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SINTESI DI MATRICI POLIMERICHE A BASE DI ACIDO LATTICO E ε-CAPROLATTONE E LORO IMPIEGO PER LA PREPARAZIONE DI BIONANOCOMPOSITI CON NANOWHISKERS DI CELLULOSA

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN CHIMICA INDUSTRIALE

Curriculum Industriale

CLASSE LM71

Sintesi di matrici polimeriche a base di acido lattico ed

ε-caprolattone e loro impiego nella preparazione di

bionanocompositi con nanocristalli di cellulosa

Relatore: Prof. Giacomo Ruggeri

Controrelatore: Prof. Anna Maria Raspolli Galletti

Candidato: Stefano Chimenti

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Abstract

In the present work, innovative cellulose-based materials were designed by exploiting synthetic or mechanical procedures for the controlled modification of the original structure and thus allowing to obtain defined macromolecular architectures. In this context, cellulose nanowhiskers (CNWs) modification, through covalent bond and/or secondary interactions, was investigated as an efficient and versatile tool for the synthesis of complex structures with biocompatible and biodegradable polymers. In addition, Ring Opening Polymerization (ROP) of cyclic ester, such as L-Lactide and ε-Caprolactone, was exploited as a “key” process for the preparation of macromolecules with well defined composition and functionalities, characterized by high versatility. The selection of both the type of interaction, between polymer matrix and bionanofiller, and the reactive strategy to combine them into the final products was carried out by considering the peculiar feature of both the polymers and the nanowhiskers in terms of structure, molecular mass, functionality and main potential application. Two materials were developed: CNWs functionalized with poly-(ε-caprolactone-b-L-lactide) (P(CL-b-LLA)) block copolymers and poly-(ε-caprolactone-r-L-poly-(ε-caprolactone-b-L-lactide) (P(CL-r-LLA)) statistical copolymers filled with CNWs.

In particular, in the first part of this thesis the surface grafting to approach of P(CL-b-LLA) to CNWs surface, by urethane bond formation, in order to develop an innovative route to functionalize CNWs with biocompatible polymers. The second part of this thesis was dedicated to the dispersion of CNWs into statistical copolymer of CL and LLA, (30/70 molar composition) to obtain a bionanocomposite.

The influence of the bionanofiller on thermal, mechanical and hydrolytic degradation properties of polymer matrix, was determined by DSC, TGA, Stress-Strain and hydrolisis experiments; higher Tg of CL rich domains, higher tensile modulus and lower hydrolytic rates were found.

All the experiments that are described and discussed in the present thesis have been carried out aiming to establish various procedures for the efficient and versatile modification/dispersion of polysaccharides nanofillers in order to obtain, even in perspective, well-defined, fully biocompatible and biodegradable, composite with predictable structures and specific target properties.

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4

1 INTRODUZIONE ... 6

1.1 I BIOMATERIALI E IL LORO IMPIEGO ... 6

1.1.1 MATRICIPOLIMERICHENEIBIOMATERIALI... 8

1.1.2 IBIONANOCOMPOSITI ... 10

1.2 SINTESI DI POLIESTERI: POLIMERIZZAZIONE PER APERTURA D’ANELLO (ROP) ... 12

1.2.1 POLIMERIZZAZIONEPERCOORDINAZIONE-INSERZIONE ... 13

1.2.2 L’ACIDOPOLILATTICO(PLA) ... 16

1.2.3 ILPOLI-Ε-CAPROLATTONE(PCL) ... 17

1.2.4 COPOLIMERITRAΕ-CAPROLATTONEEL-LATTIDEP(CL/LLA) ... 18

1.3 NANOWHISKERS DI CELLULOSA E LORO APPLICAZIONI IN BIONANOCOMPOSITI ... 19

1.3.1 PREPARAZIONEDEINANOWHISKERSDICELLULOSAELOROPROPRIETÀ ... 19

1.3.2 INANOWHISKERSINBIONANOCOMPOSITI ... 22

1.4 SCOPO DELLA TESI ... 23

2 RISULTATI E DISCUSSIONE ... 24

2.1SINTESIDIPCLEPLLA ... 24

2.1.1 SINTESI DI OMOPOLIMERI DI Ε-CAPROLATTONE E L-LATTIDE CON FUNZIONALITÀ OSSIDRILICA TERMINALE ... 25

2.1.2 EFFETTO DELLA CONCENTRAZIONE DI STAGNO OTTOATO E N-BUTANOLO SUL PESO MOLECOLARE ... 31

2.1.3 OSSERVAZIONI FINALI ... 33

2.2 SINTESIDELCOPOLIMEROABLOCCHIPOLI(CL-B-LLA) ... 34

2.2.1 PREPARAZIONE DI P(CL-B-LLA)... 34

2.2.2 OSSERVAZIONI FINALI ... 45

2.3AGGRAFFAGGIODELCOPOLIMEROABLOCCHIP(CL-B-LLA)ALLASUPERFICIEDEI NANOWHISKERSDICELLULOSA. ... 46

2.3.2. DISPERSIONE DEI NANOWHISKERS IN SOLVENTI DIVERSI ... 48

2.3.4. OSSERVAZIONI FINALI ... 62

2.4 SINTESI COPOLIMERO RANDOM P(CL-R-LLA) ... 64

2.4.1PROVEPRELIMINARIDICOPOLIMERIZZAZIONE ... 64

2.4.2SINTESIECARATTERIZZAZIONECOPOLIMERORANDOMP(CL-R-LLA)30/70 ... 69

2.4.3OSSERVAZIONIFINALI ... 74

2.5 DISPERSIONE DEI NANOWHISKERS DI CELLULOSA NEL COPOLIMERO STATISTICO P(CL-R-LLA): EFFETTO DEI NANOWHISKERS SULLE PROPRIETÀ MECCANICHE, TERMICHE E DI DEGRADAZIONE IDROLITICA. ... 74

2.5.1PREPARAZIONEDELBIONANOCOMPOSITOTRAMITESOLUTIONCASTING ... 75

2.5.2INFLUENZADEINANOWHISKERSDICELLULOSASULLEPROPRIETÀMECCANICHEESULLA DEGRADAZIONEIDROLITICA ... 80 2.5.3OSSERVAZIONIFINALI ... 84 3. CONCLUSIONI ... 86 4 PARTE SPERIMENTALE ... 90 4.1 MATERIALI ... 90 4.1.1 MONOMERIENANOWHISKERS ... 90

4.1.2 ALTRIREAGENTIECATALIZZATORE ... 90

(5)

5

4.2.1 SPETTROSCOPIAINFRAROSSA(FT-IR)... 90

4.2.2 GELPERMEATIONCROMATOGRAPHY(GPC) ... 91

4.2.3 RISONANZAMAGNETICANUCLEAREALPROTONE(1H-NMR) ... 91

4.2.4 ANALISITERMOGRAVIMETRICHE(TGA) ... 91

4.2.5 CALORIMETRIAASCANSIONEDIFFERENZIALE(DSC) ... 92

4.2.6 DEGRADAZIONEIDROLITICA ... 92

4.2.7 PROVEDITRAZIONEALDINAMOMETRO ... 93

4.3 PROCEDURE SPERIMENTALI ... 94

4.3.1 SINTESIDIPCLEPLLA ... 94

4.3.2 SINTESICOPOLIMEROABLOCCHI P(CL-B-LLA) ... 95

4.3.2.2 SINTESISEQUENZIALE ... 96

4.3.3 PROCEDURADIDISPERSIONEDEINANOWHISKERSINSOLVENTIDIVERSI ... 97

4.3.4 FUNZIONALIZZAZIONEDELLATERMINAZIONEOSSIDRILICADELCOPOLIMEROABLOCCHI P(CL-B-LLA)CON2,4-TOLUENDIISOCIANATOESUCCESSIVOAGGRAFFAGGIOSUINANOWHISKERS 98 4.3.5 SINTESICOPOLIMERORANDOMP(CL-R-LLA) ... 99

4.3.5.1 PROVEPRELIMINARI. ... 99

4.3.5.2 SINTESICOPOLIMERORANDOMP(CL-R-LLA)30/70 ... 100

4.3.6 PREPARAZIONEDEIBIONANOCOMPOSITITRAMITESOLUTIONCASTING ... 100

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6

1 INTRODUZIONE

1.1

I biomateriali e il loro impiego

I biomateriali sono materiali di origine naturale o artificiale che sono usati per sostituire, in maniera provvisoria o permanente, le funzionalità in vivo dei tessuti del corpo umano. La medicina oggigiorno utilizza molti dispositivi e impianti di questo tipo. Biomateriali nella forma di impianti (suture, piatti ossei, legamenti, innesti vascolari, valvole per il cuore, lenti intraoculari, impianti dentali etc.) e dispositivi medici (pacemaker, biosensori, cuore e vasi artificiali ) sono ampiamente utilizzati per la sostituzione e/o la rigenerazione le funzioni di organi o tessuti traumatizzati o deformati al fine di favorirne la guarigione, il miglioramento delle funzioni vitali, la correzione delle disfunzioni e perciò garantire un miglioramento della vita del paziente. Ci si aspetta che i biomateriali siano in grado di esplicare le loro funzioni all’interno dell’ambiente moderatamente aggressivo del nostro corpo; per esempio i fluidi corporei possono presentare, a seconda della loro locazione, pH estremamente bassi (all’interno dello stomaco) ma anche alti (in certe membrane dell’intestino). Anche proprietà meccaniche modulabili sono importati per queste applicazioni; durante le attività giornaliere, le ossa sono soggette a stress approssimativamente intorno ai 4 MPa mentre per i legamenti gli stress si aggirano nel range dei 40-80 MPa. Ad esempio il carico dell’anca si aggira normalmente a 3 volte il peso del corpo può raggiungere le 10 volte quando si effettua un salto.. Negli ultimi quaranta anni la ricerca si è interessata molto nello studio dei fenomeni corporei associati alle interazioni con materiali estranei. I ricercatori hanno coniato i termini biomateriale e biocompatibilità1. Materiali biocompatibili sono chiamati biomateriali, e con il termine biocompatibilità si indica la capacità di esplicare una certa funzione vitale con risposte positive da parte dell’ambiente ospitante. Wintermartel e Mayer hanno esteso questa definizione con la distinzione fra compatibilità superficiale e strutturale2. La prima indica la compatibilità chimica, fisica e biologica della superficie dell’impianto con il tessuto ospitante. Con compatibilità strutturale si definisce invece la perfetta adattabilità dell’impianto con il comportamento meccanico del tessuto ospitante. In ogni caso un ottima interazione biomateriale-tessuto ospitante si raggiunge quando si ritrova sia la compatibilità strutturale che superficiale. Di seguito sono riportate alcune delle proprietà principali che un materiale deve avere per essere considerato un biomateriale.

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7

- Tossicità: un biomateriale non deve essere tossico e non deve liberare sostanze nocive a meno

che non sia una specifica tecnica come ad esempio i farmaci antitumorali che devono essere tossici per le cellule tumorali.

- Capacità di lavorazione: deve poter essere processato al fine di ottenere le strutture di forma

specifica per le varie applicazioni senza degradarsi.

- Specifiche proprietà meccaniche: in base al tipo di applicazione finale.

- Resistenza chimica e alla corrosione: proprietà che può variare in base all’applicazione finale;

se permanente o temporanea bioriassorbibile.

I vari materiali usati in campo biomedico possono essere raggruppati in metallici, ceramici, polimerici e compositi. Storicamente, i primi biomateriali utilizzati sono quelli di tipo metallico; sebbene questo tipo di materiali presenti proprietà utili, come ad esempio elevata resistenza meccanica e duttilità, sono caratterizzati da bassa biocompatibilità, sensibilità a fenomeni di corrosione e possibilità di liberare ioni metallici all’interno dell’organismo. Per questo motivo la ricerca, negli ultimi decenni, si sta concentrando sullo sviluppo di matrici polimeriche e compositi la cui principale caratteristica è quella di una elevata versatilità applicativa legata alla possibilità di modularne la composizione. Se si confronta ad esempio i valori dei moduli elastici e della resistenza dei tessuti hard e soft del corpo umano (tabella 1) con i valori di alcuni polimeri utilizzati in campo biomedico, è possibile notare un ampio range di applicabilità di quest’ultimi. Si osserva che per certe applicazioni sembrerebbe più indicato l’utilizzo dei materiali metallici, però la miscelazione di polimeri di natura diversa o la formazione di copolimeri può risultare in un prodotto con delle proprietà meccaniche paragonabili o addirittura migliori dei metalli; miglioramento e ulteriore versatilità sono anche ottenuti preparando compositi polimerici per miscelazione di questi con cariche di varia dimensione e natura. Una delle principali motivazioni per cui la ricerca ha spostato l’interesse verso materiali polimerici in grado di degradare risiede in una più semplice applicabilità in quanto non richiedono un secondo intervento per la loro rimozione e inoltre la degradabilità offre altri vantaggi.

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8 Ad esempio un osso fratturato, fissato con un materiale rigido e non biodegradabile, come l’acciaio, tende a fratturarsi nuovamente dopo la rimozione dell’impianto; questo è dovuto al fatto che, durante il processo di guarigione, l’osso non è soggetto al carico corporeo poiché interamente trasferito sull’impianto di acciaio. Un impianto biodegradabile invece può essere appositamente progettato in maniera tale da degradare ad una velocità in grado di permettere un progressivo trasferimento del carico corporeo dall’impianto all’osso in fase di rigenerazione. Un’altra applicazione per la quale i materiali biodegradabili hanno un potenziale eccezionale è il trasporto di farmaci, sia come semplice trasportatore sia come vero e proprio dispositivo medico in grado di rilasciare il farmaco in maniera controllata e in zone specifiche; in campo ortopedico, ad esempio, il trasporto di specifiche proteine morfogeniche può velocizzare il processo di rigenerazione ossea.

1.1.1

Matrici polimeriche nei biomateriali

I polimeri sono i principali materiali utilizzati per la produzione di scaffold da impiegare in applicazioni di ingegneria tissutale. Questi possono essere classificati come materiali natural-based

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9 , includendo polisaccaridi (amido, alginato, chitina e derivati dell’acido ialuronico) o proteine, o come materiali sintetici ma derivanti comunque da fonti rinnovabili come il poli-Acido Lattico(PLA), il poli-Idrossibutirrato (PHB), poli-Acido Glicolico (PGA) e il poli-ε-Caprolattone (PCL). Molti vantaggi e svantaggi caratterizzano questi due classi di biomateriali. I polimeri sintetici termoplastici hanno buona resistenza e la loro forma e la velocità di degradazione possono essere facilmente modificate, ma la loro superficie è generalmente idrofobica ed interagisce debolmente con le cellule. I polimeri naturali hanno invece il vantaggio del riconoscimento biologico, che può supportare facilmente l’adesione cellulare, ma d’altro canto hanno proprietà meccaniche scarse. I primi risultano avere un interesse maggiore poiché possono essere prodotti su larga scala sotto condizioni controllate e con proprietà modulabili e riproducibili.

PGA, PLLA e loro copolimeri sono poliesteri lineari che sono molto spesso utilizzati in ingegneria tissutale. È stato dimostrato che questi sono biocompatibili e biodegradabili in componenti non tossici con una velocità di degradazione in vivo controllata; entrambi hanno ricevuto l’approvazione da parte dell’FDA (Food and Drugs Administration) per uso clinico come suture bioriassorbibili. La loro degradazione coinvolge essenzialmente la rottura del legame estereo e la loro durata può essere modulata dalle settimane agli anni agendo su composizione, cristallinità e massa molecolare. Il PGA è ampiamente utilizzato come materiale per scaffold e, grazie alla sua natura relativamente idrofila, degrada velocemente in ambiente acquoso e in vivo (2-4 settimane).4 Il PLLA invece, a causa del gruppo metilico, risulta essere più idrofobico e con una ridotta affinità verso l’acqua è caratterizzato da una più lenta velocità di degradazione in ambiente acquoso, mantenendo l’integrità per diversi mesi. La morfologia e la cristallinità del PLLA sono aspetti molto importanti da considerare nella progettazione di dispositivi a base di questo polimero poiché influenzano notevolmente la velocità di degradazione e le proprietà meccaniche5. Una soluzione per ottenere ad esempio un velocità di degradazione intermedia e soprattutto modulabile è quella di sintetizzare copolimeri tra LLA e GA; i loro principali impieghi odierni sono la rigenerazione di pelle e più in generale come suture6.

Per quanto riguarda altri poliesteri alifatici lineari, come il PCL e il PHB, sono ancora impiegati principalmente a livello di ricerca ma sempre nel campo dell’ingegneria tissutale. Il PCl degrada molto più lentamente rispetto ai polimeri precedenti e per questo non ha suscitato molto interesse nel campo di sistemi bioriassorbibili però è un ottimo candidato per impianti a lungo termine e per applicazioni di rilascio controllato7. Il PCL inoltre, ha mostrato proprietà meccaniche sufficienti per applicazioni di rigenerazione ossea, dove sono richieste proprietà fisiche stabili per almeno sei

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10 mesi8. In tabella 2 si possono vedere elencate le proprietà meccaniche e di degradazione dei polimeri di cui sopra.

1.1.2

I bionanocompositi

I convenzionali polimeri impiegati come tali non possono soddisfare tutti i requisiti fondamentali di un biomateriale. Per questo motivo, la progettazione e la preparazione accurata di un sistema polimerico multi-componente rappresenta una strategia interessante per lo sviluppo di un innovativo biomateriale multifunzionale; la principale innovazione sta nell’accoppiamento di matrici polimeriche biodegradabili con sistemi nanostrutturati a costituire il cosiddetto bionanocomposito.

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11 Con il termine nano si indica un oggetto con dimensioni nell’ordine dei nanometri (10-9 m). Dopo l’introduzione del concetto di nanotecnologia da parte di Richard Feynman nel 1959 al meeting della American Chemical Society, parte dell’interesse della comunità scientifica si è rivolto verso lo sviluppo di materiali polimerici al cui interno presentano sistemi nano strutturati; questi costituiscono una nuova classe di materiali noti come nanocompositi. Un nano composito polimerico è definito come un polimero contenente una carica con almeno una dimensione più piccola di 100 nm. Contrariamente ai tradizionali compositi, i nanocompositi sono caratterizzati da un basso contenuto della ben dispersa nano carica e questo è dovuto al fatto che, se ben disperso, il sistema nanostrutturato è in grado di apportare lo stesso miglioramento di un normale composito con contenuto di carica maggiore. Il recente interessamento ai nanocompositi è collegato ad alcuni fattori: il primo è il significativo impatto industriale correlato alla possibilità di creare e modellare un nuovo materiale o strutture con flessibilità e proprietà fisiche senza precedenti. Il secondo riguarda il fatto che le nanocariche sono prive di difetti strutturali e la loro applicazione in compositi apre una serie di opportunità per aggirare le limitazioni delle tradizionali cariche micrometriche; un semplice esempio è che la visibilità ad occhio nudo di carica micrometrica in una matrice trasparente spesso ne limita l’utilizzo mentre una nanocarica, in quantità tale da ottenere lo stesso effetto di rinforzo, è impercettibile ad occhio nudo. Infine, grazie all’elevata area superficiale specifica, i nanocompositi presentano un elevata concentrazione di materiale all’interfase con proprietà differenti rispetto al medesimo in bulk. Una dispersione efficente delle particelle garantisce una elevata area interfacciale di queste con la matrice favorendone l’adesione che si traduce a livello molecolare una minore mobilità delle catene, e per al livello macroscopico per quanto riguarda proprietà, come ad esempio la stabilità termica e le proprietà meccaniche9. Quest’ultima dipende dalla natura della matrice e della nanocarica e dal tipo di interazioni che si possono creare fra queste due. Di notevole importanza vi sono gli effetti della sintesi e delle operazioni di post-polimerizzazione.

Con il termine bio si indica la natura la presenza di uno o più componenti biodegradabili oltre che biocompatibili. Un bionanocomposito può perciò essere costituito da una matrice derivante dal petrolio (PP, PE, resine epossidiche etc.) con una filler originata da fonti rinnovabili ( CNWs e micro fibrille di cellulosa) ma anche viceversa come ad esempio una matrice derivante da fonti rinnovabili, fra cui la più famosa il poli acido lattico, con carica di natura organica o inorganica ( nano tubi di carbonio o nanoclay).10

Negli ultimi anni la crescente attenzione verso l’ambiente, collegata ad una preoccupazione verso la progressiva diminuzione delle risorse fossili disponibili, ha spinto la ricerca verso lo sviluppo di

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12 nuove strategie e tecnologie in grado di sfruttare e valorizzare le risorse rinnovabili come le colture amidacee o le biomasse lignocellulosiche. Polimeri derivanti da fonti rinnovabili, come ad esempio il PLLA, la cui produzione mondiale è basata sul,acido lattico derivante dalla fermentazione di zuccheri, tal quali o in combinazione con materiali già presenti in natura, come la cellulosa, rappresentano uno degli interessi principali della green chemistry e possono formare le basi per un portfolio di prodotti sostenibili, ecofriendly in grado di competere e/o conquistare quella parte di mercato dominata dai materiali provenienti dai feedstock fossili.

1.2

Sintesi di poliesteri: polimerizzazione per apertura d’anello

(ROP)

I polilattoni e i polilattidi possono essere preparati attraverso due approcci differenti; dalla policondensazione di acidi idrossicarbossilici oppure mediante la polimerizzazione per apertura d’anello (ROP) di esteri ciclici. La policondensazione è la tecnica meno impiegata poiché è difficile ottenere elevati pesi molecolari, ottenere specifici gruppi terminali e in generale preparare copolimeri con struttura bene definita. Per quanto riguarda la ROP, questa può essere applicata a diversi monomeri e numerosi iniziatori e catalizzatori sono stati sviluppati per tale reazione. Le condizioni di reazione sono state ottimizzate al fine di trovare il migliore sistema di polimerizzazione applicabile a livello industriale. Il principale aspetto sul quale verte tutto l’interesse riguardo la ROP sta nella capacità di preparare sia omopolimeri con ben definite strutture chimiche e gruppi funzionali che copolimeri con definite strutture macromolecolari (copolimeri a blocchi, random, a innesto ed a stella).

In generale il meccanismo di reazione è quello mostrato nello schema 1:

Schema 1: meccanismo generico della polimerizzazione per apertura d'anello.

Ogni poliestere si forma a seguito della reazione fra l’estere ciclico ed il catalizzatore/iniziatore. Ogni macromolecola formata avrà generalmente una terminazione di catena con un gruppo funzionale originato dalla reazione di termine e un’altra con un gruppo funzionale originato

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13 dall’iniziatore. Alterando il catalizzatore, l’iniziatore e la reazione di termine, la natura del gruppo funzionale può essere modulato in base alla necessità richieste. La ROP può essere condotta in soluzione, in bulk in emulsione o in dispersione e inoltre tutte quelle problematiche tipiche della policondensazione con meccanismo a stadi come l’esatta stechiometria dei reagenti, le elevate temperature di reazione e la rimozione di sottoprodotti a basso peso molecolare, come l’acqua, non sono presenti11.

In base al tipo di iniziatore, la polimerizzazione può procedere attraverso tre diversi meccanismi di reazione: cationico, anionico o pseudoanionico. Proprio quest’ultimo è quello che verrà illustrato e successivamente utilizzato in questo lavoro di tesi.

1.2.1

Polimerizzazione per coordinazione-inserzione

La ROP pseudoanionica è anche chiamata ROP di coordinazione-inserzione in quanto la propagazione della catena polimerica avviene attraverso la coordinazione del monomero dalla specie attiva (il metallo catalizzatore/iniziatore seguita poi dalla sua inserzione nel legame metallo alcossido per riarrangiamento elettronico. La reazione di termine è costituita in generale da un idrolisi del legame alcossido generando così un gruppo funzionale ossidrilico terminale. Aspetto di fondamentale importanza è il carattere vivente della polimerizzazione che, assieme ad una buona varietà di monomeri polimerizzabili in questo modo, da la possibilità di formare copolimeri di varia natura e composizione, ottimizzando soltanto le condizioni di reazione e le quantità di reagenti. I catalizzatori impiegati per la ROP sono molteplici e presentano caratteristiche differenti. Quelli a base di alluminio come l’alluminio triflato, l’allumio isopropossido o composti di coordinazione del metallo (salen) sono i catalizzatori meno reattivi per la ROP ma consentono di controllare meglio la reazione per ottenere minori indici di polidispersità e maggiori rese. Alcossidi di metalli di transizione come lo zinco, il titanio e recentemente lo zirconio sono stati utilizzati come iniziatori di polimerizzazione ad apertura di anello. Essi garantiscono grado di polimerizzazione intorno a 100 e indice di polidispersità tra 1,05 e 1,1. Inoltre possiedono limiti di tossicità non troppo bassi, il ché li rende idonei per la sintesi di materiali per applicazioni mediche. Anche triflati di terre rare come lo scandio, l’ittrio e il lantanio possono essere impiegati come catalizzatori, ma non portano a pesi molecolari sufficientemente alti da poter essere interessanti sul piano applicativo. Il sistema catalitico certamente più diffuso è quello che vede il bis (2-etilesanoato) di stagno (II), conosciuto anche come Stagno Ottoato, assieme ad un alcol. Il suo utilizzo per la sintesi di polimeri da utilizzare in campo biomedico può essere limitato dal fatto che rimane inglobato all’interno del polimero con concentrazione superiore a quella ammessa dalla FDA, che è di 20 ppm. Per ovviare a questo problema sono state sviluppate varie procedure di purificazione che consentono di abbassare

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14 la sua concentrazione sotto la soglia di tossicità, come ad esempio l’estrazione con una soluzione acquosa di HCl48.

Vari termini vengono usati per descrivere il suo ruolo nella polimerizzazione: catalizzatore, iniziatore, sistema catalitico etc. In generale, questo è chiamato catalizzatore e l’alcol iniziatore. Il meccanismo di polimerizzazione è stato ampiamente discusso e nonostante ciò rimane ancora poco chiaro per quanto riguarda lo stadio di inizio. Il meccanismo di coordinazione-inserzione maggiormente accettato è quello dove un gruppo ossidrile si coordina al centro metallico formando il vero complesso iniziatore. Su questo sono stati effettuati molti studi che hanno delineato due decorsi reattivi differenti; Kricheldorf12 et al hanno proposto un meccanismo dove l’alcol coiniziatore e il monomero vengono coordinati insieme al centro metallico durante la propagazione (schema 2a); Kowalski13 et al, invece, hanno presentato un meccanismo in cui lo stagno ottoato è convertito in un composto metallo-alcossido prima di coordinare il monomero e dare inizio alla polimerizzazione (schema 2b). Sulla base di una recente review di Thielemans14 l’ipotesi più seguita pare essere quella proposta da Kowalski e inoltre che il ruolo dell’alcol come iniziatore si ha quando è aggiunto in quantità molare doppia rispetto allo Sn(Oct)2; quando aggiunto in rapporto

superiore a due l’eccesso agisce da agente di trasferimento, portando a un allargamento nella distribuzione dei pesi molecolari, mentre non vi sono informazioni riguardo a rapporti alcol/stagno minori di due.

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15 Schema 2: meccanismo di coordinazione a) secondo Kricheldorf e b) secondoKowalski

Lo Sn(Oct)2 è un catalizzatore di trans esterificazione perciò, durante la polimerizzazione,

avvengono anche reazioni collaterali di transesterificazione sia inter- che intramolecolari tra le sequenze polimeriche in formazione che portano ad una più elevata dispersione del peso molecolare e minore massa molecolare media delle catene; fenomeno accentuato per temperature e tempi di reazione elevati. Le reazioni di transesterificazione intramolecolare sono dette “back-biting” e portano alla formazione di composti ciclici per rottura della catena polimerica nei punti di interazione tra il metallo al termine della catena e i gruppi esterei situati all’interno della stessa. Nello schema 3 sono mostrati i due meccanismi di trans esterificazione.

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16 Schema 3: meccanismi di transesterificazione che possono avvenire durante la ROP

1.2.2

L’acido Poli Lattico (PLA)

L'acido lattico è una molecola chirale esistente sotto forma dei due enantiomeri L e D; L’enantiomero L è direttamente prodotto da fonti rinnovabili per fermentazione di zuccheri mentre l’enantiomero D è prodotto in miscela racema con l’altro enantionero a seguito della sintesi chimica basata sull’idrolisi del lattonitrile.

Con il termine acido polilattico si riferisce quindi alla famiglia di polimeri che contengono diverse percentuali dei due isomeri: acido poli-L-lattico puro (PLLA), acido poli-D-lattico puro (PDLA), e poli-D,L-lattico (PDLLA, contenente le unità ripetitive di entrambi gli stereoisomeri).

L’acido polilattico è un poliestere alifatico termoplastico derivante da fonti rinnovabili come amido di mais (in USA), patate (in Asia) o canna da zucchero (nel resto del mondo). Questo ha ottenuto una notevole attenzione per le proprietà di biocompatibilità e per le notevoli proprietà meccaniche tanto da risultare nel 2010 come la seconda bioplastica più importante nel mondo in relazione al

(17)

17 volume di consumo. I differenti polimeri dell’acido lattico presentano proprietà che si discostano anche in maniera notevole tra loro.

Il PLLA possiede un’elevata resistenza a trazione e un basso allungamento di conseguenza ha un elevato modulo elastico che lo rende molto adatto per l'utilizzo in dispositivi che devono sopportare un notevole carico. Esso possiede una cristallinità del 37% con un punto di fusione di circa 173-178°C e una temperatura di transizione vetrosa di circa 55-80°C. Il PDLLA possiede una resistenza a trazione minore, un allungamento maggiore e un tempo di degradazione molto più rapido che lo rende molto importante in applicazioni quali il rilascio controllato di farmaci all'interno del corpo. Infine il PDLA invece non è utilizzato perchè si presenta a temperatura ambiente come un fluido molto viscoso possiede scadenti proprietà meccaniche e non può essere lavorato. In commercio quindi si troveranno il PLLA e copolimeri, dei due isomeri, a composizioni diverse secondo l’utilizzo che ne deve essere fatto. In generale per applicazioni in campo biomedico, il PLLA è la forma usata in campo biomedico e accettata da parte della FDA (food and drugs administration) americana poiché il prodotto di degradazione, quale l’acido L-lattico è l’isomero naturale presente come intermedio nel metabolismo dei carboidrati e non si accumula nell’organismo.

La sintesi del PLA, come tutti i poliesteri, può essere condotta tramite polimerizzazione a stadi (policondensazione) e di apertura di anello (ROP). Il monomero utilizzato per la sintesi dell’acido polilattico non è l’acido lattico bensì il suo dimero ciclico: il lattide. Anche questo può presentarsi come L-Lattide, D-Lattide o D,L-Lattide.

La biodegradabilità del PLA consiste idrolisi dei gruppi esterei sia di tipo chimico che enzimatico. All’interno dell’organismo non sussistono enzimi capaci di degradare il PLA ma vi sono le condizioni di pH (pH =7,4) e temperatura (37 °C) tali da consentirne la degradazione chimica. Oltre alle condizioni ambientali, anche le caratteristiche chimiche e fisiche dei polimeri influenzano il comportamento di degradazione variando ad esempio il peso molecolare, il grado di cristallinità, la presenza di additivi e la natura dei gruppi terminali .

1.2.3

Il Poli- ε-caprolattone (PCL)

L’omopolimero dell' ε -caprolattone è semicristallino (cristallinità fino al 69%) con un punto di fusione compreso tra i 59-64° C e una temperatura di transizione vetrosa di circa 60°C. A temperatura ambiente è solubile in molti solventi organici come cloroformio, diclorometano, tetraclorometano, benzene, toluene, cicloesanone e nitropropano; poco solubile in acetone,

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2-18 butanone, acetate di etile, dimetilformamide and acetonitrile; e insolubile in alcol, etere di petrolio. etere dietilico e acqua.

Il PCL presenta una scarsa compatibilità con molti polimeri come PVC, poli(stirene-acrilonitrile), poli(bisfenolo-A) e nitrocellulosa e inoltre completa immiscibilità con molti altri come polietilene e polipropilene.

La biodegradabilità del PCL è il risultato della scissione dei legami esterei e può durare dai mesi agli anni in funzione della massa molecolare, del grado di cristallinità e dalle condizioni di degradazione. La degradazione della catena di PCL può avvenire sia in mezzo acquoso che per contatto con microorganismi ed è auto catalizzata dalla presenza di acidi carbossilici che si son liberati durante l’idrolisi. La sua velocità di degradazione idrolitica diminuisce all’aumentare del grado di cristallinità, durante la degradazione la parte amorfa del polimero è la prima a disgregarsi e questo porta a una rilevante diminuzione della velocità degradativa dal momento che la percentuale di fase cristallina residua è in aumento. Ciò spiega bene il comportamento sperimentale secondo cui il PCL altamente cristallino può essere totalmente degradato in pochi giorni per la presenza dell’enzima Pseudomonas cepacia, una lipase, al contrario della degradazione idrolitica che può richiedere anni.

Il PCL omopolimero è sintetizzabile tramite gli stessi metodi del PLA, policondensazione e ROP catalitiche e non, con tutte le variabili dovute alla differente reattività delle due strutture monometriche.

1.2.4

Copolimeri tra ε-caprolattone e L-lattide P(CL/LLA)

Il PCL e il PLLA hanno buone caratteristiche per essere impiegati in campo biomedico però l’utilizzo degli omopolimeri è limitato soltanto ad una piccola fascia di applicazioni. Ad esempio il PLLA con il suo elevato modulo elastico, di circa 1,7 Gpa, e il suo basso allungamento % (3 %) , dovuti all’elevato valore della Tg e del grado di cristallinità, non può essere utilizzato in applicazioni dove richiesta una certa flessibilità. Il PCL invece con un modulo elastico di circa 0,25 GPa e con un allungamento percentuale superiore al 100 % è utilizzabile in applicazioni dove richiesta una certa flessibilità. Per quanto riguarda la degradazione in ambiente acquoso si ha che il PCL degrada in tempi maggiori rispetto al PLLA. Un range di applicazioni maggiore può essere ottenuto preparando blend o copolimeri dei due. Sfortunatamente il grado di miscibilità del PLLA e del PCL è basso da cui deriva una separazione di fase che si traduce inevitabilmente in un materiale con proprietà meccaniche peggiori rispetto ai singoli omopolimeri. Alla luce di ciò la sintesi di copolimeri, a blocchi o random, tra i due monomeri risulta la strategia migliore per modulare e

(19)

19 soprattutto controllare le proprietà meccaniche, termiche e di degradazione del prodotto finale. I copolimeri a blocchi non vengono impiegati come matrici poiché sussiste sempre una separazione di fase che influisce negativamente sulle proprietà meccaniche ma possono essere impiegati come agenti compatibilizzanti in blend dei due omopolimeri15.Questo svantaggio può essere risolto preparando copolimeri random. Al diminuire del contenuto di CL il materiale acquista buone proprietà reologiche ed inoltre risulta di più facile lavorazione grazie ad una Tg superiore.

La sintesi di copolimeri P(CL/LLA) si realizza tramite la ROP in presenza di Sn(Oct)2 e in base alla

sequenza di aggiunta dei monomeri è possibile ottenere il copolimero a blocchi o random; sulla base di studi cinetici svolti da Penczke et al16 (Cfr. paragrafo 2.4.1) e sulla base di altri lavori

riportati in letteratura17, è stato visto che polimerizzando prima il CL si ottiene il copolimero a blocchi mentre se viene polimerizzato prima LLA o entrambi contemporaneamente si ottiene un sistema random.

1.3

Nanowhiskers

di

cellulosa

e

loro

applicazioni

in

bionanocompositi

1.3.1

Preparazione dei nanowhiskers di cellulosa e loro proprietà

La cellulosa, è un polimero naturale che ha suscitato un notevole interesse scientifico grazie alla sua grossa disponibilità, basso costo e buone proprietà meccaniche. È prodotta in piante, alberi, batteri e in alcuni animali, come ad esempio i tunicati, attraverso una reazione di policondensazione del glucosio ottenuto dal processo di fotosintesi. Questa macromolecola è costituita perciò da unità di glucosio collegate fra loro mediante legami β-1,4 glucosidici; ogni catena si ordina con le altre adiacenti, mediante legami a idrogeno, a formare dei film che a loro volta si impacchettano nel sistema tridimensionale delle microfibrille. Ogni microfibrilla può essere considerata come una sequenza di domini cristallini alternati da domini di cellulosa amorfa. Come è possibile vedere in figura 1, le microfibrille infine si aggregano in strati di fibre con differente orientazione nella parete cellulare.

(20)

20 Figura 1: struttura gerarchica di una pianta

Questa struttura gerarchica, tramite semplici processi di idrolisi acido-catalizzati, può essere distrutta a dare nanofibre con proprietà differenti in base alle condizioni operative; nanowhiskers quando rimangono soltanto i domini cristallini o micro fibrille quando sono ancora presenti i domini amorfi Da circa quindici anni le nanofibre di cellulosa sono rientrate nell’interesse della ricerca come fase di rinforzo in materiali compositi. La principale ragione dell’utilizzo di questi sistemi di cellulosa risiede nel fatto che è possibile pensare di sfruttare l’elevata rigidità dei domini cristallini come rinforzo. La rigidità della cellulosa risiede nelle quantità relative fra i domini amorfi e cristallini presenti nelle nano fibrille; conoscendo tale rapporto, in base alla materia prima ed al tipo di trattamento da cui essa è ricavata, è possibile ottenere prodotti più flessibili o più rigidi in base alle necessità richieste in seguito. I nanowhiskers di cellulosa, denominati anche nano cristalli di cellulosa, sono materiali di forma fibrosa con dimensioni laterali fra i 3 e i 30 nm e lunghezze variabili a seconda del tipo di materia prima dal quale vengono prodotti. una tipica immagine (acquisita mediante microscopia a trasmissione elettronica TEM) di alcuni nanowhiskers di cellulosa è mostrata in figura

(21)

21 Figura 2 :immagine TEM di nanowhiskers

I nanowhiskers di cellulosa si preparano mediante un’idrolisi acida a partire da materia prima cellulosica seguita da ultrasonicazione. Diversi autori hanno sviluppato alcune procedure di idrolisi cambiando tipo di agente acido, le condizioni operative o tipologia di materia prima ed è stato visto che i cristalli ottenuti presentavano lunghezze differenti e comportamenti leggermente differenti. La tipologia di acido impiegato influisce essenzialmente sulle condizioni operative e sulla facilità di dispersione dei nanowhiskers. L’impiego di acido solforico è preferito in quanto permette di ottenere i nano cristalli in tempi e con temperature minori rispetto a quelle richieste dall’idrolisi mediata da acido cloridrico. Oltre che favorire un processo più efficiente e veloce, l’acido solforico permette anche di ottenere un prodotto più stabile in sistemi polari; questa caratteristica è collegata al fatto che, durante l’idrolisi, si verificano reazioni di esterificazione dei gruppi ossidrilici secondari che vengono convertiti in gruppi solfonici (schema 4).

Schema 4: idrolisi acido catalizzata della cellulosa

Una volta dispersi i nanowhiskers in solventi polari, a seguito della dissociazione dei gruppi solfonici, avremo una forte densità elettronica negativa superficiale in grado di creare forze repulsive fra i singoli nano cristalli e con una intensità tale da vincere le forze di aggregazione dovute invece ai legami ad idrogeno che si creano fra i gruppi ossidrilici. Tempi di idrolisi e temperature maggiori portano generalmente ad una diminuzione della lunghezza dei nano cristalli ma per temperature troppo elevate portano anche a possibili deformazioni nella struttura e nella morfologia; per questo motivo è stato visto da Dong et al18. che le condizioni ottimali ,per ottenere nano cristalli con buona efficienza e senza alcun tipo di danno , sono una temperatura di circa 45 °C per un tempo variabile fra 1 h e le 3 h. Per quanto riguarda la morfologia, i nanowhiskers di cellulosa risultano essere costituiti da pochi cristalliti primari di cellulosa disposti lateralmente l’uno

(22)

22 rispetto all’altro (figura 3) fino a dare una larghezza complessiva del nano cristallo nell’ordine delle decine di nanometri. Sebbene la disposizione dei cristalliti primari sia laterale, nel complesso il nanocristallo risulta avere una forma elicoidale con una notevole resistenza tensile conferita dalla presenza legami a idrogeno interni; è proprio questa forma elicoidale che porta, a livello macroscopico, a fibre di cellulosa attorcigliate fra loro e, a livello microscopico e a seguito di dispersione, all’instaurarsi di birifrangenza a seguito della disposizione dei nanowhiskers in una fase colesterica. In figura 3 si può vedere un esempio di birifrangenza a seguito di perfetta dispersione in un dato solvente.

Figura 3: birifrangenza di una dispersione dei CNWs (sinistra) e immagine TEM con dettaglio sul singolo nanocristallo

(destra)

1.3.2

I nanowhiskers in bionanocompositi

Sulla base di studi effettuati sulle proprietà meccaniche dei nanowhiskers di cellulosa, che hanno stimato un modulo elastico nell’intorno dei 130 GPa19, l’utilizzo di queste nano particelle come rinforzo in matrici polimeriche ha suscitato un notevole interesse. Dietro al basso costo della materia prima, l’utilizzo di nanowhiskers come fase di rinforzo in nano compositi ha numerosi vantaggi come ad esempio la bassa densità, la natura rinnovabile, una modesta abrasività durante il processa mento, biodegradabilità e una elevata area superficiale. Sussistono però anche alcuni svantaggi non trascurabili come ad esempio l’elevato assorbimento di umidità, l’incompatibilità con numerosi sistemi polimerici, dovuta alla diversa polarità, e le limitazioni riguardo alla temperatura a

(23)

23 cui questi possono essere processati; la degradazione termica inizia infatti intorno ai 220 °C. La preparazione di nanocompositi con i nanowhiskers di cellulosa può essere effettuata essenzialmente con due tecniche: solution casting e estrusione. La prima ha il vantaggio di essere condotta a basse temperature ma economicamente poco sostenibile a livello industriale; la seconda invece garantisce un’applicabilità su larga scala ma è limitata della bassa stabilità termica dei nanowhiskers.

Le limitazioni di queste tecniche possono essere risolte tramite:

- Ricopertura della superficie dei nanowhiskers con opportuni surfattanti20

- Aggraffaggio di catene polimeriche idrofobiche sulla superficie del nanocristallo; effettuato essenzialmente mediante approccio di tipo grafting from, con crescita del polimero dalla superficie del nanoristallo21.

In entrambi i casi si riesce ad aumentare il carattere apolare dei nanowhiskers tale da permettere la loro dispersione in ambienti organici e, soprattutto con l’aggraffaggio di polimeri, si garantisce un aumento della stabilità termica22.

1.4

Scopo della tesi

In questo lavoro di tesi si affronterà la preparazione di un bionanocomposito costituito dalla dispersione di nanowhiskers di cellulosa (bionanofillers) in una matrice copolimerica di ε-caprolattone ed acido lattico allo scopo di valutare l’influenza che il bionanofiller ha sulle proprietà termiche, meccaniche e di degradazione idrolitica della matrice polimerica. Sulla base di tale valutazione si vuole stabilire se il bionanocomposito preparato presenti o meno proprietà meccaniche e di degradazione idrolitica tali da permetterne un possibile utilizzo in campo biomedico. In questo modo si vuole creare un materiale che costituisca una base di partenza per studi futuri sulla biocompatibilità di tali compositi.

Inoltre, sulla base di precedenti studi in cui nanowhiskers dispersi in una matrice polimerica hanno mostrato una sensibile instabilità termica in fase di processamento, si cercherà di mettere a punto una procedura di modifica superficiale di questi mediante funzionalizzazione con copolimeri a blocchi di ε-caprolattone ed acido lattico preformati.

(24)

24

2 RISULTATI E DISCUSSIONE

Nello svolgimento di questo lavoro di tesi, l’attenzione è stata preliminarmente rivolta alla verifica del meccanismo di polimerizzazione ROP ed alla messa a punto della procedura operativa per la sintesi di omopolimeri di ε-caprolattone e L-lattide. La conoscenza ed il controllo di alcune caratteristiche macromolecolari, come i gruppi funzionali terminali, il peso molecolare ed un basso indice di polidispersità (Mn/Mw) sono prerogative importanti per reazioni di aggraffaggio di polimeri di questo tipo su strutture nanometriche; ad esempio la presenza di funzionalità ossidriliche terminali è importante per l’aggraffaggio di macromolecole su nanowhiskers di cellulosa e il peso molecolare influisce sulla riuscita della reazione23. Dato che la ROP è una polimerizzazione di tipo vivente e il meccanismo è analogo per entrambi i monomeri considerati, quanto dedotto in questa fase preliminare è stato applicato anche nella preparazione di copolimeri.

2.1 Sintesi di PCL e PLLA

La sintesi dei due omopolimeri a base di ε-caprolattone e L-lattide è stata condotta in soluzione per entrambi i monomeri, come descritto nella sezione dedicata alla procedura sperimentale al par. 4.3. Le condizioni operative da noi adottate come la temperatura a cui è stata condotta la polimerizzazione, la concentrazione dei monomeri e la quantità di Sn(Oct)2 (CAT) e n-butanolo

(INIZ) sono state scelte in base a quanto riportato in letteratura da parte di numerosi ricercatori che hanno studiato le principali variabili che determinano l’andamento della polimerizzazione per apertura d’anello mediata dal sistema catalitico costituito da Sn(Oct)2 e da n-butanolo. Per quanto

riguarda il ruolo del composto di stagno nella polimerizzazione è bene sottolineare che, non agisce come un catalizzatore bensì come iniziatore in quanto non è presente un ciclo catalitico; per ogni molecola di Sn(Oct)2 si ha la crescita di una catena polimerica a cui è legato. Per una più semplice

redazione di questo lavoro di tesi è stato comunque deciso di nominare il composto di stagno ‘catalizzatore’.

In particolare, è stata verificata l’influenza delle concentrazioni di Sn(Oct)2 e n-butanolo sul peso

molecolare dei prodotti finali e, tramite questa verifica, è stato possibile meglio interpretare il meccanismo di polimerizzazione.

(25)

25

2.1.1

Sintesi di omopolimeri di ε-caprolattone e L-lattide con funzionalità ossidrilica

terminale

Sono state effettuate varie polimerizzazioni variando la percentuale in peso di Sn(Oct)2, rispetto alla

quantitità di monomero e, in ogni caso, si è ottenuto il polimero desiderato con rese comprese fra il 75 e l’85 %.

In base al meccanismo di polimerizzazione ROP, descritto nell’introduzione, è possibile ipotizzare che, al termine della polimerizzazione, a seguito della precipitazione in metanolo, avvenga la trans-esterificazione del legame metallo alcossido, presente al termine di ciascuna catena macromolecolare, con conseguente formazione di un gruppo ossidrilico su una terminazione di catena. Se si analizzano gli spettri FT-IR dei polimeri ottenuti (figura 3), si possono osservare le bande caratteristiche dei gruppi esterei in catena principale relative allo streching dei carbonili a 1725 e 1759 cm-1, per il PCL e PLLA rispettivamente, e quelle dei metili a 2945 cm-1 per entrambi.

4500 4000 3500 3000 2500 2000 1500 1000 500 20 30 40 50 60 70 80 90 100 110 numero d'onda cm-1 T % a)

Figura 3: spettro FT-IR di PCL (a) e di PLLA (b)

4500 4000 3500 3000 2500 2000 1500 1000 500 70 75 80 85 90 95 100 T % numero d'onda (cm-1) b)

(26)

26 La presenza dei gruppi terminali ossidrilici non è stata osservata nello spettro FT-IR, data la bassa concentrazione di questi, ma è stata confermata tramite analisi spettroscopica 1H-NMR.

I segnali caratteristici del PCL sono stati osservati nello spettro 1H-NMR (figura 4). Il tripletto centrato a 4,02 ppm è riferito ai protoni del metilene ε, delle unità di caprolattone in catena, ed anche a quelli del metilene A derivante dall’iniziatore (cfr. inserto nella figura 4). Altro tripletto caratteristico è quello centrato a 2,26 ppm, relativo al protone del metilene α, legato al carbonile delle unità di caprolattone in catena Inoltre, i multipletti a 1,60 e a 1,34 ppm sono attribuibili ai protoni dei metileni in β, δ più quello dell’iniziatore in B ed ai protoni in γ e in C rispettivamente.

ppm (t1) 1.00 1.50 2.00 2.50 3.00 3.50 4.00 0 500 1000 1500 2000 4 .0 4 4 .0 3 4 .0 2 4 .0 1 2 .2 8 2 .2 6 2 .2 5 1 .6 2 1 .6 1 1 .6 1 1 .6 0 1 .6 0 1 .5 9 1 .5 8 1 .3 5 1 .3 4 1 .3 4 1 .3 3 Figura 4: spettro 1H-NMR di PCL

(27)

27 Nella figura 5 è invece raffigurato lo spettro 1H-NMR del PLLA, sintetizzato con la medesima procedura del PCL.

Per quanto riguarda il PLLA, nello spettro 1H-NMR sono ben visibili i segnali caratteristici a 5,13 ppm e a 1,54 ppm rispettivamente del gruppo metinico (quartetto) e del gruppo metilico (doppietto). Nella figura 5 sono inoltre evidenziati i segnali relativi ai protoni metilenici dell’iniziatore come nel caso del PCL ; 4,10 , 1,60, 1,34 per protoni metilenici di A, B, C e D rispettivamente (cfr inserto nella Figura 5).

In entrambi gli spettri degli omopolimeri sono presenti, seppure con un’intensità molto bassa, i segnali delle terminazioni di catena; per il PCL il segnale è centrato a 3,61 ppm mentre per il PLLA a 4,32 ppm. Questo dato conferma la presenza di un gruppo ossidrilico terminale in accordo con la reazione di transesterificazione, mediata dal metanolo, che avviene in fase di purificazione al termine della conduzione della polimerizzazione.

2.0 3.0 4.0 5.0 0 1000 2000 3000 4000 5000 5 .1 5 5 .1 4 5 .1 3 5 .1 1 1 .5 5 1 .5 4 4.10 4.20 4.30 4.40 1.70 1.60 1.50 1.40 1.30

(28)

28 I due omopolimeri sono stati caratterizzati per quanto riguarda le proprietà termiche tramite calorimetria a scansione differenziale (DSC). In figura 6 sono riportati i termogrammi relativi al PCL, in particolare la curva relativa al secondo riscaldamento da -100 a 100°C, mostra la presenza di una Tg e di una Tm rispettivamente a -81,9 °C e a 57,6 °C indicando che il polimero ottenuto risulta essere semicristallino.

Figura 6: Analisi DSC di PCL. primo riscaldamento in rosso, secondo riscaldamento in verde e raffreddamento in

blu Tramite l’equazione (1) :

 =(Δ) ∗ 100

Δ° (1)

dove Δ e Δ° sono rispettivamente le entalpie di fusione (j*g-1) del campione e l’entalpia di fusione del PCL cristallino al 100% (139,5 j/g24) , è stato possibile determinare un grado di cristallinità del 49%. (questo calcolo è stato fatto sulla base dei dati relativi al secondo riscaldamento e tale criterio è stato esteso a tutte le prove DSC effettuate in questo lavoro di tesi).

? Integral -398,83 mJ normalized -73,86 Jg^-1 Peak 30,81 °C Integral 370,10 mJ normalized 68,54 Jg^-1 Peak 57,58 °C ? Glass Transition Onset -83,60 °C Midpoint -81,95 °C ]4[!&DSC SC PCL DSC SC PCL, 5,4000 mg ]2[!&DSC SC PCL DSC SC PCL, 5,4000 mg ]1[!&DSC SC PCL DSC SC PCL, 5,4000 mg Wg^-1 5 °C -100 -80 -60 -40 -20 0 20 40 60 80 ^e n d o ^e n d o^e n d o ^e n d o D S C S C P C L_ e l abD S C S C P C L_ e l abD S C S C P C L_ e l abD S C S C P C L_ e l ab 2 1.0 1.2 0 14 17 :17 : 5 62 1.0 1.2 0 14 17 :17 : 5 62 1.0 1.2 0 14 17 :17 : 5 62 1.0 1.2 0 14 17 :17 : 5 6 S SS ST AT AT AT ARRRReeee S W 9 . 2 0 S W 9 . 2 0 S W 9 . 2 0 S W 9 . 2 0 D C C I : T h e r m a l A na l ys is D C C I : T h e r m a l A na l ys isD C C I : T h e r m a l A na l ys is D C C I : T h e r m a l A na l ys is

(29)

29 Per quanto riguarda il PLLA il range di temperatura scansionato è da 25 a 250°C.

Figura 7:curva DSC di PCL. primo riscaldamento in rosso, secondo riscaldamento in verde e raffreddamento in

blu

Le transizioni visibili sono la transizione vetrosa a 90 °C e la fusione a 155 °C. Considerando il picco di fusione, è possibile ipotizzare, data la sua forma allargata e bimodale,la presenza di due fasi cristalline. Una struttura β ortorombica, costituita da due catene nella cella unitaria, che fonde alla temperatura di circa 145 °C, ed una α orto rombica, costituita da sei catene nella cella unitaria, che fonde invece a 155 °C.25

Tramite l’equazione 1 si calcola il grado di cristallinità che in questo caso è del 39% (Δ°= 93 j/g

nel caso di PLLA26)

Glass Transition Onset 87,96 °C Midpoint 90,41 °C Integral 332,81 mJ normalized 34,52 Jg^-1 Peak 155,31 °C ]4[!&DSC SC PLLA DSC SC PLLA, 9,6400 mg ]2[!&DSC SC PLLA DSC SC PLLA, 9,6400 mg ]1[!&DSC SC PLLA DSC SC PLLA, 9,6400 mg Wg^-1 2 °C 40 60 80 100 120 140 160 180 200 220 240 ^e n d o ^e n d o^e n d o ^e n d o D S C S C P L L A _ e la bD S C S C P L L A _ e la bD S C S C P L L A _ e la bD S C S C P L L A _ e la b 2 1.0 1.2 0 14 17 : 23 : 2 22 1.0 1.2 0 14 17 : 23 : 2 22 1.0 1.2 0 14 17 : 23 : 2 22 1.0 1.2 0 14 17 : 23 : 2 2 S SS ST AT AT AT ARRRReeee S W 9 . 2 0 S W 9 . 2 0 S W 9 . 2 0 S W 9 . 2 0 D C C I : T h e r m a l A na l ys is D C C I : T h e r m a l A na l ys isD C C I : T h e r m a l A na l ys is D C C I : T h e r m a l A na l ys is

(30)

30 Onset 319,99 °C Step -99,0390 % -6,2870 mg Residue 1,3705 % 87,0000e-03 mg Inflect. Pt. 338,20 °C Midpoint 334,47 °C % 0 20 40 60 80 100 °C 100 200 300 400 500 600 1/°C 0,02 °C 100 200 300 400 500 600 T G A S C P C L2 10 3 T G A S C P C L2 10 3T G A S C P C L2 10 3 T G A S C P C L2 10 3 2 9 .0 7 .2 0 13 11:3 4 :292 9 .0 7 .2 0 13 11:3 4 :292 9 .0 7 .2 0 13 11:3 4 :292 9 .0 7 .2 0 13 11:3 4 :29 S SS ST AT AT AT ARRRReeee S W 9 . 2 0 S W 9 . 2 0 S W 9 . 2 0 S W 9 . 2 0 D C C I: T h e r m a l A na l ys is D C C I: T h e r m a l A na l ys is D C C I: T h e r m a l A na l ys is D C C I: T h e r m a l A na l ys is

Analisi termogravimetriche (TGA) sono state condotte sui polimeri sintetizzati per determinarne la stabilità termica. La degradazione termica per PCL e PLLA consiste in un processo di depolimerizzazione con meccanismi di tipo unzipping e backbiting a dare i monomeri di partenza e, in concentrazioni minori, acido 5-esanoico, per PCL, ed acetaldeide, per il PLLA27. Nei grafici delle analisi TGA in figura 8 è possibile vedere che per entrambi i polimeri vi è un unico step di degradazione.

Tabella. 3: Analisi TGA di PCL e PLLA

campione Onset (°C) Inflection point (°C) Mid point (°C) % degradazione

PLLA 248 268 263 99,12 PCL 320 338 334 99,04 Onset 247,94 °C Step -99,1238 % -4,1464 mg Residue 1,4583 % 61,0000e-03 mg Inflect. Pt. 268,45 °C Midpoint 262,64 °C % 0 20 40 60 80 100 °C 50 100 150 200 250 300 350 400 450 500 550 1/°C 0,02 °C 50 100 150 200 250 300 350 400 450 500 550 T G A S C P L L A 2 9 0 4 T G A S C P L L A 2 9 0 4 T G A S C P L L A 2 9 0 4 T G A S C P L L A 2 9 0 4 2 9 .0 7 .2 0 13 14 :16 :472 9 .0 7 .2 0 13 14 :16 :472 9 .0 7 .2 0 13 14 :16 :472 9 .0 7 .2 0 13 14 :16 :47 S SS ST AT AT AT ARRRReeee S W 9 . 2 0 S W 9 . 2 0 S W 9 . 2 0 S W 9 . 2 0 D C C I : T h e r m a l A na l ys is D C C I : T h e r m a l A na l ys is D C C I : T h e r m a l A na l ys is D C C I : T h e r m a l A na l ys is

(31)

31 Come è possibile vedere dalla tabella 3 la degradazione in azoto di entrambi i polimeri è pressochè totale ed avviene in un range di temperatura compreso fra 250 e 350 °C.

2.1.2

Effetto della concentrazione di Stagno Ottoato e n-butanolo sul peso

molecolare

La conoscenza ed il controllo della massa molecolare è un parametro molto importante per materiali biodegradabili e biocompatibili in quanto, variandolo, è possibile ottenere una ampia gamma di materiali con proprietà differenti, utili per applicazioni diverse. Senza soffermarsi sulle proprietà modulabili, in funzione della composizione comonomerica nel caso dei copolimeri, e del peso molecolare, già ampiamente studiati in letteratura, è di seguito riportato lo studio da noi effettuato per determinare l’influenza che le concentrazioni di catalizzatore ed iniziatore hanno sul meccanismo di crescita della catena polimerica. Tale studio è stato condotto sulla sintesi del PCL e successivamente verificato per la sintesi di PLLA. Nella tabella 4 sono riportati i risultati ottenuti, indicando le quantità impiegate per ogni prova.

Tabella 4 : quantità di reagenti usati nelle sintesi. Cat espresso in % in peso; BuOH/CAT rapporto in moli; Mn

estr. massa molecolare teorica ricavata tramite l'equazione 3 [a ) per il PCL e b) per il PLLA]

campione CAT (mol) BuOH (mol) CAT (%) BuOH/CAT Mnestr. (Da) Mnexp. (Da) ID (Mw/Mn) PCL-01 PCL-02 PCL-03 PCL-04 PCL-05 PLLA-06 4,93x10-5 8,41x10-5 1,97x10-4 8,41x10-5 8,41x10-5 8,41x10-5 9,44x10-5 1,68x10-4 3,91x10-4 8,41x10-5 2,36x10-4 1,68x10-4 2,0 3,4 8,0 3,4 3,4 3,4 2 2 2 1 2,8 2 20.355 11.963 5.150 (1)11.800 (2)23.750 11.900 12.000 22.080 12.600 6.730 13.600 6.200 5.160 1,4 1,2 1,3 1.5 1,3 1,3

Come già descritto nell’introduzione, il meccanismo di attivazione del catalizzatore di stagno procede tramite la formazione di alcossidi di stagno ed acido ottanoico. In letteratura vengono descritti sistemi in cui lo stagno ottoato (Sn(Oct)2) viene utilizzato in combinazione con un alcool,

(32)

32 come ad esempio il n-butanolo, nella polimerizzazione di esteri ciclici (ROP). I due reagiscono in situ per formare acido ottanoico (OctH) e alcossidi di stagno, Oct-Sn-OR e Sn(OR)2:

Sn(Oct)2 + BuOH Oct-Sn-OBu + OctH (2a)

Oct-Sn-OBu + BuOH Bu-OSn-OBu + OctH (2b)

Come riportato da Kowalski et al13, queste reazioni sono reversibili e lentamente si spostano verso destra man mano che l’alcossido viene consumato nella reazione di polimerizzazione (Eq. 3a e 3b). Gli autori hanno notato che questo è un processo vivente e il peso molecolare dei poliesteri può essere controllato, anche se però fortemente dipendente dalla purezza dei reagenti:

-SnOBu + n CL - SnO-PCL-C(O)OBu (3a) -SnO-PCL-C(O)OBu + BuOH -SnOR+ HO-PCL-C(O)OBu (3b)

Dopo essere stato introdotto in eccesso stechiometrico rispetto allo Sn(Oct)2 l’alcool si comporta

come agente di trasferimento di catena o come agente di transesterificazione, portando in entrambi i casi, un aumento del numero di catene e di conseguenza una riduzione della massa molare. Quando catalizzatore e iniziatore reagiscono in rapporti stechiometrici (1:2) per formare l'alcossido, la massa molare di PCL può essere stimata dall’equazione (4a), considerando la formazione della catena come mostrato in (3b)

 . = (114,14     ) + 74,1⁄ (4a)

 . = (144,14     ) + 74,1⁄ (4b)

Dove 114,14 , 144,14 e 74,1 sono i pesi molecolari del CL, del LLA e del BuOH rispettivamente. In questo studio, è stato determinato che, mantenendo il rapporto stechiometrico 1:2 tra catalizzatore e iniziatore la massa molare ottenuta diminuisce con l'aumentare della concentrazione di catalizzatore e mostra un eccellente accordo con la massa stimata dall'equazione (4a) (vedi tabella 4: prove PCL-01 e PCL-03). Secondo il meccanismo proposto da Kowalski et al lo Sn(Oct)2

è all’origine delle catene attive alla polimerizzazione e un aumento di concentrazione risulta in un maggior numero di catene attive e di conseguenza in una diminuzione del peso molecolare. Nella prova PCL-05 (tabella 4) è stata valutata l'influenza dell’aggiunta di alcol in eccesso rispetto allo stechiometrico sul catalizzatore. Si è osservata una diminuzione del peso molecolare rispetto alla prova con rapporto 1:2 ed il suo valore non è in accordo con quello calcolato. In questo caso, l'eccesso di alcol agisce come un agente di trasferimento che inibisce la crescita delle catene. È stato

(33)

33 constatato che in tutte le sintesi il valore di polidispersità non è cambiato molto ed è rimasto relativamente basso (1,2-1,5). Queste prove mostrano che il rapporto iniziatore catalizzatore gioca un ruolo chiave nel controllo del peso molecolare del PCL all'interno del range studiato (5.000 - 22.000 Dalton).

Lo studio sul controllo della massa molecolare è stato effettuato anche per il PLLA, considerando che la reazione di apertura d’anello avviene con lo stesso meccanismo del PCL.

Il basso valore di peso molecolare (ca. 5.000 Da) ottenuto per il campione PLLA-06, inferiore a quello teorico, può essere spiegato dalla GPC. A differenza del PCL, il PLLA è meno affine al THF (fase mobile) e questo comporta un minore volume idrodinamico delle catene all’interno delle colonne; il random coil della macromolecola in soluzione risulta essere perciò meno voluminoso e quindi essa viene eluita in tempi maggiori (il valore di massa molecolare è minore per tempi di eluizione maggiori).

Considerando il meccanismo di reazione per entrambi i monomeri non vi è ancora molta chiarezza su quale alcossido sia effettivamente attivo verso la polimerizzazione; per questo motivo è stata condotta una prova, per la sintesi del PCL, con rapporto CAT/INIZ pari a 1 (prova PCL-04). Sono state avanzate due ipotesi:

- Attivo lo stagno monoalcossido: supponendo che la forma di metallo dialcossido si formi solo dopo che tutti i centri metallici abbiano reagito con almeno un alcool, si avrebbero tutti i centri catalitici attivi verso la polimerizzazione. In questo caso è stato previsto un peso molecolare di circa 12.000 Da.

- Attivo soltanto lo stagno dialcossido: supponendo che la forma di metallo dialcossido si formi esclusivamente a scapito della forma con unico legame alcossido, si avrebbe la metà dei centri catalitici attivi e quindi catene con peso molecolare doppio rispetto a quello stimato nell’ipotesi precedente.

Com’è possibile vedere tabella per la prova PCL-04, tramite misure di GPC, è stata confermata la prima ipotesi. Se si considera un il valore di ID, questo risulta leggermente superiore rispetto alle altre polimerizzazioni e ciò può essere ricondotto a possibili fenomeni di transesterificazione catalizzati dall’estremità non funzionalizzata; tale supposizione è fondata sul fatto che lo Sn(Oct)2 è

utilizzato anche come catalizzatore in reazioni di transesterificazione.

(34)

34 Le polimerizzazioni di PCL e PLLA via ROP sono state iniziate da parte del sistema Sn(Oct)2

/n-butanolo. Nelle condizioni di polimerizzazione, Sn(Oct)2 reagisce in situ prima con il n-butanolo

generando corrispondenti alcossidi: OctSnOBu e Sn(OBu)2, che sono le specie iniziatrici della

polimerizzazione. Quando Sn(Oct)2 e n-butanolo sono alimentati nei rapporti stechiometrici 1:1 e 1:2, il

peso molecolare della catena dipende dalla concentrazione del composto di stagno e può essere prevista con precisione all'interno del range di peso molecolare studiato (da 5.000 a 22.000 Dalton). Un eccesso rispetto allo stechiometrico dell’alcool provoca una diminuzione del peso molecolare funzionando lui stesso come agente di trasferimento di catena e quindi non è possibile predire il peso molecolare (che si abbatte notevolmente).

2.2

Sintesi del copolimero a blocchi poli(CL-b-LLA)

2.2.1

Preparazione di

P(CL-b-LLA)

Il copolimero è stato preparato con due procedimenti leggermente diversi al fine di individuare la procedura di sintesi ottimale sia dal punto di vista delle caratteristiche finali del copolimero che della facilità di realizzazione dal punto di vista sperimentale; una polimerizzazione iniziata da un macroiniziatore quale il PCL-monoolo, sintetizzato in precedenza, e una polimerizzazione iniziata da n-butanolo facendo crescere i blocchi dei due monomeri uno di seguito all’altro.

In generale la copolimerizzazione è stata condotta aggiungendo o il caprolattone monomero (CL), o il PCL-monoolo (PCL-OH) in toluene anidro nel pallone di reazione preventivamente essiccato e condizionato in atmosfera inerte. A questa soluzione è stato aggiunto poi Sn(Oct)2 e n-butanolo

(quando non si parte da PCL-OH come macroiniziatore) per ottenere un rapporto Iniz / CAT = 2.0. Nella tabella 5 sono elencate le quantità di reagenti usate per le varie prove.

Tabella 5 quantità di reagenti usati nelle sintesi. Cat espresso in % in peso; BuOH/CAT rapporto in moli; Mn estr

massa molecolare teorica ; ** è stato usato PCL-OH come macroiniziatore

prova L-LA (mol) CL (mol) CAT (mol) BuOH (mol) BuOH/CAT Mnestr. (Da) Mnexp. (Da) PD (Mw/Mn) 2CopB24 7 x10-3 8,41 x 10-5 8,41 x 10-5 ** 2 24.000 15.900-22.800 1,36-1.76 CopB24 7 x10-3 8,76 x 10-3 8,41 x 10-5 1,68 x 10-4 2 24.000 14.900 1,5

(35)

35 CopB12 1,46 x 10-1 1,87 x 10-1 3,47 x 10-3 6,95 x 10-3 2 12.000 10.500 1,3 CopB6 1,51 x 10-1 1,87 x 10-1 7,19 x 10-3 1,44 x 10-2 2 6000 6.190 1,2

Tutte le polimerizzazioni sono state eseguite in toluene anidro a 110 ° C sotto atmosfera inerte. Scrupolosa attenzione è stata rivolta alla purezza dei reagenti e all’essicazione delle attrezzature, in quanto tracce di umidità o impurezze contenenti gruppi idrossilici possono concorrere a diminuire la massa molare del polimero ottenuto funzionando essi stessi come iniziatori o agenti di idrolisi. Nella sintesi del campione CopB12, essendo la ROP una polimerizzazione vivente, è stato polimerizzato prima il blocco di CL e consecutivamente il blocco di LLA supponendo che il meccanismo di inserzione-coordinazione avvenga nello stesso modo, anche cambiando il monomero in corso di reazione. Nella sintesi del campione 2CopB24 il PCL-OH, ottenuto precedentemente, viene aggiunto al sistema di reazione in quantità molari (riferite ai gruppi ossidrilici terminali) pari a quelle di catalizzatore; tale metodica è stata applicata in base al meccanismo di funzionamento del sistema catalitico (attivazione ad opera di specie contenenti OH se presenti in quantità da 1 a 2 volte superiori rispetto al CAT) e alla formazione di specie mono-olo a seguito dell’idrolisi del legame catalizzatore-catena.

Il copolimero sintetizzato è stato caratterizzato preliminarmente tramite spettroscopia FT-IR.

In figura 9 si osservano le bande relative a gruppi carbonilici dei gruppi esterei del blocco di CL (1737 cm-1), del blocco di LLA (1759 cm-1) ed i metili di entrambi i blocchi 2945 cm-1)

.

Figura

Tabella 2:  proprietà meccaniche e di degradazione di alcuni biomateriali e relativi campi di applicazione
Figura 3: spettro FT-IR di PCL (a) e di PLLA (b)
Figura 6: Analisi DSC di PCL. primo riscaldamento in rosso, secondo riscaldamento in verde e raffreddamento in  blu
Figura 7:curva DSC di PCL. primo riscaldamento in rosso, secondo riscaldamento in verde e raffreddamento in  blu
+7

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