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Il Business Model e le prospettive del mercato del surf, il caso Rrd

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di economia e management Corso di laurea in Strategia, Management e Controllo

TESI DI LAUREA

Il Business Model e le prospettive del mercato del surf: Il caso RRD

RELATORE: Prof. Giulio Greco

CANDIDATO: Dr. Francesco Vannacci

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Sommario

RIASSUNTO  ANALITICO  ...  5  

PREFAZIONE  ...  5  

INTRODUZIONE  ...  7  

CAPITOLO  1:  COS’È  UN  BUSINESS  MODEL  ...  9  

VALUE  PROPOSITION  ...  11  

VALUE  CAPTURE  ...  12  

VALUE  CREATION  ...  13  

VALUE  NETWORK  ...  14  

BUSINESS  MODEL  E  VALORE  ...  17  

BUSINESS  MODEL  E  STRATEGIA  ...  18  

BUSINESS  MODEL  E  ALLINEAMENTO  ORGANIZZATIVO  ...  19  

BUSINESS  MODEL,  RISORSE  E  ATTIVITÀ  ...  20  

BUSINESS  MODEL,  COSTI  E  RICAVI  ...  21  

BUSINESS  MODEL  E  INNOVAZIONE  ...  21  

IL  BUSINESS  MODEL  CANVAS  ...  23  

CUSTOMER  SEGMENTS:  ...  24   VALUE  PROPOSITION:  ...  25   CHANNELS:  ...  28   CUSTOMER  RELATIONSHIP:  ...  29   REVENUE  STREAMS:  ...  30   KEY  RESOURCES:  ...  33   KEY  ACTIVITIES:  ...  34   KEY  PARTNERSHIPS:  ...  35   COST  STRUCTURE:  ...  37  

CAPITOLO  SECONDO:  CRITICA  AL  BMC  ...  39  

BUSINESS  MODEL  CANVAS  E  STRATEGIA  ...  39  

PROCESSO  DI  DESIGN  CON  IL  BUSINESS  MODEL  CANVAS  ...  40  

CRITICISMI  E  DISCUSSIONI  IN  LETTERATURA  SUL  BMC,  PUNTI  DI  FORZA  E  DEBOLEZZA  ...  44  

VALUE  MODEL  CANVAS  ...  46  

LEAN  BUSINESS  MODEL  CANVAS  ...  47  

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CAPITOLO  3:  BUSINESS  CASE  ...  51  

PERFORMANCE  DI  RICCI  INTERNATIONAL  S.R.L.  E  MONTECRISTO  S.R.L.  ...  51  

INDICI  DI  COMPOSIZIONE  PATRIMONIALE  ...  55  

INDICI  DI  COPERTURA  FINANZIARIA  ...  58  

INDICI  DI  SOLVIBILITÀ  ...  61  

INDICI  REDDITUALI  ...  69  

ANALISI  DEL  CASH  FLOW  ...  75  

STORIA  DEL  MONDO  RRD  ...  78  

IL  BUSINESS  MODEL  CANVAS  DI  RICCI  INTERNATIONAL  S.R.L.  ...  80  

VALUE  PROPOSITION  ...  81   KEY  PARTNERS  ...  85   KEY  ACTIVITIES  ...  86   KEY  RESUORCES  ...  87   REVENUES  STREAM  ...  89   COST  STREAM  ...  89   CUSTOMER  SEGMETS  ...  90   CHANNEL  ...  91   CUSTOMER  RELATIONSHIP  ...  92  

IL  BUSINESS  MODEL  CANVAS  DI  MONTECRISTO  S.R.L.  ...  93  

VALUE  PROPOSITION  ...  94   KEY  PARTNERS  ...  95   KEY  ACTIVITIES  ...  96   KEY  RESUORCES  ...  97   REVENUES  STREAM  ...  98   COSTS  STREAM  ...  98   CUSTOMER  SEGMETS  ...  99   CUSTOMER  RELATIONSHIP  ...  99   CHANNELS  ...  99   CONCLUSIONI  ...  100   RINGRAZIAMENTI  ...  103   BIBLIOGRAFIA  ...  104  

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Riassunto analitico

Il mio lavoro si propone di fornire le basi per la comprensione e l’utilizzo del “Business Model Canvas” (BMC) nonché evidenziare i suoi punti di forza e di debolezza. Nella seconda parte dell’elaborato il BMC sarà applicato su due aziende operanti nella zona di Grosseto. La Ricci International s.r.l. e la Montecristo s.r.l. fanno capo allo stesso soggetto economico, Roberto Ricci. Le due aziende operano in due settori completamente diversi, rispettivamente attrezzature sportive e capi di abbigliamento firmati; la Montecristo s.r.l. è concessionaria del marchio RRD, di proprietà della Ricci International s.r.l., questo mette le due aziende in una relazione molto forte, tanto da poter dire che non esisterebbe l’una senza l’altra. È possibile affermare che si tratta di due aziende che fanno parte di un unico gruppo non formalmente costituito.

Prefazione

Arrivato ormai alla fine del mio percorso di studio, mi sono trovato a riflettere su cosa volessi fare della mia vita, in cosa mi sentissi più adatto, più vocato, valutando perciò il campo di lavoro in cui avrei voluto confrontarmi. Lo strategic management è stato il risultato di questa riflessione, perciò in questo lavoro espongo l’analisi di uno strumento che può aiutare prima di tutto me stesso, ma anche tutti coloro che pensano di avere le qualità per diventare gli imprenditori del domani.

L’oggetto del mio lavoro è il “Business Model Canvas” ideato da Alexander Osterwalder e Yives Pigneur. Si tratta, come vedremo in seguito, di uno strumento molto versatile e intuitivo che permette di descrivere mediante un pattern grafico come funziona o dovrebbe funzionare un business.

Il mio elaborato propone un’analisi dettagliata del BMC, dei suoi punti di forza e debolezza, per offrire spunti utili su come usare questo strumento. Successivamente, nella seconda parte del mio lavoro, tratterò il caso di due aziende indissolubilmente legate tra di loro dallo stesso soggetto economico, la Ricci International s.r.l. e la Montecristo s.r.l. La prima produce attrezzature per gli sport acquatici da tavola, mentre la seconda produce abbigliamento di alta gamma. In queste due aziende il protagonista è senza dubbio l’imprenditore, Roberto Ricci; entrato in affari nei primi anni novanta come produttore di tavole da windsurf nel suo garage, adesso si trova a dirigere un gruppo (anche se formalmente non costituito) con un giro di affari di quasi 30 milioni. Il

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suo marchio RRD (Roberto Ricci Design) adesso è conosciuto in più di 60 paesi. Un successo sorprendente, che senza dubbio ha attirato l’attenzione di molti, compresa la mia.

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Introduzione

For the past three decades, the academic literature has warned companies against depending solely on efficiency improvements to stay competitive (e.g., Normann, 2001;

Porter, 1996).

Questa affermazione sembra essere del tutto pertinente con gli sviluppi della oramai lontana (per il tempo trascorso) ma ancora attuale, ultima crisi finanziaria. Le note conseguenze di tale crisi sono generalmente ascrivibili ad un calo della domanda in molti settori che ha fatto crollare a picco le performance delle aziende colpite. In risposta a tali contingenze, molte aziende si sono impegnate nel taglio dei costi e nel miglioramento dell’efficienza nel tentativo di recuperare redditività (Nadler & Spencer, 2009). Tuttavia le imprese che riescono a ristabilire performance soddisfacenti, basate su un miglioramento dell’efficienza ed efficacia operativa, difficilmente potranno beneficiarne in un ottica di lungo periodo, poiché i competitor potranno copiare le migliori best practices sul mercato e livellarsi alla prestazioni dei leader del settore. Un modo migliore per le imprese di aumentare le performance è concentrarsi sulla crescita dei ricavi (Berman, Christner & Bell, 2010). Un consiglio per sostenere la crescita e la redditività in ottica di lungo periodo, in un contesto in cui il vantaggio competitivo si erode molto velocemente, è quello di considerare l’innovazione strategica, un processo che ridefinisce la clientela, la proposta di valore e i metodi per distribuirlo (Govindaranjan & Trimble, 2005).

Esistono infiniti modi per portare innovazione, uno di questi è innovare il proprio modello di business, come affermano Osterwalder e Pigneur (Business Model Generation, 2010, p. 14), “A business model describes the rationale of how an organization creates, delivers, and captures value”. I due autori propongono uno strumento versatile, intuitivo e innovativo, utile per portare innovazione o persino creare nuovi modelli di business, il “Business Model Canvas”.

Tuttavia “innovazione” è un concetto molto ampio sul quale, in letteratura sono state “investite” molte parole. Innovare, parlando in termini strategici richiede lo sforzo di

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cambiare la prospettiva di analisi e di pensiero, percependo l’impresa in un’ottica olistica, arrivando a quella che viene comunemente chiamata visione d’insieme.

Il presente elaborato quindi sarà strutturato in due parti; nella prima verrà affrontata la definizione di cosa è in generale un business model, trattate le caratteristiche del BMC, i suoi punti di forza e debolezza nonché alcune varianti elaborate dalla dottrina.

Nella seconda parte invece verrà applicato il BMC a due aziende situate nei pressi di Grosseto, la Ricci International s.r.l. e la Montecristo s.r.l. Nel primo caso si tratta di un’zienda che abbraccia un’ampia fetta del mercato del surf, producendo e vendendo attrezzatura sportiva necessaria a praticare tutti gli sport acquatici che richiedono una tavola; la seconda azienda invece produce e vende abbigliamento di alta gamma, entrambe le aziende sfruttano il marchio RRD (Roberto Ricci Design).

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Capitolo 1: Cos’è un Business Model

Ogni azienda implementa un modello di business con lo scopo di ottenere un vantaggio competitivo, obiettivo molto difficile da raggiungere che spesso le aziende non riescono ad ottenere. Una delle ragioni del perché le aziende falliscono nella ricerca di questo vantaggio, è ascrivibile al fatto che i manager non comprendono a pieno i modelli di business delle loro aziende, i loro building block (elementi costitutivi) e il loro potenziale (Marko Perić, Vanja Vitezić & Jelena Durkin, 2017, p.1).

Una ricerca effettuata nell’agosto ‘18 usando le parole chiave “Business Model” su Google e Google Scholar ha prodotto rispettivamente 2.940.000.000 e 2.500.000 risultati. Un incremento significativo rispetto alla medesima ricerca, effettuata nel dicembre ‘15, la quale aveva prodotto 25.000.000 di risultati su Google e 450.000 su Google Scholar (Fonte propria, 2018).

Possiamo dunque affermare con ragionevole certezza che negli ultimi anni si sia creato un certo interesse in campo accademico sull’argomento “business model”. Tuttavia è evidente che manchi una precisa definizione: Un BM è il riflesso della proposta core di valore per i clienti, della configurazione della sua rete di relazioni per fornire quel valore e della sua sostenibilità (Osterwalder, Pigneur, e Tucci 2005; Voelpel et al. 2005); o ancora, è una rappresentazione sintetica della logica e delle scelte strategiche sottostanti un’azienda per ottenere un vantaggio competitivo sostenibile, o ancora; un BM è una rappresentazione semplificata delle attività rilevanti di un’azienda (Wirtz et al. 2016); il modo in cui un’impresa struttura le proprie attività (Onetti et al. 2012); la storia che spiega come un’azienda funziona (Magretta 2002).

A discapito della mancanza di una definizione di BM e in accordo con Shafer, Smith e Linder (2005), tale lacuna è in parte ascrivibile ai differenti approcci e prospettive di analisi con cui si affronta questo concetto. Gli accademici però concordano che il BM sia una descrizione astratta di come un’azienda crei e catturi il valore.

L’importanza del concetto di valore nella letteratura del BM è visibile attraverso l’analisi della frequenza con cui viene usato nei testi accademici (Marko Perić, Vanja Vitezić & Jelena Durkin, 2017). Il più delle volte definito come prodotto dipendente dal

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funzionamento dell’azienda o più precisamente, come risultato dello sfruttamento delle opportunità di un business (Amit e Zott, 2010), il valore rimane al centro delle varie definizioni di BM.

Per semplicità considereremo che il valore più rilevante per un’azienda è di due tipi:

• Il valore creato allo scopo di soddisfare i bisogni dei clienti o degli utenti finali (vedi Zolnowski et al. 2013, Nosratabadi, e Bahrami, 2015).

• Il valore creato e catturato dalla stessa azienda per innovare e/o raggiungere altri obiettivi mettendo in pratica la strategia dell’azienda (vedi Shaffer, Smith, e Linder 2005, Osterwalder e Pigneur 2010).

Considerando che il valore non si presenta da solo, è necessario e cruciale che si apportino risorse sufficienti, che vengano trasformate in prodotti o servizi che permettano di percepire tale valore e che vengano consegnati ai clienti attraverso diversi canali di distribuzione. Tutto questo necessita di uno specifico contesto strategico (Marko Perić, Vanja Vitezić & Jelena Durkin, 2017). Per questo vari elementi strategici, come mission, governance, network etc, vengono molto spesso inseriti nel contesto del BM. Tuttavia è necessario operare una distinzione tra BM e strategia. Un BM si concentra maggiormente sul ruolo della clientela (Zott, Amit, e Massa, 2011), mentre la strategia pone l’accento sul contesto competitivo e sul bisogno di posizionamento sul mercato (Magretta 2002; Tikkanen et al. 2005; Casadeus-Masanell e Ricart , 2010).

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In figura 1 viene rappresentato un generico BM con le quattro categorie che compongono l’essenza di questo modello, ovvero: Value capture, Value creation, Value

proposition, Value network. Esse sono tutte orientate verso il concetto di valore in senso

lato e ogni categoria è posizionata per rappresentare graficamente le relazioni con l’organizzazione (interne) e con l’ambiente (esterne).

• Value proposition: è un concetto che spiega quali sono i benefici in termini di prodotti o servizi che un’azienda apporta e a chi li apporta.

• Value capture: definisce come un’organizzazione attraverso meccanismi interni riesca a produrre entrate finanziarie generate dalla proposta di valore.

• Value creation: una volta definita la proposta di valore e come catturare tale valore − elementi distinti del BM − l’attenzione si sposta sugli aspetti operativi di come, in pratica, viene creato il valore.

• Value network: rappresenta l’importanza che un’azienda si focalizzi sulle proprie competenze esternalizzando le altre attività o collaborando attraverso

partnership con altre organizzazioni.

Analizziamo nel dettaglio le quattro macro aree del generico BM. Value proposition

La proposta di valore, come citato sopra, spiega i benefici che l’azienda apporta e a chi li apporta. Per tale ragione si evince la grande importanza che questa area del BM riveste. Infatti è un concetto che ha una grande diffusione in ambito accademico. Chesbrough e Rosenbloom (2002), Voelpel, Leibold e Tekie (2004), Osterwalder, Pigneur e Tucci (2005), Kandampully (2006) e Carayannis, Sindakis e Walter (2015), sono solo alcuni degli autori che definiscono il concetto di proposta di valore come il centro delle attività di un’organizzazione che si sforza di rimanere sostenibile, remunerativa e attrattiva (Marko Perić, Vanja Vitezić & Jelena Durkin, 2017). In più, nelle condizioni di complessità in cui ci troviamo oggi, la proposta di valore dovrebbe fornire un valore sociale e/o ambientale incorporati all’interno del prodotto/servizio offerto, in sinergia con il valore economico (Boons e Lüdeke Freund, 2013; Faganel, Biloslavo e Janeš, 2016). Analizzando i consumatori dei prodotti/servizi finali bisogna

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distinguere tra aziende for-profits e aziende no-profits. Per le prime è necessario usare il concetto di cliente, tradizionalmente le seconde vedono la loro domanda come beneficiari, mentre per le organizzazioni ibride, soprattutto quelle che vengono chiamate social enterprises, si rompe quella dicotomia tra cliente pagante e beneficiario fornendo un bene/servizio che quando consumato offre anche un valore sociale (Battiliana J., M. Lee, C. Walker e C. Dorsey., 2012). Nel BM generico riportato in figura1 beneficiari e clienti vengono considerati come destinatari finali di beni o servizi. Value capture

Si tratta di un concetto chiave nel processo di design di un BM ed è espressione dei meccanismi mediante i quali un’azienda riesce a produrre entrate finanziarie e non, sfruttando la sua proposta di valore. L’attenzione di alcuni studiosi si è spostata verso una concezione più omnicomprensiva di questo concetto, allargando la prospettiva di analisi e comprendendo anche quegli aspetti non prettamente finanziari (vedi Shafer, Smith e Linder, 2005; Teece, 2010; Abdelkafi e Täusher, 2015; Roome e Louche, 2016). Marko Perić, Vanja Vitezić e Jelena Durkin, (2017) propongono due elementi che insieme vanno a identificare il concetto di value capture: profit formula e non-profit

formula. Le domande su quanto deve essere grande un’organizzazione per raggiungere

il break even, quale sia la corretta struttura dei costi fissi e variabili, quanti ricavi sia possibile ottenere definendo margini lordi e netti, quanto veloce deve essere il turn over degli assets, definiscono quella che viene chiamata profit formula (Johnson, Crhistensen e Kagerman, 2008; Abdelkafi, Makhotin e Posselt, 2013; Maltzer et al., 2013). Considerando la complessità del contesto ambientale, del concetto di crescita sostenibile e di necessità di innovazione come risorse competitive è possibile inquadrare la non

profit formula in due elementi chiave:

• Intellectual added value capital — È quella forma di conoscenza che può essere trasformata in profitti futuri e comprende varie risorse quali, idee, tecnologie, design, processi, invenzioni e software (Sullivan, 1999; Liu, 2011). Viene calcolato per differenza tra l’output intellettuale dell’azienda e il costo dell’input di capitale intellettuale. A differenza della proprietà intellettuale, che può essere protetta mediante vari strumenti legali (es brevetti), il capitale intellettuale è più

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intangibile ed è difficilmente difendibile tramite strumenti legali, ma combinato con un buon management crea extra valore (Marko Perić, Vanja Vitezić & Jelena Durkin, 2017).

• Public social value — È difficile dare una precisa definizione di social value perché dipende dal tipo di azienda, dai driver della loro mission e dal sistema delle relazioni con gli stakeholder, interni ed esterni. Per esempio, nel caso delle cooperative, la loro organizzazione interna e i principi diffusi (democrazia, cooperazione, contributi alla comunità etc.) rappresentano valore per se stesse, mentre in altre organizzazioni aumentare il consenso pubblico verso le proprie attività rappresenta un importante valore e un motivo che spinge a impegnarsi a ottenere e mantenere consenso sociale (Battiliana et al., 2012). L’idea di mettere il valore sociale e gli interessi degli stakeholder all’interno del BM non è completamente nuova, alcuni ricercatori hanno realizzato vari BM usando i concetti di social value/social profit formula (e.g. Yunus, Moingeon e Lehmann-Ortega 2010; Pels e Kidd, 2015). È importante sottolineare (come affermano Perić et al.) che i concetti di profit formula e non-profit formula sono entrambi importanti per vari tipi di aziende, ma probabilmente con intensità diverse. Le imprese sociali sono, indipendentemente dalla loro mission, molto attente agli elementi della profit formula allo scopo di assicurarsi sostenibilità economica. Allo stesso tempo, le aziende orientate al profitto devono tenere presente che concentrarsi solo sul mero profitto, senza apportare un contributo al capitale intellettuale e apportare benefici sociali potrebbe rivelarsi un orientamento di breve periodo nel condurre un business.

Value creation

Avendo fissato i concetti di value proposition e value capture come elementi separati di un BM, l’attenzione si sposta, (in accordo con Perić et al.) sugli aspetti più operativi di un’organizzazione, cioè sul modo in cui il valore, in senso stretto, viene prodotto. Value creation è quindi identificabile come la capacità di un’azienda di creare valore e deriva dal modo in cui le proprie risorse vengono organizzate e i propri processi vengono svolti. Sebbene il collegamento tra lo sfruttamento delle risorse e la produzione di

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benefici per l’azienda stessa sia ovvio, l’enfasi del concetto di value creation si sposta sui meccanismi operativi necessari a produrre e a distribuire il valore all’utilizzatore finale del servizio/prodotto, beneficiario o cliente pagante che sia. La definizione di value creation include anche la dinamica della trasformazione delle risorse, che altro non è che la governance delle transazioni configurate per creare valore (Amit e Zott, 2001; Voelpel, Leibold e Tekie, 2004; Zott e Amitt, 2007; Zähinger et al, 2001; Abdelkafi, Makhotin e Posselt, 2013; Roome e Louche, 2016). Infatti la scelta di quali “risorse collo di bottiglia” acquistare/controllare per creare e catturare valore è uno dei problemi chiave per configurare un BM sostenibile (Teece, 2010). Perić et al. propongono: dipendenti, infrastrutture, tecnologie, informazione e proprietà intellettuale quali cinque risorse interdipendenti. Inoltre il valore e il peso degli intangible asset sono aumentati nel corso degli anni e spesso costituiscono una porzione significativa del valore di un business (Gomezelj Omerzel e Gulev, 2011). Al giorno d’oggi gli intangible asset rappresentano la maggior risorsa in grado di favorire la crescita della produttività di un’azienda destando di conseguenza un grande interesse degli investitori. Quindi, come sostengono Perić et al., la proprietà intellettuale, vista come il risultato del lavoro combinato di tutti i dipartimenti in processi creativi ed innovativi nel tentativo di favorire e proteggere la sostenibilità di un brand, può facilitare la creazione e lo sviluppo di partnership e relazioni che apportano benefici all’azienda. Con il continuo cambiamento dei servizi e prodotti offerti e immessi sul mercato, le aziende devono costantemente innovare i loro processi chiave; questo include non soltanto i processi di produzione in sé, come la trasformazione degli input, ma anche le attività di marketing,

information & comunication tecnology (ICT), Human resource managing (HRM),

infrastrutture e innovazione del decision making process. Inoltre la creazione del valore e la sua distribuzione verso il destinatario finale sono spesso trattati come unico elemento di un BM (Abdelkafi e Täuscher, 2016; Roome e Louche, 2016).

Value network

Come affermano Perić et al. è molto importante per ogni azienda concentrarsi sulle proprie competenze core, e servirsi dell’outsourcing o collaborare con vari partner per tutte le altre attività secondarie. Le aziende dovrebbero elaborare nuove strategie di

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sviluppo del valore di network (Hamel, 2000), creando un nuovo sistema di valore all’interno del quale differenti attori economici (fornitori, partner, clienti/beneficiari, distributori, alleati e altre forme di coalizione) lavorino verso un fine comune, la

co-produzione del valore. Value network viene chiamato anche “ecosistema“ (vedi

Chesbrough, 2007), mettendo in risalto il coinvolgimento di vari stakeholder (Voelpel, Leibold e Tekie, 2005; Kesting, 2015). In aggiunta, da questo punto di vista, molte delle relazioni esterne possono avere una grande influenza sul processo di produzione e cattura del valore di un’azienda (Ge, Hisrich e Dong, 2009; Puslecki e Staszkow, 2015; Wirtz et al., 2016). L’interazione del value network e le altre macro-aree del BM, nell’ottica di una co-produzione nel processo di creazione del valore può avere un impatto diretto sui processi interni e sulle competenze di un’organizzazione; per esempio i canali di distribuzione, talvolta, vengono trattati come una parte dell’area clienti (Ostrwalder, Pigneur e Tucci, 2005; Zähiringer et al.,2011) appartenente al value

network rappresentando un collegamento immediato con i processi di distribuzione del

valore all’interno della area value creation. Questa interdipendenza fra macro-aree del BM può determinare l’acquisizione di esperienze e competenze nell’ottica di un aumento della fiducia con i partner e di nuova conoscenza mirata a realizzare valore così come a distribuirlo.

Fornendo una sintesi dell’essenza di quello che vogliono rappresentare queste quattro macro-aree, un business model spiega l’interazione tra l’organizzazione delle risorse di un’azienda con l’ecosistema dei partner al fine di creare e distribuire valore per l’utilizzatore finale e l’azienda stessa (Perić et al., 2017).

Tuttavia avendo fornito solo una delle definizioni che si possono attribuire al concetto di business model non ritengo che si sia inquadrato a pieno questo complesso argomento. Dunque voglio fornire una seconda prospettiva di cosa sia, a cosa serva, ovvero lo scopo, e di tutta una serie di elementi che rientrano nell’area del BM.

Dall’analisi di trenta definizioni in una ricerca condotta da Morris et al. (2005), sono emerse tre classificazioni generali di BM; economica, centrata sui profitti che si possono ottenere con un certo BM, nonché sulla struttura dei costi e dei ricavi; operativa, che si concentra sulla configurazione dello sfruttamento delle risorse, quindi

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sulla creazione di valore mediante il design delle infrastrutture di un BM; strategica, che è sbilanciata verso il posizionamento competitivo, quindi prendendo in considerazione fattori come prospettive di crescita e posizionamento di mercato. Nella solita ricerca (Morris et al., 2005) i concetti inerenti al BM più discussi sono: l’offerta di valore, modelli economico finanziari, l’interfaccia rivolta alla clientela e la rete di relazioni con i partner chiave. La definizione del concetto di BM si sovrappone inevitabilmente con lo scopo dello stesso, ovvero, l’offerta di valore e i modelli economico/finanziari sono collegati al fine economico che un BM deve perseguire.

L’interfaccia con la clientela e la rete di relazioni con i partner sono connessi invece, con lo scopo strategico (Bastian Coes et al, 2014). Per esempio, “Un business model riflette le ipotesi del management su cosa vogliono i clienti, come lo vogliono e quanto vorrebbero pagare e come un’organizzazione può gestire le risorse per andare incontro al meglio ai bisogni dei clienti ed essere ben pagati per farlo” (Teece, 2010, p. 191) oppure, un insieme di descrizioni su come un’azienda si organizza per creare e distribuire valore in modo da generare profitti (Baden-Fuller e Morgan, 2010, p. 157); ancora, un BM è la struttura organizzativa e finanziaria di un business (Chesbrough e Rosenbloom, 2002); infine “uno strumento concettuale contenete un set di elementi, concetti e relazioni tra di essi per esprimere la logica di un business di una specifica azienda” (Osterwalder et al, 2005, p. 1). In breve, sostiene Bastian Coes (2014), un BM è una descrizione di come funziona un business, che tipo di valore distribuisce e come viene comunicato e trasferito al consumatore finale.

Come accennato sopra la definizione di BM si sovrappone con la definizione di cosa è chiamato a svolgere ovvero quale sia il suo scopo. In Zott et al. (2010, 2011) un BM ha lo scopo di fornire una prospettiva di analisi, oppure un approccio olistico, quindi svolge la funzione di ausilio all’analisi di un certo business; in sostanza viene visto come uno strumento di analisi. Altri, come Chesbrough e Rosembloom (2002) evidenziano la funzione di “mediatore” tra struttura e valore potenziale insito nelle tecnologie, ovvero si tratta sempre di uno strumento che offre l’opportunità ai manager di catturare il valore latente insito nella tecnologia e renderlo commerciabile trovando la giusta proposta di valore, il segmento di clientela, la struttura dei costi, il valore latente, il valore di network e la giusta strategia competitiva.

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Per concludere, possiamo sostenere che lo scopo principale di un BM sia quello di fungere da strumento di analisi di un determinato business, e quello di fare da anello di congiunzione tra nuove idee o tecnologie e potenziali clienti comprendendo un metodo per creare, catturare e infine distribuire valore.

Sulla base dello studio condotto da Bastian Coes (2014) nella letteratura accademica il concetto di BM compare numerose volte associato ad altri concetti importanti della letteratura manageriale, verranno esposti i principali.

Business Model e valore

Ci sono molte teorie che cercano di spiegare come il valore viene creato all’interno di un sistema azienda. In uno studio condotto su 59 aziende, Amitt e Zott (2001) concludono che le teorie esposte dai più illustri economisti nel campo del management, come la network strategy di Gulati, Nohia e Zaheer (2000), la resource based-view di Barney (1991), la catena del valore di Porter (1985) e l’economia dei costi di

transazione di Williamson (1983) e l’innovazione di Shumpeter (1934), non riuscivano

a spiegare l’intero processo di creazione del valore. Quindi Zott et al. (2010) suggeriscono un metodo di creazione del valore che va oltre le affermate teorie in campo manageriale, che si basa su quattro risorse chiave del valore: risorse bloccate, risorse complementari, efficienza e innovazione. Sulla base di questo lavoro gli autori suggeriscono che il BM è un importante concetto per l’innovazione e per generare nuovi sistemi con cui il valore può essere creato (Amit e Zott, 2001; Zott et al., 2011). Il valore è stato messo al centro di molti studi con l’emergere e il crescere della digital economy, proprio perché questo tipo di economia ha richiesto l’elaborazione di nuovi meccanismi di creazione del valore basata sul network di relazioni con partner e collaboratori (Zott et al., 2010). Attraverso il valore, la performance di un modello o un sistema di business può essere misurata. Quando il prezzo percepito del valore distribuito è maggiore del prezzo pagato, allora il cliente comprerà quel prodotto o servizio (Anderson e Narus, 2004). In termini di BM, il valore proposto deve essere maggiore dei costi di ogni singola componente del BM, come la distribuzione delle risorse e la realizzazione del prodotto in sé. Tuttavia il valore creato non si limita solo al valore creato per il cliente finale. Il valore totale creato da un BM comprende anche

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quello creato per tutti gli stakholder come clienti, partner e fornitori (Brandenburger e Stuart, 1996). Perciò il valore è un concetto che non può essere scisso da quello di BM. Chesbrough e Rosembloom (2002) evidenziano la parte riguardante il valore all’interno di un BM sostenendo che si tratta di uno strumento che aiuta a rendere concrete le ipotesi per consegnare valore ai clienti e non un elaborato piano che descrive come far funzionare un business.

Business Model e strategia

Vi è discordanza nel mondo accademico per quanto riguarda la dicotomia tra strategia e business model. La letteratura di strategia aziendale sposta l’attenzione sulla cattura del valore, sul vantaggio competitivo e sulla concorrenza, mentre in ambito di BM il focus è sulle relazioni con i partner chiave, co-creazione del valore e sulla cooperazione (Zott et al. 2011). Infatti possiamo trovare due fattori differenti che hanno catturato l’attenzione degli accademici. Il primo è la tradizionale enfasi che la strategia pone sulla competizione, cattura del valore e sul vantaggio competitivo, mentre il concetto di BM sembra che si concentri di più sulla cooperazione, partnership e la co-creazione del valore (Magretta, 2002; Mäkinen e Sappänen, 2007; Mansfield e Fourie, 2004). Il secondo fattore che ha attirato l’attenzione degli studiosi di management è il focus che il concetto di BM pone sulla value proposition e sulla generale propensione a mettere in risalto il consumatore o cliente, cosa che in letteratura prettamente strategica appare in modo meno pronunciata. Vi è quindi un forte consenso in letteratura sul fatto che il concetto di BM sia imperniato su una creazione del valore che ruota intorno al cliente (Chesbrough e Rosenbloom, 2002; Mansfield e Fourie, 2004).

“La strategia tratta dell’impegno del management nel creare un vantaggio competitivo sostenibile nel tempo… (e) nella somma delle scelte e delle azioni, risposte tattiche…” (Mansfield e Fourie (2004). Seddon e Lewis (2003) in alternativa, suggeriscono che la strategia di un’azienda è la rappresentazione di come essa si comporta in un reale contesto competitivo, mentre un BM è un progetto di come un’azienda lavora per soddisfare i bisogni dei clienti. In altre parole, mentre un BM è un modo astratto e semplificato per descrivere la strategia delle aziende e può essere usato per una sola organizzazione, la strategia di una azienda può avere diversi BM mediante i quali viene

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attuata, con diversi accenti su diversi aspetti della medesima strategia. Infatti un BM può rappresentare solamente la logica core del processo di creazione del valore e non l’implementazione strategica di esso (Magretta, 2002; Seddon e Lewis, 2003). Nonostante in letteratura vengano fatte risaltare le differenze tra concetto di BM e certi aspetti della strategia, gli studiosi hanno anche enfatizzato che il BM può giocare un ruolo importante per la strategia di un’azienda. In accordo con Richardson (2008) il BM spiega come le attività di un’organizzazione lavorino insieme per dare esecuzione alla strategia, facendo da ponte tra la formulazione della strategia e la sua implementazione. In Zott et al. (2010) i concetti di strategia di prodotto/mercato e di BM sono non sostituibili, ma complementari. La strategia di prodotto/mercato, al contrario del BM, si concentra di più sulla cattura del valore (Chesbrough e Rosembloom, 2002), sul come competere in maniera sostenibile (Mansfield e Fourie, 2004) e su come differenziarsi dalla concorrenza (Magretta, 2002). Il BM invece tratta di come funziona un business e come vengono integrate e organizzate le attività, in altre parole il BM ha una prospettiva di analisi più verso le attività (Casadeus-Masanell e Ricart, 2010; Mason e Spring, 2011; Richarson, 2005; Seddon et al., 2004).

Per concludere, e in accordo con una visione che vede questi due concetti o parte di essi complementari, strategia e BM dipendono l’uno dall’altro (Zott e Amit, 2008). Il modo di competere fa la differenza nel raggiungere il successo, in termini di performance superiori rispetto ai competitors (Magretta, 2002), ma anche il BM, visto come il riflesso di una strategia implementata con successo (Shafer et al., 2008) può decretare il successo di un’azienda.

Business model e allineamento organizzativo

Per allineamento organizzativo si intende l’attitudine di tutto il personale a lavorare in un’unica direzione. Infatti un BM può essere utilizzato anche come uno strumento per migliorare l’allineamento organizzativo (Magretta, 2002). Usando un BM è più facile comunicare a ogni dipendente che tipo di valore si vuole creare e distribuire e come farlo. Tuttavia l’efficacia della comunicazione dipende da come il BM è scritto e strutturato. Come vedremo in seguito, Osterwalder e Pigneur (2010) propongono con il Business Model Canvas uno strumento grafico per comporre e comunicare un BM;

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questo permette di “raccontare” la storia che sta dietro il business con più facilità. Gli stakeholder coinvolti nel business saranno incentivati a apportare maggiore impegno e ciò potrebbe portare l’azienda a raggiungere performance superiori. Santos, Spector e Van der Heyden (2009) sottolineano che l’innovazione degli aspetti comportamentali è importante; gli autori asseriscono che affidare ad un ufficio una funzione di innovazione del modello di business potrebbe innescare un processo di innovazione e incentivare il

commitment nel top management e nei manager di medio livello. I manager assegnati a

questa funzione dovrebbero concentrarsi sulle dinamiche delle relazioni. In altre parole gli autori suggeriscono che quando un’azienda cerca di portare innovazione nel BM è importante allineare i comportamenti e le motivazioni dei manager e in genere di ogni dipendente; se i manager falliscono nel comunicare e creare consenso per un nuovo BM o per un’innovazione dello stesso, il BM potrebbe non avere successo a causa delle resistenze di manager e dipendenti (Santos, Specter e Van Der Heyden, 2009). Inoltre una minaccia viene identificata da Chesbrough (2010) in relazione al consenso e al coinvolgimento; infatti l’autore sostiene che è facile accontentarsi, frenando il processo innovativo con un BM già esistente e con le metodologie di ottenere ricavi già in atto, questo può generare dei problemi per il futuro successo di un BM potenzialmente innovativo. I manager spesso identificano le ragioni del successo nell’attuale BM. Questo può condurre a sviluppare convincimenti sull’attuale modello di business conducendo a tralasciare delle alternative tecnologiche per generare ricavi. Quindi per superare l’allineamento organizzativo, inteso in senso negativo, è necessario creare consenso a tutti i livelli dell’organizzazione per superare la resistenza al cambiamento verso un nuovo modello di business o verso l’innovazione in generale.

Business model, risorse e attività

Un BM riguarda solo in parte cosa l’azienda sta realizzando e come; come sopra evidenziato, il ruolo più importante in un BM è giocato dal valore. Per creare valore sono necessarie risorse e attività (Chesbrough e Rosembloom, 2002; Weill et al., 2005; Zott et al., 2010). Le risorse sono necessarie sia per creare sia per distribuire la proposta di valore, quindi per ogni business sono necessarie diverse risorse, ed esse sono essenziali per ottenere una competitività sostenibile (Barney, 1991). Le risorse possono

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l’esperienza. Atri tipi di risorse sono finanziarie e umane. Le risorse tuttavia da sole non creano valore e da sole quindi non sono sufficienti per far sì che un business sia remunerativo e sostenibile. Attraverso l’espletamento di diverse attività in combinazione con diversi modelli mentali, e con le risorse, è possibile creare valore per un’azienda (Foss, Klein, Kor e Mahoney, 2008).

Business model, costi e ricavi

La logica chiave che sta dietro ad ogni business è che vi sia una transazione che coinvolge da una parte il valore e dall’altra parte i ricavi (Anderson e Narus, 2004). Come esposto in precedenza il valore creato da un’azienda è la somma di tutti i valori generati per tutti gli stakeholder come i clienti, i partner e i fornitori (Brandeburger e Stuart, 1996). Attraverso il concetto esposto da Anderson e Narus (2004) il valore creato diventa misurabile attraverso il denaro; infatti ogni BM ha una parte dedicata ai meccanismi implementati per ricevere ricavi in cambio della proposta di valore distribuita. In base alla definizione fornita da Chesbrough e Rosembloom (2002) per cui un BM è un architecture of the revenues (p.529), possiamo in accordo con Teece (2010) affermare che esso aiuti a spiegare i meccanismi di creazione di valore e dia all’azienda l’opportunità di distribuire il valore e di ottenere, in cambio ricavi, sulla base delle risorse a disposizione e delle contingenze del mercato.

Business model e innovazione

Accanto all’importante ruolo che un BM è chiamato a svolgere, cioè definire le modalità con cui si cattura e si distribuisce il valore partendo da un’innovazione tecnologica, esso è capace anche di innovare se stesso (Teece, 2010). Nella letteratura accademica sta crescendo sempre di più l’idea che l’innovazione giochi un ruolo sempre più fondamentale riguardo alle performance delle aziende (Zott et al., 2011). Perciò le aziende stanno cominciando ad adottare un approccio chiamato open innovation con cui coinvolgono e cooperano con clienti e concorrenti per sviluppare e commercializzare nuove idee (Chesbrough, Vanhaverbeke e West, 2005). Tuttavia per far questo è necessario il più delle volte sviluppare nuovi modelli di business. Come indicato da Chesbrough (2010) le aziende sono migliori a sviluppare nuove tecnologie piuttosto che

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nuovi modelli di business, questo perché si tratta di un processo complesso che deve superare alcune barriere interne all’azienda stessa. Una di queste può essere identificata nella scarsa propensione dei manager a sperimentare nuovi modelli di business, visti come minaccia dei loro modelli già implementati (Chesbrough, 2010). Per superare le barriere che i manager erigono all’interno di un’azienda per contrastare l’innovazione del modello di business, Chesbrough (2010) propone dei modelli grafici come il BMC di Osterwalder (et al., 2005) o il “Component business modeling” della IBM. Questi modelli offrono l’opportunità di sperimentare nuovi BM, ma non sono la soluzione agli attriti che si vengono a creare. Tuttavia è richiesta una leadership organizzativa interna per esplorare il concetto di effectuation (Chesbrough, 2010). Per effectuation si intende un processo attraverso il quale gli attori senza informazioni dettagliate provenienti dal loro ambiente di riferimento, possono generare nuove informazioni prendendo iniziative e sperimentando; questo può evidenziare nuove possibilità che prima erano latenti a prima vista (Sarasvanthy, 2009). Di concerto con il concetto di effectuation, la leadership diventa un fattore fondamentale per l’innovazione del BM, tuttavia i CEO o i manager dovrebbero mostrare una certa inclinazione nel voler portare innovazione così come è importante che abbiano la stessa inclinazione i middle manager (Chesbrough, 2010). Tuttavia per un middle manager è difficile raggiungere un giusto compromesso nel trovare efficienza nel lavoro di tutti i giorni e nel cercare di esplorare nuove opportunità; questa difficoltà è stata concettualizzata nell’espressione organizational

ambidexterity (O’Reilly III e Tushman, 2008). In accordo con Chesbrough (2010), per

avere successo nell’innovazione dei modelli di business le aziende hanno bisogno di avere una leadership dedita all’innovazione. In queste circostanze i nuovi esperimenti sui modelli di business avranno risorse a sufficienza e potranno abbattere le barriere interne che ne contrastano lo sviluppo.

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Il Business Model Canvas

We offer a concept that allows you to describe and think through the business model of your organization, your competitors, or any other enterprise… this concept can become a shared language…without such a shared language it is difficult to systematically challenge assumtions about one’s business model and innovate successfully

(Osterwalder e Pigneur, “Business Model Generation” p.15, 2010).

Figura 2: Fonte http://jonathanstandling.com, 2008

Gli autori Alexander Osterwalder e Yves Pigneur in “Business Model Generation” propongono alla comunità accademica e imprenditoriale, ma in generale a chiunque ne voglia fare uso, uno strumento grafico che permette di approdare ad un linguaggio semplice e sintetico per descrivere “il modo in cui un’azienda crea, distribuisce e cattura il valore” (Osterwalder e Pigneur, p.14, 2010). Il Business Model Canvas (BMC) è composto da nove “building blocks”: Customer segments (segmenti di clientela), Value proposition (proposta di valore), Channels (canali di distribuzione), Customer relationship (Relazione con i clienti), Revenue stream (flussi di ricavo), Key resounces

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(risorse chiave), Key activities (attività chiave), Key partnerships (partner chiave), Cost structure (struttura dei costi) ”(Osterwalder e Pigneur, “Business Model Generation” p.15, 2010).

Customer segments: For whom are we creating value? Who are our most important customers? (Osterwalder e Pigneur, “Business Model Generation” p.21, 2010).

Il blocco segmenti di clientela definisce i differenti gruppi di persone o organizzazioni che un’azienda si propone di servire. I clienti rappresentano il cuore di ogni modello di business, infatti senza clienti che siano disposti a pagare per il servizio/prodotto offerto, nessuna azienda sarà in grado di rimanere sul mercato, tantomeno di rimanere competitiva (Osterwalder e Pigneur, 2010). Per questo motivo gli autori suggeriscono di attuare una classificazione dei clienti in base ai loro bisogni, a comportamenti comuni o ad altri attributi, e una volta fatta questa suddivisione, scegliere su quali segmenti concentrarsi e quali ignorare; una volta fatta questa importante scelta, il modello dovrebbe essere disegnato ruotandovi attorno.

In seguito gli autori forniscono alcuni esempi di segmenti di clientela possibili:

• Mercato di massa: i modelli di business che si concentrano su questo segmento in realtà non fanno una grossa distinzione tra vari tipi di clienti. In questo caso gli altri elementi del BM si concentreranno su un grande gruppo di clienti con bisogni e problemi solamente definiti a grandi linee, ad esempio il mercato degli elettrodomestici (Osterwalder e Pigneur, 2010).

• Mercato di nicchia: I BM che si concentrano su questo tipo di mercato mirano ad uno specifico gruppo di clienti con bisogni ben definiti; perciò le relazioni con i clienti e i canali di distribuzione ruoteranno attorno a tali specificità; questo tipo di configurazione la possiamo trovare nelle relazioni tra aziende e fornitori come per esempio molte aziende di componenti per veicoli dipendono strettamente dai principali costruttori di automobili (Osterwalder e Pigneur, 2010).

• Mercati segmentati: alcuni BM sono costruiti in modo da poter ricoprire più segmenti di clientela alla volta, con esigenze e bisogni differenti tra di loro. Gli

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autori riportano esempi come la Micro Precision System che si è specializzata nella progettazione e fornitura in outsourcing di soluzioni micro-meccaniche di precisione; si rivolge a tre tipi di clienti: industria degli orologi, l’industria medica e il settore dell’automazione e offre a ciascuno di essi una value proposition specializzata.

• Mercati Diversificati: Un’azienda che si rivolge a marcati differenti serve due o più segmenti di clientela non correlati, quindi con esigenze molto differenti. Ad esempio Amazon.com nel 2006 ha deciso di diversificare il suo business di vendita al dettaglio iniziando a vendere servizi di cloud computing ovvero a vendere spazio di archiviazione on-line e server providing.

• Mercati multi-sided: alcune aziende si rivolgono a due o più segmenti di clientela indipendenti. Chiamate dagli autori (Osterwalder et al., 2010) “multi-sided platforms”, queste aziende mettono insieme due o più distinti ma interdipendenti gruppi di consumatori; piattaforme del genere creano valore solamente quando tutti e due i gruppi di clienti vengono raggiunti, ovvero la piattaforma genera valore facilitando l’interazione tra i differenti gruppi di clienti. Quindi una piattaforma multi-sided accresce il valore per estensione quando attrae più utilizzatori, fenomeno chiamato network effect. Per esempio, una società di carte di credito ha bisogno di un vasto numero di persone che ne possiedono una e allo stesso tempo una larga diffusione di attività che accettano quella carta di credito.

Value Proposition: Which customer needs are we satifying? Which one of our customers’s problem are we helping to solve? (Osterwalder e Pigneur, “Business Model

Generation” p.23, 2010).

Come gli autori sostengono (Osterwalder et al., 2010) il blocco value proposition descrive il pacchetto di prodotti/servizi che crea valore per uno specifico segmento di clienti. È la ragione per cui un cliente dovrebbe scegliere una determinata offerta piuttosto che quella di un competitor, ancora è quel particolare prodotto o servizio che soddisfa una necessità o bisogno di uno specifico segmento di clienti, ovvero l’insieme di benefit che l’azienda offre ai propri consumatori. Si tratta forse della componente più importante sia per un’azienda che per un BM; la proposta di valore può configurarsi

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come innovativa, rappresentando quindi un’offerta nuova che cambia le regole del gioco, ovvero presentarsi come offerta simile a quelle già presenti sul mercato, ma con caratteristiche che la differenziano. Gli autori mettono a disposizione una breve lista di elementi che possono aiutare a generare valore per i clienti:

• Novità: alcune proposte di valore soddisfano un bisogno o insieme di bisogni completamente nuovo che i consumatori prima non percepivano perché mancava sul mercato un’offerta simile. L’esempio più lampante è senza dubbio il telefono cellulare.

• Performance: l’incremento delle performance del prodotto o servizio offerto rappresenta la via classica per generare valore. Il settore del PC ha fatto affidamento su questa modalità, portando macchine sempre più potenti sul mercato, tuttavia l’incremento delle performance in questo settore, come CPU più potenti, dischi rigidi più capienti hanno fallito nel far crescere proporzionalmente la domanda di PC (Osterwalder et al., 2010).

• “Customizzazione”: “fare su misura”, per singoli clienti o specifici segmenti di clienti, crea valore. Gli autori sostengono che negli ultimi anni la customizzazione del prodotto o servizio offerto ha acquistato importanza, poiché mediante questo approccio è possibile conseguire comunque economie di scala (Osterwalder et al., 2010).

• “Getting the job done”, compiere il lavoro: si tratta forse di una banalità a parole, ma si tratta semplicemente di compiere uno specifico lavoro per un cliente. Gli autori portano ad esempio la Rolls-Royce che ha fatto suo questo concetto, infatti l’azienda britannica fornisce i motori jet alla linee aeree clienti, comprendendo installazione e manutenzione, in cambio di una commissione per ogni ora di volo dei propri motori (Osterwalder et al., 2010).

• Design: si tratta di un componente di difficile misurazione, ma talvolta più risultare la carta vincente di un prodotto. Ad esempio nel settore della moda e dell’elettronica di consumo la funzione primaria del prodotto deve essere accompagnata anche da una componente estetica,

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rappresentata dal design, in modo da accrescere la appetibilità del prodotto, risultando perciò una componente fondamentale (Osterwalder et al., 2010).

• Brand/Status: i consumatori possono trovare il valore nel semplice uso o possesso di un prodotto appartenete a un brand. Ad esempio indossare un Rolex è simbolo di benessere economico, oppure un surfista vuole indossare l’ultimo bermuda della moda “underground” per far vedere che è “in” (Osterwalder et al., 2010).

• Prezzo: mettere sul mercato prodotti/servizi simili a un prezzo minore è uno dei modi più classici di creare valore. Ma una proposta di valore a basso costo ha delle ripercussioni su tutte le altre componenti di un BM. Ad esempio le linee aeree low-cost, come Ryanair, Easy jet hanno costruito i loro modelli di business specificatamente per permettere di volare a un costo sensibilmente più contenuto (Osterwalder et al., 2010). • Riduzione dei costi: Aiutare i clienti a ridurre i propri costi è un

importante modo per creare valore. Salesforce.com fornisce un software che permette di gestire le relazioni con i clienti evitando ad un’azienda il costo e il problema di dover acquistare e gestire una piattaforma per conto loro (Osterwalder et al., 2010).

• Riduzione del rischio: Si tratta di generare valore riducendo il rischio in cui il cliente incorre quando compra un prodotto/servizio. Ad esempio, per un cliente che compra un’auto usata un servizio di garanzia elimina il rischio di dover sopportare i costi di rotture e riparazioni (Osterwalder et al., 2010).

• Accessibilità: Permettere l’acquisto di un prodotto/servizio a un cliente per la prima volta è un altro modo di creare valore. Questo può derivare da innovazioni nel BM, da nuove tecnologie o da una combinazione delle due. Ad esempio Netjet ha permesso l’accesso a privati e aziende a jet privati, una cosa prima insostenibile per la maggior parte dei clienti (Osterwalder et al., 2010).

• Comodità/facilità di utilizzo: rendere i prodotti più facili da usare può generare un valore sostanziale. Con la combinazione I-pod/I-tunes la

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Apple ha rivoluzionato il modo di comprare, scaricare, ascoltare musica digitale e adesso domina il mercato (Osterwalder et al., 2010).

Channels: Through which channels do our customer segment want to be reached? Which ones work best? (Osterwalder e Pigneur, “Business Model Generation” p.27,

2010).

L’elemento costruttivo “canali” descrive come un’organizzazione comunica e raggiunge i propri segmenti di clientela per far arrivare a destinazione la propria proposta di valore. La comunicazione, la distribuzione e i canali di vendita compongono l’interfaccia che ogni azienda ha con la propria clientela. Esso, come punto di contatto con i clienti gioca un ruolo centrale nell’influire sull’esperienza della clientela riguardo al servizio/prodotto offerto. Gli autori (Osterwalder et al., 2010) identificano cinque funzioni dei canali di distribuzione:

• Awarness: aumento della conoscenza sui prodotti/servizi offerti dall’azienda.

• Evaluation: aiutare i clienti a comprendere e valutare meglio la proposta di valore dell’azienda.

• Purchase: consentire ai clienti di comprare uno specifico prodotto/servizio

• Delivery: consegnare la proposta di valore ai clienti. • After sales: fornire assistenza post vendita alla clientela.

Inoltre è possibile distinguere tra canali diretti e indiretti, o ancora tra canali propri e canali partner. Trovare il giusto mix tra tipologie di canali per soddisfare il modo in cui il cliente vorrebbe essere raggiunto è una crucialità per poter portare sul mercato una proposta di valore vincente. Un’azienda può scegliere di raggiungere i propri clienti mediante canali propri o affidarsi a partner o con una combinazione delle due cose. I canali propri possono essere diretti, come una rete di vendita o un sito web. Ovvero possono essere indiretti come un negozio di proprietà o gestiti dall’azienda stessa. I canali “partner” sono indiretti ma il ventaglio delle opzioni si apre notevolmente, come la distribuzione all’ingrosso o al dettaglio o un sito web gestito e di proprietà del

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partner. Affidarsi ai partner tuttavia significa lavorare con margini inferiori, ma permette all’azienda di avvalersi dei punti di forza dell’alleato. I canali propri, in particolare quelli diretti, invece permettono di godere di margini più elevati, ma potrebbero comportare notevoli costi per essere implementati e mantenuti. La soluzione al problema potrebbe essere nel trovare il giusto compromesso tra tipi di canali, in modo da integrarli sinergicamente per poter offrire un’esperienza positiva ai clienti e massimizzare i ricavi (Osterwalder et al., 2010).

Customer relationship: What type of relationship does each of our customer segments expect us to establish and maintain with them? How are they integrated with the rest of our business model? (Osterwalder e Pigneur, “Business Model Generation”

p.29, 2010).

L’elemento customer relationship descrive i tipi di relazione che un’azienda decide di intrattenere con ogni rispettivo segmento di clientela. Possono variare in un range da personali a automatizzati e la scelta dovrebbe essere guidata da tre motivazioni principali: acquisizione di nuovi clienti, fidelizzazione, aumento delle vendite. Per esempio nel settore della telefonia mobile degli ultimi anni, la scelta del tipo relazione da intrattenere con il cliente è guidata da strategie aggressive, come la fornitura gratuita di telefoni cellulari. Infatti quando il mercato diventa saturo gli operatori si focalizzano sulla fidelizzazione cercando di aumentare i ricavi per ogni singolo cliente. La relazione con il cliente va quindi ad influire su l’intero BM e quindi anche sull’esperienza complessiva del cliente.

Gli autori (Osterwalder et al., 2010), distinguono diverse categorie di relazione con il cliente le quali possono coesistere nella solita azienda che si rivolge a un particolare segmento, e sono:

• Assistenza personale: la relazione è basata sull’interazione tra persone fisiche. Il cliente si interfaccia con un addetto per essere supportato durante e dopo la vendita. Questo può avvenire all’interno del punto vendita, via telefono o per e-mail, l’elemento fondamentale è il contatto diretto con il cliente.

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• Assistenza personale dedicata: si tratta del tipo di relazione più intimo che ci sia. Consiste nel dedicare un addetto specializzato ad un singolo cliente, normalmente è una relazione che si sviluppa per un periodo di tempo piuttosto lungo. Ad esempio la figura del family banker rientra in questo tipo di relazione, poiché seguirà un ristretto numero di famiglie.

• Self-service: in questo tipo di relazione la compagnia non intrattiene nessun tipo di relazione diretta con il cliente, gli fornisce semplicemente tutto quello di cui ha bisogno per aiutarsi da solo. • Servizi automatici: questo tipo di relazione mescola una forma più

sofisticata di self-service con processi automatizzati. Per esempio, i profili on-line possono consentire ai clienti di accedere a servizi personalizzati. Un servizio automatico, in questo modo può riconoscere i singoli clienti e le loro caratteristiche e fornire un servizio personalizzato. Si tratta quindi di un modo per simulare una relazione di tipo personale.

• Communities: le comunità di utenti stanno diventando un modo sempre più usato dalle aziende per entrare sempre di più nella prospettiva del cliente e facilitare la connessione tra i membri. Molte compagnie mantengono delle comunità online che permettono ai membri di scambiarsi informazioni e aiutarsi a vicenda per risolvere vari problemi, in oltre le cummunity possono aiutare le aziende stesse a comprendere meglio le esigenze dei propri clienti.

• Co-creazione: Molte compagnie stanno andando oltre il tradizionale rapporto venditore/cliente per creare valore insieme al cliente, appunto co-crearlo. Amazon.com invita i clienti a rilasciare feedback sui prodotti venduti in modo di aiutare gli altri potenziali acquirenti. Revenue streams: For what value our customer really willing to pay? How much does each revenue stream contribute to overall revenues? (Osterwalder e Pigneur,

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Il blocco revenue stream rappresenta l’incasso che un’azienda genera da ogni segmento di clientela servito. Come gli autori sostengono (Osterwalder et al., 2010), se i clienti sono il cuore di un BM, i flussi di ricavi sono le arterie. Ogni azienda dovrebbe chiedere a se stessa quale valore i propri clienti pagheranno, una volta che è in grado di rispondere a questa domanda allora sarà in grado di ottenere indietro un flusso di ricavi per ogni segmento di clienti che si è prefissata di servire. Ogni flusso di ricavo può avere diverse modalità di pricing, come un listino a prezzi fissi, trattabile, variabile a seconda delle condizioni di mercato, dipendente dal volume o presentare le modalità dell’asta. Un BM può includere due diverse modalità per ottenere flussi di ricavi: derivanti da transazioni una tantum per le quali i clienti pagano solo una volta, oppure derivanti da transazioni continuative per proposte di valore che si protraggono nel tempo, ovvero fornendo servizi post vendita. Gli autori presentano diversi modi per generare flussi di ricavi:

• Vendita di beni: Si tratta del flusso di ricavi più comune, e deriva dalla vendita dei diritti di proprietà di un bene fisico, per esempio Fiat vende automobili che i rispettivi proprietari possono usare, rivendere o persino distruggere.

• Commissioni di utilizzo: è il flusso di ricavo generato dall’utilizzo o godimento di un particolare servizio, più il cliente ne usufruisce e più deve pagare. Ad esempio un operatore telefonico può chiedere agli utenti un pagamento a seconda dei minuti passati al telefono. • Quote di iscrizione: Il flusso di ricavo viene generato vendendo la

possibilità di accedere al servizio in maniera continuativa, come le palestre che vendono abbonamenti mensili in base ai quali è possibile accedervi tutte le volte che si vuole.

• Prestito/noleggio/leasing: questo flusso di ricavo viene generato garantendo a qualcuno il diritto esclusivo di usare un particolare bene per un periodo prestabilito dietro il pagamento di un canone. Per chi presta o noleggia, il vantaggio risiede nel fatto che ottiene pagamenti ricorrenti, mentre dall’altra parte, chi prende in prestito o a noleggio incorre in spese per un periodo limitato di tempo invece

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che sopportare il costo intero per acquisire i diritti di proprietà. Ad esempio Zipcar.com permette ai clienti di affittare macchine a ore nelle città del Nord America, questo ha convinto molti consumatori a noleggiare piuttosto che acquistare un’autovettura.

• Licenze: Il flusso di ricavi viene generato permettendo ai clienti l’uso di proprietà intellettuale dietro il pagamento di un corrispettivo. Le licenze permettono ai detentori della proprietà intellettuale di ottenere ricavi senza realizzare fisicamente un prodotto o commercializzare un servizio. Il meccanismo delle licenze è comune nell’industria tecnologica, in special modo per i software, per molti dei quali è necessario comprare appunto la licenza d’uso.

• Commissioni di brokerage: Il flusso di ricavi deriva da servizi di intermediazione tra due o più parti. Per esempio i broker o gli agenti immobiliari guadagnano una commissione ogni volta che fanno incontrare un compratore e un venditore e la transazione si conclude. • Pubblicità: Questo flusso di ricavo deriva dalle commissioni per pubblicizzare un particolare prodotto/servizio o brand. Tradizionalmente l’industria dei media e degli organizzatori di eventi fano molto affidamento su questo flusso di ricavo.

Come citato sopra, gli autori (Osterwalder et al., 2010) sottolineano che ogni flusso di ricavo deve avere un meccanismo di pricing. In termini di quantità di ricavi generati i meccanismi di pricing possono fare molta differenza. Esistono due principali meccanismi di pricing: quello fisso e quello dinamico.

• Pricing fisso: prezzi predefiniti sono basati su variabili statistiche.

o Prezzo di listino: i prezzi sono fissi per ogni singolo prodotto/servizio o altre proposte di valore.

o Dipendente dalle caratteristiche del prodotto: il prezzo dipende dal numero o dalle qualità della proposta di valore offerta.

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o Dipendente dal volume: il prezzo è funzione della quantità acquistata. • Pricing dinamico: i prezzi cambiano in base alle condizioni di mercato.

o Negoziazione: i prezzi vengono negoziati tra due o più partner, dipende dalla forza contrattuale e dalle abilità di negoziazione.

o Gestione del rendimento: il prezzo dipende dall’inventario e dal periodo dell’acquisto (di solito si usa per i bene deperibili).

o In tempo reale: il prezzo viene fatto in tempo reale sulla base della domanda e dell’offerta.

o Asta: il prezzo viene determinato sulla base di offerte competitive.

Key resources: What key resources do our value proposition require? Our

distribution channels? Customer relationship? Revenue stream? (Osterwalder e

Pigneur, “Business Model Generation” p.35, 2010).

Il blocco risorse chiave descrive gli asset più importanti per far funzionare il business. Ogni BM necessita di risorse chiave senza le quali non è possibile che esista. Queste risorse permettono all’azienda di creare e offrire la proposta di valore, raggiungere mercati, mantenere relazioni con i clienti. Sono necessarie differenti risorse chiave a seconda del tipo di BM che si è deciso di perseguire; un costruttore di microchip ha bisogno di infrastrutture ad elevata intensità di capitale, mentre un progettatore di microchip sarà più orientato sulle risorse umane. Le risorse chiave possono essere: fisiche, intellettuali, finanziarie o umane; e possono essere acquistate, noleggiate o acquisite mediante partnership (Osterwalder et al., 2010).

Gli autori forniscono una descrizione di ciascun tipo di risorsa chiave.

• Risorse fisiche: vengono incluse in questa categoria gli asset fisici come impianti di fabbricazione, edifici, veicoli, macchine, punti vendita, reti di distribuzione. Venditore al dettaglio come Amazon.com e Wall-mart fanno molto affidamento su questo tipo di risorse che spesso sono capital intensive.

• Risorse intellettuali: questo tipo di risorse come brand, proprietà intellettuali, brevetti copyright, partnership e database stanno

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acquisendo sempre più importanza come componenti di un BM forte e sostenibile. Le risorse intellettuali sono difficili da sviluppare, ma quando ci riesce, possono contribuire notevolmente apportando grande valore. Aziende di consumo come Nike e Sony fanno molto affidamento sul brand in chiave di risorsa o ancora Qualcomm, un progettatore di componenti per smart-phone, ha costruito il suo BM intorno a brevetti su microchip che permettono alla compagnia di beneficiare di commissioni sostanziose.

• Risorse umane: ogni azienda necessita di persone per funzionare, ma queste diventano particolarmente importanti in certi tipi di BM. Per esempio nell’industria a forte intensità di conoscenza o dove è necessaria la creatività. Per esempio la Novartis, nota società farmaceutica fa molto affidamento su questo tipo di risorsa, il suo BM è imperniato su una larga schiera di esperti scienziati e venditori. • Risorse finanziarie: Certi BM invece fano perno su risorse finanziarie

come cash, linee di credito o piani di stock option per attrarre e mantenere dipendenti chiave. Ericsson, nota azienda produttrice di dispositivi mobili può contrarre debito secondo diverse modalità e usare una parte di esso per finanziare direttamente il cliente, in questa maniera cerca di attrarre e mantenere clienti.

Key Activities: What key activities do our value proposition require? Our distribution

channels? Customer relationships? Revenue streams? (Osterwalder e Pigneur,

“Business Model Generation” p.37, 2010).

Questo componente del Canvas descrive le attività più importanti che un’azienda deve compiere per far sì che il proprio BM funzioni. Ogni BM richiede un certo numero di attività senza le quali non può funzionare. Come per le risorse chiave, le attività chiave fanno in modo che l’azienda sia in grado di creare e offrire una proposta di valore, raggiungere i mercati, mantenere relazioni con i clienti e ottenere in cambio dei flussi di ricavo. E come per le risorse anche le attività chiave differiscono a seconda del BM che l’impresa adotta. Ad esempio, per la Microsoft, le attività chiave includono lo sviluppo

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gestione degli approvvigionamenti, per le società di consulenza come la Mckinsey, includono le attività di problem solving. Gli autori, (Osterwalder et al., 2010) forniscono una classificazione delle attività chiave che può richiedere un BM:

• Produzione: questa attività comprende il design, la produzione in sé per sé e la consegna del prodotto in quantità o qualità significative. Le attività di produzione dominano i BM delle aziende manifatturiere.

• Problem solving: è l’attitudine di trovare nuove soluzioni ai problemi dei clienti. Nelle operazioni di consulenza, nel settore ospedaliero e altre aziende di servizi, questo tipo di attività diventa cruciale e i loro BM necessitano di attività come il Knowledge management.

• Platform/network: I modelli di business che ruotano intorno a una piattaforma, cioè che la adottano come risorsa chiave, saranno dominati da attività chiave collegate alla stessa, ovvero la gestione della piattaforma, l’aggiornamento, la manutenzione e la sua promozione. Il BM di e-Bay richiede che la piattaforma sia continuamente mantenuta in funzione e aggiornata.

Key Partnerships: Who are our Key partners; Which key resources are we acquiring

from partners? (Osterwalder e Pigneur, “Business Model Generation” p.39, 2010).

Questo elemento descrive la rete di fornitori e partner che permettono al BM di funzionare. Le aziende fondano partnership per molte ragioni, come creare alleanze, ridurre il rischio, acquisire risorse o ancora ottimizzare i propri BM, e quest’ultime stanno diventando le pietre angolari di molti modelli di business. Osterwalder et al., (2010) forniscono una classificazione dei tipo di partnership che un’azienda può creare per far funzionare il proprio BM:

• Alleanze strategiche tra non-competitors

• Cooperazione: cioè partnership strategiche fra competitors • Joint venture per esplorare nuove possibilità di business

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