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Ultrafast dynamics in graphene-based Van Der Waals heterostructures

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Academic year: 2021

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Naturali

Corso di Laurea Magistrale in Chimica

Broadband Stimulated

Raman Scattering: il ruolo

delle risonanze elettroniche

nel caso della mioglobina.

Laureando: Relatore:

Gaia Giovannetti Prof. Tullio Scopigno

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And bright stirs are there?

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Indice

1 Mioglobina 6

1.1 Ruolo e struttura della mioglobina . . . 6

1.2 Struttura elettronica della mioglobina . . . 9

1.3 Modi normali di vibrazione della mioglobina . . . 11

2 Eetto Raman 14 2.1 Raman spontaneo . . . 14

2.2 Raman stimolato . . . 17

2.3 Cenni di Raman risonante . . . 20

2.4 Trattazione quantistica dello scattering Raman stimolato . . . . 21

2.4.1 L'operatore densità . . . 21

2.4.2 Evoluzione della matrice densità e dinamica nello spazio di Liouville . . . 22

2.4.3 Soluzione per hamiltoniane dipendenti dal tempo . . . 23

2.5 Equazioni di Maxwell e polarizzazione non lineare . . . 27

2.5.1 Four wave mixing . . . 29

2.6 L'approccio diagrammatico . . . 31

2.6.1 Diagrammi di Feynman e FWMEL . . . 32

2.7 Il sistema a tre livelli . . . 35

2.7.1 SRS(I) . . . 36

2.7.2 SRS (II) . . . 36

2.7.3 IRS(I) . . . 36

2.7.4 IRS(II) . . . 37

2.8 Calcolo della polarizzazione per speciche coppie di campi . . . . 37

2.8.1 Calcolo della polarizzazione per RRS(Icc)e IRS(Ica) . . 38

2.8.2 Calcolo della polarizzazione per HL(Icc)e HL(IIcc) . . . 41

3 Apparato sperimentale 45 3.1 Sorgente laser . . . 45 3.2 Layout ottico . . . 45 3.2.1 Raman pulse . . . 46 3.2.2 Stokes probe . . . 54 3.3 Sistema di rivelazione . . . 55 3.4 Calibrazione . . . 56

3.5 Preparazione del campione . . . 56

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4 Risultati e discussione 58 4.1 Evidenze sperimentali . . . 58 4.2 Procedura di interpolazione, sottrazione della linea di base e

calibrazione . . . 65 4.3 Conclusioni . . . 66 A Electronic Resonances in Broadband Stimulated Raman

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Introduzione

Negli anni Trenta Alfred E. Treibs isolò per la prima volta alcune metallopor-rine dal petrolio, aprendo la strada allo studio di una delle classi di chelati metallorganici di maggiore rilevanza in ambito biologico. Le metalloporrine sono infatti protagoniste di un ampio spettro di funzioni nei sistemi biologici che vanno dal trasferimento di elettroni, alla fotosintesi e al trasporto di ossige-no; esse costituiscono i centri di reazione di molti enzimi essenziali per la vita. In particolare nell'ultima parte del ventesimo secolo l'interesse della comunità scientica si è rivolto verso lo studio delle emoproteine, in virtù dell'importanza del gruppo eme come gruppo prostetico o cofattore in alcune proteine chiave nei processi biologici fondamentali per la vita. Tra le emoproteine più importan-ti si annoverano l'emoglobina, la mioglobina, la neuroglobina e il citocromo-c; tuttavia esiste un'ampia varietà di emoproteine disponibili, che dieriscono per la natura, lo stato di ossidazione e di spin dell'atomo centrale, per i ligandi as-siali e per i sostituenti periferici che introducono cambiamenti sistematici nella struttura e quindi nello spettro elettronico e vibrazionale della proteina. L'eme infatti conferisce a queste proteine non solo proprietà chimiche biologicamen-te rilevanti, ma anche caratbiologicamen-teristiche spettroscopiche particolari. Non a caso le emoproteine costituiscono una delle classi di molecole più studiate nell'era moderna della spettroscopia Raman, poichè orono l'opportunità di investigare una vasta gamma di eetti di risonanza elettronica nel campo della luce visibile. La spettroscopia basata sull'eetto Raman spontaneo costituisce un ecce-zionale strumento per sondare la struttura vibraecce-zionale di una molecola. In condizioni di risonanza elettronica, la cross section può essere selettivamente in-crementata, rendendo la tecnica strutturalmente sensibile a specici cromofori. Tuttavia, anche in condizioni di risonanza, il Raman spontaneo può presentare un basso rapporto segnale rumore ed una sezione d'urto ordini di grandezza in-feriore rispetto all'emissione di uorescenza, che quindi può facilmente oscurare i segnali Raman. Tale inconveniente può essere aggirato ricorrendo alla tecnica del cosiddetto Raman stimolato (SRS); tuttavia in quest'ultimo caso gli eetti di risonanza elettronica si manifestano in una forma più complessa e sono più dicili da interpretare.

La presente trattazione si pone pertanto un duplice intento: da un lato ca-ratterizzare il gruppo eme di una nota emoproteina, la mioglobina, in termini della sua struttura vibrazionale tramite la spettroscopia Raman stimolata; dal-l'altro, sfruttare questo esempio per proporre una procedura generale volta all' interpretazione degli eetti di risonanza elettronica e alla estrazione del Raman Excitation Prole (REP) a partire da forme di riga complesse. Per questo è

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necessario sviluppare un modello teorico, basato su una trattazione quantistica della materia, che tramite uno sviluppo perturbativo al terzo ordine della matri-ce densità permetta di individuare i promatri-cessi sici responsabili del segnale SRS. Per comprendere appieno lo scopo di questa tesi occorre avere una chiara conoscenza della struttura chimica della mioglobina e una comprensione appro-fondita degli aspetti teorici e tecnici che caratterizzano la spettroscopia Raman stimolata. Pertanto la tesi è strutturata come segue.

Nel Capitolo 1 è stata arontata una descrizione della mioglobina da un punto di vista biologico. Dopo una breve descrizione del gruppo eme dal punto di vista strutturale, particolare enfasi è stata data alla sua struttura elettronica. Nel Capitolo 2 si introduce una accurata descrizione teorica della tecnica spe-rimentale utilizzata, introducendo dapprima il Raman stimolato da un punto di vista classico e ricorrendo successivamente al formalismo della matrice densità, per descrivere quantisticamente la materia.

Nel Capitolo 3 è riportata un'illustrazione dello strumento utilizzato e una descrizione della preparazione del campione.

Nel Capitolo 4 sono stati presentati i dati acquisiti con i risultati cui si è pervenuti. Il capitolo termina con una sintesi complessiva dei risultati ottenuti e con alcune considerazioni su possibili sviluppi futuri.

In Appendice A è riportata per intero la pubblicazione che è stata nalizzata nell'ambito di questo lavoro di tesi.

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Capitolo 1

Mioglobina

1.1 Ruolo e struttura della mioglobina

La mioglobina è una proteina citoplasmatica espressa solamente nei mitocondri cardiaci e nelle bre ossidative dei muscoli scheletrici. La mioglobina fu così chiamata a causa della sua somiglianza strutturale e funzionale con l'emoglo-bina. Da un punto di vista evolutivo mioglobina ed emoglobina si originarono molto probabilmente da un gene ancenstrale comune più di cinquecento milioni di anni fa. Come l'emoglobina, la mioglobina lega reversibilmente la molecola di O2, facilitandone il trasporto dai globuli rossi ai mitocondri nei periodi di elevata attività metabolica; essa può inoltre agire da riserva di O2in condizioni di anossia o ipossia. Tuttavia al contrario della mioglobina che, a causa della sua struttura tetramerica, presenta una cinetica di saturazione sigmoidale per quanto riguarda il binding dell'ossigeno, la mioglobina monomerica lega la mo-lecola di O2 secondo una cinetica Michaelis-Menten, mostrando una curva di saturazione iperbolica.

A partire dalla scoperta della sua struttura, la mioglobina è stata oggetto di numersi studi volti ad investigarne le relazioni tra la sua struttura e la sua fun-zionalità. La mioglobina è infatti oggi nota per la sua capacità di immagazzina-re riserve di ossigeno nei muscoli, ruolo estimmagazzina-remamente evidente nei mammiferi marini. In assenza di ossigeno inspirato l'ossigeno immagazzinato nelle moleco-le di mioglobina diventa disponibimoleco-le per il rifornimento dei muscoli locomotori coinvolti nell'attività di immersione; tale ruolo è confermato dal fatto che la concentrazione di mioglobina nei muscoli dei mammiferi marini è dalle dieci alle trenta volte superiore a quella osservata in animali che non sperimentano apnee prolungate. Infatti, quando l'apporto di ossigeno termina durante l'immersione a respiro trattenuto, l'ossigeno legato alla mioglobina è rilasciato per sostenere il metabolismo anaerobico nei muscoli attivi. Inoltre è stato proposto per la mioglobina il ruolo di tampone nei confronti della concentrazione di ossigeno intracellulare, la quale è mantenuta costante anche nei casi di forte aumento di usso di ossigeno dai capillari ai mitocondri causato da un aumento di attività muscolare.

Recentemente la mioglobina è stata anche identicata come molecola in grado di facilitare la diusione di O2 all'interno dei mitocondri, orendo un meccanismo parallelo e alternativo alla diusione semplice di ossigeno. [1]

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La mioglobina è la prima proteina di cui è stata determinata la struttura tridimensionale tramite cristallograa ai raggi X (Kendrew, 1963). La sua strut-tura consiste in una singola catena polipeptidica formata da 154 amminoacidi ed è caratterizzata da una struttura secondaria organizzata in otto α − eliche (indicate con le lettere alfabetiche dalla A alla H), disposte in modo da formare una proteina con struttura terziaria globulare di dimensioni approssimativamen-te pari a 44 x 44 x 25 Å3 (Fig. 1.1A). La mioglobina contiene un unico gruppo prostetico che consiste in gruppo eme di tipo B immerso in una tasca idrofobica tra le eliche E ed F. L' eme B (protoporrina IX) è un complesso porrinico del Fe(II) (complesso ferro-porrina) in cui un atomo di Fe è coordinato da cinque ligandi, quattro dei quali sono atomi di azoto appartenenti agli anelli pirrolici cooplanari dell'anello porrinico, connessi tra loro da ponti metinici. La cate-na laterale imidazolica del residuo His93 (comunemente indicata come HisF8 poiché si tratta dell'ottavo residuo dell'elica F) fornisce il quinto ligando e sta-bilizza il gruppo eme inducendo un lieve spostamento dell'atomo di Fe rispetto al piano dell'anello tetrapirrolico. Il complesso porrinico è ulteriormente stabi-lizzato dalla catena laterale del residuo His64 (His E7) dell'apoproteina. Esiste tuttavia anche una sesta posizione, non occupata nella mioglobina "deoxy", che funge da sito di binding per potenziali ligandi (Fig 1.2B).

Figura 1.1: (A) struttura della mioglobina. Lo scheletro della proteina consiste in otto α-eliche che circondano una tasca contenente il gruppo heme. (B) Il gruppo protoeme è stabilizzato dai residui His93 e His64.

Il gruppo eme ha un ruolo centrale nella denizione delle proprietà chimiche e spettroscopiche delle emoproteine. La presenza di questo gruppo prostetico conferisce alla mioglobina la capacità di legare piccole molecole, come ad esem-pio O2, NO, CO e H2S, trasformandosi da mioglobina in forma "deoxy", ossia priva di ligandi esogeni, nella forma "oxy" caratterizzata dalla sesta posizione occupata. In presenza di ossigeno, l'atomo di Fe(II) dell'eme isolato è ossidato in maniera irreversibile a Fe(III) (stato di ossidazione che non è in grado di legare O2) generando metamioglobina, che è la forma della proteina più

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sta-bile all'aria. La componente proteica della mioglobina impedisce in molti casi tale ossidazione, rendendo possibile la formazione di un legame reversibile con l'ossigeno molecolare. Il binding di O2 altera lo stato elettronico del complesso Fe(II)-eme, come indica la variazione da rosso scuro (il colore dell'emoglobina e della mioglobina nel sangue venoso) a rosso scarlatto (tipico dell'emoglobina e della mioglobina del sangue arterioso). In determinate condizioni può tutta-via vericarsi un'ossidazione della mioglobina a metamioglobina; a quest'ultima proteina si deve il colore marrone della carne vecchia o del sangue secco. In quest'ultimo caso, poiché gli anelli pirrolici chelano un atomo di Fe(III), il com-plesso Fe-porrina prende il nome di "hemin" e presenta una carica formale positiva che viene in genere stabilizzata dalla presenza di un anione, ad esempio il cloruro. Esiste tuttavia anche una sesta posizione, non occupata nella mio-globina "deoxy", che funge da sito di binding per potenziali ligandi come O2, NO e CO.

La dirazione di RX ha evidenziato la presenza di cavità interne all'interno della molecola di mioglobina che si pensa possano servire a concentrare e orientare le molecole per favorirne il binding da parte dell'eme. Anche l'anello pirroli-co pirroli-contribuisce alla funzionalità biologica della mioglobina; infatti sia i ponti metinici che connettono gli anelli pirrolici, sia i gruppi vinilici e i gruppi propio-nato che funzionalizzano l'anello porrinico nell'eme B sono in grado di legare la mioglobina ad altre proteine (Fig. 1.2).

Figura 1.2: struttura molecolare del gruppo prostetico eme B (protoporrina IX). L'eme B consiste in un anello porrinico funzionalizzato con gruppi vinilici e propionici.

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1.2 Struttura elettronica della mioglobina

Lo spettro di assorbimento della mioglobina è mostrato in Fig. 1.3.

Figura 1.3: spettro di assorbimento nel visibile della mioglobina "deoxy". La porrina isolata, indipendentemente dalla presenza di un atomo centrale, è un macrociclo aromatico a 26 elettroni sucientemente esteso da presentare una congurazione elettronica caratterizzata da una separazione energetica tra gli orbitali π e π∗relativamente piccola (pari a circa 2 eV): pertanto le metallo-porrine sono cromofori che assorbono fortemente la luce nella regione visibile e in quella del vicino ultravioletto dello spettro. Lo spettro di assorbimento di una metalloporrina presenta una banda molto intensa, detta banda Soret o banda B, centrata intorno a 400 nm e due bande meno intense tra 500 nm e 600 nm, denominate rispettivamente Q0e Qv, o più semplicemente α e β (Fig. 1.3). La natura di queste bande può essere meglio compresa facendo riferimento al modello a quattro orbitali di Gouterman illustrato in Fig. 1.4.

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Figura 1.4: spettro di assorbimento nel visibile della mioglobina "deoxy". In alto a destra è mostrato lo schema a quattro orbitali del modello di Gouterman. [2]

Assumendo per l'anello tetrapirrolico una simmetria idealizzata D4h, gli or-bitali π∗ non occupati a più bassa energia sono degeneri e hanno simmetria e

g, mentre i due orbitali π occupati a più alta energia sono di simmetria a1u e a2u. Nonostante non siano degeneri, i due orbitali a più bassa energia hanno energia molto simile. Ne deriva una forte interazione di congurazione tra le transizio-ni orbitaliche a1u→eg e a2u→eg; i dipoli di transizione associati a queste due transizioni si combinano in fase per dare una intensa banda Soret, mentre inter-feriscono distruttivamente per dare una banda Q0molto debole (la cui intensità è nulla se i due orbitali a1ue a2u sono accidentalmente degeneri). La banda Qv è invece il risultato dell'accoppiamento vibronico tra la banda Soret e Q0: essa costituisce un inviluppo delle transizioni vibroniche indotte da un mescolamento delle transizioni Soret e Q0. [2]

Risulta pertanto evidente il motivo per cui negli ultimi vent'anni le emopro-teine sono diventate una delle classi di molecole più studiate tramite la spet-troscopia Raman. Le transizioni elettroniche π-π∗ presentano una energia di transizione relativamente bassa e pertanto risultano convenientemente eccitabili tramite luce laser visibile; inoltre i fenomeni di interazione di congurazione e mixing vibronico tra queste transizioni producono una serie di interessanti ef-fetti di risonanza elettronica negli spettri Raman, che possono essere esaminati selettivamente al variare la lunghezza d'onda di eccitazione.

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1.3 Modi normali di vibrazione della mioglobina

Nelle Fig. 1.5 e 1.6 è riportato lo spettro Raman risonante della mioglobina "deoxy", rispettivamente di bassa e alta frequenza.

Figura 1.5: spettro Raman risonante di bassa frequenza della mioglobina "deoxy". [3]

Figura 1.6: spettro Raman risonante di alta frequenza della mioglobina "deoxy". [3]

In generale lo spettro Raman costituisce un ngerprint specico della strut-tura vibrazionale della porrina. Il gruppo eme all'interno della mioglobina mantiene gran parte delle caratteristiche vibrazionali della metalloporrina iso-lata, con la dierenza che le distorsioni introdotte dall'apoproteina riducono la

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simmetria del sistema attivando nuovi modi normali. Di seguito si riporta una tabella contenente i modi normali di vibrazione della mioglobina "deoxy".

Figura 1.7: tabella dei modi normali della mioglobina "deoxy" misurati tramite spettroscopia Raman spontanea in condizioni di risonanza. In verde sono ripor-tati i modi di bassa frequenza, in giallo quelli di alta frequenza. L'assegnazione dei modi a 390, 482, 1133, 1175, 1398, 1427, 1455 cm−1 è ancora incerta. ν indica un modo di stretching, δ indica un modo di bending, mentre γ indica un modo di wagging fuori dal piano della porrina. [3, 4]

La risonanza elettronica genera un aumento dell'intensità dei picchi Raman ed inoltre garantisce selettività strutturale, permettendo di isolare il contributo Raman proveniente esclusivamente dal cromoforo, la protoporrina IX, rispetto a quello dell'apoproteina. L'eetto Raman risonante (RR) verrà in dettaglio spiegato nel Capitolo 3. E' tuttavia importante evidenziare che l'entità del-l'aumento della cross section di un particolare modo in condizioni di risonanza dipende dall'accoppiamento specico del modo con la transizione elettronica. Infatti, i vari modi subiscono un grado di amplicazione diversa a seconda della lunghezza d'onda di eccitazione selezionata. Ad esempio, nel caso della mio-globina "deoxy", i modi caratterizzati da simmetria A1g (come ν3, ν4, e ν5) appaiono molto intensi quando la lunghezza d'onda di eccitazione corrisponde al massimo della banda Soret dello spettro di assorbimento, mentre appaiono

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molto meno intensi quando la lunghezza d'onda di eccitazione corrisponde al massimo della banda Q. Viceversa, un'eccitazione in banda Q aumenta notevol-mente la cross section dei modi con simmetria B1g e A2g (ν10−28). Pertanto, regolando la lunghezza d'onda di eccitazione, è possibile amplicare in maniera selettiva determinati modi di vibrazione per ottenere informazioni strutturali anche in condizioni di bassa cross section e in presenza di campioni a bassa concentrazione [4]; inoltre, si può ottenere in questo modo uno spettro Raman estremamente semplicato che facilita l'assegnazione delle frequenze dei modi tramite sostituzione isotopica e studi comparativi. [5]

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Capitolo 2

Eetto Raman

La spettroscopia Raman è una tecnica che si basa sulla diusione anelastica della luce da parte della materia e permette di studiare lo spettro vibrazionale di un sistema con numerosi vantaggi rispetto alla spettroscopia di assorbimento IR. Quando la lunghezza d'onda del laser è in risonanza con una transizione elettronica caratteristica del campione si parla di Raman risonante (RR). La condizione di risonanza elettronica genera un incremento generale della sezio-ne d'urto del processo Raman e rende la tecnica strutturalmente selettiva sezio-nei confronti di specici cromofori presenti nel campione. La versione stimolata dell'eetto Raman (SRS) consente di aumentare ulteriormente la sezione d'urto di diversi ordini di grandezza rispetto al Raman spontaneo. Tuttavia il compor-tamento di uno spettro SRS in condizioni di risonanza elettronica è molto più complesso di quello manifestato nel caso del Raman spontaneo, come si vedrà nel Capitolo 4.

Di seguito si riporta una trattazione classica del Raman spontaneo, seguita da una descrizione delle caratteristiche principali della tecnica SRS; successivamen-te verrà trattato l'eetto Raman stimolato dal punto di vista semiclassico.

2.1 Raman spontaneo

L'eetto Raman spontaneo consiste nell'interazione anelastica della luce con la materia. Quando una radiazione monocromatica a frequenza ω investe la ma-teria, parte della luce viene diusa. Analizzando in frequenza la luce diusa si trovano sia fotoni con frequenza pari a quella incidente, sia fotoni a nuo-ve frequenze ω0 = ω ± ω

Ri, dove ωRi è una delle frequenze rotovibrazionali del

campione. Lo scattering elastico non comporta un cambiamento della frequenza ed è detto eetto Rayleigh, mentre lo scattering anelastico comporta la genera-zione di nuove frequenze ed è detto eetto Raman. Le righe Raman sono dette Stokes o anti-Stokes rispettivamente se la frequenza generata è minore o mag-giore di quella incidente. Dal punto di vista molecolare, lo scattering Rayleigh o Raman comporta una transizione da uno stato iniziale a ad uno stato nale b attraverso il passaggio per uno stato elettronico eccitato n che può essere vir-tuale o appartenere a un pacchetto di stati stazionari (in questo caso si parla di Rayleigh o Raman risonante). Il fotone incidente non è dunque propriamente assorbito, perché l'energia ¯hω del fotone in generale non corrisponde al gap tra

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due livelli energetici della molecola. Dalla conservazione dell'energia segue che per lo scattering Rayleigh Eb= Ea, mentre per per lo scattering Raman Stokes e anti-Stokes si ha rispettivamente Eb < Ea e Eb> Ea.

L'eetto Raman spontaneo può essere spiegato in prima approssimazione con argomentazioni classiche. [6]

Si suppone di inviare su un insieme di N molecole biatomiche omonucleari iden-tiche un campo monocromatico a frequenza ω del tipo E(t) = Ae−iω1t+ c.c.,

dove A è l'ampiezza del campo elettrico costante nel tempo. Il momento di dipolo indotto dal campo è:

µ(t) = α(t)E(t) (2.1)

dove α(t) è la polarizzabilità della molecola; essa dipende dal tempo in virtù dei modi interni propri della molecola stessa. In generale la polarizzabilità di una molecola è un tensore; per una molecola biatomica omonucleare è in particolare un tensore diagonalizzabile con due componenti ortogonali uguali e una compo-nente parallela diversa.

Poiché l'oscillazione lungo la coordinata molecolare è piccola, è possibile espan-dere la polarizzabilità in serie di Taylor rispetto alla coordinata Q(t). Si ottiene:

α(t) = α0+ ∂α ∂Q(t) Q=0 + ... (2.2)

dove Q(t) è la coordinata del modo normale in approssimazione armonica. In approssimazione armonica, l'equazione del moto per la coordinata vibrazionale Q(t) è ∂2Q(t) ∂t2 + 2γ ∂Q(t) ∂t + ω 2 vQ(t) = 0 (2.3)

che, trascurando lo smorzamento γ, ammette soluzione

Q(t) = 2Q0cos(ωvt + iφ) = Q0(e−iωvt−iφ+ e+iωvt+iφ) (2.4) dove ωv è la frequenza di oscillazione caratteristica della molecola. La polariz-zazione totale indotta del sistema è la somma dei momenti di dipolo associati a ciascun oscillatore molecolare; per un sistema di N oscillatori identici essa è:

P (t) = N µ(t) (2.5)

Sostituendo la (2.4) nella (2.3), usando la (2.5) e ricordando la denizione di campo elettrico si ottiene per la polarizzazione:

P (t) = N α0Ae−iω1t+ N ∂α ∂Q Q=0

AQ0[e−i(ω1−ωv)t+iφ+ e−i(ω1+ωv)t−iφ] + c.c. (2.6) Dalla precedente equazione è evidente che la polarizzazione indotta oscilla non solo alla frequenza ω1del campo incidente, ma anche, per eetto Raman, a due nuove frequenze ω1± ωv.

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Da quanto detto segue che uno spettro Raman vibrazionale è costituito da una serie di righe simmetriche a destra e sinistra della riga centrale Rayleigh, sposta-te rispetto a questa proprio di una quantità pari alla frequenza del modo normale ωv. Si nota inoltre che tale spettro esiste se e solo se la polarizzabilità non è costante. In Fig. 2.1 si riporta lo spettro Raman spontaneo vibrazionale di una molecola biatomica omonucleare: si nota che la riga anti-Stokes, corrispondente a una transizione che parte da uno stato vibrazionale eccitato popolato, è meno intensa della riga Stokes, che invece corrisponde a una transizione che parte dallo stato vibrazionale fondamentale, poiché a valori di temperatura nita vale la legge di Boltzmann:

NA NB

= e−EA−EBKT (2.7)

dove NA e NB indicano le popolazioni dello stato A e dello stato B, K è la costante di Boltzmann e T la temperatura. La dierenza di intensità tra Stokes e anti-Stokes rispetta il principio del bilancio dettagliato, secondo il quale:

IStokes Ianti−Stokes

= eβ¯hωv (2.8)

dove β = 1

KT. Pertanto il rapporto tra le intensità delle righe Stokes e anti-Stokes costituisce una stima della temperatura locale del sistema (effetto termometro).

Figura 2.1: spettro Raman spontaneo per una molecola biatomica omonucleare. L'eetto Raman è un eetto non lineare rispetto al campo che lo genera e per-tanto è molto meno intenso rispetto a fenomeni lineari come l'assobimento o l'emissione. Infatti è dicile distinguere le righe Raman in presenza di uore-scenza, poichè quest'ultima risulta molto più intensa e, come il Raman sponta-neo, è un processo incoerente che si manifesta in maniera isotropa, richiedendo una rivelazione integrata sull'intero angolo solido di emissione. Un fenomeno incoerente è tale per cui non esiste una relazione di fase ssa tra i dipoli che

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diondono la radiazione, pertanto la radiazione è diusa in modo isotropo in tutte le direzioni dello spazio. Inoltre, il Raman spontaneo manifesta una di-pendenza lineare dalla concentrazione del campione, in quanto l'intensità delle righe Raman è direttamente proporzionale al numero N di oscillatori presenti nel campione stesso; è anche un processo omodino, poiché le righe Raman si manifestano a frequenze non inizialmente popolate nella radiazione incidente. [6]

Inoltre, nell'implementazione pump-probe della spettroscopia Raman per lo stu-dio delle dinamiche ultraveloci, dove è necessario utilizzare sorgenti impulsate di durata sucientemente breve rispetto ai processi sici che si vogliono risol-vere, si ottiene necessariamente un allargamento spettrale del segnale in uscita che compromette la risoluzione in frequenza dell'esperimento. Infatti, in base al principio di indeterminazione per impulsi gaussiani (∆t∆ω ≥ 15 ps cm−1), se si vogliono risolvere righe spettrali di FWHM∼ 15 cm−1, occorre necessariamente utilizzare impulsi di durata maggiore di un picosecondo.

2.2 Raman stimolato

Il Raman spontaneo presenta dunque le seguenti limitazioni: • bassa sezione d'urto;

• competizione con altri processi, principalmente la uorescenza;

• dicoltà di utilizzo negli esperimenti pump-probe nelle scale di tempo tipiche dei processi chimici.

Queste dicoltà possono essere superate utilizzando un secondo fascio ester-no, detto Stokes probe, per stimolare il processo Raman tramite una tecni-ca chiamata Stecni-cattering Raman stimolato (SRS). Quando due impulsi luminosi, Raman pulsea frequenza ωRe Stokes probe a frequenza ωS, incidono su un cam-pione che presenta un modo normale di vibrazione a frequenza ωv = ωR− ωS si ottiene luce coerente diusa collinearmente al probe con una sezione d'ur-to maggiore di diversi ordini di grandezza e proporzionale a all'intensità dello Stokes probe. Come si vedrà più avanti nella discussione, il Raman stimolato è un processo al terzo ordine, comporta cioè tre interazioni con i campi. Se il segnale è rivelato nella stessa direzione del probe, la conservazione del momento (phase matching) richiede interazioni del tipo: −→ksig =

− → kRaman− − → kRaman+ − →

kStokes. Questo permette di ottenere segnali di intensità elevata e distinguibili dalla uorescenza, purché sia selezionata la direzione di acquisizione del segnale collineare allo Stokes probe, con angolo solido piccolo a piacere. Infatti, mentre la uorescenza è un segnale emesso su tutto l'angolo solido, il segnale SRS nasce solo lungo la direzione di propagazione dello Stokes probe e quindi può essere selettivamente rivelato.

Una versione particolarmente utile della tecnica SRS è quella ottenuta a partire da un Raman pulse a banda stretta (e quindi lungo in tempo) e da un probe ultracorto (quindi largo in frequenza), detta Broadband Stimulated

Raman Scattering (B-SRS). Questo permette di sondare un'ampia zona dello

spettro con lo Stokes probe, in modo da stimolare l'eetto Raman contempora-neamente per tutti i modi normali del campione. Si ottengono così una serie di

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Figura 2.2: geometria di un esperimento SRS. Il fascio blu rappresenta il Raman pulse, quello rosso lo Stokes probe. Solo quest'ultimo raggiunge il detector. picchi, positivi e negativi in condizioni di non risonanza elettronica, sullo spettro dello Stokes probe, in corrispondenza delle frequenze vibrazionali del campione. Solitamente si usa rappresentare il Raman gain (RG) in funzione del Raman shift ωshif t= ωS− ωR, con il RG denito come

RG(λ) = IStokes(λ) Raman ON− I Stokes(λ)Raman OF F IStokes(λ)Raman OF F =∆IS IS0 (2.9) dove IStokes(λ)Raman ON e IStokes(λ)Raman OF F sono, rispettivamente, l'inten-sità dello Stokes probe in presenza di Raman pulse acceso e spento.

Figura 2.3: spettro SRS del cicloesano con Raman pulse acceso; si noti che i picchi Raman risultano positivi sul lato rosso rispetto al Raman pulse (in blu), negativi sul lato blu del Raman pulse (in verde).

Stimolare il processo Raman signica introdurre un termine forzante nell'e-quazione dell'oscillatore (2.3): ∂2Q(t) ∂t2 + 2γ ∂Q(t) ∂t + ω 2 vQ(t) = F (t) m = α 0 v|E(r, t)| 2 (2.10)

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Figura 2.4: spettro SRS del cicloesano con Raman pulse spento. In assenza di Raman pulse, la risposta Raman è nulla.

Figura 2.5: Raman gain per il cicloesano.

Il campo totale E(r, t) è dato dalla somma dei campi associati allo Stokes probe e al Raman pulse:

E(r, t) = E(r, t)Raman+ E(r, t)Stokes (2.11)

L'SRS è quindi un processo non lineare, poiché la generazione del segnale richie-de una tripla interazione con i campi. E' una tecnica coerente, poiché esiste una forzante introdotta dalla frequenza dierenza tra i campi entranti, ωv= ωS−ωR che impone una oscillazione in fase di tutti i dipoli del materiale. L'SRS è inol-tre una tecnica eterodina, in quanto il segnale Raman si manifesta a modi di

(21)

campo già popolati nel campo Stokes in ingresso. [6]

Usando le equazioni di Maxwell e la (2.10) si può ottenere la soluzione classi-ca per il classi-campo SRS. [7] Nella prossima sezione verrà presentata una trattazione quantisitca dell'SRS, mediante il formalismo della matrice densità, che permet-terà di spiegare molti fenomeni che riguardano l'interazione radiazione materia non contemplati dall'approccio classico. La trattazione quantistica permetterà infatti di spiegare, a patto di considerare il campo del vuoto al posto dello Stokes probe, la dierenza di intensità tra Stokes e anti-Stokes nel Raman spontaneo e gli eetti della risonanza elettronica sia nel caso del Raman spontaneo sia in quello dell'SRS.

2.3 Cenni di Raman risonante

Quando la frequenza del probe Raman coincide con quella di una transizio-ne elettronica del campiotransizio-ne si parla di Raman Risonante (RR). I meccanismi spettroscopici che contribuiscono al segnale Raman risonante sono due, rappre-sentati dai termini di scattering A e B che costuiscono i due termini principali dell'espansione di Taylor della polarizzabilità Raman rispetto alla coordinata vibrazionale Q. Il termine A è A = µ 2 e ¯ h X v Fv ∆νv+ iΓv Fv= hj|vi hv|ii (2.12)

dove µe è il momento di dipolo elettrico di transizione per lo stato eccitato e di cui v identica un particolare livello vibrazionale; ∆νv è la dierenza tra la frequenza del livello v, di larghezza Γv e la frequenza di eccitazione del laser (la condizione di risonanza elettronica si raggiunge quando ∆νv=0). Fv è il prodotto degli integrali di Franck-Condon tra il livello intermedio e i livelli iniziali e nali i e j, che in genere sono rispettivamente i livelli vibrazionali 0 e 1 dello stato elettronico fondamentale. Il termine A è il termine di scattering risonante dominante nel caso di transizioni elettroniche permesse con grandi valori di µ2

e. L'aumento di intensità relativo per dierenti modi normali di vibrazione dipende dai valori degli integrali di Franck-Condon, che a loro volta dipendono dallo spostamento geometrico nello stato eccitato lungo la coordinata vibrazionale. Solo i modi totalsimmetrici hanno prodotti di Franck-Condon non nulli e subiscono l'eetto di amplicazione relativo al termine A. Il termine B contiene la derivata del momento di transizione rispetto alla coordinata normale,

∂ ∂Qµe=µ 0 e B = µeµe ¯ h X v Fv ∆νv+ iΓv

Fv0 = hj|Q|vi hv|ii + hj|vi hv|Q|ii (2.13) In questo caso la funzione di overlap contiene integrali che dipendono da Q e integrali di Franck-Condon; essa è diversa da zero per vibrazioni non totalsim-metriche. Quando la transizione elettronica non è permessa µ0

e può superare

µe se nelle vicinanze c'è una transizione s fortemente permessa che può tra-sferire intensità alla transizione tramite mixing vibronico. Nella formulazione Herzberg-Teller µ0e= µs hs|∂H ∂Q|ei ¯ h(νs− νe) (2.14)

(22)

dove ∂H

∂Q è la derivata dell'hamiltoniana rispetto al modo normale e νse µssono rispettivamente la frequenza e il momento di dipolo di transizione dello stato di mixing. Il valore di µ0

e diminuisce all'aumentare della separazione in frequenza tra i due stati. Le vibrazioni attive sono quelle in grado di dare un mixing eciente tra i due stati e questo dipende dalla loro geometria: le simmetrie permesse sono date dal prodotto delle rappresentazioni. L'eetto Jahn-Teller è un caso limite di scattering vibronico, relativo a due transizioni elettroniche che diventano degeneri. Le vibrazioni che prendono parte al mixing, detti modi Jahn-Teller attivi, subiscono una forte amplicazione. Lo scattering Jahn-Teller può essere visto come un caso particolare dello scattering di tipo A, con µe= µs. [2]

2.4 Trattazione quantistica dello scattering

Ra-man stimolato

La trattazione quantistica dello scattering Raman stimolato ricorre al formali-smo della matrice densità. In questa sezione verranno introdotti gli strumen-ti matemastrumen-tici necessari che successivamente verranno applicastrumen-ti al calcolo della polarizzazione non lineare e quindi della risposta Raman.

2.4.1 L'operatore densità

Si consideri uno stato quantistico descritto dalla funzione d'onda |Ψ(t)i. Il valore atteso di un qualunque operatore A è dato da:

hAi = hΨ(t)|A|Ψ(t)i (2.15)

Sviluppando |Ψ(t)i in una base arbitraria {|ni} e considerandone il coniugato, si può scrivere: hAi =X n,m cn(t)c∗m(t) hm|A|ni = X n,m cn(t)c∗m(t)Amn (2.16)

Si introduce l'operatore densità, denito come

ρ(t) = |Ψ(t)i hΨ(t)| (2.17)

Sviluppato nella base {|ni}, ρ diventa

ρ(t) =X n,m cn(t)c∗m(t) |ni hm| = X n,m ρnm(t) |ni hm| (2.18)

dove sono deniti gli elementi della matrice densità ρnm(t) = hn|ρ|mi = cn(t)c∗m(t). Il valor medio di A, scritto in termini di matrice densità, assume la forma:

hAi =X

n,m

Anmρnm(t) = T r[Aρ(t)] (2.19)

La traccia gode di alcune importanti proprietà:

1. la traccia è invariante sotto permutazioni cicliche: Tr(ABC)=Tr(CBA)=Tr(BCA); 2. la traccia del commutatore è nulla: Tr([A;B])=0;

(23)

3. la traccia è invariante sotto trasformazioni unitarie T r(U−1AU ) = T r(A). L'utilizzo della matrice densità permette di ampliare la denizione di stato quantistico: nel formalismo delle funzioni d'onda uno stato quantistico è rappre-sentato da un vettore, mentre in quello dell'operatore densità da una matrice. Un sistema che può essere rappresentato da una funzione d'onda è detto essere in uno stato puro. Gli stati puri sono completamente deniti dal primo postu-lato della meccanica quantistica. Un sistema in generale può anche non essere in uno stato puro e non essere rappresentabile da una funzione d'onda: se si considera un insieme di stati con probabilità Pk= 0di essere nello stato |Ψk(t)i si può ancora denire l'operatore densità come:

ρ(t) =X

k

Pk|Ψk(t)i hΨk(t)| (2.20)

ma non è possibile descrivere il sistema tramite un solo ket (a meno che Pk = 0 ∀ k 6= i, Pi = 1 per cui si ha uno stato puro). I sistemi non descrivibili da una funzione d'onda sono detti miscele statistiche o stati misti. L'operatore densità presenta le seguenti proprietà [8], che derivano direttamente dalla sua denizione e dalle proprietà della traccia:

1. l'operatore densità è hermitiano: ρ = ρ†;

2. gli elementi diagonali della matrice densità sono reali e non negativi; 3. gli elementi fuori della diagonale sono in generale complessi;

3. T r(ρ) = 1 (dalla normalizzazione della Pk); 4. T r(ρ2) ≤ 1(l'uguaglianza vale solo per stati puri).

Gli stati la cui matrice densità ha elementi solo sulla diagonale sono detti di popolazione; se la matrice densità ha elementi fuori della diagonale, lo stato è detto di coerenza. Ricaviamo adesso l'equazione di Liouville, che descrive come la matrice densità evolve nel tempo.

2.4.2 Evoluzione della matrice densità e dinamica nello

spazio di Liouville

Se si considera lo stato puro |Ψ(t)i, la derivata temporale della matrice densità è data da: ∂ρ(t) ∂t = ∂ ∂t  |Ψ(t)i hΨ(t)|  = ∂ ∂t|Ψi  · hΨ(t)| + |Ψ(t)i · ∂ ∂thΨ(t)|  (2.21) L'evoluzione del ket |Ψ(t)i è descritta dall'equazione di Schrödinger:

∂t|Ψ(t)i = − i ¯

h[H; ρ] (2.22)

Quella del bra hΨ(t)| è data dall'hermitiana coniugata: ∂

∂thΨ(t)| = + i ¯

hhΨ(t)| H (2.23)

Inserendo la (2.22) e la (2.23) nella (2.21) si ricava l'equazione di Liouville-Von Neumann: ∂ρ(t) ∂t = − i ¯ h[H; ρ(t)] (2.24)

(24)

Poiché l'operatore densità per uno stato misto è una sovrapposizione di operatori densità per gli stati puri, le equazioni (2.19) e (2.24), che sono lineari in ρ, valgono anche per stati misti. E' utile a questo punto introdurre lo spazio di Liouville. Per un sistema a N livelli, l'operatore densità ha N2 elementi ρ

ij. Ogni elemento di matrice obbedisce all'equazione di Liouville-Von Neumann:

∂ρ(t) ∂t = − i ¯ h X m (Himρmj− ρimHmj) (2.25)

La precedente equazione può essere riscritta come ∂ρij(t) ∂t = − i ¯ h X m,n Lij,mnρmn (2.26)

o, in forma operatoriale, come ∂ρ(t)

∂t = −

i ¯

hLρ (2.27)

L'equazione (2.27) denisce la rappresentazione di Liouville. Nello spazio di Liouville, l'operatore densità ρ è scritto come un vettore colonna e l'operatore

[H; ρ(t)] come una matrice a quattro indici, ovvero come un superoperatore

L. L'equazione di Liouville è formalmente identica a quella di Schrödinger pertanto i risultati che si ottengono nello spazio delle funzioni d'onda possono essere applicati anche alla matrice densità. L'importanza di questo formalismo risiede nel fatto che l'equazione di Liouville permette di trattare il concetto di dephasing. Il dephasing è il processo per cui uno stato di coerenza, indotto da una perturbazione, decade nel tempo mentre il sistema rilassa verso lo stato iniziale. I termini relativi al dephasing Γij possono essere inseriti direttamente nell'equazione di Liouville (2.27) che diventa:

∂ρ(t)

∂t = −

i ¯

hLρ − Γρ (2.28)

dove Γ è una matrice a quattro indici contenente i termini Γij.

2.4.3 Soluzione per hamiltoniane dipendenti dal tempo

Si consideri un sistema soggetto all'hamiltoniana dipendente dal tempo H(t). L'operatore di evoluzione temporale o propagatore U(t, t0)è denito come

|Ψ(t)i = U (t, t0) |Ψ(t0)i (2.29)

Il propagatore soddisfa le seguenti proprietà: 1. U(t, t0) = 1;

2. U(t2, t0) = U (t2, t1)U (t1, t0); 3. U−1= Uda cui si ricava U(t, t

0) = U (t0, t); 4. U(t, t0)dipende solo dall'intervallo t − t0.

Inserendo la denizione di propagatore nell'equazione di Schrödinger si ot-tiene l'equazione: ∂U (t, t0) ∂t = − i ¯ hH(t)U (t, t0) (2.30)

(25)

che può essere risolta integrando ambo i membri tra t0 e t e usando la proprietà 1. Si ottiene: U (t, t0) = 1 − i ¯ h Z t t0 dt0H(t0)U (t0, t0) (2.31)

Risolvendo ora per U(t0

, t0): U (t, t0) = 1 − i ¯ h Z t t0 dt0H(t0) +  −i ¯ h 2 Z t t0 dt0 Z t 0 t0 dt”H(t0)H(t”)U (t0, t0) (2.32) Questa equazione può essere risolta in maniera iterativa, suddividendo l'inter-vallo totale [t0, t] in n intervalli innitesimi di integrazione e sommando poi su n: U (t, t0) = 1 + ∞ X n=1  −i ¯ h n Z t t0 dtn Z tn t0 dtn−1... Z t2 t0 dt1H(tn)H(tn−1)H(t1) (2.33) Poiché le hamiltoniane che compaiono nella (2.33) sono calcolate a tempi diversi esse in generale non commutano. Pertanto la serie non può essere ricondotta ad un esponenziale. Inoltre, per grandi valori di n, la serie diverge ad innito. Data l'analogia tra tra lo spazio delle funzioni d'onda e quello di Liouville, quanto detto si applica anche alla matrice densità, semplicemente sostituendo |Ψ(t)i con ρ e H con L.

Si denisce il propagatore di Liouville U tramite la relazione: ρ(t) = U (t, t0) = −

i ¯

hL(t)U (t, t0) (2.34)

U (t, t0)soddisfa l'equazione di Liouville: ∂U (t, t0)

∂t = −

i ¯

hL(t)U (t, t0) (2.35)

formalmente analoga alla (2.30). Si può quindi scrivere: U (t, t0) = 1 + ∞ X n=1  −i ¯ h nZ t t0 dtn Z tn t0 dtn−1... Z t2 t0 dt1L(tn)L(tn−1)...L(t1) (2.36) Sfruttando la denizione di L, si ricava l'espressione per ρ(t):

ρ(t) = U (t, t0)ρ(t0) = ρ(t0) + ∞ X n=1  −i ¯ h nZ t t0 dtn Z tn t0 dtn−1... Z t2 t0 dt1 [H(tn), [H(tn−1, ...[H(t1)ρ(t0)]...]] (2.37)

Questa espressione risulta inutilizzabile poiché la serie non converge. Per ricava-re un'espricava-ressione convergente del propagatoricava-re occorricava-re passaricava-re alla rappricava-resenta− zione di Diraco rappresentazione di interazione per la funzione d'onda, per poi estendere i risultati alla matrice densità. La rappresentazione di Dirac si applica

(26)

ad hamiltoniane che soddisfano la teoria perturbativa, ossia che possono essere scritte come:

H(t) = H0(t) + H

0

(t) (2.38)

dove del termine H0 è noto il propagatore U0, mentre il termine H0è piccolo ri-spetto ai parametri del problema e può essere trattato come una perturbazione. Poiché in particolare si vuole trattare l'interazione della radiazione elettroma-gnetica con la materia, si assume che H0 sia costante e che H'(t) descriva la perturbazione indotta dal campo elettromagnetico esterno in approssimazione di dipolo, secondo l'espresisone H0(t) = E(t) · µ. Il propagatore U

0è dato da: U (t, t0) = e−

i ¯

hH0(t−t0) (2.39)

Deniamo la funzione d'onda nella rappresentazione di Dirac come:

|ψ(t)i = U0(t, t0) |ΨI(t)i (2.40)

dove il pedice I indica la rappresentazione di Dirac e |Ψ(t)i è la funzione d'on-da scritta nella rappresentazione di Schrödinger che pertanto evolve secondo l'hamiltoniana completa H. Inserendo la (2.40) nell'equazione di Schrödinger e ricordando che U0 è unitario, si ottiene

∂|ΨI(t)i ∂t = − i ¯ hH 0 I(t) |ΨI(t)i (2.41) dove H0 I(t)come HI0(t) = U0†(t, t0)H0(t)U0(t, t0) (2.42) La dipendenza temporale di H0

I deriva sia dalla dipendenza di H0 che da U0, il quale svolge il ruolo di trasformazione dalla rappresentazione di Dirac a quella si Schrödinger. La rappresentazione di Dirac è una rappresentazione intermedia tra quella di Schrödinger e quella di Heisenberg. Nella rappresentazione di Schrödinger le funzioni d'onda sono dipendenti dal tempo mentre gli operatori sono costanti (a meno che l'osservabile non presenti una dipendenza dal tempo esplicita); in quella di Heisenberg, invece, sono gli operatori ad evolvere nel tempo, mentre le funzioni d'onda non evolvono. Nella rappresentazione di Dirac gli stati evolvono con l'hamiltoniana di perturbazione H0(t), mentre gli operatori evolvono con l'hamiltoniana imperturbata H0.

Nella rappresentazione di Dirac il propagatore è denito da:

|ΨI(t)i = UI(t, t0) |ΨI(t)i (2.43)

Utilizzando la (2.41) e la (2.42) si può quindi scrivere ∂UI(t, t0) ∂t = − i ¯ hH 0 I(t)UI(t, t0) (2.44)

Come per la (2.30), anche questa equazione si può risolvere iterativamente con integrazioni successive. Facendo agire il propagatore sullo stato |ΨI(t)i si ottiene: |ΨI(t)i = |ΨI(t0)i + ∞ X n=1  −i ¯ h n

(27)

Z t t0 dtn Z tn t0 dtn−1... Z t2 t0 dt1H(tn)H(tn−1)H(t1) |ΨI(t0)i (2.45) Si procede tornando nella rappresentazione di Schrödinger usando la (2.40), la (2.42) e la proprietà 2 dei propagatori e notando che |ΨI(t0)i = |Ψ(t0)i:

|ΨI(t)i = Ψ (0)(t 0) E + ∞ X n=1  −i ¯ h nZ t t0 dtn Z tn t0 dtn−1... Z t2 t0 dt1 U0(t, tn)H0(tn)U0(tn, tn−1)H0(tn−1)...U0(t2, t1)H0(t1)U0(t1, t0) |Ψ(t0)i (2.46) dove Ψ(0)(t) = U

0(t, t0) |Ψ(t0)iè la funzione d'onda che evolve soggetta solo ad H0. La dierenza di questo risultato rispetto a quello ottenuto ricorrendo esclusivamente al formalismo di Schrödinger sta nel fatto che ora lo sviluppo è scritto in termini di potenze della perturbazione H' e non dell'hamiltoniana completa H. Poiché il termine di interazione è piccolo, è possibile un approccio perturbativo, con Ψ(0)(t) funzione d'onda all'ordine zero della perturbazione. La (2.46) si presta ad una interpretazione sica diretta: il sistema propaga libe-ro da perturbazioni no al tempo t1, come descritto dal propagatore U0(t1, t0). Al tempo t1il sistema interagisce con la perturbazione H0(t1). Successivamente esso propaga di nuovo liberamente no a t2, istante in cui agisce la perturba-zione H0(t

2). Lo stesso procedimento si ripete per ogni ti.

E' possibile utilizzare i risultati n qui ottenuti per ricavare lo sviluppo perturbativo della matrice densità. La separazione dell'hamiltoniana nella (2.38) corrisponde alla separazione del superoperatore L di Liouville:

L = L0(t) + L0(t) (2.47)

dove

L0A = [H0(t), A] L0(t)A = [H0(t), A] (2.48)

Si denisce ora la matrice densità per uno stato puro nella rappresentazione di Dirac:

ρ(t) = |Ψ(t)i hΨ(t)| = U0(t, t0) · |ΨI(t)i hΨI(t)| · U0†(t, t0)

= U0(t, t0) · ρI(t) · U0†(t, t0) (2.49)

Dalla linearità in ρ segue che la (2.49) vale anche per gli stati misti. Inoltre, sfruttando l'equivalenza formale tra spazio delle funzioni d'onda e spazio di Liouville, si ricava facilmente:

ρI(t) = ρI(t0) + ∞ X n=1  −i ¯ h nZ t t0 dtn Z tn t0 dtn−1... Z t2 t0 dt1 U0(t, t0) · [HI0(tn); [HI0(tn−1); ...[HI0(t1); ρ(t0)]...]] · U0†(t, t0) (2.50) L'espressione (2.50) si può interpretare sicamente come la (2.46) consideran-do inoltre che, poiché la matrice densità contiene ket e bra, l'interazione può

(28)

avvenire su entrambi. Questo aspetto giusticherà nella prossima sezione l'intro-duzione dei diagrammi di Feynman bidimensionali. Assumendo che ρ(t0) rap-presenti uno stato all'equilibrio, ovvero che non evolva nel tempo sotto l'azione dell'hamiltoniana H0, si può mandare t0→ −∞ e scrivere:

ρ(t) = ρ(0)(−∞) + ∞ X

n=1

ρ(n)(t) (2.51)

Ricordando che H0(t) = E(t) · µ, si denisce l'operatore di dipolo nella rappre-sentazione di Dirac:

µI(t) = U0†(t, t0)µU0(t, t0) (2.52)

Poiché nella rappresentazione di Schrödinger µ è costante, mentre dipende dal tempo in quella di Dirac, è possibile omettere gli indici I e scrivere µ(t) o µ per riferirsi all'una o all'altra rappresentazione. L'ordine n-esimo della matrice densità in termini di E(t) e µ(t) è dato quindi da:

ρ(n)(t) =  −i ¯ h nZ t −∞ dtn Z tn −∞ dtn−1... Z t2 −∞ dt1 (2.53)

E(tn)E(tn−1)...E(t1)U0(t, t0) · [µ(tn); [µ(tn−1); ...[µ(t1); ρ(−∞)]...]] · U0†(t, t0)

2.5 Equazioni di Maxwell e polarizzazione non

lineare

Questa sezione è dedicata allo sviluppo di una teoria capace di spiegare feno-meni ottici non lineari, come l'SRS, che si manifestano quando l'intensità della risposta di un sistema dipende in modo non lineare dall'intensità del campo applicato. L'elettromagnetismo classico aerma che quando un'onda elettro-magnetica attraversa un materiale, la variazione nel tempo della polarizzazione agisce come sorgente secondaria e produce luce diusa. A basse intensità del campo incidente, se il campo è monocromatico o in generale stretto in frequenza, la polarizzazione è una funzione lineare del campo:

P = ε0χ(1)E (2.54)

Quando l'intensità aumenta (ad esempio con l'utilizzo di sorgenti laser), questo non è più vero ed è necessario espandere la polarizzazione in potenza di E:

P = ε0(χ(1)E + χ(2)E · E + χ(3)E · E · E + ...) (2.55) dove χ(1)è la suscettività ottica lineare, mentre χ(n)con n ≥ 2 è la suscettività ottica non lineare all'ordine n-esimo. Poiché il campo è un vettore, la suscet-tività è un tensore. Tuttavia ci si pone nel caso di materiali isotropi, per cui la suscettività è un tensore diagonalizzabile con tre componenti uguali e quindi riconducibile ad una quantità scalare. Nei sistemi che godono della simmetria di inversione, le suscettività di ordine pari sono nulle. Quindi, per tali sistemi, noti come materiali Kerr, l'ordine non lineare più basso è dato dalla χ(3) e prevede dunque tre interazioni con il campo.

(29)

Si cerca ora una forma esplicita del campo generato dalla variazione tempora-le della polarizzazione, inserendo la (2.55) neltempora-le equazioni di Maxwell. Le equa-zioni di Maxwell per i mezzi non magnetici e neutri, per cui la magnetizzazione M e la densità di carica ρ sono nulle, sono:

∇ × E = −µ0 ∂H ∂t (2.56) ∇ × H = 0 ∂E ∂t + ∂P ∂t + J (2.57) ∇ · E = −1 0 ∇ · P (2.58) ∇ · H = 0 (2.59)

Applicando il rotore alla (2.56), facendola derivata temporale della (2.57) e uguagliando le espressioni che si ottengono per ∇ ×∂H

∂t si arriva all'equazione generale delle onde:

∇ × ∇ × E = ∇2E = −1 c2 0 ∂2E ∂t2 − µ0 ∂2P ∂t2 − µ0 ∂J ∂t (2.60)

dove è stata usata la relazione c0 =

q 1

µ00. Sfruttando una nota proprietà

vettoriale, si scrive: ∇ × ∇ × E = ∇(∇ · E) − ∇2E. Quando esiste una relazione lineare tra E e P, il termine ∇(∇ · E) è nullo in virtù della (2.58). In ottica non lineare questo invece non accade, tuttavia nei casi di maggior interesse ∇(∇ · E) è comunque trascurabile. Si restringe quindi il caso a quello di onda trasversa, per il quale questo termine è identicamente nullo. Se si considerano inoltre mezzi non conduttori la (2.60) diventa:

∇2E(r, t) − 1 c2 0 ∂2E(r, t) ∂t2 = µ0 ∂2P(r, t) ∂t2 (2.61)

La polarizzazione macroscopica è data dal valore atteso dell'operatore di dipolo; usando la (2.19) si ottiene:

P = T r (µρ(t)) (2.62)

nella quale l'evoluzione della matrice densità è data, come visto precedentemen-te, dalla (2.24) o dalla (2.28) se si considerano anche i termini di dephasing. Raccogliendo i termini di uguale ordine nella (2.51) e nella (2.55) si ottiene:

P(n)= T rµρ(n)(t) (2.63)

Si può quindi scrivere la polarizzazione non lineare inserendo la (2.53) nella (2.62): P(n)(t) =  −i ¯ h nZ t −∞ dtn Z tn −∞ dtn−1... Z t2 −∞

dt1E(tn)E(tn−1)...E(t1)

T r 

µ(t) · [µ(tn); [µ(tn−1); ...[µ(t1); ρ(−∞)]...]] 

(2.64) dove è stata usata la denizione del momento di dipolo nella rappresentazione di Dirac µ(t) = U†

(30)

cicliche. A questo punto in genere è conveniente eettuare un cambio di varia-bili che permetta di passare dagli istanti di tempo ti (in cui agiscono i campi) agli intervalli di tempo τi, durante i quali la matrice densità evolve libera da perturbazioni: t1= 0 τ1= t2− t1 (2.65) τ2= t3− t2 (2.66) ... (2.67) τn= t − tn (2.68)

Figura 2.6: Intervalli e istanti temporali.

Inoltre si può introdurre la funzione risposta non lineare S(n)denita come: S(n)(τn, ..., τ1) =  −i ¯ h n T r(µ(τn+ ... + τ1)[µ(τn−1+ ... + τ1); ...[µ(0); ρ(∞)]...]) (2.69) La polarizzazione non lineare (2.64) diventa quindi:

P(n)(t) = Z ∞ 0 dτn Z ∞ 0 dτn−1... Z ∞ 0 dτ1

E(τ − τn)E(τ − τn− τn−1)... E(τ − τn− τn−1... − τ1) · S(n)(τn, ... , τ1) (2.70)

Si noti che nell'equazione precedente l'ultima interazione µ(τn+ ... + τ1) non fa parte del commutatore. Svolge infatti un ruolo dierente: le interazioni precedenti preparano uno stato di coerenza della matrice densità che al tempo τn+ ... + τ1 emette luce.

2.5.1 Four wave mixing

Si vuole ora ottenere una soluzione della (2.61). Da qui in poi la trattazione è semplicata dall'uso dell'approssimazione scalare, ossia si considera un'onda piana che si propaga lungo l'asse z. I risultati ottenuti sono tuttavia generali. Si ottiene quindi: ∂2E(z, t) ∂z2 − 1 c2 0 ∂2E ∂t2 = µ0 ∂2P ∂t2 (2.71)

Si scrive la polarizzazione come somma di una parte lineare e una non lineare:

(31)

La polarizzazione lineare comporta un cambiamento di velocità di propagazione dell'onda: ∂2E(z, t) ∂z2 − 1 c2 0 ∂2E ∂t2 = µ00χ (1)∂ 2E ∂t2 + µ0 ∂2PN L ∂t2 ⇒ ∂2E(z, t) ∂z2 − 1 c2 ∂2E ∂t2 = µ0 ∂2P N L ∂t2 (2.73) dove c = √ c0

1+χ(1). Si scrive il campo E nella forma

E(z, t) = A(z, t)ei(ω0t−k0z) (2.74)

e la polarizzazione come

PN L(z, t) = pN L(z, t)e(iω0t−kpz) (2.75)

dove A(z) e p(z) sono gli inviluppi spaziali rispettivamente del campo e della polarizzazione. Inserendo la (2.74) e la (2.75) nella (2.73) e usando la Slo-wing Varying Approximation (SVEA)

∂2A ∂z2  k0

∂A

∂z (2.76)

Si ottiene l'equazione di propagazione non lineare ∂A ∂z = −i µ0ω0c 2n0 pN Le−i∆k z (2.77) dove n0= ckω0

0 e ∆k = kp− k0. Scriviamo ora il campo E come sovrapposizione

di quattro campi a frequenze ω1, ω2, ω3, ω4 con la condizione di conservazione dell'energia ω1+ ω2+ ω3= ω4 (four wave mixing).

E(z, t) = 1

2[A1(z, t)e

i(ω1t−k1z)+ A

2(z, t)ei(ω2t−k2z)+ (2.78) +A3(z, t)ei(ω3t−k3z)+ A4(z, t)ei(ω4t−k4z)+ c.c.]

Nel caso di mezzi che godono di simmetria di inversione e arrestando lo sviluppo al terzo ordine, la polarizzazione non lineare è

PN L= ε0χ(3)E3(z, t) (2.79)

Sostituendo la (2.79) nella (2.77) si ottiene per il campo e a frequenza ω4: ∂A4

∂z = −iα4χ

(3)A

1(z, t)A∗2(z, t)A3(z, t)ei∆k z (2.80) dove α4 = 4cn3ω4

4. Si applica ora la teoria n qui trattata al caso dell'SRS e si

ottiene:

ω1= ω2= ωR ω3= ω4= ωS (2.81)

Per l'SRS la condizione di phase matching è dunque automaticamente soddi-sfatta: ∆k = k4+ k2− k1− k3= 0. Quindi si può scrivere:

∂AS

∂z = −iαSχ

(3)|A

(32)

Integrando l'equazione precedente tra 0 e L, dove L è la lunghezza del mezzo, nelle ipotesi AR≈ cost.e AS(0) = AS0, si ha

AS(L) = AS0e

−iαSχ(3)|AR|2L (2.83)

che sviluppato in serie diventa AS(L) = AS0− iαSχ

(3)|A

R|2AS0L = AS0+ ∆AS (2.84)

Anché lo sviluppo (2.84) valga, ∆AS deve essere piccolo. Questo è vero nel caso di un' emissione Raman. Nel caso del Raman stimolato il segnale è un campo che si manifesta come un piccolo guadagno (che in generale può essere sia positivo che negativo) sovrapposto alla frequenza dello Stokes. Si parla in questo caso di self-heterodyne detection. Tuttavia la grandezza che si è eettivamente in grado di misurare è l'intesità del segnale, che si ottiene dal modulo quadro del campo: IS(L) ∼= |AS(L)|2= |AS0+ ∆AS| 2= |A S0| 2+ |∆A S|2+ 2Re(A∗S0∆AS) (2.85)

Trascurando |AS(L)|2poichè piccolo e sostituendo ∆AS = −iαSχ(3)|AR|2AS0L

si ottiene: IS = IS0+ Re(−iAS0A ∗ S0L|AR| 2α Sχ(3)= = IS0+ Re(−i|AS0| 2L|A R|2αS[χ (3) Re+ iχ (3) Imm] = (2.86) = IS0+ αSχ (3) ImmIS0IRL dove χ(3) Re e χ (3)

Imm sono, rispettivamente, la parte reale e la parte immaginaria della suscettività ottica. Si denisce quindi il Raman gain

RG = ∆IS

IS0

= αSχ (3)

ImmIRL (2.87)

Pertanto il Raman gain è proporzionale alla parte immaginaria della suscettività ottica e presenta inoltre una dipendenza lineare dall'intensità del Raman pulse e dalla lunghezza del campione L. La dipendenza lineare da L è responsabile della dipendenza lineare del segnale Raman stimolato dalla concentrazione, nel caso in cui il mezzo sia un sistema di molecole in soluzione.

2.6 L'approccio diagrammatico

Nel precedente paragrafo si è evidenziato che il segnale Raman stimolato è pro-porzionale alla parte immaginaria della suscettività ottica al terzo ordine, χ(3)

Imm. E' necessario pertanto scrivere esplicitamente il commutatore nella (2.64) ovve-ro calcolare la funzione risposta non lineare (2.69). La tecnica diagrammatica è un potente strumento che permette di scrivere esplicitamente in modo semplice la funzione risposta e in generale la polarizzazione per qualunque congurazione dei campi. Dopo aver introdotto i diagrammi di Feynmann e i diagrammi dei livelli (FWMEL) verrà in particolare discusso il caso di un sistema a tre livelli con una particolare congurazione dei campi.

(33)

2.6.1 Diagrammi di Feynman e FWMEL

La polarizzazione al terzo ordine è:

P(3)(t) = Z ∞ 0 dτ3 Z ∞ 0 dτ2 Z ∞ 0

dτ1E(t−τ3)E(t−τ3−τ2)E(t−τ3−τ2−τ1)S(3)(τ1, τ2, τ3) (2.88) in cui S(3) è la funzione risposta

S(3)(τ1, τ2, τ3) =  −i ¯ h 3 T r(µ(τ3+τ2+τ1)[µ(τ1+τ2); [µ(τ1+τ2); [µ(τ1; [µ(0); ρ(−∞)]]]]) (2.89) Sviluppando i commutatori, si ottengono otto termini:

T r(µ(τ3+ τ2+ τ1)[µ(τ1+ τ2); [µ(τ1); [µ(0); ρ(−∞)]]]) = (2.90) = T r(µ(τ3+ τ2+ τ1)µ(τ1+ τ2)µ(τ1)µ(0)ρ(−∞))+ → R4 −T r(µ(τ3+ τ2+ τ1)µ(τ1+ τ2)µ(τ1)ρ(−∞))µ(0))+ → R1∗ −T r(µ(τ3+ τ2+ τ1)µ(τ1+ τ2)µ(0)ρ(−∞)µ(τ1))+ → R2∗ +T r(µ(τ3+ τ2+ τ1)µ(τ1+ τ2)ρ(−∞)µ(0)µ(τ1))+ → R3 −T r(µ(τ3+ τ2+ τ1)µ(τ1)µ(0)ρ(−∞)µ(τ1+ τ2))+ → R3∗ +T r(µ(τ3+ τ2+ τ1)µ(τ1)ρ(−∞)µ(0)µ(τ1+ τ2))+ → R2 +T r(µ(τ3+ τ2+ τ1)µ(0)ρ(−∞)µ(τ1)µ(τ1+ τ2))+ → R1 −T r(µ(τ3+ τ2+ τ1))ρ(−∞)µ(0)µ(τ1)µ(τ1+ τ2)) → R∗4 I termini R∗

i sono gli hermitiani coniugati dei termini Ri cambiati di segno: infatti, considerando ad esempio il termine R1 e sfruttando l'invarianza del-la traccia sotto permutazioni cicliche e l'hermitanietà deldel-la matrice densità e dell'operatore di dipolo:

R†1= (+T r(µ(τ3+ τ2+ τ1)µ(0)ρ(−∞)µ(τ1)µ(τ1+ τ2)))† =

= T r(µ(τ1+ τ2)µ(τ1)ρ(−∞)µ(0)µ(τ3+ τ2+ τ1)) = (2.91) = T r(µ(τ3+ τ2+ τ1)µ(τ1+ τ2)µ(τ1)ρ(−∞)µ(0)) = −R∗1

Per comprendere meglio il signicato sico dei termini Ri, occorre scriverli in un modo più esplicito. Ragionando sul termine R1 e utilizzando ancora le pro-prietà della traccia viste a pagina 20 e 21, la denizione di operatore di dipolo nella rappresentazione di Dirac (2.52) e le proprietà del propagatore elencate a pagina 22 e 23, si assume U(ti, t0) = U (τi)e si torna nella rappresentazione di Schrödinger. Si ottiene quindi:

T r((µ(τ3+ τ2+ τ1)µ(0)ρ(−∞)µ(τ1)µ(τ1+ τ2)) = = T r(U†(τ3)U†(τ2)U†(τ1)µ(τ3+ τ2+ τ1)U (τ3)U (τ2)U (τ1)µ(0)ρ(−∞) U†(τ1)µ(τ1)Uτ1U † 1)U†(τ2)µ(τ1+ τ2)U (τ1)U (τ2)) (2.92) = T r(µ(τ3+τ2+τ1)U (τ3)U (τ2)U (τ1)µ(0)ρ(−∞)U†(τ1)µ(τ1)U†(τ2)µ(τ1+τ2)U†(τ3))

(34)

Quest'ultima equazione permette di comprendere l'andamento temporale della perturbazione: T r  µ(τ3+ τ2+ τ1) | {z } (7) U (τ3) | {z } (6) U (τ2) | {z } (4) U (τ1) | {z } (2) µ(0) |{z} (1) ρ(−∞) U†(τ1) | {z } (2) µ(τ1) | {z } (3) U†(τ2) | {z } (4) µ(τ1+ τ2) | {z } (5) U†(τ3) | {z } (6)  (2.93)

1. Il dipolo agisce sul ket della matrice densità (ossia agisce "da sinistra"); 2. dopo la perturbazione questa evolve libera durante l'intervallo τ1; 3. il dipolo agisce sul bra della matrice densità (ossia agisce "da destra"); 4. la matrice densità evolve libera durante τ2;

5. il dipolo agisce sul bra;

6. la matrice densità evolve libera durante τ3; 7. inne il dipolo agisce sul ket e si calcola la traccia.

Pertanto il termine R1 descrive tre interazioni temporalmente ordinate che agiscono sul ket, sul bra e di nuovo sul bra della matrice densità, la quale evolve libera negli intervalli tra le interazioni. L'ultima interazione, descrit-ta al punto (7), è invece quella che rappresendescrit-ta l'emissione di luce diusa (free induction decay) da parte della matrice densità, che è stata portata in uno stato di coerenza alle tre interazioni precedenti. [9]

Per calcolare facilmente i termini Riè possibile ricorrere alla tecnica diagramma-tica. I diagrammi di Feynman a due dimensioni consistono in due linee verticali parallele che rappresentano il ket (linea sinistra) e il bra (linea destra) della ma-trice densità e da una serie di frecce che rappresentano le interazioni con i campi (Fig. 2.7).

Figura 2.7: diagramma di Feynman bidimensionale del termine R1. I diagrammi coniugati sono sicamente equivalenti. Infatti poiché hanno segni diversi, il contributo della loro somma alla parte immaginaria della pola-rizzazione è uguale al doppio contributo del singolo diagramma. Per convenzione verranno di seguito mostrati i diagrammi che hanno l'ultima interazione sul lato

(35)

ket. Tuttavia, in principio l'ultima interazione può avvenire, per ciascun dia-gramma, equivalentemente sul ket o sul bra della matrice densità in virtù delle proprietà della traccia. I diagrammi sono interpretabili in base alle regole di seguito riportate:

1. Il tempo scorre dal basso verso l'alto;

2. al tempo iniziale la matrice densità è nello stato di popolazione |ii hi| che comporta un fattore P (i) nel calcolo della funzione risposta;

3. l'ultima interazione è il segnale generato da T r 

µ(τ3+ τ2+ τ1)ρ(3)(t) 

. Questa interazione è di natura diversa dalle altre quindi è rappresentata con una freccia diversa;

4. ogni diagramma porta un segno (−1)n dove n è il numero di interazioni sul lato bra, non contando l'ultima interazione. Questa regola tiene conto dei segni introdotti dal commutatore;

5. una freccia che punta a destra rappresenta un campo E(t) = ε(t)e−iωt+ikr, mentre una che punta a sinistra un campo E(t) = ε∗(t)e+iωt−ikr(si ricordi che un campo elettrico è una quantità reale che può quindi essere scritta come somma di una parte analitica e di una parte complessa coniugata). Tenendo conto dei segni, il campo emesso (rappresentato dall'ultima frec-cia), ha frequenze uguali alla somma delle frequenze e vettore d'onda pari alla somma dei vettori d'onda dei campi interagenti a causa della conser-vazione dell'energia e del momento;

6. una freccia che punta verso la linea verticale del ket o del bra rappresenta una campo che induce un'eccitazione; una freccia che invece punta fuori dal diagramma rappresenta una campo che induce una diseccitazione. Di conseguenza l'ultima freccia punta sempre verso l'esterno;

7. tra due interazioni, il sistema evolve sotto l'azione dell'hamiltoniana im-perturbata H0. Dunque gli intervalli tra due interazioni contribuiscono con fattori (dati dall'equazione di Liouville) del tipo e−iωijτ −Γijτ, dove gli

indici i e j sono dati dallo stato della matrice densità e Γ è la matrice delle costanti di dephasing (o di popolazione se i = j).

8. l'ultima interazione deve portare la matrice densità in uno stato di popo-lazione (altrimenti la traccia è nulla).

Un metodo alternativo per visualizzare i processi χ(3)è quello dei diagrammi dei livelli o Four Wave Mixing Energy Level (FWMEL). Questa tecnica permet-te di descrivere più facilmenpermet-te esperimenti che coinvolgono sispermet-temi a più livelli, anche se lo stato della matrice densità è meno esplicito. I diagrammi FWMEL

(36)

consistono in più linee orizzontali, che rappresentano i livelli energetici della mo-lecola, e quattro frecce verticali, che rappresentano le interazioni con il campo.

Figura 2.8: diagramma FWMEL del termine R1 per un sistema a tre livelli. Si riportano di seguito le regole per interpretarli:

1. Il tempo scorre da sinistra verso destra;

2. le frecce che puntano verso l'alto rappresentano eccitazioni, mentre quelle che puntano verso il basso rappresentano diseccitazioni;

3. le frecce continue rappresentano interazioni con il ket, quelle tratteggiate con il bra;

4. negli intervalli tra le interazioni, la matrice densità evolve libera sotto l'azione di H0.

Riassumendo, senza fare alcun tipo di assunzione sulla natura dei campi o del sistema, il terzo ordine prevede quattro diagrammi più i loro complessi coniugati. In generale sviluppando i commutatori nella (2.64) per un'interazione di ordine n si ottengono 2n−1 termini più i complessi coniugati. Tuttavia, considerando le caratteristiche dei campi il numero dei diagrammi aumenta notevolmente.

2.7 Il sistema a tre livelli

Si consideri un sistema a tre livelli a, c e b, con Ea < Ec < Eb (dove b è un livello virtuale nel caso non risonante). Si può pensare che a e c siano due livelli vibrazionali dello stato elettronico fondamentale e b uno stato elettronico eccitato. Si impone che all'istante iniziale il sistema popoli lo stato |ai, ovvero che la matrice densità al tempo iniziale sia |ai ha|. La scelta più generale per il campo E è la sorvapposizione di due onde che rappresentano il campo Raman e il campo Stokes. Si impone nella (2.88) che:

E(t) = ER(t) + ES(t) = εR(t)e−iωRt+ εS(t)e−iωSt+ c.c. (2.94) dove gli indici S e R stanno per Stokes probe e Raman pulse e εS/R(t)è l'ampiez-za reale del campo (è stato sottointeso il termine spaziale e±ikrche non dipende dal tempo e può essere portato fuori dall'integrale). Si sceglie inoltre di rivelare

(37)

il segnale nella direzione dello Stokes probe, per cui la condizione di phase mat-ching è ksig = kR− kR+ kS. In questo caso sono possibili otto diagrammi di Feynman (più i complessi coniugati), raggruppabili in quattro famiglie: due per il Raman diretto (SRS(I) e SRS(II)), i cui diagrammi presentano due interazioni sul bra e una sul ket, e due per il Raman inverso (IRS(I) e IRS(II)), in cui invece le interazioni con gli impulsi esterni sono tutte sul ket. Si vedrà successivamente che questa nomenclatura è giusticata dal fatto che il Raman diretto è respon-sabile di guadagni positivi sul prolo del probe, mentre, in condizioni di non risonanza, il Raman inverso è responsabile di guadagni negativi.

A seconda della loro natura i diagrammi mostrano contributi larghi o stretti in frequenza, centrati alle frequenza ωR (Rayleigh) o ωR± (ωc− ωa) (lato blu e lato rosso). La forma del segnale dovuto ad una famiglia è data dalla somma dei contributi dei singoli diagrammi. Alla ne di questo capitolo vengono riportati gli otto diagrammi di Feynman per il sistema a tre livelli appena descritto con i relativi diagrammi FWMEL (Fig. 2.9-2.15). Le frecce in rosso rappresenta-no il Raman pulse, quelle in blu lo Stokes probe. La freccia verde ondulata è il segnale generato dall'eetto Raman al tempo t. Dopo ogni interazione è riportato lo stato della matrice densità. I diagrammi per cui la matrice densità passa per la popolazione |bi hb| sono detti hot luminescence (HL) e questo stato di popolazione è evidenziato in giallo. Nel presentare le forme di riga attribuite ai diagrammi, si assume la condizione di non risonanza elettronica (livello b virtuale). Il caso risonante verrà trattato in seguito.

Di seguito si elencano le quattro famiglie di diagrammi, le cui ragurazioni sono riportate alla ne di questo capitolo (Fig. 2.9-2.15).

2.7.1 SRS(I)

Questa famiglia comprende tre diagrammi, di cui uno in cui la matrice densità non è mai nello stato di popolazione |bi hb| (RRS(I), Fig. 2.9) e due in cui la matrice densità passa per |bi hb| (HL(I), Fig. 2.10 e HL(II), Fig. 2.11). Per ogni diagramma la matrice densità al tempo t può essere |ai ha| o |ci hc|; l'RRS(Iaa)è responsabile di un picco Rayleigh stretto, l'RRS(Icc)di un picco Raman stretto sul lato rosso, mentre i diagrammi hot luminescence producono spettri larghi in condizioni di non risonanza elettronica.

2.7.2 SRS (II)

Questa famiglia è composta da un diagramma RRS (RRS(II), Fig. 2.12) e da due hot luminescence (HL(III), Fig. 2.13 e HL(IV), Fig. 2.14). La matrice densità al tempo t è sempre |ai ha| ed è responsabile di un guadagno largo in frequenza in condizioni di non risonanza.

2.7.3 IRS(I)

Questa famiglia è composta da un solo diagramma di Feynman che però può coinvolgere o meno il livello vibrazionale c. Nel primo caso il segnale è dato da un picco negativo sul lato blu in condizioni di non risonanza, nel secondo da un picco negativo Rayleigh (Fig. 2.15).

(38)

2.7.4 IRS(II)

Questa famiglia è composta da un solo diagramma ed è responsabile di un gua-dagno negativo largo in frequenza (Fig. 2.16).

Dai diagrammi si vede che per l'SRS(I) lo Stokes probe è responsabile di una diseccitazione. Sotituendo al probe il campo del vuoto, questi diagrammi de-scrivono anche l'eetto Raman spontaneo. I diagrammi delle famiglie SRS(II), IRS(I) e IRS(II) sono invece proibiti nel Raman spontaneo perchè lo Stokes probe è responsabile di una eccitazione che non può essere causata dal campo del vuoto. Questo spiega perchè non sono presenti forme negative nel Raman spontaneo. La natura "lato rosso" o "lato blu" del picco Raman dipende dallo stato iniziale della matrice densità. Se lo stato vibrazionale c è popolato in partenza, la matrice densità all'istante iniziale può essere |ci hc|; per esempio in questo caso l'RRS(Icc)produce un guadagno sul lato blu, mentre l'IRS(Ica)una perdita sul lato rosso. [9]

E' interessante notare come alcune delle proprietà delle forme di riga possa-no essere dedotte direttamente dai diagrammi, prima di essere confermate dai calcoli. Ad esempio ci si può aspettare che eventuali righe spettrali strette siano possibili solo se nel diagramma che si sta considerando la matrice densità pas-sa per uno stato caratterizzato da un tempo di dephasing abbastanza lungo (e quindi per uno stato di popolazione o di coerenza vibrazionale): in questo caso il sistema oscilla meno bruscamente e durante la successiva interazione si trova a passare per un range di frequenze non molto largo. Osservando i diagrammi si nota che questo può avvenire solo nell'intervallo τ2: infatti la prima e la terza interazione portano necessariamente la matrice densità in uno stato di coerenza elettronica.

I diagrammi RRS(I) e IRS(I) presentano durante τ2 lo stato di popolazione |ai ha| o di coerenza vibrazionale tra a e c e sono infatti responsabili di picchi stretti. Nella prossima sezione ci si occuperà principalemente di questi due diagrammi. Al contrario RRS(II) e IRS(II) danno luogo a forme di riga larghe in frequenza che seguono l'andamento del campo di Stokes probe. Questo è dovuto alla larghezza spettrale del probe che agisce subito prima del free induction decay. Le hot luminescence costituiscono invece un caso diverso: sebbene |bi hb| sia uno stato di popolazione, fuori risonanza b è uno stato virtuale e quindi dotato di vita media breve; tuttavia in condizioni di risonanza questi diagrammi possono contribuire con forme di riga strette.

2.8 Calcolo della polarizzazione per speciche

cop-pie di campi

Per calcolare la polarizzazione indotta associata ad un particolare diagramma

occorre assumere una forma matematica specica per i campi ER/S(t). Per

un sistema a tre livelli, in letteratura il problema si trova trattato nel caso di Stokes probe e Raman pulse gaussiani. [10, 11] Tuttavia in presenza di impulsi gaussiani il calcolo non è risolvibile analiticamente e viene quindi trattato in

Figura

Figura 1.3: spettro di assorbimento nel visibile della mioglobina &#34;deoxy&#34;. La porrina isolata, indipendentemente dalla presenza di un atomo centrale, è un macrociclo aromatico a 26 elettroni sucientemente esteso da presentare una congurazione el
Figura 1.4: spettro di assorbimento nel visibile della mioglobina &#34;deoxy&#34;. In alto a destra è mostrato lo schema a quattro orbitali del modello di Gouterman
Figura 1.5: spettro Raman risonante di bassa frequenza della mioglobina &#34;deoxy&#34;
Figura 1.7: tabella dei modi normali della mioglobina &#34;deoxy&#34; misurati tramite spettroscopia Raman spontanea in condizioni di risonanza
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