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Modulatori dell'attivita dell'enzima SIRT1 come strategia per contenere l'aging e le patologie cardiovascolari correlate.

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI FARMACIA

Corso di Laurea Magistrale in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche

Tesi di Laurea

MODULATORI DELL’ATTIVITA’ DELL’ENZIMA SIRT1

COME STRATEGIA PER CONTENERE L’AGING E LE

PATOLOGIE CARDIOVASCOLARI CORRELATE

Relatori:

Prof. Vincenzo Calderone Dott.ssa Lara Testai

Correlatore:

Prof. Filippo Minutolo

Candidata:

Francesca Leo

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Indice

Capitolo 1

Introduzione

... 1

1.1 Invecchiamento cellulare o Aging ... 1

1.2 Aumento della vulnerabilità multiorgano con l'aging ... 4

1.3 Le sirtuine ... 8

1.4 Identificazione delle sirtuine: Sir2 ... 9

1.4.1 Localizzazione delle sirtuine ... 12

1.5 SIRT1 ... 14

1.5.1 SIRT1 e le sue funzioni fisiologiche ... 14

1.5.2 Targets non-istonici di SIRT1 ed effetto sul danno da ischemia/riperfusione ... 15

1.5.3 SIRT1 e l’aging ... 19

1.5.4 SIRT1 e le patologie metaboliche ... 20

1.5.5 SIRT1 e le patologie neurodegenerative ... 22

1.5.6 SIRT1 e l’angiogenesi ... 23

1.5.7 SIRT1 e l'aterosclerosi ... 24

1.6 SIRT1 e le patologie cardiovascolari età-correlate ... 26

1.6.1 SIRT1 e l'insufficienza cardiaca o HF (Heart failure) ... 29

1.6.2 SIRT1 e la malattia coronarica (CHD) ... 30

1.6.3 SIRT1 e il danno da ischemia-riperfusione (I/R) ... 31

1.7 Approcci per incrementare l'espressione o l'attività di SIRT1 ... 35

1.7.1 Restrizione calorica (CR) ... 36

1.7.2 Precondizionamento ischemico (IPC) ... 38

1.7.3 Resveratrolo (Res) ... 40

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Capitolo 2

Materiali e metodi ... 45

2.1 Saggio enzimatico diretto ... 45

2.1.1 Soluzioni delle sostanze utilizzate ... 46

2.2 Esperimenti ... 48

2.2.1 Valutazione dell’attività dei composti ... 48

2.3 Sperimentazione animale... 49

2.3.1 Esperimento in vivo: procedura sperimentale ... 50

2.3.2 Strumenti ... 52

2.3.3 Analisi dei dati ... 52

2.4 Trattamento in cronico ... 53

2.4.1 Sacrifici ... 53

2.4.2 Dosaggio proteico: Saggio di Bradford ... 55

2.4.3 Western Blotting ... 55

Capitolo 3

Risultati e discussione

... 58

Conclusioni ... 71

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Capitolo 1

Introduzione

1.1 Invecchiamento cellulare o Aging

Ad oggi l'interpretazione di Aging o Invecchiamento viene comunemente intesa come la somma di tutti i cambiamenti fisiologici, genetici e molecolari che si verificano con il passare del tempo [Carey JR, 2003; Sacher GA, 1982]. Le modificazioni età-dipendenti possono essere attribuite al naturale processo di crescita, a difetti genetici legati all’individuo ed allo svilupparsi di malattie. L’aging di per sé rappresenta il maggior fattore di rischio per malattie e morte nei paesi sviluppati [Vendemiale et al., 2011]. L'aging è dunque un complesso processo multifattoriale ed è pertanto plausibile che gli eventi in grado di determinare la senescenza della cellula si sovrappongano a diversi livelli: le modificazioni molecolari occorrenti in corso di aging conducono ad alterazioni cellulari, le quali, a loro volta, contribuiscono all’insufficienza del sistema a cui l'organo appartiene ed alla senescenza dello stesso, aumentando il rischio di malattia e di morte (Figura 1) [Harman D, 2003]. Negli organismi multicellulari complessi lo studio delle interazioni tra cause genetiche, ambientali e stocastiche (danno casuale di molecole) ha permesso un più corretto approccio per la comprensione del processo di aging cellulare [Weinert e Timiras, 2003].

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La teoria radicalica, formulata da Harman nel 1956 evidenzia come la progressiva perdita della funzionalità cellulare sia associata al danno ossidativo; tale teoria sembra in grado di spiegare gran parte delle alterazioni che si verificano nell’aging e in molti stati patologici ad esso correlati. I "radicali liberi" sono specie chimiche con un elettrone spaiato nel loro orbitale più esterno ed hanno la capacità di reagire con svariate molecole con cui vengono in contatto dalle quali sottraggono o alle quali cedono un elettrone nel tentativo di acquisire stabilità, producendo così altri radicali secondo reazioni che si susseguono con un meccanismo a catena. I ROS sono fisiologicamente prodotti dalle cellule ed includono una larga varietà di specie chimiche quali l’anione superossido, i radicali ossidrilici ed il perossido di idrogeno. Il termine “stress ossidativo” generalmente viene riferito all’instaurarsi di uno squilibrio tra la produzione di ROS e l’attività di difesa dei sistemi antiossidanti che possono risultare deficitari. I tre principali sistemi enzimatici di difesa contro l’attività radicalica sono rappresentati dalla superossido dismutasi, catalasi e glutatione-perossidasi; tra i composti non enzimatici troviamo le vitamine A, C, E ed i polifenoli. Diversi meccanismi di “stress ossidativo” interagiscono nell’aging: un aumento della velocità con cui vengono prodotti i ROS, un declino dei sistemi di difesa antiossidante ed una diminuita efficienza nel riparare le molecole danneggiate. La teoria radicalica di Harman sostiene che l’aging sia il prodotto di una serie di reazioni ossidative di natura radicalica in grado di accelerare la degradazione dei sistemi biologici determinando un’usura somatica; la longevità dipenderebbe dunque dall’efficienza dei sistemi di protezione antiossidante [Harman D, 1956].

Ad esso si ricollega la più recente teoria mitocondriale, secondo cui il mitocondrio, sede del metabolismo ossidativo cellulare, è il maggior produttore di ROS [Vina et al., 2003]. Come è noto, i mitocondri sono la sede della fosforilazione ossidativa, processo fondamentale per la formazione di ATP, attraverso il trasferimento degli elettroni dal NADH all’O2, accettore ideale terminale. Nel corso del processo di produzione mitocondriale di ATP circa l’1-4% dell’ossigeno si trasforma in ROS. Lo stress ossidativo a livello mitocondriale innesca quindi un circolo vizioso nel quale il mitocondrio stesso, a seguito del danno indotto dai radicali liberi, produce ulteriori ROS portando ad una progressiva distruzione cellulare. Alti livelli di ROS possono alterare direttamente la struttura di macromolecole come lipidi, proteine e acidi nucleici (Figura 2); questi ultimi in particolare vanno incontro ad ossidazione

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con successive mutazioni e delezioni nel DNA nucleare e mitocondriale (mtDNA). Le mutazioni a carico del mtDNA tendono ad accumularsi e a condurre a morte cellulare. Alcune mutazioni del mtDNA possono inoltre condurre all’alterazione della stessa catena di trasporto degli elettroni, innescando così un circolo vizioso in grado di aumentare ulteriormente la produzione dei ROS [Alexeyev MF, 2009].

Figura 2. Bersagli biologici principali dei ROS, responsabili dell'aging cellulare.

Oggi si ritiene che alla base dei processi di aging cellulare esistano delle vie redox-mediate e mitocondrio-dipendenti: alti livelli di ROS e RNS (radicali liberi dell'azoto) sono in grado di modulare l’attivazione di alcuni fattori di trascrizione, direttamente, mediante la modifica di alcuni residui amminoacidici o indirettamente, mediante la formazione di ponti sulfidrilici in prossimità dei binding domains a livello del DNA; tali modificazioni possono tradursi nell’attivazione o disattivazione dei fattori di trascrizione interessati, come p53 e NF-kB.

Il ruolo dello stress ossidativo nell’aging cellulare va quindi riconsiderato come parte integrante di un processo continuo e multifattoriale [Kregel e Zhang, 2007]. La teoria radicalica consente in molti casi di spiegare non soltanto i meccanismi molecolari alla base dell’aging ma anche la patogenesi di diverse condizioni cliniche che ad essa sono associate quali ad esempio la demenza, il diabete, l'artrite, l'osteoporosi, l'aterosclerosi e le malattie cardiovascolari in generale [Ljubicic et al., 2002].

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1.2 Aumento della vulnerabilità multiorgano con l'aging

Come detto l’aging è un processo biologico naturale ed inevitabile caratterizzato da un graduale declino delle funzioni cellulari come anche cambiamenti strutturali in numerosi organi. Questi cambiamenti anatomici e fisiologici delineano il processo di "senescenza". In generale, il declino fisiologico, con l'avanzare dell'età, va incontro ad un'accelerazione e può portare allo sviluppo di disfunzioni a carico dei numerosi organi vitali a causa di una loro aumentata vulnerabilità età-correlata (Figura 3).

Figura 3. Effetti dell’aging sulle funzioni fisiologiche e multiorgano.

RENI

I reni, con l’aging subiscono cambiamenti anatomici e fisiologici, non solo a carico dei glomeruli, tubuli e interstizi, ma anche a livello della vascolarizzazione. Microscopicamente i principali cambiamenti età-correlati includono nefrosclerosi, caratterizzata da glomerulosclerosi, atrofia tubulare, fibrosi interstiziale e aterosclerosi [Hoy et al., 2003; Nyengaard et al., 1992], e ipertrofia del nefrone, meccanismo compensatorio della nefrosclerosi attuatosi nei nefroni sani rimanenti nella midollare. L'aging sembra essere più fortemente associato alla nefrosclerosi

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piuttosto che all'ipertrofia. Esami autoptici hanno inoltre rivelato lo sviluppo di diverticoli tubulari all'interno di nefroni maturi [Darmady et al., 1973]. Macroscopicamente, il cambiamento anatomico maggiore età-correlato a carico dei reni include una riduzione del volume della corticale e la presenza di cisti e tumori, spesso benigni.

POLMONI

L'apparato respiratorio, contestualmente, con l’apparato renale, mantiene costante l’equilibrio metabolico. Con l’aging si riduce fisiologicamente la quantità di aria che può essere mobilizzata. I polmoni, come i reni, sono organi resi meno efficienti e più fragili dal passare degli anni [DeLorey e Babb, 1999; Dow e Carrol, 1996; Grassi et al., 1998]. I muscoli respiratori perdono parte della loro efficienza e conseguentemente si riduce la forza massima che può essere generata nell’inspirazione e nell’espirazione; questo si traduce in un aumento della rigidità del torace con l'età [Lai-Fook et al., 2000]. Per effetto dell’aging, la trachea perde elasticità e può presentare calcificazioni e ossificazioni delle cartilagini. Si osserva dunque un progressivo scadimento dell’efficienza del tratto respiratorio [Rossi et al. 1996].

CERVELLO

Le malattie neuro-degenerative rappresentano un esempio di coinvolgimento radicalico; la funzione cerebrale varia con il passaggio dall’infanzia alla vecchiaia. I primi sintomi dell’aging cerebrale consistono in una diminuzione delle funzionalità cerebrali generali, in particolare di quelle cognitive; la memoria recente e la capacità di apprendimento tendono ad essere compromesse relativamente presto, mentre problemi legati alle capacità verbali possono iniziare all’età di 70 anni. La capacità intellettiva è solitamente integra fino all’età di 80 anni, in assenza di disturbi neurologici e il tempo di azione e reazione possono risultare rallentati, in quanto il cervello elabora gli impulsi nervosi più lentamente. Le cellule del cervello cominciano a subire dei mutamenti: se ne riduce la quantità e diminuiscono anche le connessioni nervose. Con l'avanzare dell'età, inoltre, il flusso sanguigno cerebrale può ridursi, in media, fino al 20%. Gli effetti dell’aging sulla funzione cerebrale possono essere difficili da distinguere dagli effetti di diverse malattie comuni tra gli anziani, quali ad esempio depressione e patologie

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cerebrali degenerative come la malattia di Alzheimer (AD). Per quest'ultima, diversi studi hanno messo in evidenza una diretta correlazione tra la patologia e lo stress ossidativo, suggerendo l’idea che alcuni prodotti della perossidazione lipidica possano essere coinvolti nei fenomeni di aggregazione delle placche senili, che vedono il loro principale componente nella proteina Tau [Manczak et al., 2004].

CUORE

Con l'avanzare dell'età anche il muscolo cardiaco subisce delle alterazioni. Il suo volume aumenta leggermente, sviluppando pareti più spesse e camere leggermente più larghe. Durante il riposo, un cuore meno giovane presenta una frequenza lievemente più bassa rispetto ad uno giovane, ma entrambi funzionano allo stesso modo. Sotto sforzo, lo stesso cuore invecchiato non riesce ad aumentare l'apporto di sangue verso l'esterno rispetto invece ad un cuore giovane. Le pareti di arterie e arteriole si ispessiscono e lo spazio interno delle arterie aumenta leggermente: tali variazioni contribuiscono a rendere i vasi più rigidi e meno elastici. La perdita di elasticità fa sì che soggetti anziani presentino generalmente maggiori valori di pressione sistolica.

Un ulteriore aumento di vulnerabilità cardiaca è costituito dal danno radicalico che può presentarsi con l'avanzare dell'età e portare al fenomeno di ischemia-riperfusione (I/R) (angina, infarto miocardio, fenomeni ischemici transitori cerebro-vascolari ecc). Durante la fase di ischemia l’ATP viene trasformato in ipoxantina ed accumulato a livello tissutale. Nella successiva riperfusione, l’ipoxantina viene prontamente trasformata in xantina tramite l’enzima xantina-ossidasi, attivata da O2, con conseguente produzione di specie radicaliche e danno ossidativo di membrane cellulari e mitocondriali (Figura 4) [Yellow et al., 1990].

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7 ATP ADP AMP ADENOSINA INOSINA IPOXANTINA ISCHEMIA Ca Attivazione proteasi

Conversione proteolitica della XANTINA DEIDROGENASI In XANTINA OSSIDASI RIPERFUSIONE IPOXANTINA + XANTINA OSSIDASI + O2 URATO + H2O2 + O2 O2 + OH + OH• DANNO CELLULARE

Figura 4. Danno da Ischemia/Riperfusione.

L'aumento evidente della vulnerabilità cardiaca, conseguente all’aging, rende dunque il cuore maggiormente suscettibile allo sviluppo di patologie correlate, come ad esempio insufficienza cardiaca, ictus ischemico, infarto del miocardio e malattie coronariche.

L'ipetrofia cardiaca è un'ulteriore patologia la cui incidenza aumenta con l'avanzare dell'età; è la primaria risposta dell'organismo ad un aumento del flusso emodinamico (aumeto di volume o pressione). L'ipetrofia del muscolo cardiaco è caratterizzata da una incrementata sintesi proteica e da una riorganizzazione sarcomerica, che conduce ad un aumento delle dimensioni dei cardiomiociti. La crescita ipertrofica inizialmente riduce lo stress parietale vasale, mantiene la funzione cardiaca e serve una pronta risposta compensatoria agli stimoli ipetrofici. Tuttavia questa condizione può essere responsabile di un inizio di rimodellameto cardiaco e insufficienza cardiaca [Shouji e Junichi, 2015].

In conclusione, l’ipotesi che il mitocondrio e lo stress ossidativo giochino un ruolo di primo piano nei processi di aging cellulare, guadagna sempre maggiori consensi; ne è una prova il fatto che differenti linee di ricerca (ingegneria genetica, farmacologica, metabolico-nutrizionale) individuino nella diminuzione dello stress

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ossidativo lo snodo centrale per la riduzione del danno infiammatorio e funzionale ed in definitiva per l’aumento della longevità [Vendemiale et al., 2011].

1.3 Le sirtuine

Le sirtuine o proteine Sir2 sono una classe di geni e di proteine correlate, recentemente scoperte, aventi un ruolo centrale nella regolazione dell’omeostasi metabolica/cellulare nei procarioti e negli eucarioti; il loro studio sta acquisendo interesse crescente per il potenziale terapeutico nei confronti di una molteplicità di stati fisiopatologici. Sono una famiglia di enzimi NAD⁺ -dipendenti ad attività deacetilasica o mono-ribosiltransferasica (Figura 5).

Figura 5. Meccanismo Deacetilasico e Mono-ADP-Ribosiltransferasico delle Sirtuine.

Il nome deriva da un gene del Lievito di silenziamento regolatorio (Sir2), che è stata la prima sirtuina identificata in Saccaromyces Cerevisiae, fattore chiave nel regolare la risposta dell'organismo allo stress e la longevità, e implicato peraltro nella regolazione dello sviluppo cellulare [Meng et al., 2016]. Recentemente le sirtuine si sono mostrate coinvolte in un ampio range di processi fisiologici e patologici quali la longevità, la regolazione della trascrizione, l'apoptosi e l'infiammazione, la resistenza allo stress e influiscono peraltro sull'efficienza

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energetica e la vigilanza durante le situazioni a basso introito calorico (restrizione calorica o CR) [Matsushima e Sadoshima, 2015]. L’acetilazione proteica è un meccanismo di modificazione post-traduzionale che regola funzioni cellulari cruciali quali le interazioni proteina-proteina, il mantenimento della loro stabilità ed attività [Kouzarides, 2000; Chang e Guarente, 2014]. Le reazioni di acetilazione e deacetilazione avvengono a livello del gruppo Ɛ-amminico, N-terminale, di residui di Lisina che vengono acetilati e deacetilati come parte del processo di regolazione genica. Queste reazioni, generalmente, sono catalizzate rispettivamente dagli enzimi Istone-Acetil-Transferasi (HATs) e Istone-Deacetilasi (HDACs), anche se bisogna evidenziare il fatto che tanto le HAT che le HDAC possono modificare il grado di acetilazione di proteine che non siano istoni [Sadoul et al., 2008].

La HAT è un enzima appartenente alla classe delle transferasi, la cui attività è correlata ad un'apertura della struttura della cromatina ed un'attivazione genica. Catalizza la seguente reazione:

acetil-CoA + istone ⇄ CoA + acetil-istone

La HDAC prevede l’idrolisi dei gruppi acetilici dai residui di Lisina istonica, la condensazione cromatinica e l’interruzione della trascrizione. Esistono quattro classi di HDACs, I-IV, individuate grazie all’analisi filogenetica condotta sulle proteine deacetilate correlate [Gregoretti et al., 2004].

Le sirtuine appartengono alle istone-deacetilasi di Classe III, omologhe del repressore trascrizionale Sir2 [Yang e Seto, 2007]. La maggior differenza funzionale fra questa famiglia di enzimi e le altre HDACs sta nel fatto che le Classi I, II e IV sono metallo enzimi, Zinco dipendenti, mentre le sirtuine catalizzano la deacetilazione di substrati proteici in una reazione che consuma nicotinammide-adenin-dinucleotide (NAD+).

1.4 Identificazione delle sirtuine: Sir2

Lo studio delle sirtuine è iniziato con l’identificazione, negli organismi inferiori (Saccharomyces cerevisiae), del gene Sir2 (Silent Information Regulator 2), da cui prende il nome l’intera famiglia (Figura 6).

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10 Figura 6. Struttura cristallografica del gene Sir2.

E' dal 1991, grazie soprattutto al lavoro di Gottschling e colleghi, che fu riconosciuto il ruolo di Sir2 nel meccanismo del silenziamento genico, che avviene in prossimità dei telomeri [Aparicio et al., 1991]. Successivamente, notarono che le regioni silenti a livello dei telomeri risultavano associate ad istoni relativamente ipoacetilati sul gruppo Ɛ-aminico dei residui di lisina N-terminali [Braunstein et al., 1993]. Infatti, una over-espressione di Sir2 causava una notevole deacetilazione degli istoni, ulteriore caratteristica che lo distingueva dagli altri geni appartenenti al complesso SIR. Nel 1995, in Saccharomyces Cerevisiae vennero individuati altri quattro geni omologhi di Sir2, HST (homologues of SIR2) 1-4; nessuno di loro risultava essere essenziale ma erano complessivamente coinvolti nel processo di silenziamento, così come nella progressione del ciclo cellulare e nel mantenimento dell’integrità genomica [Brachmann et al., 1995; Derbyshire et al., 1996]. La scoperta degli omologhi di Sir2 nel lievito e poco dopo anche nei batteri, nelle piante e nei mammiferi, dimostrò la sua appartenenza ad una grande ed antica famiglia di geni che sono ad oggi chiamati "Sirtuine".

Attraverso un'analisi di spettrometria di massa e HPLC delle reazioni promosse da Sir2 si concluse che l'attività deacetilasica NAD+-dipendente, piuttosto che quella mono-ADP-ribosil-transferasica, potesse meglio chiarire le funzioni di Sir2 in vivo (Figura 7).

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11 Figura 7. Attività deacetilasica delle Sirtuine.

In Saccharomyces cerevisiae, Sir2 è coinvolto nei processi cellulari legati all’aging. L’accumulo esponenziale di rDNA circolare extracromosomiale (ERCs), che si ha con l’aging dell’organismo, è ritenuto essere il maggior determinante della durata della vita (lifespan) del lievito [Sinclair e Guarente, 1997]. Il meccanismo attraverso il quale ERCs influenza il lifespan non è ancora del tutto chiaro ma differenti manipolazioni a livello genico suggeriscono che questo accumulo sia correlato negativamente al fenomeno di aging nel lievito [Sinclair e Guarente, 1997; Defossez et al., 1999; Kaeberlein et al., 1999]. Inoltre, questa proteina regola altri importanti processi cellulari, quali il ciclo cellulare, l’apoptosi e l’infiammazione (Figura 8).

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1.4.1 Localizzazione delle sirtuine

Dai lieviti all’uomo, la classe delle sirtuine presenta un "core" catalitico centrale altamente conservato ed estensioni C- ed N-terminali variabili in lunghezza e sequenza, caratteristica che può influenzare il legame con differenti modulatori e la loro localizzazione cellulare [Dali-Youcef et al., 2007; Michan e Sinclair, 2007]. Nei mammiferi, più complessi, sono stati individuati sette ortologhi del gene Sir2 (Silent Information Regulator 2), corrispondenti alle sette isoforme di sirtuina (SIRT1-SIRT7), contraddistinte per funzione e per distrbuzione all'interno della cellula: il citoplasma (Sirt 1, 2), i mitocondri (Sirt 3, 4, 5) e il nucleo (Sirt 1, 2, 6, 7) [Finkel et al. 2009].

Come già detto l'attività delle sirtuine è strettamente regolata dalla disponibilità di NAD+, un coenzima implicato in diverse funzioni biologiche quali alcune tappe della glicolisi e del ciclo di Krebs, nelle reazioni di ossidoriduzione, nella riparazione del DNA, nelle reazioni di ADP-ribosilazione, nella risposta immunitaria e nella regolazione trascrizionale. Oltre ad esser influenzata dal rapporto NAD+/NADH all’interno della cellula, la reazione di deacetilazione è regolata anche da uno dei suoi prodotti, nicotinammide, che è un inibitore non competitivo delle sirtuine. Alcune sirtuine agiscono come mono-ADP-ribosiltransferasi, catalizzando il trasferimento del gruppo ADP-ribosio dal NAD+ a proteine accettrici, in una modificazione post-traduzionale chiamata ADP-ribosilazione e, similmente alle reazioni di deacetilazione, viene rilasciata nicotinammide [Houtkooper et al., 2012] (Figura 9).

Figura 9. Attività mono-ADP-ribosiltransferasica delle sirtuine.

Questi enzimi hanno un ruolo chiave nella regolazione di molti aspetti del metabolismo cellulare, da quello energetico a quello sintetico, modulano la

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trascrivibilità genica della cromatina e regolano l’attività di diversi fattori trascrizionali, quali p53, NF-κB, PGC-1α, FOXO e HSF-1 [Meng et al., 2017]. Nel tempo hanno guadagnato una notevole attenzione in campo medico anche grazie al loro ruolo di sensori metabolici e di mediatori della sopravvivenza cellulare in condizioni di stress, come ad esempio la restrizione calorica e l’esercizio fisico, nelle quali la loro trascrizione risulta attivata [Hayashida et al., 2010]. Più l’età aumenta e maggiori sono i danni che possono coinvolgere i diversi tessuti e organi vitali. Nei mammiferi, le sirtuine svolgono la funzione primaria di assicurarsi che geni che non devono essere attivati rimangano in uno stato quiescente (Figura 10).

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1.5 SIRT1

Tra le sette sirtuine, l'isoforma maggiormente studiata e caratterizzata è SIRT1, la quale presenta più analogie con Sir2, presente in Saccharomyces Cerevisiae. Strutturalmente parlando, SIRT1 contiene due segnali di localizzazione nucleare (NLS) e due segnali di esportazione nucleare (NES); la funzionalità di questi segnali determina la presenza di SIRT1 sia nel compartimento nucleare che in quello citoplasmatico, e spiega perché la sua localizzazione può differire a seconda del tipo di cellula o di tessuto presi in considerazione e in risposta a particolari condizioni fisiologiche o stimolazioni.

Poiché SIRT1 deacetila gli istoni e vari altri fattori di trascrizione (p53, NF-κB, PCG-1α, FOXO, HIF e altri), la sua localizzazione subcellulare sembra influenzare la sua funzione. Poiché la traslocazione nucleare di SIRT1 aumenta la resistenza cellulare all'apoptosi, modifiche sul trasferimento nucleocitoplasmatico per incrementare la traslocazione nucleare di SIRT1 possono essere favorevoli per cellule sotto stress ossidativo [Tanno et al., 2007].

1.5.1 SIRT1 e le sue funzioni fisiologiche

L’attività di SIRT1 è generalmente incrementata in situazioni di stress energetico e nutrizionale, ovvero in condizioni in cui i livelli tissutali di NAD⁺ , principale regolatore dell'attività dell'enzima, aumentano. SIRT1 è coinvolto nella regolazione di numerosi processi metabolici, quali lipogenesi, β-ossidazione degli acidi grassi e gluconeogenesi, ma è soprattutto principale oggetto di studio nell'ambito dell’aging e delle patologie cardiovascolari. In generale, per esempio, l'abbassamento del tasso glicemico negli stati di digiuno sembra migliorare il metabolismo ossidativo mitocondriale, derivante dall’ossidazione degli acidi grassi, che è generalmente accoppiato con un aumento dei livelli di NAD⁺ .

L’enzima SIRT1, in accordo con la sua duale localizzazione cellulare, presenta target sia a livello nucleare che citosolico. Interagisce e deacetila istoni e un elevato numero di substrati non-istonici, tra i quali troviamo il soppressore tumorale p53, il fattore nucleare κB (NF-κB), PGC-1α (peroxisome proliferator-activated receptor gamma coactivator 1-alpha), i fattori di trascrizione FOXO

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head box protein O), il fattore inducibile l’ipossia (HIF-1α) e molti altri ancora (Figura 11) [Lim et al., 2010; Dioum et al., 2009; Li et al., 2007; Jeong et al., 2007; Rajamohan et al., 2009].

Figura 11. Targets di SIRT1 per la deacetilazione e processi fisiologici in cui è coinvolto.

1.5.2 Targets non-istonici di SIRT1 ed effetto sul danno da

ischemia/riperfusione

SIRT1 e p53

Uno dei target di SIRT1 descritto nei topi e nell’uomo, è il soppressore tumorale p53, che nelle cellule tumorali e cancerogene risulta iperacetilato.. C’è una relazione intima tra queste due proteine, che non solo sono fisicamente associate, ma regolano vicendevolmente le rispettive attività. La proteina p53 è coinvolta nel controllo del ciclo cellulare e possiede nella regione C-terminale vari potenziali siti di acetilazione su residui di lisina, sui quali SIRT1 può esplicare la sua attività catalitica [Luo et al., 2001].

Liu e colleghi dimostrarono che cellule sottoposte a I/R mostravano aumentati livelli di acetilazione di p53 in modelli di controllo. Tuttavia in cellule sottoposte allo stesso procedimento, ma in cui precedentemente era attivato SIRT, l'acetilazione

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di p53 risultava significativamente ridotta [Liu et al., 2014]. Risultati analoghi furono evidenziati in un altro studio. In modello di I/R in topi, CO poteva promuovere l'attivazione di SIRT1. Inoltre, colure cellulari esposte ad H2O2, per indurre il danno da I/R, avevano mostrato un’aumentata espressione di p53; tale condizione era indicativa di danno cellulare. Kim ed il suo team dimostrarono che l'attivazione di SIRT1, mediata da CO, diminuiva l'attività trascrizionale di p53 e sopprimeva l'apoptosi cellulare [Kim et al.,2015].

In vitro e in vivo, in modelli animali, l’over-espressione di SIRT1 promuove una down-regulation di p53, il che comporta una down-modulation dell'espressione di geni pro-infiammatori e pro-apoptotici. SIRT1 può dunque essere sfruttato come bersaglio di farmaci antitumorali (Figura 12) [Deng, 2009].

Figura 12. Diminuita espressione di SIRT1 durante l’aging e relative conseguenze.

SIRT1 e FOXO

La famiglia FOXO (Forkhead box type O) è formata da 4 proteine (FOXO1-4) coinvolte in varie funzioni cellulari, quali la risposta allo stress ossidativo e la preservazione delle funzioni cellulari durante l’aging e le patologie correlate all'età. Le FOXO sono per la maggior parte espresse nel citoplasma e traslocano nel nucleo in seguito ad uno stress cellulare. L’aumento di espressione di SIRT1 provoca la deacetilazione del fattore trascrizionale FOXO1, in un meccanismo NAD+-dipendente, con conseguente incremento dell’espressione di geni coinvolti nella resistenza allo stress, ad esempio la manganese superossido dismutasi

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(MnSOD) e protegge il cuore dal danno da I/R, rallentando il ciclo cellulare e inibendo l’apoptosi [Hsu et al., 2010]. Inoltre l'acetilazione delle FOXO, mediata da SIRT1, può attenuare l'atrofia muscolare [Wątroba et al., 2012].

Nella condizione di ischemia/ipossia, SIRT1 può regolare l'attivazione e la traslocazione dal nucleo al citoplasma di FOXO1 per controllare lo stress ossidativo (Figura 13), la sopravvivenza cellulare e l’autofagia, che svolge un ruolo protettivo [Meng et al., 2017].

Figura 13. Deacetilazione di FOXO1 da parte di SIRT1.

L’isoforma FOXO1 è coinvolta inoltre nel meccanismo di trasduzione intracellulare dell’insulina. L’attivazione di FOXO1 e la sua traslocazione al citoplasma, inibisce l'attivazione degli enzimi gluconeogenici e favorisce l'attivazione dei geni coinvolti nella glicolisi quali la glucosio-6-fosfatasi [Tadahiro et al., 2002]. In condizioni di digiuno prolungato o di CR, l'iper-espressione e l’attivazione di SIRT1 inducono la deacetilazione di FOXO1, che ritorna nel nucleo favorendo la gluconeogenesi e inibendo la glicolisi. Pertanto, è fondamentale il ruolo di SIRT1 nella regolazione del metabolismo energetico cellulare.

SIRT1 e PGC-1α

Il fattore PGC-1α (PPARγ co-activator 1α) è un coattivatore trascrizionale di recettori nucleari che induce la biogenesi dei mitocondri ed è coinvolto nella regolazione del metabolismo glucidico e lipidico (Figura 14) [Rodgers e Puigserver, 2007]. Grazie alla deacetilazione di PGC-1α, SIRT1 reprime la glicolisi, favorisce la gluconeogenesi e incrementa l’output di glucosio epatico [Lagouge et al., 2006].

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Figura 14. Deacetilazione di PGC-1α da parte di SIRT1.

Il danno da ischemia/ipossia può determinare il rilascio di ROS. L'iperproduzione di queste sostanze causa danno ossidativo alle membrane lipidiche e proteiche e altera la funzione mitocondriale. SIRT1 esplica la sua azione protettiva nell'ischemia attraverso l'attivazione di PGC-1α. Fu e colleghi evidenziarono che l'espressione di PGC-1α e del suo bersaglio SOD, resistente allo stress ossidativo, nel gruppo sperimentale attivato per SIRT1 piuttosto che nel gruppo di controllo. Attraverso i loro studi conclusero che una up-regulation di SIRT1 proteggeva i tessuti contro il danno ischemico, e questa protezione poteva essere ottenuta tramite una up-regulation SIRT1-dipendente dell'espressione di PGC-1α [Fu et al., 2014].

SIRT1 e NF-κB

Il fattore nucleare κB, è un complesso proteico dimerico di trascrizione, che regola l’espressione di geni coinvolti in importanti processi cellulari, inclusa la risposta immunitaria ed infiammatoria, la proliferazione e il differenziamento cellulare, l'angiogenesi e l'apoptosi. Uno dei principali meccanismi di inattivazione di NF-κB è la deacetilazione che avviene tramite un'azione selettiva da parte di SIRT1. Oltre a bloccare la proliferazione cellulare, SIRT1 agendo su NF-κB, sensibilizza le cellule all’apoptosi indotta dal TNF-α. Nelle microglia NF-κB è coinvolto nella morte neuronale indotta dal peptide β-amiloide, il quale causa il morbo di Alzheimer. SIRT1 può dunque giocare un ruolo neuroprotettivo inattivando NF-κB [Chen et al., 2005].

In condizioni di ischemia/ipossia i ROS e le specie reattive dell'azoto (RNS) portano ad un profondo stress ossidativo da parte dell'organismo; l'attivazione di

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SIRT1 può inibire l'espressione di NF-κB, bloccando il processo di infiammazione, e proteggendo le cellule dal danno da ischemia/riperfusione.

L’antagonismo tra SIRT1 e la via di trasduzione di NF-κB è evidente in molte patologie infiammatorie e nell’aging (Figura 15) [Zhang et al., 2010; Schug et al., 2010].

Figura 15. Effetto di NF-kB sulle patologie legate all'età ed inibizione da parte di SIRT1.

1.5.3 SIRT1 e l’aging

L'espressione di SIRT1 decresce con l'età e questo fenomeno aumenta il rischio di sviluppo di patologie da parte dei tessuti senescenti [Quintas et al., 2012; Gano et al., 2014; Lim et al., 2012; Gong et al., 2014].

I ruoli pleiotropici di SIRT1 nelle cellule fanno di questo enzima un essenziale marker proteico sia nell’aging sia in differenti patologie, quali quelle metaboliche (diabete e obesità), neurodegenerative, cardiovascolari ed alcuni tipi di cancro (Figura 16) [Nakagawa e Guarente, 2011].

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20 Figura 16. Principali disturbi legati all'età che si manifestano per riotta espressione di SIRT1.

1.5.4 SIRT1 e le patologie metaboliche

Una prima indicazione che SIRT1 potesse essere rilevante nelle patologie legate al metabolismo, si ebbe con la scoperta chela CR innescava un incremento SIRT1-dipendente di PGC-1α, coinvolto nella biogenesi mitocondriale a livello muscolare [Nisoli et al., 2005], e attivava l’ossidazione degli acidi grassi (mediata da SIRT1) e il recettore della proliferazione perossisomale α (PPAR-α) [Purushotham et al., 2009], la cui azione è responsabile del ridotto declino aging-related. È stato dimostrato che la somministrazione orale di composti attivanti SIRT1 mitiga gli effetti pro-diabetici di una dieta ad alto contenuto di grassi senza importanti effetti tossici, risultato che suggerisce che l’attivazione di questo enzima possa avere azione anti-diabetica non farmacologicamente dannosa. Questa ipotesi fu confermata attraverso l’impiego del polifenolo naturale Resveratrolo (Res) [Baur et al., 2006; Lagouge et al., 2006] ed in seguito di composti sintetici attivanti più selettivi [Milne et al., 2006]. Il diabete mellito di tipo II è una tra le più

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diffuse patologie metaboliche aging-correlate, interessa il 90% dei casi ed è tipico dell’età matura (Figura 17).

Figura 17. Inibizione nella progressione età-correlata del Diabete mellito di tipo II tramite

attivazione di SIRT1.

Studi recenti hanno evidenziato che SIRT1 esercita la sua azione anche sull’ipotalamo regolando l'appetito ed il consumo energetico [Ramadori et al., 2010; Satoh et al., 2010]. In ogni caso, è chiaro che una overespressione di SIRT1 determina un fattore preventivo per il diabete. In altri modelli, emergeva una protezione contro il declino metabolico indotto dal normale aging [Banks et al., 2008; Pfluger et al., 2008]. In più, l’attivazione di SIRT1 è associata a cambiamenti nei meccanismi di trascrizione del genoma, normalmente indotti dalla CR [Barger et al., 2008; Smith et al., 2009]. Questi studi hanno contribuito a mettere in evidenza il ruolo centrale di SIRT1 nel promuovere il raggiungimento di un cosìddetto "fitness metabolico". Appare così attendibile l’ipotesi iniziale secondo cui composti attivanti SIRT1 operino l’attivazione in vivo (sia direttamente che indirettamente), e che questa possa proteggere anche da altre patologie connesse all’aging [Herranz et al., 2010].

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1.5.5 SIRT1 e le patologie neurodegenerative

Gli effetti neuroprotettivi di SIRT1 sono stati dimostrati in numerosi modelli di lesioni traumatiche cerebrali, danno ischemico (ischemic stroke) e in diversi disordini neurodegenerativi. Il danno ischemico a livello cerebrale spesso conduce ad esiti infausti se non trattato in un breve intervallo di tempo [Dasuri et al., 2013; Raval et al., 2008]. Il precondizionamento ischemico (IPC) costituisce una solida strategia nella protezione neuronale da un’ischemia letale, come anche il pretrattamento con il polifenolo naturale Res [Raval et al., 2006; Endres et al., 1997]. Il danno da ischemia cerebrale conduce ad apoptosi delle cellule cerebrali con conseguente deplezione del NAD⁺ intracellulare; dunque un rifornimento di NAD⁺ può ridurre il danno ischemico [Wang et al. 2008]. L'Ischemic stroke è una patologia cerebrovascolare che porta a morte o disabilità ed è maggiormente diffusa tra le persone anziane [Feigin et al., 2009]. Il ruolo di SIRT1 in questa condizione patologica è stato dimostrato su ratti sottoposti a due regimi alimentari diversi. In particolare, un gruppo è stato sottoposto ad una dieta "ad libitum" (AL) e l’altro ad una CR. Tutti i ratti sono stati sottoposti ad una ischemia temporanea, mediante occlusione dell'arteria cerebrale, per riprodurre l’ischemic stroke. Dopo questo periodo di ischemia l'espressione di SIRT1 nel gruppo AL era diminuita, mentre nel gruppo CR risultava aumentata significativamente e, in questo secondo gruppo, il volume delll'area cerebrale infartuata era minore [Ran et al., 2015]. Poiché l'espressione di SIRT1 diminuisce nei cervelli senescenti e l'incidenza dell'ictus ischemico è più alta tra gli anziani, SIRT1 potrebbe essere coinvolto nel processo di Ischemic Stroke e svolgere un'azione protettiva.

Gli effetti protettivi di SIRT1 sono esplicati soprattutto anche in patologie neurodegenerative che insorgono con l'età, quali il morbo di Alzheimer, il Parkinson, il morbo di Huntington, la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e la sclerosi multipla. Dal momento che la vita media dell’uomo è in continua e lenta crescita, le patologie neurodegenerative costituiscono un serio ostacolo per l’aging, infatti è stato stimato che il morbo di Alzheimer da solo colpirà un terzo della popolazione di persone longeve [Haass et al., 2007]. Lo stress neuronale è mitigato da una over-espressione di SIRT1, infatti, un incremento di SIRT1 nel cervello ha dimostrato di poter ridurre il peso del peptide β-amiloide in topi che over-esprimono quei geni umani predisponenti ad un Alzheimer prematuro

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[Donmez et al., 2010]. Nei suddetti topi, che overesprimono il peptide β-amiloide, il livello delle placche è ridotto se anche SIRT1 risulta overespresso.

1.5.6 SIRT1 e l’angiogenesi

Un cuore adulto è capace di andare incontro ad ipertrofia in risposta ad un aumento del carico di lavoro cardiaco. Questa risposta adattativa costituisce un meccanismo a breve termine per ridurre l’affaticamento a livello della parete ventricolare e migliorare la funzionalità cardiaca. Prolungando la durata dello stress, si assiste ad un’inversione del processo che diventa negativo, arrivando ad ottenere morte dei miociti, fibrosi, dilatazione ventricolare e il passaggio ad un’ipertrofia infausta, che può condurre ad insufficienza cardiaca. Il venir meno del coordinamento tra crescita del muscolo cardiaco e angiogenesi coronarica provoca stress ossidativo, che contribuisce al passaggio dall'ipertrofia cardiaca adattativa alla ipertrofia patologica ed infine all’insufficienza cardiaca [Shiojima et al., 2005]. SIRT1 è stato identificato come un regolatore critico nel determinare l’insorgenza dell’angiogenesi durante la crescita vascolare [Potente et al., 2007] ed una riduzione della sua espressione causa una quasi totale perdita di questa attività in vitro. Inoltre a livello endoteliale una ridotta espressione di SIRT1 ha mostrato una diminuita capacità di formare nuovi vasi sanguigni nei tessuti ischemici, suggerendo che un aumento nell’attivazione di SIRT1 è necessario per promuovere l’angiogenesi compensatoria, mentre una sua riduzione causa incremento del danno ossidativo al miocardio.

SIRT1 riveste un ruolo importante anche nel mantenere l’omeostasi delle cellule endoteliali. L’endotelio ricopre la superficie interna dei vasi sanguigni ed un suo malfunzionamento è accompagnato da un aumento nella permeabilità cellulare, apoptosi ed infiammazione conducendo infine alla formazione di placche [Goligorsky, 2005]. L’ossido nitrico (NO) sintetizzato dalle cellule endoteliali ha un'azione vasodilatante ed esplica effetti ateroprotettivi. Questo gas endogeno è prodotto dall’ossidonitrico-sintetasi endoteliale (eNOS), che è un target di SIRT1. La sirtuina con la sua azione deacetilasica stimola l'attività di eNOS, aumentando la sintesi di NO e promuovendo quindi l'effetto vasodilatante. Una inibizione

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dell’enzima bloccherebbe la vasodilatazione endotelio-dipendente (Figura 18) [Mattagajasingh et al., 2007]. Conseguentemente, l’attivazione di SIRT1 è associata ad un decremento dell’aterosclerosi [Zhang et al., 2008].

Figura 18. Azione di SIRT1 sulla eNOS.

1.5.7 SIRT1 e l'aterosclerosi

La disfunzione endoteliale è caratterizzata da un'alterazione nel processo vasodilatante endotelio-dipendente e rappresenta uno dei principali step nella patogenesi dell'ateroclerosi [Gimbrone et al., 2016]. I meccanismi noti dell'aterosclerosi, riferiti ad una disfunzione endoteliale, includono anch'essi una debole produzione di NO da parte di eNOS e difetti nella sue vie di segnalazione a valle, un aumento dello stress ossidativo, infiammazione e un meccanismo autofagico danneggiato [Donato et al., 2015]. Precedenti studi hanno mostrato inoltre che l'autofagia nei monociti/macrofagi svolge un ruolo cruciale nella patogenesi dell'aterosclerosi, riducendo lo stress ossidativo e l'infiammazione. L’aging cellulare è strettamente correlato al danno vascolare causato dall'indebolimento nella funzione di eNOS, dall'infiammazione, dallo stress ossidativo e da una alterazione del processo autofagico nelle cellule vascolari [Seals et al., 2011; El Assar et al., 2013]. SIRT1 è ampiamente espresso nelle cellule endoteliali e regola la funzione angiogenetica durante la crescita vascolare [Potente et al., 2007] e la produzione di NO da parte di eNOS. In aggiunta, una ridotta espressione di SIRT1 facilita l’aging delle cellule endoteliali [Orimo et al., 2009; Ota et al., 2010; Zu et al., 2010]. Donato e il suo team, riconobbero che l'espressione di SIRT1 è ridotta nelle cellule endoteliali ottenute da arterie di adulti più anziani (over 65), rispetto a campioni di adulti di circa 25 anni di età [Donato et al., 2011]. Nelle cellule vascolari, è stata osservata una ridotta espressione o

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attività di SIRT1 associata all'aging, che può contribuire allo sviluppo naturale di disfunzione vascolare.

Badi e il suo gruppo di ricerca hanno dimostrato una elevata espressione di miR-34a in campioni di aorta isolati da topi senescenti; una downregulation di SIRT1 da parte di miR-34a promuove l’aging e l'infiammazione [Badi et al., 2015]. Tuttavia, precendenti studi, hanno mostrato che una ridotta espressione di SIRT1 in monociti isolati da soggetti umani, può essere correlata ad una infiammazione sistemica, o probabilmente a carico delle pareti vascolari, che contribuisce all'aterosclerosi. Questi dati indicano che una ridotta espressione di SIRT1 nelle cellule vascolari e nei monociti/macrofagi contribuisce alla patogenesi dell'aterosclerosi ed è associata all’aging vascolare. Gli effetti protettivi di SIRT1 contro l'aging vascolare e l'aterosclerosi, sono supposti intervenire incrementando la produzione di NO, l'attività antinfiammatoria, lo stress ossidativo e l'autofagia (Figura 19).

Figura 19. Ruolo di SIRT1 dell’aging cellulare e nell'aterosclerosi.

Oltre all'azione su eNOS da parte di SIRT1, anche 'attivazione del fattore nucleare NF-κB nelle cellule endoteliali e immunitarie svolge un ruolo cruciale nei processi infiammatori che si sviluppano durante l’aging vascolare e l'aterosclerosi. SIRT1 può regolare negativamente l'attività di NF-κB deacetilando la subunità p56 (Figura 20). Ridotti livelli di SIRT1 portano ad una upregulation di NF-κB acetilato, determinando aumentate risposte infiammatorie da parte degli adipociti [Yoshizaki

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et al., 2009], di monociti/macrofagi [Yoshizaki et al., 2010; Rajendrasozhan et al., 2008], di cellule mieloidi [Shcug et al., 2010], di cellule endoteliali [Stein et al., 2010] e di microglia [Chen et al., 2005]. Una upregulation di SIRT1 (sia mediante attivatori chimici o una overespressione del gene che codifica per SIRT1), ha mostrato una riduzione nell'infiammazione attraverso la deacetilazione di NF-κB.

Figura 20. Regolazione dell'infiammazione da parte di SIRT1.

Lo stress ossidativo, a sua volta, è stato riconosciuto come uno dei fattori principali causa dell'aging vascolare e dell'aterosclerosi. Lo stress ossidativo è causato da un disequilibrio tra l'overproduzione di ROS da parte di enzimi pro-ossidativi, come gli enzimi implicati nella respirazione mitocondriale, e l'inattivazione di molecole anti-ossidanti, come ad esempio le SOD. Infiammazione e stress ossidativo sono strettamente collegate, dando così origine ad un circolo vizioso nel processo di aging ed aterosclerosi [El Assar et al., 2013].

1.6 SIRT1 e le patologie cardiovascolari età-correlate

Molti studi hanno evidenziato l’importanza delle sirtuine nel migliorare la funzionalità e la sopravvivenza degli organi a seguito di un danno ai tessuti [Sundarsen et al., 2009]. SIRT1 endogeno svolge un ruolo cruciale nel mediare la morte/sopravvivenza cellulare ed è implicato nella patogenesi dell'insufficienza cardiaca; gli effetti benefici di SIRT1 contro lo stress ossidativo e l’aging del muscolo cardiaco sono stati investigati usando topi transgenici con una specifica over-espressione di SIRT1 [Alcendor et al., 2007]. L'equilibrio tra sopravvivenza/crescita e morte cellulare nei cardiomiociti svolge un ruolo centrale nella funzione cardiaca e nelle patologie cardiovascolari [Nadal-Ginard et al., 2003].

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SIRT1 è espresso prevalentemente nei cardiomiociti, dove regola positivamente l'espressione di proteine anti-apoptotiche e negativamente l'espressione di quelle pro-apoptotiche [Hsu CP et al.,2010]. La diminuzione dell'attività di SIRT1 induce la morte dei cardiomiociti in alcune condizioni fisiologiche e patologiche, tra cui l’aging [Zhang et al., 2003].

I cuori senescenti sono caratterizzati da un aumentato volume dei miociti, proliferazione dei loro nuclei, aumento di apoptosi e necrosi, e fibrosi interstiziale (Figura 21) [Kajstura et al., 1996].

Figura 21. Effetti dell’aging sul muscolo cardiaco e possibili target enzimatici che possono essere

sfruttati per contrastarli: SIRT1.

In aggiunta, i meccanismi di protezione cellulare, come la produzione di antiossidanti e di proteine di shock termico, sono attenuati nei cuori senescenti [Takahashi et al., 1992]. Il cuore è uno degli organi che più evidentemente mostra una delezione di DNA e disfunzione mitocondriale associata all'aging [Judge et al., 2007]. L'intervento terapeutico per ritardare l’aging dovrebbe diminuire l'accumulo di miociti senescenti e la morte cellulare, portando alla prevenzione delle patologie cardiovascolari negli adulti.

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Nel cuore, in particolare, l'autofagia agisce come un meccanismo di controllo-qualità delle proteine mal-ripiegate o modificate sfavorevolmente e di organelli disfunzionanti ed è implicata in diverse importanti fisiopatologie, inclusa l'ipertrofia cardiaca [Dammrich et al., 1983], cardiomiopatia [Nishino et al.,2000], ictus cardiaco [Nakai et al., 2007] e infarto miocardico [Hamacher-Brady et al., 2006]. L’autofagia è quindi un importante meccanismo per la degradazione di masse cellulari, che si verifica con tre possibili processi: la microautofagia, l’autofagia chaperone-mediata (CMA) e la macroautofagia (Figura 22). Quest’ultima prevede la formazione di un autofagosoma, una vescicola delimitata da un doppia membrana, che si fonde ai lisosomi per la degradazione degli scarti cellulari inglobati; è la più studiata e spesso ci si riferisce a questo meccanismo semplicemente come “autofagia” [Mizushima et al, 2010].

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L'autofagia è attivata in uno stato di carenza nutrizionale ed energetica e permette l'adattamento ai nutrienti e la privazione di ossigeno durante l'ischemia miocardica e media la morte cellulare durante la riperfusione [Matsui et al., 2007]. La carenza di nutrienti induce l’attivazione di SIRT1 che a sua volta stimola l’autofagia nei cardiomiociti e deacetila il fattore FOXO1, upregolando in tal modo le proteine richieste per l’autofagia, come la proteina Rab7 [Hariharan et al., 2010] e alcune proteine Atg, nonché attraverso la stimolazione di AMPK [Fulco et al., 2008; Matsui et al., 2007]. Da notare, comunque, che un’eccessiva attivazione dell’autofagia durante la fase di riperfusione può esacerbare il danno miocardico.

1.6.1 SIRT1 e l'insufficienza cardiaca o HF (Heart failure)

L' HF aumenta significativamente con l'avanzare dell'età [Mozaffarian et al., 20015].

E' causata da quasi tutte le patologie che coinvolgono il muscolo cardiaco, incluso infarto del miocardio, ipertensione, disfunzione delle valvole cardiache, cardiomiopatia ed aritmie, ed è una delle principali cause di morte in tutto il mondo. Questi disturbi cardiaci frequentemente provocano dilatazione del ventricolo sinistro e ipertrofia, che si riferiscono ad un rimodellamento ventricolare e contribuiscono allo sviluppo di una performance cardiaca depressa (Figura 23) [Pfeffer et al., 1990].

Figura 23. Rappresentazione di cuore affetto da insufficienza cardiaca e conseguenze anatomiche

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I meccanismi che determinano questo processo sono mediati da uno stress emodinamico, come anche dall'attivazione di fattori neuroumorali, incluso il sistema nervoso, il sistema renina-angiotensina e i ROS. Le Sirtuine si sono dimostrate ampiamente coinvolte nel rimodellamento cardiaco e nell'HF.

Diversi studi hanno esaminato gli effetti del Resveratrolo, noto attivatore di SIRT1, indicando che una upregulation dell'enzima costituisce un meccanismo protettivo nello stadio primario di HF. L'attivazione di SIRT1 può dunque portare beneficio a tessuti in HF [Mu et al., 2014]. Da uno studio risalente al 2014 [Lu et al., 2014], fu dimostrato che l'espressione di SIRT1 diminuiva in cuori di pazienti anziani affetti da HF e la funzione sistolica del ventricolo sinistro subiva un declino nei topi più vecchi. Gu e colleghi dimostrarono che un'overespressione di SIRT1 promuoveva funzioni cardiache incrementate e una ridotta mortalità. La downregulation di SIRT1, associata all'aging, accelera invece il processo di HF [Gu et al., 2014]. Studi recenti hanno messo in evidenza che elevati livelli di SIRT1 determinano una significativa azione cardioprotettiva ed hanno un importante ruolo nella sopravvisenza di cuori HF [Xiaofei et al., 2017].

1.6.2 SIRT1 e la malattia coronarica (CHD)

Come già affermnato, l’aging è uno dei fattori di rischio per quanto concerne le patologie vascolari [Odden et al., 2013]. Durante l’aging si sviluppano cambiamenti sia strutturali che funzionali nella vascolarizzazione, come ad esempio un aumento dell'apoptosi endoteliale e dell'espressione di molecole infiammatorie e un aggravamento dello stress ossidativo. Differenti studi hanno evidenziato come l'attivazione di SIRT1 possa determinare beneficio a vari processi patofisiologici che coinvolgono l’aging vascolare [Wang et al., 2013]. Un'ulteriore informazione per quanto riguarda l'enzima SIRT1 risale ad uno studio del 2014 [Thompson et al., 2014], secondo il quale SIRT1 è associata alla capacità delle cellule della muscolatura liscia di proliferare, e questo è un processo essenziale per il mantenimento della riparazione vascolare, specialmente nella formazione dell'ateroscelrosi. Nel corso di CHD ciò che si verifica è una downregulation in SIRT1, associata inoltre ad una diminuita espressione età-correlata.

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1.6.3 SIRT1 e il danno da ischemia-riperfusione (I/R)

I/R è la principale causa di danno miocardico e costituisce una seria minaccia alla vita in ambito clinico [Matsushima e Sadoshima., 2015]; in pazienti post-infarto al miocardio (MI), il danno da I/R è causa di rimodellamento e scompenso cardiaco [Yang et al., 2010]. Interventi per prevenire il danno da I/R sono dunque potenti mezzi per ridurre la mortalità in pazienti post MI.

Da studi condotti sulle sirtuine è emerso che SIRT1, in particolare, può essere efficientemente implicato nella gestione e nella prevenzione di questo tipo di lesione [Hsu et al., 2010; Nadtochiy et al., 2011]. SIRT1 è supposto possedere un effetto benefico contro il danno da I/R, infatti alterazioni a carico dei livelli di espressione di SIRT1 nei cardiomiociti si sono rivelate capaci di incidere sul danno miocardico e la funzionalità cardiaca dopo I/R. Il danno da I/R è associato ad una riduzione dell’mRNA e delle proteine correlate a SIRT1, nonchè una riduzione dell’espressione dello stesso SIRT1 nel cuore. Come conseguenza si assiste ad un aumento del processo apoptotico e del danno miocardico risultante. Usando topi transgenici con una specifica overespressione cardiaca di SIRT1, Hsu e colleghi dimostrarono una significativa riduzione dell’apoptosi e delle dimensioni delle aree miocardiche infartuate, nonchè un miglior recupero funzionale in seguito a riperfusione in cuori isolati. Gli effetti osservati derivano da una upregulation di molecole cardioprotettive, antiossidanti, come ad esempio la MnSOD e una downregulation di molecole pro-apoptotiche, innescata da FOXO1 [Hsu et al., 2010].

Il danno da I/R transita attraverso una così detta "decisione mitocondriale". I mitocondri sono la sede della fosforilazione ossidativa, processo fondamentale per la formazione di ATP. Il ridotto apporto sanguigno coronarico conduce a morte cellulare e perdita della popolazione di cardiomiociti, portando spesso a conseguenze irreversibili sulla funzionalità miocardica [Lloyd-Jones et al., 2010]. L’ischemia, o ipossia, induce nel muscolo cardiaco una rapida diminuzione della concentrazione di ATP nei cardiomiociti, che, per sopravvivere in queste condizioni, spostano il loro metabolismo da aerobico (ossidazione degli acidi grassi) ad anaerobico (glicolisi); questo causa un aumento metabolico di acido lattico e successiva acidificazione del pH intracellulare. La diminuita concentrazione di ATP comporta una inibizione della pompa Na+/K+/ATPasi e il

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conseguente aumento di [Na+] intracellulare. Successivamente anche il sistema di antiporto Na+/H+ è inibito, così da determinare un ulteriore abbassamento del pH. In ultima istanza l'antiporto Na+/Ca2+ inizia a funzionare in senso opposto, determinando un sovraccarico di [Ca2+] intracellulare, che comporta una azione ipercontratturante (Figura 24), che contribuisce alla successiva apertura dei pori di permeabilità mitocondriale (mPTP) durante la riperfusione, dai quali segue il rilascio di citocromo-C, che innesca apoptosi nei cardiomiociti [Halestrap et al., 1998]. Durante l'episodio ischemico, la concentrazione citosolica di ROS inizialmente aumenta leggermente, mentre dopo 20-25 minuti subisce un drammatico incremento. La deplezione di ATP, insieme con l'elevata [Ca2+] intracellulare e i ROS, porta ad un graduale ed irreversibile declino dell'integrità cellulare [Halestrap et al., 1998; Halestrap et al., 2004; Solaini e Harris, 2005].

Figura 24. Meccanismi coinvolti nel processo di Ischemia/Riperfusione.

La strategia più efficace per ridurre il danno ischemico è intervenire con una rapida riperfusione. L'inizio della riperfusione è associato ad un'interruzione nella

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produzione di ROS. Le proteine mitocondriali sono molto suscettibili ai danni indotti dai ROS: i radicali infatti hanno effetti diretti sulla respirazione e svolgono un ruolo centrale nell'apertura di mPTP [Halestrap et al., 1998; Halestrap et al., 2004; Solaini e Harris, 2005; Di Lisa e Bernardi, 2006; Pacher et al., 2006]. Gli mPTP sono dei pori ad elevata conduttanza, situati tra la membrana mitocondriale interna ed esterna, che permettono la connessione tra citoplasma e matrice mitocondriale [Hunter et al., 1976]. Durante l'ischemia mPTP è chiuso, a causa del basso pH intracellulare [Halestrap AP, 1991]. Una rapida riperfusione rifornisce le cellule cardiache di ossigeno e carburante, inclusi glucosio e acidi grassi, cosicché il rapido apporto energetico al mitocondrio promuove un ulteriore incremento dell'uptake di Ca2+, previamente accumulato nel citosol. Questo fenomeno, insieme all'aumento della produzione di ROS, promuove l'apertura di mPTP [Skyschally et al., 2008; Kim et al., 2006; Kimura et al., 1992]. L'apertura di un singolo poro è sufficiente a causare una immediata depolarizzazione [Scorrano et al., 1997]. Come conseguenza all'apertura di mPTP tutte le molecole a basso peso molecolare si equilibrano attraverso la membrana interna mentre le molecole di più elevate dimensioni rimangono nella matrice mitocondriale, esercitando così una forte pressione osmotica che porta ad uptake di acqua e rigonfiamento della matrice [Ryu et al., 2010; Zoratti et al., 2005]. Sebbene lo svolgimento delle creste permetta alla matrice di espandersi senza che si abbia rottura della membrana interna, quella esterna invece si rompe, liberando proteine pro-apoptotiche, confinate nello spazio intermembrana, come ad esempio il citocromo-c (Figura 25) [Bernardi P, 1999; Doran e Halestrap, 2000; Martinou e Green, 2001].

La riperfusione stessa è dunque causa di un danno addizionale e se i cardiomiociti sopravvivono, sia lo stress ossidativo che lo stress sul reticolo endoplasmatico inducono malfunzionamento cellulare; così I/R è causa di un danno irreversibile del muscolo cardiaco e porta a rimodellamento e HF, caratterizzati da dilatazione ventricolare e ridotta forza contrattile.

Una possibile strategia per contrastare l'aumento di [Ca2+] nella matrice mitocondriale è quella di intervenire sui canali del potassio (K+) per promuovere una depolarizzazione di membrana tale da contrastare l'aumentato uptake di Ca2+ e di conseguenza l'innesco del processo apoptotico. Tra le numerose vie di segnalazione coinvolte nel meccanismo di cardioprotezione mitocondriale un ruolo importante è svolto dai canali del potassio collocati nella membrana interna dei

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mitocondri (mitoK). In condizioni normali la membrana mitocondriale interna è quasi del tutto impermeabile al K+ e l'ingresso dello ione nella matrice mitocondriale è facilmente contrastato da un sistema di antiporto K+/H+. Al contrario, durante l'ischemia, l'apertura dei canali mitoK causa un significativo influsso di K+, con diffusione di acqua e uptake di anioni, con conseguente espansione della matrice. Questo fenomeno assicura il mantenimento di una bassa permeabilità della membrana esterna per i nucleotidi e la creazione di un gradiente favorevole per la sintesi di ATP e il suo trasferimento al citoplasma [Garlid KD, 2000]. Inoltre l'apertura dei canali mitoK produce una blanda depolarizzazione del potenziale di membrana (mild depolarization), che determina un ridotto uptake di Ca2+ e quindi una minore probabilità di formazione di mPTP (Figura 25) [Hausenloy et al., 2005].

Figura 25. Meccanismo successivo all’apertura dei canali mitoK e conseguente effetto

cardioprotettivo.

Attualmente, a livello cardiaco, sono stati riconosciuti diversi tipi di canali mitoK, come quelli ATP-sensibili (mitoKATP), i canali del potassio attivati da Ca2+ (mitoSKCa e mitoBKCa) e, più recentemente, i canali del potassio voltaggio operati 7.4 (mitoKv7.4) [Testai et al., 2016].

La disfunzione mitocondriale, tipica dell'avanzare dell'età e che coinvolge il trasporto di elettroni o la fosforilazione ossidativa, è strettamente coinvolta con l'aumentata suscettibilità al danno ischemico. I difetti mitocondriali età-correlati sono riflessi di una parziale depolarizzazione di membrana e un aumentata probabilità di apertura di mPTP [Di Lisa e Bernardi, 206; Navarro e Boveris, 2007]. Diversi studi hanno suggerito che le vie di segnalazione cardioprotettive, che

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agiscono tramite i mitoKATP, sono compromesse con l’aging [Tricarico e Camerino, 1994; Tani et al., 2001]. Risultati simili sono stati ottenuti anche utilizzando su cuori senescenti molecole in grado di promuovere l'apertura dei canali mitoBKCa. Nei mitocondri isolati da cuori di ratti invecchiati, Heinen e colleghi hanno osservato inoltre che la stimolazione farmacologica dell'apertura di mitoBKCa era inefficace sui parametri respiratori, suggerendo la possibilità di una diminuita sensibilità o densità dei mitoBKCa causata dall'aging [Heinen et al., 2008].

1.7 Approcci per incrementare l'espressione o l'attività di

SIRT1

Gli effetti protettivi imputati a SIRT1 hanno condotto alla ricerca di potenziali attivatori dell’enzima in questione. Tali molecole potrebbero contribuire alla prevenzione delle malattie citate sopra e all’estensione della durata della vita. L’attività di SIRT1 può essere infatti modulata attraverso cambiamenti nei suoi substrati diretti o inducendo possibili interazioni con altre proteine.

La CR, IPC e il Res si sono dimostrati capaci di svolgere un ruolo protettivo in differenti condizioni, attravero una upregulation dell’attività di SIRT1 (Figura 26). In particolare, mentre Res agisce come noto attivatore dell’enzima, influenzando positivamente la sua attività, CR e IPC sembrano avere un'azione positiva maggioremente indirizzata sulla regolazione della sua espressione [Xiaofei et al., 2016].

Figura 26. Principali approcci terapeutici per influenzare l'attività o l'espressione di SIRT1:

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1.7.1 Restrizione calorica (CR)

Differenti studi hanno riconosciuto che CR incrementa la longevità nel lievito, nel moscerino della frutta, nei mammiferi e nella specie Caenorhabditis elegans [Rogina et al., 2002; Lakowski e Hekimi, 1998]. SIRT1 è coinvolta nel processo anti-aging, ma se ci sia una relazione diretta tra SIRT1/Sir2 e CR ancora non è chiaro. Attraverso uno studio condotto da Cohen ed il suo team è stato osservato che, comparata con i tessuti di ratti sottoposti ad una dieta ad libitum (AL), l’espressione di SIRT1 era maggiore in un gruppo sottoposto a CR [Cohen et al., 2004]. Tuttavia il meccanismo di attivazione di SIRT1 mediante CR rimane ambiguo.

SIRT1 è una istone-deacetilasi che richiede NAD+ per la reazione di deacetilazione [Rehan et al., 2014]. Quando vengono ristrette le calorie, nei mitocondri, tramite la respirazione cellulare vengono ossidati più atomi di carbonio, e viene così prodotto NAD+ a partire da NADH [Guarente 2000]. NADH, inibitore competitivo di SIRT1, in condizioni di CR subisce un significativo decremento, come conseguenza della upregulation della respirazione mitocondriale [Lin et al., 2004]. All’aumentare del rapporto NAD+/NADH l’attività di SIRT1 subisce a sua volta una upregulation (Figura 27).

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La nicotinammide e la biotina, che sono due noti inibitori di SIRT1 [Xu et al., 2013], sono coinvolti nel meccanismo di aumentata attività dell’enzima durante CR. Nel processo di deacetilazione, la nicotinammide può separarsi dal NAD+ e occupare una così detta C-pocket, chè può prevenire la deacetilazione; in più la biotina può legare la nicotinammide sulla porzione che inibisce l’attività di SIRT1. Allo stesso tempo, il metabolita biotinyl-5’-AMP può inibire il consumo di NAD+ da parte di SIRT1 e la sua attività deacetilasica. In condizioni di CR i livelli di nicotinammide e biotina diminuiscono, abolendo così l’azione inibente su SIRT1 e determinando il concreto effetto di SIRT1 nell’aging e nelle patologie età-correlate [Wang 2014]. In conclusione, i pathway molecolari, che possono includere NAD+, NADH, nicotinammide e biotina, sono considerati possibili meccanismi che mediano l’attivazione di SIRT1 durante una situazione di CR.

Shinumura e colleghi studiarono inoltre gli effetti di CR a breve e a lungo termine sulla tolleranza ischemica e IPC in ratti anziani [Shinmura et al., 2005; Shinmura et al., 2008]. Una CR short-term migliorava la funzionalità del ventricolo sinistro sia in ratti giovani che anziani, tramite un aumento della fosforilazione di AMPK. Anche in condizioni di CR long-term vi era un maggior recupero dell’attività ventricolare sinistra ed una riduzione dell’area infartuata dopo I/R. La cardioprotezione indotta da CR long-term era associata ad un aumento del contenuto di SIRT1 nucleare NO-dipendente [Shinmura et al., 2005]. La protezione dal danno da I/R mediata da CR veniva meno in topi SIRT1-/- [Yamamoto et al., 2014]. Analisi sui cambiamenti molecolari nella cardioprotezione da CR rivelano una complessiva riduzione delle proteine mitocondriali acetilate e, coerentemente con il ruolo delle sirtuine, la deacetilazione di specifiche proteine della catena di trasporto degli elettroni preservava l’integrità mitocondriale impedendo l’accumulo tossico di ROS [Shinmura et al., 2015]. SIRT1 esercita i suoi effetti sia a livello della trascrizione che in fase post-traduzionale e contemporaneamente anche la regolazione di questa sirtuina si ha a vari livelli; una modificazione carbonilica durante l’aging ne indebolisce l’azione e causa intolleranza ischemica al miocardio [Gu et al., 2013]. Per chiarire meglio questi fenomeni sono necessari tuttavia molti altri studi.

SIRT1 protegge anche le cellule della muscolatura liscia inibendo l’espressione del recettore per l’angiotensina AT1 [Li et al., 2011; Miyazaki et al., 2008]. Topi AT1 -/- producono più bassi quantitativi di ROS e vivono più a lungo dei topi normali [Benigni et al., 2009]. La prima connessione tra SIRT1 e le cellule endoteliali è

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