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Le lobbies in Europa. Regole e trasparenza

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Ai miei genitori

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LE LOBBIES IN EUROPA,

REGOLE E TRASPARENZA

INDICE

SOMMARIO – ABSTRACT ... 4 CAPITOLO

INTRODUZIONE ALLA RAPPRESENTANZA DEGLI INTERESSI ... 6

1.1 Individuazione e contestualizzazione della tematica. Perché è importante regolamentare il fenomeno lobbistico ... 6 1.2 L’attività di lobbying ed i suoi attori. ... 16 1.3 Le problematiche connesse alla rappresentanza degli interessi. L’oggetto della ricerca. ... 24 1.4 Le classificazioni dei sistemi normativi in modelli nell’analisi comparata ... 28

CAPITOLO 2

LA REGOLAMENTAZIONE DEL FENOMENO LOBBISTICO PRESSO LE ISTITUZIONI EUROPEE ... 36

2.1 Fattori che determinano il coinvolgimento attivo delle lobbies nel processo decisionale delle istituzioni europee. Il c.d. deficit democratico. Le ragioni di opportunità ed efficacia delle decisioni europee. Il progetto di integrazione europea. ... 36 2.2 Il riconoscimento del lobbying nelle fonti dell’Unione europea. Il Protocollo sociale allegato al Trattato di Maastricht. Il trattato di Lisbona. Il Libro bianco sulla governance europea. ... 42 2.3 I luoghi istituzionali dove viene esercitata l’attività di pressione: il Consiglio, il Parlamento e la Commissione europea. ... 51 2.4 La partecipazione delle lobbies al policy making nel ruolo di “attori” e non di semplici “spettatori”; una forma di governo a interessi garantiti. ... 62 2.5 La regolamentazione del fenomeno lobbistico. Le norme verso l’“interno”: Parlamento e Commissione regolano sé stessi. ... 63 2.6 Le norme verso l’“esterno”: le tappe normative che hanno portato all’accordo del 2014 tra Parlamento e Commissione sull’istituzione di un registro per la trasparenza e codice di condotta dei lobbisti. Il regolamento parlamentare e l’allegato IX. ... 70 2.7 Gli aspetti critici della normativa contenuta nell’accordo interistituzionale del 2014 e la proposta del 2016 per un registro per la trasparenza obbligatorio per tutte le istituzioni europee. ... 84

CAPITOLO 3

L’APPLICAZIONE CONCRETA DELLE REGOLE EUROPEE IN MATERIA DI LOBBYING ... 96

3.1. Il mercato globale interconnesso, la cessione di sovranità nazionale ed il conseguente aumento della rappresentanza degli interessi presso l’Unione europea. Alcune esperienze concrete. ... 96

(3)

3 3.2. L’influenza degli interessi extraeuropei presso le Istituzioni europee. La rappresentanza della Camera di commercio degli Stati Uniti e la missione

permanente degli Stati Uniti presso l’Unione europea. ... 103

3.3. L’interesse rappresentato. Il settore privato, economico ed industriale. ... 110

3.4. Le organizzazioni non governative e l’attività di pressione. ... 120

3.5. I Think tank e gli istituti di ricerca. Prospettive di registrazione per una maggiore trasparenza. ... 122

3.6. I gruppi governativi. I gruppi di interessi regionali e locali, a livello europeo e nazionale. ... 125

3.7. Gli eurogruppi c.d. “ombrello” e quelli che rappresentano interessi economici settoriali specifici. ... 129

3.8. Le modalità in cui si esercita l’attività di lobbying. Le lobbies “esterne”. .... 134

3.9. Le lobbies c.d. “interne” (in-house). ... 137

3.10. Ulteriori classificazioni delle lobbies: pagata o gratuita; monotematica o multi tematica. ... 138

CAPITOLO 4 LE LOBBIES NEL REGNO UNITO ... 140

4.1 Il Public Administration Select Committee (PASC) ed il Committee on Standard in Public Life (CSPL). Prospettive di regolamentazione del lobbying nel Regno Unito. ... 140

4.2 Le forme di partecipazione dei gruppi di pressione nel processo decisionale presso la House of Commons... 144

4.3 Le norme verso l’“interno”. I registri degli interessi dei parlamentari, dei loro assistenti, collaboratori e dei giornalisti accreditati. Il registro speciale per gli All – party Groups. Il Codice di condotta dei deputati e la Guidance for Civil Servants. ... 149

4.4 Le norme verso l’“esterno”. L’autoregolamentazione del settore dei gruppi di pressione: i registri e i codici di condotta dei lobbisti. La disciplina introdotta dal legislatore per i lobbisti Consultants: Il Transparency of Lobbying, Non – party Campaigning and Trade Union Administration Act 2014. La figura dell’“agente parlamentare”. ... 159

4.5 Elementi di criticità della normativa. Le vicende Cash for questions affair e Cash for influence... 165

4.6 L’integrità del decisore pubblico. Le violazioni del codice di condotta dei membri del Parlamento inglese. ... 174

4.7 La trasparenza del processo decisionale. La partecipazione agli incontri in veste ufficiale o privata. I casi “limite”. ... 180

4.8 Le problematiche relative all’equo accesso al processo decisionale. L’utilizzo di esperti esterni. ... 183

CONCLUSIONI ... 188

RINGRAZIAMENTI... 200

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4 SOMMARIO – ABSTRACT

La trattazione che segue intende analizzare le regole esistenti in materia di lobbying presso le istituzioni dell'Unione europea e presso quelle del Parlamento inglese. L’analisi è impostata distinguendo tra norme “interne”, vale a dire quelle indirizzate ai decisori pubblici, e norme “esterne”, ossia tutte le regole che valgono per coloro che svolgono attività di pressione.

Il primo capitolo introduce al tema della rappresentanza degli interessi fornendo una serie di definizioni relative ai soggetti attori della stessa, chiarendo cioè cosa si debba intendere per attività di lobbying, gruppi di interesse e di pressione, lobbisti e decisori pubblici, indicando le relazioni esistenti tra gli stessi.

Il secondo capitolo analizza la normativa in materia di lobbying indirizzata ai decisori pubblici presso le istituzioni europee (norme “interne”) e quella valida per i gruppi di pressione (norme “esterne”). Vengono studiati, tra le altre cose, il Regolamento parlamentare del 2014 ed il suo allegato I, l’accordo interistituzionale tra Parlamento e Commissione del 2011, il nuovo accordo del 2014 e la proposta della Commissione Juncker del 2016 per un ulteriore accordo valido per tutte e tre le istituzioni europee e contenente un registro obbligatorio di tutti i lobbisti.

Il terzo capitolo classifica i principali soggetti che esercitano influenza e pressione presso le sedi delle istituzioni europee, a seconda della natura dell’interesse rappresentato, della struttura interna del gruppo e della modalità con cui lo stesso esercita la propria attività.

Il quarto capitolo indaga le regole esistenti in materia di lobbying nel Regno Unito. Vengono individuati i procedimenti legislativi nei quali le

lobbies svolgono maggiormente la propria attività di influenza, così come le

norme “interne” indirizzate al policy maker del Parlamento inglese, specificamente i registri degli interessi economici ed i codici di condotta dei deputati, dei loro assistenti, dei collaboratori, dei giornalisti accreditati e degli All – party Groups. Per quanto attiene alle norme “esterne”, sono riportate le forme di autoregolamentazione dei gruppi di interesse, ossia i registri e i codici di condotta dei lobbisti, disposti autonomamente dalle loro associazioni di categoria, così come anche la legge Transparency of

Lobbying, Non – party Campaigning and Trade Union Administration Act 2014, la quale ha introdotto un registro obbligatorio solo per i lobbisti consultants. Alla fine del quarto capitolo vengono esaminati una serie di casi

concreti, a partire dalle note vicende scandalistiche Cash for questions affair e Cash for influence, per giungere ad episodi anche più recenti riguardanti l’integrità del decisore pubblico, la trasparenza degli incontri con i lobbisti e le problematiche relative all’equo accesso al processo decisionale.

Le conclusioni riportano una sintesi della ricerca insieme ai commenti dell’Autore. Seguono i riferimenti bibliografici.

(5)

5 The following research analyses the rules about the lobbies’ regulation in the European Union and also into the British Parliament. The study is divided into two categories: “internal” rules (for policy makers) and “external” rules (for lobbies).

The definition of lobbying is introduced in the first chapter in which is accurately explained the meaning of lobby, the subjects involved in this activity, such as the lobbyist and the policy maker, and the nature of the relationships developed between them.

The second heading is mainly focused on the “internal” and “external” rules preview by the European Union. In order to be more aware of the topic, the research shows the recent laws about lobbying, such as the European Parliament's Rule of 2014 and its first attachment, the inter-institutional agreement between the Parliament and the Commission in the 2011 and the latest one of the 2014. It is illustrated also the proposal of Juncker's Commission of the 2016 which wants to introduce a mandatory register of lobbyists, valid for all institutions, including the Council for the first time.

The third section analyses the categories of lobbyists who work for the European institution and divides them by the represented interests, the internal structure of the groups and how they can pursuing the lobbying activity.

The lobbyists' British legislation is shown in the fourth chapter, in which are explained the legislative procedures where the lobbies are more able to influence the policy – maker. Furthermore, the research refers to the Code of conduct for MPs and their assistants and also for the All-party Groups. Referring to the external rules, the study focuses on the self-regulatory solutions of the interest groups, such us lobbyists’ registers and codes of conduct, prepared independently by their associations, but also on the Transparency of Lobbying, Non – party Campaigning and Trade Union Administration Act 2014, which has introduced a mandatory register, but just for the consultants lobbyists.

The end of the fourth chapter carries out an investigation of concrete cases study, such as Cash for questions affair and Cash for influence, but also newer episodes related to the integrity of the public decision – maker, the transparency of the meetings between the “actors” of the lobbying activity and the issues inherent to the guarantee of a fair access to the decision – making.

The research ends with the final comments of the author and the bibliographical references.

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6 CAPITOLO 1

INTRODUZIONE ALLA RAPPRESENTANZA DEGLI INTERESSI

Sommario: 1.1 Individuazione e contestualizzazione della tematica. Perché è importante regolamentare il fenomeno lobbistico. 1.2 L’attività di lobbying ed i suoi attori. 1.3 Le problematiche connesse alla rappresentanza degli interessi. L’oggetto della ricerca. 1.4 Le classificazioni dei sistemi normativi in modelli nell’analisi comparata. Le prospettive europee.

1.1 Individuazione e contestualizzazione della tematica. Perché è importante regolamentare il fenomeno lobbistico

Quando ci si interroga sul grado di democrazia esistente all’interno di un Paese, o di una Comunità di Paesi, raramente si fa riferimento allo stato della regolamentazione del fenomeno lobbistico, o comunque la rappresentanza degli interessi viene inserita all’interno di indici di democrazia più ampi senza che le venga conferita una propria autonomia. Gli indicatori individuati dall’Economist Intelligence Unit per esaminare lo stato della democrazia nel mondo sono costituiti da cinque categorie, quali il processo elettorale ed il pluralismo, le libertà civili, il funzionamento del governo, la partecipazione politica e la cultura politica1. Nei rapporti

Freedom in the World pubblicati dalla ONG internazionale Freedom House,

che si occupa di indicare i livelli di democrazia nel mondo sulla base dei diritti umani e politici, gli indici utilizzati sono il processo elettorale, il pluralismo politico e la partecipazione, il funzionamento del governo, la libertà di espressione e di credo, i diritti associativi e organizzativi, lo stato di diritto, l’autonomia personale e i diritti individuali2

. Se è vero che guardando alla partecipazione politica ci si riferisce innanzitutto

1

Report by The Economist Intelligence Unit, The Economist: Democracy Index 2015:

Democracy in an age of anxiety, http://www.yabiladi.com/img/content/EIU-Democracy-Index-2015.pdf.

2

About Freedom in the World. An annual study of political rights and civil liberties.

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all’espressione del voto nelle elezioni e più in generale alle modalità in cui si esplica il processo elettorale, è anche vero che essa non si esaurisce solo in questo, ma comprende ulteriori attività, tra cui il lobbying. Infatti, dal momento che la rappresentanza degli interessi fornisce al decisore pubblico quelle informazioni tecniche e specialistiche necessarie per poter compiere le scelte a cui è chiamato in ragione della sua carica e mandato, e per comprenderne l’impatto sulla realtà, “il lobbismo rappresenta una componente legittima dei sistemi democratici” perché opera “quale infrastruttura sociale ed economica” dello Stato “in grado di unire soggetti privati e decisori pubblici”3

. Il lobbying, consustanziale alla democrazia, costituisce un indice democratico perché, a seconda di come viene regolata e di come si esplica tale attività, il lobbismo è capace di incidere direttamente sulla democrazia di ogni Sistema4.

Numerosi autori si sono spesi nel senso dell’abilitazione di detta pratica agli occhi dell’opinione pubblica, indagandone caratteristiche e modalità di esplicazione. Gli studiosi che affermano l’essenzialità del fenomeno della rappresentanza degli interessi nel processo decisionale pubblico vengono identificati come i sostenitori del c.d. costituzionalismo anglosassone. Tale concezione si è contrapposta a quella del c.d. costituzionalismo giacobino secondo cui innanzitutto la democrazia è “legislativa” perché fondata sul primato del Parlamento, interprete della volontà generale, e della legge, fonte superiore da cui dipendono tutte le altre, ed in secondo luogo vi è la convinzione che la divisione della società in parti comporti instabilità5. Il c.d. costituzionalismo anglosassone concepisce invece la democrazia come conflitto e competizione tra le diverse fazioni esistenti e la legge come frutto della sintesi che il decisore fa degli interessi diversi in quanto incapace da

3

Frosini Tommaso Edorardo, E’ giunta l’ora di una legge sulle lobbies, Forum di quaderni costituzionali, 2015, n.2, pp.1-9.

4

“il tema dei gruppi di pressione è cruciale per il buon funzionamento della democrazia di tipo liberale per il semplice fatto che a esso è consustanziale la massima garanzia possibile della trasparenza del processo decisionale pubblico”, Frosini Tommaso Edoardo, ult.op.cit., pp.1-9.

5

Bongiovanni Giorgio, Gozzi Gustavo, Democrazia, in Augusto Barbera, Le basi

filosofiche del costituzionalismo, in Petrillo Pier Luigi, Democrazie sotto pressione: parlamenti e lobby nel diritto pubblico comparato, Giuffré, Milano, 2011, p.29.

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solo di esaurire tutte le necessità della società6. Prevalgono quindi le teorie pluraliste, sia tra gli studiosi odierni che tra quelli del passato più recente, appartenenti al c.d. pluralismo contemporaneo7. David Held, politologo britannico, oggi Professor of Politics and International Relations alla Università di Durham, afferma che il processo decisionale è una competizione e contrattazione continua tra i diversi gruppi di interesse. Held evidenzia come nella concezione pluralista il potere non sia organizzato gerarchicamente in modo concorrenziale, ma esso sia parte integrante di un “continuo procedo di contrattazione” tra numerosi gruppi che rappresentano interessi differenti, quali per esempio le organizzazioni d’affari, i sindacati, i partiti politici, i gruppi etnici, gli studenti, ecc.8. Agli inizi del ‘900, il politologo americano Arthur Fisher Bentley afferma che “il grande compito dello studio di qualsiasi forma di vita è l’analisi dei gruppi di interesse. Quando i gruppi sono adeguatamente rappresentati, tutto è rappresentato, e se dico tutto, intendo tutto”9

. Questa visione estrema caratterizza il pluralismo di Bentley composto da masse di attività per cui l’identità personale e gli interessi sociali nascono dalla vita di gruppo e i fenomeni politici “sono tutti fenomeni di queste masse”10. Negli anni ’50 del ‘900 David Truman, in The Governmental Process (1951), ha come obbiettivo quello di dimostrare che politica dei gruppi e stabilità del sistema non sono incompatibili, come non lo sono gruppi e democrazia11, ed inoltre che i gruppi non minacciano le Istituzioni, ma anzi le rafforzano. Per fare ciò fa l’esempio dei sindacati, affermando che così come questi hanno il pregio di stabilizzare le domande dei propri associati e di riportarle in modo ordinato ai datori di lavoro, allo stesso modo operano i gruppi di interesse e quindi

6

Barbera Augusto, le basi filosofiche del costituzionalismo, in Petrillo Pier Luigi, ult.op.cit., p.29.

7 Classificazione in “pluralismo contemporaneo” ad opera di Graziano Luigi, Lobbying, pluralismo, democrazia, La Nuova Italia Scientifica, 1995, p. 187 ss.

8

Held David, Modelli di democrazia, ed. it a cura di Verzichelli Luca, Mulino 2007, in Petrillo Pier Luigi, Democrazie sotto pressione. Parlamenti e lobby nel diritto pubblico

comparato, Giuffrè, Milano, 2011, p.33. 9

Bentley Arthur Fisher, The process of Government: a study of social pressures, New Brunswick, Transaction Publishers, 1995, pp. 200 ss, e spec. p. 208 – 209, in Petrillo Pier Luigi, ult.op.cit., p. 34.

10

Graziano Luigi, Lobbying, pluralismo, democrazia, La nuova Italia Scientifica, 1995, p. 189.

11

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essi contribuiscono alla stabilità della democrazia12. Sulla base dei suoi studi, Truman teorizza che il procedimento decisionale è caratterizzato per una continua composizione, scomposizione e ricomposizione di interessi particolari. L’associazione è la forma in cui si manifesta il gruppo a cui si aderisce, interagendo con gli altri per fini comuni e secondo “relazioni tangenziali”13

. Nei primi vent’anni del ‘900 il politologo inglese Harold Laski si dedica al tema del pluralismo e al gruppo, che l’Autore, sostenitore della libertà come partecipazione attiva, della democrazia diretta e dell’avversione alla centralizzazione, concepisce come società, o comunità, con una propria unità morale e memoria storica14. Pertanto gli interessi dei cittadini possono e devono influenzare la decisione politica secondo meccanismi concorrenziali15, secondo cioè una “teoria morale della sovranità per cui fra comando e obbedienza s’interpone il ragionato scrutinio dei cittadini”16

. Per Laski il consenso che porta all’obbedienza è al centro di “una sorta di tiro alla fune” fra tutti i gruppi e lo Stato è soltanto una delle tante possibili associazioni a cui l’individuo può scegliere di appartenere in ragione della sua personalità17. Di notevole rilievo è poi l’opera di Robert Dahl, nella metà degli anni ’50, il quale teorizza la democrazia dei gruppi, come democrazia non più soltanto governo della maggioranza (con la conseguenza che la maggioranza governa solo dopo le elezioni), ma governo delle minoranze che hanno tutte modo di influire sulle politiche pubbliche18. Questo perché il potere della maggioranza, afferma Dahl, deve poter essere controllato dal potere di un altro gruppo, per cui i gruppi di pressione, al pari dei partiti politici, rappresentano un’istituzione indispensabile per la

12

Graziano Luigi, ult.op.cit., p. 194.

13 Graziano Luigi, ult.op.cit., p. 193. Quanto alle relazioni tangenziali: per es. due aziende

sono tangenziali tra loro attraverso il mercato in cui operano e rispetto a tale mercato possono decidere di unirsi per regolare la concorrenza, ecc.

14 Graziano Luigi, Lobbying, pluralismo, democrazia, La nuova Italia scientifica, 1995, p.

199.

15

Petrillo Pier Luigi, Democrazie sotto pressione. Parlamenti e lobby nel diritto pubblico

comparato, Giuffrè, Milano, 2011, p. 37

16 Graziano Luigi, ult.op.cit., p. 201. Laski si oppone così alla teoria della sovranità di tipo

legale nella quale il consenso non è mai contrattato e l’autorità nasce da comandi a cui non ci si può legalmente sottrarre. Laski considera la sovranità non già una pretesa insindacabile, ma un comando che vale nella misura in cui riesca a ad ottenere effettiva obbedienza.

17 Graziano Luigi, ult.op.cit., p. 202. 18 Graziano Luigi, ult.op.cit., p. 206.

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democrazia19. A fronte delle teorie elaborate dagli studiosi, qui solo in parte riportate, si può affermare che il rapporto tra rappresentanza politica e rappresentanza degli interessi è nel senso che non può esserci la prima senza la seconda20, e volendosi spingere oltre, si può giungere fino ad affermare che semmai è la rappresentanza politica ad essere contenuta nella rappresentanza degli interessi (e non viceversa)21. Negli anni ’80 del ‘900, numerosi autori sono partiti da questo assunto per teorizzare la c.d. “democrazia post – parlamentare” e il governo delle lobbies ritenendo che la rappresentanza parlamentare esista solo in quanto rappresentanza di interessi e che alla sempre maggiore influenza delle lobbies corrisponda “il declino dell’influenza delle istituzioni tradizionali, come i partiti, le elezioni e i Parlamenti”22

. È interessante notare come il tema delle lobbies sia oggetto di interesse anche da parte di studiosi di materie economiche, non solo quindi giuridiche o delle scienze politiche. Infatti, negli anni ’60 si sviluppa la Scuola del “Public choice”23 che, sotto la guida di J.M. Buchanan, analizza il processo decisionale, e gli attori che lo caratterizzano, dandone una lettura “economica” e confermando altresì le teorie di cui sopra secondo le quali la scelta pubblica è da intendersi come la sintesi condivisa di un costante e trasparente confronto tra interessi particolari per cui è attraverso l’interazione tra gruppi diversi che si giunge a decisioni politiche condivise e

19 Petrillo Pier Luigi, ult.op.cit., p. 36. 20 Petrillo Pier Luigi, ult.op.cit., p. 37.

21 Norberto Bobbio, Rappresentanza e interessi, in Pasquino Gianfranco (a cura di), Rappresentanza e democrazia, cit., p. 11, in Petrillo Pier Luigi, ult.op.cit., p. 31. Bobbio

afferma che “la differenza non sta tra rappresentanza politica e rappresentanza degli interessi, bensì nella contrapposizione tra interessi parziali e generali, tra interessi di gruppi particolari e interessi dell’intera Nazione”.

22

Jordan G. Alexander e Richardson Jeremy John, Government and pressure groups in

Britain, Clarendon Press, Oxford 1987, pp. 285 – 288, in Petrillo Pier Luigi, Democrazie sotto pressione. Parlamenti e lobby nel diritto pubblico comparato, Giuffré, Milano, 2011,

p. 34; Robertson Martin Governing under pressure: the policy process in a

post-parliamentarian democracy, Oxford 1979, spec. pp. 191 ss, in Petrillo Pier Luigi, ult.op.cit.,

p. 34.

23

http://www.treccani.it/enciclopedia/public-choice-theory_(Dizionario-di-Economia-e-Finanza)/. La P.C.T. aveva ad oggetto lo studio dei processi decisionali alla base delle scelte pubbliche (non di mercato) nelle democrazie contemporanee: essa applica ai soggetti interessati da tali processi (gli elettori, gli eletti, i funzionari pubblici, i partiti politici e i gruppi di pressione) ipotesi di comportamento identiche a quelle supposte valide per i soggetti privati, considerandoli cioè “massimizzatori” razionali dell’interesse personale (prestigio, ricchezza, potere, vantaggi fiscali), quindi non agenti per il bene comune, ma solo in un ottica di massimizzazione del profitto, alla stregua di quanto fa un soggetto privato che decide di seguire una logica del profitto.

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realmente rappresentative24. Questi studi dimostrano come evidentemente le

lobbies esistano ed abbiano il diritto di appartenere alla realtà della decisione

pubblica odierna.

Affermare che il fenomeno della rappresentanza degli interessi esiste nella prassi, e che le lobbies hanno il diritto di esistere in un sistema che afferma di essere democratico, non esaurisce tuttavia le problematiche ad esse relative, dato che a questa “scoperta” segue la presa di coscienza della necessità di regolamentare il rapporto tra decisore pubblico e gruppo di pressione ponendo norme affinché la rappresentanza degli interessi sia effettiva e generale25. Senza una regolamentazione dell’attività di lobbying, le dinamiche che stanno alla base delle scelte del decisore pubblico rimangono opache e la conseguenza è che il giudizio politico del cittadino, espresso attraverso lo strumento del voto, diviene inconsapevole. Questo contribuisce a far crescere nell’opinione pubblica la tendenza a considerare il

lobbying secondo un’accezione negativa, cioè come un’espressione di

corruzione26. Tale concezione deriva non tanto dalla natura dell’attività stessa di trasmissione di informazioni svolta dai gruppi di interesse, in quanto come riscontrato essa è essenziale al processo democratico, quanto dalla mancanza di regole organiche e condivise che disciplinino le modalità con le quali essa si esplica nella realtà27. Pertanto, si dimostra la necessaria esistenza di una regolamentazione approfondita dell’attività di lobbying al fine di garantire la trasparenza del processo decisionale, così che lo Stato democratico sia messo nelle condizioni di assolvere ad un dovere morale verso il proprio cittadino/elettore. La regolamentazione che se ne dovrebbe fare, lungi dall’essere rivolta ad una sua repressione, dovrebbe invece promuovere l’interazione fra i suoi attori attraverso mezzi legali28, in quanto l’attività in questione è di per sé da considerarsi lecita. Per l’Italia, sulla base

24

Petrillo Pier Luigi, ult.op.cit., p. 34.

25

Truman David, The Governmental Process, in Petrillo Pier Luigi, ult.op.cit., p. 35.

26

Petrillo Pier Luigi, Democrazie e lobbies: è tempo di regolare la pressione, Forum di quaderni costituzionali, 2015, n. 7, p. 1 – 8.

27 Petrillo Pier Luigi, Democrazie sotto pressione: Parlamenti e lobby nel diritto pubblico comparato, Giuffrè, Milano, 2011, p. 49

28

Frosini Tommaso Edoardo, E’ giunta l’ora di una legge sulle lobbies, Forum di quaderni costituzionali, 2015, n. 2, p. 1 – 9.

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degli articoli 2, 3, 18 e 49 della Costituzione, nelle sentenze n. 290 del 1974 e nella n. 379 del 2004, la Corte Costituzionale ha affermato che l’attività di

lobbying costituisce espressione pratica dei principi della democrazia

pluralista, quali la libertà di associazione e di espressione.

La sentenza del 197429 riguarda il reato di c.d. “sciopero politico” che si stabiliva aversi ogniqualvolta vi fossero manifestazioni finalizzate ad esercitare pressione su di un organo di qualsiasi livello di governo per fini politici e non per fini economici. Nella sentenza la corte ha stabilito l’illegittimità costituzionale dell’articolo 503 dell’allora codice penale dal momento che gli strumenti di pressione verso gli organi della Repubblica favoriscono, se esercitati attraverso modalità lecite e non distruttive, il perseguimento degli articoli 2 e 3 della Costituzione, anche se lo sciopero avviene per fini politici e non economici. La sentenza in oggetto riguardava il procedimento penale a carico di esponenti sindacali e politici, che avevano indetto e organizzato uno sciopero in favore dell’applicazione integrale e della difesa della Costituzione in protesta contro i fatti di Catanzaro del febbraio 197230, in particolare contro il “revanscismo” fascista che avrebbe annullato le conquiste dei lavoratori. Questi soggetti erano imputati del reato previsto e punito dall’articolo 503 codice penale, rubricato “serrata e sciopero per fini non contrattuali”31

. Il pretore di Monfalcone aveva conseguentemente sollevato d'ufficio, con ordinanza del 31 marzo 1972, la questione di legittimità costituzionale del precitato articolo 503 del codice penale, nella parte in cui puniva lo sciopero politico, in riferimento agli articoli 3 e 40 della Costituzione. Nell’ordinanza si osservava come fosse

29 Sentenza della Corte Costituzionale n. 290 del 1974, si veda l’indirizzo

http://www.giurcost.org/decisioni/1974/0290s-74.html.

30

Fatti relativi all’attribuzione della qualità di capoluogo di regione a Catanzaro piuttosto che a Reggio Calabria che comportò l’insorgere della città di Reggio. Il 12 febbraio del 1971 il Presidente del Consiglio Colombo annuncia Catanzaro capoluogo e sede della Giunta, mentre Reggio sede del Consiglio regionale.

31 Come si evince dalla lettura della nota all’articolo, “la Corte Costituzionale ha dichiarato

con sent. 27 dicembre 1974, n. 290 costituzionalmente illegittimo l'articolo in esame nella parte in cui punisce anche lo sciopero politico che non sia diretto a sovvertire l'ordinamento costituzionale ovvero ad impedire o ostacolare il libero esercizio dei poteri legittimi nei quali si esprime la sovranità popolare. Ora dunque ai fini dell'integrazione del reato in esame viene richiesta la finalità eversiva di aggressione e sovvertimento dell'ordine democratico”.

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difficile, se non impossibile, distinguere tra sciopero per fini economici e sciopero per fini politici, tanto da doversi considerare sciopero economico anche quello che sostanzialmente si risolve in una pressione politica nei riguardi dei pubblici poteri al fine di stimolarli all'accoglimento di determinate rivendicazioni di categoria o di classe, quali una più adeguata normativa in materia di sicurezza del lavoro, provvedimenti più congrui in materia di assistenza del lavoratore e della sua famiglia, negli ambienti di lavoro, ecc. In particolare l'ordinanza precisava che tra i fini di tutela economico – sociale propri del diritto di sciopero dovevano essere inclusi anche quelli a contenuto politico, data la evidente connessione tra indirizzo politico normativo e condizione di progresso o regresso della classe lavoratrice. L’ordinanza sottolineava l’incostituzionalità dell’articolo 503 codice penale nella parte in cui consentiva di punire penalmente ogni astensione collettiva dal lavoro che non consistesse in una rivendicazione di carattere contrattuale – patrimoniale. Infatti, si affermava che l’articolo in questione lasciava spazio a derive autoritarie all’interno della materia dei conflitti di lavoro32. La Corte ha così riconosciuto l’illegittimità dell’articolo in questione e quindi ammesso la possibilità che gli scioperi possano essere indotti per esercitare pressioni verso il decisore pubblico nell’ottica di interessi sociali che non devono essere necessariamente strettamente attinenti a richieste economiche – patrimoniali, ma possono avere anche valore prevalentemente politico, dato che si riconosce la stretta connessione tra i due ambiti, politico e relativo alle conseguenze sul grado di difesa dei diritti dei lavoratori.

32

Il codice penale che conteneva l’art. 503 era ancora strettamente collegato all'ordinamento corporativo fascista, ispirato a principi rigidamente repressivi di ogni forma di sciopero. Con la venuta ad esistenza della Repubblica e con il riconoscimento da parte della stessa dei diritti fondamentali dei cittadini, tra cui quello della libertà di espressione e di manifestazione del proprio pensiero, una limitazione del genere assumeva indubbiamente un carattere illegittimo. L’ordinanza infatti affermava che “avendo la Costituzione repubblicana ripudiato tale ordinamento corporativo e i principi autoritari che lo ispiravano, anacronistica, oltretutto, si prospetterebbe una legittimazione della sopravvivenza dell'art. 503 e della sua matrice antidemocratica”.

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14

La sentenza n. 379 del 200433 riguarda invece la c.d. istruttoria aperta, vale a dire la pratica di coinvolgimento dei gruppi di interesse particolari nel processo decisionale delle commissioni consiliari e del consiglio regionale, introdotta dalla Regione Emilia – Romagna nel 2004 agli articoli 17 e 19 dello statuto. Il governo aveva impugnato gli articoli dello statuto che contenevano l’introduzione dell’istruttoria aperta in quanto affermava che il coinvolgimento delle lobbies in tale procedimento violava l’articolo 49 della Costituzione, il quale veniva interpretato nel senso che solo i partiti potessero fornire un contributo nella formulazione delle leggi regionali. Gli articoli della delibera di cui si chiedeva la dichiarazione di illegittimità erano quindi l’articolo 17 e il 19. Il primo prevede la possibilità di una istruttoria in forma di contraddittorio pubblico, indetta dall’Assemblea legislativa, alla quale possono prendere parte anche “associazioni, comitati e gruppi di cittadini portatori di un interesse a carattere non individuale”, per la formazione di atti normativi o amministrativi di carattere generale. Il governo riteneva che tale disposizione contrastasse con il principio contenuto nell’articolo 97 della Costituzione per il fatto di comportare degli aggravi procedurali non coerenti con il principio di buon andamento della pubblica amministrazione. L’articolo 19 prevede invece il “diritto di partecipazione” al procedimento legislativo per “tutte le associazioni” che ne facciano richiesta. Ciò determinava, secondo l’Avvocatura generale, innanzitutto la violazione dell’articolo 121 della Costituzione34 ed in secondo luogo l’alterazione del “sistema di democrazia rappresentativa” secondo cui è il Consiglio regionale l’organo nel quale si sviluppa “il libero confronto democratico tra maggioranza e opposizioni” e non è prevista perciò la partecipazione di soggetti ad esso estranei. La regione Emilia – Romagna, costituendosi in giudizio nell’ottobre del 2004, ha chiesto alla

33 Sentenza della Corte costituzionale n. 379 del 2004, si veda l’indirizzo

http://www.giurcost.org/decisioni/2004/0379s-04.html.

34L’art. 121 Cost. recita: “Sono organi della Regione: il Consiglio regionale, la Giunta e il

suo Presidente. Il Consiglio regionale esercita le potestà legislative attribuite alla Regione e le altre funzioni conferitegli dalla Costituzione e dalle leggi. Può fare proposte di legge alle Camere. La Giunta regionale è l'organo esecutivo delle Regioni. Il Presidente della Giunta rappresenta la Regione; dirige la politica della Giunta e ne è responsabile; promulga le leggi ed emana i regolamenti regionali; dirige le funzioni amministrative delegate dallo Stato alla Regione, conformandosi alle istruzioni del Governo della Repubblica”.

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15

Corte di respingere il ricorso perché inammissibile ed infondato. Quanto alle censure sollevate dal governo contro l’articolo 17 della delibera, la Regione sosteneva che l’istruttoria pubblica per la formazione degli atti normativi o amministrativi costituisse una delle modalità di attuazione dell’articolo 97 della Costituzione, e, per quanto riguardava l’articolo 19 della delibera, l’Emilia – Romagna confutava le obiezioni del governo affermando che con l’attuazione dell’articolo si assicurava “un confronto con i portatori dei diversi interessi sociali” accrescendo la capacità del decisore pubblico di prendere le scelte per la collettività che deve amministrare in ragione della sua carica e mandato. La Corte ha rigettato le censure avanzate dal governo, perché infondate, sulla base di una serie di motivi. Il fatto che nei procedimenti decisionali che portano a determinati atti normativi o amministrativi siano previste istruttorie pubbliche preliminari costituisce l’inserimento di un istituto utile, il quale risulta già sperimentato nelle altre democrazie contemporanee. Come precisa la Corte, l’istruttoria pubblica non è finalizzata ad espropriare dei propri poteri gli organi legislativi, ma, attraverso il coinvolgimento dei soggetti sociali ed economici, quindi degli esperti nel settore di volta in volta da regolare, mira a rendere più trasparenti le procedure di raccordo degli organi rappresentativi con i soggetti più interessati dalle diverse politiche pubbliche. Quanto all’articolo 19, la Corte ha ritenuto che le modalità consultive da parte degli organi consiliari dei soggetti associativi siano finalizzate a garantire scopi di interesse generale e soprattutto che il riconoscimento dell’autonomia degli organi rappresentativi e del ruolo dei partiti politici non viene affatto negato da un disciplina trasparente dei rapporti fra le istituzioni rappresentative e frazioni della società civile. La Corte costituzionale ha quindi definito infondata la questione di legittimità degli articoli 17 e 19 dello statuto della Regione Emilia – Romagna dal momento che l’articolo 49 della Costituzione35 individua solo una delle possibili forme di partecipazione al processo decisionale senza con questo escludere le altre modalità, tra cui evidentemente il lobbying. Anzi, nella sentenza del 2004 la Corte non solo

35L’art. 49 della Costituzione recita: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente

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16

ha detto che l’attività di rappresentanza degli interessi è legittima, ma si è spinta oltre fino a riconoscere che essa è capace di migliorare il processo decisionale perché gli garantisce elementi informativi che il decisore pubblico spesso ignora e perché riduce il grado di conflittualità delle norme introdotte36, precisando tuttavia, allo stesso tempo, la fondamentale “necessità di introdurre una regolamentazione che renda effettivo l’esercizio di questo diritto costituzionale”37

.

Possiamo concludere quindi che laddove vi è il riconoscimento dei gruppi di interesse indubbiamente vi è democrazia. A conferma ulteriore di ciò basti pensare al fatto che nella maggior parte dei sistemi considerati non democratici, come la Corea del Nord, la Russia, la Cina, l’Iran, il Pakistan, ecc., l’azione dei gruppi di pressione è vietata38. Allo stesso tempo però risulta di fondamentale importanza volgere lo sguardo alle forme di regolamentazione dell’attività di lobbying proprio per il fatto che questo tipo di partecipazione politica ha la capacità di incidere notevolmente sul grado di democrazia di un dato Paese, o di una Comunità di Paesi. Pertanto, l’obbiettivo della presente ricerca è quello di indagare le regole indirizzate ai soggetti attori della rappresentanza degli interessi, vale a dire lobbisti e decisori pubblici.

1.2 L’attività di lobbying ed i suoi attori.

Il gruppo di pressione, o lobby, è costituito da un gruppo di persone, fisiche o giuridiche, che, sulla base di un interesse che le accomuna, ha l’obbiettivo di influenzare il decisore pubblico, o policy maker, affinché questi tenga conto dell’interesse in questione nelle scelte che deve assumere. La lobby, o

36

Petrillo Pier Luigi, Le lobbies della democrazia e la democrazia delle lobbies: ovvero

note minime e provvisorie sul rapporto tra Parlamento e gruppi di pressione in Italia,

http://www.eupolis.regione.lombardia.it/shared/ccurl/756/979/01_Petrillo_Le%20Lobbies% 20della%20Democrazia_2012.pdf.

37

Petrillo Pier Luigi, Democrazie sotto pressione: parlamenti e lobby nel diritto pubblico

comparato, Giuffrè, Milano, 2011, pp. 319 – 325, spec. p. 323. 38

Petrillo Pier Luigi, Democrazie e lobbies: è tempo di regolare la pressione, Forum di quaderni costituzionali, 2015, n. 7, p. 1 – 8.

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17

organizzazione lobbistica, “è il gruppo portatore dell’interesse da tutelare”39. L’attività di lobbying consiste nell’opera di informazione e di convincimento che il gruppo di pressione compie nei confronti del decisore pubblico40 ed all’“insieme di tecniche e attività che consentono la rappresentanza politica degli interessi organizzati”. Riferendosi al fenomeno delle lobbies americane, ma tale indicazione può ben attribuirsi al lobbismo generalmente inteso, Luigi Graziano definisce questa pratica come “proteiforme e sfuggente (…) per le molte migliaia di operatori coinvolti, e impalpabile”, nel senso che l’attività di lobbying è presente, “ma non ha un luogo ufficiale in cui operare, né un’attività formalmente definita da svolgere” e questo indubbiamente contribuisce a renderne difficile una regolamentazione41. Va precisato poi che il gruppo di pressione viene a crearsi ogni volta che il gruppo di interesse decide di influenzare le scelte del decisore pubblico. Di per sé quindi un gruppo di interesse può sussistere in quanto tale senza muoversi nella direzione del convincimento del decisore pubblico42. In questo senso, sempre Luigi Graziano, in Lobbying Pluralismo Democrazia, definisce il lobbismo come “la faccia politica dei gruppi di interesse una volta che decidano di perseguire finalità pubbliche, mutandosi da associazioni private in gruppi volti all’azione politica”43

.

Quanto all’“interesse”, esso può essere di vario genere, privato o pubblico, particolare o generale, locale o nazionale, individuale o collettivo. Secondo Bobbio “quando si parla di rappresentanza degli interessi, la parola interessi è presa non nel suo senso generico, che senza una specificazione è troppo vago per significare alcunché, ma nel senso specifico di interessi parziali o locali o corporativi o frazionali, contrapposti agli interessi generali, nazionali

39

Graziano Luigi, Lobbying, pluralismo, democrazia, cit. p. 13.

40 Petrillo Pier Luigi, Democrazie sotto pressione. Parlamenti e lobby nel diritto pubblico comparato, Giuffré, Milano, 2011, p. 46.

41

Graziano Luigi, ult.op.cit., cit. p. 13 – 14.

42

Petrillo Pier Luigi e Honorati Cecilia, Il difficile percorso del diritto costituzionale al

lobbying tra indeterminatezza normativa e traffico illecito di influenza, Aperta Contrada,

Riflessioni su società, diritto, economia, 30/03/2015, p. 3

http://www.apertacontrada.it/2015/03/30/il-difficile-percorso-del-diritto-costituzionale-al-lobbying-tra-indeterminatezza-normativa-e-traffico-illecito-di-influenza/; Petrillo Pier Luigi, ult.op.cit., 2011, p. 46.

43

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18

collettivi, comuni”. A ciò si aggiunge che anche la stessa rappresentanza politica è una rappresentanza di interessi44. Ad essere rappresentati dunque non sono solo gli interessi privati, ma possono esserlo anche gli interessi pubblici nel senso che ogni livello di governo è esso stesso un gruppo di interesse e può esercitare pressione presso il livello di governo ad esso superiore. L’interesse di uno Stato presso le istituzioni dell’Unione europea, come avviene nel caso delle delegazioni permanenti dei singoli Stati oppure delle Regioni, è esso stesso una rappresentanza di interessi45. Inoltre, “quando si parla di interessi, questi non sono necessariamente di carattere economico, ma possono rappresentare anche bisogni, preferenze, attitudini, valori”, potendosi trattare di preferenze morali, interessi pubblici e interessi speciali, interessi comuni o parziali46. Quindi l’interesse può essere della più varia natura. Se si vuole, si può tentare di elaborare una classificazione degli interessi, sebbene essa possa assumere solo un ruolo del tutto indicativo. Vi è l’interesse “istituzionale” rappresentato dai vari livelli di governo, statali o sub-statali, a seconda che l’attività di rappresentanza sia rivolta ad una Comunità di Stati, come nel caso dell’Unione europea, oppure che si svolga all’interno di un singolo Stato47. L’interesse può essere anche “corporativo”

quando è rappresentato da sindacati e organizzazioni di rappresentanza delle diverse categorie sociali (questi soggetti esplicano la loro attività di rappresentanza attraverso il sistema particolare della c.d. “concertazione”). Poi vi sono gli interessi economici, finanziari e sociali, rappresentati da vari soggetti, quali ad esempio le compagnie petrolifere, le multinazionali finanziarie, gli istituti finanziari e di credito, l’industria delle armi, le associazioni ambientaliste, le organizzazioni umanitarie, le associazioni di

44

Norberto Bobbio, Rappresentanza e interessi, cit. p.10, in Petrillo Pier Luigi, Democrazie

sotto pressione. Parlamenti e lobby nel diritto pubblico comparato, Giuffrè, Milano, 2011,

p.45.

45 Per le classificazioni delle categorie lobbistiche si veda infra, capitolo 3, par. 6, i gruppi governativi e la rappresentanza degli Stati membri.

46

Liakopoulos Dimitris, Attività di lobbying e la loro influenza nel decision making

comunitario, Rivista Diritto e diritti ed in Rivista Lobbying Italia, 1997 (I edizione) e 2000

(II aggiornata), pp. 1-15, spec. cit. p. 3. http://m.lobbyingitalia.com/2000/01/le-attivita-di-lobbismo-e-la-loro-influenza-nel-decision-making-comunitario/.

47 Presso l’Unione europea sussiste anche la rappresentanza degli interessi istituzionali

extraeuropei, come nel caso della rappresentanza della Camera di commercio degli Stati Uniti e la missione permanente degli Stati Uniti presso l’Unione europea, per le quali si veda infra, capitolo 3, par. 2.

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categoria, ecc.48. In ragione del tipo di interesse e delle modalità con cui esso viene rappresentato, si possono dividere i gruppi di pressione in quattro categorie: il gruppo di interesse anonimo, il quale non ha organizzazione e si identifica nella protesta e lamentela spontanea; il gruppo di interesse non associativo che trova la sua origine su basi quali la razza, la religione, la lingua e l’etnia; il gruppo di interesse istituzionale all’interno delle organizzazioni, al quale appartengono i corpi legislativi, le forze armate, le burocrazie e le chiese; ed infine il gruppo associativo che è la struttura rappresentativa di un gruppo particolare49. Nel rapporto tra lobby e lobbista, il gruppo di pressione può assumere la veste del cliente, cioè di quel soggetto, persona (nel senso di associazione, impresa, Governo statale o autorità locale) o coalizione di gruppi, che ingaggia il lobbista perché rappresenti i suoi interessi presso il decisore pubblico.

Il lobbista è colui che, facendosi portatore degli interessi del proprio gruppo, si relaziona con il decisore pubblico cercando di influenzarne le scelte. Egli è un soggetto (persona fisica o giuridica) che esercita tale attività in maniera professionale, su incarico del proprio cliente, cioè del gruppo di interesse per cui lavora, con l’intento di convincere il proprio interlocutore del fatto che l’opzione che gli presenta sia valida50

. Esistono vari tipi di lobbisti a seconda dell’interesse e delle modalità con cui esso viene rappresentano, così come a seconda della realtà nella quale i lobbisti sono chiamati ad operare, perciò risulta difficile effettuarne una classificazione in termini assoluti. Piuttosto occorre partire da un fatto sempre valido, vale a dire che nella scelta del soggetto che deve rappresentare i propri interessi, il gruppo seleziona colui che è in grado di massimizzare la propria influenza. Pertanto il lobbista innanzitutto sarà colui che detiene due caratteristiche fondamentali:

48

Petrillo Pier Luigi, Democrazie sotto pressione. Parlamenti e lobby nel diritto pubblico

comparato, Giuffrè, Milano, 2011. 49

Liakopoulos Dimitris, Attività di lobbismo e la loro influenza nel decision making

comunitario, p. 3; Almond Gabriel Abraham e Powell G. Bingham, Politica comparata, il

Mulino, Bologna, 1970, in Liakopoulos Dimitris, ult.op.cit., p. 7. Gli A. affermano che i gruppi di pressione possono distinguersi in gruppi di interesse anonimo, gruppi di interesse non associativi, basati sulla parentela o sull’etnia e la religione, gruppi di interessi istituzionali e gruppi di interesse associativi, come i sindacati o le organizzazioni elettorali.

50

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20

competenza professionale e rete di contatti con il decisore pubblico, il ché tra l’altro sottolinea l’alto grado di personalizzazione della rappresentanza degli interessi51. Se comunque si vuole individuare delle categorie di lobbisti, allora si può fare riferimento alla distinzione generale di Luigi Graziano tra lobbista come dipendente o impiegato dell’associazione per cui lavora oppure come consulente esterno ingaggiato per una o più campagne. Distinzione questa che definisce le due principali figure professionali di lobbisti, quali i c.d. lobbisti interni (o “in – house lobbyists”), e i “lobbisti esterni” (o “consultants lobbyists”), o indipendenti, i quali si identificano spesso con studi legali e di consulenza in affari pubblici52. Se si vuole scendere più nello specifico, le tipologie di soggetti che svolgono attività di

lobbying sono varie e tra queste possono annoverarsi le rappresentanze

permanenti degli interessi degli Stati presso l’Unione europea, le multinazionali e le aziende dei vari settori economici e finanziari, le quali possono agire da sole oppure attraverso i c.d. “gruppi ombrello”53

, le organizzazioni non governative, i Think tank e gli istituti di ricerca, le associazioni di categoria, i sindacati, etc. Quanto ai rapporti intercorrenti tra gli attori dell’attività di lobbying, il lobbista, su incarico del gruppo di pressione, si trova a svolgere attività di rappresentanza degli interessi del proprio cliente presso il decisore pubblico.

Il decisore pubblico, o policy maker, è il soggetto verso il quale il lobbista svolge l’opera di persuasione ed è colui che è chiamato ad operare scelte nel pubblico interesse in relazione alla carica ricoperta. Si tratta di un soggetto che svolge un ufficio pubblico, sia esso elettivo o dirigenziale. Infatti, è sbagliato ritenere che decisore pubblico sia solo il decisore politico, in quanto colui che ha il potere di assumere decisioni con effetti sulla collettività, può farlo anche per motivi diversi dal fatto che sia stato eletto perché può essere un decisore pubblico, ma non politico, come nel caso dei

51

Graziano Luigi, Lobbying, pluralismo, democrazia, p. 25

52

Relativamente alle classificazioni dei soggetti che svolgono l’attività di rappresentanza si veda infra, capitolo 2 e 3 per quanto attiene alle regole indirizzate ai lobbisti nel panorama europeo e le loro classificazioni, mentre capitolo 4 per quanto attiene alle regole esterne e categorie di lobbisti nell’esperienza inglese.

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dirigenti di enti pubblici e di autorità indipendenti54. Sono da considerarsi decisori pubblici i membri delle istituzioni di un determinato Stato, sia per quanto riguarda quei soggetti che si definiscono politici dal momento che sono stati eletti, sia coloro che, presenti ai vari livelli di governo, non vengono eletti, ma sono comunque capaci di incidere sulle scelte di politica pubblica, come nel caso degli assistenti e collaboratori dei ministri, i quali, con le loro competenze, aiutano per esempio ad elaborare un disegno di legge e quindi influiscono nel processo decisionale che porta ad un certo provvedimento pubblico come risultato finale. Per l’Italia sono quindi decisori pubblici i membri del parlamento, per camera e senato, e i relativi collaboratori (es. assistente di un deputato, capo di gabinetto, capo della segreteria tecnica, così come tutto lo staff del funzionario pubblico), i membri del governo e relativi collaboratori (es. i sottosegretari, il consiglio di gabinetto, i membri dei dipartimenti e delle direzioni generali), i componenti delle giunte e dei consigli regionali, insieme ai relativi collaboratori, così come le stesse province, i comuni e le città metropolitane. Tra i decisori pubblici non eletti vi rientrano anche le figure dirigenziali di enti pubblici, economici e non, e di autorità indipendenti55. Il decisore pubblico può variare a seconda del Sistema che di volta in volta si considera. Pertanto, se volgiamo lo sguardo all’Europa, vi sono le istituzioni che partecipano al processo legislativo europeo56: il Parlamento Europeo con le 20 commissioni, le 2 sottocommissioni, gli eurodeputati e i gruppi politici, ma anche tutti i collaboratori e assistenti dei deputati; il Consiglio dell’Unione Europea (negozia e adotta le leggi dell’Unione assieme al Parlamento), denominato semplicemente “Consiglio”, alle cui sessioni partecipano i ministri, o sottosegretari, inviati dallo Stato membro a seconda del settore di cui si discute (es. Consiglio “Affari economici e finanziari”, Consiglio “Ecofin”, a cui partecipano i ministri delle Finanze di ciascun Stato membro); la Commissione Europea, con i suoi 28 commissari (inclusi

54 Petrillo Pier Luigi, Democrazie e Lobbies: è tempo di regolare la pressione, Forum di

quaderni costituzionali, 2015, n. 7, p. 1 – 8 , spec. p. 1.

55

Petrillo Pier Luigi, ult.op.cit., p. 1 – 8.

56

Per una più esaustiva classificazione delle istituzioni comunitarie si veda

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il presidente ed i sette vicepresidenti), a ciascuno dei quali il Presidente attribuisce la responsabilità in ambiti particolari, e le direzioni generali (DG) ciascuna responsabile di un settore politico specifico e composta dal personale di giuristi, economisti, ecc, addetti all’attività quotidiana della Commissione di iniziativa legislativa ed esecutiva. Diverse dalle istituzioni che svolgono funzione prevalentemente legislativa, sono quelle che invece esercitano funzioni di assistenza per il Parlamento, il Consiglio e la Commissione, su istanza di dette istituzioni oppure fornendo pareri di propria iniziativa. Esse sono il Comitato economico e sociale europeo (CESE)57, con i suoi 353 membri provenienti dalla società civile organizzata (rappresentanti gli interessi di datori di lavoro, lavoratori e particolari tipologie di attività, come agricoltori, artigiani, piccole imprese, libere professioni, consumatori, insegnanti, cooperative, famiglie, movimenti ecologici) e il Comitato delle regioni (COREG)58, con i suoi 353 membri provenienti da enti locali e regionali. Relativamente al Comitato sociale ed economico, così come a quello delle regioni, questi costituiscono luoghi istituzionali di rappresentanza diretta degli interessi, caratterizzandosi per essere allo stesso tempo decisore pubblico (per il fatto che forniscono, in qualità di istituzioni, assistenza e pareri agli organi legislativi dell’Unione e quindi sono in grado di incidere attivamente sul processo legislativo) e gruppi di pressione, o lobbies (infatti rappresentano agli organi legislativi le istanze e gli interessi in generale delle categorie che essi rappresentano). Tuttavia in dottrina si è riscontrato come queste istituzioni, nel contesto annuale, siano in grado di incidere poco sulle decisioni finali59. Oltre a questi due comitati, vi sono anche i Comitati nazionali, come il COREPER, il

57

Per una definizione del ruolo e delle funzioni che il Comitato svolge si veda http://eur-lex.europa.eu/summary/glossary/european_economic_social_committee.html;

https://europa.eu/european-union-about-eu/institutions-bodies/european-economic-social-committee_it.

58

Per una definizione del ruolo e delle funzioni che il Comitato svolge si veda http://eur-lex.europa.eu/summary/glossary/committee_regions.html;

https://europa.eu/european-union/about-eu-institutions-bodies/committee-regions.it.

59

L’inefficacia del Comitato Economico e Sociale dell’Unione a rappresentare le istanze dei gruppi organizzati (o anche solo a farsene portatore) è sottolineato da Philippe C. Schmitter in Come democratizzare l’Unione Europea e perché, il Mulino, 2000, spec. p. 52, e da numerosi autori nel volume curato da Antonio Varsori, Il comitato economico e sociale

nella costruzione europea, Marsilio 2000, in Petrillo Pier Luigi, Democrazie sotto pressione. Parlamenti e lobby nel diritto pubblico compatato, Giuffrè, Milano, 2011, p. 247.

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Comitato dei rappresentanti permanenti, art. 240 TFUE, responsabile della preparazione dei lavori del Consiglio, composto da rappresentanti dei paesi dell’Unione aventi il rango di ambasciatori e diplomatici degli Stati membri presso l’Unione europea e presieduto dal paese dell'UE che esercita la presidenza del Consiglio. Vi sono anche altri Comitati, come il COSI, il Comitato permanente per la sicurezza interna dell’Unione, composto da rappresentanti dei Paesi membri, ex art. 71 TFUE; il CPS, il Comitato politico e di sicurezza permanente presso il Consiglio ex art. 38 NTUE; il Comitato per l’occupazione, che fornisce consulenza ai ministri per l’Occupazione e gli affari sociali all’interno del Consiglio “occupazione e affari sociali” EPSCO, art. 150 TFUE. Poi vi sono i Comitati che partecipano ai processi decisionali della Commissione, la quale ha il potere di iniziativa legislativa, e che possono essere costituiti dalla stessa di volta in volta in ragione delle decisioni da prendere60. I comitati su esposti hanno il compito di mettere a conoscenza gli organi legislativi e decisionali dell’Unione delle preoccupazioni dei destinatari delle nuove leggi attraverso pareri e quindi di influire sulle politiche dell’Unione. In Europa vi sono anche istituzioni che, pur non avendo una funzione legislativa, hanno il potere di incidere sulle politiche europee in settori specifici. A tale riguardo vi è la Banca centrale europea (BCE)61, la quale definisce e attua la politica economica e monetaria dell’Unione fissando i tassi di interesse ai quali concedere prestiti alle banche commerciali dell’eurozona, controllando l’offerta di moneta e l’inflazione, gestendo le riserve di valuta estera dell’eurozona e l’acquisto o la vendita di valute, ecc. Inoltre vi è la Banca europea per gli investimenti (BEI)62 la quale svolge diverse funzioni, tra cui erogare prestiti a condizioni favorevoli per operazioni di sostegno e sviluppo dell’Unione nei confronti di clienti di tutte le dimensioni, attraverso gli organi che la compongono, quali il consiglio dei governatori, il consiglio di amministrazione, il comitato di gestione e quello di verifica. Tutte queste istituzioni comunitarie giocano un

60

http://eur-lex.europa.eu/summary/glossary/experts_committees.html.

61 Per una definizione del ruolo e delle funzioni della BCE si veda

https://europa.eu/european-union/about-eu/institutions-bodies/european-central-bank_it.

62

Per la definizione del ruolo e delle funzioni della BEI si veda https://europa.eu/european-union/about-eu/institutions-bodies/european-investment-bank_it.

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24

ruolo fondamentale nel tracciare la rotta dell’Unione, e questo perché esse sono chiamate ad esprimersi con pareri oppure perché emanano atti vincolanti, quali le normative, con riguardo a specifici settori della vita dell’UE. Esse costituiscono i principali decisori pubblici dell’Unione ed è intorno a questi soggetti che gravitano i gruppi di pressione. In altre parole, è nei riguardi dei componenti degli organi di dette istituzioni che i lobbisti si rivolgono per rappresentare gli interessi dei propri clienti, cioè delle lobbies, o gruppi di pressione63.

1.3 Le problematiche connesse alla rappresentanza degli interessi. L’oggetto della ricerca.

L’attività di lobbying può portare all’emergere di diverse criticità64

. Innanzitutto vi è l’aspetto della trasparenza del rapporto tra lobbista e decisore pubblico, vale a dire l’esistenza o meno di un sistema di tracciabilità degli incontri e degli eventuali accordi all’interno di un registro, ma anche e soprattutto l’aspetto relativo all’obbligo d’iscrizione nel registro di detti soggetti che, qualora non sussista, impedisce che si realizzi una piena trasparenza del sistema65. Vi sono poi ulteriori risvolti problematici che interessano il lobbying. Essi riguardano il finanziamento dei partiti politici, quindi la preoccupazione circa l’individuazione di “chi finanzia chi”, di quali siano i soggetti dai quali i decisori pubblici abbiano ottenuto finanziamenti. Questo perché, dal momento che è indubbio che l’ottenimento di un’elargizione di denaro comporti il sorgere di un obbligo ad una contropartita, risulta allora necessario che il rapporto di do ut des che si instaura tra un decisore pubblico e un soggetto finanziatore della sua

63

Per un approfondimento sulle categorie dei decisori pubblici inglesi si veda infra, capitolo 4, par. 2 – 3.

64

Per l’individuazione delle problematiche si veda Lifting the Lid on Lobbying: The Hidden

Exercise of Power and Influence in the UK, Transparency International UK publications,

http://www.transparency.org.uk/publications/liftthelid/.

65

Lifting the Lid on Lobbying: The Hidden Exercise of Power and Influence in the UK”, Transparency International UK publications, p. 15

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25

campagna elettorale possa essere soggetto ad un regime di trasparenza e che quindi possa essere conosciuto dal cittadino elettore al fine poter scegliere i propri rappresentanti in modo consapevole66. In secondo luogo vi sono l’integrità e gli standard di condotta del decisore pubblico. In tale ambito rientrano sia la pratica del “revolving doors”, o le c.d. “porte scorrevoli”, che prevede il passaggio dal ruolo di lobbista a quello di decisore pubblico (e viceversa), sia la prassi dell’accettare pagamenti in cambio della promozione di interessi di particolari gruppi sfruttando la propria carica che corrisponde al caso in cui il decisore pubblico è allo stesso tempo lobbista, trovandosi a svolgere i due ruoli contemporaneamente67. Entrambe le prassi legate all’integrità sollevano serie preoccupazioni circa i conflitti di interesse che si vanno a realizzare come loro diretta conseguenza. In questo contesto risulta di particolare interesse la recente vicenda che sta riguardando l’ex presidente della Commissione europea José Manuel Durao Barroso. Bruxelles ha deciso infatti di fare analizzare il contratto tra Barroso e la banca d’affari Goldman Sachs da parte di un comitato etico ad hoc per verificare che non vi sia conflitto d’interessi e che Barroso abbia rispettato il requisito di tenere un comportamento integro e discreto dopo la fine dell’incarico nelle istituzioni europee, come dispone a tal proposito l’articolo 245 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea, nel caso dell’accettazione di nuove assegnazioni o di altri benefici. Secondo l’attuale presidente della Commissione, Jean – Claude Juncker, il nuovo impegno qualificherebbe Barroso come portatore d’affari e quindi egli dovrebbe rispettare le regole previste per i lobbisti presso le istituzioni europee. In una lettera al mediatore europeo Emily O’Reilly, Juncker ha affermato infatti che l’ex numero uno della Commissione dovrà essere ricevuto in Commissione non come ex presidente, bensì come lobbista e che quindi debba gravare su di lui l’obbligo di iscriversi al registro della trasparenza, pena il divieto di accesso alle istituzioni europee. Barroso ha risposto alle accuse di mancanza di integrità personale rivoltegli da Juncker con una lettera all’attuale presidente

66 Petrillo Pier Luigi, Democrazie e lobbies: è tempo di regolare la pressione, Forum di

quaderni costituzionali, 2015, n. 7, p. 1 – 8 , spec. p. 3.

67

Lifting the Lid on Lobbying: The Hidden Exercise of Power and Influence in the UK, Transparency International UK publications, p. 18

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26

nella quale accusa a sua volta l’esecutivo europeo di essere discriminatorio e incoerente rispetto alla linea ed ai comportamenti tenuti nei confronti degli altri membri della Commissione. Il mediatore europeo, nonostante Barroso abbia accettato il nuovo incarico dopo che sono trascorsi 18 mesi dal precedente presso la Commissione, ha chiesto al comitato etico di esprimere un’opinione il prima possibile, data la grande preoccupazione pubblica attorno alla vicenda. Infatti, la questione è stata sollevata dall’Union for

Unity (U4U)68, il sindacato dei dipendenti delle istituzioni dell’Unione

europea, che ha lanciato su Change.org una petizione online69 aperta a tutti i cittadini europei per richiedere un’implementazione delle disposizioni relative al fenomeno del “revolving door” ed anche misure70

contro il comportamento di Barroso che disonorerebbe l’Unione europea per il fatto che la Goldman risulterebbe implicata sia nella crisi dei mutui sub – prime, che hanno causato la ben nota crisi finanziaria del 2007 – 2008, che nella crisi del debito greco71. Tornando alla disamina delle problematicità che sorgono in relazione allo svolgimento dell’attività di lobbying, in terzo luogo vi è la mancanza di un equo accesso alla rappresentanza degli interessi presso il decisore pubblico, laddove invece andrebbe garantita la concorrenza tra i diversi operatori privati72. Infatti, in mancanza di una regolamentazione dell’attività lobbistica che obblighi il decisore pubblico a rendere noti i lobbisti che è andato di volta in volta ad incontrare, egli può decidere liberamente di ascoltare soltanto alcuni lobbisti e non altri. L’obbiettivo dovrebbe essere invece assicurare l’imparzialità del decisore pubblico (principio, per l’Italia, espresso all’articolo 97, comma 2, Costituzione della Repubblica italiana: “I pubblici uffici sono organizzati

68

Per maggiori informazioni sul sindacato dei dipendenti delle istituzioni europee si veda la pagina web http://www.u4unity.eu/.

69

https://www.change.org/p/for-strong-exemplary-measures-to-be-taken-against-jm-barroso-for-joining-goldman-sachs-international.

70

L’Union for Unity chiede la sospensione dell’indennità di pensione di Barroso come ex funzionario europeo e la sospensione di tutti gli eventuali titoli onorifici legati alle istituzioni europee.

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Articolo del Fatto Quotidiano del 12 settembre 2016,

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/09/12/barroso-a-goldman-sachs-il-contratto-dellex-presidente-ue-con-la-banca-daffari-sotto-la-lente-di-un-comitato-etico/3027226/.

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Lifting the Lid on Lobbying: The Hidden Exercise of Power and Influence in the UK, Transparency International UK publications, p. 24 e Petrillo Pier Luigi, ult. op. cit., p. 2 –

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