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Fingolimod: Utilizzo nella farmacoterapia della sclerosi multipla e future prospettive neuroprotettive

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Academic year: 2021

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Sommario

Introduzione ... 4

Capitolo 1 ... 5

Elementi del sistema nervoso ... 5

1.1 Neurone ... 7 1.2 Astrociti ... 9 1.3 Oligodendrociti ... 11 1.4 Cellule microgliali ... 13 Capitolo 2 ... 15 La mielina ... 15 2.1 Struttura ... 15 2.2 Composizione chimica ... 17

2.3 Funzione della mielina ... 20

2.4 Sviluppo della mielina ... 21

2.5 Malattie della mielina ... 23

Capitolo 3 ... 26 La sclerosi multipla ... 26 3.1 Generalità epidemiologiche ... 26 3.2 Espressione clinica ... 26 3.3 Fisiopatologia e neuropatologia ... 28 3.4 Sintomi e diagnosi ... 33

3.5 Trattamenti della sclerosi multipla ... 35

3.5.1 trattamenti della terapia d’attacco ... 35

3.5.2 Trattamenti della sclerosi multipla recidivante remittente ... 35

Capitolo 4 ... 40

Fingolimod ... 40

4.1 Studi preclinici ... 42

4.2 Sfingosina-1-fosfato: biologia e rilevanza nella sclerosi multipla ... 49

4.3 Effetti del fingolimod sul sistema immunitario ... 52

4.3.1 Ruolo dei recettori S1P nei linfociti in circolo ... 52

4.3.2. Effetti del Fingolimod sulla circolazione dei linfociti ... 54

4.3.3 Effetti del Fingolimod sulla funzione dei linfociti ... 58

4.3.4 Segnalazione di S1P nel SNC ed effetti del fingolimod sulle cellule neuronali ... 60

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4.4.1 Modelli animali di sclerosi multipla ... 64

4.5 Farmacocinetica del fingolimod ... 65

4.6 Sicurezza e tollerabilità del fingolimod ... 67

4.6.1 Punti generali ... 67

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Introduzione

Il sistema nervoso centrale è composto dal midollo spinale e dall’encefalo, comprendente a sua volta diversi organi, come il midollo allungato o bulbo, il ponte, il mesencefalo, il diencefalo, il telencefalo ed il cervelletto. Esso occupa la parte assiale dell’organismo ed è contenuto nel canale vertebrale (midollo spinale) e nella scatola cranica (encefalo). Il compito del SNC è quello di integrare e coordinare le percezioni sensoriali, provenienti sia dall’esterno che dall’interno del corpo e di elaborare delle risposte motorie che attivino o modulino l’attività di specifici organi, come muscoli o ghiandole. Inoltre l’encefalo è sede delle funzioni cognitive superiori come l’intelligenza, la memoria, l’apprendimento e le emozioni. Il neurone rappresenta l’unità fondamentale del sistema nervoso ed è composto da una superficie recettiva comprendente il corpo cellulare, o soma, e uno o più processi ramificati, i dendriti, che ricevono le sinapsi. Dal corpo cellulare emerge anche un altro processo, l’assone, una zona di conduzione lungo la quale si propagano rapidamente i segnali generati a livello della zona di innesco, dove arrivano le informazioni in entrata. Gli stimoli che provengono dall’ambiente esterno riescono a raggiungere il SNC, grazie alla formazione delle sinapsi, ossia tramite delle forme di comunicazione che agiscono mediante il potenziale d’azione. L’assone è circondato da un rivestimento isolante chiamato mielina, che ha la funzione di assicurare la trasmissione degli impulsi nervosi in tutto il corpo in maniera costante ed ordinata, incrementando anche la velocità di conduzione del potenziale d’azione. È evidente che un’affezione che colpisce e distrugge o alteri la costituzione della mielina, vada ad interferire con la conduzione nervosa dell’assone e quindi determini dei sintomi neurologici. Una patologia che è data da un’alterazione dei meccanismi omeostatici dell’organismo, in particolar modo dovuta ad un attacco alla mielina del SNC, è la malattia demielinizzante; si tratta cioè di malattie che distruggono la mielina normalmente strutturata. La forma più importante e più frequente tra queste malattie è la sclerosi multipla. Lo scopo di questo lavoro di tesi è quello di individuare e descrivere quali sono i siti ed i fattori maggiormente coinvolti nello sviluppo della sclerosi multipla, in modo da tale da comprendere perché il fingolimod rappresenta non solo un farmaco utile per bloccare lo sviluppo patologico, ma anche per limitare lo sviluppo delle ricadute.

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Capitolo 1

Elementi del sistema nervoso

L’esame microscopico del sistema nervoso consente di distinguere le cellule che lo costituiscono e la loro organizzazione (fig.1)

Gli elementi costituitivi sono i neuroni, le cellule gliali (astrociti, oligodendrociti e microglia), i vasi sanguigni e la matrice extracellulare. In base alla loro disposizione ed alla loro modalità di raggruppamento, è possibile distinguere la formazione della sostanza grigia e della sostanza bianca. La prima nel midollo è situata al centro della formazione, mentre a livello dell’encefalo è localizzata intorno alle cavità ventricolari e più in superficie, a formare la corteccia cerebrale. La sostanza bianca nel midollo spinale si trova all’esterno della sostanza grigia, mentre nell’encefalo è localizzata nel cervello e nel cervelletto al di sotto della corteccia composta dalla sostanza grigia (fig.2).

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La sostanza grigia corrisponde alle regioni del SNC dove si stabiliscono i contatti tra i neuroni, rappresentando perciò la sede di tutte le sinapsi del sistema stesso. Questa sostanza è costituita dai corpi cellulari dei neuroni e dai loro prolungamenti; essa riceve, analizza e produce i segnali che sono alla base della percezione, delle emozioni e dei comportamenti. La sostanza bianca, priva dei corpi cellulari dei neuroni e delle sinapsi, è costituita da una serie di fasci di fibre mieliniche presenti nell’encefalo e nel midollo spinale. Questi fasci nervosi sono distinti in fasci motori, che partono dalla corteccia cerebrale e, fasci sensitivi, che si dirigono verso la corteccia. Nel midollo spinale, vi sono le fibre che avvolgono la sostanza grigia e che consentono la formazione di tre cordoni, anteriore, laterali e posteriore. La sostanza bianca, costituita dagli assoni, consente perciò la propagazione dell’impulso nervoso, generato a livello del corpo cellulare dei neuroni. Questa funzione è favorita dalla presenza degli oligodendrociti, che depositano la guaina di mielina, che circonda gli assoni e che determina una trasmissione più rapida dell’impulso.

Figura 2:

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1.1 Neurone

Il neurone è una cellula anatomicamente e fisiologicamente specializzata nella ricezione, integrazione e trasmissione delle informazioni. Ciascun neurone non è isolato ma forma dei contatti funzionali specifici, detti sinapsi. Un neurone è costituito da un corpo cellulare, dei dendriti, un assone e un citoscheletro. Il nucleo dei neuroni è, così come in tutte le altre cellule dell’organismo, il depositario della totalità del patrimonio genetico dell’individuo. Il citoplasma è ricco di organuli: contiene numerosi corpi di Nissl, sostanze basofile, l’apparato di Golgi, mitocondri e numerosi elementi del citoscheletro (microfilamenti, neurofilamenti e microtubuli). Il citoscheletro permette la realizzazione dei trasporti degli organiti e delle molecole all’interno del neurone in entrambe le direzioni, ossia dal corpo cellulare verso le terminazioni assonali ed inversamente. La produzione delle proteine avviene nel corpo cellulare del neurone, laddove è presente il nucleo; questo processo non può avvenire a livello dell’assone, in cui il nucleo è assente. I dendriti sono generalmente multipli e sempre molto brevi, conducenti l’impulso nervoso verso il corpo cellulare. Le differenze tra un neurone e l’altro sono numerose, in funzione del volume e della forma del corpo cellulare, nonché in funzione dell’organizzazione nello spazio delle ramificazioni dendritiche e della lunghezza dell’assone. L’assone è sempre unico e più raggiungere anche delle lunghezze notevoli. Questo consente di condurre l’impulso nervoso a partire dal corpo cellulare fino alle cellule bersaglio. Certi assoni sono rivestiti da una guaina di mielina, che li isola elettricamente ed aumenta notevolmente la velocità di propagazione dell’impulso nervoso. L’assone, generalmente unico, è il prolungamento più lungo del neurone. Termina con numerose ramificazioni, dette bottoni terminali. La modalità di ramificazione degli assoni e dei dendriti è notevolmente differente; la molteplicità delle terminazioni dendritiche fa si che un assone possa ricevere fino a 100000 segnali in entrata. L’assone è costituito da un involucro, detto assolemma e da un citoplasma, detto assoplasma. Quest’ultimo è un prolungamento del citoplasma cellulare, a differenza del quale non presenta l’apparato di Golgi e i corpi di Nissl. Gli organuli citoplasmatici, qui si allineano longitudinalmente, parallelamente all’asse dell’assone. L’assoplasma non può assicurare la sintesi ed il rinnovamento delle macromolecole che lo compongono. Queste provengono dal corpo cellulare e sono apportate grazie al trasporto assonale.

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L’assone è il prolungamento della membrana cellulare ed è ricoperto da una guaina. Esistono due tipi di guaina che permettono di differenziare le fibre mieliniche da quelle amieliniche; nelle fibre mieliniche, l’assolemma è rivestito da un involucro di mielina. Questa guaina presenta, lungo il tragitto, una serie di interruzioni, note come nodi di Ranvier. La guaina di mielina è essa stessa rivestita dalle cellule di Schwann, che consentono la produzione della mielina. La mielina conferisce alle fibre che ricopre un colore biancastro. Il sito di comunicazione tra i diversi neuroni è rappresentato dalle sinapsi. Esse hanno una funzione importante poiché un neurone isolato non può esplicare le sue attività. I neuroni del sistema nervoso umano sono un centinaio di miliardi, per cui approssimativamente si formano un centinaio di miliardi di sinapsi. Queste sono delle zone di contatto specializzate che si realizzano tra le membrane plasmatiche di due neuroni, permettendo il passaggio dell’impulso nervoso da un neurone all’altro (fig.3).

A livello delle sinapsi, la trasmissione dell’impulso nervoso avviene in una sola direzione, attraverso dei mediatori, rappresentati dai neurotrasmettitori. Le sinapsi

Figura 3: Passaggio dell'impulso nervoso dalla cellula emittente al neurone recettore. Nel riquadro tratteggiato è evidenziato il vallo sinaptico con

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spesso assicurano la giunzione tra la terminazione di un assone e il corpo cellulare di un altro neurone. In questa zona di scambio, i neuroni sono separati dalla fessura sinaptica. Dopo aver integrato le informazioni fornite dall’impulso nervoso, il primo neurone libera in questo spazio delle piccole vescicole, che si aprono, permettendo così, la liberazione dei neurotrasmettitori in esse contenuti. Vi sono diversi tipi di neurotrasmettitori, alcuni dei quali possono attivare il neurone successivo, mentre altri possono inibire l’attività della cellula nervosa.

1.2 Astrociti

Cellule più numerose dell’encefalo, il cui corpo cellulare, di forma stellata e ricco di prolungamenti citoplasmatici, contiene il nucleo (fig.4).

Gli astrociti formano delle connessioni intercellulari, dette giunzioni gap, che consentono il passaggio di ioni e di molecole all’interno della fitta rete astrocitaria.

Figura 4: Astrociti (il nucleo è colorato in blu), prelevati dal sistema nervoso centrale di un mammifero, in coltura (verde) ; proteina espressa dagli astrociti è

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Queste cellule svolgono diverse funzioni:  Omeostasi metabolica

le reti astrocitarie regolano la concentrazione ionica ed il volume extracellulare del SNC; allo stesso modo la funzione di reuptake dei neurotrasmettitori a livello del vallo sinaptico è facilitata dalle reti astrocitarie. Tutto ciò limita l’accumulo locale di neurotrasmettitori, riducendo così lo sviluppo di forme di tossicità [1].

 Regolazione della trasmissione sinaptica:

gli astrociti possiedono dei recettori per i neurotrasmettitori, che permettono loro di assorbire le molecole in eccesso, regolando così la comunicazione sinaptica. Il neurotrasmettitore, una volta rilasciato dal neurone, fa in modo che gli astrociti rilascino a loro volta calcio nell’ambiente extracellulare; si ha così la stimolazione degli altri astrociti e la propagazione del segnale. Recenti esperimenti hanno dimostrato che gli astrociti, presenti nell’ippocampo, contengono recettori per il glutammato, adenosina, GABA e α-adrenergici accoppiati per incrementare la concentrazione di calcio intracellulare [2]. Uno degli effetti più studiati è quello del glutammato: questo è il neurotrasmettitore maggiormente presente nel SNC [3], in grado di attivare diversi tipi di recettori:

1. Ionotropici:

canali transmembrana cationici, distinti in funzione del loro agonista specifico:

- Recettori NMDA:(Amino-3hydroxy-5-methyisoxazol-4-proprionic acid) - Recettori del Kainato

- Recettori AMPA: (N-methyl-Daspartate)

2. Metabotropici: proteine formate da sette segmenti transmembrana accoppiati

alla proteina G [4], localizzati a livello neuronale presinaptico, postsinaptico ed anche a livello delle membrane astrocitarie che inglobano la sinapsi. Questa localizzazione è compatibile con il fatto che i recettori possono funzionare come dei rilevatori della concetrazione extracellulare di glutammato.

Gli astrociti, infine, rappresentano una riserva di zuccheri, sotto forma di glicogeno, che costituisce la principale riserva energetica del cervello; attraverso i loro

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prolungamenti citoplasmatici incrociati e congiunti, assicurano la coesione e la solidità della struttura celebrale e grazie ai prolungamenti che circondano i capillari sanguigni, contribuiscono alla nutrizione dei neuroni. Gli astrociti presentano un ruolo importante nell’eziopatogenesi della sclerosi multipla; da un lato intervengono con le cellule della microglia come cellule presentatrici dell’antigene e dall’altro proliferano attivamente nelle placche, laddove formano progressivamente una cicatrice gliale, che esercita un effetto sfavorevole sul processo di rimielinizzazione degli assoni.

1.3 Oligodendrociti

Gli oligodendrociti (fig.5) possiedono un corpo cellulare con volume ridotto, dal quale si formano dei prolungamenti citoplasmatici, più sottili e numerosi di quelli presenti negli astrociti. Gli oligodendrociti della sostanza grigia sono spesso situati a livello del corpo cellulare dei neuroni, con i quali effettuano degli scambi metabolici (fig.6). Gli oligodendrociti della sostanza bianca elaborano la mielina. Si distinguono perciò due tipi di oligodendrociti:

Figura 5:dettaglio degli oligodendrociti, con sezione della guaina mielinica

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- Mielinizzanti:

formano la guaina mielinica, che riveste gran parte degli assoni del sistema nervoso centrale.

- Non mielinizzanti:

localizzati in prossimità dei corpi cellulari dei neuroni.

Figura 6:visualizzazione attraverso il microscopico a fluorescenza; oligodendrociti (viola) messi in evidenza attraverso immuno-marcatori. il nucleo di tutte le cellule appare

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1.4 Cellule microgliali

Le cellule microgliali rappresentano circa il 5% dell’insieme delle cellule del sistema nervoso centrale; derivano dalle cellule staminali ematopoietiche ed appartengono al sistema immunitario, rappresentando la popolazione di macrofagi tissutali specifici del sistema nervoso centrale. La loro morfologia varia in funzione del loro stato di attivazione. Le cellule della microglia partecipano all’allontanamento dei detriti cellulari e all’eliminazione mirata di popolazioni neuronali [5]. Durante la maturazione del SNC, queste cellule si differenziano in microglia quiescenti, adottando progressivamente una morfologia ramificata con un corpo cellulare che diviene piccolo ed ovoidale (fig.7). Dati recenti mostrano che le ramificazioni delle cellule della microglia quiescenti sono in costante movimento, incrementando così l’immuno-sorveglianza dell’insieme del perimetro rivestito dalle stesse cellule.

Figura 7: immagine di neuroni e cellule gliali. Microtubuli die neuroni e delle cellule gliali in verde e in blu.

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I neuroni hanno un ruolo essenziale nel mantenimento della quiescenza delle cellule della microglia; in situazioni infiammatorie, si osserva l’attivazione delle cellule della glia attraverso la retrazione delle ramificazioni ed un’ipertrofia del corpo cellulare. Dal punto di vista funzionale, quest’attivazione si accompagna ad un aumento della capacità di fagocitosi, della sintesi di citochine pro-infiammatorie e dell’espressione delle molecole di istocompatibilità di classe II, che non sono espresse nelle microglia quiescienti [6].

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Capitolo 2

La mielina

2.1 Struttura

La guaina mielinica (fig.8) è costituita da estese propaggini della membrana degli oligodendrociti, che si avvolgono a spirale attorno agli assoni dei neuroni del SNC. Ogni oligodendrocita fornisce la mielina per un unico segmento di più assoni ed ogni assone è avvolto da segmenti mielinici forniti da oligodendrociti diversi. La guaina mielinica, lungo l’assone, presenta delle interruzioni, definite nodi di Ranvier, in cui la membrana assonale eccitabile, è esposta al liquido extracellulare. Al microscopio elettronico, la mielina appare costituita da una serie di strati concentrici di lamelle lipoproteiche, che presentano un’alternanza di linee chiare e scure, secondo un modello che si ripete ogni 12-18 nm, che costituisce una struttura detta periodo (fig.9).

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Ogni periodo è delimitato da una linea scura, detta linea densa maggiore. Lo spazio compreso tra due linee dense maggiori è costituito da una zona più chiara, a sua volta divisa in due da una linea più scura, detta linea intraperiodo. La linea densa maggiore si forma tramite l’apposizione delle superfici citoplasmatiche della membrana degli oligodendrociti. La linea intraperiodo, invece si forma dall’apposizione delle superfici extracellulari della membrana degli oligodendrociti.

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2.2 Composizione chimica

La mielina è costituita per circa il 40% da acqua, mentre la massa secca è costituita per il 70-85% da lipidi e per il restante 15-30% da proteine. Gli studi chimici hanno determinato che gli strati lipidici sono localizzati a livello della membrana cellulare, costituita da due strati di colesterolo, fosfolipidi e glicolipidi. Nella linea intraperiodo è presente la proteina proteolipidica (PLP), localizzata a livello della porzione extracellulare della membrana e nello spazio extracellulare. La linea densa maggiore contiene la proteina basica della mielina (MPB), una proteina estrinseca, localizzata unicamente a livello della superficie citoplasmatica della membrana (fig.10).

Gli strati lipidici di mielina sono costituiti da colesterolo, fosfolipidi e glicolipidi, in un rapporto approssimativo di 4:3:2, per la mielina del sistema nervoso centrale adulto. È apparso che il colesterolo e molti dei glicolipidi, quali la galattocerebroside e la sulfatide siano localizzati sul lato esterno della membrana, esposti allo spazio

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extracellulare. Sia i glicolipidi che il colesterolo hanno dei gruppi funzionali che interagiscono fortemente con l’acqua; al contrario i fosfolipidi, dei quali il più abbondante è la fosfatidiletanolammina, sono idrofobici e sono localizzati esclusivamente nel sito citoplasmatico della membrana (fig.11) [7].

L’area tra lo strato interno ed lo strato esterno della membrana è costituito principalmente da catene idrocarburiche. Almeno il 50% di questi idrocarburi contiene uno o due doppi legami, che comportano piegamenti o strozzature delle catene altrimenti diritte [8]. Le curve e le strozzature impediscono la coesione delle molecole lipidiche, permettendo loro di rimanere allo stato fluido; queste, in effetti, in condizioni contrarie tenderebbero a cristallizzare. Si ritiene che il colesterolo aiuti ad evitare il processo della cristallizzazione, intercedendo tra alcune catene idrocarburiche presenti a livello del doppio strato di membrana [8]. Tuttavia, le curve e le pieghe nelle catene degli idrocarburi rendono la membrana meno termodinamicamente stabile. Molte variazioni nella lunghezza della catena

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idrocarburica oppure la rottura di doppi legami riducono la stabilità in diversi punti, a livello dei quali la membrana è molto suscettibile a fenomeni di rottura ad opera di normali processi fisiologici [9-10]. Le proteine strutturali maggiormente presenti nella mielina sono la PLP e la MBP. Le PLP costituiscono circa il 50% di tutte le proteine presenti nella mielina [8,11,12]. La PLP è costituita da quattro eliche che attraversano la membrana lipidica e si estendono nello spazio extracellulare come catene molecolari che sono adatte a consentire l’interazione con le catene di PLP [13].Questa condizione consente lo sviluppo di interazioni tra le membrane esterne di strutture di mielina adiacenti; l’accumulo di PLP in questo spazio determina l’aspetto delle linea intraperiodo, come rivelato mediante microscopia elettronica [14]. Il triptofano, aminoacido lipofilo è presente sul bordo della superficie esterna del PLP e consente lo sviluppo delle interazioni con il galattocerebroside a livello della membrana lipidica esterna della spirale di mielina adiacente, aumentando così il grado di compattezza della mielina ed incrementandone quindi la stabilità. Quando PLP o la galattocerebroside sono alterati da mutazioni genetiche, la mielina è instabile e facilmente degenerabile, formando dei larghi vacuoli che si slargano lungo la linea intraperiodo [15]. Diversi studi hanno evidenziato che le PLP svolgono anche delle funzioni metaboliche, che consentono di mantenere l’equilibrio stesso dei neuroni. Le MBPs sono un gruppo di isoforme che costituisce il 30-40% delle proteine della mielina, localizzate a livello della faccia citoplasmatica della membrana e rappresentano i componenti maggiormente presenti in corrispondenza della linea densa maggiore. Le MBPs consentono la formazione di dimeri e stabilizzano la spirale della mielina, a livello della linea densa maggiore attraverso interazioni tra i lipidi carichi negativamente e la superficie citoplasmatica dei lipidi di membrana, che hanno carica positiva. Nella mielina sono state identificate altre proteine; la glicoproteina associata alla mielina (MAG) è importante nello sviluppo della guaina e rappresenta il maggiore mediatore dei contatti glia-assone, essenziali per l’avvio del processo di mielinizzazione [16-17]. Le MAG hanno un’altra importante funzione nell’impalcatura della struttura, poiché consentono di mantenere le pieghe della mielina immatura ad una distanza regolare mentre le altre proteine strutturali sono in formazione [18-19]. Le MAG hanno anche un ruolo importante nella giunzione assonale, poichè rappresentano i componenti della mielina che reprimono la crescita dei neuriti [20]. Un enzima, il 2,3 nucleotide ciclico 3-fosfodiesterasi comprende fino

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al 5% delle proteine presenti nella mielina, ma la sua funzione è ancora sconosciuta [21].

2.3 Funzione della mielina

L’assone e la sua guaina mielinica sono indissociabili, poiché fondamentali per il funzionamento del sistema nervoso centrale. La mielina è indispensabile affinché l’assone possa condurre l’impulso nervoso, in modo tale che l’informazione venga trasmessa dal cervello al resto dell’organismo (fig.12).

I nodi di Ranvier, zone di debole resistenza elettrica nelle quali sono concentrati i canali del sodio, rappresentano il sito privilegiato per innescare il potenziale d’azione. La guaina mielinica, eccellente isolante elettrico, permette la propagazione passiva di correnti associate al potenziale d’azione. La conduzione nervosa lungo l’assone mielinizzato si effettua in modo saltatorio, da un nodo di Ranvier all’altro. A livello dei nodi di Ranvier, la membrana dell’assone presenta tre regioni con organizzazione molecolare differente: la regione nodale molto ricca di canali per il sodio, la regione para-nodale, dove le parti terminali della mielina si attaccano fortemente all’assone,

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grazie a delle molecole di adesione e la regione iuxta-paranodale, molto ricca di canali di potassio. La velocità di conduzione dipende dal diametro della fibra: più il diametro è importante, più le guaine di mielina sono spesse e più la velocità di conduzione è elevata.

2.4 Sviluppo della mielina

La guaina mielinica non si sviluppa direttamente dalla membrana cellulare degli oligodendrociti e delle cellule gliali; il suo sviluppo può essere ben evidenziato attraverso l’analisi dei risultati forniti dalla risonanza magnetica. Il primo stadio che viene osservato è dato da una membrana di transizione, con proprietà intermedie tra quelle della mielina matura compatta e la membrana oligodendrogliale. Queste forme di transizione hanno meno MBP, più MAG e più 2,3 nucleotide ciclico 3-fosfodiesterasi. La quantità di PLP sembra rimanere la stessa, anche se alcune PLP nelle mielina immatura sono presenti nella loro isoforma. Durante il processo di sviluppo della mielina, si osserva una maturazione principale delle proteine, seguita da un’evoluzione successiva dei lipidi. Tuttavia, la formazione del bistrato lipidico sembra precedere la compattazione della mielina [22]. Nella risonanza magnetica vengono considerate almeno due popolazioni di molecole acquose per visualizzare la sostanza bianca; la prima comprende le componenti acquose situate all’interno della guaina mielinica e che consentono la formazione di legami a idrogeno transitori con la porzione ossidrilica o chetonica di proteine e lipidi di superficie. La seconda popolazione comprende l’acqua presente a livello intrassonale ed interstiziale (ossia l’acqua all’esterno della guaina mielinica); questa seconda componente contiene una maggiore percentuale di acqua libera, ossia non legata a macromolecole. Valutando i risultati ottenuti nella risonanza magnetica, si osserva che l’acqua presente nella struttura può diffondere attraverso le membrane assonali e la mielina, ed interagire con le molecole acquose presenti in altri compartimenti. Delle variazioni nella risonanza magnetica, consentono di dimostrare che vi sono determinati momenti dello sviluppo della mielina, in cui si ha un aumento della concentrazione di colesterolo e glicolipidi [23-24]. I galattocerebrosidi e il colesterolo presentano numerosi gruppi ossidrilici e chetonici, che determinano lo sviluppo di interazioni con molecole di acqua libere. Inoltre i galattocerebrosidi [25] e il colesterolo [26] determinano delle

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notevoli variazioni nei risultati che si possono ottenere dalla risonanza magnetica, determinando delle variazioni dei tempi di assorbimento. L’interazione tra l’acqua, il colesterolo, i galattocerebrosidi e le proteine della membrana mielinica è la responsabile più probabile della riduzione dei tempi di assorbimento osservati nello sviluppo della sostanza bianca. Si rilevano anche delle forme di ipointensità nella risonanza magnetica, che corrispondono alla maturazione del cervello, correlata temporalmente con la maturazione chimica della guaina mielinica, specificamente al serraggio della spirale della mielina intorno all’assone ed alla saturazione di alcuni acidi grassi polinsaturi all’interno delle membrane mieliniche [27-28]. Si osserva una diminuzione della densità protonica se il segnale è dovuto solo all’acqua extracellulare ed a quella assonale. Questa riduzione è probabilmente legata all’ulteriore maturazione chimica della mielina, alla riduzione dell’acqua assonale, alla produzione dei microtubuli e dei microfilamenti, oppure alla diminuzione dell’acqua libera extracellulare, o all’elaborazione di cellule gliali e a processi gliali che si sviluppano a livello della sostanza bianca. Vi sono altri fattori da considerare durante lo sviluppo della mielina, come la corretta disposizione dei lipidi che consentono la formazione del doppio strato di membrana. L’aumento della maturità del cervello può essere visualizzato nella risonanza magnetica attraverso una riduzione del movimento delle molecole di acqua; si osserva anche una riduzione della dimensione dello spazio extracellulare a causa della proliferazione della mielina e un aumento delle dimenzioni dei neuroni. Sono stati identificati due fattori a causa dei quali la diffusione dell’acqua attraverso l’assone durante la maturazione del cervello risulta più difficile: il primo è un aumento significativo del numero di oligodendrociti che circondano l’assone. Il secondo fattore consiste nello sviluppo di macromolecole intrassonali e di canali ionici funzionali immediatamente prima della mielinizzazione [29].

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2.5 Malattie della mielina

Adrenoleucodistrofia

L’adrenoleucodistrofia è la leucodistrofia più comune che si sviluppa nei bambini; questa interessa circa 20000 maschi [30]. Questo disturbo è dovuto ad una mutazione del gene che codifica per una proteine di membrana perossisomica. Questo disturbo è dovuto ad una mutazione del gene che codifica per una proteine di membrana perossisomica. Questa proteina, chiamata ALD, è necessaria per il trasferimento degli acidi grassi a catena molto lunga in perossisomi, dove vengono metabilizzati in catene più corte, in modo da essere incorporati nella membrana della mielina (fig.13). A livello del SNC, l’ALD viene rilevato a livello delle cellule gliali, comprese microglia ed oligodendrociti. Tuttavia la sua espressione negli oligodendrociti è limitata alle membrane della mielina presente a livello del corpo calloso, della capsula interna e delle commessure anteriori [31].

Alcuni eventi possono innescare anche dei processi infiammatori ad opera delle microglia, provocando conseguentemente una demielinizzazione. Infine, nella maggior parte dei pazienti, si ha la rottura del doppio strato di membrana, a cui segue la demielinizzazione in quelle regioni specifiche negli oligodendrociti dove è presente

Figura 13:Schema del postulato di destabilizzazione della membrana attraverso delle lunghe catene di acidi grassi in ALD.

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il gene ALD. La demielinizzazione può progredire fino a determinare lo sviluppo di atrofie.

Leucodistrofia metacromatica

La leucodistrofia metacromatica è una malattia autosomica recessiva della mielina, causata dalla riduzione dell’attività di un enzima lisosomiale, detto arilsulfatasi. Tra tutte le forme di leucodistrofia, quella metacromatica è una delle più comuni. In questa patologia la mielina si forma normalmente ma l’attività dell’arilsulfatasi A risulta ridotta; quest’enzima trasforma i solfatidi in cerebrosidi, che possono essere ulteriormente degradati. Nella leucodistrofia metacromatica, essendo ridotta l’attività di questo enzima si osserva un aumento dei solfatidi all’interno degli oligodendrociti. Sebbene queste molecole siano dei lipidi normalmente presenti a livello della membrana degli oligodendrociti, elevati livelli di tale componente corrispondono ad una riduzione della concentrazione della galattocerebroside, da essi derivante. L’aumento delle solfatidi ed il decremento della concentrazione dei cerebrosidi derivanti corrispondono ad una crescente instabilità della membrana mielinica e conseguente demielinizzazione. Un altro fattore che può contribuire alla demielinizzazione è un danno cellulare oligodendrogliale, derivante dal progressivo accumulo di solfatidi all’interno dei lisosomi oligodendrogliali. In ultima analisi, i lisosomi degenerano e rilasciano degli enzimi altamente tossici nel citoplasma, avviando cascate di reazioni molecolari che portano alla morte cellulare [32-33]. L’esame istologico di un cervello affetto da tale patologia mostra dei processi di demielinizzazione, in particolare a livello del centro semiovale. La demielinizzazione è molto severa nella sostanza bianca della regione periventricolare. Le fibre a U sottocorticali vengono risparmiate nella fase iniziale della patologia. L’esame istologico mostra la perdita parziale o totale della mielina, senza che però gli assoni siano stati coinvolti; si osserva nelle zone colpite anche un’astrogliosi rilevante e l’assenza degli oligodendroglia.

Malattia di Pelizaeus-Merzbacher

La malattia di Pelizaeus-Merzbacher è una patologia rara, caratterizzata dalla demielinizzazione del SNC, associato a delle mutazioni del PLP. La malattia può essere causata da una delezione, duplicazione o da una mutazione del gene [34]. Quando il gene è completamente distrutto, i bambini affetti presentano una forma

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relativamente lieve della malattia, nonostante la ipomielinizzazione [35-36]. Dagli esperimenti condotti, si osserva che la PLP ha una funzione metabolica e strutturale. La maggior parte dei bambini che presentano una sintomatologia, possiedono delle proteine PLP di dimensioni maggiori e che sono perciò in grado di interagire con la spirale della mielina adiacente. Le proteine mal ripiegate sono trasportate con difficoltà dal reticolo endoplasmatico verso la membrana delle cellule oligodendrogliali [37]. L’accumulo delle proteine anomale all’interno della cellule può innescare l’apoptosi oligodendrogliale e la conseguente demielinizzazione [38]. Non sono note delle patologie dovute, invece, ad anomalie correlate all’MBP.

Sclerosi multipla

La sclerosi multipla è la malattia demielinizzante più comune del SNC. Nei pazienti affetti da questo disturbo, la mielina si forma, ma successivamente va incontro a degradazione per meccanismi presumibilmente autoimmuni [39].

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Capitolo 3

La sclerosi multipla

3.1 Generalità epidemiologiche

La sclerosi multipla è una malattia infiammatoria del sistema nervoso centrale, la cui origine sembra essere infiammatoria e neurodegenerativa, responsabile di lesioni demielinizzanti ed assonali. Questa patologia interessa maggiormente le donne e soggetti giovani, nei quali l’inizio della malattia è compreso tra i 20 e i 40 anni. La sclerosi multipla viene identificata come la seconda causa di handicap nei soggetti giovani, dopo gli incidenti stradali [40].

3.2 Espressione clinica

Le manifestazioni cliniche, molto eterogenee, sono la conseguenza di una distruzione del sistema nervoso centrale ad opera del sistema immunitario iperattivo. La sintomatologia è direttamente legata alla tipologia di lesioni infiammatorie e testimonia la disseminazione spaziale e temporale delle stesse. Queste lesioni sono la conseguenza di una distruzione del sistema nervoso centrale ad opera del sistema immunitario, che interessano a volte la mielina (processo demielinizzante) ma anche, già dall’inizio della patologia, gli assoni (processo lesionale più o meno neurodegenerativo, responsabile di una diminuzione del calibro assonale e della selezione assonale) [41]. Molte forme cliniche della patologia sono classicamente descritte:

- Sclerosi multipla recidivante remittente:

rappresenta circa l’85% di tutte le forme di sclerosi multipla. Nei pazienti affetti da tale forma, la malattia si manifesta con episodi che alterano le funzioni neurologiche. In particolare si possono sviluppare delle ricadute, seguite dal recupero funzionale

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parziale oppure totale e da un periodo di relativa stabilità, fino all’episodio successivo. I periodi di remissione, in genere, sono molto lunghi, ma hanno una durata variabile da persona a persona. La sclerosi multipla può essere attiva, anche per anni, in assenza di sintomi o segni specifici ed è proprio per questo motivo che la diagnosi può essere tardiva.

- Sclerosi multipla secondariamente progressiva:

Questa forma della patologia è considerata come uno stadio avanzato e colpisce il 75% dei soggetti affetti dalla sclerosi multipla recidivante remittente, dopo circa 10 anni, il cui periodo è variabile da individuo ad individuo. In questo stadio della patologia, le ricadute non sono seguite da remissioni complete e si ha un peggioramento delle condizioni del soggetto.

- Sclerosi multipla primariamente progressiva:

Questa forma interessa il 10% dei soggetti ed è caratterizzata da un costante peggioramento delle funzioni neurologiche, fin dal suo inizio. I soggetti non mostrano delle fasi di remissione oppure delle recidive; in realtà la malattia peggiora in maniera costante [42].

Dal punto di vista istologico, già dall’inizio della patologia, le lesioni sono miste, a volte demielinizzanti ed a volte assonali. Classicamente, gli attacchi infiammatori demielinizzanti predominano nelle forme di sclerosi multipla recidivante remittente e, più la malattia evolve e più la componente assonale e degenerativa pre-esistente diventa maggioritaria; tutto ciò dal punto di vista clinico si traduce con un’evoluzione progressiva della sintomatologia.

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3.3 Fisiopatologia e neuropatologia

La sclerosi multipla è una malattia infiammatoria caratterizzata da un’infiltrazione focale linfocitaria a livello del sistema nervoso centrale, che conduce a delle lesioni della mielina o dell’assone. Inizialmente, la malattia ha un carattere focale più infiammatorio e demielinizzante, che distrugge la sostanza bianca e che è responsabile della progressiva degenerazione. Più la malattia si evolve, più le lesioni divengono diffuse, assonali, degenerative e localizzate a livello corticale, attraverso una neurodegenerazione e l’attivazione delle microglia, che si traducono clinicamente con un peggioramento progressivo dei sintomi e dell’installazione progressiva dell’handicap [43].

Figura 14: Topografia e tipo di lesioni nella diverse forme della sclerosi multipla. (AMS: sclerosi multipla acuta; PPMS: sclerosi multipla primariamente progressiva; SPMS: sclerosi multipla secondariamente progressiva; SB: sostanza bianca; SG: sostanza grigia).

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La figura 14, mostra sul piano istologico un risultato principalmente demielinizzante della sostanza bianca nelle forme di sclerosi multipla recidivante remittente (infiammazione molto focalizzata, in verde), l’evoluzione avviene successivamente con la diffusione del processo infiammatorio, che diviene globale a livello del SNC e con l’attivazione delle microglia maggiori; tutto ciò da un punto di vista istologico si traduce con un netto aumento della proporzione della lesione assonale e del processo demielinizzante a livello della sostanza bianca e in lesioni demielinizzanti corticali (in arancio). Queste lesioni, se maggioritarie, sono la caratteristica istologica delle forme primarie e secondarie. Tuttavia, le basi immunitarie di questa patologia restano attualmente ancora sconosciute, riguardando sia l’immunità cellulare che umorale. L’eziopatogenesi della sclerosi multipla è tuttora ignota: numerosi dati di ordine epidemiologico, clinico e sperimentale indicano la possibilità che si tratti di una malattia autoimmunitaria scatenata da uno o più agenti ambientali sconosciuti, in soggetti geneticamente predisposti. Dal punto di vista genetico è stato evidenziato un aumento del rischio dello sviluppo della malattia nei soggetti appartenenti a famiglie già interessate da tale fenomeno. Generalmente si pensa che questa lesione isto-patologica origini dalla rottura dell'integrità della barriera emato-cerebrale in una persona, geneticamente predisposta alla malattia. Un'ipotesi suggerisce che alcune forme d'infezione generalizzata possano causare una stimolazione delle molecole di adesione sull'endotelio del cervello e del midollo spinale, in modo da permettere ai leucociti di attraversare la parete dei vasi e di entrare nel sistema nervoso centrale, di norma immunologicamente isolato. Se nell'infiltrato cellulare esistono linfociti programmati a riconoscere l'antigene mielina, essi possono indurre una cascata di eventi che porta alla formazione di una lesione infiammatoria acuta, demielinizzante. Queste lesioni tipicamente si sviluppano nella sostanza bianca, dove il bersaglio principale è rappresentato dalla guaina mielinica e dalle cellule che formano la mielina, ossia gli oligodendrociti. La distruzione della guaina mielinica, nel sistema nervoso centrale, causa il blocco o il rallentamento della normale conduzione degli impulsi nervosi portando al manifestarsi di dell’estrema varietà di sintomi, propri di questa malattia. Le aree in cui la mielina viene danneggiata vengono chiamate placche. Le placche sono tipiche lesioni infiammatorie causate dall’attacco del sistema autoimmunitario, da parte dei linfociti T autoreattivi attivati (in particolare CD8+) nei confronti del rivestimento mielinico. I linfociti T sono capaci di guidare l’evento infiammatorio, con produzione di citochine pro-infiammatorie interferone γ (INFγ),

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Tumor necrosis factor alfa (TNFα) e Interleuchina 2 (IL-2) e richiamo di ulteriori cellule mononucleate che superano la barriera ematoencefalica, quali linfociti B, macrofagi, che fagocitano i frammenti di mielina e i polimorfonucleati, che liberano sostanze citotossiche e citolitiche.

Figura 15:Rappresentazione schematica dell'alterazione immunitaria nella sclerosi multipla. Figura da Hohlfeld et Wekerle, Nat Clin Pract Neurol 2005.

Nella figura 15, è possibile osservare l’attivazione dei linfociti T pro-infiammatori, a livello periferico. L’attivazione è causata dal riconoscimento, ad opera del recettore delle cellule T (TCR), di agenti presentanti sul complesso maggiore di istocompatibilità di classe II (MHCII) dalle cellule che presentano l’antigene (APC). Tali linfociti T migrano, aderiscono e penetrano attraverso la barriera ematoencefalica, mediante dei meccanismi di adesione molecolare e con l’intervento di proteasi e citochine. All’interno del sistema nervoso centrale, i linfociti T vengono riattivati dal MHCII sulle APC ed iniziano a produrre citochine pro-infiammatorie che promuovono lo stato infiammatorio nel SNC con successiva attivazione di molecole effettrici come i macrofagi, linfociti B ed altri linfociti T. I macrofagi ed i linfociti T attaccano la guaina mielinica, attraverso dei mediatori citotossici, soprattutto il TNFα,

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le specie radicaliche dell’ossigeno e l’ossido nitrico. I linfociti B si differenziano in plasmacellule che secernono anticorpi demielinizzanti. Questi ultimi attivano altri macrofagi e la cascata del complemento che causano il danno mielinico [44]. Quest’alterazione immunitaria è manifestatamente innescata da dei fattori ambientali, ancora non molto noti, soprattutto nei soggetti più giovani, geneticamente predisposti [45]. Recentemente è stata suggerita l’esistenza di una reazione umorale diretta contro i canali potassici KIR4.1,coinvolti nel mantenimento dell’omeostasi a livello del SNC [46]. Rimane ancora sconosciuto il motivo per il quale il sistema immunitario reagisca in questa maniera anomala. Si tratta di una suscettibilità genetica, determinata dall’associazione di più fattori genetici particolari che possono coinvolgere circa un centinaio di geni differenti, tutti funzionali e non di una forma di ereditarietà della malattia [47]. Le forme familiari rappresentano circa il 15-20% dei casi. Alcune regioni genetiche possibilmente coinvolte sono conosciute, come nel caso del gene che codifica il complesso maggiore di istocompatibilità HLA-DR2, il recettore per le interleuchine 2-7, la tirosina kinasi (TYK2) [48]. D’altronde, l’implicazione di certi fattori ambientali permetterebbe di spiegare certi dati epidemiologici; così, esiste un gradiente nord-sud, con un aumento della prevalenza della malattia all’allontanarsi dall’equatore [49-50]. Un argomento più significativo degli studi sull’influenza dei fattori ambientali si ottiene da analisi condotte sui migranti (realizzati in Israele ed Inghilterra in particolare) nei quali si osserva una diminuzione dell’insorgenza dopo la migrazione in paesi a bassa insorgenza della patologia. Questi fattori ambientali assumono una certa importanza nel periodo dell’infanzia; i soggetti che emigrano prima dell’età di 15 anni acquistano un tasso di prevalenza del paese di accoglienza, mentre quei migranti in età più avanzata conservano la prevalenza della malattia del loro paese di origine [51-52]. La natura virale di questi fattori eziologici è una delle ipotesi maggiormente concernenti la fisiopatologia della sclerosi multipla. Dopo la seconda guerra mondiale, l’esistenza di zone geografiche associate ad un’incidenza molto elevata, come le isole Faroe, Giappone o Africa del Sud, nel contesto della migrazione massiva di popolazioni da zone ad alta incidenza, quali Europa ed America del Nord verso zone a bassa incidenza, quali Africa del Sud e Giappone, ha suggerito l’ipotesi della responsabilità di un agente infettivo, senza che questo possa essere messo in evidenza [53]. Attualmente esistono delle prove scientifiche che identificano il virus Epstein Barr (EBV) come un eventuale fattore scatenante la sclerosi multipla associata a retrovirus [54-55], nella formazione delle lesioni

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elementari. Altre ipotesi virali, come in particolare il virus HHV-6, sembrano meno propabili [56]. L’esistenza di discordanze tra i diversi studi, che volevano mettere in evidenza il legame tra certi agenti infettivi e la sclerosi multipla, ha condotto diversi autori a suggerire l’implicazione di eventuali altri fattori ambientali, quali la debole luce del sole, i deficit in vitamina D, il tabacco, dei fattori dietetici , oppure l’esposizione a dei fattori ambientali tossici (agenti atmosferici inquinanti, raggi radioattivi, ect.) [57]. La vitamina D sembra essere uno dei candidati maggiori tra questi eventuali fattori che determinano lo sviluppo della sclerosi multipla. In effetti, gli studi epidemiologici hanno dimostrato l’esistenza di zone geografiche a bassa incidenza di sclerosi multipla (come la regione parigina o mediterranea in Francia) [58], dove esiste una relazione tra il livello di radiazioni solari ricevute durante l’infanzia, che si traducono in una prevalenza più importanre di cheratosi attinica ed una riduzione del rischio di sclerosi multipla [59]. Diverse ipotesi sono state suggerite, quali l’etnia, lo stile di vita, il clima o la latitudine, prima di evocare il legame probabile con la ipovitaminosi D, molto spesso ritrovato a dei dosaggi sierici insufficienti nei pazienti affetti da sclerosi multipla nei suoi primi stadi. Su un terreno genetico particolare, ipovitaminosi D, avente fisiologicamente un’azione antiinfiammatoria ed antiproliferativa sostenuta da meccanismi mal conosciuti, potrebbe portare allo sviluppo di linfociti T autoreattivi e dunque aumentare il rischio di malattie disimmuni. Lo sviluppo delle future strategie diagnostiche e terapeutiche si basa sull’identificazione dovuta a fattori eziologici e meccanismi che portano ad alterazioni dell’attività del sistema immunitario, responsabili delle lesioni osservate nella sclerosi multipla.

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3.4 Sintomi e diagnosi

All’inizio della patologia, i sintomi sono molto differenti in base ai diversi tipi di pazienti; dipendono dalla regione del cervello coinvolta o dalla porzione del midollo spinale interessati dalla malattia. Alcuni pazienti presentano dei disturbi motori (debole muscolatura), altri dei disturbi della vista, altri ancora sono affetti da perdite di sensibilità, vertigini, problemi di equilibrio, problemi urinari e sessuali. Questi sintomi possono presentarsi anche associati tra di loro. Questa sintomatologia corrisponde ad una fase di attacco della patologia, detta anche fase iniziale. In effetti, la sclerosi multipla ha spesso inizio con una diminuzione unilaterale della visione (neurite ottica retro-bulbare) oppure attraverso dei disturbi sensitivi abitualmente localizzati a livello di un sito specifico dell’organismo; oltre a questa sintomatologia neurologica, il soggetto può risentire di altri segni, quali la fatica intensa, episodi depressivi, problemi della concentrazione o della memoria. A questo stadio della patologia, risulta difficile per un medico la diagnosi della sclerosi multipla; d’altronde, la ricorrenza di queste alterazioni è caratteristica della patologia. I pazienti che presentano questa sintomatologia non sono considerati come affetti dalla sclerosi multipla, ma come aventi una sindrome clinicamente isolata della patologia stessa. Per diagnosticare la sclerosi è necessario che siano presenti due condizioni: le lesioni devono essere disseminate nello spazio e nel tempo. Il test di queste due condizioni può essere unicamente clinico oppure associato a degli esami complementari. Per l’aspetto spaziale della disseminazione, si osserva che spesso la patologia interessa diverse zone del SNC (nervo ottico, midollo spinale, cervello, etc.). Per quanto riguarda l’aspetto temporale, si tratta di dimostrare che la patologia interessa il SNC in diversi istanti. La prima tappa che viene effettuata per diagnosticare la sclerosi multipla è un esame clinico che permette di eliminare altre patologie aventi dei sintomi simili. Nel momento in cui si sospetta di essere affetti dalla patologia vengono effettuati tre esami complementari per confermare o meno la presenza della malattia:

- L’IRM:

permette di visualizzare in maniera non invasiva, le lesioni della sclerosi multipla. Le lesioni osservate nell’IRM non sono specifiche per tale patologia, per cui quest’esame non è sufficiente per diagnosticare la sindrome (fig.16).

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- Analisi biologica del liquido cefalorachidiano:

permette di identificare un’infiammazione e la presenza anormalmente elevata di immunoglobuline (anticorpi), in questo liquido che circola intorno al sistema nervoso centrale. Questo esame è realizzato attraverso una puntura nella porzione lombare.

- Studio del potenziale:

permette di misurare la velocità di conduzione dell’influsso nervoso nei nervi ottici.

Figura 16: IRM lesioni cerebrali. Fig da G.Rush (alfred Hospital, Melbourne)

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3.5 Trattamenti della sclerosi multipla

I diversi trattamenti, medici e non, utilizzati nella sclerosi multipla hanno per obiettivo quello di limitare la frequenza e l’intensità dell’avanzare della malattia, così come quello di migliorare la sintomatologia invalidante. L’insieme di questi trattamenti resta spesso palliativo e non curativo durante la malattia, che diviene cronica.

3.5.1 Trattamenti della terapia d’attacco

Il soggetto presenta una sintomatologia neurologica persistente per più di 24 ore, al di fuori di qualsiasi altro fattore che può provocare delle fluttuazioni dello stato neurologico (infezioni, stanchezza, calore, etc.). Il trattamento, se i sintomi risultano invalidanti o se le condizioni del soggetto lo richiedono, consiste nell’iniezione, per via intravenosa, di corticoidi, per il loro potere antiinfiammatorio. La dose totale, che viene generalmente somministrata è di 3-5 grammi in 3-5 giorni (metilprednisolone). I corticoidi permettono di accelerare il recupero neurologico, riducendo la durata dell’attacco neurologico, ma non hanno alcun effetto sulla prevenzione delle recidive dell’attacco o sugli handicap a lungo termine [60].

3.5.2 Trattamenti della sclerosi multipla recidivante remittente

L’efficacia del trattamento in questione viene giudicata in base alla sua capacità di diminuire la frequenza e l’intensità dell’attacco patologico, in un lasso di tempo di 3-6 mesi dall’inizio del trattamento stesso. I primi farmaci vennero messi in commercio negli anni 90; attualmente vi sono due grandi classi di trattamenti di fondo disponibili: gli immunomodulatori e gli immunosoppressori.

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3.5.2.1 Tipi di trattamenti attuali e loro modalità d’azione

Le molecole attualmente a disposizione sono:  Immunomodulatori:

- Interferone beta-1a: (Avonex®, Rebif®)

Il principio attivo appartiene al gruppo degli interferoni, sostanze naturali prodotte dall’organismo in risposta alle infezioni virali e ad altri induttori biologici. L’interferone β è sintetizzato da vari tipi di cellule, inclusi i fibroblasti ed i macrofagi. L’interferone β-1a esercita i suoi effetti biologici legandosi a recettori specifici sulla superficie delle cellule del soggetto. Questo legame determina lo sviluppo di una complessa cascata di eventi intercellulari che conduce all’espressione di numerosi prodotti genetici e marcatori indotti dall’interferone. Il meccanismo di azione di Avonex nella cura della sclerosi multipla non è ancora noto, tuttavia sembra che l’interferone β sia in grado di regolare il sistema immunitario e di prevenire quindi le recidive della malattia. Viene somministrato nei trattamenti di pazienti affetti da sclerosi multipla recidivante.

- Interferone beta-1b: (Betaferon®, Extavia®)

Questo composto possiede proprietà antivirali ed immunomodulanti. I meccanismi esercitati dall’interferone β-1b nella sclerosi multipla non sono chiaramente definiti; risulta noto che la proprietà di questo composto di modificare la risposta biologica è mediata dalla sua interazione con i recettori cellulari localizzati sulla superficie delle cellule dell’organismo. Il legame con questi recettori induce l’espressione di una serie di prodotti genici. Questo farmaco è in grado, infine, anche di potenziare l’attività soppressiva delle cellule mononucleate del sangue periferico. Viene utilizzato per il trattamento di pazienti che hanno manifestato un singolo evento demielinizzante, con un processo infiammatorio attivo abbastanza grave da giustificare il trattamento con corticosteroidi oppure di pazienti con sclerosi multipla recidivante-remittente, caratterizzata da due o più recidive nell’arco degli ultimi due anni oppure nel trattamento di pazienti con sclerosi multipla secondaria progressiva con malattia in fase attiva, evidenziata da recidive.

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- Glatiramer acetato: (Copaxone®)

I meccanismi con i quali questo composto agisce nella sclerosi multipla non sono ancora completamente conosciuti. Tuttavia, si ritiene che il prodotto agisca alterando i diversi processi immunitari, ritenuti responsabili della patologia stessa. Questo composto viene utilizzato per ridurre la frequenza delle recidive in pazienti deambulanti affetti da sclerosi multipla recidivante, con fasi di remissione.

 Immunosoppressori: - Natalizumab: (Tysabri®)

Inibitore selettivo della molecola d’adesione e si lega alla subunità 𝛼4 delle integrine umane, molto espresse sulla superficie dei leucociti, ad eccezione dei neutrofili. In particolare, il Natalizumab si lega all’integrina 𝛼4𝛽1, bloccando così l’interazione con il suo recettore complementare, VCAM-1 e, con i ligandi osteopontina e CS-1. Questo farmaco blocca l’interazione dell’integrina 𝛼4𝛽7 con MadCAM-1. L’alterazione di queste interazioni

molecolari impedisce la migrazione dei leucociti mononucleati attraverso l’endotelio fino al tessuto parenchimale infiammato. Un ulteriore meccanismo del Natalizumab consiste nella soppressione delle reazioni infiammatorie in atto nei tessuti alterati, attraverso l’inibizione dell’interazione dei leucociti che esprimono 𝛼4 con i loro ligandi nella

matrice extracellulare e sulle cellule del parenchima. Questo composto sopprime l’attività infiammatoria presente nella struttura malata ed inibisce un’ulteriore migrazione nei tessuti infiammati di cellule del sistema immunitario. Il Natalizumab è un farmaco di uso ospedaliero indicato nel trattamento del mieloma multiplo in progressione. Vi sono delle segnalazioni di grave danno epatico in pazienti trattati con questo farmaco. - Mitoxantrone:

Il Mitoxantrone è un farmaco immunosoppressore approvato negli Stati Uniti per il trattamento di alcune forme di sclerosi multipla avanzata. E’ un farmaco che ha dimostrato di dare benefici a pazienti con sclerosi multipla secondaria progressiva che avevano manifestato attacchi. Questo composto esercita la sua azione alterando la struttura del DNA; da ciò deriva la sua potente azione immunosoppressiva che interessa tutte le cellule immunocompetenti linfociti B, T e macrofagi [61].

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- Micofenolato mofetile: (Cellcept®)

Inibitore reversibile dell’inosina monofosfato deidrogenasi e quindi della sintesi de novo delle purine. Il farmaco agisce in modo abbastanza selettivo sui linfociti che dipendono da questa via metabolica per la biosintesi delle purine. Stando ai risultati di uno studio presentato al 5° congresso congiunto degli European and Americas Committees for Treatment and Research in Multiple Sclerosis (ECTRIMS/ACTRIMS), il Micofenolato mofetile in monoterapia è ben tollerato e permette di ottenere un miglioramento significativo nel tasso annuale di recidive come terapia immunosoppressiva di prima linea o seconda linea nei pazienti con sclerosi multipla [62].

- Azatioprina: (Imuran®):

Ha un’azione immunosoppressiva; derivato imidazolico della 6-mercaptopurina (6-MP). Questa attraversa la membrana cellulare e, una volta all’interno, si converte in analoghi tiolici purinici, comprendenti il principale nucleotide attivo, l’acido tioinosinico. La percentuale di conversione varia in ogni soggetto. I nucleotidi, in effetti, non sono in grado di attraversare la membrana cellulare e pertanto non circolano nei fluidi corporei. La 6-MP viene eliminata principalmente come metabolita ossidato inattivo, ossia sotto forma di acido tiourico; il processo di ossidazione è indotto dalla xantina ossidasi. Si ritiene che il farmaco agisca sviluppando un blocco dei gruppi SH attraverso il processo di alchilazione, l’inibizione di molte vie della biosintesi degli acidi nucleici, che previene la proliferazione delle cellule coinvolte nella determinazione e nella amplificazione della risposta immune. Il danno del DNA, per mezzo dell’incorporazione dei tioanaloghi purini è evidente a livello sintomatologico solo dopo diverse settimane o meni di trattamento.

- Ciclofosfamide: (Endoxan®)

La Ciclofosfamide, come tutte le ossazafosforine, induce attivazione metabolica, attività citotossica ed antitumorale come dimostrato su un vasto spettro di tumori sperimentali.

- Fingolimod: (Gilenya®)  Sativex:

Il Sativex contiene gli estratti di Cannabis sativa Tetranabinex e Nabidiolex in concentrazioni rispettivamente di 27mg/ml per il delta-9-tetrahydrocannabinol

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(THC), e 25mg/ml per il cannabidiol (CBD). Il Tetranabinex® è l’estratto di una varietà di Cannabis sativa caratterizzata chimicamente e geneticamente, contenente il delta-9-tetraidrocannabinolo come principale composto. Il Nabidiolex è l’estratto di un’altra varietà di Cannabis sativa caratterizzata chimicamente e geneticamente, contenente il cannabidiolo come principale composto (CBD). Il farmaco è assunto mediante spray orale e viene somministrato nella terapia del dolore nei soggetti affetti da artrite reumatoide e sclerosi multipla.

Secondo le ipotesi meccanicistiche descritte nella fisiopatologia della sclerosi multipla, i diversi trattamenti attualmente disponibili interessano diversi livelli della cascata di attivazione e di reclutamento delle cellule immunitarie. Gli interferoni beta permettono di diminuire la secrezione degli interferoni gamma e di TNF (Tumor Necrosis Factor) coinvolti nella risposta infiammatoria, ristabilendo così un certo equilibrio citochinico nel sistema immunitario. Il Glatiramer acetato ha un ruolo di richiamo del sistema immunitario, inducendo una tolleranza immunitaria grazie alla sua omologia strutturale con le proteine basiche della mielina. Il Natalizumab impedisce la penetrazione dei linfociti attraverso la BEE, anormalmente permeabile. Il Fingolimod, in quanto agonista dei recettori della sfingosina-1-fosfato presenti sulla superficie dei linfociti, provoca il sequestro di questi a livello dei gangli linfoidi, impedendone così la migrazione verso il sistema nervoso centrale. Gli altri immunosoppressori inibiscono la sintesi ematopoietica dei linfociti [63].

3.5.2.2 Strategie terapeutiche

Nel caso della sclerosi multipla recidivante remittente, gli interferoni beta o Glatiramer acetato possono essere proposti come terapia di prima linea. Queste due classi terapeutiche sono considerate globalmente equivalenti per tolleranza ed efficacia. In caso di inefficacia, dopo un trattamento ben condotto, della durata di circa un anno, può essere eseguito un trattamento di seconda linea utilizzando il Fingolimod oppure il Natalizumab, per i quali l’efficacia è superiore ma i rischi possono essere potenzialmente gravi. I progressi nella comprensione dei meccanismi implicati nelle diverse tappe della patologia hanno permesso e permettono ancora lo sviluppo di nuovi bersagli e strategie terapeutiche.

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Capitolo 4

Fingolimod

Il Fingolimod (FTY720) è il primo composto orale ad aver dimostrato efficacia negli studi clinici più avanzati per il trattamento della sclerosi multipla. In vivo, questo composto viene fosforilato per formare una molecola di fingolimod-fosfato, molto simile alla molecola naturale della sfingosina-1-fosfato (S1P), un mediatore lipidico extracellulare, i cui effetti principali sono mediati da recettori accoppiati alla proteina G. Esistono almeno cinque sottotipi di recettori S1P, noti come S1P1−5, quattro dei

quali in grado di legarsi con il fingolimod-fosfato. Questi recettori sono espressi in una vasta gamma di cellule, coinvolte in molti processi biologici relativi alla sclerosi multipla. S1P1 ha un ruolo chiave nella regolazione delle attività del sistema immunitario così come nel sistema di regolazione del riversamento nel circolo sanguigno dei linfociti, a partire dai tessuti linfoidi. Il fingolimod-fosfato, interagendo con il recettore S1P1ad alta affinità di legame, attiva inizialmente i linfociti, ma in un secondo momento induce la downregulation dello stesso recettore, impedendo l’uscita dei linfociti dal tessuto linfoide; questo processo determina una riduzione delle infiltrazioni autoaggressive linfocitarie nel sistema nervoso centrale. I recettori S1P sono espressi anche da diverse cellule del SNC ed è stato osservato che possono influenzare la proliferazione, la morfologia e la migrazione delle cellule. Il fingolimod attraversa la barriera ematoencefalica e può avere, perciò, degli effetti diretti sul SNC; questa caratteristica fa si che questo composto possa essere distinto dalle terapie immunologicamente mirate contro la sclerosi multipla. In questa patologia la disabilità riflette una miriade di sequele e comprende menomazioni fisiche e cognitive, così come la fatica, il dolore, la depressione e disfunzioni vescicali. Non trattata tale patologia, può progredire in modo significativo, interferendo con lo stile di vita, accorciandone anche la durata. È stata osservata nei capitoli precedenti una correlazione tra l’attivazione dei linfociti autoimmuni nella periferia e lo sviluppo dello stato patologico. Queste cellule proliferano e maturano all’interno dei tessuti

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linfoidi; raggiungono il circolo sanguigno e possono così attraversare la barriera ematoencefalica entrando nel sistema nervoso centrale, nel quale la loro natura aggressiva provoca infiammazione, demielinizzazione, danno assonale, gliosi ed in ultima analisi, neurodegenerazione [64,65,66,67,68,69]. Il danno tissutale precoce dovuto all’infiammazione, nel corso della malattia, può essere superato, in una certa misura, dai meccanismi endogeni di riparazione del sistema nervoso centrale (tra cui la rimielinizzazione, rigenerazione e ripristino di un’adeguata conduzione nervosa). Tuttavia questi meccanismi forniscono un recupero solo parziale, per cui a causa degli attacchi infiammatori ricorrenti non è possibile bloccare l’evoluzione della patologia. La disabilità nei pazienti affetti da sclerosi multipla è causata da un recupero incompleto da recidive infiammatorie e progressiva neurodegenerazione irreversibile [70]. Di conseguenza, il grado di disabilità nella sclerosi multipla riflette un equilibrio tra danno a livello del sistema nervoso centrale e la misura in cui la patologia si contrappone ai processi di riparazione endogeni [71]. Sono stati elaborati nuovi trattamenti che non agiscono solo a livello del sistema immunitario per ridurre l’infiammazione, ma anche a livello del SNC per promuovere la neuroprotezione e la riparazione [72-73]. La maggior parte delle attuali terapie contro la sclerosi multipla agiscono principalmente a livello della componente infiammatoria immunologica, senza agire direttamente sul sistema nervoso centrale; queste terapie si sono dimostrate però parzialmente efficaci. Tutti i trattamenti attualmente approvati contro la sclerosi multipla sono somministrati attraverso iniezioni sottocutanee oppure intramuscolari, che riducono la compliance del paziente [74,75,76,77,78]. I nuovi trattamenti mirano a superare i limiti correlati alle somministrazioni parenterali, ricorrendo così alla formulazione di preparati che possono essere somministrati per via orale. Diversi agenti orali sono attualmente in fase di sviluppo tra cui Cladribina, Laquinimod, Teriflunomide, BG-12 e Fingolimod (FTY720). Il fingolimod è attualmente in fase di valutazione in uno degli studi di fase 3 mai intrapresi contro la sclerosi multipla [79]; tutto questo è possibile poiché negli studi di fase 2 è stato osservato che i pazienti affetti da sclerosi multipla recidivante e trattati con fingolimod presentavano una riduzione significativa delle recidive annualizzato e dell’attività infiammatoria, rispetto al placebo [80]

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4.1 Studi preclinici

Pazienti

In questi studi sono stati selezionati dei pazienti con età compresa tra i 18 e 60 anni, con diagnosi di sclerosi multipla recidivante [81] e che presentavano almeno una delle seguenti condizioni:

- Due o più episodi di recidive negli ultimi due anni; - Una o più ricadute nell’anno prima dell’iscrizione;

- Una o più lesioni rilevate attraverso la risonanza magnetica.

Ulteriori criteri di ammissibilità, incluso un punteggio da 0 a 6 sulla Expanded Disability Status Scale (EDSS, nel quale i punteggi vanno da 0 a 10, in cui i punteggi più alti indicano un maggior grado di disabilità [82]), consisteva nel fatto che il soggetto fosse in condizioni neurologicamente stabili, senza evidenza di recidive da almeno 30 giorni prima dello screening. I possibili criteri di esclusione consistevano l’utilizzo di corticosteroidi (fino a 30 giorni primi), la terapia immunomodulante (fino a 3 mesi prima) oppure il trattamento immunosoppressivo (fino a 6 mesi prima per Azatioprina; fino a 12 mesi prima per la Ciclofosfamide); a tutti questi fattori si aggiungo anche una condizione cardiaca del paziente che potrebbe aumentare il rischio della diminuzione della frequenza cardiaca ed un conteggio dei linfociti inferiore a 800/mm3.

Disegno dello studio e Randomizzazione

Lo studio si è sviluppato in un periodo di 6 mesi in doppio cieco, con una proroga di altri 6 mesi (mesi 0-6), durante i quali i ricercatori ed i pazienti erano a conoscenza delle assegnazioni dei trattamenti (mesi 7-12). Nello studio di base, in cui i farmaci venivano somministrati in capsule, i pazienti sono stati trattati in modo casuale, in rapporto 1:1:1, con 1,25 mg di fingolimod, 5,0 mg di fingolimod o un placebo, una volta al giorno. In base al decorso della malattia (sclerosi multipla recidivante-remittente è stata stratificata la randomizzazione o secondariamente progressiva), è stata stratificata la randomizzazione, con l’uso di un sistema automatizzato centralizzato, che ha fornito i pacchetti randomizzati dello studio del farmaco. Dopo lo studio di base, i pazienti potevano, così proseguire con lo studio di estensione. I

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