 (MMPI-2):

Questo strumento è uno dei test maggiormente utilizzati nella pratica clinica per la valutazione della personalità (vedi oltre capitolo 2).

Millon Clinical Multiaxial Intentory- Fourth Edition (MCMI-IV):

La personalità è definita da Millon come un modello complesso di tratti comportamentali che sono stabili nel tempo e profondamente radicati. Queste caratteristiche sono espresse in quasi tutte le aree del funzionamento dell'individuo come tendenze generali di percezione, sensazione, pensiero, azione e sono il risultato di una complessa interazione tra determinanti biologici e di apprendimento che si esprimono nel corso dello sviluppo individuale (Vinet & Forns, 2006). Il Millon Clinical Multiaxial Inventory (MCMI-IV) è un questionario di personalità che permette di rappresentare e valutare le sue diverse dimensioni. Si sono susseguite varie versioni e la più recente è la Fourth Edition (2015). Rispetto alle versioni precedenti valuta il funzionamento globale dell’individuo. Oggi è composto da 195

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item dicotomici (Vero/Falso) e ha come obiettivo quello di misurare i tratti di personalità e la presenza di patologie (Millon, T., Grossman, S., & Millon, C.,2015). Viene somministrato agli adulti (maggiori di diciotto anni), è costituito da trenta scale direttamente collegate con il Manuale Diagnostico (DSM 5). Delle scale previste nel MCMI-IV (Tabella 2):

- 15 riguardano disturbi di personalità, di cui tre che s’interessano a disturbi gravi della personalità;

- 10 valutano aspetti clinici, di cui 3 gravi sindromi cliniche;

Fanno parte delle scale anche cinque indici di validità costituiti da due indici di risposta (di validità e incoerenza), e tre indici di correzione che danno informazioni riguardo alla validità del protocollo:

X - Apertura: disponibilità alla valutazione psicologica; Y - Desiderabilità: tendenza a mettersi in buona luce;

Z - Autosvalutazione: tendenza a mettersi in cattiva luce (Millon, T., Grossman, S., &

Millon, C. ,2015). In ultima modifica sono state introdotte 45 “Facet Scales” ,basate

sulle teorie di Grossman, per aiutare a identificare e valutare eventuali differenze nelle prestazioni , ed aumentare l’utilità clinica del test (Millon, 2015).

(Tabella 2: Principali scale del questionario MCMI-IV, Millon) Clinical Personality Patterns

1 Schizoide Evitante 2B Malinconico 3 Dipendente Istrionico 4B Turbolento 5 Narcisistico Antisociale 6B Sadico 7 Compulsivo Negativista 8B Masochistica

Severe Personality Pathology

S Schizo-tipico

C Borderline

P Paranoide

Severe Clinical Syndrome

SS Confusione Mentale CC Depressione Maggiore PP Disturbo Delirante Clinical Syndrome A Ansia Generalizzata H Sintomi somatici N Disturbo Bipolare D Depressione Persistente B Abuso di Alcool T Abuso di Droghe R Stress Post-Traumatico

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Personality Assessment Inventory (PAI: Morey, 1991, 2007; adattamento

italiano 2015)

Il Personality Assessment Inventory (PAI: Morey, 1991, 2007) è un selfreport della personalità adulta, costituito da 344 item, divisi in 22 scale parzialmente sovrapposte. Alle 11 scale cliniche si aggiungono 5 scale di trattamento, 2 scale interpersonali e 4 scale di validità. Nuovi indici supplementari permettono di valutare aspetti dell’attendibilità e validità del test. Lo strumento è stato sviluppato e standardizzato negli Stati Uniti su un ampio campione di soggetti di età compresa tra i 18 anni ed età adulta, e usato di routine nella valutazione giuridica - forense (Di

Nuovo, S., Inturri, A., & Longo, S. (2014).

Il 16 Personality Factors Questionnaire (16 PF-5; Cattel et al., 2001)

Il questionario di 16 fattori di personalità (16PF) va ad eseguire una misurazione globale della personalità., Cattell ha proposto una struttura gerarchica di personalità multi-livello costituita da misure globali, che descrivono la personalità in modo più ampio e concettuale, e da fattori primari più precisi che rivelano i dettagli e le sfumature che rendono ogni persona unica (Cattell, R.B 1957). Per il suo forte fondamento scientifico, il questionario 16PF è utilizzato in una vasta gamma di contesti tra cui consulenza e clinica,e talvolta nell’ambito della psicologia del lavoro. Il 16 PF-5 è composto da 185 item a scelta multipla che valutano la personalità normale e non patologica attraverso l’utilizzo di 16 scale cliniche (Tabella 3).

A = Espansività B = Ragionamento C = Stabilità emozionale E = Dominanza F = Vivacità G = Coscienziosità H = Audacia sociale I = Sensibilità L= Vigilanza M = Astrattezza N = Prudenza O = Apprensività Q1 = Apertura al cambiamento Q2 = Fiducia in sé Q3 = Perfezionismo Q4 = Tensione (Tabella 3:

scale cliniche del 16PF,Cattel)

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Eysenck Personality Questionnaire (EPQ):

L'EPQ è un test psicologico di autovalutazione con item dicotomici (Si/No) costituito da 90 sub test (a seconda della versione utilizzata). È costituito da 4 scale principali:

1- Nevroticismo-Stabilità (N): valuta l’emotività della persona (sul continuum che va da instabilità a stabilità). Le risposte elevate in generale mostrano alti livelli di ansia, preoccupazione e instabilità emotiva.

2- Estroversione-Introversione (E): In termini generali, questa scala valuta la socialità della persona. Alti punteggi corrispondono a impulsività, essere socievoli ma talvolta poco sensibili. D’altro canto bassi punteggi descrivono un soggetto ritirato, riservato;

3- Psicoticismo (P): questa scala è orientata alla misurazione di caratteristiche quali la crudeltà, la mancanza di empatia e la generazione di conflitti;

4- Scala Lie (L): questa scala misura il grado di veridicità delle risposte indaga quindi sulla tendenza del soggetto a simulare un buon adattamento (Gempp &

Chesta, 2007).

5- Dipendenza (valutata in rapporto alla dipendenza da sostanze) e Criminalità (utile predittore di condotte delinquenziali o recidive) (Gempp & Chesta,

2007).

Big Five Questionnaire 2 (BFQ-2; Caprara et al., 1993,2007)

Il BFQ-2 ha come base teorica la teoria dei Big Five, va a porre attenzione alle cinque dimensioni fondamentali per la descrizione e la valutazione della personalità di ogni individuo. Il test si compone di 132 item con risposte su scala Likert (da assolutamente vero ad assolutamente falso). Le 5 dimensioni, che presentano al loro interno altre due sotto-dimensioni sono:

- E: Energia (Dinasmismo e Dominanza) - A: Amicalità (Cooperatività e Cordialità) - C: Coscienziosità (Scrupolosità e Perseveranza)

- S: Stabilità Emotiva (Controllo delle emozioni e Controllo degli Impulsi ) - M: Apertura Mentale (Apertura alla Cultura e Apertura all'esperienza).

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Anche questo strumento dispone di una scala Lie (L) che ha lo scopo di fornire una misura della tendenza del soggetto a fornire un profilo falsato sia in senso positivo che negativo. La scala è costituita da 12 item che fanno riferimento a comportamenti socialmente molto desiderabili di modo che risposte di completo accordo o disaccordo siano altamente improbabili (Caprara, G.V., Barbaranelli, C. e Borgogni,

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CAPITOLO SECONDO: Il MINNESOTA MULTIPHASIC

PERSONALITY INVENTORY-2 (MMPI-2)

2.1 Introduzione

Il Minnesota Multiphasic Personality Inventory è una delle tecniche più utilizzate nella valutazione diagnostica, progettato per valutare una serie di dimensioni della personalità e disturbi emotivi. Si è sviluppato attorno agli anni '30, in un ospedale dell'Università del Minnesota grazie a Stark R. Hathaway, psicologo clinico, e J. Charnley Mckinley, neuropsichiatra. Questo questionario nasce letteralmente nelle sale d'attesa dell'ospedale, dove gruppi di amici o parenti (non clinici) si recavano in visita ai soggetti ricoverati, questa attesa venne usata per apprezzare i vari aspetti della personalità. E questi soggetti, prevalentemente bianchi, attorno ai 35 anni ed originari delle zone limitrofe di Minneapolis, diventarono il campione rappresentativo della popolazione americana degli anni Trenta. Il primo inventario fu presentato nel 1940 chiamato “ A Multiphasic Personality Schedule

(Minnesota)”. Furono scritti più di 1.000 articoli sulla base dell'esperienza personale,

delle credenze o degli atteggiamenti dei pazienti e vennero successivamente ridotti a 504. Solo nella successiva pubblicazione , nel 1943, il test prese il nome attuale

(Hathaway, McKinley, 1940,1943). Durante la stesura del test ad Hathaway e

Mckinley non passò inosservato il fatto che qualsiasi tecnica psicologica che cerca di dare una diagnosi affidabile, deve possedere alcune componenti o variabili che controllano l'accuratezza delle informazioni fornite. Questi meccanismi diventano difatti indispensabili nella valutazione della personalità. È quindi necessario disporre di una serie di variabili che forniscano affidabilità, validità e la sicurezza che i dati raccolti siano sinceri. In risposta a queste domande, i due autori introdussero tre indicatori di validità delle risposte: la scala di incapacità di risposta

(?)

, la scala menzogna ("L") e la scala infrequenza ("F"). E 'stato poi aggiunto un quarto indicatore di validità: la "K" , la scala di correzione delle variabili (Meehl e

Hathaway, 1946). Siamo intorno al 1950 quando l’ MMPI inizia la sua ascesa,

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29

L’esigenza di migliorare lo strumento e di renderlo più attuale rispetto ai cambiamenti sociali e culturali è alla base della revisione di questo questionario. È attorno agli anni ’70, che un gruppo di autori noti (James N. Butcher, Grant W.

Dahlstrom, John R. Graham e Auke Tellegen) si occupò della prima revisione del

test. Essi avevano tre obiettivi:

1. Sostituire gli item obsoleti, difficili da comprendere;

2. Ottenere dati normativi più recenti e ampliare il campione rappresentativo della popolazione;

3. Mantenere una certa continuità con le scale cliniche e di validità.

Il comitato creò quindi una versione speciale del test, nominata MMPI AX (Adult Experimental), composta da 550 item originali e 154 item nuovi . Questa versione fu somministrata a circa 3000 soggetti (1138 Maschi e 1462 Femmine) che divennero il nuovo campione rappresentativo. Il Minnesota Multiphasic Inventory of Personality 2 fu pubblicato nel 1989, costituito da 567 item, di cui i primi 370 sovrapponibili alla prima versione, e i rimanenti 197 costruiti per calcolare i punteggi nelle scale di contenuto e supplementari. Benché il set sia rimasto lo stesso ci sono state numerose modifiche e aggiornamenti. Dal 1989 ad oggi sono state introdotte nuove scale di validità, nuove scale supplementari, scale di contenuto, e le Personality Psychopathological Scales (PSY-5, Harkness, McNulty, Ben-Porath et al., 2002). Il manuale è stato ulteriormente aggiornato nel 2001.

2.2 La struttura dell’MMPI-2 e la sua interpretazione

Ad oggi la struttura di base dell’ MMPI-2, comprende 567 item strutturati in 5 raggruppamenti di scale, chiamati anche fogli di profilo e sono:

- Il profilo delle scale di validità; - Il profilo delle scale cliniche o di base; - Il profilo delle sottoscale di Harris e Lingoes; - Il profilo delle scale supplementari;

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2.2.1 Scale di validità

Per valutare un protocollo MMPI-2 accettabile, il soggetto deve leggere e considerare il contenuto di ciascun item e rispondere "vero" o "falso" a seconda di come riflette sé stesso. A volte l'individuo può rispondere senza tenere conto del contenuto reale dell'item. Tale comportamento può verificarsi con persone che non dispongono di adeguate capacità di lettura e comprensione, o con persone che presentano un atteggiamento negativo nei confronti delle procedure di valutazione. Altre volte i soggetti possono fornire determinate risposte per dare una migliore immagine di sé. Idealmente, l'esaminatore dovrebbe essere in grado di valutare la tendenza dei soggetti a rispondere, cercando di assicurare che questi completino il test con onestà e sincerità, cosi come indicato nelle istruzioni. Questo perché la presenza di un protocollo non valido, preclude la successiva interpretazione del profilo. Di solito si considera un protocollo nullo e quindi non interpretabile quando ha più di 30 item omessi. (Butcher, Dahlstrom, Graham, Tellegen e Kaemmer,

1989). Gli indicatori di validità del profilo, sono stati quindi progettati per aiutare a

rilevare queste fonti di distorsione e per poter determinare l'affidabilità dei dati. Gli indicatori principali sono:

Scala non so (?):

Tale scala si limita a registrare il numero complessivo degli item omessi o a cui il soggetto ha risposto in modo ambiguo. Le possibili cause dell'omissione degli elementi possono essere attribuite a:

 Atteggiamento difensivo;  Indecisione;  Affaticamento o stanchezza;  Mancanza di motivazione;  Distrazione;  Incomprensione;

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31  Scala Lie (L):

Questa scala è stata progettata per individuare i tentativi dei soggetti di dare un’immagine favorevole di sé stessi, e di apparire “socialmente desiderabili”. Questa scala può essere anche associata a tratti di personalità del soggetto, che potrebbero suggerire ingenuità, pensiero rigido e un'immagine non realistica di sé . La scala L può essere quindi definita come la misura per eccellenza dell’atteggiamento del soggetto nei confronti del test. (Meehl,Hathaway,1946).

Scala Infrequency (F):

Questa scala è stata originariamente progettata per rilevare forme atipiche di risposta o tentativi di simulazione. Per la pratica clinica è quindi utile per rilevare le risposte deviate. Un individuo che ha punteggio alto in questa scala potrebbe avere la tendenza a rispondere casualmente, avere una psicopatologia funzionale o organica grave, (più alto è il punteggio e maggiore sarà l’indice di patologia) o non avere capito il significato degli item. (Meehl & Hathaway, 1946; Mckinley, Hathaway &

Meehl, 1948). Tema centrale della scala F è quindi l’aspetto psicotico.

Scala Correction (K):

La scala K è una misura di controllo emotivo e senso di adeguatezza utilizzata per rivelare il tentativo del soggetto di negare una condizione psicopatologica presentando un’immagine positiva di sé (il cosiddetto atteggiamento difensivo). Al contrario, bassi punteggi in questa scala , indicano la probabilità che il soggetto abbia tentato di esagerare la propria patologia (Meehl, Hathaway,1946; McKinley,

Hathaway, Meehl, 1948). Il contenuto della scala K copre una vasta area di contenuti

(ostilità, sospetto, discordie familiari, mancanza di fiducia, eccessiva

preoccupazione) quindi è più difficile per i soggetti evitare di scoprirsi.

I lavori di standardizzazione del MMPI-2 eseguiti dal team dell'Università del Minnesota (Butcher, Dahlstrom, Graham, Tellegen e Kaemmer, 1989) hanno sviluppato tre ulteriori scale di validità per la valutazione degli atteggiamenti invalidanti:

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Scala Back Scale (Fb):

Costituisce un indicatore di validità del test costituito appositamente per la versione dell’MMPI-2. È costituita da 40 affermazioni , che si trovano nella seconda metà del questionario. Tema principale della scala Fb è un malessere accentuato con tonalità depressiva.

Scala Infrequency Psychopathology Scale (Fp):

E’ costituita da 27 item che hanno lo scopo di individuare gli eventuali simulatori. Presenta talvolta una buona capacità di riconoscere soggetti che affermano falsamente di essere affetti da disturbo post-traumatico (Arbisi,Ben-Porath,Mc

Nulty,2006).

Scala Trin e Vrin:

Questa scala è stata sviluppata come indicatore supplementare di validità, e valutano la coerenza dell’auto-descrizione (Butcher, Dahlstrom, Graham, Tellegen e Kaemer,

1989). Sono state progettate al fine di individuare la tendenza dei soggetti a

rispondere in modo inconsistente o incoerente agli item presentati. La scala TRIN è costituita da 23 coppie di item che sono opposti nel contenuto, ai quali il soggetto dovrebbe rispondere alternativamente Vero o Falso per mantenere la coerenza. Per esempio se il soggetto risponde Vero sia all’item 65 (“Di solito sono malinconico”) sia all’item 95 (“Sono quasi sempre contento”), l’incoerenza appare evidente, e quindi prenderà un punto in questa scala. La scala VRIN è composta da 67 coppie di affermazioni con contenuto simile o opposto. Ogni volta che un soggetto risponde a in modo incoerente viene assegnato un punto. Un punteggio pari o superiore a 13 può indicare incoerenza e potrebbe eventualmente invalidare i risultati del test (Butcher,

Dahlstrom, Graham, Tellegen e Kaemer, 1989).

Ulteriori indici di validità sono l’Indice F-K , che si basa sul quantificare la differenza dei punteggi grezzi come indicatore di simulazione; la scala

dell’Auto-rappresentazione superlativa (S) utilizzata per valutare la tendenza del soggetto a

riconoscersi attributi positivi, valori morali, e grandi responsabilità, che solitamente si ritrovano in situazioni di valutazione per l’affido dei minori o valutazioni in ambito lavorativo (Butcher e Han,1995).

(33)

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2.2.2 Le scale cliniche di base e le sottoscale di Harris e Lingoes

Le scale cliniche sono composte da 10 dimensioni della personalità, costruite empiricamente col metodo “dei gruppi di contrasto”. Questo metodo si basava sul confronto,per ogni scala, di un gruppo di soggetti normali e un gruppo di soggetti che presentavano un quadro psicopatologico. Gli item che consentirono di distinguere i due gruppi, a livello statisticamente significativo, furono scelti per costruire le scale

(Hathaway e Mckinley,1942). Le scale cliniche possono essere raggruppate in aree

tematiche:

Scale Nevrotiche

Ne fanno parte la scala Ipocondria, Depressione e Isteria, che valutano la presenza/assenza di un assetto nevrotico identificandone le possibili sfaccettature.

Scala 1- Ipocondria (Hs): la scala è composta da 32 item che descrivono una

varietà di disturbi fisici e sintomi somatici vaghi e aspecifici, come malesseri generali,disturbi del sonno ecc… Gran parte della sua variabilità è rappresentata da un unico fattore, caratterizzato dalla negazione del benessere e dall’ammissione di un’ampia varietà di sintomi somatici (Comrey,1957;Graham,2006). Punteggi alti in questa scala possono essere associati a diagnosi di disturbo somatoforme, disturbo d’ansia o depressione. Questi soggetti (T>65) presentano tratti di egocentrismo, egoismo e narcisismo, e possono sentirsi insoddisfatti e infelici. Ad un punteggio moderato o elevato in questa scala si associa quindi la percezione di essere malati e la ricerca di un trattamento mirato. Questo porta ad avere un atteggiamento poco consapevole sulle cause dei loro sintomi, e scarsa consapevolezza introspettiva. Nel rapporto col terapeuta sono in genere critici.

Scala 2 – Depressione (D): è composta da 57 item molto eterogenei per

contenuto. La scala non è utilizzata esclusivamente per la diagnosi di depressione, ma è un indice del disagio e dell’insoddisfazione del soggetto circa le proprie condizioni di vita , associato alla presenza di senso di colpa. La scala intercetta la presenza di sintomi somatici e può manifestarsi insieme ad un malessere generale

(Greene,2000). L’eterogeneità che contraddistingue questa scala ha condotto alla

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