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Rassegna storica salernitana. A.20, n.1/4(1959)

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RASSEGNA STORICA

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R A S S E G N A S T O R I C A S A L E R N I T A N A A C U R A DELLA S O C I E T À S A L E R N IT A N A DI ST O RIA PATRIA

D iretto re : E. G U A R I G L I A

C om itato di R edazione: A. C O L O M B IS V. P A N E B IA N C O M. A D IN O L F I Segretaria di R edazione

D irezione e A m m inistrazione : Salerno Via F. C antarella, 7 R edazione : presso il M useo Provinciale di Salerno

A B B O N A M E N T O A N N U A L E

Per l’ Italia L. 2 0 0 0 per 1’ Estero L. 2 500 Fascicolo separato L. 80 0 Fascicolo d o p p io L. 1400

A N N O X X (1 9 5 9 ) N . 1

S O M M A R I O

Biagio C appelli Il m onacheSim o basiliano e la grecità

m edievale nel m ezzogiorno d ’ Italia . . . . pag

N icola Acoceila La figura e l ’opera di A lfano I di Salerno (sec. X I) A lfano nella critica m oderna

Varia :

E. Giani L’ assistenza ospedaliera in Salerno prim a del M ille.

Fernando Saisano La farsa cavajola . . . . .

P. Are. Pergamo O . F. M. Il con v en to della SS. T rinità di

Baronissi (continuazione d a l num. p rec.)

Antonio Cesfaro Istruzione pubblica e privata in un C om une del M ezzogiorno nel p rim o v entennio post unitario

In memoriam :

Riccardo Filangieri . . . . F ilippo M illosevich . . . . 17 91 104 123 175 213 2 1 4

"Recensioni

» 215

(3)

-RASSEGNA STORICA

S A L E R N I T A N A

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Il monacheSimo basiliano e la grecità

medievale nel mezzogiorno d’ Italia

Quasi tu tti gli studiosi, che sulla scia del Lenorm ant, del Batiffol e del D iehl(l) hanno indagato le cause della bizantinizzazione del mezzogiorno italiano nell’età medioevale, hanno, tra i fa tto ri prim i di questo fenomeno, posto l’azione sottile, ma nel tem po stesso profonda del monacheSimo basiliano. Senza dubbio, alcuni di questi storici h a n no talora un po’ forzato la m ano e sopravvalutato l’opera m onastica; ma da questo a sm inuirla, fin quasi a renderla nulla, come di recente si è espresso il M énager (2), il divario è troppo sensibile.

Di sicuro c’è che questo im ponente fenomeno è ancora ben lon tano dall’essere perfettam ente chiarito, m entre esso m anifesta tu tt’og gi le sue tracce, e in qualche più riposta piega dell’anim a m eridio nale e in relitti, più o meno notevoli, rintracciabili nei d ialetti, nella

toponom astica e in numerose chiese che vantano tradizioni, tito li e form e di tipo bizantino.

P e r questa ragione, l’indagine è sem pre aperta, e vale la pena di guardarla, partendo dalla nozione esatta dei fa tti storici, così come si presentano nella loro successione cronologica, in m aniera da av viare ad una m igliore e più chiara visione dell’affascinante p ro blema.

• * •

Considerando dunque le vicende svoltesi nelle regioni che, a parte la Sicilia, costituiscono l’estremo lem bo m eridionale della pe nisola italiana, possiamo notare come, dopo la conquista giustinianea.

(1) F. L e n o r m a n t , La G ran de G rèce, Paris, 1881, II , pp. 395 ss.; P. B a t i f f o l ,

L A b b a y e d e Rossano etc., Paris, 1891, pp. IV ss., C h. D i e h l , L art. byzan tin dans l I ta lie m eridion ale, Paris, 1894, passim.

( 2 ) L. R. M é n a g e r , La « B yzan tinisation » religieuse de l Ita lie m eridion ale (IX X I siècles) etc., in « Revue d hist. ecclesiastique », L III L IV , (1958 59).

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conclusa dalla lunga e durissim a guerra gotica, tu tta l ’Italia m eri dionale sia divenuta bizantina. La successiva calata dei longobardi però ben presto lasciò all’im pero d ’O riente, attraverso più o meno brevi parentesi, la C alabria m eridionale e centrale e la T erra d ’O tranto, perchè tu tta la zona che si estende dal corso del C rati alla C am pania ed alla Puglia venne assorbita dal ducato di Benevento, che si scisse poi nel principato om onimo e nell’altro di Salerno. E ciò fino a quando l’azione m ilitare di Niceforo Foca riuscì a stra p

pare ai longobardi la C alabria settentrion ale, la L ucania centrale ed orientale e la P uglia, sia pure con incerti ed ondeggianti confini, ma non la Lucania occidentale, che rim ase sem pre longobarda fino alla conquista norm anna (1).

In conseguenza, si può dire che se la ellenizzazione della C alabria m eridionale e della T erra d’ O tranto, tran n e brevi in te r ruzioni in possesso dell’ im pero dal 554 all’arrivo dei no rm an ni, non può stupire, ci colpisce invece la grecità che si nota nella C alabria settentrionale, neìla Lucania centrale ed orientale e nella Puglia bizantine d a ll’886 alla m età del secolo XI, e mag giorm ente quella che appare im ponente, e per quanto arginata in

parte nella seconda m età del secolo XI dall’arcivescovo Alfano I di Salerno (2) era ancora in vita nei tem pi im m ediatam ente dopo il Concilio di T rento, nella Lucania occidentale, che pure b izantin a non fu mai. A tale riguardo, si può ricord are il significativo fatto che in torno al 1572 il vescovo di P olicastro F erdinan do S pinelli ingiunse alle chiese ed ai sacerdoti greci della sua diocesi di conform arsi in tutto al rito latin o, tran n e qualche uso del tu tto particolare che p o te va rim anere come ricordo del rito bizantino, m en tre più drastica m ente il vescovo Bonito della diocesi di Capaccio ordinava di b ru ciare i lib ri sacri ed i codici e le carte greche del m onastero di S. N i cola presso Cuccaro Vetere ( 3 ) .

P e r modo che, m entre la grecità delle due prim e regioni rico r date è dovuta, a p a rte il monacheSimo basiliano, all’azione del dom i nio stesso e di tutto quanto a questo era connesso, nonché del clero

( 1 ) Cfr. I . G a y , L Ita lie m erid io n a le e t l e m p ire b yza n tin etc., P aris, 1 9 0 4 ,

passim. ; M. S c h i p a , Il m ezzogiorno d Ita lia an terio rm en te atfa m onarchia, Bari.

1923, passim.

(2) N. A g o c e l l a , La figura e l op era d i A lfano I d i Salerno, in « Rassegna

Storica Salernitana », XIX, (1958), p. 56.

(3) P aleocastren Dioeceseos h istorico cron ologica syn opsis... N. M. L a u d i S II...

iussu confecta, N eapoli, 1831, p. 47; G. A n t o n i n i , La Lucania, N apoli, 1795, pp.

3 3 8 ss. ­ -­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ '

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-secolare, fattori che sia pure p er un periodo di tem po più breve, hanno agito sim ilm ente sulle altre regioni m enzionate in seguito, la grecità della Lucania occidentale postula altre cause. Così anche il Rohlfs (1), tu tt’altro che sospetto al riguardo, m ette l’ellenizzazione della zona ai confini calabro-lucani-cam pani, d alla quale provengono numerosi docum enti redatti in greco anche in età tarda (2), in rela zione con speciali motivi che suggerisce sarebbe opportuno ricercare, ma che in ogni m aniera non hanno nulla a vedere con quelli operanti nella Calabria m eridionale e nella T erra d ’O tranto.

Il motivo che subito ci si presenta innanzi, accanto a qualche influenza derivata dai commerci e dai traffici o proveniente dai pros simi territo ri più a lungo bizantini, sem bra prop rio offerto d all’in tensa azione svolta dal monacheSimo basiliano anche in quei luoghi. Per cui alla dom anda se questo andasse a ricercare le sue sedi in plaghe già ellenizzate, risponderei che tale ellenizzazione si deve at tribuire nella massima parte all’espansione m onastica che in talune zone accompagnò e in altre precedette e prep arò la dom inazione bi zantina. la quale invece, ripeto . in qualche regione non ebbe mai a verificarsi.

Il prim o afflusso ascetico basiliano penso che abbia seguito di pari passo le arm ate condotte da B elisario e da Narsete contro i goti ariani in una guerra che. come tutte le altre im prese m ilitari in tra prese dall’im pero di O riente, aveva senza dubbio un carattere religio so (3). In seguito probabilm ente altri nuclei monastici affluirono nel mezzogiorno italiano dalla penisola balcanica, sconvolta alla fine del VI secolo d all’invasione avara, m entre nella m età del secolo seguente si aveva un più vasto movimento im m igratorio (4). Il quale era costituito da quei monaci costretti ad abbandonare le regioni del m edio O riente e l’Egitto, su cui si abbatteva la conquista araba, e nello stesso tem po a sfuggire la politica religiosa inaugu rata d all’im peratore Eraclio, fau tore dell’eresia m onotelita.

Nella prim a m età del secolo VITI, era ancora la politica re li giosa bizantina a spingere altre ondate m onastiche verso i porti ita

(1) G. R o h l f s , Scavi lin guistici nella Magna Grecia, Roma, MCMXXXIII,

pp. 65 s.

( 2 ) F. T r i n c h e r à , Syllabu s graecarum m em branarum , N apoli, 1865, passim.

( 3 ) C h . D i e h l , I grandi p ro b le m i d ella storia biza n tin a , B ari. 1957, p. 124; M. S c h i f a , op. c it., p. 17.

(4) B. C a p p e l l i , L arte m edioevale in Calabria, in « Paolo Orsi », Roma, MCMXXXV, p. 276. ivi bibl. ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ -'

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liani : verosim ilm ente dell’Italia longobarda. E ra, questa, la conse guenza delle lotte iconoclastiche, delle quali u n tem po si è esagerata l’im portanza, quali causa di u na stragrande im m igrazione di monaci in terra italian a (1). A questo riguardo, bisogna tenere presente che il monacheSimo bizantino non potè dirigersi alle regioni italiane sot toposte al basileus, dove p arim en ti vigevano le leggi contro le im m a gini. Abbiamo infatti notizia di un vescovo di O tranto iconoclasta, nonché in Sicilia d ell’arresto di un am basciatore pontificio diretto a C ostantinopoli, e della deportazione di alcuni m onaci nell’isola di L ipari, m entre la diffusione d ell’eresia viene im plicitam ente provata dairosservazione che il culto delle im m agini venne rip ristin ato nel l’isola nel quarto decennio del secolo IX (2). F atti tu tti che provoca rono la viva reazione dei pontefici rom ani agli ed itti di Leone Isau rico e dei suoi successori e a cui seguirono come rappresaglia l’aggre gazione della diocesi della Sicilia e della C alabria al patriarcato di Co stantinopoli e l’incam eram ento da parte del fisco im p eriale dei vasti possessi fondiarii che la chiesa rom ana aveva nell’estrem o m eridione d ’Ita lia (3).

Un testo (4) ci dice come i paesi consigliati p e r allontanarsi dai luoghi furenti di ira iconoclasta fossero la regione rom ana, quella n a

poletana ed i luoghi vicini. T ra questi u ltim i dovevano trovarsi i te r ritori dei longobardi, da tem po convertitisi al cattolicesim o, confinanti con i dom ini bizantini d ’Italia. Così, i pochi e scarsi stanziam enti mo nastici già esistenti nei territo ri del ducato di B enevento, che nel mo m ento attuale assunsero un p articolare significato, divennero adesso desiderata m eta e luogo di rifugio, non soltanto degli asceti in fuga dall’O riente, ma anche di quelli viventi nella T erra d ’O tranto, nella Sicilia e nella C alabria m eridionale, anch’esse sconvolte dalle persecu zioni. Tanto che da questo m om ento viene a delinearsi quella duplice d irettrice di m arcia, anche nel fu turo seguita dalla corrente m ona stica, che da un lato partendo dalla T erra d ’O tranto si dirigeva verso la P uglia fino al B radano, dall’altra muovendo dalla Sicilia e dalla C alabria m eridionale si avviava verso la p arte settentrionale di questa

(1) P. P. Ro d o t à, D ell origin e, progresso e stato p resen te d e l rito greco in Ita lia etc., R o m a , 1758 ss., II, pp. 60 ss.; F. Le n o r m a n t, o p . c it., II , pp. 391 s.

(2) T. M i n i s c i , R iflessi stu d ita n i nel monacheSimo italo greco, in « O rienta lia C hristiana A nalecta », n. 153, (1958), p. 217; M. S c a d u t o . Il m onacheSimo ba siliano nella S icilia m edievale, Roma, 1947, pp. X V III ; XXIV.

(3) E. Po n t i e r i, Il p a trim o n io d e lla chiesa rom ana in C alabria, in T ra i n o r m anni n e ll Ita lia m eridionale, N apoli, (1948), pp. 13 ss.

(4) Cfr. M. Sc a d u t o, op. cit. p. XVII.

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fegione e la Lucania (1). Sicuram ente, data da questa epoca il possen te richiam o che la regione m ercuriense eserciterà sui m onaci siciliani nei momenti difficili. Essa in fatti ospiterà una colonia m onastica p ro fuga da Taorm ina dopo la caduta di questa città in mano m ussulm ana [902], e darà vita al m onastero dei Taorm inesi (2). Il quale sorse nelle vicinanze d ell’altro dei Siracusani, precedentem ente fondalo da mo naci esuli da Siracusa, dopo che questa era stata presa dai m ussulm ani che nella conquista fecero strage di monaci [878]. Tale m onastero mi sembra di potere identificare con quello di S. Nicola de Saracusa, sito a Scalea e in età tarda dipendente dall’Abbazia di G r o t t a f e r r a t a ( 3 ) ,

del quale è probabile resto la chiesetta d eirO sp edale di Scalea (4), interessante p er la pianta, affine a quella di chiesette bizantine p er la disposizione delle tre piccole absidi, e p er la serie di affreschi condotti con m aniera bizantineggiante e con inscrizioni in greco ed in latino.

Ad ogni modo, al periodo iconoclasta sem bra doversi a ttrib u ire la formazione delle cittadelle ascetiche del M ercurion e di monte Bul gheria (5), ap p a rtate e silenziose, ai confini della C alabria, della B asili cata e della C am pania attuali e ancora ricchissim e di tracce di grecità, alcune delle quali sem brano riferirsi a m otivi dom inanti p roprio in questo p eriodo: quali le originarie forme ed i titoli di due chiese ai limiti dei due rispettivi centri m onastici, di cui anche gli a b itati risen tivano gli influssi. Intendo, così, ricordare la chiesa im piantata a croce equilatera libera di Laino Castello, dedicata a S. Teodoro Studila che con i suoi discepoli, una parte dei quali dovette p ro p rio allora

in-(1) B. Ca p p e l l i, Le chiese ru pestri d e l M aterano, in ic Archivio Storico per la Calabria e la Lucania », XXVI, (1957) pp. 23 ss.

(2) H istoria e t laudes SS. Sabae et M acarii ju n io ru m e Sicilia auctore O r a te p a triarcha H ierosolym itano, (ed. I. Cozza Luzi), Romae, MDCCCXCIII, pp. 45, 46;

per quello dei Siracusani, ibid. p. 29.

(3) A. Ro c c h i, De C oenobio C ryptoferrateu si etc. Tusculi, MDCCCXCIII,

p. 97.

(4) G. Ma r t e l l i, D elle chiese basiliane d e lla C alabria etc., in « A tti V ili Congresso di Studi bizantini », Roma, 1953, pp. 188 s. ; B. Ca p p e l l i, Il M ercurion, in « A tti I Congresso storico calabrese », Roma, 1956, pp. 439 s.

(5) B. Ca p p e l l i, I l M ercurion, cit., p. 427 ss. P er la regione di m onte B ul gberia e in genere del Cilento m eridionale oltre a R. Ga e t a n i, L antica B u s sento oggi P olicastro B u ssentin o e la sua se d e episcopale, in « Gli Studi in Italia», V, (1882) pp. 366; G . Ra c i o p p i, Storia d e i p o p o li d ella Lucania e de lla B asilicata, Roma, 1902, II, pp. 134 ss.; G . Ro h l f s, M undarten und G riechentum d e r C ilento,

in « Zeitschrift fur rom anische Philologie, LV II, (1937), pp. 421 ss. rim ando

ad uno studio analitico cui sto attendendo e che ap p arirà prossim amente col

titolo V estige basiliane nell antica Lucania, nella collana edita dal «Centro di Studi

per la Magna Grecia » presso l U niversità di Napoli.

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tro durre in queste zone italiane la riform a del grande e austero m ona co (1), fu assai bersagliato d a ll’iconoclastismo e l’altra con abside tricora di Policastro del Golfo, in tito lata alla M adonna O digitria, de nom inazione che è dovuta ap punto ai monaci iconoduli fuggiaschi da C ostantinopoli, che ne diffusero il culto n e ll'Ita lia m eridionale (2),

Questi due centri di ascetismo del M ercurion e di m onte Bulghe ria, insiem e con gli altri m inori, che si vennero form ando nelle vici nanze, accolsero in seguito monaci siciliani e calabresi, tim orosi delle conquiste m ussulm ane, si increm entarono m ediante nuove e forti im m igrazioni al tem po di Niceforo Foca che non po teva avere nella sua opera di conquista e di penetrazione collabo razione m igliore di quella m onastica, e divennero infine fiorentissi mi nel terzo e nel quarto decennio del secolo X, allorché le guerre intestine arabe in Sicilia m isero in fuga d all’isola gli ultim i asceti (3).

* * *

Ammesso tutto ciò, che può provarsi con qualche ritrovam ento ar cheologico, con notizie desunte da varie agiografie di m onaci italo

greci (4), e più con l’im ponenza d elle svariatissim e tracce di grecità che rim angono nei luoghi, che ho accuratam ente percorsi e studiati, re stano da ricercare le ragioni per cui un m ovim ento di asceti, questa gente eterna in cui nessuno nasce, per cui il W hite (5) giustam ente am m etteva da parte del m onacheSimo bizantino in Italia una diffusione di cultura ma non di razza . ha potuto così proficuam ente agire in profondità da influenzare ancora oggi una parte della vita delle p op o lazioni m eridionali.

Innanzi tu tto , è da precisare che da qualunque p arte del mondo greco questi monaci giungessero, essi trovavano nel m ezzogiorno ita

(1) B. Ca p p e l l i, Le chiese d e ll alto m edioevo, in «Almanacco Calabrese 1958», Rom a. 1958, pag. 83 e ili. a p. 78. P er le influenze studitane oltre a T. Mi n i s c i,

op. cit., rim ando ad un mio saggio, di prossima pubblicazione nel « Bollettino della Badia Greca di G rottaferrata », inteso alla ricerca del canale di immissione nel mezzogiorno italiano di dette influenze e dei luoghi dove esse prim am ente si afferm arono.

(2) B. Ca p p e l l i, Iconografie bizan tin e della M adonna in C alabria, in « B ol lettino della Badia Greca di G rottaferrata », VI, (1952), pp. 190 ss.

(3) B. Ca p p e l l i, Il M ercurion, cit., p. 428; ivi bibl.

( 4 ) B. Ca p p e l l i, L arte m ed io eva le in C alabria, cit., p. 277; lo stesso, il M er. curion, cit., p. 427; lo stesso, C hiese ru p estri d e l M aterano, cit., pp. 25 ss.

(5) L. T. Wi THE Latin m onasticism in N orm an S icily, Cambridge (Massach.),

1 9 3 8 , p . 2 0 e passim. ­ — ­ -­ ­ -­ ­ ­ ­ -’ ­

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ìiano, su cui ancora influivano le grandi tradizioni del passato della Ma gna Grecia, modi, esigenze ed aspetti della vita p iù o meno sim ili a quelli che essi praticavano o che erano adusati a vedere. Si direbbe, anzi, come fin ’anche nell’aspetto geofisico talune regioni italiane si presentassero con ca ratteri consimili a quelle donde una p arte dei mo naci proveniva: basterebbe considerare la natura geologica della Cap padocia e quella della T erra d’O tranto e delle M urge, che portò in ambedue i casi al trogloditism o sotto un cielo ugualm ente abbaglian te (l), oppure alla linea costiera ed alla luce azzurra di alcune plaghe dell’Ellade e della Lucania tirrenica. In questi sensi è dunque possibile afferm are che i continui afflussi ascetici non iniziavano, ma conclu devano il plurisecolare processo di ellenizzazione del mezzogiorno ita liano.

Tale identità di modi di vita e di sentim enti, e i continui scam bi e ra p p o rti che si avevano tra l’Italia m eridionale e il mondo b i zantino, e tra i grandi centri m onastici orientali e quelli italiani, ali m entati dalla venuta di monaci d a ll’O riente e dai viaggi di asceti ilalo greci nelle terre orientali (2‘), si ripercuotevano anche nelle tappe per cui, qui come altrove, è passato il monacheSimo basiliano. E cioè gli erem i istituiti in cavità n atu rali od artificiali od um ili abitu ri in cui si conduceva una vita so lita ria; le laure, form ate da capanne o per lo più da grotte raggruppate intorno ad una chiesetta comune a tu tti gli asceti, come un esempio bellissim o che ricorda alcuni tip i cappadocii da me ritrovato nella gravina di fron te a Matera (3) ; i cenobi, in cui si viveva in com unità (4) e che in u n prim o m omento, p er le influenze della tradizione ascetica siriaco egiziana, vennero fondati lontano dai centri abitati, ai quali poi si avvicinarono, p er seguire le norm e di S. Teodoro S tudita, presto, come si è visto, introdotte nei territo ri lon gobardi.

Queste case religiose, fin dagli inizi, ebbero intorno delle superfici più o meno vaste di terreno libero da p oter disboscare e coltivare, poi ché, al contrario di quanto com unem ente si crede, anche gli ord in a menti basiliani, sia quelli dettati da S. Basilio di Cesarea che gli altri

(1) A. M e d e a , G li affreschi d e lle c rip te erem itich e p u gliesi, Roma, MCMXXXIX ; B. C a p p elli, Le chiese ru pestri d e l M aterano, cit.

(2) F . R u sso , S critti storici calabresi, N ap oli, 1957, pp. 20 ss.

( 3 ) B. C a p p e l l i , Le chiese ru pestri d e l M aterano, cit. tav. I, fig. 4 e tav. II, fig. 2.

(4) C. K o r o s l e w s k i i , A thos, in « D ictionn. d histv et de gèogr. ecclèsiast. »,

coll. 71 s. ; T. M i n i s c i , op. cit., p. 219.

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di S. Teodoro Studita (1), prescrivevano il lavoro m anuale obbligatorio da esplicarsi sotto tutte le forme. A pensarci bene, qualche lavoro sta gionale agricolo dovette aversi anche nelle fasi degli asceterii e delle lau re, data la necessità dei m onaci viventi lontano dai centri ab itati di procacciarsi da se stessi il povero e poco cibo indispensabile al loro sostentam ento. E poiché vien sem pre fatto riferim ento al pane, anche in tali fasi di vita m onastica, ne consegue che gli stessi asceti si in d u striarono a risanare e dissodare qualche piccola estensione di terre no vicino ai loro ricoveri per coltivarla a cereali. In seguito, nella successiva fase dei cenobi, da una p arte aum entarono le esigenze delle accresciute com unità (2), d a ll’altra, si accrebbero p er le donazioni avute le superfici coltivate, le quali m an m ano si am pliarono fino a divenire dei vasti possedimenti.

A questo p u n to , si viene a toccare un argom ento che è stato assai dib attu to (3). E cioè, se ai m onasteri basiliani fosse stato lecito posse dere bene stabili. P e r risolvere la questione, bisogna considerarla in due separati m om enti. In u n prim o tem po, i m onasteri ebbero la fa coltà di possedere grandi ricchezze, tanto da far pensare che le lotte iconoclastiche avessero anche avuto la m ira di abbassare non solo sp i

ritu alm en te, ma anche econom icam ente, lo stato m onastico (4). Del re sto, p e r rim anere in Italia, ciò è provato dalle donazioni fatte a favore del m onastero di Aulinas di E lia di Enna d all’im perato re Leone VI, m entre, p ro p rio contro quanto prim a appare norm a costante, sono successivamente em anati in senso proibitivo u na Novella del 935 di Rom ano Lecapano e poi u n decreto dell’im peratore Niceforo del 964 (5). Documenti e notizie posteriori a questa ultim a d ata, e in d i screto num ero (6), ci perm ettono però di afferm are che, sia p er una non p erfetta e rigida applicazione dei ricordati provvedim enti legisla

(1) T. Mi n i s c i, op. cit., pp. 226 ss.

(2) B. Ca p p e l l i, G li in izi d e l cen obio niliano d i S. A drian o, in « B ollettino della Badia Greca di G rottaferrata », IX, (1955), pp. 8 ss. E facile arguire d a ll e sempio del m onastero niliano che ho studiato, lo sviluppo economico di tu tti gli altri cenobi basiliani nella fase bizantina e, p er alcuni, anche n ell età norm anna.

(3) E. Po n t i e r i, I p rim o rd i d e lla feu dalità calabrese in T ra i N orm an ni n el V lta lia m eridion ale, cit, pp. 57 ss. dove la questione è im postata acutam ente e dove si trova una vastissima bibliografia al riguardo.

(4) S. Ru n c i m a n, La c ivilisa tio n b yzan tin e, (trad. E.I. Levy), P aris, 1934, p. 116. (5) E. P o n t i e r i , 1 p rim o rd i etc., cit. p. 63.

(6) F. Tr i n c h e r à, op. c it., passim .; V ita d i S. E lia d i Enna, in AA. SS. mens. augusti, III,. 498; V ita d i S. N ilo , (trad . A. Rocchi), Roma, 1904, p. 67; V ita d i S. Luco d i D em enna, in A A. SS. mens. octobris, VI, 340.

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-tivi, sia p er un trattam en to di favore nei confronti dei basiliani vi venti nel mezzogiorno italiano, troppo u tili al governo im periale cui erano strettam ente legati e che propagandavano, sia per altre ragioni che ci sfuggono, i m onasteri avevano in p ro p rietà estesi e redditizi pos sessi ru rali. T utto ciò si intende nei rig u ard i d ellT talia bizantina, ma

le condizioni non si presentano differenti nei territo ri longobardi, dove, ad esempio, Nilo di Rossano ricevette vaste proprietà nei pressi di Montecassino, allorché venne a stabilirvisi, e Luca di Demenna ebbe a lottare vittoriosam ente nella valle di Marsico contro il signore della regione, che gli insidiava i possessi del monastero da poco fondatovi (1).

A questo stato di cose attribuisco una grande im portanza circa la possibilità di azione del fattore monastico nella bizantinizzazione del l'Italia meridionale. Poiché, allorquando i cenobi divennero grandi e potenti p ro p rie ta ri terrie ri, n aturalm ente la sola opera dei pochi mo naci agricoltori non potè essere più sufficiente p er una razionale colti vazione delle terre dei m onasteri. Si dovette, allora, ricorrere necessa riamente a m ano d’opera estranea alle com unità, la quale veniva for nita alcune volte dagli abitanti dei luoghi prossim i, che ebbero cosi modo di rim anere m aggiorm ente a contatto con i monaci e quindi ri sentirne più efficacem ente l’influenza, ta l’altra da gente rifugiatasi spontaneam ente al riparo dei grandi m onasteri per sfuggire a pericoli imminenti, costituiti assai spesso dalle incursioni m ussulm ane che si succedevano di continuo, distruggendo gli ab itati specialm ente bizan tini e m ettendo in fuga gli abitanti, ma che molte volte si infrangeva no innanzi ai cenobi (2), od infine da coloni espressam ente chiama* ti. In quest’ultim o caso, p er quello che estensivam ente possiamo a r guire da quanto conosciamo al riguardo, si trattava di genti venute da paesi bizantini, perchè i m onaci basiliani, che sem pre si riteneva no bizantini, come proclam ava Nilo di Rossano ad A dalberto vescovo d i Praga (3), amavano naturalm ente circondarsi di popolazioni della lo ro stessa razza e proteggerle.

Avessero avuto i m onasteri basiliani d ell’Italia bizantina e di quel la longobarda la vera e p ropria concessione giuridica di p o ter chiam are e raccogliere estranei intorno alle loro fondazioni per la coltivazione d e lle terre, o si fossero da se stessi arrogati il d iritto di p o ter fruire d e l l ’istituto della « com m endatio » attestato in docum enti dell’età pre*

(1) Vita d i S. N ilo, cit., p. 100; V ita d i S. Luca d i Dem enna, cit. p. 340. (2) Vita d i S. Luca, cit., p. 341; V ita d i S. V ita le d i Enna, in AA. SS. mensis « n artii, II, p. 34.

(3) AA . SS. O rdin it S. B en edicti, V II< 440.

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-nortnanna in tu tti il m eridione italiano (1), o fosse stato bastevole pos sedere delle terre p e r potervi riu n ire coloni anche di paesi lo ntani, è certo che possiamo notare il fatto com piuto in num erosi casi che assu mono una grande im portanza.

Come è facile p o ter vedere, in tu tta l’Ita lia m eridionale m olti no m i di ab itati attu ali ripetono i tito li dei m onasteri che presiedettero alla loro form azione. Della m aggior p arte di essi non si riesce oggi a stabilire, p er m ancanza di docum entazioni, l’epoca della loro fonda zione, tuttavia in questa scarsezza di d a ti u na indicazione ci viene of ferta dal piccolo borgo di Cersosimo nella valle del S arm ento, affluen te del Sinni, che è già nel 1034 ricordato come casale d ell’attiguo m ona stero denom inato di S. M aria di K ur Zosimo (2). Se questo esempio

ci viene offerto dalla Lucania o rientale, riconquistata dai b izantini in torno all’886, m aggiori tracce ci provengono dai territo ri che rim asero sem pre longobardi. Così, d a ll’abitato di S. Elia a F iu m erap id o, che si trova nelle vicinanze dell’altro di S. Angelo a T heodice, dove sorgeva il cenobio di S. M ichele di Vallelucio concesso da Aligerno, abate di M ontecassino, a Nilo di Rossano nel 981, nonché d a ll’altro borgo di S. Arsenio, sorto nei pressi del m onastero basiliano di S. Zaccaria di Sassano nella valle del T anagro, che (3) conservano ancora, nelle loro denom inazioni e nei loro p atro n i, il ricordo di due santi assai venerati

dalla chiesa bizantina. Non solo, m a da quanto, distaccandosi dagli al ?

tri ab itati che li circondano, costituiscono delle isole di grecità p er i d ialetti, gli usi ed i costum i. Di fronte a questi casi, non si può non pensare ad una vera e p ro p ria opera di colonizzazione da p arte dei ba silian i, come ci è attestato esplicitam ente nella Lucania occidentale. Dove le tradizioni locali, che si diffondono a n a rra re di vari borghi, qu ali M origerati, V ibonati, B attaglia (4), e, forse, Sicilì, costituiti alle origini da popolazioni calabresi chiam atevi ed accoltevi da igu m eni e m onaci basiliani, ricevono una conferm a preziosa e precisa dalla docum entata notizia secondo la quale, nel 1008, G iovanni igu- meno del m onastero di S. Arcangelo de Cilento chiam ava R allino gre

(1) A. Rin a l d i, D ei p r im i feu d i n e ll Ita lia m erid io n a le, N apoli, 1886, pp. 125 s s . ; E . Po n t i e r i, I p rim o rd i etc., cit., p p . 104 s.

( 2 ) F. Tr i n c h e r à, o p . c i t ., p . 1 3 3 .

(3) B. Ca p p e l l i, R iflessi econ om ici e sociali n e ll a ttiv ità m onastica d i N ilo d i Rossano, in « Calabria Nobilissima », n. 23, (1954), pp. 40 ss. Il cenobio di S. Zaccaria a Sassano appare in epoca tarda appartenente a ll Abbazia di G rotta ferrata, V. A. Ro c c h i, op. cit., p . 98; su S. A rsenio v. L. Gi l i b e e t i, I l Com une d i S. A rsen io, N apoli, 1923, pp. 14 ss.

(4) P alocastren D ioeceseos etc., c i t ., p p . 34 s. .

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eo di C alabria (1) e, naturalm ente, altri p er ad ibirli alla coltura delle terre del m onastero.

I fatti che sono venuto elencando giovano, credo, a presupporre ed a m ettere in luce uno stato di cose ugualm ente diffuso ed attuato in tutto il m eridione. Inoltre, essi da una p arte capovolgono la recente tesi (2) che nega una bizantinizzazione delle regioni a settentrione del la vallata del C rati, le quali, invece, la risentirono in modo im ponente e p er quanto riguarda la parte settentrionale della C alabria e per q uel lo che si riferisce alla Lucania centrale ed orientale, senza contare ia Puglia in cui la grecità pervenne direttam ente d aire strem ità più o rien tale d ’Italia. Circa poi la Lucania occidentale, la bizantinizzazione ap pare tanto più im ponente, se si considera che la zona, p er non essere mai stata sotto il dom inio dell’im pero di O riente, deve senza dubbio la sua grecità, che si m anifesta nel dialetto, nel rito bizantino seguito fino ed epoca tard a, nei titoli di molte chiese e nelle form e architettoniche di alcune di queste, unicam ente all’influenza esercitata da taluni gran di, ricchi e colti m onasteri di cui rim angono tracce e vestigia, nonché da altri m inori che tessevano p er tu tta la regione una fitta rete.

D’altra parte, gli stessi fatti ci forniscono, mi pare, la chiave p er co m inciare a com prendere la grecità del mezzogiorno italiano, che, alla loro luce, appare prodotta, non solo daH’azione personale dei monaci, ma anche da quella oscura, però penetrante, dei nuclei di popolazioni greche, che, p er opera degli stessi m onaci, vennero immessi nei te rri tori longobardi o che tali si m antennero più a lungo. Questi nuclei, m entre propagavano direttam ente la razza greca con le loro famiglie originarie e con quelle nuove sorte nello stesso am bito delle immigr- -i te o, indirettam ente, p er mezzo dei m atrim oni m isti con la gente del luogo, servirono come veicolo e vivente mezzo di diffusione di nuove idee e lingua, di nuovi e diversi costum i. Azione sorretta e guidata dai monaci, che, da parte loro, diffusero invece quanto era attinente alla cultura ed alla religione ed alla politica di Bisanzio ed anche, in misura m aggiore, quanto concerneva i suprem i valori della sp iri tualità.

m # *

Non solo, quindi, la d iretta appartenenza ai m onasteri, ma il fatto di sentirsi pro tetti dalla loro om bra, che si proiettava lontano, prom etteva, nel buiore e nelle difficoltà dei tem pi, u n ’esistenza

(1) Codex D iplom ai. Cavensis., IV, p. 122. (2) L. R. Mé n a c e r, op. c i t . , 1. c. ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­

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m eno travagliata, e dava una certa sicurezza e la possibilità di esse re guidati e, in u n certo senso, educati. In terre aride o sconvolte da fium are paurose o ricoperte p er vaste estensioni di boschi e sottoposte al flagello della m alaria e delle avversità stagionali che non consenti vano, come non consentono, u na pratica efficace d ell’ agricoltura, i m onaci basiliani furono certam ente nel medioevo gli in iziato ri di un sistem a di conduzione agricola un po’ meno a rretra ta e che non sfru ttas se buona p arte dei terren i soltanto con la pastorizia. Le varie agiografie basiliane ci dànno invece notizie sul risanam ento dei terren i e sulla produzione, in vasta scala, di grano, vino ed olio come generi di più indispensabile uso e dei quali venne diffusa la coltura (1).

La guida data dai basiliani in agricoltura può essere estesa, senza cadere in esagerazioni, ai cam pi più disparati. Non tu tti i m onaci erano incolti, come lo provano l’insigne e vasta produzione di codici trascritti in m oltissim i cenobi, l ’esercizio della poesia da p arte di al cuni sp iriti più eletti, e, probabilm ente, u n ’attività orafa che sem bra avere avuto degli esperti nelle terre ai confini calabro-lucani-cam pa- ni (2). D’altra parte, tu tti i monaci erano esperti e profondi conosci tori dell’anim a um ana e della v ita: sì che q uelli tra essi p iù dotali venivano, p er forza di cose, chiam ati ad essere i m aestri, in senso m ol to lato, ed i consiglieri non soltanto dei fratelli più sprovveduti, ma anche delle popolazioni viventi nelle vicinanze degli asceteri e dei cenobi o incontrate nella loro dura e continua esistenza di itin e ran ti, che ra p p resen ta una delle caratteristiche più vive del monacheSimo basiliano.

A queste popolazioni i monaci erano larghi di conforto e di assi stenza spirituale e m ateriale provvedendo ai loro bisogni, sia in casi di calam ità e di carestie, di cui parlano, tra le altre, le agiografie di E lia di E nna, di Saba di Collesano e di Luca di Dem enna (3), con le intere provviste delle rispettive com unità, sia in casi di p artico lari ne cessità. Codesti asceti, in più, arm ati della fiam m a inestinguibile dello spirito, non tem ettero di am m onire ed alzare la voce o per difendere gli oppressi contro i potenti, come Nilo di Rossano e Nicodemo del

Ci-(1) V ita d i S. N ilo , cit., pp. 65 s. ; 97.

(2) B . C a p p e l l i , S. N ilo e il cen obio d i S. N azario, in « Arch. Stor. per la

Calabria e la Lucania », XX, (1951), pp. 49 s s . ; A. L i p i n s k y , E n k o lp ia cruciform i o rien ta li in Ita lia . I Calabria e B asilicata, in « Bollett. della Badia Greca di Grot­

taferrata », XI, (1957), pp. 31 ss.

(3) V ita d i S. E lia d i E nn af cit., p. 500; H isto ria e t la iid et SS. Sabae età , cit., p p . 26 ». ; V ita d i S. Luca etc., cit., p. 342.

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rò (1), o per rim proverare i trad im en ti p erp etrati verso l’im peratore come Elia di Reggio contro il patrizio Giovanni M uzalone (2), o per difendere, in varie e disparate occasioni, in tere popolazioni ovvero il senso di um anità calpestata. Così, Nilo di Rossano, che eresse la sua grandezza m orale di fronte a funzionari bizantini e signori longo bardi ed anche di fronte al papa Gregorio V e all’im peratore Ot tone III (3 ) .

Un altro aspetto non notato fino ad ora nello studio della così varia attività, carità e socialità dei monaci basiliani, è costituito d a l l’assistenza m edica prodigata anche alle popolazioni e che era tanto maggiormente necessaria in tem pi di assoluta ignoranza. Ciò sapp ia mo che avveniva da p a rte di Elia di E nna, allorché vagava p er i de serti di Africa ( 4 ) , ma il docum ento più prezioso al riguardo rim ane la rara vita di S. Saba di Collesano ( 5 ) , la quale, in vari passi, si sof­ ferm a a trattare casi di guarigione che se talvolta, come era del resto in parte nell’indole del racconto, presentano l’accaduto in form a taum a turgica, il più delle volte accennano esplicitam ente alla perizia che il beato possedeva nel campo della pratica m edica, di cui era assertore convinto, sì da essere definito, dal suo biografo, medico delle anime e dei corpi. A ttività, anche questa, che ci m ostra u n ’altra affinità tra i monaci italo greci e quelli orientali, i quali ritenevano anche loro dovere as soluto prestare le cure, di cui avevano conoscenza, agli am m alati che incontravano nelle loro continue ed estenuanti peregrinazioni da uno all’altro erem o (6).

* * *

Dalle virtù eroiche e dalla ascesi, direi, sovrum ana di questi mo naci, dalle loro pratiche di pietà che rasentavano talora il m artirio , dalla loro ferrea volontà e dalla loro santità sem pre m anifestate, qua lità tutte che li ponevano su un piedistallo di grandezza m orale, e poi

dall’assistenza morale, m ateriale ed economica nasceva nelle popola zioni, che ne erano a contatto, u na grande am m irazione, m ista a ti moroso rispetto ed affetto, che procurarono m olti aderenti e prose

(1) Vita d i S. N ilo eie., passim.; B. C a p p e l l i , S. Fantino, S. N ilo , S. N ico dem o, in « Bollett. della Badia Greca di Grottaferrata », II I, (1949) p. 110.

(2) Vita di S. Elia d i R eggio, in AA. SS. mensis septembris, I I I , p. 885.

(3) Vita d i S. N ilo etc., cit., p. 124.

(4) Vita d i S. E lia d i Enna, cit., p. 492.

(5) H istoria et laudes S. Sabae etc., cit., pp. 19 s. e passim.

(6) H. C a p r e z , M edicina m onastica, in «R ivista Ciba », Milano, (1952), pp.

1138 ss., ivi notev. bibl.

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-lìti. Tale ascendente via via acquistato dal m onacheSimo sulle p o p olazioni, e che portava ad un desiderio di riforme che gli anim i si auspicavano, era poi tenuto vivo da un altro fattore, di cui si deve te nere il massim o conto, per avere, esso, sem pre in flu ito su ll’anim a in dividuale e collettiva degli abitanti del m ezzogiorno italiano. Tale fattore è il m isticism o, palese o latente, e sem pre pronto a divam pare alla m inim a occasione.

C ostrette a vivere in regioni dove p er lo più gram i raccolti tene vano dietro, u n ’annata dopo l’altra , ad estenuanti fatiche cui erano legate, le popolazioni erano state da secoli condotte a m editare su una esistenza migliore da conseguire dopo una vita piam ente vissuta. Ed era questo, un prem io atteso e desiderato, dal m om ento che non era possi sibile svincolarsi dalle angustie del presente, del quale era però sem pre auspicato un totale rinnovam ento. L’interiore religiosità, che su perava l ’idea della m orte, qu ell’atteso e com pleto rinnovam ento che non si sperava potesse venire attuato dalla religiosità ufficiale affian cata dal potere laico, nella giustizia e nella forza del quale si era p e r duta ogni fiducia, specialm ente per le continue e sanguinose in cur sioni m ussulm ane e p er i continui m utam enti e rivolgim enti politici, indirizzarono la massa, e non soltanto essa, verso il basilianesim o. dal quale si aspettava fervorosam ente tutto ciò che dopo tante d elu sioni non si attendeva più da altre vie. Anche perchè la sp iritu alità dei basiliani si adeguava alla m entalità popolare, e p er di p iù p a rla va. diciamo, la stessa lingua, e sem brava un ard en te riflesso di quella prim itiva spiritualità cristiana, la quale anch’essa era ap p ro d ata alle sponde del basso Ionio direttam ente d alle lum inose terre d ell’ O riente (1).

A sua volta, la grande influenza che i basiliani godevano tra la popolazione, e specialm ente tra le classi più um ili e disagiate, ven ne sfruttata dai governanti. I principi longobardi, seguendo la conci liante politica papale nei riguardi del clero secolare bizantino e del monacheSimo basiliano ( 2 ) , tolleravano e spesso increm entavano l’e

spansione del basilianesim o, vedendo in questo austero banditore di

u na pace interiore ed in questo indefesso colonizzatore un fattore di tranquillità nei loro dom ini. Non si avvidero, però, che, proprio p er

m ezzo suo e d elle sue ram ificazioni e m anifestazioni, penetrava il b i zantinism o nei territori che non saranno m ai politicam ente bizanti

ni e nei territori in sid iati e finalm ente avuti d all’impero. Di tutto il

( 1 ) H a r n a c k , D ìe M ission un d A u sbreitu n g des Christemtums, II, p p . 7 9 9 » .

(2) I. Gay, op. cit., passim

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fermento spirituale che bolliva nascostamente al m om ento della riconquista dell’Italia m eridionale si avvide, pensando a sfruttarlo, l ’abilissimo stratega e ancora più fine politico Niceforo Foca. Il gene rale aveva trovato nei territo ri occupati un buon num ero di monaci basiliani, che per l’am ore e la venerazione che a loro si portava avevano già in un certo senso avvicinato l’anim a collettiva a ll’im pero di cui questa si sentiva oram ai fa r quasi parte. P e r ciò, pensò di fare ancora del basilianesimo una leva ed un mezzo di efficace ed attiva p ro p a ganda, e durante le cam pagne di guerra e nel posteriore assetto. Così, il monacheSimo basiliano, che fu sem pre fedele, tran n e brevi p aren tesi, al basileus e ne godette la protezione, sia pu re talvolta tim o rosa (1), divenne più potente e diffuso, fino a costituire uno degli ele menti precipui della vita del tem po e del quale si tenne il dovuto con to nei momenti pili delicati allorquando si ricorse al senso di p ru denza e di illum inata esperienza dei grandi capi di com unità, che, per essere conduttori di anim e, erano fini conoscitori d e ll’anim a um ana.

Si spiegano, così, i consigli richiesti dal catapano di B ari, Ba silio, al vecchio asceta S. V itale di E nna (2), nonché la scelta di S. Saba di Collesano ad am basciatore degli im peratori bizantini Basilio II e Costantino V ili presso il loro cognato Ottone I I (3), affinchè si astenesse da qu ell’im presa naufragata m iseram ente nelle acque di Stilo. E non saranno soltanto im p erato ri e funzionari bizantini a sollecitare l’aiuto dei grandi monaci basiliani : vari p rin cip i longobardi si rivol sero a S. Nilo di Rossano, allorché questi viveva nei pressi di Capua e di Gaeta (4), Giovanni principe di Salerno e M ansone duca di Amalfi riottenevano p er l’amoroso intervento di S. Saba di Collesano i rispettivi figli tenuti in ostaggio alla corte tedesca (5), m entre G re gorio igumeno dì un m onastero di C erchiara di C alabria p orterà le «dee basiliane in Germ ania (6) al seguito della consorte di Ottone I I , cioè la principessa bizantina Teofane.

* * *

P er concludere : ho delineato il fenomeno della bizantinizzazione «del mezzogiorno italiano, tenendo conto dei risu ltati dei più recenti

( 1 ) Ch. Di e h l, o p . c i t . , p p . 1 1 2 ss. ( 2 ) Vita d i S. V itale d i Enna, c i t . p . 2 9 . ( 3 ) H istoria et laudes S. Sabae etc. p p . 2 1 s. ( 4 ) V ita d i S. N ilo etc., c i t ., p p . 1 0 8 s s , ( 5 ) H istoria et laudes S. Sabae etc., c i t . , p p . 6 3 b.

( 6 ) I . G a i, op. c i t ., p. 3 5 8 . ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­

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studi. P e r quanto questi, però, svalutino assai l’app orto dato ad essa dal monacheSimo basiliano, la m ia interp retazio n e del grandioso fe nomeno si basa sem pre sull’im portanza di tale m ovim ento, che vedo

afferm arsi specialm ente nei tem pi delle lotte iconoclastiche nei ter rito ri longobardi, facilm ente raggiungibili dai lem bi m eridionali od orientali della terra italiana, che prom ettevano agli asceti pace e si curezza.

A fferm azione monastica, dunque, che in u n u lterio re m om ento aum entò la sua penetrazione e favorì uno spostam ento di nuclei di popolazione dalla zona italiana bizantina a quella longobarda, sì da aversi alla fine un fondo presso che omogeneo, dietro la spinta d ata dal form arsi di en tità econom iche, costituite nei grandi m onasteri che accolsero intorno a loro quelli che saranno gli ab itan ti di nuovi ca sali. A ltrim enti, non si riesce a com prendere, e mi pare che qui stia la chiave p er spiegare l’im portante e complesso fenom eno, come la Lucania occidentale, dalla valle del Tanagro al m are tra Lao e Seie, la quale non fu mai politicam ente bizantina, conservi ancora un in gente patrim onio, tu tto ra non conosciuto, di tradizioni e vestige b i zantine (1). Tale attiva opera di colonizzazione m onastica, che di que sto mi pare si tra tti, venne preceduta e poi coordinata da u n ’izione di penetrazione dei m onaci anche tra le popolazioni non direttam en te legate ai m onasteri, le quali vennero aiutate e, specialm ente, com prese nei loro aneliti e nelle loro aspirazioni e, q u in d i, indirizzate, ad u n ’accettazione fiduciosa delle idee bizantine. Con il risultato che, da una p arte, le popolazioni, le quali vedevano negli asceti uom ini di sentim enti e razza uguali a loro, subirono il fascino della grandezza m orale e della superiore sp iritu alità del monacheSimo basiliano, d a l l’altra, quest’ultim o potè sem pre più agevolm ente espandere il suo inse gnam ento, prep aran d o gli anim i ad accogliere il dom inio di qu ell’im p e ro, a cui gli asceti si sentirono in ogni m om ento legati.

Bi a g i o Ca p p e l l i

(1) P er la ricognizione di tali vestige bizantine e basiliane nella Lucania occidentale, ho compiuto, insieme con la direzione dei Musei Provinciali del Salernitano, u n accurata e am pia indagine; i cui risu ltati delineo qui e nello studio citato alla nota 5 di pag. 5, m entre mi riservo d illustrare, in particolare, alcuni

monumenti più significativi, in prossim e note che seguiranno in questa Rassegna.

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La figura e l’o p e r a di A l f a n o I di S a le rn o

(s ec. XI)

A L F A N O N E L L A CRITICA M O D E R N A

1. LA « DISCO VERTA » DEL NOSTRO NELLA

STORIOGRAFIA ROMANTICA

L’opera scientifica di Alfano fu, d urante la sua epoca e quella successiva, am m irata e beneficam ente operante nella cu ltu ra, non solo d ’Italia, ma di tu tta l’E u ro p a ; invece, la produzione lettera ria ha dovuto attendere più di sette secoli, perchè fosse alla fine tra tta dallo oblio im m eritato, e inquadrata e lum eggiata in una valida prospettiva storiografica, p er il significato che essa, insieme con la p red etta opera scientifica, assunse nella com pagine sp iritu ale del sec. XI, e, più in generale, in quella del Medio Evo.

Il m erito di questa « discoverta » l’espressione vichiana è bene ap p ro p riata al nostro caso appartien e a due illustri studiosi di storia medievale, il G iesebrecht e l’Ozanam , che, eredi e insiem e continuatori (sia pure con opposti inten ti) della storiografia rom antica, seppero, nel quinquennio 1845 1850, proporre all’ attenzione del mondo culturale europeo il nome del grande Arcivescovo salernitano.

Non a caso, di certo, l’opera di Alfano veniva ricordata con grande rilievo dai due storici nelle loro celebri m onografie, illu stran ti la genesi, le istituzioni lettera rie, le form e caratteristiche dell’istruzione pubblica in Italia nel Medio Evo (1).

Dallo storico tedesco e da quello francese si dipartono, come si vedrà, due diverse interpretazioni (c h e poi saranno com poste in sin

( 1 ) G . Gi e s e b r e c h t, De L itterarum stu d iis ap u d Italos p rim is m ed ii aevi saeculis, Berlino, 1845 (trad. ital. di C. Pa s c a l col tito lo : L istru zion e in Ita lia

nei p rim i secoli d e l M. E ., Firenze, 1895: di questa si citeranno le pagine); A. F.

Oz a n a m, Docum ents in édits p o u r servir à V histoire littéra ire d e l Italie d ep u is le V i ll e siècle ju sq u au X lIIe , avec des recherches sur le M oyen A ge italien , P arigi, 1850 (ne esiste una ristam pa anastatica a cura dell edit. W elter, L ipsia P arigi, 1897 ; trad. ital. di G . Z. I. col tit. : Le scuole e l istru zione in Ita lia nel M. E., Firenze, 1895 ; ma, poiché la traduzione è solo parziale, citerem o dal testo francese).

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tesi) del significato da a ttrib u ire a ll’ opera di Alfano, anzi, si deve dire, alla cultura dell’intero m illennio del M. E .; cliè u n giudizio di m erito sul N ostro non può prescindere da una in terpretazio ne totale di quel periodo storico; e di fatto Alfano ha avuto la sorte di ric h ia m are l’attenzione p ro p rio di talu n i tra i più illu stri m edievalisti ita liani e stran ieri, divenendo quasi la p ietra di paragone p e r le succes sive, laboriose fasi d ’indagine storiografica attraverso cui si è m aturato il m oderno giudizio critico sull’età di mezzo.

Il punto di partenza, ripetiam o, p e r una p iù attuale com pren sione del N ostro è quello segnato, sia p ure con diversa tendenza, dal G iesebrecht e d a ll’Ozanam, e che la successiva elaborazione storiogra fica ha approfondito e confortato di u na docum entazione via via p iù estesa e meglio vagliata: perchè, solo se in serita in u n contesto storico di cu ltura am bientale, può essere intesa l’opera di A lfano; il quale fu uno dei vertici in cui si assommò e da cui insiem e ricevette luce la d o ttrin a circolante nelle scuole m edievali.

Ai nom i del Giesebrecht e dell’Ozanam va aggiunto quello di E. R enan, che, reduce anch’egli come gli a ltri due da u n lungo viaggio di ricerche filologiche in Ita lia , pubblicò nel 1851 u n a larg a e im pe gnativa recensione dello studio dell’Ozanam , che finì con l ’assumere l’autonom ia di un vero e originale saggio sull’argomento trattato dai due precedenti cultori di storia (1). L’articolo del R enan tra tta v a anche, con breve ma incisiva annotazione, di Alfano nel quadro della cultura m edievale e di lui segnalava u n ’opera fino ad allora rim asta ignorata in una biblioteca della F ran cia del N ord.

C ontinuando u n ’antica abitudin e di spedizioni cultu rali, orm ai resa sistem atica dalla fine del sec. XVII in poi e divenuta com une ai più vividi ingegni d’E u ropa come il R enan ricorda , il Giese brecht, l’Ozanam, il R enan stesso avevano in trap reso il loro iter Italicum verso la « p a trie de la litté ra tu re classique..., la grande m ai tresse de la litté ra tu re comme de l ’art a n tiq u e » ; verso u n Paese che è il prim o in E uropa p e r la copia di m onum enti o rig inali, e per « l’inépuisable richesse litté ra ire ». T u tti e tre avevan fatto una lunga dim ora in uno dei passaggi obbligati d’ogni itin erario culturale in Ita lia . M ontecassino. Qui i p rim i due si curvarono am orosamente su quel famoso codice, contrassegnato col n. 280. che contiene la lezione più antica della produzione poetica di Alfano. T u tti e tre, poi, al

(1) « J o u rn a l des Savants », avril 1851, pp. 230 247; oggi lo studio può leg

gersi, col titolo d i: L H isto ire litté r a ir e d e V Italie; D ocu m en ti in é d its... par M. O za nam , in un voi. m iscellaneo: E. Re n a n, M élanges re lig ìeu x e t h iito riq u es, P arigi,

1904, pp. 319-356 (da cui saranno prese le citazioni).

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tempo delle loro ricerche cassinesi ebbero la fortu na di im battersi nella guida del celebre don Luigi Tosti, di cui hanno ricordato con riverenza e gratitudine il nome ; il Giesebrecht e l’Ozanam , rievo

cando nella prefazione alle loro opere le feconde conversazioni con lui avute sul Medio Evo e su A lfano; il Renan, m ettendo in rilievo il senso di amicizia e di stima da cui era stato avvinto nei riguardi del dotto monaco, che aveva saputo creare nel m onastero una corrente di vasti e m oderni interessi culturali (1). La sim patia um ana, che il Tosti sapeva suscitare, contribuì forse a fare avvicinare i tre studiosi stranieri all"antico Alfano e a renderlo « m oderno » anche per noi Italiani (2).

Già ; perchè questo fu il m erito della storiografia rom antica : di aver saputo convertire l’assunto filologico in assunto storiografico e di avere introdotto, sia pure attraverso giudizi u n ilaterali, il concetto e il gusto di tutta la storia come di « storia contem poranea ».

2. GUGLIELMO G IESEBRECHT ( 1 8 1 4 1 8 8 9 ).

Il G iesebrecht, uno dei prim i discepoli del famoso storico tedesco Leopoldo Ranke, fu spinto all’esplorazione del Medio Evo dalla ben nota passione nazionale della storiografia rom antica tedesca verso le vicende del Sacro Rom ano Im pero di nazione germ anica, di cui egli appunto scriverà una m onum entale storia, ancora oggi non tram ontata. Quando era sui trenta anni, compì un lungo viaggio di m etodiche ricerche sulla storia medievale italiana (1843 1845), da cui trasse i m ateriali per il già ricordato studio, in cui tracciava le linee della storia delle istituzioni letterarie dell’Italia durante la prim a metà del Medio Evo.

Il volum etto s’impose, e ancora s’impone, all’attenzione e alla discussione, negli am bienti della più m oderna e agguerrita cultura. E, pertanto, il rilievo eccezionalmente grande data la piccola mole dell’opera che egli conferì all’illustrazione della vita e dell’opera di Alfano, il suo dichiarato proposito di « ravvivare la m em oria di

( 1 ) Cfr. A. P i n c h e r l e , s. v. Renan, in « Encicl. Ital. », voi. XXIX, p. 4 9 ;

W. M a t u r i , s. v. T o sti. ibid., voi. XXXIV, p. 113.

(2) Del Tosti riferirem o a suo tem po un tratto di rara penetrazione storica sugli aspetti della cultura di cui Alfano fu esponente; ma già qualche anno prim a della visita del Giesebrecht aveva pubblicato la S toria d ella B adia d i M ontecassino, N apoli, 1842-43, in cui, oltre a preziose notizie u tili a inquadrare il Nostro (I, pp. 330 sgg., 343 sgg., 346, 411 ssg.), erano anche accennate le idee (ad es. pp. 317

s g g .) su cui il Giesebrecht esprim erà il suo dissenso.

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A lfano, uom o p e r m olti titoli degno di somme lodi, e che noi abbiam o mostrato qual monaco ferventissim o, ed acre prop ug natore d ella li bertà ecclesiastica, e studiosissim o dell’an tich ità, e, p e r l’età sua, gram m atico perfetto » (p . 94) han n o fatto sì che il G iesebrecht possa considerarsi colui che ha dato il più valido contributo alla revi viscenza del ricordo del Nostro (1).

L’ autore già nella p rim a p arte dell’ opera tra tta dell’increm ento delle lettere a Salerno e a B enevento fin d all’epoca di A rechi II (sec. V i l i) ; e, parlan d o della rinom anza fin dal sec. X, anche nei carm i germ anici e franco gallici della m edicina di Salerno e della organizzazione « in una società scientifica, quasi a m o’ di quelle che sogliam chiam are università », fin dal sec. XI, dei dottori di m edicina, sostiene che il « fiorire delle scienze m ediche a Salerno derivò, come da p ropria fonte, d a ll’arte gram m aticale e poetica. Giacché i lib ri, onde si toglievano le cognizioni di m edicina, conveniva tra d u rli in latino dal greco e dall’arabo ; e le m edesim e persone vediamo celebrate a Salerno quali eccellenti gram m atici e medici espertissim i, come Alfano e Guaiferio » (p p . 37 sg.).

Questa determ inazione del carattere degli studi che si svolgevano a Salerno, dove si formò la prim a cultura di A lfano, m i p are m olto notevole.

Successivamente, il G iesebrecht prende ad esporre la condizione degli studi, d u ran te il sec. XI, in quella che fu la seconda sede della form azione d ottrin ale del N ostro : M ontecassino. Lo storico ravvisa nell’abate R icherio, « uom o di nazione germ anica », uno dei p rin cip ali restau rato ri della vita e della cultura d ell’A bbazia, e nel lorenese Federico colui che dette increm ento agli studi ecclesiastici, che, « p a rtiti di F ran c ia , già in copia si spargevano p e r l ’I ta lia » (q u esta è una delle tesi care al G iesebrecht). F u da F ederico di L orena che il beneventano D esiderio e il salernitano Alfano furono « iniziati a quei p rin cip i di lib e rtà ecclesiastica, onde poi crebbe a tanta potenza il p ap ato . G iacche è certo che, come p e r lo innanzi Federico, così, dopo, Desiderio e Alfano furono tra i più vivaci difensori della

Chiesa » ( p p . 56 sg.).

Concorde negl’in ten ti e nella fedeltà al rinnovato ideale religioso e m onastico, la « triade illustre di M ontecassino », come poi la defi nirà lo Schipa, svolse una decisiva opera a favore di quella rinascita

(1) P ro p rio un anno prim a dell opera del Giesebrecht, Alfano trovava un po

sto m olto ristretto, e p e r giunta ancora con qualche confusione di dati storici, in un repertorio bio bibliografico tu tto ra u tile : C. Mi n i e r i Ri c c i o, M em orie storiche d e g li scritto ri n ati nel Regno d i N a p o li, N apoli 1844, pp. 12, 383.

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-dell’Abbazia che sotto il lungo governo di Desiderio (1058 1087) rag giungerà il culm ine dello splendore. « I tre am ici, che p u r tanto spesso gli eventi separavano ed allontanavano dal m onastero eassinese, non però si restavano dal provvedere assiduam ente agl'interessi di esso, e molto contribuivano ad accrescerlo ed am pliarlo, sia col favorirvi la istruzione, sia con altri mezzi ».

Quindi il G iesebrecht, con felice sintesi storica m a anche con preciso riferim ento all’assunto centrale della sua m onografia, p u n tu a lizza il carattere e la finalità che si propose il circolo culturale di Montecassino. P oiché anche nei m onasteri (com e attesta p rop rio Alfano in tre p u n ti dei suoi carm i, che dal G. sono opportunam ente segnalati a p. 30, n. 3 ; a p. 58, n. 2) si diffondeva u n vivace interes samento p er la artes saeculares, « non poteva essere che gli am ici, di cui parliam o, resistessero più a lungo ad u n m ovim ento di spìriti, che cresceva di giorno in giorno. Com prendevano essi, anzi, doversi tjuel movimento dirigere, e volgere piuttosto a vantaggio dell'ordine che a danno. Perciò con tu tti i mezzi procuravano che si coltivassero nel monastero le lettere profane, ma badavano che niente ne d eri vasse di nocivo alla disciplina m onastica o alla sacra d o ttrin a ; e a quel fine principalm ente si sforzavano di volgere ogni studio di lettere che portasse patrocinio alla chiesa e splendore a ll’ordine. E sotto tali ottim i auspici di nuovo rifiorirono le lettere nel m onastero eassinese, e con felice successo vi ebber vigore p e r lungo spazio d i tem po i vari studi, ai quali p er altro ciascuno di quelli, che ne furono, a p a re r nostro, i prom otori, im presse carattere e fo rm a: Federico la gravità e veemenza della disputa teologica, Desiderio il rigore e l’austerità monastica, Alfano la venustà della form a, quanta i tem pi ne com portavano » ( p . 59).

Su Alfano il discorso del G iesebrecht è molto p iù partico lareg giato che sugli altri due.

Col sussidio di una. vasta e d iretta conoscenza delle fonti crona chistiche e docum entarie di quelle al suo tem po rep erib ili, come già s’è detto , lo storico tedesco traccia u n sobrio m a completo disegno biografico del Nostro (p p . 54-57, 66-70); e, passando a parlare della sua attività letteraria, riesce, sulla scorta della testim onianza di Pietro Diacono, a im postare il problem a critico delle edizioni, dell’au

tenticità e della cronologia degli scritti alfaniani (p p . 71 73). Si è già detto che, anche sotto l ’aspetto strettam ente filologico, è da consi derarsi fondam entale, p er gli studiosi di Alfano, il contributo del Giesebrecht.

Non b asta; perchè lo storico tedesco h a dato un app orto ancor più sostanziale a questo aspetto dello studio che c’interessa, con la

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costituzione di un testo criticam ente attendib ile perchè desunto direttam ente dal cod. cassin. 280 di alcuni carm i alfaniani, o in ed iti o m acchiati da gravi erro ri nelle precedenti edizioni (1) : sono carm i che riguardano direttam ente rargom ento della monografia del Giese brecht o che sono di qualche im portanza p er la storia d e ire tà di Alfano, e pertanto l’autore li ha corredati di annotazioni storiche ed eru dite di non scarso interesse.

T utto quello che però s’è detto finora dell’indagine del Giese brecht potrebbe essere assunto come testim onianza di un im pegno soltanto docum entario e filologico, certo apprezzabile e indispensabile per un serio giudizio storico, ma non tale da spiegare qu ell’interesse, a volte polem ico, che l’operetta suscitò fin dal suo ap p arire e che ancora non si è spento, come già si è avuto occasione di osservare.

In realtà la m onografia del Giesebrecht ha dei precisi presupposti ideologici, se non prop rio storiografici, quali appaiono già nella bella lettera dedica a don Luigi Tosti, dove l’autore, con garbata e am i chevole franchezza, dichiara i motivi profondi e non colm abili della sua lontananza ideale dallo storiografo neo guelfo della Badia di Montecassino, della Lega Lom barda, de] Concilio di Costanza, della Contessa M atilde, di Bonifacio V il i : « ...Ben io so che in non pochi p u n ti non conseguirò l’approvazione tua... perchè, del dom inio dei pap i e della istituzione della vita claustrale, io ho opinioni di gran lunga diverse da quelle che professi tu... Nè io già ti ascrissi a colpa, che tu p e r nobile istinto dell’anim o ti sforzassi di em ulare la gloria di Stefano (F ederico di Lorena), di D esiderio, di Alfano, e di m olti altri m onaci, che p ari lode m eritarono ; e n e p p u r tu m ’incolperai, se, p er p arte m ia, io difenda quelle ragioni, p er le q u ali i miei antenati com batterono con le parole e con le a rm i...» (2).

E ’, in queste parole, l’eco delle persistenti posizioni protestan tiche e illum inistiche, le quali nonostante il generale orientam ento del Rom anticism o vietarono a tanta parte della storiografia dello Ottocento la com prensione storicisticam ente valida di tutto il m illennio del Medio Evo, condannato in blocco come epoca di oppressioni e di pregiudizi. La storiografia recente h a fatto giustizia di tali posizioni;

(1) Sono i seguenti : 1) A d H ildebran du m archidiacon um R om an u m ; 2) E p itu p h iu m S teph an i cardinaUs ; 3) A d T heodin um m onachum C asin en sem ; 4) E pitaph iu m

G uodelrici B en even ta n i a rch iepiscopi (da pag. 74 a pag. 87).

(2) Una profonda caratterizzazione della storiografia d ell abate Tosti nel q u a dro della scuola cattolico liberale del sec. XIX è in B. Cr o c e, S toria d ella sto riografia italiana nel sec. X IX , I I I ed., B ari, 1947, pp. 140 sgg.

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