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LA CHIRURGIA EPATICA DEL RISPARMIO D'ORGANO

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Abstract

La chirurgia epatica resettiva con risparmio di parenchima ha come

obiettivo l’asportazione radicale di lesioni tumorali preservando la

maggiore quantità possibile di tessuto sano. Tale approccio è ad oggi

l’evoluzione d’avanguardia rispetto alla chirurgia tradizionale che

prevede il sacrificio di ampie porzioni di fegato.

Lo studio della morfologia epatica affonda le radici nei vaticini che i

Babilonesi eseguivano a scopo divinatorio già 5000 anni fa; in epoca

moderna il punto di arrivo è costituito dalla classificazione di Couinaud

(1957) che schematizza il fegato in 8 segmenti sulla base dei rapporti

anatomici interni tra le diramazioni del sistema portale e del sistema delle

vene sovraepatiche.

Le tecniche di resezione tradizionali formalizzate in maniera autorevole

da Bismuth (1982) e riorganizzate nella classificazione di Brisbane (2000)

hanno come proprio razionale l’utilizzo dei grossi assi vascolari come

riferimento per la realizzazione dei piani di sezione.

L’avanzamento delle tecniche di imaging preoperatorie e l’introduzone

dell’ecografia intraoperatoria hanno raggiunto un tale livello di

accuratezza da permettere la pianificazione di interventi mirati nel

rispetto delle strutture vascolari nobili basati non più su modelli ideali

bensì sulla reale anatomia del singolo paziente.

L’identificazione di vene comunicanti e le ricostruzioni vascolari con o

senza l’utilizzo di protesi rendono ad oggi resecabili anche lesioni che

infiltrano una o più vene sovra-epatiche alla confluenza epato-cavale con

il sacrificio di minime quantità di parenchima epatico.

La chirurgia con risparmio di parenchima, assicurando un adeguato

“future liver remnant” costituisce una risorsa concreta nell’ambito di una

gestione multidisciplinare della patologia oncologica complessa.

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LA CHIRURGIA EPATICA DEL RISPARMIO D’ORGANO

1. ANATOMIA NORMALE DEL FEGATO 1.1 L’anatomia del fegato nella storia 1.2 Anatomia macroscopica

1.3 Anatomia microscopica

1.4 Concezioni moderne di segmentazione epatica

2. CHIRURGIA RESETTIVA EPATICA

2.1 Principi generali della chirurgia resettiva epatica

2.2 Il limite della chirurgia resettiva tradizonale: “Future Liver Remnant” 2.3 Chirurgia resettiva epatica mini-invasiva

2.3.1 Ruolo della laparoscopia 2.3.2 Ruolo della robotica

3. STRATEGIE CHIRURGICHE PER SUPERARE IL LIMITE DEL “FUTURE LIVER REMNANT”

3.1 L’embolizzazione portale 3.2 La two-stage hepatectomy 3.3 L’ALPPS

4. PARENCHIMA SPARING HEPATECTOMY

4.1 Principi Generali (l’anatomia intraepatica per assicurare il corretto in-flow ed out- flow)

4.2 Parenchymal-Sparing Hepatectomy

4.3 La PSH nell’esperienza dell’UO chirurgia generale colon rettale pisana 4.4 Casi clinici

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1.1 ANATOMIA E CHIRURGIA EPATICA

“Il tempo in cui la chirurgia epatica era confinata alle epatectomie atipiche o alle resezioni a cuneo dipendenti dalla localizzazione o sul volume della lesione, appartiene al passato. Oggi le resezioni epatiche si basano sulla precisa conoscenza delle naturali linee di divisione che definiscono l’anatomia chirurgica del fegato” Prof. Henri Bismuth, 19821.

Le prime nozioni di anatomia epatica risalgono al regno assiro-babilonese (2000-3000 AC) dove, ritenendo il fegato culla dell’anima, si praticava l’epatoscopia a scopo divinatorio2. Si ha un chiaro

riferimento alla cultura epatoscopica della civiltà greca antica con il celebre mito di Prometeo; Esiodo nella Teogonia (700 a.C. circa), narra che il titano, reo di aver consegnato agli uomini il fuoco rubato agli dei, venne deportato nella Colchide ed incatenato ad una roccia; ogni mattina un’aquila gigantesca gli squarciava il petto e si cibava del suo fegato che, miracolosamente, ricresceva durante la notte. Dietro la descrizione del perpetuarsi dell’atroce supplizio si può estrapolare quantomeno l’intuzione circa la capacità funzionale residua di un volume ridotto di fegato e il suo potere rigenerativo3. La prima descrizione medicalmente rilevante dell’anatomia del fegato è opera di Alessandro Erofilo di Calcedonia (334-280AC), non a caso da alcuni definito “padre dell’anatomia”, grazie ad autopsie e vivisezioni che egli stesso conduceva. Sebbene le sue opere siano andate perdute, Galeno lo cita diffusamente nei suoi trattati4. Erasistrato di Ceo,

contemporaneo di Erofilo e considerato uno dei padri della fisiologia, coniò la parola “parenchima” e fu il primo a proporre la presenza di un letto capillare intraepatico2. Fino al XV secolo è stata l’anatomia di Galeno (130-200 DC) a dominare la letteratura medica. Egli riprese le descrizioni morfologiche di Erofilo4, per la prima volta ipotizzò una struttura del fegato pentalobata2 e studiò inoltre la vascolarizzazione attraverso attente tecniche di dissezione praticate su molte specie di animali, giungendo alla seguente conclusione: “è possibile mettere in evidenza una grande vena che entra in ogni lobo la quale si divide in molte piccole vene, come il tronco di un albero in molti rami. Queste ancora si dividono in altre più piccole”4. Ciò lo condusse a sostenere che il fegato fosse il

luogo di produzione del sangue e quindi la sede dell’anima. Inoltre, la teoria galenica degli umori, basate sulle nozioni ippocratiche, divenne un punto saldo nei cultori della materia che

consideravano così la malattia come una perdita dell’omeostasi tra i quattro umori: sangue, flemma, bile gialla e bile nera. Nel Medioevo la fede nell’ipse dixit aristotelico e galenico impedì il

progredire della scienza medica fino all’inizio del Rinascimento. Sarà necessario aspettare fino alla prima metà del 1500 con Berengario da Carpi e Andreas de Laguna per avere teorie che si

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5 discostassero da quella classica dei 5 lobi epatici proposta da Galeno. L’era

“pioneristica-anatomica” la si può far risalire all’inizio del XVI sec. Quando Andrea Vesalio “scende dalla cattedra e affonda le sue mani tra i visceri per scoprire e insegnare i segreti del funzionamento della macchina umana”; l’illustre anatomista nelle sue “tabulae anatomicae sex” (1538) e successivamente in “De humani corporis fabrica libri septem” mette a punto la descrizione del fegato bilobato, dell’origine della vena cava dal cuore e la suddivisione della porta in 5 rami5.

Nuovo interesse destarono i trattati di William Harvey che nel 1628 pubblicò “exercitatio

anatomica de motu cordis et sanguinis in animalibus” introducendo nuove correlazioni anatomo-funzionali. Nonostante l’importante contributo scientifico della sua opera, Harvey riprese la

tradizione galenica del fegato a 5 lobi, sorgente di nuovo sangue nonché punto di origine di tutte le vene6. Risale a Johannis Walaeus nel 1640 la prima descrizione dei peduncoli portali come costituiti dai rami di porta, via biliare e arteria epatica; la paternità di questa scoperta viene erroneamente attribuita a Glisson che nel 1654 in Anatomia hepatis descrive la capsula epatica che ancora oggi chiamata “glissoniana” e le sue diramazioni intraepatiche. Sono da segnalare a riguardo anche delle tavole anatomiche di Leonardo Da Vinci (1452-1519) conservante nella Windsor Castle Royal Library in cui sono illustrate la vena porta e le sue diramazioni intraepatiche con almeno un secolo di anticipo rispetto a Walaeus e Glisson. Coinaud nel 1989 scrisse: sono sempre più convinto che le guaine vasculobiliari siano, da un punto di vista chirurgico, la più importante struttura

dell’anatomia epatica”7.

La produzione di Glisson è considerata il collegamento tra gli studi anatomici e la nascita della figura del chirurgo epatico3.

William Williams Keen, professore di Chirurgia clinica al Jefferson Medical College, il 23 aprile del 1899, riguardo alla sua terza resezione epatica, dichiarò: “la mia esperienza nel mio primo caso mi ha incoraggiato ad usare termocauterizzazione e legature dei vasi più grandi, e l’eccellente risultato ha pienamente confermato la mia decisione. Infatti, dopo la mia esperienza con questi tre casi, non dovrei esitare ad attaccare quasi tutti i tumori epatici senza considerare la loro

dimensione”8. Le sue dichiarazioni, espresse ai membri del Pennsylvania State Medical Society il 17 maggio 1899, non solo lo piazzarono tra quei pochi chirurghi che precedentemente avevano compiuto simili procedure ma incarnavano anche il crescente sentimento secondo cui la resezione del fegato sarebbe stata plausibile quanto possibile. La sua prima resezione, nell’ottobre del 18919,

è considerata la prima resezione formale eseguita in America. Secondo altre riviste scientifiche la prima resezione epatica in America porta la firma di Tiffany, nel 1890. Ad oggi sul primato non c’è chiarezza10. Keen eseguì la seconda resezione epatica nel marzo del 1897 e anch’essa ebbe

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6 successo. Prima della sua esposizione, Keen raccolse i dati di 76 casi di resezioni dimostrando una mortalità del 17%. Keen sosteneva che il progresso in tali procedure potesse essere ottenuto

solamente con l’acquisizione di esperienza chirurgica in interventi di questo tipo. Alla luce di ciò il suo annuncio del 1899 può essere considerato non solo la scommessa di un esperto chirurgo che è riuscito a concludere con successo la prima resezione epatica per cancro ma anche come spinta per il progresso dell’esperienza chirurgica, sfida da portare avanti con cautela ma non timidamente. In sostanza annunciava l’inizio della chirurgia epatica elettiva3. I primi casi documentati di chirurgia

epatica risalgono al medioevo; si tratta perlopiù di interventi in emergenza per traumi addominali. Nel VII secolo Paulus Aegineta10, Fabricius Hildanus nel XVII secolo, Berta nel 1716, descrissero loro operazioni riguardanti la resezione di parenchima epatico che era stato lesionato da armi da taglio. Altre testimonianze confermano l’attuazione di simili procedure epatiche nel 1800: John MacPherson nel 1846, J.C. Massie nel 1852, Victor von Bruns11 durante la guerra franco-prussiana,

sono tre chirurghi che si sono dimostrati abili nel condurre resezioni epatiche; è incerto se Keen fosse a conoscenza di tali lavori, sicuramente però nessuno di questi è mai stato menzionato da Keen stesso nei suoi ampi lavori. L‘etere come anestetico fu comunemente impiegato grazie agli sforzi di Crawford Long nel 1842 e William Morton nel 1846. Questo, insieme alle osservazioni sull’asepsi di Ignaz Sammelweis e le tecniche antisettiche sostenute da Joseph Lister, trasformò la pratica chirurgica e i chirurghi approfittarono di questa evoluzione per eseguire interventi sempre più difficili12. Gli anni ‘80 del 1800 portarono un cambiamento nelle metodiche usate per il

trattamento dei traumi epatici. Nel 1880 il ginecologo Lawason Tait fu il primo a entrare in addome per drenare una cisti idatidea in 4 pazienti13; 8 anni dopo Willet eseguì una laparotomia più estesa, consolidando ancor più l’utilizzo della laparotomia nel trauma epatico. Nell’ultimo decennio del 1800 altri studi descrivono la riserva funzionale epatica e la sua capacità rigenerativa2,

incoraggiando ulteriormente la chirurgia epatica resettiva. Tutti questi fattori (anestesia, asepsi, laparotomia per trauma epatico e rigenerazione) hanno trovato massima espressione di sè quando il 18 gennaio 1887 Carl Langenbuch entrò nell’addome di una 30enne che lamentava dolori

addominali. Grazie alla laparotomia Langenbuch notò una massa nel lobo sinistro del fegato. Egli tagliò il peduncolo afferente alla massa e tolse ben 370 grammi di tessuto14. L’operazione sembrò un successo finché non apparve una massiva emorragia secondaria dovuta al sanguinamento dei vasi ilari; nonostante ciò, Langenbuch controllò la complicanza e la paziente sopravvisse

all’operazione. Non è pienamente appurato se Langenbuch sia effettivamente stato il primo ad eseguire una resezione epatica elettiva, poiché Cousins riferì un caso di resezione epatica che aveva eseguito nel 187415, mentre Lius entrò deliberatamente nell'addome per resecare una massa di

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7 "della dimensione della testa di un uomo" nel 1886. Nonostante ciascuno di loro si sia definito come il primo ad aver svolto questo tipo di operazione, nessuno di questi casi ha avuto successo; in conclusione, la prima vera operazione di resezione epatica elettiva di successo che si sia mai registrata è da attribuirsi proprio a Langenbuch3. Mentre il XIX secolo si avvicinava i chirurghi seguivano prudentemente l’esempio di Langenbuch, ed è proprio in questa atmosfera che Keen entrò in gioco con le sue tre resezioni riuscite. Nonostante le affermazioni sicure di Keen sullo stato di avanzamento, i tassi di mortalità non cambiarono per tutto il periodo e l’emorragia

intraoperatoria rimane il più grande ostacolo al successo di qualsiasi operazione sul fegato. Legatura individuale dei vasi sanguinanti, vapore, aria calda, aria liquida, osso decalcificato sulla superficie, pressione, adrenalina, tamponi e pacchetti tenuti da suture passanti per la capsula di Glisson11 furono alcuni dei numerosi tentativi di trovare un mezzo efficace di emostasi. Colui che però è riuscito veramente a trovare una soluzione alla complicanza emorragica è stato Hogarth Pringle il quale nel 1908 riportò come lui stesso era stato in grado di operare 4 pazienti sanguinanti da trauma epatico attraverso la chiusura del peduncolo epatico per mezzo delle sue stesse dita, idea che gli permise di fermare l’emorragia temporaneamente così da poter vedere la superficie esterna del fegato alla ricerca delle aree ferite. Nonostante i suoi sforzi tutti i pazienti morirono. Pringle era però convinto della bontà del suo metodo, così confermò la sua ipotesi applicandolo con successo su 3 conigli17. Immediatamente il principio dell’occlusione vascolare di Pringle fu adottato come misura efficace di controllo dell’emorragia determinando un calo delle complicanze della chirurgia epatica. Il fatto che la dizione “manovra di Pringle” sia oggigiorno di uso comune ben evidenzia quello che è stato il suo profondo impatto nella tecnica chirurgica. I nuovi metodi di Pringle associati al parallelo progresso della raffigurazione anatomica del fegato hanno permesso lo sviluppo delle procedure chirurgiche. Dopo il lavoro di Glisson nel 1654 la maggior parte degli studi sull’anatomia erano rivolti allo studio dell’assetto intraepatico degli epatociti. Dal 1654 fino agli anni 1880 lo studio della distribuzione dei vasi e dei dotti biliari intraepatici e la discussione sui suoi lobi passò in secondo piano. Un’eccezione è rappresentata da Albrecht von Haller che propose, nel 1764, uno schema dei lobi epatici rivisitato: egli divise il fegato in due fosse sagittali e una trasversa localizzata dorsalmente e scisse ulteriormente queste fosse in 4 lobi: destro, sinistro anteriore (quadrato) e caudato. A tale visione non fu dato molto peso finché nel 1888 Rex

riconsiderò la struttura dei vasi intraepatici utilizzando la corrosione in vari studi su molti fegati di mammiferi18. Egli concluse che i rami destro e sinistro della vena porta avevano una simile

distribuzione, così come i loro rami secondari contribuivano a formare due separati lobi. Nel 1898 Cantlie dichiarò invece che: “la divisione anatomica del fegato in lobi destro e sinistro non è scientifica e pertanto falsa e insostenibile”19. Egli sosteneva che i lobi destri e sinistri del fegato

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8 erano di egual dimensione e divisi da un piano di simmetria passante per il letto della colecisti e quello della vena cava. Questa visione fu la prima che si discostava dalla precedente che invece considerava il legamento falciforme come il vero piano di divisione dei lobi epatici. La linea di simmetria passante per il letto colecistico è tutt’oggi definita la “linea di Rex-Cantlie”. Date le nuove informazioni relative al fegato presentate da Pringle, Rex e Cantlie, una nuova generazione di chirurghi iniziò a porre maggiore attenzione all'occlusione vascolare ed alla resezione lungo piani avascolari per controllare il sanguinamento intraoperatorio. Nel 1909 Von Haberer legò l’arteria epatica sinistra per rimuovere il lobo sinistro10. Nel 1911 Wendel descrisse il tentativo di resezione anatomica usando l’anatomia funzionale di Cantlie20. La sua procedura comprendeva la legatura del

peduncolo ilare legando la arteria epatica destra e il dotto biliare e, seguendo il piano avascolare descritto da Cantlie, rimosse quasi tutta la metà destra del fegato. Wendel ebbe il merito di

riconoscere i vantaggi di una resezione anatomica seguendo il piano avascolare di Cantlie e dovette a ciò gran parte del suo successo; le conoscenze morfologiche spingono il chirurgo verso quella che prende il nome di “resezione anatomica”. Nonostante gli sforzi di Wendel, la resezione anatomica era ancora ai suoi esordi alla fine della II guerra mondiale, quando invece report di resezioni anatomiche iniziarono ad invadere la letteratura medica. Va notato che sia Langenbuch che Keen avevano pensato di dissecare attraverso il piano avascolare che attraversa il legamento falciforme, ma il loro ragionamento aveva bisogno di ulteriori spiegazioni, poi fornite da Donovan e Santulli, che rimossero un sarcoma dopo aver legato l’arteria epatica sinistra, il dotto epatico di sinistra ed il ramo sinistro della vena porta21. Nel 1945 Harshey emulò tale intervento22, mentre nel 1948 Raven seguì il legamento falciforme come guida per attuare una epatectomia sinistra23. Nel 1945

Wangensteen eseguì una epatectomia sinistra occludendo i vasi afferenti al fegato10. A questa fece seguito una epatectomia destra eseguita da Lortat-Jacob e Robert nel 195224. Essi non solo furono i primi ad eseguire una resezione di tale estensione ma furono i primi anche a usare una incisione toraco-addominale al fine di aumentare l’esposizione del fegato durante l’intervento. Quattlebaum nel 1952 eseguì due epatectomie destre emulando l’occlusione di Wangensteen25. È interessante notare come in tutti questi report degli anni ‘50 si enfatizzi sempre “quanto” parenchima epatico fosse possibile rimuovere. Durante il secondo dopoguerra si ebbe un crescente interesse per l’anatomia epatica, con numerosi studi volti ad ampliare il lavoro di Rex e Cantlie. Nel primo dopoguerra, nel 1927 McIndoe e Counseller studiarono i dotti intraepatici di 12 fegati umani e di 30 campioni di fegato e confermarono la visione di Cantlie.

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9 CHIRURGIA EPATICA MODERNA

La nascita della moderna Chirurgia Epatica Anatomica viene fatta coincidere con il Congresso Internazionale di Anatomia di Oxford (1950), quando lo svedese Hjortsjo descrisse, con assoluta chiarezza, scissure, settori e segmenti giungendo a quella visione dell’anatomia epatica poi ripresa ed arricchita da Couinaud nel 1957: il fegato viene razionalmente suddiviso in 5 settori e 8

segmenti, “gettando piena luce sulla architettura anatomica e chirurgica”. Il lavoro di Hjortsjo era il primo studio che dimostrava che i dotti biliari e le arterie epatiche seguivano un modello

segmentale26. Healy and Schroy, esaminando l’architettura biliare intraepatica, confermarono i risultati di Hjortsjo e divisero il fegato in 5 segmenti: mediale, laterale, posteriore, anteriore e caudato. Elias e Petty erano giunti alle medesime conclusioni circa un anno prima27. Healy, Schroy e Sorensen pubblicarono un ulteriore report nel 1953 basato sullo studio di 100 fegati umani nel quale evidenziarono la divisione intraepatica delle arterie epatiche mentre continuavano a sostenere l’approccio segmentale dell’anatomia epatica28. Dal 1953 gli anatomisti concordavano che i canali

biliari e le arterie intraepatiche fossero organizzate segmentalmente. Per quanto concerne

l’anatomia vascolare venosa epatica si deve un contributo determinante a Couinaud29, Goldsmith e

Woodburne30 che ne confermarono l’organizzazione segmentale. Proprio dalla classificazione di Couinaud molti chirurghi presero e prendono spunto per registrare i propri interventi. Nel suo complesso lavoro egli propose che il fegato dovesse essere diviso in 8 segmenti basati sulla distribuzione della vena porta all’interno del fegato stesso, in contrasto con la distribuzione biliare proposta da Healey e Schroy. Goldsmith e Woodburne proposero una divisione anatomica simile basata sulla vena porta nella quale il fegato era diviso in 4 segmenti ognuno dei quali bipartito in 2 subsegmenti.

L'opera di questi tre uomini ha inaugurato l’era moderna della resezione epatica offrendo una visione più completa dell'anatomia e i risultati da loro ottenuti sono oggi considerati di riferimento. Grazie a tutte queste nuove conoscenze anatomiche la mortalità delle resezioni epatiche calò da circa un 15% degli anni 1960 al 2-3% degli anni 199031-33. I progressi nell’anatomia epatica non possono però essere i soli a reclamare merito per tale risultato: i progressi nella tecnica chirurgica sono anch’essi responsabili. Le tecniche di occlusione vascolare continuarono a svilupparsi dopo il lavoro di Pringle del 1908: Raffucci nel 1953 dimostrò che i chirurghi potevano temporaneamente clampare l'afferenza sanguigna epatica per un massimo di 15 minuti senza per questo avere danni34, Bernhard ampliò il tempo di ischemia controllata a 30 min sostenendo la possibilità che ciò potesse essere fatto abbassando la temperatura corporea a 30°C35. Nel 1966 Heaney propose il clampaggio

dell’aorta al di sotto del diaframma e della vena cava in posizione sotto epatica36. Nel 1978 fu

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10 fino a un’ora nonostante fosse “clampato” 37. Child spese parte degli anni ’50 a dimostrare come

l’occlusione della vena porta fosse una via sicura ed efficace di trattare chirurgicamente molte patologie epatiche, attraverso studi basati sul clampaggio della stessa in molti campioni di fegati animali e la loro conseguente sopravvivenza38. Nel ventennio precedente gli studi di Child vigeva negli ambienti scientifici un generico pessimismo riguardo la possibilità di chiudere

transitoriamente il peduncolo epatico, come ben evidenziano le parole di Sir Gordon-Gordon Taylor: “È una insopportabile verità che, nell'uomo, la legatura dell'arteria epatica o dei suoi rami principali sia un'operazione ad alto pericolo di vita”3. Nonostante tale pessimismo, Rienhoff e Woods legarono l’arteria epatica nel tentativo di trattare l'ipertensione portale nel 1953. I loro pazienti sopravvissero alla procedura abbastanza a lungo affinché i medici riconsiderassero i loro precedenti timori. Nel 1974 Mays e Wheeler mostrarono come dopo l'interruzione arteriosa epatica, i vasi collaterali intraepatici, translobari, e subcapsulari si manifestavano in modo tale che

avrebbero potuto ristabilire il flusso sanguigno epatico entro 24 ore39.

Mays eseguì la legatura dell’arteria epatica per circa 12 anni e aggiunse molto a sostegno della sua efficacia. Per quanto riguarda la strumentazione da utilizzare nelle resezioni epatiche Quattlebaum raccomandò l’utilizzo di strumenti dalla punta smussa al fine di prevenire la lacerazione accidentale di vasi epatici maggiori: complicanza temibile non solo per la conseguente emorragia, ma anche perché essa sarebbe stata quasi impossibile da controllare dato che tali vasi si sarebbero ritirati all’interno del parenchima a monte della legatura. I vasi e i dotti biliari offrono una maggiore resistenza alla pressione rispetto a quella del parenchima e tale resistenza ci indica quando e dove è necessaria una legatura. Quattlebaum non è stato il primo ad adottare tale tecnica infatti Keen, già nel 1892, frantumava il parenchima attraverso il proprio pollice. Ton That Tung applicò tali principi e descrisse la sua tecnica resettiva nel 1939 ed è ad oggi accreditato come il primo ad usare questa tecnica sfruttando i piani anatomici di resezione40. Riconoscimento particolare è tributato a Lin ed ai suoi colleghi taiwanesi per il loro lavoro basato sulla digitoclasia41. Tutte queste tecniche hanno permesso di arrivare ad un basso livello di complicanze che erano pressoché impensabili nel 1890. La storia della chirurgia epatica ebbe un’ulteriore svolta il 3 aprile del 1973 quando Starzl in Colorado eseguì il primo trapianto di fegato42.

Ciò che si evince da questa breve trattazione è che l’anatomia e la chirurgia si muovono in tandem per formare quelle fondamenta del sapere essenziali per il successo dei chirurghi del domani.

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11 1- Dalle origini fino al 1870

ANNO AUTORE CONTRIBUTO ALL’EPATOLOGIA

3000-2000 a.c.

Assiro-Babilonesi

Primi a studiare il fegato a scopo divinatorio

750-700 a.c.

Esiodo Narrazione del mito di Prometeo

300 a.c. Erofilo di Calcedonia

Prima descrizione anatomica del fegato clinicamente rilevante (tutto è andato perduto)

300 a.c. Erasistrato di Ceo

Prima descrizione del letto capillare intraepatico e coniazione termine:”parenchima”

160 Galeno Sostenne che il fegato fosse pentalobato e approfondì la circolazione intra-epatica

1500 Leonardo da Vinci

Illustrazione intraparenchimale della vena porta

1538 Andrea Vesalio

Sostenne che il fegato fosse bilobato e che la vena porta si dividesse in 5 rami

1640 Waleaus Prima descrizione corretta dei peduncoli portali

1842 C. Long

W. Morton

Utilizzo di etere come anestesia

1847 I.Sammelwe iss

Lavaggio delle mani con ipoclorito di calcio prima di effettuare procedure mediche invasive

1654 Glisson La produzione di Glisson è considerata il collegamento tra gli studi anatomici dei suoi colleghi e la futura nascita della figura del chirurgo epatico.

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12 1865 J.Lister Primo utilizzo dell’acido fenico e nascita dell’antisepsi

2- Dal 1870 al 1945

ANNO AUTORE CONTRIBUTO ALL’EPATOLOGIA

1879 Tillmans Prima enunciazione della capacità rigenerativa epatica

1880 L. Tait Prima laparotomia per drenare una cisti idatidea

1887 Langenbuch Prima resezione formale di successo in europa

1891 Keen Prima resezione formale di successo in America (enucleazione), utilizzando l’unghia del pollice per sezionare il parenchima epatico

1888 Rex Primo a sostenere che il fegato sia bilobato e studio della vascolarizzazione interna attraverso studi di cast di corrosione

1897 Cantlie Definizione del piano avascolare che divide l’emifegato destro dal sinistro: “Cantlie line”

1908 H.Pringle Controllo dell’emorragia attraverso la chiusura del peduncolo epatico

1911 Wendel Prima resezione epatica destra seguendo il piano avascolare di Cantlie con legatura selettiva dei vasi ilari. (sopravvivenza: 9 mesi, decesso: HCC)

1928 Cusching

Bovie

introduzione e commercializzazione primo elettrocauterio

1939 Ton That Tung

Primo ad usare la digitoclasia in associazione allo sfruttamento dei piani avascolari epatici

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13 3- Dal 1945 ad oggi

ANNO AUTORE CONTRIBUTO ALL’EPATOLOGIA

1945 Wangenstee n

Prima epatectomia sinistra di successo (occidente)

1949 Honjo Prima epatectomia destra di successo (oriente)

1950 Hjortsjo Sostenne per primo che le arterie intraepatiche e i dotti biliari seguissero un pattern segmentale

1952 Lortat-jacob Prima epatectomia destra sfruttando una incisione toracoaddominale

1953 Couinaud

Goldsmith e Woodburne

Sostennero il pattern segmentale anche dell’inflow venoso

1953 Raffucci Dimostra la possibilità di clampare fino 15 min il peduncolo epatico

1955 Bernhard Dimostra la possibilità di clampare fino 30 min il peduncolo epatico portando la temperatura corporea del pz a 30°C

1953 Rienhoff e Woods

Legatura arteria epatica per trattare un’ipertensione portale

1958 Lin Introduzione della “finger-fracture” technique

1958 Couinaud Dimostrazione dell’esistenza delle vene comunicanti

1964 T. E. Starzl Primo trapianto epatico di successo

1974 Mays e Wheeler

Dimostra la neoformazione di vasi collaterali intraepatici dopo l’interruzione dell’arteria epatica nell’arco di 24 ore

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14 1987 Makuuchi Prima PSH basata su IRHV

1989 C. Broelsh Primo trapianto epatico da donatore vivente

1990 Strong Primo trapianto da donatore vivente del lobo sinistro

1990 Makuuchi Primo ad utilizzare la Portal Vein Embolization

1994 Yamaoka Primo trapianto da donatore vivente del lobo destro

2000 Adam Primo ad utilizzare la Two-Stage Hepatectomy

2005 Torzilli PSH basata su CV

2006 Torzilli Introduzione tecnica chirurgica PS: “sistematic extended right posterior sectionectomy”

2010 Torzilli Introduzione tecnica chirurgica PS: “mini-mesoepatectomia”

2012 Schnitzbauer Primo ad utilizzare l’ALPPS

2012 Torzilli Introduzione tecnica chirurgica PS: “upper transversal hepatectomy”

2014 Torzilli introduzione tecnica chirurgica: “tunnel epatico”

2015 Santibanes Epatectomia mediante ALPPS con un singolo segmento come FLR

(15)

15

1.2 ANATOMIA MACROSCOPICA DEL FEGATO

La chirurgia epatica moderna si basa sul concetto della divisione anatomica vascolare del fegato secondo Couinaud29, Thon That Tung e Bismuth1. La conoscenza perfetta delle diverse

corrispondenze tra l’aspetto esterno del fegato (anatomia morfologica o descrittiva) ed i piani vascolari (anatomia funzionale) è indispensabile per il chirurgo, tanto per le tecniche di exeresi epatica, quanto per tutta la chirurgia biliare intraepatica. Il chirurgo viene aiutato considerevolmente nello stabilire queste concordanze anatomiche dai mezzi di acquisizione morfologica attuali come l’ecografia (compresa quella intra-operatoria), la tomografia computerizzata (TC), la risonanza magnetica nucleare (RMN) e l’arteriografia, che forniscono informazioni bi- o tri-dimensionali del fegato, della vascolarizzazione e dei processi patologici.

Anatomia descrittiva

È l’anatomia «classica», basata sull’aspetto esterno del fegato, come esso appare alla laparotomia o alla laparoscopia. Il fegato è l'organo addominale più voluminoso, ha la forma di un cuneo con l'apice posto nell'ipocondrio sinistro. Rappresenta il 2% del peso corporeo totale di un adulto (1,9-2,3kg nel maschio e 1,8-2,1kg nella femmina) e il 5% del peso di un bambino (400-800g). Misura 26-28 cm nel diametro trasverso, 16-17 nel diametro antero-posteriore, mentre il diametro verticale è variabile ma è massimo a livello del lobo destro, dove vale 8cm. Il colore è rosso-bruno per la notevole quantità di sangue in esso presente. Ha una consistenza parenchimatosa facilmente

deprimibile e infatti gli organi vicini lasciano su esso varie impronte. È costituito da un parenchima friabile circondato da una capsula fibrosa, la capsula di Glisson (tunica fibrosa), per cui appare liscio.

Faccia superiore

La faccia superiore, o diaframmatica, è convessa in senso anteroposteriore e modellata sul

diaframma. Larga nel suo versante destro, si assottiglia progressivamente verso sinistra e presenta all’unione dei due terzi di destra con quello di sinistra, l’inserzione del legamento sospensore o falciforme, piega peritoneale sagittale che unisce il fegato al diaframma. Questo legamento si prolunga col legamento rotondo, teso tra il margine anteriore del fegato e la parete addominale anteriore, e separa il fegato in due parti: il lobo destro ed il lobo sinistro.

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16 Faccia inferiore

La faccia inferiore, o viscerale, è obliqua in basso, in avanti e verso sinistra. Essa è percorsa da tre solchi che configurano a grandi linee la lettera «H»:

- un solco trasversale corrispondente all’ilo epatico (porta hepatis) che è il punto di penetrazione o di emergenza degli elementi del peduncolo epatico;

- un solco antero-posteriore destro (fossa vescica felleae) corrispondente al letto della colecisti, o fossetta colecistica;

- un solco anteroposteriore sinistro (fossa ligamentum teretis) che contiene nella metà anteriore il legamento rotondo e la porzione anteriore del ramo portale sinistro e nella sua metà posteriore il legamento di Aranzio.

Questi tre solchi suddividono la faccia inferiore del fegato in quattro zone distinte:

- una porzione destra che corrisponde solo alla porzione del lobo destro situata lateralmente alla colecisti;

- una porzione centrale anteriore, il lobo quadrato (lobus quadratus), limitato dal solco ombelicale sinistro, dal letto della colecisti e dall’ilo indietro, che appartiene al lobo destro;

- una porzione sinistra che corrisponde al lobo sinistro precedentemente descritto;

- una porzione centrale posteriore, il lobo di Spigelio o lobo caudato (lobus caudatus) che appartiene essenzialmente alla porzione posteriore del fegato posta tra la vena cava inferiore indietro, l’ilo in avanti ed il solco di Aranzio a sinistra.

Mezzi di fissità

Il fegato è unito principalmente al diaframma e alla parete anteriore del tronco, fondamentalmente mediante due principali mezzi di fissità. Il primo è il rapporto con la vena cava inferiore la quale a sua volta si rapporta con il pilastro destro del diaframma e con la fossa omonima posta nella porzione posteriore del solco sagittale destro. Il secondo è dato dal connettivo che si interpone direttamente tra la cupola diaframmatica e la faccia posteriore del fegato a livello dell'area nuda. Il fegato possiede altri mezzi di fissità minori, dati dai legamenti peritoneali, ma questi hanno

prevalentemente uno scopo di collegamento con gli altri organi. I legamenti peritoneali possono essere divisi in principali e minori.

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17 I legamenti principali sono:

• Il legamento falciforme: è formato da due foglietti peritoneali che rappresentano la continuità, a livello del solco sagittale superiore, del peritoneo che riveste il lobo destro e il lobo sinistro. Non è considerato un legamento sospensore vero e proprio in quanto fisiologicamente non è teso poiché il fegato è mantenuto in posizione dalla pressione addominale positiva. Il legamento che si viene così a formare ha una forma triangolare. In esso possiamo quindi considerare:

- Faccia sinistra: in rapporto con la faccia superiore del fegato.

- Faccia destra: continua con il peritoneo parietale che avvolge il diaframma.

- Margine superiore: si inserisce lungo la concavità del diaframma e prosegue in basso nella faccia posteriore della parete addominale anteriore fino alla cicatrice ombelicale.

- Margine inferiore: si inserisce lungo tutto il solco sagittale superiore, a partire dalla vena cava (posteriormente) fino all'incisura del legamento rotondo (anteriormente).

- Apice: posto superiormente e posteriormente a livello della faccia anteriore della vena cava inferiore. A tale livello i due foglietti peritoneali piegano per continuare nel foglietto anteriore del legamento triangolare sinistro, il sinistro, nel foglietto superiore del legamento coronario, il destro.

- Base: è la porzione libera del legamento, a livello della quale i due foglietti si avvolgono attorno al legamento rotondo.

Per questa sua estensione il legamento falciforme suddivide lo spazio interepatofrenico, tra la faccia superiore del fegato e il diaframma, in due spazi rispettivamente di destra e di sinistra.

• Il legamento rotondo: è contenuto nella base libera del legamento falciforme e rappresenta il residuo della vena ombelicale fetale. Si tende tra la cicatrice ombelicale e l'ilo del fegato, decorrendo nella porzione anteriore del solco sagittale sinistro.

• Il legamento coronario: è il vero legamento sospensore del fegato ed è formato dalla riflessione del peritoneo viscerale, che sta rivestendo la faccia posteriore del lobo destro del fegato, sulla faccia inferiore del diaframma. Se ne distinguono due foglietti:

- Il foglietto posteriore è posto inferiormente all'anteriore e nel suo tratto mediale circonda la vena cava inferiore,

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18 - Il foglietto anteriore è posto superiormente al precedente e continua poi con le due lamine del legamento falciforme.

Durante gran parte del loro decoroso i due foglietti non sono accollati tra di loro ed infatti

delimitano un'area della faccia posteriore che non presenta rivestimento peritoneale, l'area nuda, che è separata dal diaframma per la sola interposizione di tessuto connettivo che aderisce alla capsula di Glisson da una parte e alla fascia diaframmatica dall'altra. Questo connettivo forma uno stabile mezzo di fissità del fegato.

• I legamenti triangolari: risultano dall'accollamento dei due foglietti del legamento coronario a destra mentre a sinistra la lamina anteriore è formata dal proseguo del legamento falciforme e la lamina posteriore continua con il foglietto sinistro del piccolo omento.

• Il piccolo epiploon: Unisce il fegato alla piccola curvatura gastrica ed alla prima porzione

duodenale. Presenta un margine destro a livello del quale i suoi due foglietti peritoneali anteriore e posteriore si uniscono, avvolgendo gli elementi del peduncolo epatico. Analogamente, a livello del legamento di Aranzio, i due foglietti si riflettono nuovamente per prolungarsi tramite il peritoneo viscerale del fegato, alla faccia inferiore del lobo di sinistra ed alla faccia anteriore del lobo di Spigelio. Il piccolo epiploon presenta inoltre un margine diaframmatico, teso dal margine destro dell’esofago alla faccia posteriore del lobo sinistro ed un margine gastro-duodenale, che va dal bordo destro dell’esofago addominale alla piccola curva gastrica sino alla faccia postero-superiore della prima porzione duodenale. Il piccolo epiploon è costituito da tre parti:

- una porzione superiore, vicina all’esofago, che contiene elementi vascolari e nervosi a destinazione epatica (pars condensa);

- una porzione intermedia trasparente (pars flaccida);

- una porzione inferiore destra contenente il peduncolo epatico (pars vasculosa).

I legamenti minori sono:

• Il legamento epatorenale: teso tra la faccia viscerale del lobo destro al polo superiore del rene destro ed il surrene destro.

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19 Anatomia funzionale

Accanto all’anatomia «morfologica» descrittiva esiste oggigiorno un tipo di anatomia più recente, che meglio si adatta alla chirurgia, chiamata anatomia funzionale. Questo approccio è stato iniziato da Cantlie19 nel 1898 e completato dai lavori di McIndoe e Counseller nel 1927, Tung nel 193940, Hjorstjö nel 193126 e da Goldsmith e Woodburne nel 195730. Esso è stato formalizzato da Couinaud nel 195743 ed è appunto questa sistematizzazione, che al giorno d’oggi è la più impiegata.

Nell’ilo del fegato, il peduncolo epatico, composto da arteria epatica, vena porta e dotto biliare, si divide in due peduncoli, destro e sinistro, che separano il fegato in due porzioni indipendenti: fegato destro e fegato sinistro. Tra queste due parti si situa la scissura portale mediana. Questa divisione ha sede sulla destra dell’ilo. La porzione di fegato posta dietro all’ilo ed il lobo di Spigelio fanno parte a sé, dato che ricevono delle afferenze tanto dal peduncolo destro che sinistro. Il peduncolo

glissoniano destro è breve e si divide subito, penetrando nel parenchima epatico in due rami di secondo ordine, anteriore e posteriore, che determinano a loro volta due porzioni del fegato: i settori anteriore e posteriore. Questi due rami sono separati dalla scissura portale destra nella quale decorre

Figura 1”Anatomia del fegato e delle vie biliari” D Castaing, D Borie, H Bismuth

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20 la vena sovraepatica destra. Ognuno di questi due rami si divide a sua volta in due rami di terzo ordine, superiore ed inferiore, che vascolarizzano, tutti e quattro, due porzioni di fegato chiamate settori. Divisione dei peduncoli glissoniani al momento della penetrazione nel parenchima epatico (sono raffigurati solo i rami portali ed i dotti biliari).

A sinistra, il

peduncolo glissoniano sinistro è lungo, posto a livello della porzione sinistra dell’ilo e si mantiene extra-epatico. Esso si curva in avanti, più o meno ricoperto da un ponte parenchimale. Termina a fondo cieco, prolungato dal legamento rotondo (il recesso di Rex) corrispondente alla terminazione del reliquato della vena ombelicale obliterata. Si divide in tre rami: uno posteriore, situato a livello del gomito e due anteriori, uno su ogni versante (destro e sinistro) del recesso di Rex. La scissura portale sinistra divide il fegato sinistro in due settori: posteriore ed anteriore. La scissura portale di sinistra non corrisponde alla scissura ombelicale, dato che questa scissura non è una scissura portale. In effetti, in questa scissura portale si ritrova una vena sovra-epatica, mentre invece nella scissura ombelicale si ritrova un peduncolo portale. La scissura portale sinistra si trova in effetti dietro il legamento rotondo, nel lobo sinistro, dove si trova la vena sovra-epatica sinistra. Il settore anteriore del fegato comprende pertanto la porzione di lobo destro posta a sinistra della scissura portale principale (segmento 4) al pari della porzione anteriore del lobo sinistro (segmento 3). Ogni peduncolo glissoniano di terzo ordine vascolarizza e drena la bile di un territorio denominato segmento, che riceve una vascolarizzazione portale ed arteriosa e che è drenato da un dotto biliare indipendente. I segmenti epatici permettono di eseguire una chirurgia exeretica anatomica.

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21 Vene sovra-epatiche:

Esistono tre vene sovra-epatiche principali che sfociano nella vena cava: la vena sovra-epatica sinistra, la vena sovra-epatica mediana e la vena sovra-epatica destra.

- La vena sovra-epatica sinistra è posta tra i due settori posteriore ed anteriore del lobo sinistro, che le sono tributari. Essa è formata dalla confluenza di diverse vene. Il tronco è generalmente corto e posteriore, talvolta con una porzione superiore extra-parenchimale. Essa aderisce posteriormente al dotto di Aranzio. Di solito, essa raggiunge il tronco sovra-epatico mediano per formare un breve tronco comune. Questo tronco comune può ricevere una vena diaframmatica inferiore sinistra.

- La vena sovra-epatica mediana è costituita dalla confluenza di due rami, destro e sinistro, a livello della porzione intermedia del fegato, sul piano dell’ilo. Essa decorre nella scissura principale del fegato che separa fegato destro e sinistro, del quale drena parte del sangue.

- La vena sovra-epatica destra è un tronco venoso molto grosso (talvolta molto corto) che sbocca sulla faccia destra della vena cava. Essa drena i settori anteriore e posteriore del fegato destro. In effetti, possono essere presenti più vene sovra-epatiche di destra, con sbocchi separati a livello della cava inferiore.

La vena superiore ha un tronco molto breve, largo, formato dall’unione di diverse vene anteriori e posteriori e sbocca in vena cava ad un livello inferiore a quello della vena sovra-epatica mediana. È costante.

Una vena inferiore importante è presente nel 20 % dei casi circa e drena la porzione inferiore del fegato destro. Ciò può assumere grande importanza durante le exeresi della porzione superiore del fegato destro, tanto più che essa è facilmente rilevabile col metodo ecografico.

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22 Figura 3 ”Anatomia del fegato e delle vie biliari” D Castaing, D Borie, H Bismuth

Scissure:

Le scissure rappresentano le frontiere tra i diversi territori epatici. Esse possono essere

sovra-epatiche (situate cioè tra due territori sovra-epatici) e contengono in tal caso i peduncoli glissoniani, oppure possono essere portali (poste cioè tra due territori portali) e contengono pertanto le vene sovra-epatiche. A causa della vascolarizzazione del fegato, solo le scissure portali sono

fondamentali per la penetrazione all’interno del parenchima.

- La scissura sagittale o mediana corrisponde al piano passante sulla vena sovra-epatica mediana (o sagittale). Si tratta di un piano vero e proprio che separa gli elementi vascolari e biliari dei due peduncoli glissoniani principali di destra e di sinistra; costituisce, in pratica, il piano di separazione tra fegato destro e sinistro (linea di passaggio delle epatectomie di destra e di sinistra). Essa

corrisponde ad un piano immaginario che unisce il letto della colecisti al margine sinistro della vena cava inferiore. Questa scissura forma un angolo di 75° col piano orizzontale.

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23 - La scissura portale destra corrisponde al piano passante per la vena sovra-epatica destra. Essa divide il fegato destro in due settori: il settore anteriore (o paramediano) ed il settore posteriore (o postero-laterale). Secondo Couinaud43 difficilmente individuabile sulla superficie epatica, questo piano passa tra il margine destro della vena cava ed il punto di mezzo tra colecisti e margine destro del fegato. In effetti, secondo Thon That Tung40, essa segue una linea parallela al margine laterale del fegato, lungo l’inserzione del legamento triangolare.

- La scissura portale sinistra corrisponde al percorso della vena sovraepatica sinistra e separa il fegato sinistro in due settori: il settore anteriore (o paramediano) sinistro alla sua destra, costituito dalla porzione di lobo destro posto sulla sinistra della vena sovra-epatica mediana e dalla porzione anteriore del lobo sinistro ed il settore posteriore (o laterale) sinistro. La scissura sinistra forma un piano con direzione quasi trasversale di 45°, leggermente obliquo in avanti, teso dal margine sinistro della vena cava inferiore alla punta del lobo sinistro. La scissura portale sinistra è ben distinta dalla scissura ombelicale dove decorre il ramo sinistro della vena porta.

Il lobo caudato ha delle vene sovra-epatiche indipendenti dalle tre vene sovra-epatiche principali, che vanno a sboccare direttamente in vena cava retro-epatica.

Segmentazione epatica

La divisione dei peduncoli glissoniani e l’interposizione delle vene sovra-epatiche, permettono di configurare un vero e proprio «spaccato» del fegato in otto porzioni indipendenti, chiamate segmenti:

- il segmento 1 corrisponde al lobo di Spigelio;

- il segmento 2 corrisponde al settore posteriore sinistro;

- i segmenti 3 e 4 costituiscono il settore anteriore sinistro ed hanno sede uno a sinistra (segmento 3) ed uno a destra (segmento 4) della scissura ombelicale e del legamento rotondo;

- il segmento 5 corrisponde alla porzione inferiore ed il segmento 8 alla porzione superiore del settore anteriore destro;

- il segmento 6 corrisponde alla porzione inferiore ed il segmento 7 alla porzione superiore del settore posteriore destro.

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24 In tal modo il fegato sinistro risulta formato dai segmenti 4, 3 e 2 ed il fegato destro dai segmenti 8, 7, 6 e 5. Bisogna considerare che:

- i limiti del segmento 1 sono in effetti piuttosto imprecisi, dato che esso non possiede un peduncolo unico ed appartiene con i suoi peduncoli glissoniani tanto al fegato destro che a quello sinistro. Esso viene drenato da diverse piccole vene sovra-epatiche che sboccano direttamente in cava inferiore. Questa posizione particolare, posteriore all’ilo, senza un unico dotto biliare proprio ma con diversi brevi dotti biliari che sboccano direttamente nei dotti di destra o di sinistra o alla loro convergenza, spiega come il segmento 1 sia spesso infiltrato dai carcinomi dell’ilo (tumore di Klatskin) e come pertanto sia corretto proporne l’exeresi in caso di intervento di asportazione di uno di questi tumori;

- secondo Couinaud43, il segmento 1 non sarebbe altro che la porzione di sinistra di un settore dorsale, corrispondente a tutta la porzione di fegato posta anteriormente alla vena cava. Questo settore dorsale comprenderebbe un nono (IX) segmento posto sulla destra ed appena anteriormente alla vena cava;

- il lobo quadrato corrisponde solamente alla porzione inferiore del segmento 4, che è molto più voluminoso, soprattutto a livello della sua porzione superiore. È classico distinguere in tal modo due sotto-segmenti del segmento 4: il sotto-segmento 4b che corrisponde al lobo quadrato ed il sotto-segmento 4a che corrisponde alla porzione superiore del segmento 4, al di sopra del lobo quadrato;

- la scissura portale sinistra, in effetti, risulta situata posteriormente al legamento rotondo, nel lobo sinistro, là ove decorre la vena sovra-epatica di sinistra. Il settore anteriore del fegato sinistro risulta pertanto composto dalla porzione del lobo destro a sinistra della scissura principale e dalla porzione anteriore del lobo sinistro. La divisione in due segmenti di questo «settore» contraddice lo schema generale, perché passa su un peduncolo portale. Sarebbe più giusto considerare questa porzione come un unico segmento; in tal modo il fegato di sinistra risulterebbe composto da due segmenti: uno anteriore ed uno posteriore;

- infine, in base allo stesso principio, si può descrivere un’anatomia sotto-segmentaria seguendo le divisioni dei peduncoli glissoniani all’interno dei segmenti. Ciò potrà essere molto utile nei casi in cui la resezione dovrà essere molto limitata (pazienti cirrotici, epatectomie iterative, ecc). I sub-segmenti sono stati ben descritti nel caso del segmento 8, a carico del quale si distinguono un sotto-segmento 8 anteriore, uno medio ed uno posteriore e nel caso del sotto-segmento 4, che è suddiviso in sub-segmenti 4a e 4b.

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25 IL PEDUNCOLO EPATICO

Il sistema di irrorazione del fegato risulta particolare in quanto, a fronte di due sistemi afferenti: la vena porta e l'arteria epatica, si ha un solo sistema efferente, quello delle vene epatiche. Il

peduncolo sotto-epatico, più generalmente denominato peduncolo epatico, è contenuto nella

porzione inferiore e destra del piccolo epiploon o pars vasculosa. In esso si raggruppano le strutture vascolari che portano il sangue al fegato: vena porta ed arteria (o arterie) epatica (epatiche) e vie biliari extra-epatiche. A questi tre elementi principali bisogna aggiungere degli elementi

«accessori»: i nervi ed i vasi linfatici epatici.

➢ La vena porta origina a livello di L2 dietro la testa del pancreas, per confluenza della vena mesenterica superiore e di un tronco comune, il tronco splenomesenterico, formato dall'unione della vena lienale e della vena mesenterica inferiore. Risale in alto e a destra, lungo il margine destro del piccolo omento, raggiungendo la parte destra dell'ilo epatico dove si divide nei rami destro e sinistro. Durante il suo decorso si rapporta con il collo del pancreas, prima porzione del duodeno, con il coledoco, anteriormente e con la vena cava inferiore posteriormente. Tra la vena cava inferiore indietro e la vena porta ed il peduncolo epatico in avanti è situato il forame di Winslow.

- Il ramo sinistro decorre al di fuori del parenchima per 4-5cm, con un calibro inferiore rispetto al destro. Il suo decorso può essere diviso in:

o Parte orizzontale: decorre alla base del IV segmento, fornendo rami per i segmenti I e IV.

o Parte verticale: decorre in direzione più anteriore, emettendo rami per i segmenti II, III e IV e ricevendo la vena ombelicale obliterata (legamento rotondo).

- Il ramo destro ha una lunghezza extraepatica di 2-3cm e solitamente si divide in due rami, destinati: uno al segmento V e VIII, l'altro al segmento VI e VII.

Le divisioni successive prevedono inizialmente i rami perilobulari, successivamente intralobulari e poi quelli terminali della vena porta. A livello parenchimale i rami possono ricevere vene dalle pareti vasali, dal connettivo e dalla capsula.

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26 VARIANTI

- A sinistra, le varianti sono frequenti e riguardano soprattutto il numero dei peduncoli segmentari. Se un peduncolo unico per il segmento 2 è la regola, a livello dei segmenti 3 e 4 sono presenti spesso due o tre peduncoli, più o meno ravvicinati gli uni agli altri.

- A destra, le varianti sono più importanti: il peduncolo destro non esiste nemmeno nel 20 % dei casi, avendo in tal caso le due vene anteriore e posteriore origini distinte dal tronco portale. Talvolta si tratta di un vero e proprio tripode. Il peduncolo destro posteriore non esiste nel 30 % dei casi; in questo caso i rami segmentari dei segmenti 6 e 7 hanno origine separata. Le vene segmentarie possono essere multiple.

Con il termine vene porte accessorie indichiamo quelle vene, oltre la vena porta, che portano il sangue al fegato senza immettersi nel tronco della vena porta ma immettendosi direttamente nel parenchima epatico. Esse

sono:

▪ Le vene del legamento falciforme: che formano il gruppo diaframmatico; ▪ Le vene cistiche: provenienti dalla cistifellea; ▪ Le vene paraombelicali; ▪ Le vene del piccolo

epiploon.

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27 ➢ La vascolarizzazione arteriosa epatica è caratterizzata da un’estrema variabilità44. Le

variazioni di due distretti anatomici distinti, ma molto legati tra loro, sono all’origine di questa distribuzione arteriosa:

- da un lato, la tripla vascolarizzazione arteriosa del fegato primitivo: arteria epatica sinistra che nasce dalla gastrica sinistra, arteria epatica media ad origine dal tronco celiaco o dall’aorta ed arteria epatica destra che nasce dall’arteria mesenterica superiore;

- d’altro lato, le possibili modificazioni di origine dell’arteria gastrica sinistra e dell’epatica media (che origina di solito dal tronco celiaco) e dell’arteria mesenterica superiore (che nasce di solito isolatamente dall’aorta).

Si tratta di variazioni molto importanti da conoscere per le loro implicazioni al momento dell’analisi degli esami morfologici, in particolare dell’arteriografia «tronco celiaco/tronco mesenterico

superiore» che possono venir richiesti nel corso dello studio preoperatorio per un intervento di chirurgia epatica.

DISPOSIZIONE CONSUETA

La disposizione consueta (tipo 1, 76 % dei casi) è caratterizzata dall’assenza (o dall’atrofizzazione) delle arterie epatiche destra e sinistra e da un’arteria epatica comune media originatasi dal tronco celiaco e che, dopo l’origine dell’arteria gastro-duodenale assume la denominazione di arteria epatica propria (o meglio di arteria epatica propria media) a livello della base del peduncolo epatico. L’arteria epatica media ha un percorso obliquo verso l’alto, a destra ed in avanti. Essa termina biforcandosi in due rami, destro e sinistro, che penetrano all’interno del parenchima epatico. L’arteria epatica media dà origine a diverse collaterali: l’arteria pancreatico-duodenale (che nasce sempre dall’arteria epatica comune), l’arteria pilorica e l’arteria cistica.

DISPOSIZIONI NON MODALI

L’arteria epatica propria vascolarizza solo il fegato destro o il sinistro; l’apporto arterioso del fegato restante è fornito tanto da un’arteria epatica destra (10 %, tipo 2), quanto da un’arteria epatica sinistra (11 %, tipo 3). Nel 6 % dei casi l’arteria epatica propria è completamente assente, altrimenti le due arterie epatiche, destra e sinistra, si suddividono la vascolarizzazione (2,3 %, tipo 4), o l’arteria destra ne garantisce la totalità (1,5 %, tipo 5). Nel 6 % dei casi l’arteria epatica media si biforca precocemente, prima dell’origine dell’arteria gastro-duodenale.

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28 Figura 5 ”Anatomia del fegato e delle vie biliari” D Castaing, D Borie, H Bismuth

Nel parenchima l'arteria epatica si divide man mano in rami segmentali, ed emette rami destinati all'irrorazione delle vie biliari e del connettivo epatico, oltre che i vasa vasorum per i vasi maggiori. I rami si trovano tutto intorno alle vie biliari anche quando esse diminuiscono di calibro, finché i

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29 rami dell'arteria non si gettano nei sinusoidi interlobulari. Non esistendo importanti circoli di

anastomosi tra le varie ramificazioni segmentali, tali arterie sono da considerarsi di tipo terminale.

• Le vene epatiche costituiscono il sistema venoso efferente del fegato. Originano dalla confluenza delle vene centrolobulari e successivamente sottolobulari, e possono essere divise in due gruppi:

▪ Vene epatiche maggiori: in numero di tre, drenano nella porzione sovraepatica della vena cava inferiore, a livello della fossa della vena cava e sono: la Vena epatica destra, che drena il sangue dei segmenti VI e VII, la Vena epatica media, che drena i segmenti IV, V e VIII e la Vena epatica sinistra, che drena i segmenti II e III.

▪ Vene epatiche minori: sono in numero da uno a cinque e drenano il segmento I, immettendosi nella vena cava inferiore

VIE BILIARI EXTRAEPATICHE

L’unione dei dotti biliari destro e sinistro, sempre extra-parenchimale, avviene a livello dell’ilo del fegato e costituisce la convergenza biliare superiore. Questo tipo di disposizione abituale si ritrova nel 68 % dei casi.

- Il dotto epatico sinistro è costituito dall’unione dei dotti segmentari del segmento 2 e 3, al di sopra del recesso di Rex. Extraepatico in questo tratto, si dirige trasversalmente nell’ilo da sinistra verso destra. Arrivato al margine superiore del ramo portale sinistro, si piega per incrociarne il margine anteriore ed unirsi al dotto di destra. Durante questo percorso riceve da uno a tre dotti del segmento 4 ed uno-tre dotti del segmento 1. È piuttosto lungo: da 1,5 a 3,5 cm.

- Il dotto epatico destro è formato dall’unione dei due dotti principali (anteriore e posteriore di destra). Questo confluente è posto di regola al di sopra del ramo di destra della vena porta, in sede extraepatica. Il dotto destro è corto e verticale: 0,5 -2,5 cm. Si unisce al dotto di sinistra sia in corrispondenza della faccia anteriore del ramo destro della porta, sia a livello della biforcazione di quest’ultima, sopra e sulla destra della biforcazione dell’arteria epatica, il ramo destro della quale incrocia la faccia posteriore dell’epatocoledoco alla sua origine. L’angolo formato dalla

convergenza è variabile, tra i 70° ed i 90°, ma praticamente sempre con il ramo sinistro orizzontale.

La convergenza è avvolta dalla capsula di Glisson, il cui ispessimento a livello dell’ilo forma la placca ilare. Questa particolarità permette un accesso più agevole (extra-epatico) ai dotti biliari in caso di riparazioni chirurgiche. Bisogna notare altresì che la confluenza biliare risulta posta a livello

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30 del margine destro del peduncolo epatico; ciò rende conto dell’elevato rischio di legatura della convergenza o del dotto di sinistra in corso di esecuzione di un’epatectomia destra. Il dotto epatico riceve il dotto cistico divenendo, a partire da questa confluenza, il dotto coledoco. Si tratta di una distinzione del tutto arbitraria, dato che la confluenza del cistico può avvenire ad un’altezza variabile. Si considera quindi la via biliare principale nel suo insieme e si denomina

indifferentemente epato-coledoco o via biliare principale. La via biliare principale è lunga da 8 a 12 cm, con un calibro che varia tra i 4 ed i 10 mm. Essa decorre lungo il margine destro del piccolo epiploon, sul versante anteriore del peduncolo epatico e sulla faccia anteriore della vena porta, della quale raggiunge progressivamente il margine destro. L’arteria epatica decorre a sinistra della via biliare e sullo stesso piano. La biforcazione in rami arteriosi di destra e di sinistra avviene al di sotto della convergenza biliare, ad un’altezza variabile, con il ramo destro che incrocia la via biliare principale passandole solitamente dietro (nel 13 % dei casi però le passa davanti).

Variazioni dei dotti biliari30,45,46

Sono molto frequenti a livello dei dotti biliari destro e sinistro:

- il dotto destro può risultare mancante, con i dotti anteriore e posteriore che confluiscono assieme nel dotto di sinistra (18%);

- il dotto posteriore destro, per raggiungere l’ilo, passa normalmente al disopra e dietro al ramo portale destro settoriale anteriore, descrivendo la curva di Hjortsjo26. Viene descritto in posizione «epiportale». Nel 17 % dei casi passa al di sotto ed anteriormente al ramo portale, in posizione ipoportale;

- i dotti settoriali posteriore destro (6 %) o anteriore destro (8 %), raggiungono direttamente la convergenza biliare. Talvolta, uno di questi dotti settoriali raggiunge il dotto epatico al disotto della convergenza che rimane in posizione anatomica. Si parla, in tal caso, di convergenza scalata;

- le anomalie del dotto di sinistra sono più rare: può essere breve, se non addirittura assente. Il dotto di destra può confluire più o meno a monte sul dotto di sinistra, configurando così una convergenza scalata verso sinistra.

Le anomalie esistono anche a livello dello sbocco del dotto cistico nella via biliare, potendo avvenire questa a diversa altezza sul dotto di destra.

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31 Figura 6 ”Anatomia del fegato e delle vie biliari” D Castaing, D Borie, H Bismuth

Vascolarizzazione delle vie biliari

Le arterie della via biliare principale provengono principalmente dall’arteria pancreatico-duodenale superiore che origina dalla gastroduodenale e passa sulla faccia anteriore della via biliare. Essa dà origine a tale livello a diverse arteriole che si anastomizzano tra loro in un ricco plesso

epicoledocico. Le due arteriole principali hanno un decorso parallelo, una sulla destra ed una sulla sinistra della via biliare principale47. Questa rete è doppiata da altri due plessi intra-murali: uno

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32 nello spessore della parete duttale e l’altro sottomucoso48. La via biliare è quindi riccamente

vascolarizzata.

Relazioni anatomiche tra gli elementi della triade peduncolare

La vena porta è l’elemento più posteriore del peduncolo epatico. La via biliare principale, posta lungo il margine destro della vena porta, se ne discosta a livello della porzione inferiore per configurare con questa il triangolo interporto-coledocico, incrociato dall’arteria e dalla vena pancreatico-duodenale di destra.

L’arteria epatica comune, posta a livello del margine sinistro della vena porta, si divide dando origine, a livello della faccia antero-sinistra della vena porta alla base del

peduncolo epatico, all’arteria gastro-duodenale ed all’arteria epatica propria che decorre sul margine sinistro della vena porta in posizione epiportale.

Il decorso di un’eventuale arteria epatica destra, ad origine dall’arteria mesenterica superiore, è

estremamente variabile. Essa si pone comunque alla destra del tronco

portale. Le vie biliari, soprattutto a livello del tratto superiore del peduncolo epatico, sono

completamente avvolte dalla capsula e spesso difficili da dissociare. Al contrario, le aderenze del tronco portale e dei rami portali di divisione sono estremamente lasse e di facile dissezione.

RETI DI DRENAGGIO LINFATICO

Bisogna distinguere due reti linfatiche epatiche. • Reti linfatiche superficiali:

Figura 7 ”Anatomia del fegato e delle vie biliari” D Castaing, D Borie, H Bismuth

(33)

33 Sono sotto-capsulari e provengono dagli spazi interlobulari superficiali. Esse drenano

essenzialmente in direzione del peduncolo epatico salvo:

- quelle provenienti dalla faccia superiore nelle vicinanze del legamento sospensore, che drenano verso i linfonodi retroxifoidei sovradiaframmatici;

- quelle provenienti dalle regioni posteriori ed inferiori che drenano verso i linfonodi retro-cavali ed interaorto-cavali;

- quelle provenienti dalla faccia superiore del fegato nei pressi del legamento coronario di sinistra, che drenano verso i linfonodi celiaci.

• Reti linfatiche profonde: Drenano:

- sia verso il peduncolo epatico seguendo i peduncoli portali all’interno della capsula di Glisson;

- sia verso i linfonodi latero-cavali e diaframmatici seguendo il decorso delle vene sovra-epatiche.

Nel peduncolo epatico, sono presenti due catene linfatiche parallele alla vena porta. Quella di destra è satellite della via biliare e forma successivamente prima la catena cistica e poi quella coledocica. A partire dal linfonodo cistico, essa passa attraverso l’incostante linfonodo di Quénu intercistico-epatico e poi per i linfonodi retro-duodenopancreatici superiori, prima di confluire verso i linfonodi preaortici. L’altra, di sinistra, è satellite dell’arteria epatica. Essa comprende due-tre linfonodi lungo il suo percorso latero-arterioso sino ai linfonodi celiaci.

INNERVAZIONE

Il plesso celiaco, per la maggior parte, ma anche i gangli semi-lunari ed il tronco del vago, formano il plesso epatico. Può essere suddiviso in due parti distinte: plesso anteriore e plesso posteriore.

-Plesso anteriore o periarterioso:

Originato dalla parte sinistra del plesso celiaco, rappresenta una rete a maglie larghe che circonda l’arteria epatica ed i suoi rami. Esso invia, lungo il suo decorso, alcuni esili ramuscoli che seguono

(34)

34 le arterie gastro-duodenale e pilorica; esso emette anche dei piccoli rami per il coledoco ed il cistico e fornisce i nervi laterali alla colecisti.

Prende parte alla sua costituzione il nervo gastro-epatico che origina dal vago (tanto dal destro che dal sinistro) e decorre nella pars condensa del piccolo epiploon, raggiungendo il plesso anteriore a livello della porzione alta dell’ilo. Il plesso anteriore sembra distribuirsi al fegato di sinistra.

-Plesso posteriore:

Di plesso ha solo il nome, dato che è formato da tre-quattro rami nervosi ben individualizzati, fuoriusciti dalla parte destra del plesso celiaco:

° nervo retro-coledocico, che invia un ramuscolo al cistico ed alla colecisti (nervo esterno della colecisti);

° un gruppo retro-portale, formato da due o tre nervi;

° un nervo retroarterioso.

Il plesso epatico posteriore, che penetra a livello della porzione destra dell’ilo, sembra distribuirsi al fegato destro.

ANATOMIA “REALE”

L’anatomia arteriosa e portale è di tipo terminale. Le scissure possono essere attraversate solo a livello dei sinusoidi. Se un peduncolo è interrotto, il parenchima epatico corrispondente, ai margini delle scissure, risulta devascolarizzato. Ciò comporterà una variazione di colore che ne indicherà alla superficie i limiti. La segmentazione portale è completamente indipendente dall’anatomia morfologica. Se si passa attraverso le scissure portali, si rispetteranno i vasi arteriosi, portali ed i dotti biliari, con il rischio sarà quello di ledere una vena sovra-epatica. La conoscenza dell’anatomia reale, non di quella teorica, è fondamentale soprattutto nel caso in cui un pregresso intervento o un processo patologico abbiano disorganizzato i reperi consueti. Un progresso fondamentale in questo campo è stato fornito dall’impiego dell’ecografia intra-operatoria. È possibile, per il chirurgo, individuare i diversi vasi nel fegato, seguirli nel corso delle loro divisioni e pertanto ottenere una precisa localizzazione delle scissure portali e della loro proiezione a livello della superficie epatica.49

(35)

35

1.3

ANATOMIA MICROSCOPICA DEL FEGATO

Il fegato è ricoperto, ad eccezione dell'area nuda, da peritoneo viscerale, costituito da un monostrato di cellule epiteliali piatte detto mesotelio, sotteso da connettivo submesoteliale. Inferiormente al rivestimento peritoneale troviamo la vera e propria capsula dell'organo, formata principalmente da tessuto connettivo, nella quale decorrono vasi, nervi e linfatici. Essa è detta capsula di Glisson ed è strettamente adesa al parenchima epatico; a livello dell'ilo essa si approfonda per seguire le

diramazioni della triade portale (ramo vena porta, ramo arteria epatica, ramo biliare) delimitando gli spazi portali. Il parenchima del fegato è formato da epatociti disposti in cordoni epiteliali, formati da una fila di cellule e con una struttura non regolare (è detta infatti ghiandola cordonale o

labirintica). La ricerca di una unità morfofunzionale (più piccola unità autosufficiente di parenchima) nel fegato è molto complessa poiché si pongono diversi problemi: 1) una doppia afferenza vascolare (arteria epatica e vena porta), 2) un flusso vascolare opposto al flusso biliare, 3) una mancanza di setti connettivali chiaramente identificativi di unità strutturali quali lobi e lobuli. La struttura inizialmente identificata è quella del lobulo epatico. Un lobulo epatico è una struttura poligonale che in sezione tridimensionale assume la forma di un prisma del diametro di 1 mm e di larghezza 1.5-2 mm. Nell'uomo sono molto meno delimitabili rispetto ad altri animali poiché il connettivo non forma una trama regolare. La delimitazione del lobulo epatico è fatta unendo gli spazi portali (5/6) che circondano una

vena efferente, detta vena centrolobulare. La vena

centrolobulare è quindi il centro del lobulo epatico; da essa, con

andamento raggiato divergono verso la periferia numerosi cordoni di epatociti, inframmezzati a capillari dall'andamento tortuoso, detti sinusoidi epatici, i quali sboccano tutti nella vena centrolobulare. La parete della vena centrolobulare, che è

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