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Tecniche di Folner per le varianti intere del volume simpliciale

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea Magistrale in Matematica

Tecniche di Følner

per le Varianti Intere

del Volume Simpliciale

Relatore:

Chiar.mo Prof.

Roberto Frigerio

Presentata da:

Alessandro Divina

Sessione di Febbraio

Anno Accademico 2017/18

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L’oggetto da cui si sviluppa il lavoro svolto in queste pagine `e il volume sim-pliciale. Il volume simpliciale `e un invariante omotopico numerico che misura la complessit`a dei cicli fondamentali di una variet`a M ; si indica con kM k. Fu introdotto da Gromov per una dimostrazione del Teorema di rigidit`a di Mostow e in seguito sviluppato nel suo lavoro pionieristico Volume and bounded coho-mology del 1982 [12]. Nonostante la definizione sia intuitiva, il calcolo esatto del volume simpliciale `e conosciuto solo in pochi casi (ad esempio per le variet`a iperboliche, vedi [12] o [24]). Il fatto `e che, ad eccezione dei casi pi`u semplici (come ad esempio il cerchio), applicare direttamente la definizione per il calcolo si rivela infruttuoso. Per questa ragione si sono sviluppati parallelamente al volume simpliciale altri strumenti che agevolano lo studio di questo oggetto.

Uno di questi strumenti `e la coomologia limitata, che fu introdotta durante gli anni settanta, ma solo dopo l’articolo di Gromov [12] divent`o oggetto di largo interesse. Intuitivamente, la coomologia limitata di uno spazio topologico M , che viene indicata con Hb(M ; R), `e la coomologia del complesso formato delle cocatene limitate, ovvero delle cocatene che assumono valori uniformemente limitati sull’insieme dei simplessi singolari di M . Un celebre risultato afferma che la coomologia limitata di un CW-complesso numerabile `e univocamente determinata dal gruppo fondamentale del CW-complesso. Da ci`o si capisce che un ruolo fondamentale per la coomologia limitata e quindi anche per il volume simpliciale l’avranno le caratteristiche dei gruppi fondamentali.

Un concetto legato alla teoria dei gruppi che riveste un ruolo centrale in questo campo `e quello di gruppo amenabile. Ad esempio la coomologia limitata di una variet`a con gruppo fondamentale amenabile svanisce, e come conseguenza si ha che il suo volume simpliciale `e zero.

Un’altra via per comprendere il volume simpliciale consiste nell’affiancargli delle varianti, in qualche modo pi`u semplici da maneggiare, che con una certa precisione lo approssimino. Il primo esempio di questo tipo si ottiene conside-rando coefficienti interi nella definizione del volume simpliciale. Quello che si ottiene `e chiamato volume simpliciale intero, che per una variet`a M si indica con il simbolo kM kZ. Per via della sua natura pi`u combinatoria esso si pre-sta meglio ai calcoli, ma a dispetto della maneggiabilit`a non offre una buona approssimazione del volume simpliciale; ad esempio per ogni variet`a il volume simpliciale intero `e maggiore o uguale a uno, mentre capita di frequente (ad esempio nel caso con gruppo fondamentale amenabile) che il volume simpliciale si annulli.

Un’altra approssimazione del volume simpliciale kM k `e detta volume simpliciale intero stabile e indicata con il simbolo kM k∞Z . Si ottiene come estremo infe-riore dei rapporti k ˜M kZ/d, al variare dei rivestimenti di grado finito ˜M → M

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di M , dove d `e il grado del rivestimento. In questo modo si sopperisce a una grave mancanza del volume simpliciale intero, cio`e di non essere moltiplicativo rispetto a rivestimenti finiti, e si ottiene un’approssimazione migliore del volume simpliciale.

Esiste un’altra variante del volume simpliciale detta volume simpliciale foliato intero; per una variet`a M lo indicheremo con kM kF. Quest’ultima rivestir`a un

ruolo centrale nel nostro lavoro. Fu introdotta da Gromov in [11] con lo sco-po di studiare la sua congettura [11, pp.232], che mette in relazione il volume simpliciale di una variet`a asferica con la caratteristica di Eulero. La definizione del volume simpliciale foliato intero `e assai elaborata e passa per concetti che vengono dalla teoria ergodica della misura; questa variante mescola infatti la rigidit`a dei coefficienti interi con la flessibilit`a degli spazi di misura. Seppur a prima vista la definizione differisca molto da quella classica, il volume simplicia-le foliato intero offre uno strumento efficace per lo studio del volume simpliciasimplicia-le: infatti si rivela essere un’approssimazione migliore di questo rispetto alle due versioni definite sopra.

Vista la proficuit`a di questo modo di agire, in questi ultimi anni lo studio di queste varianti `e stato approfondito, portando a risultati importanti in proposito (vedi ad esempio [16] e [10]). Oltre ad approfondire il legame con il volume simpliciale classico, sono state studiate anche le caratteristiche proprie di queste varianti (soprattutto per il volume simpliciale foliato intero). Principalmente questo si `e fatto nel modo ovvio: cercando cio`e di riprodurre i risultati noti nel caso classico anche per questi nuovi oggetti.

Abbiamo accennato sopra a come la coomologia limitata, utilizzata come strumento per studiare il volume simpliciale, produca risultati importanti. Pur-troppo la stessa strategia non porta ad altrettanti traguardi nel caso intero. Lo scopo principale di questa tesi `e quello di descrivere un metodo alternati-vo alla dualit`a per studiare il caso intero. In particolare ci concentreremo sul lavoro fatto da L¨oh e Fauser in [7]: passando attraverso una caratterizzazione geometrica dell’amenabilit`a si propone un metodo pi`u diretto (senza cio`e pas-sare ai complessi duali) e perci`o pi`u geometrico, per dimostrare alcuni risultati per variet`a con gruppo fondamentale amenabile, applicabile anche al contesto intero.

Struttura della tesi Nel Capitolo 1 introdurremo il volume simpliciale e ne daremo alcune facili propriet`a; parallelamente definiremo anche una prima variante del volume simpliciale, cio`e il volume simpliciale intero. Di seguito daremo la definizione di volume simpliciale foliato, che richieder`a un po’ di lavoro. Nell’ultima sezione introdurremo anche il volume simpliciale intero sta-bile e quindi vedremo alcune propriet`a per questi nuovi oggetti. Ci occuperemo principalmente di stabilire le relazioni che intercorrono tra questi volumi.

Nel Capitolo 2 parleremo del concetto di gruppo amenabile. Inizialmente daremo la definizione di amenabilit`a attraverso il concetto di media invariante; attraverso tale concetto riusciremo a capire meglio questa propriet`a: delinee-remo approssimativamente la categoria dei gruppi amenabili, veddelinee-remo alcune propriet`a che saranno utili per lavorare sotto questa condizione e per finire ve-dremo che la coomologia limitata svanisce per gruppi amenabili.

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dalla teoria geometrica dei gruppi vedremo una caratterizzazione geometrica per i gruppi amenabili.

Nel Capitolo 3 introdurremo i concetti di coomologia limitata, omologia `1

e condizione uniforme al bordo.

Vedremo in che modo la coomologia limitata calcola il volume simpliciale di una variet`a. Scopriremo anche un legame tra la coomologia limitata e la con-dizione uniforme al bordo. Da queste relazioni dedurremo dei comportamenti interessanti in presenza di amenabilit`a. Concluderemo il capitolo dimostrando il Teorema di additivit`a di Gromov e il Teorema di equivalenza di Gromov; attra-verso quest’ultimo otterremo una dimostrazione alternativa per la sub-additivit`a del volume simpliciale.

Nel Capitolo 4 tratteremo l’argomento principale della tesi: seguendo quanto fatto da L¨oh e Fauser in [7] descriveremo una tecnica alternativa alla coomo-logia limitata che si possa applicare per provare la controparte intera di alcuni risultati validi nel caso classico. Daremo per prima cosa i due lemmi che stanno alla base di questa tecnica e come prima applicazione vedremo come si possono adoperarare nella dimostrazione dell’annullamento del volume simpliciale foliato di variet`a asferiche con gruppo fondamentale amenabile data in [10]. Succes-sivamente proveremo la condizione uniforme al bordo per alcuni complessi di catene: partiremo dal caso relativamente semplice dei coefficienti razionali, per poi passare a coefficienti di natura pi`u intera. Dedicheremo una sezione a parte per discutere la condizione uniforme al bordo per coefficienti interi. Infine vedre-mo due applicazioni: prima un risultato di additivit`a per il volume simpliciale foliato intero, poi una dimostrazione alternativa dell’annullamento dell’omologia `1 di gruppi amenabili.

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(7)

Introduzione i

1 Volume simpliciale e sue varianti 1

1.1 Volume simpliciale . . . 2

1.2 Volume simpliciale foliato intero . . . 3

1.3 Propriet`a del volume simpliciale foliato intero . . . 7

2 Amenabilit`a 13 2.1 Amenabilit`a attraverso una media . . . 14

2.1.1 Qualche esempio sull’ amenabilit`a . . . 16

2.1.2 Amenabilit`a ereditata . . . 17

2.1.3 Amenabilit`a e coomologia limitata . . . 18

2.2 Sequenze di Følner . . . 20

2.2.1 Elementi di teoria geometrica dei gruppi . . . 20

2.2.2 Caratterizzazione di Følner dell’amenabilit`a . . . 21

3 Metodi coomologici classici 27 3.1 Complessi di catene normati e duali topologici . . . 28

3.2 Primi risultati sulla dualit`a . . . 29

3.3 Condizione uniforme al bordo . . . 31

3.4 Coomologia limitata relativa . . . 35

3.4.1 Teorema di equivalenza di Gromov . . . 37

3.5 Additivit`a del volume simpliciale . . . 40

3.6 Sub-additivit`a del volume simpliciale attraverso il Teorema di equivalenza . . . 47

4 Tecniche alternative alla coomologia limitata per il caso intero 49 4.1 Lemmi di sollevamento e riempimento . . . 51

4.2 Annullamento del volume simpliciale foliato intero. . . 53

4.3 Complessi con UBC . . . 57

4.3.1 UBC razionale per gruppi amenabili. . . 57

4.3.2 UBC intera stabile per gruppi amenabili. . . 58

4.3.3 UBC parametrizzata per tori. . . 60

4.3.4 UBC parametrizzata parziale per gruppi amenabili. . . . 64

4.4 UBC intera . . . 66

4.4.1 UBC per il cerchio S1. . . . 66

4.4.2 UBC per spazi pi`u generali. . . 68

4.5 Incollamento lungo tori . . . 69

(8)

4.5.1 Volume simpliciale foliato per variet`a con bordo. . . 69 4.5.2 Incollamento lungo tori attraverso la condizione al bordo. 70 4.5.3 Esempi concreti. . . 72 4.6 Annullamento dell’omologia `1 per gruppi amenabili. . . . 75

(9)

Volume simpliciale e sue

varianti

Il volume simpliciale di una variet`a chiusa connessa e orientata `e un in-variante omotopico che misura la complessit`a dei cicli fondamentali. `E stato introdotto da Gromov in una dimostrazione del Teorema di rigidit`a di Mostow e studiato estensivamente nel suo lavoro pionieristico Volume and bounded co-homology, dove `e stato messo in relazione con varie propriet`a geometriche, tra cui in particolare la curvatura e il volume Riemanniano.

In seguito al legame del volume simpliciale con la caratteristica di Eulero rivelato in [12], Gromov propose in [11] la seguente congettura (Congettura 1): Sia M `e una variet`a chiusa orientata e connessa; assumiamo che sia asferica. Se il volume simpliciale di M si annulla, allora χ(M ) = 0.

Per provare tale affermazione lo stesso Gromov introdusse in [11] un nuovo in-variante: il volume simpliciale foliato intero. Questa variante mischia la rigidit`a dei coefficienti interi alla flessibilit`a degli spazi di misura (daremo la definizione esatta nella Sezione 2). Per il volume simpliciale foliato intero la Congettura di Gromov `e verificata (per una dimostrazione vedi [23]), quindi la Congettura di Gromov si riduce a domandarsi se sotto le ipotesi date, l’annullarsi del volu-me simpliciale comporta l’annullarsi del voluvolu-me simpliciale foliato intero. Pi`u in generale ci si pu`o chiedere sotto quali condizioni le due varianti coincidano; in questo senso esistono risultati sia positivi, vedi Proposizione 1.3.11 o [10, Corollario 3.11], sia negativi, come ad esempio [10, Teorema 5.1].

In questo capitolo definiremo il volume simpliciale e alcune sue varianti, come il volume simpliciale intero, il volume simpliciale intero stabile e quello foliato; daremo alcune propriet`a per ciascuna di queste e stabiliremo le relazioni che intercorrono tra loro (Proposizione 1.3.5 e 1.3.8).

(10)

1.1

Volume simpliciale

In questa sezione definiremo l’oggetto da cui si sviluppa un ambito di ricerca del quale, in parte, tratteremo nelle prossime pagine, ovvero il volume simpli-ciale. Parallelamente introdurremo una sua versione pi`u “grezza”, detta volume simpliciale intero, che avr`a un ruolo centrale nel seguito.

Il volume simpliciale `e un invariante omotopico che misura la complessit`a dei cicli fondamentali di una variet`a M . Fu introdotto da Gromov inizialmente per una dimostrazione alternativa del Teorema di rigidit`a di Mostow ; succes-sivamente, nel suo lavoro pioneristico Volume and bounded cohomology altre relazioni tra il volume simpliciale e la geometria Riemanniana furono svelate.

Per questa sezione, per semplicit`a, ci limiteremo a considerare solamente variet`a orientate chiuse e connesse, alle quali ci riferiremo in breve con il termine variet`a.

Definizione 1.1.1 (classe fondamentale). Sia M una variet`a. Chiamiamo clas-se fondamentale intera di M il generatore positivo di Hn(M; Z); lo indichiamo

con [M ]Z. Se Hn(M ; Z) → Hn(M ; R) `e la mappa indotta dall’inclusione dei

numeri interi nei reali, allora indichiamo con [M ] l’immagine di [M ]Zattraverso questa mappa che denoteremo come classe fondamentale.

Definizione 1.1.2. Sia M una variet`a e sia R = Z o R. norma `1 Sia C

∗(M ; R) il complesso di catene singolari a coefficienti in R. Per

ogni i ∈ N, consideriamo la mappa | · |1: Ci(M ; R) → R≥0, | X i aiσi|1:= X i |ai|. `

E una norma sul R-modulo Ci(M ; R) per ogni i, detta norma `1.

semi-norma indotta in omologia la norma `1induce la seguente semi-norma

in omologia: per ogni α ∈ Hi(M ; R),

kαk := inf{|c|1| c ∈ Ci(M ; R) e [c] = α}.

volume simpliciale il volume simpliciale di M `e il numero: kM k := k[M ]k.

Il volume simpliciale intero `e il numero kM k := k[M ]Zk.

Vediamo alcuni semplici modi di calcolare il volume simpliciale. Esempio 1.1.3. 1. per ogni variet`a kM k si ha kM k ≤ kM kZ;

2. per ogni variet`a M si ha kM kZ≥ 1; 3. kS1k = 0 < 1 = kS1k

Z. Il calcolo `e facile, basta considerare la successione

di cicli fondamentali (σi)i∈N, dove σi : I → S1 `e definito da σi(t) =

(11)

In alcuni casi un modo meno diretto ma efficace per calcolare il volume simpliciale viene dalla teoria del grado. Sia f : M → N una mappa tra n-variet`a di grado d ∈ N. Indichiamo con f∗ : Hn(M ; R) → Hn(N ; R) la mappa

indotta in omologia. Allora valgono le seguenti relazioni: kN k = k[N ]k = k1 df∗[M ]k ≤ 1 dk[M ]k = 1 dkM k. (1.1)

Osservazione 1.1.4. Se la mappa f presa sopra `e un rivestimento, allora vale kM k = dkN k.

Infatti ogni ciclo fondamentale c di N ha un sollevamento in M di norma d · |c|1.

Ovvero il volume simpliciale `e moltiplicativo rispetto ai rivestimenti di grado finito.

Dalla disuguaglianza in (1.1) si pu`o dedurre il seguente risultato:

Proposizione 1.1.5. Se una variet`a M ammette una mappa in s´e stessa di grado d ≥ 2, allora kM k = 0.

Dimostrazione. Dalla disuguaglianza in (1.1) si ottiene che kM k ≤ d · kM k, da cui segue la tesi.

Esempio 1.1.6 (volume simpliciale di Sn). Sia n > 0. Poich´e per ogni d ∈ N esiste una mappa di grado d da Sn in s´e stessa, per la proposizione precedente

abbiamo che kSnk = 0.

Osservazione 1.1.7. Il volume simpliciale intero `e solo sub-moltiplicativo. In-fatti la seconda disuguaglianza in 1.1 non `e detto valga per i cicli interi. Ad esempio se una variet`a M ammette una mappa in s´e stessa di grado d, poich´e kM kZ≥ 1, fallisce la moltiplicativit`a.

Proposizione 1.1.8 (invarianza per omotopia). Se due variet`a M e N sono omotopicamente equivalenti, allora kM k = kN k.

Dimostrazione. Sia f : M → N un’equivalenza omotopica, il grado della mappa `e 1, quindi

kN k ≤ kM k.

L’altra disuguaglianza `e ottenuta prendendo l’inversa omotopica di f .

Nelle prossime sezioni vedremo che esistono delle varianti nella costruzione del volume simpliciale attraverso le quali `e possibile approssimare quest’ultimo.

1.2

Volume simpliciale foliato intero

Il volume simpliciale foliato intero mischia la rigidit`a dei coefficienti interi con la flessibilit`a degli spazi di probabilit`a. Qui sotto ne riporteremo l’esatta definizione; per farlo dovremo introdurre qualche nozione dalla teoria ergodica della misura (per una trattazione approfondita vedi [14]).

Nel seguito riutilizzeremo dei termini introdotti nella sezione precedente per indicare nozioni pi`u generali; vedremo per`o che nei casi in cui entrambe le notazioni si possono usare, coincideranno.

(12)

Definizione 1.2.1 ((semi-)norma per gruppi abeliani). • Una semi- norma su un gruppo abeliano A `e una mappa del tipo | · | : A → R≥0che soddisfa

le seguenti propriet`a: – |0| = 0;

– per ogni x ∈ A, | − x| = |x|;

– per ogni x, y ∈ A, |x + y| ≤ |x| + |y|.

• Una norma `e una semi-norma che si annulla solo in 0.

• Un gruppo abeliano (semi-)normato `e un gruppo abeliano dotato di una (semi-)norma.

• Un morfismo limitato tra gruppi abeliani normati A e B `e un omomorfismo ϕ : A → B, per cui esiste una costante C ∈ R≥0 tale che, per ogni a ∈ A,

vale

|ϕ(a)| ≤ C · |a|.

L’estremo inferiore delle costanti per cui vale questa disuguaglianza `e detta norma di ϕ.

Definizione 1.2.2. Sia Γ un gruppo. Un Γ-modulo normato `e un gruppo abeliano normato con un’azione di Γ che lascia invariata la norma.

Se Γ `e un gruppo in notazione moltiplicativa, consideriamo lo Z-modulo libe-ro Z[Γ] (o solo ZΓ) generato dagli elementi di Γ. Ovvelibe-ro gli elementi di ZΓ sono della forma P

g∈Γa(g) · g con a(g) ∈ Z quasi sempre nulli. La moltiplicazione

su Γ si estende facilmente a un prodotto Z-bilineare ZΓ × ZΓ → ZΓ. Questo fa di ZΓ un anello, detto group ring intero di Γ.

Se A `e un Γ-modulo (normato) allora `e anche uno ZΓ-modulo (normato). Definizione 1.2.3 (norma `1). Sia M uno spazio topologico connesso per archi

e localmente connesso per archi che ammette un rivestimento universale ˜M . Sia Γ = π1(M ) e sia A uno ZΓ-modulo normato. Per ogni n ∈ N definiamo la

norma `1 twisted | · |1:Cn(M ; A) → R≥0 m X j=1 fj⊗ σj 7→ m X j=1 |fj|

su Cn(M ; A) := A ⊗ZΓCn( ˜M ; Z), con l’azione di ZΓ su Cn( ˜M ; Z) indotta dalle

trasformazioni di rivestimento. Per il calcolo della norma, assumeremo che la catena Pm

j=1fj⊗ σj sia sempre scritta in forma ridotta, ovvero per ogni i 6= j

chiediamo che σi e σj non appartengano alla stessa Γ-orbita in ˜M .

Osservazione 1.2.4 (tensorizzare su ZΓ). Se il gruppo Γ non `e commutativo, nemmeno ZΓ lo `e. Perci`o quando scriviamo A ⊗ZΓB sottointendiamo che A sia

uno ZΓ-modulo destro e B uno ZΓ-modulo sinistro. Se A `e dotato dell’azione a sinistra, possiamo considerare l’azione a destra data da: a · γ := γ−1· a. Possiamo arrivare al concetto espresso da “⊗” in un altro modo: se A e B sono ZΓ-moduli (destro e sinistro rispettivamente), cio`e gruppi abeliani con un’azione

(13)

(destra e sinistra rispettivamente) di Γ, consideriamo l’azione diagonale di Γ sul gruppo A ⊗ZB, cio`e

γ · (a ⊗ b) := a · γ−1⊗ γ · b.

Allora A ⊗B si pu`o pensare come il pi`u grande quoziente di A ⊗ B su cui Γ agisce banalmente (per maggiori dettagli vedi [2, Capitolo 3]).

Osservazione 1.2.5. Consideriamo la mappa tra complessi Z ⊗ZΓC∗( ˜M ; Z) → C∗(M ; Z),

definita in grado n come

m X j=1 aj⊗ ˜σj 7→ m X j=1 aj· σj, dove Pm

j=1aj ⊗ ˜σj `e scritto in forma ridotta e ˜σj `e un sollevamento del

n-simplesso σj : ∆n → M . Questa mappa `e un isomorfismo, infatti in Z ⊗ZΓ

Cn( ˜M ; Z) i vari sollevamenti di σj, che costituiscono l’orbita di ˜σj per l’azione

di Γ su Cn( ˜M ; Z), sono tutti identificati tramite la relazione a⊗γ ˜σj= aγ ⊗ ˜σj =

a ⊗ ˜σj. Per questo la mappa Cn(M ; Z) → Z ⊗ZΓCn( ˜M ; Z) che manda σj in un

qualsiasi sollevamento d`a un’inversa.

Quindi gli spazi Cn(M ; A) con la norma `1 sono gruppi abeliani normati.

´

E facile vedere che i differenziali del complesso C∗(M ; A) sono morfismi

limi-tati. Chiameremo semi-norma `1 twistata la semi-norma quoziente indotta su

H∗(M ; A) e la indicheremo con k · k1,A.

Considerando questa definizione di norma `1, ne segue una pi`u generale di

volume simpliciale:

Definizione 1.2.6 (volume simpliciale). Sia M una n-variet`a orientata, chiusa e connessa con gruppo fondamentale Γ; siano inoltre A uno ZΓ-modulo normato insieme con un ZΓ-morfismo i : Z → A (qui Z `e considerato con l’azione banale di Γ). Allora il volume simpliciale a coefficienti in A (o brevemente A-volume simpliciale) di M `e

kM kA:= k[M ]Ak1,A

dove [M ]A∈ Hn(M ; A) `e l’immagine della classe fondamentale [M ]Z in

Hn(M ; Z) attraverso la mappa indotta in omologia da i.

Per essere precisi, la mappa indotta in omologia da i : Z → A `e Z ⊗ZΓCn( ˜M ; Z) → A ⊗ZΓCn( ˜M ; Z)

che manda a ⊗ c in i(a) ⊗ c. In particolare

[M ]A= i(1) ⊗ [M ]Z∈ A ⊗ZΓCn( ˜M ; Z).

Osservazione 1.2.7. La Definizione 1.2.6 ci d`a una nuova nozione di volume simpliciale intero, considerando cio`e A = Z come ZΓ modulo con l’azione ba-nale. Vediamo che coincide con la definizione usuale. Se riprendiamo la mappa costruita nell’Osservazione 1.2.5 e dotiamo Z ⊗ZΓCn( ˜M ; Z) della norma `1

(14)

costruito `e isometrico.

Grazie a questa isometria possiamo concludere che le due definizioni di volume simpliciale intero coincidono. La stessa cosa funziona prendendo R al posto di Z, quindi anche per il volume simpliciale (reale) non abbiamo definito niente di nuovo.

Ora ci concentreremo su una classe particolare di gruppi normati, dalla quale si definir`a una nuova variante del volume simpliciale.

Definizione 1.2.8 (Γ-spazio standard). Sia Γ un gruppo.

• Uno spazio di Borel standard `e uno spazio misurabile isomorfo a uno spazio polacco, vedi [14], con la σ-algebra degli insiemi di Borel. Uno spazio di probabilit`a di Borel standard `e uno spazio di Borel standard con una misura di probabilit`a.

• Un Γ-spazio standard `e uno spazio di probabilit`a di Borel standard (X, µ) con un’azione di Γ su X (a sinistra) che preserva la misura µ. Se la misura di probabilit`a µ sar`a chiara dal contesto, allora ci limiteremo a scrivere X invece di (X, µ).

• Siano (X, µ) e (Y, ν) due Γ-spazi standard. Una mappa X → Y si dice un Γ-isomorfismo di Borel se `e misurabile, Γ-equivariante, preserva le misure ed `e bigettiva. Diremo che due Γ-spazi standard sono isomorfi se esiste un Γ-isomorfismo di Borel tra loro.

Definizione 1.2.9 (norma `1 parametrizzata). Sia M una variet`a orientata,

chiusa e connessa con Γ il suo gruppo fondamentale e con π : ˜M → M il suo rivestimento universale.

• Se (X, µ) `e un Γ-spazio standard, equipaggiamo L∞

(X, µ, Z) con la se-guente Γ-azione:

L∞(X, µ, Z) × Γ → L(X, µ, Z)

(f, g) 7→ (x 7→ (f · g)(x) := f (g · x)) e indichiamo con iX

M la mappa di cambio dei coefficienti

Z ⊗ZΓC∗( ˜M ; Z) → L ∞

(X, Z) ⊗ZΓC∗( ˜M ; Z),

pi`u concisa:

C∗(M ; Z) → C∗(M ; L∞(X, Z))

indotta dall’inclusione Z ,→ L∞(X, Z) di Z nelle funzioni costanti su X. • Se (X, µ) `e un Γ-spazio standard, allora equipaggiamo L∞(X, Z) con la

norma: L∞(X, Z) → R≥0 f 7→ Z X |f |dµ

(15)

• Se (X, µ) `e un Γ-spazio standard, allora

[M ]X = Hn(iXM)([M ]Z) ∈ Hn(M ; L ∞

(X, Z)) `

e la classe fondamentale parametrizzata da X di M . Ogni ciclo in Cn(M ; L∞(X, Z)) che rappresenta [M ]X `e detto ciclo fondamentale

para-metrizzato da X.

• Se (X, µ) `e un Γ-spazio standard allora il complesso di catene

C∗(M ; L∞(X, Z)) `e normato e definiamo il volume simpliciale

parametriz-zato da X:

|M |X := kM k

L∞(X,Z).

Definizione 1.2.10 (volume simpliciale foliato intero). Sia M una variet`a orientata chiusa e connessa con gruppo fondamentale Γ. Il volume simpliciale foliato intero di M , che si indica con |M |, `e definito come l’estremo inferiore di |M |(X,µ) al variare di tutte le classi di isomorfismo di Γ-spazi standard.

Le classi di isomorfismo di Γ-spazi standard formano infatti un insieme [23, Remark 5.26].

1.3

Propriet`

a del volume simpliciale foliato

in-tero

Cercheremo di raccogliere alcuni dei risultati noti per questo oggetto, in modo da prendere un po’ di confidenza con l’argomento; per approfondire rimandiamo a [16] e [10].

Il calcolo con cui cominciamo aiuta a capire quali siano le dinamiche in questo contesto.

Proposizione 1.3.1. Per ogni Z-spazio essenzialmente libero (X, µ) vale |S1|X =

0. Quindi in particolare vale |S1| = 0.

Dimostrazione. Sia σ : I = [0, 1] → S1l’1-ciclo fondamentale per S1,

rappresen-tato da un singolo simplesso che gira una volta attorno a S1in senso antiorario;

per ogni j ∈ Z denotiamo il sollevamento σj: I → R

t 7→ j + t. Dalla Definizione 1.2.9:

1 ⊗ σj∈ L∞(X, Z) ⊗Z[Z]C1(R, Z)

`e un 1 ciclo fondamentale X-parametrizzato per ogni j ∈ Z. Per il Lemma di Rokhlin abeliano (Teorema 4.3.5), per ogni n ∈ N e per ogni ε ∈ R>0 esiste un

sottoinsieme misurabile B ⊂ X tale che i sottoinsiemi B, 1 · B, . . . , (n − 1) · B

sono a due a due disgiunti; notiamo che da questo otteniamo µ(B) ≤ 1/n. Inoltre vale µ X \ n−1 [ i=0 i · B ! < ε.

(16)

Indichiamo con A il complementare: A = X \S

ii · B.

´

E chiaro ora che

1 ⊗ σ = χA⊗ σ + n−1

X

i=0

χi·B⊗ σ,

e osserviamo che per ogni i ∈ Z vale χi·B = i−1· χB. D’altra parte, siccome il

tensore `e su Z[Z], si ha χi·B⊗ σ = (−i) · χB⊗ σ = χB⊗ σ−i.

Mettiamoci ora in C1(R, Z) e qui consideriamo il simplesso

¯

σ : I → R

t 7→ (n − 1) + t · n, In C1(R, Z) il simplesso ¯σ `e omologo alla catenaP

n−1

i=0 σ−i, quindi in

H1(S1, L∞(X, Z)) abbiamo che (vedi figura sotto):

[1 ⊗ σ] = [χA⊗ σ + n−1 X i=0 χi·B⊗ σ] = [χA⊗ σ + χB⊗ ¯σ]. Ma allora |M |X= k[M ]Xk 1,L∞(X,Z) ≤ |χA⊗ σ + χB⊗ ¯σ|1 = Z X χAdµ + Z X χBdµ ≤ ε + 1 n;

siccome ε e n erano arbitrari, otteniamo che |M |X = 0 e quindi |M | = 0.

Osservazione 1.3.2. La dimostrazione appena vista per S1 si adatta

facil-mente al caso (S1)d per d ≥ 2. Si ottiene quindi in modo diretto che il volume

simpliciale foliato intero del d-toro `e nullo. Un’altra dimostrazione per questo calcolo la otterremo nel Capitolo 4 con il Teorema 4.2.1.

´

E importante capire come si comporta | · |X rispetto alla scelta dello spazio

X. Vediamo alcuni risultati che vanno in questo senso:

Esempio 1.3.3 (spazio dei parametri banale). Sia M una variet`a orientata chiusa e connessa con gruppo fondamentale Γ e rivestimento universale ˜M . Sia X = {pt} considerato come Γ spazio standard banale. Siccome L∞(X, Z) ∼= Z (come ZΓ-moduli) abbiamo che |M |X = kM k

Z. Pi`u in generale se (X, µ) `e un

Γ-spazio standard con Γ-azione banale, grazie alla [16, Proposizione 4.13, (2)], si conclude ancora che |M |X = kM k

(17)

connessa, poich´e l’azione di Γ sar`a sempre banale, per ogni Γ-spazio standard X si ha |M |X= kM k

Z e quindi

|M | = kM kZ≥ 1. Vedi anche [23, Proposizione 5.29].

Ricordiamo che al contrario il volume simpliciale standard di una variet`a sem-plicemente connessa si annulla.

Riportiamo il seguente risultato, [16, Proposizione 4.12]:

Proposizione 1.3.4. Sia M una variet`a orientabile chiusa e connessa con gruppo fondamentale Γ. Siano (X, µ) e (Y, ν) du Γ-spazi standard con una mappa misurabile e Γ-equivariante ϕ : (X, µ) → (Y, ν) tale che

µ ϕ−1(A) ≤ ν(A) per ogni sottoinsieme misurabile A di Y . Allora

|M |(X,µ)≤ |M |(Y,ν).

Altri risultati su queste relazioni si possono trovare in [16] e [10].

Consideriamo ora il volume simpliciale intero di una variet`a M (orientabile chiusa e connessa), ovvero il numero

k[M ]Zk1,Z.

Ci possiamo chiedere in che rapporto stanno le diverse versioni del volume simpliciale che abbiamo introdotto:

Proposizione 1.3.5 (relazioni tra volumi simpliciali). Sia M una variet`a orien-tata chiusa connessa con gruppo fondamentale Γ. Per qualsiasi Γ-spazio stan-dard (X, µ) abbiamo

kM k ≤ |M |X ≤ kM k Z.

Quindi in particolare

kM k ≤ |M | ≤ kM kZ. Dimostrazione. Consideriamo la mappa di ZΓ-moduli

L∞(X, Z) → R f 7−→

Z

X

f dµ.

Questa induce al solito modo la mappa di cambio di coefficienti C∗(M ; L∞(X, Z)) → C∗(M ; R)

che non fa crescere la norma. Osserviamo che questa mappa manda cicli fonda-mentali X-parametrizzati in cicli fondafonda-mentali reali, quindi otteniamo la prima disuguaglianza dell’enunciato. La seconda `e una conseguenza di quello detto nell’Esempio 1.3.3.

(18)

Il volume simpliciale intero non ci d`a per`o una buona approssimazione del volume simpliciale foliato intero; ad esempio si ha che k · kZ`e sempre maggiore o uguale a uno. Inoltre k · kZnon `e un numero caratteristico nel senso di Milnor e Thurston (vedi [18]):

Definizione 1.3.6 (numero caratteristico). Un numero caratteristico `e un in-variante numerico per variet`a chiuse, che `e moltiplicativo rispetto ai rivestimenti finiti.

Infatti il volume simpliciale intero `e solamente sub-moltiplicativo: ad esem-pio sappiamo che kS1k

Z = 1 > 0, ma S

1 ammette auto-rivestimenti finiti di

grado maggiore di uno. Si pu`o per`o considerare la seguente variante:

Definizione 1.3.7 (volume simpliciale intero stabile). Sia M una variet`a orien-tabile chiusa connessa, il numero

kM k∞Z := inf kN k

d : N → M rivestimento di grado d 

`e detto volume simpliciale intero stabile di M .

Il volume simpliciale intero stabile `e chiaramente moltiplicativo. Anche il volume simpliciale foliato intero lo `e, vedi [16, Teorema 4.22].

Dalla Proposizione 1.3.5, insieme al fatto che il volume simpliciale foliato intero `e moltiplicativo, segue:

Proposizione 1.3.8. Sia M una variet`a orientabile chiusa connessa, allora kM k ≤ |M | ≤ kM k∞

Z .

Osservazione 1.3.9 (non funtorialit`a). Sia f : M → N una mappa di grado d tra variet`a orientate chiuse e connesse. Ricordiamo che per il volume simpliciale classico vale

dkN k = kd[N ]k1= kHn(f )([M ])k1≤ kM k.

Per quanto riguarda le versioni intere del volume simpliciale la prima uguaglian-za non `e necessariamente vera; infatti

kN kZ= inf{|c|1 : c ∈ Zn(N ; Z) e [c] = [N ]Z},

kd[N ]Zk1= inf{|c|1 : c ∈ Zn(N ; Z) e [c] = d[N ]Z}

ma questi due insiemi, al contrario di quello che succede con i coefficienti reali, non sono in bigezione attraverso la moltiplicazione per d, in quanto non `e detto che un ciclo intero si possa dividere per d.

Concludiamo questo capitolo motivando l’introduzione di queste versioni in-tere del volume simpliciale. Nel suo lavoro pionieristico Volume and bounded cohomology [12], Gromov introduce il volume simpliciale per ottenere una stima migliore del volume Riemanniano, rispetto a quella fornita dalla caratteristica di Eulero (stima che segue dal Teorema di Gauss-Bonnet). Successivamente lo stesso Gromov propose in [11] la seguente congettura:

Congettura 1. Sia M una variet`a orientabile chiusa e connessa. Se assumia-mo che M sia asferica, allora kM k = 0 implica χ(M ) = 0.

(19)

Una strategia per tentare di confermare la Congettura 1 consiste nel passare dal volume simpliciale alle sue versioni intere e con queste stimare dall’alto la caratteristica di Eulero, in modo che l’annullarsi di queste implichi caratteristica di Eulero nulla (vedi Proposizione 1.3.10). Una volta fatto questo basterebbe ricondurre l’annullarsi del volume simpliciale per variet`a asferiche all’annullarsi delle sue versioni intere.

Proposizione 1.3.10. Se M `e una n-variet`a orientabile chiusa e connessa, allora

χ(M ) ≤ (n + 1)kM k∞Z . Dimostrazione. Sia z = Pm

i=1aiσi un ciclo fondamentale di M . Per ogni k ∈

{0, . . . , n − 1} definiamo

Sk = {kxσ1, . . . ,kxσm}

l’insieme delle k-facce posteriori dei simplessi che compaiono in z. Allora per ogni k = 0, . . . , n − 1 vale:

rkHk(M, Z) ≤ |Sk|.

La dimostrazione di questo fatto poggia sulla dualit`a di Poincar´e: sia ϕ ∈ Hk(M, Z), supponiamo che ϕ = [f ] con f un k-cociclo che si annulla sui simplessi in Sk. Il prodotto cup induce l’isomorfismo

Hk(M ; Z) → Hn−k(M ; Z) che mappa ϕ 7→ m X i=1 aif (kxσi) · [σyn−k]

che `e zero per le ipotesi fatte sopra. Per l’iniettivit`a della mappa ϕ = 0 in Hk(M ; Z). Questo ci dice che se due k-cocicli coincidono su Sk allora

rappre-sentano la stessa k-classe in coomologia. Ovvero la coomologia distingue solo i valori assunti sui simplessi in Sk, perci`o

rk Hk(M ; Z) ≤ |Sk|.

Siccome rk Hk(M, Z) = rk Hk(M ; Z) abbiamo ci`o che volevamo.

Per concludere la dimostrazione osserviamo che |Sk| ≤ m ≤ |z|1, quindi

rk Hk(M, Z) ≤ |z|1

per ogni ciclo fondamentale z, da cui segue che

rk Hk(M, Z) ≤ kM kZ (1.2)

e quindi anche

χ(M ) ≤ (n + 1)kM kZ.

Infine, siccome la caratteristica di Eulero `e moltiplicativa, abbiamo χ(M ) ≤ (n + 1)kM k∞Z .

(20)

Quindi se per una variet`a asferica l’annullarsi del volume simpliciale clas-sico implicasse l’annullarsi di quello intero stabile avremmo risposto in modo affermativo alla domanda fatta sopra. Pi`u in generale ci possiamo chiedere se e quando il volume simpliciale intero stabile coincide con quello classico.

Proposizione 1.3.11. Sia Σg la superficie orientabile chiusa di genere g.

Al-lora

kΣgk = kΣgk∞Z .

Dimostrazione. Per il Teorema di Gauss-Bonnet abbiamo, dal classico teorema di Gromov e Thurston [12]: kΣgk = AreaΣg v2 = 2π|χ(Σg)| π = 4g − 4.

Ci basta provare che kΣgk∞Z ≤ 4g − 4. La superficie Σgsi ottiene da un poligono

di 4g lati, quindi ammette una triangolazione (in un senso pi`u debole, ovvero i triangoli non devono essere embedded) composta da 4g − 2 triangoli. Da questo abbiamo che

kΣgkZ≤ 4g − 2 = 2|χ(Σg)| + 2.

Ora, per ogni d ∈ N esiste un rivestimento di grado d di Σgcon spazio totale una

superficie Σg0 per qualche g0 ∈ N. Ora, usando la moltiplicativit`a del volume

simpliciale intero stabile e della caratteristica di Eulero, otteniamo kΣgk∞Z = kΣg0k∞ Z d ≤kΣg0kZ d ≤2|χ(Σg0)| d + 2 d = 2|χ(Σg)| + 2 d.

Siccome d ∈ N `e arbitrario, otteniamo kΣgk∞Z ≤ 2|χ(Σg)| = 4g − 4.

Enunciamo per completezza il seguente risultato ([10, Corollario 3.11]): Proposizione 1.3.12 (3-variet`a iperboliche). Sia M una 3-variet`a iperbolica orientabile chiusa e connessa. Allora

kM k = |M | = kM k∞Z .

Al contrario, in dimensione maggiore abbiamo [8, Teorema 5.2]:

Teorema 1.3.13. Per ogni n ≥ 4 esiste una costante Cn < 1 tale per cui, se

M `e una variet`a iperbolica orientabile e chiusa di dimensione n, allora kM k ≤ CnkM k∞Z.

(21)

Amenabilit`

a

Il volume simpliciale di una variet`a `e strettamente legato alle propriet`a del suo gruppo fondamentale. Particolarmente importante in questo senso `e il con-cetto di gruppo amenabile. Vedremo ad esempio nei prossimi capitoli che sia il volume simpliciale classico sia il volume simpliciale foliato intero, ma in questo caso si richiede l’asfericit`a, di una variet`a con gruppo fondamentale amenabile si annulla (il caso classico segue dal Teorema 2.1.11 e dal Lemma 3.2.1; mentre il caso parametrizzato `e il Teorema 4.2.1).

Esistono diverse definizioni (equivalenti) di gruppo amenabile, e a seconda delle situazioni torner`a comodo considerarne una invece di un’altra. Vedremo due di queste definizioni: nella prima sezione di questo capitolo introdurremo il concetto di gruppo amenabile attraverso la definizione di media invariante; nella seconda sezione caratterizzeremo l’amenabilit`a in modo pi`u geometrico attraverso l’esistenza di particolari successioni di sottoinsiemi finiti del gruppo. Questa definizione `e legata ad alcuni concetti della teoria geometrica dei gruppi, che quindi dovremo introdurre.

(22)

2.1

Amenabilit`

a attraverso una media

Introduciamo il concetto di gruppo amenabile (in inglese amenable, ovvero che ammette una mean, cio`e una media) attraverso la definizione di media inva-riante. Questa caratterizzazione si applica bene al caso classico, passando per una particolare teoria coomologica, detta coomologia limitata, che come vedre-mo nel Capitolo 3 `e strettamente legata al volume simpliciale (vedi per esempio il Lemma 3.2.1).

Sia X un insieme, denotiamo con `∞(X, R) l’insieme delle funzioni X → R limitate. Se lo consideriamo con le operazioni di somma puntuale e moltiplica-zione per uno scalare, `∞(X, R) `e uno spazio vettoriale su R. Da ora in poi per

semplificare la notazione lo denoteremo con `∞(X). Sia G un gruppo e suppo-niamo che agisca a sinistra su X (dove non diversamente specificato assumeremo sempre che l’azione sia a sinistra); allora `e indotta un’azione (a sinistra) di G su `∞(X) definita da:

(g · f )(x) = f (g−1x), per g ∈ G, f ∈ `∞(X, R), x ∈ X.

Considereremo l’azione di un gruppo G su se stesso data dalla moltiplicazione a sinistra.

Definizione 2.1.1. Un gruppo G si dice amenabile se ammette una media G-invariante, ovvero una mappa R-lineare m : `∞(G) → R che soddisfa le seguenti condizioni:

Normalizzazione m(1) = 1;

Positivit`a m(f ) ≥ 0 se f ∈ `∞(G) non assume valori negativi; Invarianza per ogni g ∈ G e f ∈ `∞(G), m(g · f ) = m(f ).

Osservazione 2.1.2. Sia G un gruppo; se m `e un funzionale lineare su `∞(G), allora richiedere m normalizzato e positivo (nel senso della Definizione 2.1.1) equivale a richiedere che per ogni f ∈ `∞(G),

inf

g∈Gf (g) ≤ m(f ) ≤ supg∈Gf (g). (2.1)

Se G `e un gruppo, possiamo considerare l’insieme M(G) delle medie non necessariamente G-invarianti, i.e.

M(G) = {m ∈ `∞(G)0 | m(1) = 1, m `e positiva}. Su `∞(G)0`e definita la norma duale (o norma del sup):

kmk∞= sup f ∈`∞(G) |m(f )| kf k∞ = sup kf k≤1 |m(f )|

Proposizione 2.1.3. L’insieme M(G) ⊂ `∞(G)0 `e non vuoto e convesso, ed `e compatto per la topologia debole*.

Dimostrazione. La valutazione nell’elemento neutro e di G appartiene a M(G). E’ immediato vedere che `e convesso. Per il teorema di Banach-Alaoglu la palla chiusa di raggio uno `e compatta nella topologia debole*, quindi ci ba-sta provare che M(G) `e chiuso e contenuto nella palla di raggio uno. Per le

(23)

disuguaglianze in (2.1) otteniamo subito che che sta nella palla di raggio uno. Supponiamo di avere una rete (mi)i∈I contenuta in M(G) che converge ad un

elemento m ∈ `∞(G)0 nella topologia debole*; da mi(1) *∗ m(1) si ha che

m(1) = 1, mentre se f ≥ 0 in `∞(G), mi(f ) ≥ 0 per ogni i, quindi anche

m(f ) ≥ 0. Quindi M(G) `e un chiuso in un compatto e dunque `e compatto. Il seguente lemma ci fornisce delle definizioni equivalenti di amenabilit`a, che ci torneranno utili in seguito.

Lemma 2.1.4. Sia G un gruppo. Le seguenti condizioni sono equivalenti: 1. G `e amenabile.

2. esiste un funzionale lineare G-invariante ϕ ∈ `∞(G)0 non banale. 3. G ammette una misura di probabilit`a finitamente additiva e invariante. Dimostrazione. (1) ⇒ (2) Sia m una media invariante per G; la mappa

f 7→ m(f ) ci d`a il funzionale cercato.

(2) ⇒ (3) Sia ϕ ∈ `∞(G)0. Per ogni sottoinsieme A ⊂ G e per ogni partizione finita P : {A1, . . . , An} di A, definiamo

µP(A) = |ϕ(χA1)| + · · · + |ϕ(χAn)|.

Per prima cosa osserviamo che, se i `e il segno di ϕ(χAi), allora si ha

µP(A) = ϕ(PiχAi) ≤ kϕk∞. Definiamo il numero

µ(A) = sup

P

µP(A),

che sar`a finito e non negativo.

Proviamo la finita additivit`a di µ. Per farlo notiamo che per l’additivit`a di ϕ, per ogni A ⊂ G, se P0`e un raffinamento della partizione P di A, allora µP(A) ≤ µP0(A). Da questo segue che il sup sulle partizioni pu`o essere

preso sui raffinamenti di una partizione scelta, i.e. se P0 = {A1, . . . , An}

`

e una partizione di A, allora sup

P

µP(A) = sup PP0

µP0(A).

Il membro a destra si pu`o chiaramente riscrivere comePn

i=1supPiµPi(Ai),

ovvero Pn

i=1µ(Ai), quindi l’additivit`a `e provata.

Il sottospazio di `∞(G) generato dalle funzioni caratteristiche di sottoin-siemi di G `e denso, quindi poich´e ϕ `e non banale, esiste un sottoinsieme A ⊂ G tale che µ(A) ≥ ϕ(χA) > 0, quindi a meno di riscalare µ `e una

misura di probabilit`a finitamente additiva su G. L’invarianza per l’azione di G segue facilmente da quella di ϕ.

(3) ⇒ (1) Sia µ una misura di probabilit`a finitamente additiva G-invariante su G. Sia Z il sottospazio di `∞(G) generato dalle funzioni caratteristiche di sottoinsiemi di G. Per ogni sottoinsieme A ⊂ G poniamo mZ(χA) = µ(A).

Questo definisce un funzionale lineare mZ : Z → R: supponiamo che A e

B siano due sottoinsiemi disgiunti di G, allora mZ(χA+ χB) = mZ(χA∪B) = µ(A ∪ B) =

(24)

per ogni r ∈ R possiamo porre mZ(rχA) = rmZ(χA); a questo punto, per

A e B sottoinsiemi di G abbiamo

mZ(χA+ χB) = mZ(χA\B+ χB\A+ 2χA∩B) =

= mZ(χA\B) + mZ(χB\A) + 2mZ(χA∩B) =mZ(χA) + mZ(χB).

Inoltre si vede facilmente che per ogni f ∈ Z vale inf

g∈Gf (g) ≤ mZ(f ) ≤ supg∈Gf (g).

Siccome Z `e denso in `∞(G), m

Z si estende in maniera unica ad un

fun-zionale m su `∞(G). Chiaramente m soddisfa (2.1) e quindi per l’Osser-vazione 2.1.2 `e una media. L’invarianza segue da quella di µ.

2.1.1

Qualche esempio sull’ amenabilit`

a

Esempio 2.1.5 (I gruppi finiti sono amenabili.). Sia G un gruppo finito. Allora definendo per ogni f ∈ `∞(G):

m(f ) = 1 |G|

X

g∈G

f (g),

chiaramente otteniamo una media G-invariante.

Proposizione 2.1.6 (I gruppi abeliani sono amenabili.). Ogni gruppo abeliano `

e amenabile.

Uno spazio vettoriale topologico su R si dice localmente convesso se esiste una base di intorni dello zero formata da insiemi convessi.

Esempio 2.1.7. Se V `e uno spazio normato su R, allora il suo duale V0 con-siderato con la topologia debole* `e localmente convesso. Infatti una base di intorni di zero `e data dalla famiglia

V (x1, . . . , xk; ε) := {f ∈ V0 : | < f, xi> | < ε per ogni i = 1, . . . k}

al variare di ε ∈ R>0, k ∈ N e gli xi∈ V ([1, Proposizione 3.12]); `e facile vedere

che questi intorni sono convessi perch´e intersezione di semispazi.

La dimostrazione che vedremo della Proposizione 2.1.6 si basa sul teore-ma del punto fisso di Markov-Kakutani dall’analisi funzionale [20, Proposizione 0.14].

Teorema 2.1.8 (Teorema del punto fisso di Markov-Kakutani). Sia V un R-spazio vettoriale localmente convesso e supponiamo di avere un’azione G × V → V di un gruppo abeliano G, per mappe lineari e continue. Se esiste un sottoin-sieme K ⊂ V non vuoto, compatto e convesso, tale che G · K ⊂ K, allora esiste un elemento x ∈ K tale che

(25)

Dimostrazione della proposizione 2.1.6. Se consideriamo `∞(G) con la topolo-gia debole*, per la Proposizione 2.1.3 e l’Esempio 2.1.7, affinch´e `∞(G)0 con M(G) soddisfino le ipotesi del Teorema di Markov-Kakutani manca da verifi-care che M(G) sia chiuso per l’azione di G.

Siano m ∈ M e g ∈ G,

g · m(1) = m(g−1· 1) = m(1) = 1;

inoltre siccome la traslazione per un elemento di G di una funzione non negativa `e ancora non negativa, abbiamo che G · M ⊂ M . Quindi `∞(G)0 con l’azione indotta di G e il sottospazio M(G) verificano le ipotesi del teorema del punto fisso, allora esiste m ∈ M(G) tale che g · m = m per ogni g ∈ G, ovvero m `e G-invariante e quindi G `e amenabile.

Proposizione 2.1.9. F2, il gruppo libero di rango 2, non `e amenabile.

Dimostrazione. Siano a, b i generatori di F2. Consideriamo il sottoinsieme A ⊂

F2 composto da tutte le parole che cominciano con una potenza non banale di

a; allora A ∪ a−1A = F . Supponiamo per assurdo che F2 ammetta una media

invariante m; con χ denotiamo la funzione caratteristica sui sottoinsiemi di F2.

Si ha che

1 = m(1) = m(χF2) ≤ m(χA+ χa−1A) = m(χA) + m(χa−1A)

= m(χA) + m(a−1· χA) = 2m(χA);

quindi m(χA) ≥ 1/2. Ora per`o osserviamo che i sotto-insiemi

A, bA, b2A

sono disgiunti, quindi 1 = m(χF2) ≥ m(χA+ χbA+ χb2A), ma

m(χA+ χbA+ χb2A) = 3m(χA) ≥

3 2.

Dall’ultima disuguaglianza ricaviamo l’assurdo 3/2 ≤ 1. Quindi F2 non `e

amenabile.

2.1.2

Amenabilit`

a ereditata

Sopra abbiamo provato direttamente l’esistenza di una media invariante per alcune classi di gruppi (finiti e abeliani).

Proposizione 2.1.10. 1. I sottogruppi di gruppi amenabili sono amenabili. 2. Sia

1 N i G π Q 1

un’estensione di gruppi; allora G `e amenabile se e solo se N e Q sono amenabili.

(26)

3. Le immagini di gruppi amenabili attraverso omomorfismi sono gruppi amenabili.

4. Sia G un gruppo e sia (Gi)i∈I un insieme diretto di sottogruppi (crescenti)

amenabili di G tale che G =S

i∈IGi; allora G `e amenabile.

Dimostrazione. 1. Siano G un gruppo amenabile e N un suo sottogruppo. Sia S ⊂ G un insieme di rappresentanti per le classi laterali destre di N in G. Per ogni f ∈ `∞(N ) definiamo ˆf ∈ `∞(G) ponendo ˆf (g) = f (k) dove g = ks, s ∈ S e k ∈ N . Se m `e una media invariante per G, allora poniamo mN(f ) = m( ˆf ). ´E facile provare che mN `e una media invariante

per N , che quindi `e amenabile.

2. Sia π : G → Q un omomorfismo suriettivo di gruppi e supponiamo che G sia amenabile. Se m `e una media invariante per G, per ogni f ∈ `∞(Q) poniamo mQ(f ) = m(f ◦ π). Questo definisce una media invariante per Q,

che quindi `e amenabile. Quindi se 1 → N → G → Q → 1 `e ua successione esatta abbiamo dimostrato che se G `e amenabile, allora anche N e Q lo sono.

Supponiamo ora che N e Q siano amenabili. Possiamo assumere che N ⊂ G e Q = G/N . Se mN e mQ sono medie invarianti rispettivamente su N

e Q, allora

l∞(G) → R

f → mQ(N · g 7→ mN(n 7→ f (g · n)))

definisce una media invariante su G. 3. Segue dai primi due punti.

4. Per ogni i ∈ I sia mi una media invariante per Gi. Definiamo

e

mi: `∞(G) → R

f 7→ mi(f|Gi).

Per il teorema di Banach-Alaoglu esiste una sotto-rete di (mei)iche

conver-ge ad un funzionale m su `∞(G). Si prova che m `e una media invariante per G.

2.1.3

Amenabilit`

a e coomologia limitata

Per coerenza con gli argomenti trattati decidiamo di affrontare questa sezione prima di aver definito la coomologia limitata, che introdurremo nel prossimo capitolo. Per una trattazione approfondita rimandiamo a [9]. Altrimenti ci basti sapere che la coomologia limitata di un gruppo Γ `e la coomologia del complesso delle cocatene limitate Γ-equivarianti Cb•(Γ; V )Γ rispetto alla norma

`1 sul complesso C

•(Γ; V ), che `e una risoluzione libera di V come R[Γ]-modulo.

Sia Γ un gruppo e sia V un modulo normato; diremo che V `e un R[Γ]-modulo duale se esiste un R[Γ]-R[Γ]-modulo W tale che V sia il duale topologico di

(27)

W (i.e. V `e lo spazio vettoriale su R dei funzionali lineari e limitati su W ) e l’azione di Γ su V sia compatibile con quella su W , i.e.

g · f (w) = f (g−1· w) per ogni g ∈ Γ, f ∈ V e w ∈ W .

I gruppi amenabili sono qualche cosa di invisibile per la coomologia limitata: Teorema 2.1.11 (Annullamento della coomologia limitata per gruppi ame-nabili). Sia Γ un gruppo amenabile e sia V un R[Γ]-modulo duale. Allora Hn

b(Γ; V ) = 0 per ogni n ≥ 1.

Dimostrazione. Fissiamo una media invariante m per Γ. Costruiamo un’o-motopia di catene j• tra la mappa nulla e l’identit`a su Cb•(Γ; V )Γ. Sia f ∈

Cbn+1(Γ; V )Γ, vogliamo definire jn+1f (g

0, . . . , gn) per ogni (g0, . . . , gn) ∈ Γn+1.

Siccome deve stare in V che per ipotesi `e lo spazio dei funzionali su un qualche R[Γ]-modulo W , ci basta definire jn+1f (g0, . . . , gn)(w) per ogni w ∈ W , in

mo-do che ne risulti un funzionale lineare e limitato su W . Ricordiamo che per ogni g ∈ Γ, f (g, g0, . . . , gn) ∈ V ∼= W0, quindi possiamo considerare per ogni w ∈ W ,

(g0, . . . , gn) ∈ Γn+1 la funzione

fw: Γ → R, g 7→ f (g, g0, . . . , gn)(w)

e porre jn+1f (g

0, . . . , gn)(w) = m(fw). Verifichiamo che `e ben definita, ovvero

che per ogni (g0, . . . , gn) ∈ Γn+1, jn+1f (g0, . . . , gn) `e un funzionale limitato su

W : sia B = {w ∈ W : kwk = 1}, allora kjn+1f (g0, . . . , gn)k∞= sup w∈B |jn+1f (g0, . . . , gn)(w)| = sup w∈B |m(fw)| ≤ sup w∈B sup g∈Γ |f (g, g0, . . . , gn)(w)| ≤ sup w∈B kf k∞kwk =kf k∞. ´

E facile vedere che `e anche lineare. Proviamo ora che j•`e Γ-equivariante, ovvero che

jn+1(g · f ) = g · jn+1(f ),

per ogni g ∈ Γ, f ∈ Cbn+1(Γ; V ). Siano (g0, . . . , gn) ∈ Γn+1 e w ∈ W ; allora

jn+1(g · f )(g

0, . . . , gn)(w) risulta essere la media m del funzionale

ϕ : Γ → R, h 7→ f (g−1h, g−1g0, . . . , g−1gn)(g−1· w),

mentre g · jn+1(f )(g

0, . . . , gn)(w) la media del funzionale

ψ : Γ → R, h 7→ f (h, g−1g0, . . . , g−1gn)(g−1· w).

Quindi abbiamo ϕ = g · ψ, ma siccome m `e G-invariante,

(28)

per ogni (g0, . . . , gn) ∈ Γn+1e w ∈ W , ovvero jn+1(g · f ) = g · jn+1(f ).

Per terminare non rimane che dimostrare che j•d`a un’omotopia di complessi di catene tra l’identit`a e la mappa nulla. Precisamente dobbiamo dimostrare che per ogni f ∈ Cn

b(Γ; V )Γ, jn+1(δnf ) ± δn−1(jnf ) = f .

Calcoliamo singolarmente i due addendi: siano al solito (g0, . . . , gn) ∈ Γn+1 e

w ∈ W ,

jn+1nf ): Il funzionale da considerare manda h ∈ Γ in δnf (h, g

0, . . . , gn)(w) = f (g0, . . . , gn)(w) + n X i=0 (−1)i+1f (h, g0, . . . , ˆgi, . . . , gn)(w). δn−1(jnf ): δn−1(jnf )(g 0, . . . , gn)(w) = n X i=0 (−1)i(jnf )(g0, . . . , ˆgi, . . . , gn)(w);

quindi il funzionale manda h ∈ Γ in

n

X

i=0

f (h, g0, . . . , ˆgi, . . . , gn)(w).

Per linearit`a di m otteniamo jn+1nf ) + δn−1(jnf ) = f , cio`e il complesso

di catene Cb•(Γ; V )Γ `e contraibile, in particolare ha omologia nulla in grado

positivo.

2.2

Sequenze di Følner

Vedremo una caratterizzazione geometrica dell’amenabilit`a basata sull’esi-stenza di certe successioni di sottoinsiemi finiti del gruppo. Questa costituir`a un elemento chiave nel Capitolo 4, nel quale, tra le altre cose, si studier`a il legame tra le versioni intere del volume simpliciale e l’amenabilit`a.

2.2.1

Elementi di teoria geometrica dei gruppi

Un modo per vedere un gruppo come un oggetto geometrico `e considerare un grafo di Cayley associato. Ricordiamo prima la definizione di grafo:

Definizione 2.2.1 (Grafo). Un grafo `e una coppia (V, E) dove V `e un insieme ed E `e un insieme di sottoinsiemi di V di cardinalit`a due.

Gli elementi di V sono detti vertici e quelli di E lati del grafo.

Definizione 2.2.2 (Grafo di Cayley). Sia G un gruppo e sia S ⊂ G un insieme di generatori per G. Il grafo di Cayley di G rispetto al sistema di generatori S `e il grafo Cay(G, S) costruito cos`ı:

• V = G `e l’insieme dei vertici;

(29)

Il prossimo passo verso la geometria lo si fa associando una metrica al grafo di Cayley.

Definizione 2.2.3 (Cammino). Sia (V, E) un grafo. Sia n ∈ N, un cammino di lunghezza n `e una successione v0, . . . , vn di vertici tali che (vi, vi+1) ∈ E per

ogni i = 0, . . . , n − 1. Un tale cammino si dice che connette v0e vn.

Esempio 2.2.4. Sia G un gruppo e sia S un sistema di generatori. In Cay(G, S) un cammino di lunghezza n corrisponde a scegliere un punto iniziale g e n elementi (ordinati) (s1, . . . , sn) in S ∪ S−1; un tale cammino connetter`a g a

gs1. . . sn. Osserviamo che un grafo di Cayley `e sempre connesso in quanto,

partendo dall’elemento neutro, con un cammino possiamo raggiungere ogni g ∈ G vertice del grafo, poich´e S `e un insieme di generatori.

Definizione 2.2.5. Sia X = (V, E) un grafo connesso. Allora la mappa V × V → R,

(v, w) 7→ min{n ∈ N|esiste un cammino di lunghezza n da v a w}, `e una metrica su V , detta la metrica su V indotta da X.

Definizione 2.2.6 (Word metric). Siano G un gruppo e S un sistema di ge-neratori. La metrica delle parole (in inglese word metric) dS su G rispetto al

sistema di generatori S, `e la metrica indotta da Cay(G, S). In altre parole, per g, h ∈ G

dS(g, h) = min{n ∈ N|∃s1,...,sn∈(S∪S−1), h = gs1. . . sn}

La nozione di sequenza di Følner (definizione 2.2.8) si d`a in generale per la classe di spazi metrici introdotta dalla seguente:

Definizione 2.2.7 (Spazi UDBG). Sia (X, d) uno spazio metrico. Si dice che (X, d) `e uno spazio UDBG (o solo UDBG) se soddisfa queste due propriet`a: UD

inf{d(x, x0)|x, x0∈ X, x 6= x0} > 0. BG Per ogni r ∈ R>0 esiste una costante Kr∈ N tale che

∀x∈X, |BX,dr (x)| ≤ Kr.

La sigla UDBC sta per uniformaly discrete and bounded geometry, che si riferisce alle due propriet`a nella definizione.

Se G `e un gruppo finitamente generato e S un insieme finito di generatori, allora `e facile verificare che (G, dS) `e uno spazio UBDG.

2.2.2

Caratterizzazione di Følner dell’amenabilit`

a

Definizione 2.2.8. Sia (X, d) uno spazio UDBG. • Sia F ⊂ X, definiamo il bordo di F in X:

(30)

• Una sequenza di Følner `e una successione (Fn)n∈N di sottoinsiemi finiti e

non vuoti di X, per cui vale

lim n→∞ |∂XF n| |Fn| = 0. (2.2)

Osservazione 2.2.9. Esiste una definizione pi`u generale di bordo, rispetto a quella data sopra: nelle condizioni della Definizione 2.2.8, sia r ∈ R>0, il r-bordo

di F in X `e definito da

rXF = {x ∈ X \ F | ∃f ∈F, d(x, f ) ≤ r}.

Considerando che il nostro obbiettivo era definire le sequenze di Følner, que-sta definizione pi`u generale `e superflua a causa della propriet`a BG degli spazi UBDG, infatti per ogni r > 0, |∂X

r F | `e limitato superiormente dal prodotto

di |∂XF | per una costante che dipende solo da r (quindi non da n). Perci`o la

condizione (2.2) equivale a chiedere che per ogni r valga

lim n→∞ |∂X r Fn| |Fn| = 0. In questo senso la definizione di r-bordo `e superflua.

Geometricamente, gli insiemi in una successione di Følner li possiamo pen-sare come insiemi “efficienti”, nel senso del rapporto tra perimetro e volume. Pensiamo al caso particolare di (G, dS) dove S `e un insieme finito di generatori

per il gruppo G; abbiamo che

∂G,dSF = {g ∈ G \ F | ∃s ∈ S ∪ S−1, gs ∈ F }.

In questo caso possiamo interpretare “l’efficienza” degli insieme di Følner in termini di invarianza, infatti perch´e F abbia “poco” bordo serve che per “molti” x ∈ F ,

x S ∪ S−1 ⊂ F. Esempio 2.2.10. • In Zncon S = {e

1, . . . , en} l’insieme di generatori

stan-dard, consideriamo la successione (Fk)k∈N, Fk = {−k, . . . , k}n. Proviamo

che `e una sequenza di Følner: dato r ∈ N>0 abbiamo che

|∂S rFk| |Fk| ≤ (2(r + k)) 2 − (2k)2 (2k)2 =  r + k k 2 − 1 =r k 2 + 2r k che tende a zero per k che va all’infinito. Quindi ({−k, . . . , k}n)k∈N`e una sequenza di Følner per Zn.

• Sia S un sistema di generatori libero per F2. Le palle BnF2,dS(e) non

formano una sequenza di Følner; infatti vedremo (Teorema 2.2.13) che F2

non ammette nessuna sequenza di Følner.

Osservazione 2.2.11. Siano G un gruppo finitamente generato e S un insieme finito di generatori. La propriet`a (2.2) che caratterizza le sequenze di Følner, si pu`o esprimere in modo pi`u diretto e senza passare per la metrica dS, ad esempio:

(31)

1. Per ogni ε > 0 esiste un sottoinsieme finito F ⊂ G tale che |gF M F | ≤ ε|F |, ∀g∈S;

dove M denota la differenza simmetrica di insiemi.

2. Per ogni sottoinsieme finito E ⊂ G e per ogni ε > 0 esiste un sottoinsieme finito F ⊂ G tale che

|gF M F | ≤ ε|F |, ∀g∈E.

Il prossimo lemma costituisce parte della dimostrazione del Teorema 2.2.13. Lemma 2.2.12. Sia G un gruppo e sia (mn)n∈N⊂ M(G). Se per ogni g ∈ G,

(g · mn− mn) converge a zero nella topologia debole*, allora G `e amenabile.

Dimostrazione. Siccome M(G) `e compatto per la topologia debole*, a meno di estrarre una sottosuccessione, possiamo supporre che esista m ∈ M(G), mn *∗

m. Per ogni g ∈ G, l’azione su `∞(G)0 induce una mappa continua M(G) → M(G), quindi g · mn*∗g · m. Allora per ogni f ∈ `∞(G) si ha che

(g · mn− mn)(f ) → 0

e

(g · mn− mn)(f ) = g · mn(f ) − mn(f ) → g · m(f ) − m(f ) = m(g−1· f ) − m(f ).

Quindi per unicit`a del limite otteniamo che m `e G-invariante, quindi G `e amenabile.

Teorema 2.2.13 (Amenabilit`a via sequenze di Følner). Sia G un gruppo fini-tamente generato e sia S un sistema finito di generatori. Allora G `e amenabile se e solo se (G, dS) ammette una sequenza di Følner.

Dimostrazione. Supponiamo che (G, dS) ammetta una sequenza di Følner

(Fn)n∈N. Se x ∈ `∞(G) definiamo per ogni n ∈ N

mn(x) = 1 |Fn| X h∈Fn x(h). Si vede facilmente che mn sta nell’insieme

M(G) = {m ∈ `∞(G) | m(1) = 1 e m positiva}.

Dimostriamo che per ogni g ∈ G, (g · mn− mn)nconverge a zero nella topologia

debole* di `∞(G)0. Sia f ∈ `∞(G), abbiamo che (g · mn− mn)(f ) = g · mn(f ) − mn(f ) = mn(g−1· f ) − mn(f ) = 1 |Fn| X h∈Fn f (gh) − X h∈Fn f (h) ! = 1 |Fn|   X h∈gFn f (h) − X h∈Fn f (h)   = 1 |Fn|   X h∈gFn\Fn f (h) − X h∈Fn\gFn f (h)  .

(32)

Dall’ultima uguaglianza, usando la disuguaglianza triangolare, si ottiene |(g · mn− mn)(f )| ≤ 1 |Fn|   X h∈gFn\Fn |f (h)| + X h∈Fn\gFn |f (h)|   ≤ 1 |Fn| (|gFn\ Fn| − |Fn\ gFn|) kf k∞ = |gFn M Fn| |Fn| kf k∞.

Quindi per l’Osservazione 2.2.11, g · mn− mn converge a zero nella topologia

debole*. Per il Lemma 2.2.12 otteniamo infine che G `e amenabile.

Supponiamo ora che G sia amenabile, ovvero esiste una media invariante m per G. Per ottenere una successione di Følner passeremo per questo risultato intermedio:

Claim 1. Se G `e amenabile, allora per ogni sottoinsieme finito E ⊂ G e per ogni ε > 0 esiste una misura di probablit`a µ su G, tale che

kg · µ − µk1≤ ε, ∀g∈E.

Usando il claim dimostreremo che per ogni sottoinsieme finito E di G e per ogni ε > 0 esiste un sottoinsieme finito F ⊂ G tale che |gF M F | ≤ ε|F | per ogni g ∈ E. Per l’Osservazione 2.2.11 questo basta per concludere. Dati E e  come sopra, sia µ una misura di probabilit`a come nel claim. Per f ∈ `∞(G) e r ≥ 0 definiamo

F (r, f ) = {t ∈ G|f (t) > r}.

Se f, h ∈ `∞(G) sono funzioni di norma minore o uguale a uno e f, g ≥ 0, si ha che, per t ∈ G

|χF (r,f )(t) − χF (r,h)(t)| = 1 ⇔ f (t) ≤ r < h(t) o h(t) ≤ r < f (t).

Da questo segue che per due tali funzioni f, h vale |f (t) − h(t)| =

Z 1

0

|χF (r,f )(t) − χF (r,h)(t)|dr. (2.3)

Se g ∈ G, (2.3) vale in particolare per µ e g · µ . Si ha che kg · µ − µk1= X t∈G |g · µ(t) − µ(t)| =X t∈G Z 1 0 |χF (r,g·µ)(t) − χF (r,µ)(t)|dr = Z 1 0 X t∈G |χF (r,g·µ)(t) − χF (r,µ)(t)|dr = Z 1 0 X t∈G |χgF (r,µ)(t) − χF (r,µ)(t)|dr = Z 1 0 |gF (r, µ) M F (r, µ)|dr

(33)

D’altra parte abbiamo che X g∈E kg · µ − µk1≤ε|E| =ε|E|kµk1 =ε|E|X t∈G µ(t) =ε|E|X t∈G Z µ(t) 0 dr =ε|E| Z 1 0 |{t ∈ G : µ(t) > r}|dr =ε|E| Z 1 0 |F (r, µ)|dr. Quindi esiste un r ∈ (0, 1) per cui

X

g∈E

|gF (r, µ) M F (r, µ)| ≤ ε|E||F (r, µ)|. Da questo segue facilmente la conclusione.

Dimostrazione del Claim. Sia m ∈ `∞(G)∗ una media invariante per G. Per il lemma di Goldstine, B1

`1(G) contiene una successione (µi)i∈N che converge a m

nella topologia debole* di `∞(G). Possiamo assumere che per ogni i valgano

µi≥ 0 e kµik1= 1 :

la prima condizione `e verificata a meno di passare ad una sottosuccessione, si verifica guardando alla valutazione nella funzione caratteristica di ciascun elemento; mentre per la seconda possiamo passare alla nuova successione:

µ0i= µi kµik1

,

infatti kµik1 = Pg∈Gµi(g) = µi(1G) che converge a 1 per i che tende a ∞;

quindi per ogni f ∈ `∞(G) si ha che µ0i(f ) = X g∈G µ0i(g)f (g) =X g∈G µi(g) kµik1 f (g) = 1 kµik1 µi(f )

che converge a m(f ) per i che tende a ∞.

Siccome G agisce per mappe continue su `∞(G)0, abbiamo che per ogni s ∈ G, s·µi*∗s·m; quindi nella topologia debole* di `∞(G)0, la successione (s·µi−

µi)iconverge a 0. Da ci`o segue che, vista in `1(G), questa successione converge

a 0 nella topologia debole. Grazie a [1, Teorema 3.7] esiste una successione contenuta nell’inviluppo convesso dell’insieme {s · µi − µi}i che converge in

norma a 0. Ma un elemento nell’inviluppo convesso di {s · µi− µi}isar`a del tipo

(34)

con ti≥ 0 per ogni i eP k

i=1ti= 1. Ora osserviamo che (2.4) pu`o essere riscritta

come

s · (t1µi1+ · · · + tkµik) − (t1µi1+ · · · + tkµik).

Ma t1µi1+ · · · + tkµik stanno nell’inviluppo convesso dei µi perci`o sono ancora

delle misure di probabilit`a su G, ovvero sono positivi e con norma `1 uguale a

uno. Siccome questi danno una successione che converge in norma `1 a 0, per

ogni ε > 0 riusciamo a trovare i1, . . . , ik e t1, . . . tk tali che

ks · (t1µi1+ · · · + tkµik) − (t1µi1+ · · · + tkµik)k1≤ ε.

Allora ˜µ =Pk

j=1tjµij `e una misura di probabilit`a per cui vale ks · ˜µ − ˜µk1≤ ε.

(35)

Metodi coomologici classici

In questo capitolo introdurremo i concetti di coomologia limitata, omologia `1 e condizione uniforme al bordo.

Nella Sezione 2 parleremo dello stretto legame che esiste tra la coomologia limi-tata e il volume simpliciale (Lemma 3.2.1); da questo legame, passando per certe propriet`a della coomologia limitata ([9, Teorema 5.9] e Teorema 2.1.11), vedre-mo che il volume simpliciale di una variet`a con gruppo fondamentale amenabile `e zero (Corollario 3.2.2).

Nella Sezione 3 scopriremo alcune relazioni tra la coomologia limitata e la condizione al bordo. Da tali relazioni segue, dalle propriet`a della coomologia limitata, che in presenza di amenabilit`a il complesso di catene singolari soddisfa la condizione uniforme al bordo (Corollario 3.3.5).

Nella Sezione 4 enunceremo il Teorema di equivalenza di Gromov (Teorema 3.4.6) e lo dimostreremo seguendo l’idea descritta in [3].

Nella Sezione 5 dimostreremo il Teorema di additivit`a di Gromov (Teore-ma 3.5.1), seguendo l’idea proposta in [3]. Tale teore(Teore-ma asserisce che il volu-me simpliciale `e additivo rispetto all’attaccamento compatibile di variet`a lungo componenti di bordo con gruppo fondamentale amenabile.

Riformulando il Teorema di equivalenza, nella Sezione 6, vedremo che (per variet`a con bordo amenabile) si possono ottenere cicli fondamentali relativi con bordo piccolo a piacere; in questo modo, utilizzando la condizione uniforme al bordo, otterremo una dimostrazione alternativa per la sub-additivit`a per il Teorema di additivit`a di Gromov per il volume simpliciale (Teorema 3.5.1).

(36)

3.1

Complessi di catene normati e duali

topolo-gici

I complessi di cocatene emergono in modo naturale considerando il duale dei complessi di catene. Il Teorema dei Coefficienti Universali garantisce che, almeno nel caso dei coefficienti reali, prendere la (co)omologia commuta col passare al complesso duale, ovvero la coomologia `e proprio il duale dell’omologia. Qui sotto descriveremo l’analogo per la coomologia limitata, mostrando che anche in questo caso, considerare questo genere di dualit`a porta a risultati in-teressanti. In questo capitolo restringeremo l’attenzione al caso dei coefficienti reali.

In questa sezione introduciamo la categoria dei complessi di catene normati, attraverso la quale daremo una definizione abbastanza generale della coomologia limitata e dell’omologia `1.

Un complesso di catene normato `e un complesso 0 ←− C0

d1

←− C1 d2

←− C2← . . .

in cui i Ci sono R-spazi vettoriali normati e le mappe di sono operatori lineari

limitati. Per convenienza notazionale, useremo la scrittura (C, d) per indicare un complesso di catene (C•, d•). Se Cn `e completo (come spazio normato) per ogni

n ∈ N, diciamo che (C, d) `e un complesso di Banach. Sia (C0)i:= (C

i)0 il duale

topologico (a volte lo indicheremo con Ci

b, dove la b sta per il termine inglese

bounded, ovvero limitato), cio`e lo spazio dei funzionali lineari e limitati su Ci, con

la norma operatoriale (quella dell’estremo superiore) e sia δi : (C0)i→ (C0)i+1

la mappa duale di di+1. Allora il complesso di cocatene normato

0 −→ C00 δ1

−→ C10 δ2

−→ C20 → . . .

`e detto complesso duale normato del complesso (C, d) ed `e denotato da (C0, δ). Notiamo che il complesso duale di un complesso di catene normato `e sempre di Banach.

Molti casi interessanti occorrono considerando complessi (C, d) non di Ba-nach (come nel caso della norma `1, vedi Esempio 3.1.1); denotiamo con ˆC

i il

completamento di Ci rispetto alla topologia della norma. Essendo limitati, i

differenziali di si estendono in modo unico a funzionali limitati di : ˆCi → ˆCi+1

(infatti Ci `e denso in ˆCi e sappiamo che in questo caso esiste un unico modo di

estendere in modo continuo). Inoltre `e chiaro che dopo aver esteso vale ancora di◦ di−1 = 0, perci`o possiamo considerare il complesso normato ( ˆC, d). Infine

osserviamo che il complesso duale di ( ˆC, d) `e lo stesso di (C, d), cio`e (C0, δ). Ricapitolando, ad un complesso di catene normato (C, d) abbiamo associato due nuovi complessi normati: il complesso duale (C0, δ) e il complesso di Banach ( ˆC, d). Denotiamo l’omologia del complesso (C, d) con H•(C) e la coomologia

di (C0, d) con Hb•(C0); questa `e detta coomologia limitata del complesso (C, d). Esempio 3.1.1 (omologia `1). Sia X uno spazio topologico. Sul complesso di catene singolari C•(X) = C•(X; R) consideriamo la norma

kX i aiσik1:= X i |ai|

(37)

(le somme qui sopra sono finite), detta norma `1. Il complesso C

•(X) con questa

norma diventa un complesso di catene normato, quindi possiamo considerare il complesso di Banach associato prendendo i completamenti degli spazi normati Ci(X); denotiamo questo complesso con C`

1

• (X). Notiamo che C`

1

n (X) `e formato

da tutti gli elementi del tipo

X

σ∈Sn(X)

aσ· σ,

dove Sn(X) indica l’insieme degli n-simplessi singolari in X e aσ ∈ R, tali per

cui

X

σ∈Sn(X)

|aσ| < ∞.

Definiamo l’omologia `1 di X come l’omologia del complesso C`1

• (X) e la

deno-tiamo con H`1

• (X). Possiamo considerare la mappa

H•(X) → H`

1

• (X)

indotta dall’inclusione dei complessi di catene C•(X) ,→ C`

1

• (X).

Se Γ `e un gruppo, in modo analogo a quanto fatto sopra, si pu`o definire la norma `1sul complesso C

•(Γ) ⊗RΓR (dove C•(Γ) indica la risoluzione standard

di R su RΓ, vedi [2] per approfondimenti sulla coomologia di gruppi) e quindi l’omologia H`1(Γ; R).

Esempio 3.1.2. La definizione che abbiamo appena dato di coomologia limitata coincide con quella usuale per uno spazio topologico X o per un gruppo Γ, vedi [9].

La norma del complesso normato (C, d) (risp. (C0, δ)) induce una semi-norma su H•(C) (risp. su Hb•(C0)), che denoteremo con k · k1 (risp. k · k∞).

Infine osserviamo che la mappa bilineare naturale < ·, · >: (C0)n× Cn → R

ne induce una in omologia, cio`e `e ben definita la mappa: < ·, · >: Hbn(C0) × Hn(C) → R,

detta prodotto di Kronecker. Questa induce a sua volta la mappa Hbn(C0) → (Hn(C))0.

3.2

Primi risultati sulla dualit`

a

Come gi`a accennato sopra, nella coomologia classica a coefficienti in R il Teorema dei Coefficienti Universali assicura che prendere l’omologia commuta col prendere il duale algebrico (con ci`o si intende lo spazio di tutti i funzionali lineari a valori reali). Questo non rimane vero se si passa a considerare il duale topologico (qui invece si prendono solo i funzionali continui, ovvero limitati), cio`e Hn

b(C0) non `e pi`u isomorfo, in generale, a (Hn(C))0. Nonostante questo,

i risultati che seguiranno stabiliscono delle relazioni interessanti tra Hb•(C0) e (H•(C))0.

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