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"Atto di dolore". Dall'idea alla stesura di un testo drammaturgico.

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Academic year: 2021

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Indice

Introduzione...p. 2

1. Metodo Santeramo: dalla teoria alla pratica...p. 4 1.1 La teoria...p. 4 1.2 La pratica...p. 7

2. Atto di dolore: la drammaturgia teatrale...p. 76 2.1 Sinossi dell'opera...p. 77 2.2 Atto di dolore...p. 78

3. La bottega drammaturgica...p. 109 3.1 I testi precedenti...p. 109 3.1.1 Salvador Leondello, il demente senile (Racconto di partenza)...p. 109 3.1.2 Salvati Salvador (1° testo)...p. 114 3.1.3 Verde speranza (2° testo)...p. 142 3.2 Le difficoltà dell'iter creativo...p. 167 Conclusioni...p. 170

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Introduzione

Il lavoro qui proposto nasce dal desiderio di scoprire cosa si celi dietro il teatro. Nasce dal bisogno di capire come si costruisca un'illusione e quali siano gli attrezzi impiegati da coloro che il teatro lo rendono possibile. La tesi di Laurea Magistrale che segue tenta di dare delle risposte pragmatiche a chi, come me, si è chiesto come nasca una drammaturgia teatrale. L'oggetto d'analisi non è, dunque, l'adattamento di un testo narrativo preesistente in forma di testo drammatico, nè un'opera liberamente ispirata ad un'altra opera. Si tratta, infatti, di un dramma ideato e scritto ex novo da me e del quale ho voluto documentare tutto: il concepimento, la gestazione e il parto.

Come prende vita un testo? Quali sono le tappe che portano alla sua costruzione? Quali le difficoltà? Queste sono state le domande che mi sono posta prima di iniziare a lavorare alla drammaturgia. E, nel tentativo di trovare una risposta a ciascun quesito, ho provato a scrivere. Tanto, male. Poi ho riscritto ancora e ancora, comprendendo che per essere scrittori (anche solo per una volta) è necessario sradicare ogni pregiudizio, corroborare spirito e mente. Ho capito che il drammaturgo è, prima di ogni altra cosa, un artigiano. Come tale necessita di una bottega in cui può prendere le misure dei suoi personaggi, calcolarne lo spessore, dove gli è permesso smussare gli angoli del ritmo narrativo e abbellire i dialoghi. Tutto deve essere armonico, tutto deve essere estetico. Tuttavia, per arrivare al prodotto finito, l'artigiano (o il drammaturgo che dir si voglia) deve sporcarsi le mani, deve sbagliare e imparare. Deve migliorarsi. La mia attenzione si è rivolta proprio a questo retroscena. Ho voluto sbirciare il lavoro delle mani sapienti di chi, a differenza mia, il mestiere del drammaturgo lo fa per davvero. Ho annotato i trucchi del mestiere e memorizzato gli insegnamenti nella speranza che, una volta raggiunta la mia umilissima bottega, mi venisse più facile costruire la mia storia.

Per questa ragione ho pensato che fosse fondamentale condividere proprio quegli insegnamenti di cui un degnissimo artigiano di nome Michele Santeramo mi ha fatto dono prima e durante il laboratorio di drammaturgia (intitolato, per l'appunto, "A bottega") tenutosi questa primavera a Peccioli, durante la prima edizione del FestiValdera.

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Il primo capitolo di questa tesi, dunque, esplica ciò che ho nominato il "Metodo Santeramo" e si concentra sulle varie fasi attraverso le quali, secondo lo scrittore pugliese, una drammaturgia deve passare per poter giungere ad essere un prodotto finito. Si tratta di un percorso che permette di partire dalla pagina bianca per arrivare alla drammaturgia realizzata e si sviluppa attraverso alcuni punti: la fotografia immaginata, la concatenazione logica di domande e risposte, i cinque snodi essenziali, la scaletta, la prima stesura, il lavoro di condizione/relazione e il grafico finale. Poichè l'approccio al metodo vuole essere quanto più pragmatico possibile, ho pensato che fosse necessario accostare alla teoria anche la pratica. Per questo ho voluto riportare l'applicazione del Metodo Santeramo al dramma Atto di dolore, attraverso il materiale da me realmente impiegato per scrivere il testo.

Il secondo capitolo è, invece, dedicato al prodotto finito, ovvero alla realizzazione della drammaturgia Atto di dolore, della quale sono l'autrice. In apertura di questa seconda parte, ancor prima del testo teatrale, ho deciso di aggiungere una sintesi integrale pensata per tutti coloro impossibilitati a leggere lo scritto. L'opera è un atto unico con due soli personaggi in scena: Don Mario, un sacerdote di quasi cinquant'anni e Paolo, un uomo di circa settanta. Entrambi si ritrovano in un confessionale durante un afoso pomeriggio estivo. La storia è ambientata in Sardegna, terra in cui sono nata e in cui vivo, terra che non posso fare a meno di portarmi dentro.

Il terzo capitolo, infine, vuole essere una testimonianza di archivio del tempo trascorso in bottega. Nasce con l'intento di rendere noti i retroscena della composizione letteraria attraverso un doppio binario. Da una parte vengono proposte le idee di partenza e gli scritti cestinati, mentre dall'altra si tenta di fornire spiegazioni circa le origini del testo e i motivi che hanno portato a ritornare ogni volta sulla storia per rinnovarla continuamente.

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1.

Metodo Santeramo: dalla teoria alla pratica

Con la locuzione "Metodo Santeramo" intendo designare il procedimento di scrittura creativa ideato dallo scrittore Michele Santeramo. L'applicazione di tale metodo mi ha permesso di scrivere la drammaturgia intitolata Atto di dolore e mi ha liberata, una volta per tutte, dall'ansia da prestazione che in molti chiamano blocco dello scrittore.

Ho conosciuto Michele Santeramo in occasione di un laboratorio di drammaturgia intitolato "A bottega", da lui condotto nell'aprile 2018 a Peccioli, in Toscana. Qui, come un falegname che insegna ai suoi apprendisti i segreti della materia, Santeramo ha illuminato me e gli altri corsisti con un approccio ordinato a quel caos che è la creatività. Così, armato di pazienza e passione, ci ha svelato il suo più grande segreto: non c'è alcun trucco dietro la scrittura. L'unica strada che porta alla costruzione di un testo, sia esso un romanzo, una sceneggiatura cinematografica o una drammaturgia teatrale, è la messa a disposizione dei personaggi. Sono loro che portano addosso le storie e le storie, a loro volta, portano addosso le tematiche. Ragion per cui l'unico modo per scrivere è ascoltare. L'unico modo per scrivere è sentire sulla propria pelle ciò che sentono i personaggi. Ma come è possibile applicare il concetto teorico alla creazione pratica? Michele Santeramo, nel suo metodo, parla di step obbligatori attraverso i quali passare per imbastire una storia. Io, per comodità, mi sono permessa di spiegare il metodo suddividendo ulteriormente il lavoro di scrittura in tre grandi fasi: Pre-produzione, Produzione e Post produzione.

1.1 La teoria

I. Pre-produzione

È la prima tappa verso la creazione, il concepimento della storia. Si tratta di un momento di fondamentale importanza al quale è doveroso dedicare tutto il tempo necessario poichè da questo punto dipende l'intera riuscita del lavoro. Durante la Pre-produzione sono doverose l'assenza di giudizio e la più totale libertà. Giudicare un'idea

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poco originale o sbagliata allontana sempre più dal contatto con i personaggi ed avvicina, invece, all'autobiografia o alla vuota finzione.

Le fasi che caratterizzano questa prima fase sono le seguenti:

1) Breve descrizione di un solo personaggio in una fotografia. Vedo soltanto quell'unico personaggio, nulla e nessun altro. Due righe al massimo di descrizione.

2) Vedo tutta la fotografia, personaggio e contorno. Due righe al massimo di descrizione.

3) Succede una cosa nella fotografia.

4) Incomincio una concatenazione logica di domande e risposte partendo dal punto 3, per un totale di circa 40/50 domande e risposte.

5) Individuo fra le domande e risposte 5 snodi essenziali di racconto.

6) Suddivido il foglio in 5 parti e, dopo aver riportato ogni snodo essenziale, inserisco un nuovo momento (una scena, non un'azione) tra il 1° e il 2°, tra il 2° e il 3°, tra il 4° e il 5° e così via, fino ad aggiungere nuovi punti tra i nuovi momenti appena trovati. L'obiettivo è quello di arrivare, per una drammaturgia, a 10/15 punti totali. Avrò, allora, la scaletta. Una volta terminata sarà necessario riscrivere in modo più discorsivo e chiaro ogni momento.

La scaletta è fatta di scene che posso rimontare ed invertire. Ciò che non faccio mai, in questa fase, è lo spostamento di contesto. Inoltre, devo scrivere come scrivo io, perchè devo cercare il vero. Scrivo, dunque, ciò che conosco senza badare al gusto estetico. Durante l'applicazione del metodo scrivo la prima cosa sensata che mi viene in mente, senza giudicarmi. Se mi viene da ridere o se mi annoio mentre lavoro alla scaletta conviene cestinare tutto perchè lì c'è giudizio.

II. Produzione

La fase della produzione è quella in cui applico in maniera pratica la scaletta e, più in generale, l'intera Pre-produzione. Molti degli elementi reperiti durante la concatenazione logica di domande e risposte o, ancora, la descrizione fisica del personaggio nella fotografia, tornano, infatti, durante la prima stesura. Spesso ciò accade in maniera del tutto inconscia, altre volte si attinge dalla Pre-produzione per

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ottenere spunti e risposte chiarificatrici. Ciò che risulta fondamentale durante la prima stesura è l'ascolto dei personaggi. Non devo scrivere ciò che vorrei facesse o dicesse il personaggio, ma devo cercare (e trovare) la condizione emotiva del personaggio, devo sentirla. E sentirla non significa aver vissuto ciò che quel personaggio ha vissuto. Sentirla vuol dire recuperare un sentimento affine da me provato e riviverlo. Un esempio: se il personaggio è un orfano ed io no, devo cercare di rivivere sulla mia pelle il sentimento di abbandono provato quella volta in cui -poniamo- mia madre è venuta a prendermi tardi all'asilo e mi sono sentita sola al mondo. In questo senso posso scrivere ciò che conosco anche senza aver vissuto quella determinata esperienza del personaggio. Applicando questo criterio scriverò, dunque, il vero.

III. Post produzione

La terza e ultima fase è quella che può trasformare in maniera totale la prima stesura. Il primo momento imprescindibile è il lavoro di condizione/relazione sui personaggi. Nella storia tutto ruota attorno alla condizione emotiva del personaggio che, entrando in relazione con il contesto, si modifica. Per questo motivo è impossibile stabilire un'unica condizione emotiva e pensare che rimarrà invariata ogni qualvolta il personaggio A entrerà in contatto con il personaggio B. Sarebbe come pensare di essere sempre felici o sempre tristi senza cali o picchi di emozione. Durante il lavoro di condizione/relazione devo, dunque, intervenire sul testo che ho appena scritto. Ma come? Lo faccio rileggendo tutto a voce alta, senza interpretare nessuna delle parti, ed agendo fisicamente. Soltanto così potrò scoprire che molte battute non sono vere, che alcune sono superflue e che qualcun'altra, invece, ha soltanto necessità di essere rivista leggermente. Il lavoro di condizione/relazione, se portato avanti con accortezza, apre le porte all'ultimo passo della Post produzione: il grafico. In realtà, prima di poter disegnare gli assi cartesiani sarebbe necessario rispondere a quattro semplici domande che garantiscono una visione oggettiva e complessiva sul lavoro d'insieme e che permettono, pertanto, una maggiore consapevolezza di fronte al grafico stesso.

Le domande sono le seguenti: 1) Chi porta avanti l'azione? 2) Cosa vuole?

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3) Cosa fa per ottenerlo?

4) Chi o che cosa gli si oppone?

Se non trovo risposta anche soltanto ad una di queste domande, la scena va riscritta. Ciò potrebbe spingermi a pormi le domande già nella prima stesura o, al massimo, durante il lavoro di condizione/relazione, ma sarebbe un grande errore. Non sarei libera e affretterei i tempi, ottenendo risultati tanto immediati quanto scadenti. Sia le domande, sia il grafico, devono essere applicati a fine lavoro.

Per quanto concerne il grafico stesso, invece, devo limitarmi a disegnare due assi cartesiani. Nella linea orizzontale devo inserire i momenti emotivamente rilevanti e, attraverso una linea (parabola), segno i picchi e i cali emotivi. Se avrò un grafico equilibrato avrò fatto un buon lavoro, diversamente dovrò rimettermi a lavorare sul testo e, ancor più, sull'ascolto dei personaggi.

1.2 La pratica

I. Pre-produzione

 Fotografia

I. Un prete con i capelli corti brizzolati, sulla cinquantina. Lo si riconosce dal colletto bianco proprio dei sacerdoti. È seduto.

II. Il prete è seduto nel confessionale, con una mano tra i capelli. È all'interno di una chiesa ed attende i fedeli.

III. Dall'altra parte del confessionale arriva un uomo sulla settantina e s'inginocchia. Attende la confessione con sguardo basso.

 Concatenazione logica di domande e risposte 1. Chi è l'uomo? Suo padre Paolo

2. Suo padre non lo riconosce? No, perchè non lo vede da moltissimi anni 3. Perchè non lo vede da moltissimi anni? Perchè il figlio è andato via di casa

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4. Perchè? È stato allontanato da sua madre, moglie di Paolo

5. Per quale motivo è stato allontanato? Perché suo padre, da ubriaco, aveva cercato di violentarlo

6. Quand'è che ha cercato di violentarlo? Quando il figlio aveva 17 anni 7. Lui si è difeso? No, è rimasto immobile fino a quando è arrivata sua madre 8. Lei che ha fatto? Ha cacciato malamente il figlio dalla stanza

9. Perchè? Per restare da sola con suo marito

10. Che cosa gli ha detto quando sono rimasti soli? Che doveva cambiare vita 11. Il marito ha accettato? Sì, ma era troppo ubriaco per capire e si è addormentato 12. Quando si è svegliato cosa ha fatto? Ha chiesto dove fosse suo figlio

13. Sua moglie che gli ha risposto? Che suo figlio era fuori e ci sarebbe rimasto per un po'

14. Lui non si è stupito? Non particolarmente, perchè non ricordava nulla del giorno prima

15. Sua moglie non è tornata sull'argomento del giorno prima? No, ma ha iniziato ad essere scontrosa e lui ha capito che sicuramente l'aveva combinata grossa

16. Così non ha chiesto nulla? No, mai più

17. Non gli è rimasto il dubbio o la curiosità? Sì, ma non avrebbe potuto chiederlo a nessuno, fuorchè suo figlio. Lui, forse, sapeva, ma era fuori

18. Dov'era il figlio realmente? Il figlio era andato in seminario. Aveva chiesto aiuto ad un sacerdote durante la confessione, domenica mattina, dopo quel sabato in cui aveva rischiato la violenza

19. Era andato dal sacerdote perchè molto credente? No, perchè era stata sua madre a mandarlo, dicendogli di lavarsi quella colpa dalla coscienza

20. Ma quindi era stato violentato? No, per fortuna sua madre aveva interrotto l'incontro poco prima, ma entrambi erano già nudi

21. Il figlio è mai riuscito a riprendersi da quell'esperienza? Ci sono voluti molti anni, ma ha trovato conforto nella fede. Ora è sacerdote in una nuova parrocchia e ha perso ogni contatto con la sua famiglia subito dopo quell'evento

22. La sua famiglia non lo ha più cercato? No, suo padre ha sperato che prima o poi tornasse a casa

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24. In paese nessuno ha chiesto nulla dell'improvvisa sparizione del figlio? Sì, ma la madre ha detto a tutti che fosse partito per vendere il sughero in America

25. In realtà il figlio dove si trovava? Dopo aver terminato il seminario, aveva intrapreso la carriera ecclesiastica in giro per la Sardegna. Poi è stato mandato ad Olbia

26. Si trova bene ad Olbia? È arrivato in parrocchia da poche settimane e cercava di ambientarsi fino a quando, durante il sabato delle confessioni, dall'altra parte del confessionale ha riconosciuto la voce di suo padre

27. Suo padre lo ha raggiunto apposta? No, suo padre è andato a confessarsi per la prima volta dopo moltissimi anni. Si trovava ad Olbia per altre ragioni

28. Che cosa doveva fare ad Olbia? Doveva vedersi con una prostituta di via Genova, ma non gli andava più

29. Perchè? Faceva troppo caldo, avrebbe aspettato il buio. Nell'attesa era entrato in chiesa

30. Che aveva fatto in chiesa? Si era seduto al fresco e aveva osservato lo strano movimento: c'erano le confessioni e aveva iniziato a rimuginare

31. Su cosa? Sull'ultima volta che si era confessato e sul ricordo del sapore dell'ostia 32. Voleva riassaggiarla? Sì, perchè gli ricordava l'infanzia felice e voleva sentirsi in

pace con se stesso, una volta tanto

33. Quindi aveva deciso di confessarsi? Sì, quello stesso giorno, tanto non aveva niente di meglio da fare

34. Che fece? Si mise in fila e recitò a voce bassa ciò che ricordava dell'atto di dolore. Quando toccò a lui si alzò e andò nell'unico confessionale, rimanendo stupito dal fatto che ce ne fosse soltanto uno operativo. Si inginocchiò e parlò col sacerdote

35. Che gli disse? Che non si confessava da una vita e che non si ricordava bene l'atto di dolore

36. Il sacerdote che rispose? Non parlò, Don Mario aveva riconosciuto la voce di suo padre

37. E suo padre lo aveva riconosciuto? No e, infatti, continuava a sollecitare il sacerdote ammutolito, fin a quando non riprese a parlare

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essere prete e non uomo, ma, dopo poco, svelò la sua identità

39. E suo padre che fece? Si mise a piangere dalla felicità e cercò di convincerlo ad uscire per abbracciarlo

40. Il sacerdote che fece? Reagì malamente

41. E suo padre? Si indignò, innalzando un muro di orgoglio gli chiese perchè si fosse nascosto come un topo per così tanto tempo. Gli disse che lo aveva fatto soffrire e che nessuno in paese credeva più alla bugia dell'America che sua madre, per colpa sua, era stata costretta ad inventarsi. Gli disse anche che aveva fatto ammalare di dolore sua madre a causa della fuga

42. Don Mario che rispose? Gli chiese se, davvero, dopo aver provato a violentarlo, lui poteva rivolgergli quelle accuse

43. Il padre cosa disse? Negò tutto, fermamente convinto di non aver fatto nulla 44. Perché? Non ricordava niente e non aveva mai voluto far riaffiorare alla mente

certi ricordi. Quando capitò era ubriaco e ciò gli bastava

45. Non si sentiva in colpa? Non proprio, in fin dei conti non era successo nulla. Anche perchè lui non era mai stato omosessuale. Questo gli premeva sottolineare. Per questo, oltre quella di sua moglie, aveva sempre cercato la compagnia delle donne di via Genova. Fin da ragazzo. Lui non era gay

46. In sacerdote che fece? Volle capire se davvero suo padre non ricordasse niente ed iniziò ad evocare, ma si interruppe subito

47. Il padre ricordò? No e sostenne che avesse esagerato con questa storia e che, probabilmente, quello gay, tra i due, fosse lui. Sminuì e si giustificò. Volle essere assolto per andare dalla prostituta. Gli chiese di poter recitare l'atto di dolore per avere l'ostia pattuita e metterci una pietra sopra

48. Il sacerdote lo assolse? No, gli gridò contro chiedendogli se davvero volesse l'ostia

49. Il padre che disse? Rispose di sì perchè gli ricordava tempi migliori e più spensierati di quelli

50. Don Mario gli diede l'ostia? Sì, andò a prenderla e gli chiese di recitare l'atto di dolore, almeno quello

51. Il padre lo fece? Sì, lo recitò e poi mangiò l'ostia

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di ucciderlo, lo guardò negli occhi e lo benedì con rancore  Snodi essenziali

(1) Don Mario riconosce la voce di suo padre in confessionale

(2) Paolo (padre) va a confessarsi per la prima volta dopo moltissimi anni, mentre si trova ad Olbia per altre ragioni

(3) Paolo, dopo un'iniziale euforia, si indigna e accusa suo figlio (Don Mario) di essere sparito facendo, così, soffrire tutti

(4) Paolo, da ubriaco, aveva cercato di violentare suo figlio Mario quando quest'ultimo aveva 17 anni

(5) Don Mario dà l'ostia a Paolo avvelenandolo. Mentre lo guarda negli occhi, lo benedice con rancore

 Scaletta

1. Don Mario riconosce la voce di suo padre in confessionale

- Paolo è preoccupato perché non si ricorda più l'atto di dolore e si giustifica - Don Mario incomincia la confessione, ma balbetta

- Paolo parla di quand'era chierichetto e della voglia di rimangiare un'ostia 2. Paolo (padre) va a confessarsi per la prima volta dopo moltissimi anni, mentre si

trova in città per altre ragioni (prostitute) e don Mario gli chiede perchè. Inizia la confessione

- Don Mario gli pone alcune domande su suo figlio (balbetta ancora)

- Paolo risponde, ma dopo un po' non vuole più parlare e cambia discorso. Chiede a Don Mario di dargli un'ostia, anche sconsacrata, a fine confessione - Don Mario gli rivela di essere suo figlio (balbetta ancora)

3. Paolo, dopo un'iniziale euforia (in cui chiede anche spiegazioni sulla balbuzie), si indigna e accusa suo figlio (Don Mario) di essere sparito facendo, così, soffrire tutti

- Don Mario si arrabbia a sua volta e chiede spiegazioni sul passato (smette di balbettare)

- Paolo lo accusa di essersela spassata per tutti quegli anni senza pensare alla famiglia

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4. Paolo, da ubriaco, aveva cercato di violentare suo figlio Mario quando quest'ultimo aveva 17 anni (racconto di Don Mario) (balbetta)

- Paolo sostiene di non ricordare, ma, quand'anche fosse vero, non è riuscito a violentarlo

- Don Mario gli chiede perchè abbia osato tentare di violentarlo

- Paolo sminuisce: non è successo niente, suo figlio esagera per nulla. Gli chiede di nuovo l'ostia

5. Don Mario, dopo aver fatto recitare l'atto di dolore, dà ostia e vino a Paolo, avvelenandolo. Mentre lo guarda negli occhi, lo benedice con rancore

- Paolo si alza e si sente male

- Don Mario si avvelena a sua volta nella stessa maniera in cui ha avvelenato suo padre

 Scaletta estesa

(1) Don Mario è un sacerdote di quasi cinquant'anni arrivato da poco nella parrocchia cittadina. È sabato, il giorno destinato alle confessioni, e lui aspetta i fedeli "peccatori" seduto in confessionale. Arriva un uomo sulla settantina, si siede ed incomincia a parlare. Don Mario non ha dubbi: quella voce è di suo padre. Si agita, ma cerca di mantenere la calma.

(2) L'uomo si chiama Paolo, anche lui è teso. Dopo un saluto goffo ed impacciato al sacerdote, ammette ciò che sembra turbarlo più di ogni altra cosa: non ricorda l'atto di dolore. Prima lo sapeva a memoria, ma è rimasto mezz'ora seduto nel tentativo di ricordare le parole della preghiera, senza successo. Ricorda soltanto "Mio Dio mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati". Null'altro. Ha paura che, senza quella preghiera, il sacerdote non accetti di confessarlo e lui ci tiene molto.

(3) Don Mario, dissimulando con grande fatica, tiene a bada la sua ansia e inzia la confessione. Chiede, come sempre fa, da quanto tempo Paolo non si confessi. Mentre parla, però, non riesce a smettere di balbettare.

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(4) Paolo sostiene di non essersi più confessato da quando era bambino e faceva il chierichetto. Parla di quel periodo come di un'epoca certo lontana, ma piacevolissima da ricordare. Forse l'unica davvero felice della sua vita. Don Mario cerca di capire per quale ragione sia andato lì (non è, infatti, la sua città. Paolo vive in paese) e scopre che suo padre è in città perchè voleva andare con una prostituta che frequenta da anni. Don Mario, fingendo di fare la morale, fa parlare Paolo del suo matrimonio in maniera tale da avere notizie di sua madre. Paolo dice che, anni addietro, si è rotto qualcosa nel loro rapporto e ciò è combaciato con l'allontanamento di suo figlio, una domenica qualsiasi.

(5) Don Mario gli chiede se abbia mai cercato suo figlio e fa moltissime domande a riguardo. Vuole sapere se quel padre che non vede da trent'anni si sia preoccupato per lui, se si sia reso conto dei suoi errori. Paolo, dal canto suo, non ama dare troppe spiegazioni e quella confessione, per i suoi gusti, si sta trasformando in un interrogatorio al quale non vuole sottoporsi. Tenta, dunque, di cambiare discorso, in fondo non sa neppure perchè sia andato a confessarsi. Inizia, così, a parlare delle ostie e di quanto le adorasse, chiedendo a Don Mario la cortesia di fargliene assaggiare una, anche sconsacrata, non appena avessero finito.

(6) Don Mario, basito, gli chiede se lo riconosca. Paolo lo guarda attraverso i buchini del confessionale, ma non lo riconosce. Don Mario, allora, gli dice di essere suo figlio.

(7) Paolo è felicissimo, vorrebbe uscire dal confessionale e riabbracciare suo figlio. Gli chiede di andare a bere una birra insieme per festeggiare quel ritrovamento così assurdo e gli chiede anche della balbuzie (non si ricordava che suo figlio avesse questo problema). Don Mario, però, si irrigidisce ed è evidente che non sia affatto contento. Così Paolo si pone sulla difensiva: se c'è uno a dover essere arrabbiato, quello è lui (Paolo), perchè suo figlio è sparito anni addietro, nascondendosi come un topo, senza dare notizie alla sua famiglia e facendo soffrire tutti.

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(8) Don Mario è fuori di sé, ma cerca di contenersi nelle reazioni: è nella casa del Signore, è nuovo e non può di certo dare scandalo. Ad ogni modo, chiede a suo padre per quale ragione non abbia mai fatto nulla per trovarlo, per parlare con lui, per cercare di ricucire il loro rapporto. Continua a chiedergli che cosa gli abbia mai fatto per essere un figlio rifiutato. Gli chiede se sia figlio suo e lui ne sia sicuro. Gli chiede che domande si fosse fatto quando, quella domenica mattina, svegliandosi non lo trovò più in casa.

(9) Paolo, infastidito dal comportamento -a suo dire- ingiusto del figlio, inizia ad accusarlo: lui è andato via di casa perchè voleva vivere una vita migliore, perchè gli piaceva un altro stile di vita che loro non avrebbero potuto garantirgli. Lo accusa di essere stato un egoista che ha pensato solamente a ciò che gli interessava: lo studio e il divertimento. Lui (Paolo), che invece era un muratore, non avrebbe potuto capire e sarebbe stato guardato dall'alto in basso per sempre. Lo reputa incapace di pensare ad una famiglia, per questo s'è fatto prete: ancora una volta avrebbe agito unicamente pensando al suo bene. Lui non era nè sarebbe mai stato un uomo.

(10) Don Mario gli chiede se essere uomo voglia dire cercare di violentare un ragazzo di 17 anni. Inizia a raccontare che cosa accadde quel sabato di trent'anni prima.

(11) Paolo sostiene di non ricordare nulla di tutto ciò e, quand'anche fosse vero, non riuscì a violentarlo e quindi il problema non sussiste.

(12) Don Mario vuole sapere perchè abbia provato a compiere quel gesto orribile su di lui, suo figlio. È una domanda che lo tormenta da allora. Ha provato a darsi mille e più risposte, ma nessuna l'ha mai soddisfatto, nessuna ha mai avuto senso. Così lo chiede al suo carnefice: lui saprà chiudere il cerchio e motivare il folle gesto.

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(13) Paolo non è in grado di dare risposte chiarificatrici. Era ubriaco, aveva voglia di fare l'amore e ci ha provato. Forse in quel momento sua moglie non c'era, forse non poteva arrangiarsi diversamente e quella voglia non passava. È convinto, però, che non avrebbe fatto nulla perchè a lui piacciono le donne. Quindi il problema non c'è, in realtà non esiste. Don Mario esagera per nulla. Si tratta soltanto di una storiella di trent'anni fa. Una stupidaggine simile poteva rovinare la vita? No, ovviamente. Così Paolo cerca di voltare pagina, con prepotenza, quasi deridendo quella sofferenza. A Paolo non va di rovinarsi la giornata, in fin dei conti si erano ritrovati e avevano parlato. Ora gli chiede l'ostia, vuole andare via. Ha da fare.

(14) Don Mario è ammutolito. Un dolore troppo grande gli impedisce di ragionare con l'aplomb che lo contraddistingue come sacerdote. Va a prendere l'ostia promessa e porta con sè anche il calice di vino. Quando torna chiede a suo padre di recitare almeno l'atto di dolore. Gli dà l'ostia e il vino dopo che Paolo pronuncia "Mio Dio mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati" e lo benedice con rancore. È fuori di sé, ha occhi folli e atteggiamento calmo. Ha avvelenato il vino con il veleno per topi.

(15) Paolo ringrazia, lo saluta e si incammina verso l'uscita. Non appena va via, Don Mario beve tutto d'un fiato il restante vino e mangia un'ostia. Dopodichè recita il resto dell'atto di dolore iniziato da suo padre. Nel frattempo Paolo, quasi raggiunta l'uscita, inizia a barcollare e chiama suo figlio chiedendo aiuto. Don Mario si tappa le orecchie e ripete a gran voce "Mio Dio mi pento e mi dolgo con tutto il cure dei miei peccati". Paolo chiede che cosa gli abbia dato e Don Mario risponde di avergli dato la morte degna del padre di un topo che si è nascosto per anni. Entrambi muoiono.

II. Produzione

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Interno di una chiesa cattolica, un sabato pomeriggio estivo. Nella navata di sinistra, in un confessionale, siede Don Mario. È un parroco di quarantasette anni che è stato assegnato alla parrocchia cittadina da pochi mesi. Aspetta i suoi fedeli con una mano tra i capelli, nel frattempo legge un passo dal Vangelo. Dopo una lunga attesa, la sua lettura viene interrotta da un frastuono. Un uomo ha accidentalmente urtato una panca poco distante dal confessionale. Prima che Don Mario possa riprendersi dallo spavento, l'uomo si siede al suo confessionale.

Paolo: Cristo regni!

Don Mario: Sempre, ma...non non c'è bisogno

Paolo (interrompendolo): Per la panca mi scusi Don...

Don Mario ammutolisce.

Paolo: No, è che io stavo passando e mi sono distratto, guardavo la...come si chiama...l'altare. Lo avete allestito bene. Cioè io non me ne intendo, ma sono belli i fiori. Mettono allegria.

Don Mario continua a restare in silenzio.

Paolo: Ma è aperta, sì, la confessione? Perchè io non sono molto pratico e...

(Silenzio)

Paolo: Mi sente? Io no e non la vedo neanche da questi buchetti. Si sente bene don... Don Mario: S...s...sì, mi mi scusi

Paolo: No, si figuri. È che da qui non si capisce bene. E poi con questo caldo è un attimo sentirsi male. Io, l'altro giorno, sono svenuto mentre facevo un muro.

Don Mario: Un un un m...m...muro?

Paolo: Sì, un muretto per il giardino di casa. Sono muratore. Cioè, lo ero. Adesso chi ce la fa più a sollevare i sacchi di cemento e a lavorare sotto il sole tutto il giorno? Sto invecchiando don....don?

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Don Mario: Ma...mario. Doo...doo...do...don Mmmario Paolo: Ma qui non c'era Don Sandro?

Don Mario: Non non lo so

Paolo: Adesso, quindi, non c'è più? Parlo di molti anni fa, eh! In effetti... Don Mario: I...i...iniziamo?

Paolo: Certo, certo Don Mauro Don Mario: M...mmario

Paolo: Sì, sì, Don Mario. Mi scusi. È che sono un po' teso

Don Mario: Peeerchè? Qui è ne...ne...ne...nella caaasa del Signo...gno...re Paolo: Sì, lo so. Ma io non sono proprio uno che frequenta

Don Mario: Che frequenta che che che coosa? La parrocchia int...int...int...intende? Paolo: S...ssì. Sono rimasto seduto per mezz'ora lì in fondo. Mi chiedevo se venire o no. Ero indeciso.

Don Mario: E poi? Ha ha ha ri...ri...ritenuto oppooortuno do...domandare l'aiuto del Signo...gnore?

Paolo: Eh sì, già che c'ero

Don Mario: Che co...cosa la bloccava? Paolo: La vergogna

Don Mario ammutolisce nuovamente. Paolo: Don Ma?

Don Mario: E...eh. La la la as...scolto

Paolo: Niente. Mi vergognavo. È anche la prima volta che vengo e non... Don Mario: Nooon è di qui?

Paolo: No, abito in paese

Don Mario: Non freeequenta ne...ne...nepppure lì? Paolo: Ntzu

Don Mario: Ah

Paolo: Lo so che è peccato

Don Mario: Co...co...come si chi...chi...chiaama?

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Don Mario: Tu...tu...tutti siamo importanti da...davanti agli...gli occhi di di di Dio Paolo: Prima che iniziamo devo dirle una cosa Don Ma

Don Mario: Di...di...dimmi Paolo: Io voglio confessarmi oggi

Don Mario: Que...queeesto è un bene, si...siiignifica che la fe...fe...fede alberga nel tuo cuo...cu...cuore

Paolo: Ma ho un problema Don Mario: Eh

Paolo: Non so come dirglielo. È che dopo tanti anni uno se ne dimentica. Devo sempre pensare a mille cose e se non ti alleni a ripassare a mente te ne dimentichi. Ed io lo sapevo eh, non è che non l'ho mai saputo. Questo ci tengo che sia chiaro. Sono stato mezz'ora a provare e riprovare, ma non mi ricordo. Starò perdendo colpi, Don Ma, cosa le devo dire?

Don Mario: S...s...spiegati m...m...m...meglio. A cosa ti ti ti riferisc...sci? Paolo: All'atto di dolore, Don Ma

Don Mario: E qua...qua...qual è il proooblema?

Paolo: Che non c'è verso di ricordarmelo. So solo "Mio Dio mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati". Lo so che non basta per la confessione, ma voglio confessarmi. Cioè, fino a poco fa non ci stavo neppure pensando, sono sincero Don Ma. Poi, però, sono entrato qui a cercare fresco, mi sono seduto e mi sono detto: tu oggi ti confessi.

Don Mario: E inf...f...f...fatti sei qua Paolo: E quindi che dice?

Don Mario: C...c...che devo dire? Paolo: Va bene o no?

Don Mario: Ttti sto c...c...confessando Paolo: Ah, abbiamo già iniziato? Don Mario: S...ssì

Paolo: Ah, mi scusi. Credevo che non...

Don Mario ammutolisce. Paolo si avvicina ai fori del confessionale per cercare di vedere Don Mario.

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Don Mario (con tono più elevato): Da quanto? Paolo (tornando al suo posto): Da quanto cosa? Don Mario: Non ti ti con...confessi

Paolo: Da parecchio tempo Don Ma

(Silenzio)

Paolo: Don Mario?

(Silenzio)

Paolo: Don Ma si sente bene?

Don Mario: Da...da..da...da...dammi solo un at...ti...timo

Paolo: Guardi che se vuole vado via. Non è che per confessare me deve stare male lei. Mi voglio confessare, ma già aspetto. Non si metta problemi Don Ma

Don Mario: No, no no nooon ti preoccupare

Paolo: Eh, ma ogni tanto sta zitto. Vuol dire che non sta bene. Don Mario: Sto sto be...bene

Paolo: Vado a prenderle una bottiglietta d'acqua al bar? Don Mario: Le le le ho detto ti ti ti ho detto che sto bene Paolo: Guardi che non mi costa nulla. Ci metto un attimo Don Mario: NNNO!

Paolo: Va bene

(Silenzio)

Don Mario: R...riprendiamo Paolo: Eh

Don Mario: Da q...q...quanto tempo non ti co...co...nfessi? Paolo: Da quand'ero bambino

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Paolo: No

Don Mario: Aaah

Paolo: Non sono di certo un santo. Lo so. Per questo sono venuto. Se ero un santo non me ne stavo qui

Don Mario: Se fff...fossi stato un santo non aaavresti avu...avu..avuto bisogno di me. Pe...pe...perchè non ti con...confessi da co...così tanto te...tempo?

Paolo: Non lo so perchè. Non mi piace parlare degli affari miei agli estranei. Con tutto il rispetto, io, Don Ma, non conosco neppure a lei.

Don Mario: E allora perchè sei veeenuto?

Paolo: Perchè ogni tanto la coscienza bisogna lavarla

Don Mario: C'è qua...qual... c'è c'è qualcosa di di cui ti sei pentito?

Paolo: No, va be'. Non ho mai ucciso nessuno. Non rubo neppure. Però...però ho un desiderio

Don Mario: Desideri la do...do...donna d'a...d'a...d'altri? Paolo: Io? No

Don Mario: La ro...ro...roba d'altri aaallora?

Paolo: Noni, Don Ma. Io voglio sentirmi bene come quando ero piccolo. Come quando facevo il chierichetto con Don Giuseppe giù in paese. Questo è il motivo, il desiderio. Don Mario: Non non si torna indie...indietro. Non non si può

Paolo: Eh, ma se io mi riconfesso può darsi che possa sentirmi più leggero. Può darsi che possa tornare ad essere felice. O no?

Don Mario: S...s...sei infe...infe...infelice?

Paolo: A volte, ma non so perchè. E sa cosa faccio, Don Ma, per stare meglio? Ripenso proprio a quand'ero bambino. Oh, non è che sia stato bene. Ho inziato a lavorare con mio babbo in campagna quando avevo sì e no dieci anni. E pochi capricci. Mi dovevo alzare alle sei ogni mattina. Però prima (quani anni avrò avuto? Sette o otto anni) andavo al catechismo e in chiesa aiutavo Don Giuseppe con alcuni compagnetti. Devo essere sincero: lo facevo perchè la domenica ci dava qualche spicciolo, a Natale il panettone e a Pasqua il pane con l'uovo, quello decorato. Però mi piaceva. Stavo bene. E poi ci dava l'ostia sconsacrata. Mi piaceva troppo.

Don Mario: Se se se stavi co...co...così bene perchè hai smesso di di aaandarci?

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stato un periodo bello per me. Lei non l'ha conosciuto Don Giuseppe? (Silenzio)

Paolo: Un uomo di poche parole. Era bulber...burbero. O no, così si dice? Insomma, sembrava sempre arrabbiato, ma era buono. E generoso. Mamma mia sarò sessant'anni senza mangiare un'ostia.

Don Mario: Co...come mai sei venuto qui a con...con...confffessarti? Paolo: Credevo di potermi confessare dappertutto. Non è più così Don Ma? Don Mario: S...s...sì, non dicevo pe...per quello

Paolo: Ah, mi sembrava di avere fatto una figuraccia! È che, non essendo pratico, mi stava venendo il dubbio

Don Mario: Ti puoi cooonfessare do...dove vuoi. Ma ma ma mi hai detto che abiti i...in pppaese. Perchè ssssei veeenuto fin qui?

Paolo: Ero di passaggio e ne ho approfittato. E poi prefersico parlare con un estraneo che con facce conosciute. Quello che c'è adesso da noi dopo la messa va al bar e Dio solo sa cosa tutto si beve. Io non mi fido. Magari, quand'è ubriaco, dice le cose mie agli altri

Don Mario: C...c...c'è il segreto della co...con...confessione. Non Può dire nulla circa i t...tu...tuoi peccati

Paolo: Eh...io non mi fido. Non si sa mai Don Ma

Don Mario: Qqqqui dovevi s...sbrigare affa..fa..affari lavorativi? Paolo: Non proprio. Dovevo vedere una donna

Don Mario: Mmmma sei sposato!

(Silenzio)

Paolo: Come ha fatto a capirlo?

Don Mario: Me lo hai de...de...de...detto priiima Paolo: No Don Ma, non lo dico mai

Don Mario: E pe...per...perché non lo dici mmmai? Paolo: Perchè quando vengo qui sono single

(22)

Don Mario: Cos...cos...cos...cosa vuol di...dire?

Paolo: Che mi tolgo la fede e frequento via Genova, se proprio lo vuole sapere Don Mario: Ah

Paolo: Lo sa chi c'è in via Genova? Don Mario: Sì

Paolo: Le prostitute ci sono. Ed io le frequento fin da quando sono ragazzo. Ma le tratto bene e sono sempre stato attento negli anni. Attento a non metterle incinte, attento alle malattie ed attento a non dire chi sono

Don Mario: Ppe..perchè chi chi sei? Paolo: Un padre di famiglia

(Silenzio)

Don Mario: Tua moglie ha...ha...ha... mai so...so...so...sos...sospettato qualcosa? Lo lo lo sa?

Paolo: E chi lo sa, non glielo posso mica chiedere Don Ma! Non sono scemo! Don Mario: No...no...non ti sei mmmai pentito?

Paolo: Mah! Non so

Don Mario: Ti rendi cco...conto che è una cooosa grave venire mme..me...meno alle pro...messe fatte sull'altare? Tu hai pro...promesso di aaamarla e rispettarla se...se...sempre finchè morti non vi vi vi separi. Anda...anda...andare con altre donne si...signifca ama...amare tua moglie?

Paolo: No, quello è vero

Don Mario: E se se lei faaacesse altre...altrettanto? Se se anche lei frequentasse altri uuuomini?

Paolo: È meglio che non risponda qui in chiesa, Don Ma

Don Mario: Eh no, tu tu tu devi rispondere! È troooppo facile fa...farne quante Carlo in Francia e poi me...me...mettere la testa sssotto la sa...sabbia. Che uomo è quello che non ha il co...coraggio di assumersi le responsabilità del proprio ag...ag...agire? Tu non puoi andare con altre do...donne e poi andare a do...dormire tranquillo. Pensa a quella povera donna, pensa a quanto dolore le hai fatto provare negli anni a causa di una tua voglia. Credi che non lo sapesse? Credi che non potesse fare altrettanto? E invece non lo ha

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fatto!

Paolo: Don Ma... Don Mario: Eh! Paolo: È guarito! Don Mario: Chi?

Paolo: Lei, non balbetta più!

Don Mario: Non non è una malattia. A volte mi mi capita qua...quando qualcosa mi fa arrrabbiare

Paolo: Ah

(Silenzio)

Paolo: Ora mi ha fatto sentire un po' in colpa Don Mario: È giusto

Paolo: (sollevando il mento) Non ci avevo mai pensato.

Don Mario: Ma tu tu tu ci d...d...devi pensare. Il ma...ma...matrimomio è una scelta impo...mpo...mpo...rtante, un immmmpegno per tutta la vvvita. E tu cosa hai da...tu cosa hai da...tu cosa hai dato a tua moglie? Frustrazione e ma...ma...malinconia. Le hai fa...fatto vivere una vita oooorribile. Che ti ha fatto lei?

Paolo: Eh, Don Ma, ora non esageri! Anche lei ha le sue colpe Don Mario: E che che colpe ha? Non è che sa...saranno tutte le tue? Paolo: Lei si arrabbia, ma lo so io quello che mi ha fatto passare... Don Mario: E che co..cooosa?

Paolo: Da un giorno all'altro non mi ha quasi più rivolto la parola. E non so perchè Don Mario: C...ci sarà stato un un un un motivo

Paolo: Non mi va di parlarne

Don Mario: Questa è una confess...s...s...sione

Paolo: (avvicinandosi ai fori del parlatoio) E sono obbligato, per caso? Don Mario: No no no no non sei ooobbligato, ma ti faarebbe bene

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Paolo: Non c'è nulla da dire, in realtà. Una domenica mattina mi sono alzato tardi e non ho trovato più mio figlio in casa. Ho chiesto a mia moglie e mi ha detto che era uscito presto. Invece non è più tornato.

Don Mario: E tua moglie che che che coosa c'entra? Paolo: Non lo so, ma c'entra

Don Mario: Pe...per...perchè pensi qu...questo?

Paolo: Perchè io la conosco mia moglie e non mi frega lei. È strana da quel giorno. Dev'essere successo qualcosa, ma non me lo vuole dire.

Don Mario: Peeerchè?

Paolo: Eh. Mi odia. Mi odia perchè... perchè...già lo so io perchè Don Mario: Se se se tu pen..pen

Paolo: (interrompendolo) Perchè io bevo Don Ma, ecco perchè! Don Mario: Ah

Paolo: E cosa ci posso fare? Lo so che uno dice "smetti", ma tra il dire e il fare...È difficile. E poi cosa pensa che non ci ho provato? Io sto bene secondo lei? No. Ma è proprio perchè non sto bene che bevo. Quand'ero felice non bevevo. Ma quand'è che sono stato felice? Da ragazzino, forse.

Don Mario: E perchè non sei felice?

Paolo: Perchè, perchè! Cosa ne so del perchè! Il lavoro, la vita. Ti giri e sei già vecchio. Me la sono goduta la vita, forse? Cosa ho fatto a parte lavorare? Nulla. Mi sono sposato perchè ero grande ed era vergogna restare solo. Non ero malato nè scemo, quindi potevo lavorare e campare una moglie e un figlio. Ma a me cos'è rimasto? Niente m'è rimasto. Manco andare con le donne mi piace più. Prima ci prendevo più gusto e passavo un'ora tranquillo fuori casa. Adesso lo faccio, ma non so neppure io perchè. Per noia, per non sentirmi solo forse.

Don Mario: E tua moglie lo sa? C...c...cioè ti ti ti ha mmai detto quualcosa?

Paolo: Non parliamo molto. Non abbiamo mai parlato molto, neppure prima, da giovani. L'avrà capito, non è stupida. Ma non mi ha mai detto nulla. Non è per quello che non mi parla più.

Don Mario: Eee per...per...perchè allora?

Paolo: Secondo me la sera prima che mio figlio se n'è andato è successo qualcosa. Devo averle detto o fatto qualcosa, ma non me lo ricordo. Era un sabato ed io avevo iniziato a

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bere da appena sveglio. Ci ho pensato e ripensato, ma cosa posso averle fatto? Non l'ho picchiata, perchè non sono di quelli e poi me ne sarei accorto. Avrebbe avuto dei lividi, un segno o roba del genere. Invece niente. Non sono un santo, ma non sono neppure un violento, Don Ma. Non me la prendo con i più deboli.

(Silenzio)

Paolo: Don Mario? Don Mario: Sì

Paolo: Ho detto che non le ho fatto niente. Mi crede? Don Mario: Eh

Paolo: Però non mi parla ed io non le posso chiedere niente Don Mario: Perchè n..no?

Paolo: Perchè ho una dignità Don Mario: E tuo figlio? Paolo: Mio figlio cosa?

Don Mario: Di...dico lo hai cer...cer...cercato? Paolo: Sì

Don Mario: Eee ccome?

Paolo: Sono uscito e mi sono fatto un giro Don Mario: E basta?

Paolo: E cosa potevo fare? Non sapevo se doveva tornare, se se n'era andato con una ragazza in continente, se era partito per conto suo o no. Era vivo o morto? Io non lo sapevo

Don Mario: S...s...sì, ma in questi casi si con...contatta la Pooolizia, si domanda in gi...in gi...in giro. Tu non hai fatto nie...niente?

Paolo: Già lo so Don Ma, le ho detto che non sono scemo, ma mia moglie, che non sta mai zitta, ha detto a tutti che mio figlio era partito in America per vendere sughero. A chi chiedevo? Mi avrebbero detto: "Ma tuo figlio non era fuori per lavoro?". Allora sì che sarei passato per pazzo. Poi...per sughero! Non ne capiva niente di sughero, a lui volevano in America!

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Paolo: Ah boh. Con me non parla quella, lo chieda a lei. Riesce solo a lamentarsi. Da anni porta il lutto per il figlio, ma non mi dice nulla

Don Mario: Il lutto? Paolo: Eh, il lutto

Don Mario: Crede che t...tuo figlio sia mo...mo...mo...morto? Paolo: Tutto può essere, ma secondo me no

Don Mario: Come fai a dirlo? Non lo ha...non lo ha...non lo hai neppure cercato! Che padre è quello che non non non abba...abbandona le 99 pecorelle per andare a cerca...cerca...cercare quella smaaarrita? Pensi di essere un cri...cri..stiano dopo aver optato per il disi...si...sinteresse più totale? Si tratta di tuo figlio, carne della tua ca...carne, sangue del tu...del tu...del tuo sangue. Come puoi vivere se...se...se...senza sapere dove do...dorma la no...notte? Come fai a bere o fornicare senza saaapere se se se tuo figlio è vivo o mo...morto? Potrebbe esse...se...sersi suicidato o essere stato ucci...ucciso, così come potrebbe ess...essere lì fuori da qua...quaaalche parte!

Paolo: Non è morto

Don Mario: E chi te te lo dice? Paolo: No no, me lo sento

Don Mario: Ma che che che vuol dire?

Paolo: Con tutto il rispetto: ma lei che ne sa, Don Ma? Lei ne ha figli? No. Lo sa cosa vuol dire averne uno? Sono gioie e dolori. Sa, ad esempio, i grattacapi che le dà un figlio? Lei deve soltanto stare qui a pregare e a sentire gli affari degli altri, ma poi la notte dorme tranquillo che non ha il bisogno degli straordinari per pagare le bollette, fare la spesa o comprare scarpe nuove. Cosa avrebbe fatto lei al mio posto? Lei si sveglia e suo figlio non c'è più. Sua moglie si inventa una bugia e la dice a tutti in paese. Cosa fa lei? Dà scandalo? Cosa dice? Voglio sapere! Blocca uno per strada e gli dice che ha perso suo figlio da ubriaco? Uno perde le chiavi di casa, il portafoglio, non un figlio. Non scherziamo. Da fuori tutti geni, ma quando poi uno è in mezzo alle situazioni la cosa cambia. Come sempre!

Don Mario: Ti ti ti ricordo che anch'io s...s...sono un padre. Ssspirituale, ma te...tengo ai miei fffedeli come se fo...fossero mmiei figli. Come p...può, a sua volta, un fi..fi...fi...figlio onorare il pa...pa...pa...pa...

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Don Mario: E la maaadre se loro non si pre...preoccupano di di di lui? Paolo: Non è così facile

Don Mario: Insomma non non non vi manca, accidenti?!

(Silenzio)

Paolo: Per me è stato difficile venire qui a raccontarle gli affari miei privati. Voglio cambiare discorso.

Don Mario: È immmmportante prendersi le proprie re...re...responsabilità. Que...questo è il primo passo per raggiungere la fe...fe...felicità

Paolo: Don Ma non voglio più parlare di mio figlio. Non è una minaccia, ma se continua me ne vado. Se vuole rendermi felice deve cambiare discorso. Poi, se proprio vuole esagerare e rendermi felicissimo sa cosa può fare?

Don Mario: No

Paolo: Si tratta di una cortesia stupida, che a lei non costa nulla, ma a me farebbe tornare indietro nel tempo fino a quando ero piccolo. Vediamo se indovina...

Don Mario: Non so

Paolo: E ci provi, no?! Se è vero che mi ha ascoltato, cos'è che può rendermi felice? Don Mario: Non so

Paolo: L'ostia! Le ho detto di Don Giuseppe e compagnia bella. Non mi ascoltava? Io volevo chiederle, se è possibile, di poter avere un'ostia a fine confessione. Anche sconsacrata, eh. Anzi, forse è pure meglio. Una, una sola, per farmi rivenire la voglia di tornare a messa la domenica Don Ma. Che ne dice? Me lo fa questo favore? Se c'è altra gente meglio aspetto e la raggiungo più tardi in sagrestia. Oggi ho fatto un tuffo nel passato e voglio rivivere tutto: confessione e comunione, frustata e zuccherino. Mi passi il paragone.

Don Mario: Se...seeriamente?

Paolo: Eh. Se è fattibile, senza impegno

Don Mario: Se...se...seriamente ti preoccupi di questo?

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Don Mario: Guuuuardami

Paolo si avvicina ai fori del confessionale, stringe gli occhi, poi si allontana. Tenta di mettere a fuoco l'immagine del sacerdote.

Paolo: Non vedo bene, c'è troppo buio là dentro. Cosa c'è Don Ma?

Don Mario: Se se se se non mi vedi as...as...ascolta bene l...l...la mia voce. Paolo: Dica

Don Mario: Non l'hai mai sen...seentita? Paolo: Ntzu, mai

Paolo prova a riavvicinarsi ai fori. Paolo: Si avvicini Don Ma

Don Mario si sporge, poi si riallontana subito. Paolo: Ci conosciamo?

(Silenzio)

Paolo: Don Ma, mi scusi, ma io non so chi è

(Silenzio)

Don Mario: Sono Mario Paolo: Mario?

Don Mario: Eh Paolo: Mario chi?

Don Mario: Tu...tu...t...tuo fiiiiglio

(29)

Paolo: (indietreggiando e riavvicinandosi) Mario? Don Mario: Sì

Paolo: Mario...

(Silenzio)

Paolo: Ma dove eri? Io...io...non so cosa dire. Balbetto anch'io! Mario, cristosanto, dove sei stato?

Don Mario ammutolisce.

Paolo: Ma tu avevi capito subito? Mi avevi riconosciuto? Mario! Quanto ti ho cercato, io non...non sapevo cosa fare. Ma dove eri? Dove ti sei nascosto? Fatti vedere! Come stai? Da quant'è che sei prete? Mamma mia...

(Silenzio)

Paolo: Bisogna dirlo a tua madre, quella muore di infarto se glielo dico! Ah ah ah...Mario! Ajò esci da lì che andiamo a bere una cosa insieme. Dobbiamo festeggiare, ci vuole una birra fresca e un brindisi! Fatti vedere, madonnasanta! Se lo sapevo che bastava venire e confessarmi per trovarti!

Non puoi uscire? Don Mario: N...n...no

Paolo: Ajò e fregatene. Certe cose vanno bevute! E poi ho una sete...Ma magari tu non bevi. I preti possono bere? Vieni lo stesso, Gesù già ti perdona che sei bravo tu.

Don Mario: Ho ho da fffare

Paolo: Ascolta, ora te lo posso chiedere: da quand'è che balbetti? Prima eri sano. Cosa ti è successo? Male ti hanno fatto?

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Paolo: Va be'. Non ne parliamo. Pensiamo a festeggiare questo ritrovamento che sembra uscito da un film. Sembriamo in quel programma di anni e anni fa. Te lo ricordi? Quello con Raffaella Carrà che faceva incontrare gente dopo chissà quanto. Come noi. Io non ci credo! Mi sembra così assurdo. A te no?

Don Mario: Eh

Paolo: Io mai e poi mai sarei venuto a confessarmi senza questo caldo schifoso e appiccicoso. Ora già te lo posso dire: a me non me ne fregava niente della confessione, cercavo un po' di fresco in chiesa perchè fuori ci saranno stati quaranta gradi. Ora posso essere sincero...ah ah ah...chi l'avrebbe mai detto. Io che ritrovo mio figlio dopo trent'anni e gli do pure del lei convinto che è prete! Ajò al bar, ti aspetto fuori.

Don Mario: No, no no non è pos...possibile. Tra poco c'è c'è c'è c'è la mmmessa ed io devo p...presenziare

(Silenzio)

Paolo: Come... devi prenziare? Don Mario: Eeeh, so...sono prete no?

Paolo: Eh, già me ne sono accorto che sei prete. E tu, dopo trent'anni, l'unica cosa che riesci a dirmi è no?

Don Mario: Tu tu tu aaaarrivi qui e pre...pretendi di sconvolgere tu...tu...tu...tutto. Io non non non non sono più un bamba...bamba...bambino. Ho de...degli obblighi. U...u...un lavoro

Paolo: Ah, è un lavoro questo? Don Mario: Sì

Paolo: Fammi vedere le mani Don Mario: Ppperchè?

Paolo: Perchè non penso che c'hai i calli. Zappa non ne hai mai preso in mano e non mi sembra neanche che lavori in cava. Cos'è che fai? Preghi. Accidenti!

(Silenzio)

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conto a nessuno. Le bollette te le pagano i bigotti e tu devi solo far sentire in colpa la gente miserabile come me. Non sei stupido, due calcoli già te li sei saputi fare. Alla faccia mia e di tua madre, che ti cercavamo come scemi dalla mattina alla sera. Te l'ho detto del lutto che porta tua madre? O non mi ascoltavi proprio in confessione? Noi in pena e tu con i soldi in tasca. Costava molto farci una chiamata?

(Silenzio)

Paolo: Oh, ce l'ho con te! Ti costava molto chiamare? Rispondimi! Don Mario: Sssì, mi ccostava moltissimo

Paolo: Ma spiegami una cosa: sei tu l'arrabbiato?

Don Mario: Abba...abbassa la voce, s...s...siamo in chiesa Paolo: Non me ne sbatte niente di dove siamo

Don Mario: S...se...se...senti, que...questa è è la mia vita. Noon ti permetto di entrare e fffare come ti pa...pare. A ca...casa comandavi tttu, qui co...co...comando io

Paolo: Ma cosa comandi che non sai più neanche parlare?! Neppure una chiamata. Trent'anni, mica due giorni, trent'anni! Trent'anni senza dirci manco crepate. Trattati come bestie. Finchè ti siamo serviti ci hai sfruttati, poi ci hai mandati al macello. Buttati via. Noi, i tuoi genitori. Noi, che ti abbiamo fatto. Irriconoscente che non sei altro! E adesso sei tu l'arrabbiato? No, bello mio. Quello sono io. Io sono arrabbiato, non tu. Arrabbiato e deluso da un figlio che ha fatto penare il padre nascondendosi come un topo per anni. Cosa sei un uomo tu? Tutti hai fatto soffrire. Tutti. Ed io non te lo perdono questo. A me non mi prendi in giro. Perchè se io ti di...

Don Mario: (interrompendolo) Tttu non mi perdoni? Tu saresti qqquello offeso?! Pazzesco! Eh eh eh mi viene da ridere. E, sentiamo, perchè avrei dovuto cercarti se tu non lo hai mai fatto?

Paolo: Io ti ho cercato! Te l'ho detto prima

Don Mario: No, tu hai farneticato. Ha...ha...hai detto che non potevi fare nulla perchè mamma aveva detto a tutti del lavoro all'estero. Tu, esattamente, cosa hai fa...fatto? Nulla. Come mille altr...altr...altre vooolte. Nulla di nulla. Mamma ha portato il lu...il lu...il lutto, mamma ha detto dell'Ame...me...merica, mamma è stata ma...male. E tu? Fammi un solo esempio pra...pratico di ciò che hai faaatto! Dillo

(32)

Paolo: Non sai cosa dici

Don Mario: Io? Io non so cccosa dico? Lo so fin troppo bene. Di...di...dico la verità Paolo: Ntzu

Don Mario: Dimmelo. Di...di...dimmelo perchè non mi non mi non mi hai mai cercato. Dimmi cosa ti ho mai fatto io, perchè ci ho ci ho pensato tu...tu...tutta la vita e non so...non so...non sono mai riuscito a darmi una ri...una risposta! Perchè? Perchè non hai tentato di rime...rimetterti in contatto, perchè non...

Paolo: (interrompendolo) Come facevo? Per me eri scomparso!

Don Mario: E allora perchè dia...diavolo non hai mai de...denunciato la mia sc...sc...scomparsa? Perchè?

Paolo: Non lo so perchè Don Mario: Ah

Paolo: Cosa ti devo dire? Dovevo uscire a chiamarti per strada come facevo col cane? Don Mario: Alm...alm...almeno il cane lo cercavi

Paolo: Ma smettila

Don Mario: Avresti po...po...potuto tentare di r...rrr....ricucire il rappo...il rappo...il rapporto

Paolo: Lo facevo se mi chiamavi, tu invece dovevi giocare a fare il topo. Ti piaceva tanto. O no?

(Silenzio)

Don Mario: Io non ho mai mai giocato a fare il topo. Tu mi hai trasformato in un to...to...to...topo. Tu mi hai obblo...obblo...obbligato a nascondermi!

Paolo: Io?

Don Mario: Sssì tu

Paolo: E perchè? Ti ho mai detto di nasconderti io?

Don Mario: Non non c'entra di...dire. C'entra co...come uno si co... si co...mporta. C'entra il voler bbbene ed io non...

Paolo: E tu cosa?

Don Mario: Io non... Tu non... Paolo: Io non cosa?

(33)

Don Mario: Io non mi non mi non mi non mi sentivo ama...ama...ama...amaaato. Tu non mi hai mai detto ti ti ti ti voglio be...bene. Mai, neppu...neppure da piccolo. Perchè? Perchè? Tutti i pa...padri lo dicono, tutti l...l...lo dicono a tutti. Perchè tu non me me l'hai mai de...detto?

Paolo: Perchè non sono una femmina. E neanche tu. Manco a tua madre l'ho mai detto da sposini. E non l'ha fatta tragica.

Don Mario: Tu...tu...tu non mi volevi ve...vero? Paolo: Quando?

Don Mario: Quando mi avete aaavuto Paolo: E chi se lo ricorda

Don Mario: Non sa...sai se volevi tu...tuo figlio? Paolo: Quanti anni hai tu adesso?

Don Mario: Quarantassssette

Paolo: Ecco. Secondo te mi ricordo cosa pensavo quarantasette anni fa? Cosa facevo quarantasette anni fa? Mi ero sposato e poi? Lavoravo in costa. Anzi no, bugia mia: non avevo ancora iniziato giù. Non c'avevo una lira in tasca. Avevo perso il lavoro subito dopo il matrimonio. Tu sei nato in quel momento. Allora no, non potevo volerti. Ma ti ho tenuto. Non ho detto a tua madre di darti. Eppure lo facevano in molti giù da noi. Te lo ricordi Giovanni, quel bambino che giocava con te in via nostra?

Don Mario: Sì

Paolo: Quello non era mica figlio di signora Maria. Quella non rimaneva incinta neppure se il marito ci provava tutte le sere. Giovanni lo aveva preso e cresciuto come un figlio, ma la madre era Santa, che tanto santa non era. Te la ricordi tu? Era sposata con il Maresciallo Degortes. Poi se n'erano partiti in continente. A Milano mi sa. Ti ricordi?

(Silenzio)

Paolo: Io probabilmente non ti volevo, ma ti ho cresciuto Don Mario: Ma io so...sono figlio tttuo?

Paolo: (alzando la voce) Che domande stupide mi fai? Secondo te sono cornuto e fesso? Sei figlio mio sì, sennò non ti crescevo io e tua madre finiva in mezzo alla strada, per

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non dire altrove

Don Mario: E che che ne sai?

Paolo: (guardandolo dritto negli occhi) Hai finito?

(Silenzio)

Don Mario: E quella do...domenica? Paolo: Ancora?

Don Mario: E quella do...domenica, secondo te, cos...cos...cosa mi mi era successo? Paolo: Lo saprai tu cosa ti è successo

Don Mario: Lo sa...saprò io... Tu non lo sai di ce...certo. O no?

Paolo: Oh, ascolta don coso, ora mi stai infastidendo. Te ne sei andato tu e accusi me? Ma cosa vuoi? Te ne manca molto? Ora mi hai rotto le scatole. Mi che non ti ha chiesto nessuno di andartene, nè di tornare. Sai cos'è? Fai tanto la vittima, ma sei tu il colpevole. Dillo perchè te ne sei andato!

Don Mario: De...de....de....de...de...

Paolo: Ma de de de de cosa? Dillo però! Parla come un cristiano e dillo perchè te ne sei andato, al posto di accusare sempre gli altri. Te ne sei andato perchè la vita nostra ti faceva schifo. O no? Perchè non te ne fregava niente degli altri. Tu ti chiudevi in camera tua e il resto del mondo poteva crepare.

Don Mario: Ma che che che dici?

Paolo: La verità. Tua madre dice che studiavi là dentro, io dico che uno non studia tutto il giorno manco se lo pagano. Neanche i dottori studiano tanto, neppure lo scienziato. Ne so molto cosa facevi, ma ogni volta che uscivi dalla stanza ci guardavi dall'alto in basso a me e a tua madre.

Don Mario: No...no...non è vero

Paolo: Eh, già è vero. Pensaci un attimo. Sempre zitto e con quella faccia da schiaffi. Studiavi ed uscivi a divertirti. Mi, quello già lo sapevi fare. Uscivi e tornavi quando io, alla tua età, andavo in campagna a faticare. E ti ho mai detto niente? Mai, neppure mezza parola. Eri ancora a scuola e lì già andavi bene. I voti erano belli. Ma di pensare al lavoro neanche l'ombra. Strascìno eri e strascìno sei rimasto.

(35)

meglio pe...per te? Mi mi sarei dovuto trasformare in un in un un nuovo te? Mi avresti appre...aaapprezzato?

Paolo: Beh, sarebbe stato diverso Don Mario: Ma di...diverso per chi?

Paolo: Per te. Avresti capito cosa vuol dire lavorare Don Mario: Io la...lavoro

Paolo: Parlo di lavoro vero, quello che ti fa sudare e tornare a casa distrutto la sera. Lo sai cosa voglio dire. Per diventare un uomo grande quel lavoro ti serviva, non gli altri. La gente viene da te, si confessa e poi rifa gli stessi peccati. Il tuo lavoro è stato utile? No. Io faccio case perchè la gente senza casa non può stare. Il mio lavoro è utile? Sì. Don Mario: Il tuo lavoro è uuutile

Paolo: Sì, è utilissimo. Senza quello non ti avrei campato. Il lavoro lo fai anche per la famiglia, soprattutto per la famiglia. Tu non sei capace di pensare agli altri, tu pensi solo a te. Se facevi il mio lavoro non sparivi come hai fatto. Invece eri uno sbandato senz'arte nè parte

Don Mario: Avevo di...diciassette anni!

Paolo: Io a dieci mi guadagnavo il pane. Lo portavo a mia madre. Tu non lo facevi a diciassette anni, non lo fai neppure adesso che ne hai quarantasette ed io e tua madre siamo malridotti. Guardati: sei diventato prete per pensare a te stesso senza rotture. Tu non riesci a pensare ad una famiglia. E chi non ci riesce, per me, non è un uomo.

Don Mario: E tu sei un uuuomo?

Paolo: Io sono sempre stato un uomo, fin da bambino

(Silenzio)

Don Mario: Eeessere uomo vu...vuol dire cercare di vi...vi...violentare tuo figlio di 17 aaanni?

Paolo: Cosa?

Don Mario: Eeessere uomo vu...vuol dire cercare di vi...vi...violentare tuo figlio di 17 aaanni?

Paolo: Ma che cavolo stai dicendo? Ma sei pazzo?

(36)

da uomini che pen...pensano alla fami...famiglia Paolo: Ed io cosa c'entro?

(Silenzio)

Don Mario: Non non lo sai cosa cosa c'entri? Paolo: No. Dovrei saperlo?

Don Mario: Sì, visto che mi hai ro...rovinato la vi...la vita Paolo: Io a te? Io ti ho rovinato la vita?

Don Mario: Non non non non te la ricordi ca...ca...camera mia? Paolo: Ebbe'?

Don Mario: Non non sei entrato con un'intenzio...con un'intenzio...con un 'intenzio Paolo: Un'intenzione di cosa?

Don Mario: Diiiversa un s...sabato se...se...sera?

(Silenzio)

Don Mario: Ha...ha..hai aspettato che mamma anda...andasse in chiesa pe...per la per la per la mmmessa delle sei e poi tu...

Paolo: E poi io?

Don Mario: E tu tu tu eri ubriaco marcio, sssbandavi. Ti eri persino fe...ferito ad un gi...ad un gi...ad un ginocchio sbattendo contro il taaavolino del salotto. Ti colova un po' di sa...sa...sangue, ma non non non te n'eri neppure acco...acco...accorto. Avevi gli occhi così lu...lucidi e caaalati da fare schifo. Puzzavi di vino, biascica...biascica...biascicavi parola...lacce e bestemmie contro non so chi. La cosa non mi stupiva perchè ero abituato.

Paolo: Non ho mai detto di essere un santo, ognuno ha i suoi difetti

Don Mario: Fin da bambino ti ho viiisto in quelle condizioni. Allora non ca...ca..ca...capivo che che che bevessi. Pe...pe...per me eri solo "straaano" e non mi non mi piacevi, ma sapevo che quella stranezza duuurava un gio...gio...giooorno e la mattina se...seguente sa...saresti tornato normale. Ma comunque era una cooosa che mi fa...faceva arra...arra...arrabbiare.

(37)

Paolo: Ma cos'è il mio processo questo? No, perchè non mi piace molto questa situazione. Inizio ad innervosirmi

Don Mario: No, non non è il tuo pro...processo. Vo...voglio raccontarti que...questo aneddo...aneddo...aneddoto. Que...quel sabato sei entrato uuubriaco in ca...camera mia e hai chiu...chiu... e hai chiu...chiuso la porta. Ti sei spo...spogliato e mi hai gua...gua...gua...gua...guardato con uno sguardo stra...stra...stra...strano. Mi ha...mi ha...mi hai chiesto "Cooos'è ti vergogni?". Io ero immo...immobile, non ca...non capivo, come quand'ero piiiccolo e ti vedevo stra...strano. Restavo fermo in pie...piedi. Allo...allora mii hai impo...impo...imposto di spogliarmi anch'i...anch'i...anch'io. Mi hai de...de...de...detto "Obbe...obbedisci a tuo pa...pa...padre e girati". Me l'hai gri...gri...gridaaato in faccia, ma io re...re...restavo immobile. Mi hai abbassato i panta...pantaloni ed io ho uuurinato da...da...dalla paura. "Cos'è, ti pisci da...dalla felicità cooome i cani?", mi hai chiesto ri...ridendo. "Se se lo sapevo ve...ve...venivo prima", hai deeetto. Poi è...è...arrivata mamma, perchè la me...messa per fortuna era fi...fi...finita. O no? È andata co...co...cooosì o ri...ricordo male?

(Silenzio)

Don Mario: Mamma mi ha mi ha mi ha detto che ero uno sve..svergognaaato e mi ha trascinato fuo...fuori dalla mia sta...sta...stanza in malo mooodo. Mi detto di di di la...lavarmi e si è chiu...chiusa in camera con con te. Più se...se...se...sentivo gridare più apri...aprivo il rubinetto dell'a...dell'a...dell'acqua. Litiiigavate.

Paolo: Cosa le ho fatto di male?

(Silenzio)

Paolo: Dimmelo, che me lo chiedo da tutta la vita! Lei mi ha detto qualcosa?

(Silenzio)

Paolo: E pensare che sei prete e dovresti essere buono col prossimo... Don Mario: Io ho ho sentito po...poco

(38)

Paolo: E cosa hai sentito?

Don Mario: Ti ha detto che do...che do...che dovevi cambiare vita Paolo: Cambiare vita? Tutto qui? E cosa vuol dire cambiare vita? Don Mario: Vuo...vuo...vuol dire essere migliori di ciò che che si è Paolo: E allora?

Don Mario: E e e allora tu sei diverso o uguale a pri...prima? Paolo: Io sono sempre io

Don Mario: E allo...allora in tre...tre...trent'anni non è cambiato nu...nu...nulla

(Silenzio)

Paolo: Io non mi ricordo niente di quella sera Don Mario: No?

Paolo: Ntzu. Niente di niente. Don Mario: Niente di niente...

Paolo: Cioè mi ricordo che avevo bevuto, questo sì, ma sono sicuro di non aver fatto nient'altro! Chi me lo dice che non stai inventando tutto di sana pianta? Per quanto ne so puoi anche non essere mio figlio Mario. Le prove voglio, sennò è la mia parola contro la tua.

Don Mario: Ma qua...quali prove vuoi che ti dia?

(Silenzio)

Paolo: È impossibile

Don Mario: È impossibile, ma ma è succe...successo

Paolo: Ntzu, io non sono di quelli...di quelli lì. Non è roba per me. Mi piacciono le femmine a me

Don Mario: Que...questo è tutto ciò che sa...che sai dire? Do...dopo trent'anni que...questo è ciò che ti preoccupa?

Paolo: Ascoltami, ma chi sei tu, mio padre? No perchè è da prima che mi sgridi come un bambino. Io non so cosa ti hanno insegnato qui, ma ti ricordo che sono io tuo padre e voglio rispetto!

(39)

Don Mario: Sennò sennò sennò mi mi mi ca...ca...cacci via di di caaasa?

Paolo: Sennò ti prendo per quel colletto bianco che hai, ti trascino fuori da qui e vediamo se in questi anni hai imparato a prenderne anche senza il mio aiuto. O cos'è, credi che ora che sei prete mi faccio molti problemi? Credi che dopo un po' non mi devi portare più rispetto? Io, a mio padre, gli davo del voi e ne ho prese anche quando ero già sposato. Tu puoi diventare anche papa, ma sono sempre tuo padre

(Silenzio)

Paolo: E comunque, tornando a prima...Anche se non ci credo, facciamo finta che è vero quello che mi hai detto. E quindi? E se eravamo nudi tutti e due? È successo qualcosa? No. E allora la coscienza è pulita perchè il peccato non c'è stato

Don Mario: Non non c'è sta...stato per misericordia divina, ppperchè mamma ha interrotto

Paolo: Non c'è stato. Punto

(Silenzio)

Don Mario: Po...posso farti una doomanda?

Paolo fa un cenno di consenso con la testa. Don Mario: Perchè?

Paolo solleva le spalle, mentre guarda in basso.

Don Mario: Ci ci ci sarà una risposta. Io de...de...deeevo saperla. Perchè? Perchè io? Me lo chiedo da allora e...e...fffa male

Paolo: Se è vero che è successo, non c'è un perchè. Ma non è neanche successo, quindi...

Don Mario: Ci ci deve essere! U...uno non fa llle cose ta...tanto per farle. Tu avevi scelto mmme, non uno qua...qualsiasi

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