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La chirurgia multidisciplinare ricostruttiva del pavimento pelvico:uno studio retrospettivo

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Academic year: 2021

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SOMMARIO

INTRODUZIONE ... 2

IL PAVIMENTO PELVICO E IL PROLASSO ... 5

RICHIAMI ANATOMICI ... 5

Apparato di sostegno ... 5

Apparato di sospensione ... 8

Vagina, uretra e vescica: cenni anatomici ... 10

Continenza urinaria e minzione ... 11

Il retto e la continenza anale ... 12

PROLASSO UROGENITALE (FATTORI DI RISCHIO, CLASSIFICAZIONE, PATOGENESI) ... 14

INCONTINENZA URINARIA E VALUTAZIONE CLINICA DI INCONTINENZA URINARIA ... 22

PROLASSO RETTALE E ALTERAZIONI DEL DEFECAZIONE ASSOCIATI AL PROLASSO GENITALE .. 31

LE TECNICHE CHIRURGICHE ... 37

Chirurgia del comparto anteriore ... 39

Chirurgia del comparto medio ... 45

Chirurgia del comparto posteriore ... 47

MATERIALI E METODI ... 49

RISULTATI ... 54

DISCUSSIONE ... 58

CONCLUSIONE ... 66

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INTRODUZIONE

Il prolasso urogenitale è una patologia di estrema attualità, in quanto, essendosi allungata l‟età media di sopravvivenza della donna sempre più donne si confrontano con questo evento ginecologico.

Il prolasso rappresenta una delle più frequenti patologie che interessano la donna. Il prolasso genitale interessa il 50% delle donne che hanno partorito, anche se si stima che solo un 10-20% di esse siano sintomatiche. Tre donne su dieci a partire dai 50 anni soffrono di questa patologia, che compromette seriamente la loro qualità di vita. Il disturbo non è infrequente anche nelle fasce di età più giovani: tra i 20 e i 50 anni il prolasso ha una prevalenza del 15%, mentre tra i 20 e i 29 anni la prevalenza è del 6,6% e sale invece al 30 % nelle donne di età compresa tra i 50 e i 69 anni.

Il cedimento delle strutture di supporto e sostegno dell‟apparato genitale femminile comporta una serie di problemi, che peggiorano qualità della vita della donna.

Il prolasso interferisce con la funzione della vescica e del retto, comportando nel primo caso incontinenza urinaria, difficoltà alla minzione ed infezioni urinarie ricorrenti, e nel secondo caso alterazione dell'alvo, come stipsi cronica.

Per questo motivo è necessaria una nuova presa di coscienza del problema da parte della donna e un nuovo approccio da parte del ginecologo nella valutazione delle caratteristiche della donna al fine di individuare il trattamento terapeutico più adeguato, che può essere farmacologico, riabilitativo e chirurgico.

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L‟indicazione all‟intervento chirurgico è risulta, non tanto dal reperto obiettivo, quanto dalla gravità dei sintomi correlati riferiti dalla paziente: disturbi della continenza urinaria, difficoltà allo svuotamento vescicale, alterazioni dell‟alvo (defecazione ostruita e stipsi), senso di peso perineale e disturbi della sfera sessuale (dispareunia). Il trattamento chirurgico trova indicazione nelle pazienti in cui il sintomo interferisce significativamente con la loro qualità di vita o in pazienti in cui sia fallito il trattamento riabilitativo del pavimento pelvico.

Lo scopo del trattamento chirurgico del prolasso urogenitale è quello di migliorare la qualità di vita della donna. Gli obiettivi della terapia sono essenzialmente quattro: alleviare la sintomatologia; ricostruire una anatomia normale; ristabilire una normale funzionalità e garantire un risultato duraturo nel tempo.

I rischi degli interventi di correzione di un prolasso uterogenitale sono quelli generici legati agli interventi chirurgici: rischi anestesiologici, emorragici, infettivi, tromboembolici e le lesioni iatrogene. Inoltre vanno considerati i rischi tipici degli interventi per prolasso: recidiva del prolasso, che compare di solito a breve distanza di tempo, quando persistono i fattori che ne hanno determinato l'insorgenza; alterazioni della minzione: permanenza o comparsa dell'incontinenza urinaria; comparsa di fenomeni ostruttivi o di ritenzione urinaria nel caso di ipercorrezione (10-15% dei casi); comparsa di vescica autonoma, legata spesso a denervazione della vescica; disturbi nei rapporti sessuali, in seguito alla perdita dell'abilità vaginale, con conseguente dispareunia.

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La valutazione clinica supportata da un coretto percorso diagnostico consente di identificare le alterazioni anatomiche alla base delle disfunzioni del pavimento pelvico e quindi programmare il tipo di trattamento corretto. La complessità di questa patologia richiede inevitabilmente un approccio da parte di vari specialisti. La collaborazione multidisciplinare consente un inquadramento più razionale e quindi una cura più efficace di malattie del pavimento pelvico.

Con questo studio abbiamo dimostrato fattibilità e efficacia dell‟approccio multidisciplinare nella chirurgia del prolasso del pavimento pelvico.

Per lo studio abbiamo scelto un gruppo di pazienti, quale presentavano disturbi, seguenti da prolasso (dalla discesa degli organi situati all‟interno del comparto anteriore(vescica), medio (utero e vagina), posteriore(retto) combinati con la sintomatologia colon-proctologica .

I sintomi di maggior rilievo sono rappresentati dalle alterazioni della minzione, della defecazione e dal senso di peso e dispareunia.

In tutte le pazienti è stata valutata la storia clinica generale ed in particolare l‟età al momento dell‟intervento, il grado di prolasso degli organi pelvici, la presenza di incontinenza urinaria da sforzo prima dell‟intervento, il grado di prolasso rettale e il presenza di disturbi di defecazione, il tipo di intervento, il tipo di anestesia utilizzata, la perdita ematica e le complicanze post intervento, i tempi di ricupero postoperatorio. Sono stati quindi valutati i risultati ottenuti a medio e a lungo termine di interventi, eseguiti in due tempi (il tempo uro-ginecologico e il tempo colo-proctologico) tramite controlli a 6 e a 12 mesi, in un gruppo di 26 pazienti.

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IL PAVIMENTO PELVICO E IL PROLASSO

Richiami anatomici

La cavità pelvica è in diretta continuazione con la cavità addominale ed è situata all‟interno del canale osseo: essa è chiusa in basso da uno strato fibromuscolare la cui funzione è assicurare la contenzione e la stabilità degli organi addomino-pelvici.

I meccanismi principali che spiegano l‟attività di contenzione degli organi e di prevenzione del prolasso genitale sono due:

1. un complesso di strutture fasciali legamentose (fascia endopelvica, legamenti cardinali e utero-sacrali) di sospensione dell‟utero e della vagina alla parete pelvica laterale;

2. una corretta funzione e integrità del muscolo elevatore dell‟ano che forma uno strato di sostegno, contenzione e occlusione del lume degli organi pelvici.

L‟azione combinata delle suddette unità agisce sinergicamente agli organi contenuti nel bacino per mantenere la statica pelvica e conservare un‟adeguata dinamica pelvica, controllando le forze espulsive, al fine di prevenire il prolasso, garantire la continenza urinaria e fecale e le funzioni evacuativa e sessuale.

Apparato di sostegno

Pavimento o diaframma pelvico. Il pavimento, o diaframma pelvico è formato dal

complesso denominato muscolo elevatore dell‟ano, che origina dal pube, e dal suo arco tendineo,che da tale sede si estende fino alla spina ischiatica. Il complesso

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dell‟elevatore dell‟ano è formato dai muscoli pubo-coccigei, pubo-rettali, ileo-coccigeo e ischio-ileo-coccigeo (Fig.1). Dietro al retto, di cui determina la continenza, il pubo-coccigeo forma una struttura tendinea (piastra o centro tendineo dell‟elevatore dell‟ano) che iserisce al coccige. In condizioni normali, i ventri dei suddetti muscoli, che si fondono medialmente dietro il retto,formano il piatto dell‟elevatore mentre anteriormente presentano un‟apertura, denominata hiatus urogenitalis o hiatus degli elevatori, attraverso la quale passano uretra,vagina e retto.

Figura1 Il complesso dell’elevatore dell’ano

Qualsiasi causa porti all‟indebolimento di questa struttura di supporto (gravidanza, stipsi, parto, tosse, sforzi, ecc.) determina progressivamente un allargamento dello hiatus e un allungamento della fionda del piano degli elevatori, cosicchè, quando ciò avviene, organi direttamente connesi con l‟elevatore dell‟ano, cioè l‟uretra, la vagina, il corpo fibroso del perineo e il retto a causa del deterioramento del loro supporto orizzontale, presentano, da un lato, eccessiva mobilità, dall‟altro una lenta e

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Diaframma o triangolo uro-genitale. E‟ formato da un piano aponevrotico

(superficiale e profondo, di forma triangolare con apice verso il pube,che si estende dalla parete posteriore ischio-pubica fino al perineo:centro fibroso del perineo) e comprende i legamenti pubo-uretrali, uretro-pelvici e il muscolo trasverso profondo del perineo. Questo piano muscolo-facsiale è attraversato dall‟uretra e da vagina, alle quale fornisce supporto di sostegno: i legamenti pubo-uretrali sospendono l‟uretra al pube; i legamenti uretro-pelvici ancorano il collo vescicale all‟arcata tendinea dell‟elevatore dell‟ano.

Perineo . E‟ un punto più declive del pavimento pelvico, situato fra il canale anale,

la vagina e tuberosità ischiatiche: contiene i muscoli superficiali del perineo (bulbo-cavernoso, ischio-cavernoso e trasverso superficiale del perineo (Fig.2), lo sfintere esterno dell‟ano e il corpo o centro fibroso del perineo. Al centro fibroso del perineo si ancorano il muscolo bulbo-cavernoso, i muscoli trasverso superficiale e trasverso profondo del perineo e le loro aponevrosi muscolari, le fibre prerettali dell‟elevatore dell‟ano, della parete rettale e quelle superficiali dello sfintere anale.

Tale struttura costituisce un supporto essenziale non solo delle pareti della

vagina(tratto medio e inferiore) e indirettamente dell‟utero, ma anche della regione cervico-trigonale della vescica e del retto. La perdita dell‟integrità anatomica del centro fibroso può determinare un‟alterazione anatomofunzionale che conduce lentamente al prolasso vaginale, all‟isterocele, all‟incontinenza da sforzo e al

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quando loro siano danneggiati da un trauma ostetrico(rottura o allungamento), sono responsabili della discesa dell‟uretra prossimale e del collo vescicale, con

appiattimento secondario dell‟angolo uretro-vescicale (incontinenza urinaria da sforzo).

Figura 2 Il perineo

Apparato di sospensione

Un apparato di sospensione collega gli organi pelvici alla fascia endopelvica, nel cui contesto è possibile riconoscere spazi di connettivo areolare (per esempio, paravescicale e pararettale) separati da addensamenti aponevrotici denominati pilastri o legamenti.

Legamenti utero-sacrali (parametrio posteriore) costituiscono il principale sistema di

sospensione del complesso utero(parte cervicale)-vaginale(terzo superiore) e sono situati posteriormente; tenendo la parete vagino-cervicale posteriore all‟area di inserzione comprendente il periostio della seconda, terza, quarta vertebra sacrale,

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delimitano il cavo di Douglas, circondano la parete laterale del retto (formano i legamenti utero-rettali).

Legamenti cardinali ( o di Mackenrodt o parametrio laterale) si inseriscono a livello

della cervice e della parete superiore della vagina, si estendono lateralmente e posteriormente fino a muscolo piriforme nell‟area del grande forame ischiatico.

Legamenti pubo-vescico-uterini originano nella zona fra tubercolo pubico e arco

tendineo della fascia pelvica; sono ispessimenti della fascia pubo-cervicale e si inseriscono posteriormente alla superficie antero-laterale della cervice dove contribuiscono a formare l‟anello pericervicale.

La fascia pubocervicale è il principale sistema di sospensione della parete vaginale

anteriore e della vescica. La fascia vescico-vaginale e pubo-cervicale supporta il complesso utero-vescicale. La fascia retto-vaginale/perirettale ha funzione di supporto della parete vaginale posteriore, stabilizzazione del retto e sospensione del perineo.

L‟azione combinata delle suddette entità agisce sinergicamente agli organi contenuti nel bacino per mantenere la statica e garantire un‟adeguata dinamica pelvica, controllando le forze espulsive, al fine di prevenire il prolasso, e garantire la continenza e la funzione sessuale. Il pavimento pelvico va inteso infatti come un sistema muscolo-elastico, bilanciato ed integrato, dinamico e sinergico, che agisce

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sugli organi pelvici, assicurandone la forma e la funzione. Ne scaturisce un sistema di tensioni interdipendenti bilanciate tra loro. [1]

Vagina, uretra e vescica: cenni anatomici

La vagina si estende per circa 10cm dal vestibolo dell‟utero in direzione craniale con

un‟inclinazione posteriore attraversando il diaframma urogenitale e pelvico. La parete vaginale laterale è sospesa ai legamenti cardinali e al diaframma pelvico; il terzo superiore della vagina è sospeso alla parete pelvica mediante le fibre verticali del paracolpo che si pone in continuità con il legamento cardinale; nel terzo medio della vagina il paracolpo connette la parete vaginale laterale con l‟arco tendineo e con la fascia del muscolo elevatore dell‟ano, mentre il terzo inferiore si fonde con la membrana perineale, l‟elevatore dell‟ano ed il nucleo fibroso del perineo.

La vagina è formata da tessuto muscolare liscio e da connettivo denso fibroso-elastico, con un rivestimento fasciale esterno che anteriormente risulta in continuità con la fascia pubocervicouterina e posteriormente con la fascia di rivestimento del corpo e del collo dell‟utero. La fascia rettovaginale è costituita da tessuto fibromuscolare che si colloca a ridosso della mucosa vaginale. Lungo il piano sagittale il setto rettovaginale si estende dal nucleo fibroso centrale del perineo allo sfondato del Douglas, dove si fonde con le fibre dei legamenti utero-sacrali e con i tessuti cervicali. La presenza di difetti dell‟integrità fasciale favorisce la comparsa di rettocele ed enterocele spesso associati a deficit del corpo perineale.

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Il detrusore comprende uno strato longitudinale esterno, uno strato circolare

intermedio e uno longitudinale interno. La base vescicale si colloca in basso e posteriormente, mentre la superficie superiore della vescica in assenza di urina è piatta e concava e su di essa si adagia normalmente l‟utero al di fuori della gravidanza. Quando la vescica si riempie, la superficie superiore diventa convessa e l‟utero si verticalizza. Le pareti laterali della vescica sono separate dalla sinfisi pubica dalla presenza di tessuto connettivale lasso disposto all‟interno dello spazio retro pubico; esse incontrano la base vescicale a livello del collo che si dispone a ridosso del diaframma urogenitale. Il collo vescicale si continua inferiormente con l‟uretra che ha una lunghezza di 4cm dal collo fino al meato urinario esterno con un diametro di 6mm.

L’uretra femminile è disposta nel contesto della parete vaginale anteriore essendo

costituita da uno strato longitudinale interno e da uno strato semicircolare esterno, in continuità con le fibre muscolari dello strato longitudinale del detrusore. Il trigono vescicale è delimitato dal meato uretrale interno e dalle due papille uretrali, lo strato superficiale e profondo della muscolatura del trigono è interamente formato da fibre uretrali. Nelle pazienti affette da incontinenza urinaria da sforzo l‟ispezione del meato interno evidenzia un‟abnorme beanza dell‟uretra e la scomparsa della base piatta vescicale.

Continenza urinaria e minzione

L‟apparato vescico-sfinterico presenta una doppia funzione: assicurare la raccolta e la ritenzione delle urine (continenza) e permettere la loro evacuazione intermittente (minzione).

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La continenza urinaria, quando attuata in condizioni normali di integrità del sistema nervoso a essa deputato, si realizza a opera di tre fattori fondamentali:

 Il collo vescicale e il terzo posteriore dell‟uretra devono conservare una situazione endoaddominale; il meccanismo di continenza a tale livello è assicurato dalle fibre muscolari circolari provenienti dal trigono e dai legamenti anteriori (pubo-uretrali) e laterali (uretro-pelvici): queste strutture mantengono l‟uretra in un‟area di trasmissione pressoria che previene la retropulsione e l‟abbassamento sotto sforzo, favorendo di fatto uno schiacciamento contro la sinfisi posteriore.

 L‟uretra deve formare con la base della vescica un angolo di circa 90° aperto posteriormente.

 Il meccanismo di contenzione sfinteriale dell‟uretra (muscolo liscio proveniente della vescica e striato proveniente dai muscoli pelvici) deve essere efficiente: il muscolo striato si trova a livello dell‟uretra intermedia, il muscolo liscio lungo tutta l‟uretra ( strato longitudinale interno e strato circolare esterno) e la mucosa uretrale (sfintere mucoso).[1]

Il retto e la continenza anale

Il limite inferiore del retto corrisponde al piano dei muscoli elevatori dell‟ano. Nell‟attraversare questa struttura muscolare, il viscere è circondato dalla fionda del pubo-rettale, così detta perche i muscoli pubo-rettali dei due lati, le cui inserzioni anteriori sono sul pube, si fondono tra loro posteriormente, abbracciando il retto con

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una sorta di ansa che determina una brusca variazione di decorso del viscere, angolandolo in basso e indietro.

L‟incrocio con il pubo-rettale segna l‟inizio del canale anale “chirurgico” (o “funzionale”), che misura circa 4 cm e termina a livello della linea ano-cutanea. La fionda del pubo-rettale e la parte più craniale dello sfintere esterno determinano sulla superficie interna del viscere un rilievo, detto anello ano-rettale, utilizzato per definire il passaggio fra retto e canale anale.

Circa 2cm distalmente all‟anello ano-rettale è situata la linea dentata (pettinata), costituita da una serie di tasche mucose semilunari (cripte di Morgagni).

Circa 2cm al di sotto della linea dentata si trova la linea ano-cutanea, che segna il limite distale del canale anale.

Il segmento compreso fra la linea dentata e quella ano-cutanea è chiamato canale anale “anatomico”, che misura pertanto circa la metà di quello chirurgico.

Il canale anale è circondato dai muscoli che costituiscono il complesso sfinterico, la cui contrazione tonica fa si che il lume del canale anale sia ridotto a una fessura antero-posteriore, presso chè virtuale.

Tradizionalmente il sistema degli sfinteri viene descritto come un imbuto di muscolatura striata,volontaria, che contiene all‟interno un cilindro di muscolatura liscia, involontaria. L‟imbuto esterno è costituito, in senso cranio-caudale, dal muscolo elevatore dell‟ano, dal pubo-rettale e dallo sfintere esterno, con le sue tre porzioni profonda, superficiale e sottocutanea. Il cilindro interno è formato dall‟ispessimento della muscolatura circolare del retto,che costituisce lo sfintere interno.

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La funzione altamente specializzata dell‟ano-retto si comprenda nell‟atto della defecazione e nella capacità di assicurare di continenza ai gas e alle feci.

La continenza si basa fondamentalmente su due elementi: da un lato la possibilità da parte del retto di ospitare le feci e dall‟altro l‟esistenza di un meccanismo di chiusura anale che, sfruttando anche la capacità di discriminazione sensitiva della mucosa del canale anale, è in grado di impedirne la fuoriuscita involontaria.

Il meccanismo di chiusura anale si basa sull‟azione degli sfinteri e sulle caratteristiche anatomiche dal canale anale. L‟azione più evidente è quella del pubo-rettale, la cui contrazione tonica determina l‟angolo acuto con vertice anteriore della giunzione retto-anale, che si oppone allo svuotamento del contenuto rettale. Il meccanismo si accentua con la contrazione volontaria, sinergica a quella dello sfintere esterno, che rende l‟angolo ancora più acuto. Al di sotto e internamente al pubo-rettale, la muscolatura liscia involontaria dello sfintere interno determina, con la sua contrazione tonica, una zona di alta pressione nel canale anale, che rende il lume pressochè virtuale. La contrazione dello sfintere esterno è il meccanismo più importante della continenza volontaria, ma può essere sostenuta solo per periodi brevi. Nell‟atto della contrazione volontaria, alla contrazione dello sfintere esterno corrisponde quella dei fasci pubo-rettali, che porta in avanti e in alto la giunzione ano-rettale, rendendone l‟angolo più acuto. [2]

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Secondo le definizioni dell‟International Urogynecological Association (IUGA) e della International Continence Society (ICS) per prolasso genitale si intende “ogni discesa di uno o più distretti tra parete vaginale anteriore, parete vaginale posteriore, utero o cervice e volta vaginale (dopo isterectomia)”[3]

Il prolasso della parete vaginale anteriore coinvolge la vescica (cistocele) e spesso si associa ad una ipermobilità della giunzione uretro-vescicale (cistouretrocele). Nel prolasso della parete vaginale posteriore possono essere coinvolti retto (rettocele), piccolo intestino (enterocele) o sigma-colon (sigmoidocele). Il prolasso del segmento apicale è generalmente legato ad un parziale o totale distacco dell‟apice della vagina o della cervice con prolasso peritoneale attraverso cui possono erniare anse di piccolo intestino (enterocele da pulsione o da trazione).

Il prolasso degli organi pelvici attraverso la vagina (vescica, uretra, utero, piccolo intestino, retto) si associa a sintomi come difficoltà urinarie (stress incontinence, urge incontinence, disuria, senso di incompleto svuotamento vescicale, infezioni urinarie ricorrenti), alterazioni defecatorie (ODS), senso di peso perineale, “bulge” vaginale.

Stime epidemiologiche indicano che circa il 50% delle donne che hanno partorito presenta nella propria vita un qualche grado di prolasso genitale, ma solo il 10-20% di queste necessita di trattamento. Il prolasso genitale clinicamente sintomatico interessa circa il 31.8% delle donne in post-menopausa, di queste circa l‟11% va incontro a chirurgia ricostruttiva del pavimento pelvico e il 30% subisce più di un intervento chirurgico per prolasso.[4]

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Il prolasso è dovuto al cedimento dei legamenti pelvici, del connettivo fasciale e della muscolatura del pavimento pelvico.

De Lancey divide il supporto vaginale, e quindi il danno conseguente, in tre livelli: 1. I livello: sospensione ai legamenti del paracolpo. Il danno è situato a livello o

al di sopra delle spine ischiatiche; il carico agisce in primis sui legamenti utero-sacrali(85%) e secondariamente sui legamenti cardinali. Il danno a questo livello determina prolasso utero-vaginale e/o prolasso della cupola vaginale dopo isterectomia.

2. II livello: il supporto della parte intermedia della vagina è costituito dall‟inserzione della fascia (fascia septa) alla parete pelvica; la fascia septa è si attacca all‟arco tendineo della fascia pelvica e all‟arco tendineo della fascia dell‟elevatore (retto-vaginale). Il danno a questo livello determina un difetto paravaginale e pararettale (cisto-e/o rettocele), cioè un difetto centrale nel contesto della fascia pubo-cervicale e retto-vaginale.

3. III livello: il supporto di questo livello è attribuito alla fusione fasciale con il diaframma urogenitale anteriormente e il perineo prossimale posteriormente. Il danno a questo livello comporta presenza di incontinenza urinaria anteriormente e insufficienza del corpo perineale posteriormente.[1]

I fattori di rischio principali sono rappresentati da fattori eredo-familiari (predisporrebbero ad una eccessiva fragilità dei legamenti pelvici); il numero delle gravidanze e dei parti, il peso dei neonati (un prolasso può insorgere talvolta anche in gravidanza), eventuali lacerazioni del perineo; l'età e la menopausa (deficit di estrogeni); l'obesità e la vita sedentaria; un eccessivo uso del "torchio addominale"

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(sforzi eccessivi prolungati anche talvolta legati a costipazione cronica o BPCO); precedente intervento di isterectomia radicale.

Tra i sistemi di classificazione del prolasso il più utilizzato è quello di Baden-Walker Halfway System (HWS), che prende in considerazione due punti fissi rappresentati dalle spine ischiatiche e dall‟imene. Il canale vaginale è suddiviso in 6 segmenti che possono essere sede di difetto anatomico (uretra, vescica, utero o cupola vaginale, fornice vaginale posteriore, retto e perineo). La gravità del prolasso per ogni singolo segmento viene classificata in quattro gradi. Secondo HWS, uretrocele, cistocele, isterocele, rettocele vengono considerati di grado 0 se l‟apparato è normale; grado I a metà strada tra le spine ischiatiche e l‟imene; grado II quando dislocazione raggiunge l‟imene; grado III tra l‟imene e la massima descesa possibile, grado IV il massimo grado di abbassamento possibile(prolasso completo). Per il VI segmento, il perineo, i quattro gradi variano da normale (grado 0), a metà strada verso lo sfintere anale (grado I), fino allo sfintere (grado II), lesioni dello sfintere (grado III), lesioni della mucosa rettale (grado IV).

Il prolasso genitale è infatti espressione di una patologia multifattoriale correlata a fattori traumatici, distrofici o neurologici, che compromettono le strutture statiche e dinamiche del supporto pelvico. In molti casi alla comparsa del prolasso si associa la perdita degli angoli che caratterizzano i visceri pelvici (anorettale, uretrovescicale posteriore ed utero vaginale). Lo stiramento, la separazione o le alterazioni della muscolatura si associano a modificazioni nel connettivo della fascia pelvica e del perineo. Le alterazioni della muscolatura striata pelvica e perineale possono risultare

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come diretta conseguenza di un traumatismo o di una lesione neurologica causata da sforzi o da spinte eccessive. Ne consegue un‟abnorme lassità del pavimento pelvico che frequentemente si associa al prolasso.

Le strutture di sospensione e di sostegno dell‟utero si indeboliscono in menopausa per le modificazioni endocrine e vascolari del supporto pelvico.

Durante il parto, l‟estremo cefalico del bambino provoca uno stiramento delle fibre muscolo fasciali dell‟elevatore e delle strutture nervose limitrofe, così da favorire la comparsa di un danno neurologico. Anche il nucleo perineale e le strutture posteriori dello sfintere uretrale esterno possono subire insulti traumatici di entità variabile durante il parto vaginale.

Ripetuti stress a carico del pavimento pelvico sono anche causa di lesioni periferiche dell‟innervazione muscolare, con conseguente miopatia neurogena ed insufficienza dinamica.

Anomalie intrinseche nella costituzione delle fibre collagene potrebbero manifestarsi come carattere congenito, giustificando la familiarità nell‟insorgenza del prolasso. Si deve inoltre ricordare l‟effetto di fattori iatrogeni, dovuti ad interventi chirurgici diretti a sospendere la parete vaginale anteriore e tutte le procedure capaci di modificare i normali rapporti anatomici e topografici della vagina. [8,9]

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Prolasso della parete vaginale anteriore al di sotto dell‟anello imenale può essere

dovuto a un difetto della fascia endopelvica in senso laterale, mediano o trasversale. La lesione laterale (paravaginale) è conseguenza di un distacco mono-bilaterale della connessione laterale della fascia pubo-cervicale dall‟arco tendineo della fascia pelvica e idirettamente dai bordi mediali dell‟elevatore dell‟ano, che decorrono dal pube alla spina ischiatica.

Il difetto trasversale è dovuto alla disconnessione della fascia pubo-cervicale anteriormente e retto-vaginale posteriormente dalla cervice uterina (anello pericervicale).

Il difetto mediano o centrale è caratterizzato dalla rottura della fascia pubo-cervicale anteriormente o, posteriormente, retto-vaginale in senso longitudinale lungo la linea mediana .

L‟uretra presenta una fusione intima estesa per 3-4 cm con la parete vaginale: un difetto di supporto in questo tratto è definito uretrocele, mentre, se è a livello del tratto superiore della parete vaginale, si definisce cistocele a causa della presenza della vescica sovrastante. Tra le due aree è possibile rilevare una linea di demarcazione trasversale – plica uretro-vescicale. In assenza di detta plica, il difetto di supporto si estende a tutta la parete vaginale e si definisce cistouretrocele.

L‟erniazione della parete vaginale anteriore è conseguenza di uno scivolamento rotatorio del tratto uretrale prossimale-collo dell‟utero verso il basso e in avanti (prolasso utero-vaginale).

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Prolasso della parete vaginale posteriore

Quando la parete vaginale posteriore e la parete del retto sottostante protrudono all‟esterno dell‟anello imenale si parla di rettocele. Un‟espansione a sacco o erniazione del cavo di Douglas attraverso lo spazio vaginale (setto retto-vaginale) costituisce l‟enterocele. Quando la parete rettale protrude in vagina a causa di un difetto del corpo perineale si parla di pseudorettocele.

Il rettocele può interessare la parete vaginale bassa, media o alta e si verifica per sovradistensione e lesione delle strutture di sostegno.

Il rettocele basso è dovuto a una lesione del punto di inserzione dell‟elevatore dell‟ano (pubo-coccigeo) e/o bulbo cavernoso al centro tendineo del perineo o al distacco del setto retto-vaginale dal corpo fibroso del perineo.

Il rettocele medio è determinato dalla lacerazione centrale del connettivo fasciale del setto retto-vaginale o dal distaco laterale del setto retto-vaginale dalla fascia dell‟elevatore.

Il rettocele alto è causato da iperdistensione vaginale posteriore e lesione per distacco da sovrastiramento dei legamenti utero-sacrali e cardinali (tessuto dell‟anello pericervicale).

La presenza di rettocele può determinare un‟alterazione delle spinte pressorie che si verificano durante la defecazione e renderla pertanto difficoltosa. D‟altro canto il

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rettocele può essere la conseguenza di altre situazioni di defecazione ostruita che determinino un aumento cronico della pressione endorettale.

L‟enterocele è un espansione a sacco della parete vaginale posteriore, causata da un‟erniazione del Douglas attraverso lo spazio (virtuale) retto-vaginale contenente intestino tenue e omento.

Il Douglas è una sede idonea all‟erniazione del pavimento pelvico in presenza di diastasi dell‟elevatore dell‟ano (pubo-coccigeo; pubo-rettale) e rilasciamento dei legamenti cardinali e utero-sacrali: l‟allargamento dello hiatus genitalis determinato dall‟indebolimento dell‟elevatore è il fattore più importante, perché comporta la dislocazione della piastra tendinea dell‟elevatore medesimo. In tal modo il peritoneo scivola fra parete vaginale posteriore e rettale anteriore, facilitando il prolasso e l‟enterocele consensuale presente nel 80% dei casi:il rimanente 20% compare dopo un intervento, spesso l‟isterectomia, determinando il quadro di prolasso della cupola.

Prolasso dell’utero (isterocele) e della cupola vaginale

L‟isterocele è sempre secondario ad alterazioni dei sistemi di supporto e/o di sospensione. La vagina e il collo dell‟utero sono solidamente fusi, cosicchè il prolasso della cervice si accompagna necessariamente al prolasso della parte alta della vagina e si parla di prolasso utero-vaginale; in caso di discensus del fondo vaginale dopo isterectomia si parla di prolasso della cupola vaginale.

Con o senza utero, il prolasso è definito per inversione quando riguarda la parte alta della vagina a seguito del cedimento dei legamenti cardinali e utero-sacrali: il loro

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indebolimento, infatti, sposta l‟asse utero-vaginale posteriormente, cosi, che scompare l‟angolo di versione tra vagina e cervice e i due assi (cervicale e vaginale) diventano paralleli; in tal modo un allargamento dello hiatus genitalis (per alterazione delle pareti vaginali o del piatto dell‟elevatore) spinge l‟utero e la vagina verso il prolasso. La discesa della vagina trasmette una trazione alla cervice, che può scendere insieme al corpo dell‟utero oppure soltanto allungarsi (ipertrofia longitudinale del collo). La parete vaginale anteriore trascina la vescica.

Il prolasso per eversione è tipico della metà inferiore della vagina ed è causato dalla mancanza di sostegno da parte del diaframma pelvico e urogenitale. La diagnosi è effettuata con la visita ginecologica: se compare prima la cervice, il prolasso è per inversione; se compare prima il cisto-rettocele è prolasso per eversione.

Il prolasso della cupola vaginale è definito come l‟eversione della vagina associata a cistocele, rettocele e frequentemente a enterocele. E‟ una conseguenza diretta del cedimento del supporto vaginale ai vari livelli di De Lancey dopo isterectomia.

Incontinenza urinaria e valutazione clinica di incontinenza urinaria

L‟ICS (International Continence Society) definisce l‟incontinenza come un “disturbo caratterizzato da perdita involontaria di urina”. Esistono più tipi di incontinenza:

 da urgenza (perdita di urina accompagnata da un forte stimolo minzionale);

 da stress o da sforzo (“la perdita di urina in concomitanza con un aumento della pressione addominale, in assenza di contrazione del detrusore”)

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 da overflow o da rigurgito (perdita di urina costante da vescica sovradistesa per ritenzione), caratteristica dei prolassi gravi, delle situazioni da ipermobilità utero-vaginale da grosse masse miomatose interne;

 enuresi notturna;

 postminzionale (diverticolo-uretrale);

 neurogena

 da fistole.

Tra i vari tipi di incontinenza urinaria, quella da sforzo rappresenta la forma di più frequente riscontro.

L‟alterazione degli elementi di supporto anatomico dell‟uretra con conseguente ipermobilità uretrale e alterazione dei meccanismi sfinterici intrinseci dell‟uretra stessa sono considerati i principali meccanismi fisiopatologici dell‟incontinenza da stress.[5] Tali condizioni possono presentarsi sia isolate che in associazione.

L‟ipermobilità uretrale condivide le cause con quelle del prolasso della parete vaginale anteriore, dato che essa ne costituisce l‟elemento di sostegno e che le alterazioni muscolo-fasciali che sono alla base del discensus dei visceri pelvici causano anche il deficit di sostegno dell‟uretra prossimale.[6]

Durante lo sforzo, lo starnuto e la tosse l‟uretra risulta compressa tra la spinta delle forze pressorie addominali e la resistenza delle sottostanti strutture di sostegno (fascia endopelvica); in condizioni di abnorme lassità o ipermobilità del tessuto suburetrale, la compressione non è efficace, mentre diminuisce la trasmissione della pressione addominale sull‟uretra.

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Il deficit intrinseco della muscolatura uretrale riconosce invece altre cause patogenetiche. Al mantenimento della pressione uretrale contribuiscono infatti non solo la muscolatura liscia del viscere, la componente striata e la sua vascolarizzazione, ma anche la presenza di abbondante tessuto elastico negli strati dell‟uretra e la normalità dello sfintere striato esterno; possono quindi essere alla base del deficit intrinseco situazioni di denervazione o devascolarizzazione dell‟uretra, secondarie a interventi di correzione di prolasso vaginale e/o di incontinenza urinaria da sforzo, l‟atrofia postmenopausale della componente vascolare e muscolare, la presenza di neuropatie congenite o acquisite, la radioterapia pelvica.

La teoria integrale di Petros [7,44] riconduce la patogenesi sia dell‟incontinenza da sforzo che della forma da urgenza ad una lassità della vagina o dei suoi legamenti di supporto, in conseguenza di un‟alterazione della struttura del collagene/elastina con modificazione delle funzioni dei muscoli e del tessuto connettivo del pavimento pelvico che sono alla base dei meccanismi di chiusura e di apertura del collo vescicale e dell‟uretra.

L‟assenza di una normale attività riflessa della muscolatura pelvica, l‟alterazione delle fibre muscolari striate e l‟anomalia dei rapporti topografici tra l‟uretra e il pavimento pelvico possono favorire un‟abnorme apertura del collo vescicale, a riposo o sotto sforzo. In questi casi si verifica la comparsa di incontinenza urinaria che non è necessariamente correlata alla presenza di un significativo prolasso urogenitale. Tuttavia l‟associazione tra patologia della minzione e alterazioni anatomiche della pelvi è di frequente riscontro nella pratica clinica quotidiana.

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L‟Incontinenza urinaria e il cistouretrocele possono essere causati:

 dalla rottura o dall‟atrofia dei supporti pelvici e del collagene periuretrale con allungamento o rottura dei legamenti pubo-uretrali isolamente (incontinenza da sforzo);

 dalla lesione della fascia pubo-vescico-cervicale e della parete vaginale anteriore(cistouretrocele/cistocele e incontinenza per alterazione del supporto del collo vescicale e dislocazione dell'uretra);

 dallo distacco laterale della fascia endopelvica dalla vagina, che essendo intimamente connessa all‟uretra, determina ipermobilità uretrale e cistocele associati a incontinenza urinaria.

Da studi epidemiologici condotti in Europa, Stati Uniti ed in Australia è emersa un‟incidenza del 10-15% della popolazione femminile con prevalenza che aumenta a partire dai 35-40 anni, nelle pluripare e nella post-menopausa.

La prevalenza è infatti del 12% nelle donne dopo i 40 anni e sale oltre il 40% passata la soglia della menopausa. A 60 anni circa il 55% delle donne presenta incontinenza saltuaria e il 25% un‟incontinenza significativa (due episodi nell‟ultimo mese). In Italia si stima che circa 1.200.000 donne tra i 35 e 70 anni siano affette da incontinenza urinaria da sforzo.

Mediamente una donna su tre ha nelle propria vita problemi di incontinenza e il 50% di tutte le donne incontinenti ha una forma da sforzo.

I fattori di rischio principali sono rappresentati dall‟età, la parità, la menopausa, l‟obesità la stipsi e le BPCO. L‟età in relazione ai cambiamenti strutturali e funzionali delle strutture muscolo-fasciali pelvi perineali, all‟aumento del residuo

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vescicale post-minzionale, a una diminuzione della pressione massima di chiusura uretrale ma anche ad alterazioni del SNC e periferico in grado di contribuire a determinare l‟incontinenza. La gravidanza e il parto possono portare in tempi più o meno lunghi alla comparsa di disfunzioni del pavimento pelvico, in particolare il parto per via vaginale è in grado di compromettere la funzione sfinterica uretrale e anorettale facendo perdere a queste strutture tonicità e forza contrattile e un adeguato sostegno. Importanti fattori di rischio aggiuntivi sono l‟età materna, il numero di parti, la macrosomia fetale, il prolungamento del periodo espulsivo del parto, la presenza di lacerazioni vagino-perineali profonde o i possibili danni del nervo pudendo, ma anche un eccessivo aumento ponderale durante la gravidanza.

La carenza estrogenica della menopausa è responsabile di importanti modificazioni dell‟integrità anatomo-funzionale del sistema urogenitale: un progressivo

assottigliamento dell‟epitelio di rivestimento dell‟uretra, una ridotta

vascolarizzazione della sottomucosa con conseguente perdita del tono muscolare, oltre che una riduzione delle fibre elastiche con conseguente diminuzione della pressione di chiusura del lume uretrale.

L‟obesità determina un aumento della pressione endoaddominale e una contemporanea modificazione dei patterns respiratori diaframmatici che gravano eccessivamente sulle strutture muscolo-fasciali del pavimento pelvico, determinando un progressivo indebolimento delle stesse. I continui sforzi evacuativi nelle pazienti affette da stipsi provocano un cronico e continuo stretching del pavimento pelvico

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con progressivo danno delle strutture muscolo fasciali. Le BPCO determinano un aumento della pressione endoaddominale legato al quadro di bronchite cronica.

La valutazione diagnostica della paziente con incontinenza urinaria deve iniziare da un‟accurata anamnesi familiare, personale e patologica e da un‟anamnesi uro- ginecologica specifica orientata alla patologia in atto.

Andranno quindi raccolti dati anagrafici della paziente, il tipo di lavoro, peso e altezza, variazioni ponderali e attività fisica; l‟anamnesi familiare deve ricercare la presenza di patologie a carico dell‟apparato uro-genitale, come prolasso utero-vaginale ed incontinenza urinaria; si passa quindi all‟anamnesi fisiologica con valutazione dello sviluppo psico-fisico, abitudini voluttuarie, funzione sessuale e in particolare la storia ostetrico-ginecologica: parità e modalità del parto, sintomi da concomitanti patologie ginecologiche come fibromi e masse pelviche, disturbi da prolasso associati ad incontinenza urinaria o difficoltà minzionali, infezioni urinarie recidivanti, stato ormonale della paziente. Devono essere ricercate anche problematiche sessuali quali dispareunia o perdite di urina intra-coitali. Da ricercare con cura sono gli antecedenti urologici significatici quali: malformazioni urinarie, infezioni urinarie recidivanti, uretriti e cistiti, stenosi uretrali, episodi di ritenzione.[10]

La patologica remota deve ricercare eventuali patologie respiratorie croniche, che possono peggiorare l‟incontinenza da sforzo, malattie neurologiche ( con coinvolgimento sia centrale che periferico) e psichiatriche (che potrebbero portare a un inappropriato modello minzionale), stitichezza cronica, patologie come diabete mellito e ipertensione arteriosa ed eventuale assunzione di farmaci che possono

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influenzare la funzione vescico-uretrale quali diuretici, anticolinergici, betabloccanti, calcioantagonisti, psicostimolanti.

Si passa quindi ad indagare più direttamente il motivo per cui la paziente ha richiesto la valutazione, con una piu specifica anamnesi uro-ginecologica prossima. I sintomi che più frequentemente vengono lamentati sono fughe di urina, tenesmi vescicale, urgenza e frequenza minzionale, senso di mancato svuotamento vescicale. A questo si aggiunge il corteo sintomatologico derivante dalla eventuale dislocazione viscerale quale il senso di peso e di dolore perineale e la necessità di manovre di riposizionamento per urinare ed evacuare l‟alvo.

Particolare importanza assume nell‟anamnesi l‟analisi della modalità della minzione: si devono valutare durata, quantità e qualità del getto di urina ( diminuito, esitante, intermittente), la necessità di ricorrere al torchio addominale per mingere, il senso di bruciore, la capacità di interrompere il mitto e la sensazione di incompleto svuotamento vescicale.

Per la valutazione clinica dell‟incontinenza urinaria, in particolare quella da sforzo, e la quantificazione del grado del disturbo esistono vari test tra i quali i principali sono il test di Ingelman- Sundberg e lo score clinico anamnestico di Monza

Test di Ingelman-Sundberg

Classe Circostanze

I Solo tosse e/o starnuto

II Anche cambio di postura, movimenti

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III Anche con minimi sforzi in ortostatismo

Score clinico anamnestico di Monza (1-2= lieve; 4= moderata; 8= grave)

Strumenti diagnostici

Diario minzionale

Uno strumento diagnostico efficace è rappresentato da diario minzionale nel quale, per una settimana, la paziente deve annotare il più precisamente possibile l‟orario e il volume dei liquidi assunti, l‟orario e il volume delle minzioni, ogni episodio di incontinenza e l‟occasione in cui si è verificato, le minzioni notturne e gli eventuali episodi di enuresi.

Questo permette di completare l‟anamnesi, dando una reale valutazione dell‟entità della sintomatologia.

Pad-Test

Alcuni test possono poi essere utili per la oggettivazione dell‟esistenza e dell‟entità della perdita di urina: il Pad-test o test del pannolino consiste nel far bere alla paziente 500 ml di acqua in 15 minuti e nella successiva pesatura del pannolino

Punti 1 Punti 2

Cause della perdita Ridere,starnutire, sollevare

pesi, correre

Camminare,salire le scale, durante rapporti sessuali

Frequenza della perdita Settimanale Giornaliera

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prima e dopo l‟espletamento di attività tipiche della vita di tutti i giorni (la paziente deve camminare per 30 minuti, alzarsi da seduta per 10 volte, tossire vigorosamente per 10 volte, saltellare per 1 minuto, chinarsi a raccogliere oggetti dal pavimento per 5 volte, lavarsi le mani con acqua corrente per 1 minuto). In base poi al peso del pannolino viene stimata l‟entità dell‟incontinenza ( < 2g normale, 2-10g lieve, 10-50g moderata, > 10-50g grave). Il limite del test è dato dalla sua scarsa riproducibilità e dalla estrema variabilità anche nella stessa paziente.

Stress-Test

Il metodo più semplice ed economico per oggettivare un‟incontinenza urinaria da sforzo è senz‟altro lo stress-test ovvero la visione diretta della fuga di urina attraverso il mesto urinario esterno in concomitanza di aumenti della pressione addominale (colpo di tosse). Il test viene eseguito sia in clino che in ortostatismo al primo stimolo minzionale e alla massima capacità vescicale e, in caso di prolasso, prima e dopo il riposizionamento. Il risultato viene riferito a 4 gradi:

I. fuga di urina in ortostatismo alla massima capacità vescicale II. fuga di urina in ortostatismo al primo desiderio minzionale III. fuga di urina in clinostatismo alla massima capacità vescicale IV. fuga di urina in clinostatismo al primo desiderio minzionale

Esame obiettivo uro-ginecologico

La valutazione clinica della paziente deve essere poi completata dall‟ esame obiettivo uro-ginecologico da effettuare a vescica piena prima in posizione litotomica e quindi in ortostatismo per la valutazione di un eventuale discensus.

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L‟esame comprende l‟ispezione dei genitali esterni e della vagina per identificare eventuali lesioni organiche del meato uretrale esterno e del basso tratto genitale e quindi valutare il grado di prolasso dei vari segmenti vaginali. È importante verificare la presenza di prolasso di uno specifico compartimento vaginale visualizzato all‟ispezione, l‟eventuale presenza di ristagno post-minzionale e di diverticoli a livello uretrale.

Q-Tip Test

Durante l‟esame bimanuale è importante valutare la motilità della giunzione uretro-vescicale, specialmente in previsione di un trattamento chirurgico dell‟incontinenza. A tal fine è possibile l‟ausilio di un test chiamato Q-tip che consiste nell‟introduzione in posizione litotomica di un Q-tip sterile di cotone nell‟uretra a livello del collo vescicale; usando un goniometro ortopedico si misura poi l‟angolo tra il Q-tip e il piano orizzontale chiedendo alla paziente di spingere con forza. Normalmente tale angolo è compreso tra 0°-15°, nelle pazienti con incontinenza urinaria da sforzo l‟angolo aumenta di 20° o più (il test è considerato positivo quando l‟angolo è maggiore di 30° sul piano orizzontale). Ultimo aspetto importante nella valutazione obiettiva della paziente incontinente è il test dei pubo-coccigei da eseguire durante l‟esplorazione vaginale, invitando la paziente a contrarre i muscoli del pavimento pelvico per valutare: la forza di contrazione, la capacità di mantenere la contrazione, la simmetria di contrazione e l‟affaticabilità muscolare. [8]

Prolasso rettale e alterazioni del defecazione associati al prolasso

genitale

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Il prolasso completo del retto è caratterizzato dalla completa eversione della parete del viscere su se stessa: il prolasso può protrudere all‟esterno attraverso l‟ano (prolasso perineale, procidentia) o può rimanere impegnato nel canale anale (prolasso endocanalare, intussuscezione del retto nel retto senza protrusione dal margine anale).

Il prolasso incompleto interessa, invece, la sola mucosa ed è solitamente associato alle emorroidi di quarto grado; può anche precedere un prolasso completo.

L‟intussuscezione retto-anale e il prolasso rettale sono spesso associati a un più complesso prolasso degli organi pelvici e molti pazienti che lamentano i sintomi di un singolo prolasso pelvico possono essere affetti da un prolasso multi compartimentale che coinvolge i diversi distretti della pelvi [37].

Nell‟ 8-27 % dei pazienti il prolasso rettale è associato a concomitanti disordini del pavimento pelvico che interessano il compartimento anteriore o medio (cistocele, colpocele). In questi casi fattori predisponenti sono i traumi ostetrici, la chirurgia pelvica, l‟elevata pressione endo-addominale e la costipazione cronica.

La presenza concomitante di intussuscezione retto-anale e prolasso rettale è stata documentata in donne affette da prolasso urogenitale con una frequenza rispettivamente del 55% e del 38% [38]. Quindi il prolasso rettale isolato è infrequente, intussuscezione e rettocele speso coesistono [39,40] e l‟enterocele non è un reperto inusuale nei pazienti affetti da prolasso: Mellegren e al. In un esteso studio defecografico hanno dimostrato la presenza di enterocele nel 42% dei pazienti affetti da prolasso rettale [41].

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I sintomi più comuni sono, oltre al riscontro della fuoriuscita dell‟intestino attraverso l‟ano, la sensazione di evacuazione incompleta, la necessità di uno sforzo per eseguire la defecazione, l‟ostruzione ano-rettale e la necessità di eseguire manovre digitali vaginali o perineali o compressioni addominali per completare la defecazione, l‟impellenza alla defecazione, il tenesmo ano-rettale, il dolore e bruciore anale, la stipsi e/o incontinenza fecale, le saltuarie perdite di muco o sangue.

La stipsi cronica è una condizione comune che compromette significativamente la qualità di vita [14]. I sintomi più comuni sono la defecazione infrequente, la presenza di feci dure, la necessità di uno sforzo per eseguire la defecazione, la sensazione di incompleto svuotamento rettale, l‟ostruzione ano-rettale e la necessità di eseguire manovre digitali vaginali o perineali o compressioni addominali per completare la defecazione [18].

La stipsi cronica interessa il 16% degli adulti e il 33% degli individui sopra i 60 anni. E‟ più comune nel sesso femminile (F:M = 1,5:1) ed aumenta di frequenza e gravità con il processo di invecchiamento [16] In Italia ne è affetta circa 1 donna su 4-5 sopra i 40 anni.

La prevalenza con la quale pazienti affette da prolasso di organi pelvici riferiscono una defecazione difficile è stimata essere compresa tra il 24 ed il 52%[32]. È inoltre più frequente lo sforzo defecatorio in donne con prolasso rispetto alle donne senza ( 61% vs 4%; p < 0.001)[33]

Il rallentato transito intestinale, la defecazione dissinergica e la sindrome dell‟intestino irritabile sono tutte cause primitive di stipsi cronica.

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Stipsi cronica:

 Slow transit constipation (alterazione del motilità colica)

 Defecazione ostruita (stipsi al uscita) può essere conseguenza da rettocele, prolassi multicompartimentali, intussuscezione retto-rettale e contrazione paradossa del puborettale

 Stipsi mista

La sindrome da ostruita defecazione (ODS) è una condizione complessa che può condizionare la vita dei pazienti costretti a passare lungo tempo in estenuanti tentativi di defecare. Il management di questi pazienti può risultare difficile, per la frequente associazione tra anomalie anatomiche e funzionali, con difficoltà nel discriminare tra cause e conseguenze di un ponzamento eccessivo[19,20]. La complessità di tale sindrome e le diverse modalità di trattamento rendono chiaramente imprevedibili i risultati della terapia[30]. La chirurgia è di solito riservata ai pazienti con sintomi severi in grado di condizionare la qualità della vita, che presentino difetti anatomici riparabili o patologie concomitanti[31].

La defecazione dissinergica è associata alla disfunzione del pavimento pelvico ed in particolare alla contrazione paradossa o all‟insufficiente rilassamento del muscolo elevatore dell‟ano [15]. L‟alterazione anatomica del pavimento pelvico del solo basso tratto intestinale (es. rettocele, intussuscezione, prolasso rettale interno o esterno) e una ridotta sensibilità rettale sono comuni negli anziani [16]. La chirurgia sul pavimento pelvico e sul perineo predispone a queste modificazioni [17].

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La defecazione dissinergica è associata alla disfunzione del pavimento pelvico ed in particolare alla contrazione paradossa o all‟insufficiente rilassamento del muscolo elevatore dell‟ano [15]. L‟alterazione anatomica del pavimento pelvico del solo basso tratto intestinale (es. rettocele, intussuscezione, prolasso rettale interno o esterno) e una ridotta sensibilità rettale sono comuni negli anziani [16]. La chirurgia sul pavimento pelvico e sul perineo predispone a queste modificazioni [17].

L„anamnesi, suddivisa in familiare, fisiologica, personale remota e prossima deve essere sempre raccolta perché rappresenta l„approccio iniziale al paziente ed è intesa a ricercare eventi che possono avere nessi di dipendenza diretta o indiretta con il sintomo[21-23].

L„anamnesi identifica condizioni responsabili di stipsi ―secondaria [24]:

 sintomi d„allarme quali perdita di peso, sangue nelle feci, anemia, familiarità per neoplasia del colon;

 condizioni e/o malattie potenzialmente associate a stipsi quali regime dietetico inadeguato[25], scarsa attività fisica[23], assunzione di farmaci costipanti, malattie metaboliche, psichiatriche e neurologiche;

 esiti di chirurgia addomino-pelvi-perineale ed ostetrica-ginecologica [26,27].

L„esame obiettivo deve essere sempre espletato perché rientra nell„approccio clinico iniziale al paziente. L„esame obiettivo deve prevedere l„ispezione ano-perineale completata dall„esplorazione rettale. Si dovranno rilevare i segni esterni di patologie anali, di prolasso di organo pelvico, di perineo discendente. L„esplorazione rettale dovrà reperire segni di patologia funzionale ed organica di defecazione ostruita.

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L„esame obiettivo è particolarmente importante quando si presume un„alterazione funzionale della defecazione.

La rettosigmoidoscopia può consentire di osservare le eventuali alterazioni della mucosa rettale e, invitando il paziente a mimare un ponzamento, può evidenziare il punto di invaginazione del viscere.

Le indagini radiologiche da prendere in considerazione nella stipsi e nella defecazione ostruita sono:

 lo Studio dei Tempi di Transito Colico;

 la Defecografia-RX e la Defecografia-RM.

 la Ecografia: perineale, endovaginale 3D, endoanale 360°.

La defecografia è un esame radiologico in cui vengono radiografate le fasi dell‟evacuazione previo riempimento dell‟ampolla rettale con bario ad alta densità: in questo modo si registrano le eventuali alterazioni dei meccanismi dell‟evacuazione. La defecografia-RX rappresenta tradizionalmente l„esame di riferimento per lo studio della defecazione ostruita. Tra le metodiche radiologiche la defecografia è quella che consente l„esplorazione morfologica e funzionale dell„ano-retto e indirettamente del pavimento pelvico e deve essere sempre eseguita previa opacizzazione della vagina, del tenue e del retto (colpoentero-defecografia) mentre si ricorre alla colpo-cisto-entero-defecografia quando è necessario lo studio anche del compartimento pelvico anteriore[34].

I reperti che si possono evidenziare in un defecogramma patologico sono: il rettocele anteriore, i prolassi mucosi, l„invaginazione, l„enterocele, la mobilità abnorme del pavimento pelvico, la contrazione paradossa del puborettale[35-36].

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La manometria ano-rettale permette di valutare l‟elasticità dell‟ampolla rettale, il tono basale dello sfintere interno, la presenza del riflesso inibitore retto-anale, il tono di contrazione volontaria massima dello sfintere esterno e la lunghezza del massiccio sfinteriale. L„indicazione principale della manometria anorettale è la defecazione ostruita (sinonimi: anismo, dissinergia del pavimento pelvico, defecazione dissinergica, outlet obstruction)[28,29]. La manometria anorettale è in grado di fornire informazioni essenziali su alcuni meccanismi rettoanali che sono alla base della defecazione ostruita: ipertonia del canale anale, assente o alterato riflesso rettoanale inibitorio, ridotte sensazioni rettali, aumento della compliance rettale, alterata coordinazione motoria retto-anale nella defecazione simulata.

L‟ecografia sfinteriale può essere condotta per via trans anale, perineale e vaginale ed è in grado di evidenziare le alterazioni delle strutture muscolari deputate alla continenza.

L‟elettromiografia permette di registrare l‟attività elettrica delle fibre muscolari sfinteri ali durante la contrazione volontaria e a riposo.

Le tecniche chirurgiche

La caratteristica multifattorialità delle patologie del pavimento pelvico ha portato allo sviluppo di apposite tecniche chirurgiche atte a correggere le varie alterazioni che sono alla base di una disfunzione del pavimento pelvico. La valutazione clinica supportata da un corretto percorso diagnostico consente di identificare le alterazioni anatomiche alla base delle disfunzioni del pavimento pelvico e quindi programmare il tipo di trattamento coretto.

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Sono state proposte molteplici tecniche per la correzione del prolasso utero-vaginale e dell‟incotinenza urinaria, per riparazione di rettocele e dell‟enterocele con accesso transvaginale e addominale (laparotomia e laporoscopia) e approccio perineale e transanale con l‟impiego e senza di mesh sintetiche.

Esistono vari tipi di interventi chirurgici (Tab1) per correggere le alterazioni del pavimento pelvico che possono essere suddivisi a seconda del compartimento interessato:

 chirurgia del comparto anteriore

 chirurgia del comparto medio

 chirurgia del comparto posteriore

Tabella 1. Chirurgia del disturbi di pavimento pelvico. Opzioni chirurgiche

Compartimento anteriore Compartimento medio Compartimento posteriore

Colporarrafia anteriore Paravaginal repair

Riparazione dei difetti trasversali

Inserimento trans vaginale di graft/mesh nella parete vaginale anteriore Interventi combinati(prevenzione de novo IUS) Colposospensione di Isterectomia Colposacropessi Sospensione del leg.sacrospinoso Sospensione vaginale ai leg.uterosacrali Inserimento di mesh/graft (colposacropessi)

Conservazione del utero

Interventi combinati(prevenzione Colporrafia posteriore Riparazione sito-specifica Riparazione trans-anale Culdoplastica secondo McCall Colposacropessi con

estensione ant e post della mesh

Rettopessi

Riparazione della tasca del Douglas

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39 Burch

Plicatura leg.pubo-uretrale sec.Hurt

Sospensione del collo

vescicale sec. Pereyra TVT IUS) Colposospensione di Burch TVT sec.Moscchowitz o Halban Inserimento di mesh/graft Interventi combinati

Chirurgia del comparto anteriore

Colpoperineoplastica (colporrafia) anteriore

La colporrafia anteriore è eseguita come intervento complementare nella colpo isterectomia e per la correzione di cisto-uretrocele associato eventualmente a incontinenza urinaria da sforzo di grado moderato.

Nella maggior parte dei casi si tratta di difetto centrale (cedimento della fascia sulla linea mediana della vagina), anteriore (distaco dei legamenti pubo-uretrali dalla sinfisi pubica e uretro-cistocele con incontinenza) o trasversale (disinserimento della fascia pubocervicaledall‟anello pericervicale: cistocele voluminoso con scomparsa del fornice vaginale anteriore, ma uretra e collo vescicale in situ, non incontinenza).

La tecnica proposta da Nichols e Kelly prevede l‟esecuzione di una colpotomia mediana longitudinale anteriore; la vescica viene quindi scollata dalla parete vaginale anteriore in direzione mediolaterale, isolando la fascia vescicovaginale o i sui residui; i margini mediali della fascia vengono poi suturati sulla linea mediana con punti staccati. Tale plicatura dei tessuti di supporto sottouretrali e quindi dei legamenti pubouretrali, permette l‟elevazione del collo vescicale e la riduzione

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dell‟angolo di inclinazione dell‟asse uretrale, fino a creare un angolo posteriore tra uretra e vescica di circa 90°. La mucosa vaginale viene poi suturata con punti staccati, mentre, se è contemporaneamente presente un cistocele, si possono recentare i margini vaginali ridondanti riducendo il prolasso.

Poiché i difetti anteriori sopraelencati sono eccezionalmente disgiunti dal difetto paravaginale (distacco della fascia perivaginale laterale dall‟arco tendineo della fascia pelvica), molte tecniche chirurgiche attualmente prevedono, assieme alla colporrafia anteriore, anche ricostruzione del difetto paravaginale. Per le pazienti con difetto antero-laterale può essere impegnata la procedura di correzione del difetto paravaginale per via vaginale. In tal caso, dopo la colpotomia, è eseguita una dissezione lateralmente all‟uretra lungo la branca ischio-pubica, fino alla spina ischiatica. Per via smussa delicatamente si penetra nello spazio di Retzius. Si posizionano dei punti sull‟arco tendineo e/o sulla fascia del muscolo otturatorio, che si fanno passare sul margine laterale dello strato fibromuscolare vaginale a tutto spessore escludendo l‟epitelio squamoso. Amputazione dei lembi esuberanti, colporrafia. Cistoscopia.

In alternativa o in aggiunta alla riparazione del difetto paravaginale può essere eseguita applicazione di retina. Allo scopo è confezionata una mesh di forma trapezoidale, attaccata con qualche punto all‟arco tendineo di un lato e dell‟altro della pelvi e posizionata contralmente sotto la vescica (TCR, Tension free-Cystocele Repair). Questa riparazione mira a ripristinare il supporto laterale alla parete vaginale anteriore, con applicazione di una retina sintetica sulla parete vescicale, e rinforzare così la connessione fra supporto laterale e mediano.

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Nel corso dei decenni numerose sono le tecniche adottate per la correzione dell‟incontinenza urinaria da sforzo (Tab2). Le nuove tecniche chirurgiche comprendono: la colposospensione retropubica secondo Burch che prevede il sollevamento della regione cervico-uretrale attraverso l‟elevazione del collo vescicale e la sutura del tessuto paravaginale al legamento ileo pettineo di Cooper; tecniche di rinforzo dell‟uretra media, mediante il posizionamento di banderelle sottouretrali con tecnica tension free per via transotturatoria o per via retropubica; la tecnica tradizionale ( è già menzionata sopra) di colporrafia anteriore secondo Kelly e Nichols che prevede la plicatura dei tessuti di supporto sottouretrali con conseguente elevazione del collo vescicale e riduzione dell‟angolo di inclinazione dell‟asse uretrale.

I dati sulla comparazione tra le tecniche di sling sottouretrale e la tecnica di colpo sospensione secondo Burch evidenziano un tasso di successo paragonabile tra le due tecniche e, a vantaggio delle tecniche di sling, tempi operatori più ristretti, tempi di ospedalizzazione più brevi, minor dolore post operatorio e rapido ritorno alle attività quotidiane [12]

Le recenti metodiche di sling risultano più efficaci rispetto alla colposospensione secondo Burch eseguita per via laparoscopica [13]

Tabella 2 Procedure per la correzione dell‟IUS

Procedure Dettagli

Colposospensione retro pubica sec. Burch

Sollevamento del collo vescicale con approccio laparotomico o laparoscopico

Slings pubovaginali Utilizzo di fasce di tessuto al di sotto del collo

vescicale/uretra prossimale che agiscono come supporto sub uretrale (fasce autologhe, eterologhe

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da cadavere, ricavate da derma porcino)

Slings sintetici miduretrali Supporto dell‟uretra intermedia attraverso fasce in polipropilene introdotte tramite trochars per via retropubica (TVT) o transotturatoria (TOT)

Agenti iniettabili Iniezione di polimeri di silicone, collagene bovino

o altri agenti introdotti per via cistoscopica a livello uretrale per aumentare l‟aderenza della mucosa

Sfintere urinario artificiale Dispositivo biomeccanico composto da una cuffia posizionata attorno al collo vescicale, un serbatoio e un dispositivo di attivazione che causano una compressione circolare dell‟uretra

La colposospensione retropubica secondo Burch

Il principio della colposospensione secondo Burch è il sollevamento retropubico della regione cervico uretrale. La candidata ideale alla colposospensione secondo Burch è la paziente con incontinenza urinaria da sforzo secondaria ad ipermobilità della giunzione uretro-vescicale, con funzione intrinseca dell‟uretra normale e che non presenta prolasso della vescica o dell‟utero.

La tecnica prevede l‟elevazione del collo vescicale e la sutura del tessuto paravaginale al legamento ileopettineo di Cooper, stabilizzando cosi l‟uretra e ricollocando la giunzione uretrovescicale in sede retropubica, in modo che l‟uretra stessa venga compressa dalla base vescicale contro la superficie posteriore della sinfisi pubica durante gli aumenti della pressione endoaddominale.

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L‟intervento si esegue attraverso un accesso laparotomico mediante un‟incisione trasversale sovrapubica o longitudinale mediana, in modo da accedere allo spazio del Retzius, fino ad isolare i legamenti ileopettinei; vengono quindi applicate suture con filo non riassorbibile sulla fascia vaginale anteriore, parallelamente all‟uretra, a livello della giunzione e dell‟uretra prossimale; i capi liberi delle suture vengono poi ancorati al legamento ileopettineo ipsilaterale.

La più frequente complicanza intraoperatoria è data dal sanguinamento del plesso venoso retropubico, di solito controllato mediante compressione, elettrocoagulazione o posizionamento di suture emostatiche. I disturbi di svuotamento si verificano nel 10% dei casi, secondari ad una ipercorrezione della giunzione uretro-vescicale; un‟instabilità detrusoriale de novo può manifestarsi nel 17% dei casi. La modificazione dell‟asse vaginale dovuta alla colposospensione può predisporre allo sviluppo di un entero-rettocele che si manifesta solo nel 5-10% dei casi delle pazienti con follow-up oltre i 5 anni.

Tension Free Vaginal Tape e Trans Obturator Tape

Anche questa tecnica trova indicazione nelle pazienti con incontinenza urinaria da sforzo legata ad ipermobilità della giunzione uretro-vescicale e alterazione della funzione intrinseca dell‟uretra, non associata prolasso genitale .

E‟ una tecnica di sling sottouretrale il cui principio è il ripristino del supporto a livello dell‟uretra media, in sede quindi distale rispetto alla giunzione vescico-uretrale, attraverso il rinforzo dei legamenti pubo-uretrali posteriori e della parete

Riferimenti

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