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Sintesi di nuovi potenziali inibitori di Anidrasi Carbonica caratterizzati da una funzione benzensolfonammidica secondaria decorata con un nucleo tetraidroindazolico

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

DIPARTIMENTO DI FARMACIA

Corso di Laurea Magistrale in Farmacia

Sintesi di nuovi potenziali inibitori di Anidrasi Carbonica

caratterizzati da una funzione benzensolfonammidica

secondaria decorata con un nucleo tetraidroindazolico

Candidato:

Lorenzo Tempesti

Relatori:

Prof.ssa Sabrina Taliani

Dott.ssa Silvia Salerno

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Indice

Indice 3

Parte generale 4

1) Introduzione 5

2) Meccanismo catalitico delle Anidrasi Carboniche 9

3) Meccanismi di inibizione delle Anidrasi Carboniche 12

3.1) Zinc-Binders 13

3.2) Inibitori dell’Anidrasi Carbonica che si ancorano alla molecola di acqua/ione

idrossido coordinata allo zinco 16

3.3) Inibitori dell’Anidrasi Carbonica che occludono l’ingresso del sito attivo

dell’enzima nello stesso punto in cui si legano anche gli attivatori delle CAs 18 3.4) Inibitori dell’Anidrasi Carbonica che si legano al di fuori della cavità del sito

attivo dell’enzima CA 20

3.5) Inibitori dell’Anidrasi Carbonica che agiscono con un meccanismo di inibizione

non ancora noto 23

4) Fisiopatologia delle Anidrasi Carboniche nelle cellule tumorali 25 5) Uso clinico dei modulatori delle Anidrasi Carboniche 31

5.1) Attivatori dell’Anidrasi Carbonica come potenziali farmaci nelle condizioni di

deficit della memoria 32

5.2) Inibitori dell’Anidrasi Carbonica utilizzati come farmaci diuretici 36 5.3) Inibitori dell’Anidrasi Carbonica per il trattamento del glaucoma 39 5.4) Inibitori dell’Anidrasi Carbonica come potenziali farmaci anti-osteoporotici 44 5.5) Inibitori dell’Anidrasi Carbonica come potenziali farmaci anti-obesità 47 5.6) Inibitori dell’Anidrasi Carbonica come potenziali farmaci anti-tumorali 50

Introduzione alla parte sperimentale 54

Parte sperimentale 77

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5

1) Introduzione

Le anidrasi carboniche (Carbonic Anhydrases, CAs) sono una vasta famiglia di metalloenzimi, nello specifico di zinco-enzimi, che sono fortemente coinvolti nella regolazione dell’omeostasi cellulare e del pH intracellulare. Essi catalizzano l’idratazione reversibile dell’anidride carbonica a ione bicarbonato, secondo la seguente reazione:

CO2 + H2O ↔ HCO3- + H+

Le CAs hanno una distribuzione ubiquitaria e si ritrovano sia a livello degli eucarioti che dei procarioti, dove sono implicate in processi fisiologici cruciali per la sopravvivenza[1].

Oggi sono conosciute sei distinte famiglie genetiche di CAs di diversa evoluzione: ● α-CAs: presenti nell’uomo e in tutti i vertebrati, nei batteri, nelle alghe e nel citoplasma delle piante verdi; esse contengono nel sito attivo un atomo di Zn(II) coordinato con tre residui di His

● β-CAs: si ritrovano principalmente nei batteri, ma anche nelle alghe e nei cloroplasti delle mono e di-cotiledoni, in molti funghi e in alcuni archeobatteri; esse contengono nel sito attivo un atomo di Zn(II) coordinato con un residuo di His e due residui di Cys

● γ-CAs: si ritrovano negli archeobatteri, ciano batteri ed altri tipi di batteri; esse contengono nel sito attivo un atomo di Fe(II) coordinato con tre residui di His

● δ-CAs: sembrano essere presenti solo nelle diatomee marine; esse contengono nel sito attivo un atomo di Zn(II) coordinato con tre His ● ζ-CAs: sembrano essere presenti solo nelle diatomee marine; esse

contengono un atomo di Cd(II) o di Zn(II) coordinato con un residuo di His e due residui di Cys[2]

● η-CAs: di recente scoperta nel plasmodio della malaria, sono rappresentate solo nei protozoi; esse contengono un residuo di Zn(II) coordinato con tre residui di His[3].

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Finora nei vertebrati più sviluppati sono state scoperte 16 isoforme di α-CAs, di cui 15 presenti nell’uomo ed una di recente scoperta (α-CA-XV) presente in numerose specie animali eccetto l’uomo e lo scimpanzé. Gli isoenzimi, possono essere differenziati tra loro sulla base di localizzazione subcellulare, distribuzione tissutale, modulazione dell’attività catalitica e affinità a vari inibitori (tabella 1).

Tabella 1: Isoenzimi α-CAs nei vertebrati superiori: distribuzione, localizzazione,

attività catalitica, affinità per le solfonammidi[4].

Organo/tessuto di localizzazione Localizzazione subcellulare Attività catalitica (idratazione di CO2) Affinità per le solfonammidi CA-I Eritrociti, tratto GI Citosol Ridotta Media CA-II

Eritrociti, occhi, tratto GI, osteoclasti ossei, rene, polmone, testicoli,

cervello

Citosol Elevata Molto elevata CA-III Muscolatura scheletrica, adipociti Citosol Molto

ridotta Molto ridotta CA-IV Rene, polmone, pancreas, cervello,

capillare, colon, muscolo cardiaco

Legato alla

membrana Media Elevata CA-VA Fegato Mitocondrio Ridotta Elevata CA-VB

Muscolatura scheletrica e cardiaca, pancreas, midollo spinale, rene, tratto

GI

Mitocondrio Elevata Elevata CA-VI Ghiandole mammarie e salivari Secreto nella

saliva/latte Ridotta

Molto Elevata CA-VII CNS Citosol Elevata Molto Elevata

CA-VIII CNS Citosol Acatalitica

Non determinata CA-IX Tumori, mucosa GI Transmembrana Elevata Elevata

CA-X CNS Citosol Acatalitica Non determinata CA-XI CNS Citosol Acatalitica Non

determinata CA-XII Rene, intestino, epiteli riproduttivi,

occhi, tumori Transmembrana Ridotta

Molto Elevata

CA-XIII

Rene, cervello, polmoni, tratto

riproduttivo Citosol Ridotta Elevata

CA-XIV Rene, cervello, fegato Transmembrana Ridotta Elevata CA-XV Rene Legato alla

membrana

Non determinata

Non determinata

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7

Le CAs si dividono in:

● citosoliche (isoenzimi I, II, III, VII, XIII) ● mitocondriali (isoenzimi VA, VB)

● legate alla membrana (isoenzimi IV, IX, XII, XIV, XV) ● secrete nella saliva (isoenzima VI).

Nel citosol, sono stati individuati 3 isoenzimi noti come CARPs-VIII, -X e -XI (proteine legate alla CA), molto simili alle CAs, che non sono però dotati di attività catalitica a causa della mancanza di uno o più residui di istidina necessari a legare nel sito attivo lo ione zinco, che è essenziale per l’attività di idratazione della CO2[5].

Oltre all’equilibrio acido-base dell’organismo, le CAs partecipano anche ad altri processi fisiologici connessi con la respirazione quali il trasporto di CO2 e HCO3

-attraverso i tessuti di metabolizzazione e i polmoni; partecipano inoltre alla secrezione di elettroliti in molti tessuti e organi. Infine, intervengono in diversi percorsi biosintetici e metabolici quali la calcificazione ed il riassorbimento osseo, la gluconeogenesi, l’ureogenesi e la lipogenesi[6].

Molti studi, come quello condotto da Supuran nel 2008 (Nature reviews Drug discovery), hanno dimostrato l’importanza del ruolo delle CAs in questi processi fisiologici, mostrando che alterati livelli di tali isoenzimi o della loro attività sono spesso associati a varie patologie (tabella 2)[7].

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Tabella 2: Patologie associate a specifiche isoforme di CAs[4].

Di conseguenza, negli ultimi anni, le CAs sono diventate un target di interesse per la progettazione di attivatori e inibitori con applicazioni biomediche. Gli attivatori delle anidrasi carboniche (Carbonic Anhydrase Activators CAAs) possono trovare applicazione farmacologica in condizioni in cui l'apprendimento e la memoria sono compromessi, come la malattia di Alzheimer o l’invecchiamento. D'altra parte, gli inibitori delle anidrasi carboniche (Carbonic Anhydrase Inhibitors, CAIs) sono stati originariamente usati come diuretici, agenti antiglaucoma, antiepilettici, antiosteoporosi e nella gestione del mal di montagna, mentre i composti di nuova generazione sono stati sottoposti a studi clinici come farmaci per il trattamento dell’obesità, ma anche come antitumorali e markers diagnostici[4].

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2) Meccanismo catalitico delle Anidrasi

Carboniche

Tutti gli isoenzimi CAs catalizzano la medesima reazione di idratazione di CO2.

Per fare ciò è essenziale la presenza di uno ione metallico, in particolare Zn2+, che è presente in tutte le α-CAs finora studiate. Studi di cristallografia a raggi X mostrano che il sito attivo dell’enzima è localizzato all’interno di una fessura conica larga 12 Å e profonda 13 Å, che si estende dalla superficie al centro della molecola. Sul fondo di questa cavità è situato uno ione Zn2+ (mostrato come una sfera rosa nella figura 1), il quale esibisce una struttura tetraedrica mediante la quale si coordina con tre residui di istidina, in particolare attraverso i gruppi imidazolici (His94, His96 e His119, in verde nella figura 1), e una molecola di acqua/ione idrossido che ne aumenta la nucleofilicità. La geometria di coordinazione è tetraedrica, ma distorta. Inoltre, è presente un ulteriore gruppo di istidine coinvolto nel processo di trasporto del protone tra il sito attivo e l’ambiente circostante, comprendente i residui His64, His4, His3, His17, His15 e His10. I residui amminoacidici 92 e 131 (mostrati in giallo nella figura 1) sono altresì coinvolti nel legame di molti inibitori solfonammidici/sulfammati.

La molecola di acqua/ione idrossido legata allo Zn(II) è anche impegnata nella formazione di un legame a idrogeno con l’ossidrile della Thr199, che a sua volta è collegata alla porzione carbossilato di Glu106; queste interazioni migliorano la nucleofilicità della molecola d'acqua legata allo zinco e orientano il substrato (CO2) in una posizione favorevole per l'attacco nucleofilo (figura 1).

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Figura 1: Sito attivo delle CAs, osservato mediante cristallografia a raggi X[7].

La forma attiva dell'enzima è quella basica, con un idrossido legato allo ione Zn2+ (figura 2a); questo forte nucleofilo attacca la molecola di CO2 che si trova legata

in una tasca idrofobica nelle vicinanze del sito attivo (ad esempio, nel caso dell'isoenzima umano CA-II, il sito elusivo di legame del substrato comprende i residui Val121, Val143 e Leu198) (figura 2b), e porta alla formazione di HCO3

-coordinato a Zn2+ (figura 2c). Lo ione HCO3- viene successivamente spiazzato da

una molecola d'acqua e liberato in soluzione, portando alla forma acida dell'enzima con una molecola d’acqua coordinata a Zn2+

(figura 2d), la quale è cataliticamente inattiva. Per ripristinare la forma attiva basica (figura 2a) ha luogo una reazione di trasferimento del protone dal sito attivo all'ambiente, che può essere effettuata da un sistema di trasporto composto da residui amminoacidici del sito attivo (come His64, che funge da shuttle per il protone negli isoenzimi I, II, IV, VI, VII, IX e XII-XIV, tra gli altri) o da tamponi presenti nel mezzo.

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Figura 2: Meccanismo di reazione Zinco-mediato[1].

Il processo può essere schematizzato secondo le seguenti reazioni (2) e (3):

Il passaggio limitante per la velocità nella catalisi è la reazione (3), ovvero il trasferimento del protone che rigenera le specie di idrossido di zinco dell'enzima. Negli isoenzimi cataliticamente molto attivi, come CA II, IV, VI, VII, IX, XII, XIII e XIV, il passaggio limitante nella reazione è favorito da un residuo di istidina posto all'ingresso del sito attivo (His64) o da un gruppo di istidine (figura 1), che sporge dal bordo del sito attivo alla superficie dell'enzima, assicurando così un efficiente percorso per il trasferimento del protone[7].

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3) Meccanismi di inibizione delle Anidrasi

Carboniche

Gli isoenzimi della famiglia delle CAs sono coinvolti in numerosi processi sia fisiologici che patologici. Grazie alla possibilità di essere inibiti selettivamente, tali isoenzimi rappresentano importanti bersagli farmacologici per il trattamento di patologie quali ipertensione, glaucoma, obesità, cancro, epilessia e osteoporosi. I meccanismi di inibizione e di attivazione delle CAs sono processi noti: la maggior parte degli inibitori classici agisce legandosi nel sito attivo dell’enzima, coordinandosi con lo ione metallico; mentre gli attivatori esercitano il loro effetto legandosi all'ingresso della cavità del sito attivo, partecipando in questo modo ai processi di trasporto del protone tra la molecola di acqua legata allo ione metallico e l'ambiente per ripristinare la forma attiva basica dell’enzima. Ciò porta ad una migliore formazione dell'idrossido di metallo, specie cataliticamente attiva dell'enzima.

Ad oggi sono conosciuti 5 meccanismi per l’inibizione delle CAs:

● Zinc-Binders. Questa classe di inibitori agisce coordinandosi direttamente allo ione Zn2+ nel sito attivo dell'enzima, formando con il metallo delle strutture di coordinazione con geometria tetraedrica o trigonale bipiramidale

● Inibitori che formano un legame con la molecola di acqua/ione idrossido coordinata allo zinco

● Inibitori che occludono l’ingresso del sito attivo dell’enzima nello stesso punto in cui si legano anche gli attivatori delle CAs

● composti che si legano fuori dalla cavità del sito attivo, come è stato notato per un derivato di acido carbossilico che inibisce la CA in questo modo

● composti per i quali non è noto il meccanismo di inibizione[8]

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3.1) Zinc-Binders

Appartengono a questa categoria le solfonammidi, la più importante classe di CAIs, con almeno venticinque composti che sono stati usati per decenni in clinica come agenti diuretici, antiglaucoma ed antiepilettici (composti 1-25 in figura 3), tra cui l’Acetazolamide 1, la Metazolamide 2, l’Etossizolamide 3, la Diclorofenamide 5, la Dorzolamide 6 e la Brinzolamide 7.

Il problema principale di questa classe di CAIs risiede nel fatto che essi agiscono in modo poco selettivo sulle varie isoforme di CAs. Per questo motivo mostrano numerosi effetti collaterali. Gli inibitori di ultima generazione, tra cui il composto

20, sono stati progettati in modo tale da agire come inibitori selettivi per le

isoforme di transmembrana, fra le quali sono note le CAs-IX e -XII, tipicamente espresse nelle cellule tumorali. Grazie alla maggior selettività su specifiche isoforme, la probabilità di mostrare effetti collaterali sarà minore rispetto ai CAIs classici del tipo dei composti 1-19.

Tuttavia, progettare molecole isoforma-selettive non è semplice; infatti, le 12 isoforme cataliticamente attive presenti nei primati hanno un'architettura molto simile tra loro a livello del sito attivo. Ciononostante, ci sono anche importanti differenze tra i residui amminoacidici delle varie isoforme, principalmente al centro e verso l'uscita della cavità del sito attivo. Sfruttare queste differenze è apparso di notevole interesse per elaborare approcci alternativi al fine di ottenere CAIs isoforma-selettivi.

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Uno dei più riusciti è stato definito "the Tail-Approach" e consiste nell’aggiungere una "coda" allo scaffold della solfonammide che possieda frazioni derivatizzabili di tipo ammino, immino o idrossi[8]. In questo modo si ottiene una molecola allungata, con la coda in grado di interagire con il residuo amminoacidico nel centro o sul bordo della cavità del sito attivo. Grazie a questa interazione è possibile rendere la molecola più selettiva nei confronti di una specifica isoforma. Le solfonammidi si legano in forma deprotonata, come anioni, allo ione Zn(II) nel sito attivo dell'enzima (rappresentato schematicamente in figura 4), il quale si trova in geometria tetraedrica. Il farmacoforo, detto in questo caso Zinc-Binding Group (ZBG), è costituito dal gruppo funzionale -SO2NH- ed interagisce

direttamente con lo ione metallico.

Inoltre, lo ZBG interagisce anche con altri due residui conservati in tutte le α-CAs, che fungono da "gate keeper", ovvero Thr199, che forma un legame idrogeno tra il suo gruppo OH e lo ZBG negli addotti enzima-inibitore, e Glu106, che forma un legame a idrogeno con Thr199 attraverso il suo gruppo carbossilico -COO-.

L’anello aromatico/eterociclico dell’inibitore (scaffold) può occupare la parte idrofila oppure quella idrofobica (o entrambe) della tasca del sito attivo, mentre le code generalmente sono orientate verso l'uscita della cavità dove si trovano i residui amminoacidici più variabili tra le diverse isoforme dei mammiferi[8].

Figura 4: Modalità di interazione tra gli Zinc-Binders ed il sito attivo

dell’enzima[8]

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3.2) Inibitori dell’Anidrasi Carbonica che si ancorano alla

molecola di acqua/ione idrossido coordinata allo zinco

I composti che inibiscono le CAs mediante questo meccanismo sono caratterizzati dalla presenza di un gruppo di ancoraggio (AG) legato allo scaffold (rappresentato schematicamente in figura 5). Quest’ultimo potrebbe incorporare code in grado di interagire, a loro volta, con le due metà della tasca del sito attivo, come per gli Zinc-Binders[8].

Figura 5: Modalità generale di interazione dei CAIs che si ancorano alla

molecola di acqua/ione idrossido coordinata con lo ione Zn(II) mediante AG[8].

Sono noti principalmente due composti (figura 6) che agiscono con questo meccanismo: fenoli e spermine (poliamine).

26 27 Figura 6: Fenolo (26); Spermina (27).

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Il Fenolo 26 agisce legandosi mediante il gruppo OH alla molecola di acqua/ione idrossido coordinata con Zn(II) e formando con essa un legame a idrogeno (rappresentato schematicamente in figura 7 per il Fenolo 26 e in figura 8 per la Spermina 27), mediante un meccanismo di tipo competitivo nei confronti della molecola di CO2. L’anello aromatico del Fenolo 26 va a posizionarsi nella

porzione idrofobica della tasca del sito attivo, che corrisponde alla zona in cui si presume vada a complessarsi la molecola di CO2 prima dell’idratazione

catalizzata dall’enzima, spiegando così il comportamento unico di questo inibitore competitivo di CO2[9].

Figura 7: Modalità di interazione del Fenolo 26 nel sito catalitico dell’enzima

CA. Nell’immagine è mostrata anche la distanza dei legami a idrogeno, rappresentati da linee tratteggiate, che si instaurano in questa interazione[9].

Si è osservato che la Spermina 27 si ancora al ligando non proteico dello Zn(II), uno ione idrossido a pH 7,4, attraverso una rete di legami a idrogeno che coinvolge Thr199. Inoltre, i suoi diversi gruppi amminici formano legami a idrogeno e legami idrofobici di Van der Waals con i residui amminoacidici Thr200 e Pro201, che stabilizzano ulteriormente l'addotto, sebbene sia stato anche

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evidenziato che le porzioni idrofobiche della Spermina 27 in sede C5 e C7 si scontrino con una molecola d'acqua e Gln92[10].

Figura 8: Modalità di interazione della Spermina 27 col sito catalitico

dell’enzima CA. Sono mostrati con linee tratteggiate i legami a idrogeno presso cui è indicata la distanza e con linee marcate i punti di scontro dei carboni C5 e C7 con la molecola di acqua e Gln92[10].

3.3) Inibitori dell’Anidrasi Carbonica che occludono

l’ingresso del sito attivo dell’enzima nello stesso punto in cui

si legano anche gli attivatori delle CAs

Questi inibitori si legano ancora più lontano dallo ione metallico rispetto agli Zinc-Binders e ai CAIs che si ancorano alla molecola d'acqua coordinata allo zinco. Precisamente, essi si legano all'ingresso della cavità del sito attivo (rappresentato schematicamente in figura 9), che è la regione dell’enzima più

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variabile tra le varie isoforme di CAs presenti nei mammiferi. Questo aspetto è molto importante al fine di progettare molecole isoforma-selettive. I composti che agiscono con questo meccanismo di inibizione possiedono un gruppo detto “appiccicoso” o sticky group (SG) attaccato a uno scaffold che può essere aromatico, eterociclico o alifatico. Inoltre è possibile incorporarvi una coda, che può estendersi fino al sito attivo dell’enzima, poiché, come detto sopra, questi composti si legano in una regione piuttosto esterna della cavità.

Figura 9: Modalità di interazione dei CAIs che occludono l’ingresso del sito

attivo dell’enzima con le CAs[8]

.

Questo meccanismo di inibizione è stato osservato per la prima volta nelle cumarine, composti di origine naturale isolati dalla pianta australiana Leionema ellipticum. Le α-CAs possiedono anche un’attività esterasica che è responsabile dell'idrolisi dell'anello lattonico di cumarine (figura 10) e tiocumarine; da questo consegue la formazione di prodotti di idrolisi piuttosto voluminosi che, con il loro legame all’enzima, occludono l’ingresso della cavità in cui è situato lo ione metallico, impedendo di fatto l’accesso alla molecola di CO2[8].

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20

28 29

28a 29a

Figura 10: Esempio di apertura mediante idrolisi dell’anello lattonico di due

cumarine (composti 28 e 29) ad opera delle CA[8].

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Figura 11: Esempio di tiocumarina (composto 30): 6-idrossi-2-tioxocumarina[8].

3.4) Inibitori dell’Anidrasi Carbonica che si legano al di

fuori della cavità del sito attivo dell’enzima CA

Questo meccanismo di inibizione è stato scoperto di recente nello studio condotto da D’ambrosio et al (2015), in cui l‘acido 2-(benzilsolfonil)-benzoico (composto

31 in figura 12) è stato co-cristallizzato con CA-II e ne è stata studiata

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Figura 12: Acido 2-(benzilsolfonil)-benzoico[11].

L’analisi della mappa della densità elettronica all’interno del sito catalitico dell’enzima non mostrava il legame di alcuna molecola di inibitore, né allo ione Zn2+, né ai residui amminoacidici nelle sue immediate vicinanze. Al contrario, una molecola di inibitore è stata osservata in una cavità situata sulla superficie della proteina (rappresentata schematicamente in figura 13), a circa 14 Å dall’atomo di Zn (II), e delimitata dai residui Gly6, Tyr7, Gly8, Asn11, His64, Phe231, Asn232 e Glu239 (come mostrato in figura 14). L'inibitore è stabilizzato in questa cavità sia da alcune interazioni polari, che da diverse altre interazioni che stabilizzano lo scaffold organico all'interno della cavità. In particolare, entrambi gli atomi di ossigeno del gruppo carbossilato sono coinvolti in due forti legami a idrogeno con molecole d'acqua, che a loro volta sono legate all'ossigeno di Trp5 e all'atomo ND1 di His64. È da notare che quest'ultimo legame a idrogeno mediato dall'acqua blocca il residuo His64 nella sua conformazione esterna. Considerando il meccanismo catalitico delle CAs precedentemente descritto, per il quale è necessario che His64 sia flessibile al fine di ripristinare la forma attiva dell'enzima, è ragionevole ipotizzare che l’inibizione mediata da questo inibitore sia dovuta all'incapacità di His64 di cambiare la sua conformazione e quindi di partecipare allo shuttle del protone che rigenera le specie nucleofila dell'enzima[11].

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Figura 13: Modalità di interazione dei CAIs che si legano al di fuori del sito

catalitico dell’enzima CA[8]

.

Figura 14: Interazione del composto 31 con i residui amminoacidici di CA-II[8].

Il residuo amminoacidico His64 può assumere principalmente due conformazioni ed è dotato di un'elevata flessibilità nel passare dall’una all’altra. Queste due conformazioni si differenziano per la disposizione: una più vicina allo ione metallico (definita in) e l'altra predisposta verso l'uscita della cavità del sito attivo

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(definita out). Quando si trova nella conformazione in è in grado di accettare un protone dall'acqua coordinata allo ione Zn2+, in questo modo la porzione imidazolica di questo residuo viene protonata. A seguito della protonazione His64 passa alla conformazione out, grazie alla quale è capace di trasferire il protone all'ambiente. Interferire con questo processo consente di bloccare l'intero ciclo catalitico[8].

3.5) Inibitori dell’Anidrasi Carbonica che agiscono con un

meccanismo di inibizione non ancora noto

Nello studio di Alp et al (2012) è stato valutato l’effetto di una serie di derivati caratterizzati da un gruppo solfonammidico secondario/terziario (indicati in figura 15) quali inibitori delle isoforme umane dominanti CAs-I e -II; si è osservato che molti di essi possiedono un’affinità molto elevata, nell’ordine del sub-micromolare, per entrambe le isoforme[12]. Il meccanismo d’azione non è ancora noto. Sicuramente è da escludersi un’interazione diretta con lo ione zinco per problemi di ingombro sterico; le dimensioni delle molecole sono tali da non permettere a questi composti di accedere al sito attivo dell’enzima. Si è invece ipotizzato che possano legarsi all’entrata del sito attivo, nello stesso sito a cui si legano le cumarine, occludendone così l’accesso[8]. Questa ipotesi non è ancora stata confermata dagli studi cristallografici.

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Figura 15: CAIs con meccanismo d’azione non ancora noto che hanno dimostrato

un’elevata affinità per le isoforme CA-I e -II[12]

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4) Fisiopatologia delle Anidrasi Carboniche

nelle cellule tumorali

Dopo le malattie cardiovascolari, il cancro è la seconda causa di mortalità al mondo. Viene considerata una patologia ad eziologia multifattoriale causata sia da fattori genetici (esistono soggetti più suscettibili di altri a sviluppare una neoplasia per la loro predisposizione genetica), sia da fattori ambientali a cui il soggetto è esposto nell’arco della vita. Si tratta di una malattia dei geni delle cellule somatiche in cui per motivi ereditari, o per motivi di esposizione ad agenti chimici, biologici e fisici, si accumulano una quantità tale di mutazioni in specifici geni da determinare una modificazione della cellula sana in cellula tumorale. Le cellule tumorali acquisiscono vari meccanismi adattativi, tra cui:

● Insensibilità ai segnali inibitori della crescita e aumento del potenziale replicativo. In questo modo si replicano in maniera incontrollata rispetto alle cellule sane. Ad esempio, le cellule tumorali perdono il meccanismo di inibizione da contatto con le cellule circostanti; si replicano anche in assenza di segnali mitotici; mancano di qualsiasi regolazione della progressione del ciclo cellulare (in particolare in molti tumori si è visto mancare del tutto il check point G1-S)

● Evasione dell'apoptosi (la morte cellulare programmata). La perdita di sensibilità ai segnali proapoptotici consente alle cellule tumorali di andare incontro a un processo di immortalizzazione

● Neo-angiogenesi. Questa caratteristica è specifica delle cellule tumorali maligne e consiste nella capacità di indurre la proliferazione delle cellule endoteliali, creando in questo modo dei vasi sanguigni, seppur con struttura anomala, che consentono l’irrorazione della massa cancerosa. Mediante questa caratteristica il tumore si alimenta e assume la capacità di metastatizzare, ovvero di invadere altri tessuti dell’ospite anche a distanza dal sito originario del tumore

● Ipossia. Nei tumori solidi si riscontrano estese aree ipossiche rispetto ai tessuti normali, ciò è dovuto sia alla rapida crescita della massa tumorale

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che distanzia le cellule cancerose dalla rete vascolare, sia all’irregolarità e distorsione dei vasi originati attraverso la neo-angiogenesi. A livello cellulare, lo stress ipossico avvia una serie di risposte adattative, che sono il risultato diretto dell'intervento del fattore di ipossia inducibile (HIF-1), il quale agisce principalmente su due fronti: promuove il metabolismo del glucosio anaerobico e reprime o rende più efficiente la respirazione mitocondriale. Infatti, come sappiamo a seguito della scoperta di Otto Warburg del 1920, le cellule tumorali, pure in presenza di elevati livelli di O2, prediligono la via anaerobica (effetto Warburg), convertendo il

glucosio in piruvato e quest’ultimo in acido lattico producendo due molecole di ATP, rispetto alla via aerobica che attraverso il ciclo di Crebs e la fosforilazione ossidativa mitocondriale produce 38 molecole di ATP. Questo meccanismo metabolico sarebbe paradossale considerata l’elevata richiesta di energia delle cellule cancerose per la proliferazione, ma i geni che codificano per alcuni trasportatori del glucosio (come GLUT1) e per gli enzimi della via glicolitica (LDH-A in primis) sono tra i molti geni direttamente regolati dall'HIF verso una up-regulation, in questo modo la cellula cancerosa riesce a mantenere il proprio sostentamento e allo stesso tempo riduce il consumo di ossigeno[13]

● Alterazione del pH del microambiente interno e circostante. L'omeostasi del pH cellulare è mantenuto da una serie di trasportatori, scambiatori, pompe ed ectoenzimi posizionati sulla membrana cellulare. L'acido lattico prodotto dalla glicolisi viene escreto dalle cellule cancerose tramite un cotrasportatore di lattato/H+ (trasportatore monocarbossilico, MCT), con conseguente aumento del pH intracellulare (pHi). Inoltre il trasportatore

Na+/H+ sensibile all'amiloride (NHE-1), è un altro attore importante nell'omeostasi del pHi. L’espressione di queste due proteine e della CA-IX

è sovra-regolata in condizioni ipossiche attraverso l'attivazione trascrizionale di HIF[13].

La CA-IX appartiene alla famiglia delle α-CAs umane ed è un’isoforma altamente attiva. Le sue proprietà catalitiche per la reazione di idratazione di CO2 sono

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gastrointestinale, prevalentemente negli epiteli dello stomaco, dell'intestino tenue e della cistifellea. Una sua espressione meno marcata è rilevabile anche nelle aree della cripta della mucosa del colon e nell'epitelio tubulare pancreatico. Oltre a questi siti naturali, tale isoforma si trova iperespressa in molti tumori di origine epiteliale, fra i quali sono stati individuati il carcinoma della mammella, della cervice uterina, del rene, dell’esofago, del polmone e del colon.

Nello studio di Van den Eynden et al (2005) è stata osservata la correlazione tra ipossia, neo-angiogenesi, HIF-1 e CA-IX espressa nel tumore primario e nelle metastasi linfonodali del carcinoma della mammella. Per fare ciò è stato preso in esame il cancro al seno, che è la più frequente forma di neoplasia riscontrata nelle donne ed è la più frequente causa di morte nelle donne tra 35 e 55 anni di età[14].

Figura 16: I meccanismi attraverso i quali HIF interviene nell'omeostasi del pH

nelle cellule tumorali[13].

Come dimostrato dallo studio di Guidi et al (2000), la presenza di hot spot vascolari e l'aumento della densità nei capillari delle metastasi linfonodali del

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carcinoma mammario, e non nel tumore primitivo, sono correlati con una prognosi peggiore[15]. I risultati suggeriscono che la neo-angiogenesi nelle metastasi linfonodali possa contribuire alla progressione della malattia e alla diffusione ematica delle cellule tumorali. La neo-angiogenesi svolge, infatti, un ruolo essenziale in diversi aspetti dell'invasione e della progressione neoplastica. Sebbene la crescita del tumore primitivo nel carcinoma mammario sia dipendente dalla neo-angiogenesi, è stato dimostrato in questo studio, che il 96% delle metastasi epatiche del carcinoma mammario cresce secondo un modello di sostituzione non angiogenico, contrassegnato dalla sostituzione degli epatociti da parte delle cellule tumorali. Inoltre, il 51% dei depositi cutanei del cancro al seno cresce secondo uno schema infiltrativo meno angiogenico con inferiore densità microvascolare. Nonostante ciò, è stato dimostrato, infine, che la crescita delle metastasi linfonodali nel carcinoma mammario, a differenza della crescita metastatica nel fegato, è dipendente dalla neo-angiogenesi[14]. Di conseguenza, un'altra componente fondamentale per la progressione del tumore da benigno a maligno è l’ipossia, in quanto essa è responsabile della promozione della neo-angiogenesi.

Nello specifico, l’ambiente ipossico è ideale per la stabilizzazione dell’isoforma attiva di HIF-1, la quale innesca una serie di up-regulations in vari geni responsabili di alcune delle caratteristiche salienti dei tumori. Fra i geni sovraregolati, infatti, si hanno i promotori della neo-angiogenesi, della glicolisi, della proliferazione cellulare e dell’alterazione del pH nel microambiente tumorale. Questa situazione di norma dovrebbe essere contrastata mediante la down-regulation, esercitata dalla modulazione della proteina sopprimitrice dei tumori wild type di von Hippel-Lindau (p-VHL), la quale, però, non è in grado di espletare il proprio compito all’interno del tumore. Allo stesso tempo, questi cambiamenti comporterebbero l’instaurarsi di un ambiente incompatibile con la vita per l’eccessiva alterazione del pH intracellulare verso l’acidità. Tuttavia, il tumore riesce a ovviare a questa situazione grazie a uno degli effetti della cascata di HIF-1 indotta dall’ipossia stessa, o dalla perdita della regolazione negativa da parte della p-VHL. Tra gli effetti dell’azione di HIF-1, infatti, si ha anche l’up-regulation dei geni deputati alla sintesi dell’isoforma CA-IX (come mostrato in

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figura 16). Essa è di estrema importanza, in quanto stabilizza il pH dell’ambiente intracellulare a condizioni favorevoli per la crescita e l'invasione del tumore stesso (come indicato in figura 17a).

Le isoforme CA-IX e -XII infatti sono state identificate come parte del complesso meccanismo che le linee cellulari tumorali primarie e metastatiche utilizzano per tamponare il loro pH alterato in microambienti scarsamente vascolarizzati, come i dintorni di tumori solidi[16].

Fatta eccezione per alcuni specifici distretti anatomici, la presenza di CA-IX nei normali tessuti umani è inusuale. Tuttavia, tale isoenzima è ectopicamente iperespresso nei tumori, prevalentemente nei carcinomi, i quali derivano da tessuti che normalmente non sintetizzano CA-IX. Questo modello di espressione atipica ci consente di designare CA-IX come una proteina associata al tumore e di considerarla come biomarker del cancro[17].

Un’altra conseguenza dell’azione della CA-IX nell’ambiente tumorale è l’acidificazione del pH extracellulare (pHe). Nelle normali cellule adulte

differenziate, il pHi è ~7,2 ed è generalmente minore del pHe che è ~7.4. Tuttavia,

le cellule tumorali hanno un pHi >7.4, ovvero maggiore del pHe che è ~6.2–7.1.

Questo gradiente, invertito rispetto alle cellule sane, crea una condizione ideale per la progressione metastatica: infatti, l’aumento del pHi favorisce la

proliferazione cellulare e l'evasione dall'apoptosi; facilita, inoltre, l'adattamento metabolico ed è necessario per un’efficiente migrazione metastatica. La diminuzione del pHe delle cellule tumorali è causato da una combinazione di

carenza di ossigeno per la limitata perfusione, di aumento dell'efflusso intracellulare di H+ e di elevata attività delle CA-IX e CA-XII (come indicato in figura 17b), le quali hanno domini catalitici extracellulari che accelerano l'idratazione di CO2 extracellulare a HCO3- e H+. L’aumentato efflusso di H+ è

determinato principalmente dall’azione di due trasportatori: MCT-4 e NHE-1. Il primo agisce facendo entrare uno ione Na+ e facendo fuoriuscire un protone H+, il secondo invece agisce da co-trasportatore espellendo una molecola di acido lattico e un protone H+. L'espressione delle isoforme MCT-4 , NHE-1 e NHE-6 subisce una up-regulation in condizioni di ipossia attraverso l'attivazione trascrizionale di

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HIF-1, il quale, inoltre, influenza anche l'attività di scambio di NHE-1, aumentandola.

Questa alterazione del pHe promuove il rimodellamento della matrice

extracellulare (ECM) e stimola le proteasi attivate dall'acido per facilitare l'invasione e la disseminazione delle cellule tumorali[18].

Le metalloproteinasi della matrice extracellulare, sono attivate dal pH acido e sono coinvolte nel rimodellamento delle proteine della superficie delle cellule stromali e tumorali, promuovendo così la motilità delle cellule tumorali e contribuendo alla crescita e alla metastasi del tumore. Inoltre le metalloproteinasi degradano la matrice extracellulare, così facendo promuovono la formazione di nuovi vasi sanguigni e quindi partecipano alla neo-angiogenesi. Risulta quindi evidente che l'acidità del microambiente circostante al tumore svolga un ruolo predominante nella promozione della crescita e delle metastasi del tumore. Inoltre potrebbe anche essere alla base della resistenza alla radioterapia, alla chemioterapia e ad altri trattamenti non chirurgici[19].

Figura 17: Effetti provocati dal pH alterato all’interno delle cellule tumorali e

nei loro dintorni extracellulari (a). Meccanismi patologici di regolazione del pH nella cellula tumorale (b)[18].

In conclusione, vista la centralità del ruolo degli isoenzimi CA-IX e CA-XII nello sviluppo del tumore e la loro espressione prevalente sulla superficie delle cellule cancerose, essi forniscono un eccellente bersaglio per il trattamento di alcuni tumori solidi.

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5) Uso clinico dei modulatori delle Anidrasi

Carboniche

In questo capitolo verranno discussi i farmaci utilizzati in terapie mediche, che hanno come bersaglio i vari isoenzimi delle CAs. Attualmente in uso clinico si ritrovano principalmente i CAIs, in particolare le solfonammidi primarie R-SO2

-NH2, come farmaci diuretici o agenti antiglaucoma. Oltre a tale impiego clinico,

sono emerse recentemente le proprietà di questi CAIs come anticonvulsivanti, anti-obesità, antitumorali, antipanico ed anti-infettivi[4;20]. Ci sono circa 30 farmaci usati clinicamente (o farmaci in via di sviluppo) che appartengono alla classe delle solfonammidi o dei sulfammati (Figura 3, composti 1-25).

Il problema nella progettazione di nuovi CAIs riguarda l’elevato numero di isoforme di CA, la loro diffusa localizzazione in molti tessuti e organi (Tabella 1) e la scarsa selettività degli inibitori attualmente disponibili nei confronti di specifici isoenzimi (Tabella 3), si può infatti osservare che molti di essi inibiscono fortemente la maggior parte degli isoenzimi CA e molti di essi presentano un’affinità nel range del basso nano molare.

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Tabella 3: Dati di inibizione di composti utilizzati in clinica verso gli isoenzimi

umani cataliticamente attivi.

Isoenzima Ki (nM) Composto CA I CA II CA III CA IV CA VA CA VB CA VI CA VII CA IX CA XII CA XIII CA XIV Acetazolamide 1 250 12 3.10 74 63 54 11 2.5 25 5.7 17 41 Metazolamide 2 50 14 1.10 6200 65 62 10 2.1 27 3.4 19 43 Etossizolamide 3 25 8 5000 93 25 19 43 0.8 34 22 NT 25 Diclorofenamie 5 1200 38 NT 15000 630 21 79 26 50 50 23 345 Dorzolamide 6 50000 9 8000 8500 42 33 10 3.5 52 3.5 18 27 Brinzolamide 7 45000 3 NT NT 50 30 0.9 2.8 37 3.0 NT 24 Topiramato 9 250 10 NT 4900 63 30 45 0.9 58 3.8 47 1460

Tra i derivati 1-25 (figura 3) non ci sono composti che inibiscono selettivamente una specifica isoforma di CA con valori terapeutici. Tuttavia il loro profilo d’inibizione per i 13 isoenzimi dei mammiferi è molto variabile; possono comunque essere utilizzati per la progettazione di inibitori di nuova generazione, isoforma-selettivi.

Oltre ai CAIs, sono in fase di studio e hanno destato particolare interesse anche i CAAs, sebbene non siano ancora presenti farmaci utilizzati in ambito clinico nell’uomo.

5.1) Attivatori dell’Anidrasi Carbonica come potenziali

farmaci nelle condizioni di deficit della memoria

Il meccanismo di attivazione delle CAs è stato studiato mediante spettroscopia elettronica, tecniche cinetiche e radiografia a raggi X. Ne è risultato che una volta legati a vari isoenzimi, come CA-I, -II, -IV, -VA, -VII, -XIII e -XIV, i CAAs

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partecipano alla fase determinante della velocità del ciclo catalitico, ovvero, lo spostamento del protone tra il sito attivo e l’ambiente. Questa, che è considerata la fase più lenta del ciclo catalitico, è di norma effettuata da un residuo di istidina posto al centro della cavità del sito attivo (His64) che funge da sistema di shuttle per il protone. La presenza di un CAA, fornisce al sistema un percorso alternativo di trasferimento del protone grazie a un gruppo protonabile dell'attivatore, legato all'interno del sito attivo dell'enzima. In questo modo viene accelerata la fase di ripristino della forma attiva di CA e di conseguenza si ha un aumento dell'efficienza catalitica complessiva[21].

Recenti studi, come quello condotto da Sun et al (2002), indicano che l'attivazione di CA fornisce un meccanismo rapido ed efficiente per aumentare le concentrazioni di HCO3- in strutture neurali legate alla memoria[22]. L’aumento di

efflusso di HCO3- attraverso il canale dei recettori sinaptici GABAA, altera le

risposte neuronali postsinaptiche al GABA e quindi le risposte neuronali a diversi input di segnale (come mostrato in figura 18). In questo modo, la CA funziona come un efficace check-point per il controllo della trasmissione del segnale attraverso la rete neurale[22].

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Figura 18: Alterazione del segnale GABAergico ad opera dei CAAs e

meccanismo correlato, all’interno dei neuroni piramidali dell’ippocampo coinvolti nel consolidamento della memoria spaziale[22].

A concentrazioni nell’ordine del millimolare, molte specie dianioniche endogene attivano o inibiscono significativamente le CAs. Gli attivatori, come fosfato, ATP e 3-fosfoglicerato, migliorano il trasferimento del protone tra l'acqua coordinata con lo zinco e l’ambiente, accelerando in questo modo il ripristino della forma attiva dell’enzima, agendo direttamente come accettori di protoni. Molte ammine e amminoacidi (ad esempio dopamina, noradrenalina, adrenalina, istamina, istidina, imidazolo, fenilalanina e 5-HT) sono attivatori delle CAs. Essi facilitano il passaggio tra gli effetti eccitatori e inibitori della stimolazione del recettore GABAA. Questo studio ha dimostrato che la somministrazione a livello centrale di

CAAs (ad esempio imidazolo o fenilalanina) aumenta significativamente la capacità dei ratti di apprendere il percorso di un labirinto acquatico e di richiamarlo alla memoria anche in seguito. Inoltre questi effetti di apprendimento spaziale sono sensibili all'Acetazolamide 1, quindi l'uso di CAAs, per aumentare

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l'efficacia della trasformazione sinaptica negli interneuroni che rilasciano GABA, può portare a un miglioramento dell'apprendimento e della memoria[22].

Una caratteristica peculiare del disturbo neurodegenerativo della memoria e della funzione cognitiva, come la malattia di Alzheimer, è la significativa diminuzione dei livelli di CA nel sistema nervoso centrale. Un decremento analogo dei livelli di espressione di CA è stato osservato anche nel cervello dei ratti più anziani rispetto agli esemplari giovani, associato inoltre con una ridotta resistenza alla disidratazione, alterazione del controllo coroideale dell'omeostasi cerebrale e ridotta produzione di liquido cerebrospinale. Pertanto, l'attivazione delle CAs presenti nel cervello rappresenta un approccio promettente e piuttosto inesplorato per aumentare l'attività cerebrale, in particolare la memoria e l'apprendimento, con potenziali benefici significativi in soggetti anziani o in pazienti affetti dal morbo di Alzheimer e da altre forme di demenza[23].

A tale scopo si è dimostrata di particolare interesse una molecola studiata dal gruppo di ricerca di Draghici nel 2014: si tratta di un derivato bis-imidazolico in cui due molecole di imidazolo sono legate attraverso i carboni in posizione 4 dell’anello tramite un ponte etilenico (come mostrato in figura 19).

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Figura 19: Struttura generale dei bis-imidazoli studiati come CAAs[23].

In questi nuovi CAAs, una frazione imidazolica funge da shuttle per il protone, mentre l'altra frazione imidazolica fissa l'attivatore sul bordo del sito attivo. Due sostituenti idrofobi sono collocati nella posizione 2 dell'anello imidazolico per facilitarne l'ancoraggio sul bordo dei diversi isoenzimi di CA. Questi sostituenti aumentano anche la lipofilicità dei bis-imidazoli (Gruppo R1 in figura 19), facilitando così l'attraversamento della barriera emato-encefalica, caratteristica fondamentale per ottenere l'effetto nootropico. Una volta testati in vitro su 8

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isoforme di CA predominanti nell’omeostasi cerebrale, è stata notata una particolare suscettibilità per le isoforme CA-VA e -VII, le quali rispondono all’attivazione da parte del CAA nell’ordine del nanomolare (come mostrato in tabella 4). La loro potenza e selettività nei confronti degli isoenzimi CA presenti a livello del cervello, insieme con la loro ottimale lipofilia, li raccomandano come nuove potenziali molecole per la delucidazione del ruolo di attivatori di CA-VA e CA-VII nella fisiologia cerebrale e come potenziali modulatori di apprendimento, memoria e funzioni cognitive[23].

Tabella 4: Profilo di attivazione delle varie isoforme di CA su cui sono stati

testati i composti bis-imidazolici[23].

5.2) Inibitori dell’Anidrasi Carbonica utilizzati come farmaci

diuretici

A livello renale sono abbondantemente presenti alcune isoforme di CA (II, IV, XII, XIV), particolarmente espresse all’interno del lume e delle cellule del tubulo contorto prossimale (figura 20). In questa sede partecipano soprattutto a 3 processi fisiologici:

1. bilancio omeostatico acido-base attraverso la secrezione e l’escrezione di protoni derivanti dall’idratazione di CO2, reazione mediata appunto da tali

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2. sistema tampone del sangue, grazie al processo di riassorbimento dello ione HCO3

-3. escrezione renale di NH4+.

Figura 20: Cellula epiteliale del tubulo contorto prossimale renale e schema dei

processi mediati dalle varie isoforme di CA presenti in questo distretto[24].

L’inibizione delle CAs presenti a livello renale causa un aumento del volume delle urine, che assumono un pH più alcalino (circa 8,2) rispetto alle normali condizioni fisiologiche (in cui il pH è circa 6). Viene inoltre escreta una quantità maggiore di HCO3- (120 volte superiore alla quantità eliminata normalmente),

insieme a Na+ e K+ come cationi di accompagnamento, mentre la quantità di Cl -escreta diminuisce. Questa sequenza di eventi, dovuta all'inibizione dei vari isoenzimi di CA presenti nel tubulo prossimale, porta anche all'inibizione della secrezione di H+ da parte di questo segmento del nefrone. La ridotta disponibilità di protoni nelle cellule del tubulo prossimale, infatti, riduce l’azione dello scambiatore di tipo antiporto Na+/H+ e si ha quindi una riduzione del riassorbimento di Na+. L'effetto netto di questi processi è l’aumento di concentrazione di NaHCO3 nel lume tubulare con conseguente ipertonicità delle

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urine, seguito dall’escrezione dell'acqua spinta per differenza di gradiente, da cui ne consegue l’aumento della diuresi.

L’Acetazolamide (composto 1 in figura 21) è stato il primo diuretico non-mercuriale ad essere utilizzato clinicamente nel 1956[25]. Tale composto rappresenta il prototipo di una classe di agenti farmacologici con uso terapeutico limitato, ma che ha svolto un ruolo importante nello sviluppo delle basi della fisiologia e farmacologia renale. Inoltre ha un ruolo predominante nella progettazione della maggior parte degli agenti diuretici attualmente in uso (figura 22), come i tiazidici (Clorotiazide, Idroclorotiazide 19a) e i diuretici dell’ansa (Furosemide 24).

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Figura 22: CAIs usati clinicamente come diuretici, Benzotiazidi (19a-e),

Quinetazone (20), Metolazone (21), Clortalidone (22), Indapamide (23), Furosemide (24), Bumetanide (25)[7].

In generale questa classe di composti è caratterizzata dalla presenza di un gruppo solfonammidico primario, attraverso cui si legano allo ione Zn2+ nel sito attivo dell’enzima (meccanismo di inibizione di tipo Zinc-Binders).

5.3) Inibitori dell’Anidrasi Carbonica per il trattamento del

glaucoma

Il glaucoma è una delle principali cause di cecità che colpisce, assieme alla maculopatia degenerativa senile, più di 70 milioni di persone al mondo. Si tratta di un gruppo di neuropatie ottiche degenerative, caratterizzate da una elevata pressione intraoculare (IOP), che causa una lenta e progressiva degenerazione delle cellule gangliari retiniche e dei loro assoni. Tale patologia mostra un ampio spettro di sintomi e cause che provocano un danno irreversibile al nervo ottico, con conseguente perdita irreversibile delle funzioni visive[26].

L’anormale aumento di IOP nel glaucoma è correlato a un cattivo funzionamento dei tessuti del reticolo trabecolare, situato nell'angolo della camera anteriore tra la

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cornea e l'iride (come mostrato in figura 23). Il loro ruolo è quello di mantenere una pressione equilibrata nella camera anteriore dell'occhio, consentendo all'umor acqueo prodotto dai corpi ciliari di defluire. Normalmente, dunque, alla produzione di umor acqueo corrisponde un pari deflusso che avviene tramite il canale di Schlemm e piccoli canali collettori che lo convogliano verso il plesso venoso episclerale, permettendo di mantenere costante la IOP. Il glaucoma è caratterizzato da un accumulo di umor acqueo nella camera anteriore, con il risultato di un aumento della IOP che col tempo causa danni al nervo ottico[27]. Esistono diversi tipi di glaucoma:

● il glaucoma primario, a sua volta diviso in glaucoma ad angolo aperto (dovuto ad uno scarso deflusso di umor acqueo a livello del tessuto trabecolato del sistema di drenaggio) e in glaucoma ad angolo chiuso (presenza di un ostacolo meccanico che impedisce l’accesso dell’umor acqueo al sistema di drenaggio);

● il glaucoma congenito; ● il glaucoma secondario.

Figura 23: Occhio normale a sinistra, occhio affetto da glaucoma a destra. Sono

inoltre mostrati l’origine della produzione di umor acqueo, il reticolo trabecolare deputato all’efflusso dell’umor acqueo ed il sito in cui il nervo ottico viene danneggiato dall’eccessiva IOP.

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Il trattamento farmacologico del glaucoma si basa sulla riduzione della IOP intervenendo principalmente su due fronti: la diminuzione dell’afflusso e/o l’aumento della velocità di deflusso di umor acqueo.

Esistono 5 classi di farmaci sotto forma di colliri approvati per il trattamento del glaucoma: agenti colinergici (come la Pilocarpina), simpatico mimetici che agiscono sui recettori α-adrenergici, analoghi delle prostaglandine (come Travoprost e Latanoprost), β-bloccanti (come Timololo) e CAIs (come Dorzolamide e Brinzolamide). I farmaci delle prime tre classi agiscono aumentando il deflusso di umor acqueo, mentre quelli delle ultime due ne riducono la produzione.

La relazione che lega glaucoma e CAs è nota da anni; infatti, a seguito degli studi pionieristici di Friedenwald del 1949, Kinsey del 1953 e Kinsey e Barany del 1949, sulla chimica e la dinamica dell'umor acqueo, è stato dimostrato che il costituente principale di questa secrezione è NaHCO3[28-30].

Il passo successivo fu l'identificazione di CA, nell'uvea anteriore dell'occhio da parte di Wistrand: in uno studio condotto nel 1951, egli dimostrò che questo enzima (presente principalmente nei processi ciliari) è responsabile della secrezione di HCO3-, come conseguenza della reazione di idratazione di CO2[31].

Becker in uno studio condotto nel 1955, ha poi dimostrato che l’acetazolamide 1 (una solfonammide in grado di inibire l’enzima CA) produce una diminuzione di IOP negli animali da esperimento e nell'uomo[32], mentre Kinsey e Reddy in uno studio condotto nel 1959, hanno dimostrato che questo fenomeno è dovuto ad una ridotta secrezione di HCO3-, come conseguenza dell'inibizione di CA a livello dei

corpi ciliari[33].

CAIs solfonammidici come Acetazolamide 1, Metazolamide 2, Etossizolamide 3 e Diclorofenamide 4 (le cui strutture sono riportate in figura 24) sono farmaci sistemici antiglaucoma ancora utilizzati in clinica per gravi forme di ipertensione intraoculare, nonostante i numerosi effetti collaterali dovuti alla presenza di CA in molti altri tessuti e organi.

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Figura 24: CAIs utilizzati in clinica nel trattamento del glaucoma[27].

Successivamente, negli anni ‘90, furono sviluppati i primi CAIs con struttura solfonammidica solubili in acqua e nel 1995 la Merck lanciò il primo agente farmacologico di questo tipo sotto forma di collirio al 2%: la Dorzolamide 6 (figura 24). Un secondo composto strutturalmente correlato, la Brinzolamide 7 (figura 24), scoperta presso Alcon Laboratories, è stato a sua volta approvato per il trattamento topico del glaucoma nel 1999. Questi due composti sono ancora ad oggi gli unici CAIs ad azione topica in uso clinico per il trattamento del glaucoma[27].

La Dorzolamide 6 e la Brinzolamide 7 sono potenti CAIs solubili in acqua; tuttavia, sono sufficientemente liposolubili per penetrare la cornea e quindi possono essere somministrati rispettivamente per via topica come sali (a un pH di 5.5) o come basi libere. Questi due farmaci risultano essere efficaci nel ridurre la IOP e mostrano minori effetti collaterali rispetto ai farmaci utilizzati per via sistemica.

È interessante notare che la via di segnalazione ossido nitrico (NO)/guanilil ciclasi solubile (sGC) fa aumentare il livello locale di guanosina monofosfato ciclico (cGMP), un secondo messaggero importante per l'omeostasi dell'umor acqueo. Un’ulteriore dimostrazione di tale funzione fisiologica è data dall’osservazione di un ridotto contenuto di NO e/o di cGMP nell'umore acqueo nei pazienti affetti da glaucoma. Inoltre, è stato dimostrato che alcuni donatori di NO riducono la IOP in

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condizioni normali e patologiche[34]. I donatori di NO sono una classe farmaci relativamente inesplorata nel campo delle terapie oculari, nonostante la presenza ubiquitaria di target per NO in tutti i comparti degli occhi dedicati alla produzione e al drenaggio dell'umor acqueo.

Basandosi su queste premesse, il gruppo di ricerca di Steele nel 2009 ha studiato un nuovo approccio terapeutico per il trattamento del glaucoma. In questo studio è stata valutata l’efficacia, in somministrazione topica, di CAIs donatori di NO, in cui si combina in un’unica molecola un duplice meccanismo d’azione: il potenziamento della via di segnalazione NO/sGC/cGMP e l’inibizione degli enzimi CA. Per fare ciò è stata utilizzata come scheletro strutturale di base la molecola di Dorzolamide 6, sulla quale sono stati inseriti dei gruppi donatori di NO sotto forma di esteri nitrici (come mostrato in figura 25).

Figura 25: Dorzolamide e suoi derivati donatori di NO[34].

Alcuni di questi composti hanno mostrato un’elevata potenza ed efficacia NO-mediata, come provato dal loro effetto vaso-rilasciante sull’anello aortico dei conigli pre-contratto da Metoxamina; inoltre, hanno dimostrato di poter abbassare fortemente la IOP in vivo nei conigli normotesi[34].

I CAIs possono essere utilizzati anche per il trattamento dell’edema maculare, una patologia multifattoriale che colpisce la zona centrale della retina, detta macula. E’ ad andamento progressivo e può portare alla perdita completa ed irreversibile della visione centrale. L'Acetazolamide 1 somministrata per via sistemica (come sale di sodio) si è dimostrata efficace nel trattamento di questa condizione. Un’analoga efficacia è stata recentemente riportata anche per la somministrazione topica di Dorzolamide 6 e Brinzolamide 7. La risoluzione dell'edema e il

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miglioramento della funzione visiva sono indipendenti dall'attività ipotensiva della solfonammide, mentre si presume che siano dovuti agli effetti diretti dei CAIs sulla circolazione nella retina. Acetazolamide 1, Dorzolamide 6 e Brinzolamide 7 infatti agiscono come vasodilatatori locali, migliorando il flusso sanguigno in questo organo e promuovendo il deflusso dei liquidi in eccesso e dei prodotti metabolici di scarto. In seguito a tale trattamento, nelle prime fasi della malattia, la visione risulta notevolmente migliorata[7].

La retinopatia diabetica proliferativa e l’edema maculare diabetico rappresentano una delle principali cause della perdita della vista nei paesi industrializzati e attualmente non sono presenti trattamenti farmacologici risolutivi. Recentemente, però, è stato dimostrato che l’isoenzima citosolico lento CA-I media la permeabilità vascolare retinica emorragica e la permeabilità vascolare cerebrale attraverso l'attivazione di precallicreina e la generazione di una serina proteasi altamente attiva, il fattore XIIa[35]. Questi fenomeni contribuiscono alla patogenesi della retinopatia diabetica proliferativa e dell’edema maculare diabetico, pertanto, l'inibizione di CA-I potrebbe essere un bersaglio terapeutico per il trattamento di queste condizioni.

Alcune delle isoforme associate alla membrana, come CA-IV, -IX e -XII, sono state prese in considerazione come possibili bersagli delle solfonammidi per spiegare l’effetto antiglaucoma. In particolare, è stato recentemente osservato che l’isoforma XII è iperespressa negli occhi dei pazienti affetti da glaucoma e probabilmente riveste un ruolo importante nell’aumento di IOP tipica della malattia[36]. Successivamente è stato dimostrato che la CA-XII viene fortemente inibita da tutte le solfonammidi antiglaucoma usate clinicamente (la cui struttura è riportata in figura 24) e dunque, questa è probabilmente l’isoforma di membrana implicata nel glaucoma che questi farmaci hanno come bersaglio[37].

5.4) Inibitori dell’Anidrasi Carbonica come potenziali

farmaci anti-osteoporotici

L’isoenzima CA-II altamente attivo è abbondante nel tessuto osseo ed è presente solo negli osteoclasti a concentrazioni dello stesso ordine di grandezza di quelle

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presenti nei reni. Il suo ruolo è quello di fornire ioni H+, formati dall'idratazione di CO2, a una pompa protonica ATP-dipendente, la quale li utilizza nella

mobilitazione del calcio dalle ossa. Queste attività sono necessarie per la dissoluzione della matrice inorganica, che precede la rimozione enzimatica della matrice ossea organica (come mostrato in figura 26).

Per valutare il ruolo fisiologico delle CAs legate alla membrana a livello degli osteoclasti, è stato utilizzato un nuovo CAI, strutturalmente correlato al composto

63 (in figura 27), che non è in grado di oltrepassare la membrana cellulare. E’

stato osservato un aumento del numero di osteoclasti e dell'attività di riassorbimento osseo in colture di osteoclasti di ratto esposte a una bassa concentrazione di tale inibitore, mentre concentrazioni più elevate hanno influenzato la sopravvivenza delle cellule[38].

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Figura 26: Osteoclasto, apparati biologici connessi, reazione catalizzata da CA

nel processo di degradazione della matrice ossea mediante HCl.

Figura 27: PCS, molecola per la quale la membrana cellulare è impermeabile

utilizzata per gli studi sulle CAs di membrana presenti negli osteoclasti[38].

Il trattamento con inibitori ha anche disturbato l'acidificazione intracellulare negli osteoclasti. Gli isoenzimi legati alla membrana CA-IV e CA-XIV sono espressi negli osteoclasti sia in vivo che in vitro. Inoltre, gli esperimenti su questi inibitori hanno fornito nuove prove a supporto dell'ipotesi che la regolazione del pH

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intracellulare negli osteoclasti possa coinvolgere il trasporto di metaboloni e che un uso di tali inibitori sarebbe possibile per la progettazione di nuove terapie anti-osteoporosi.

5.5) Inibitori dell’Anidrasi Carbonica come potenziali

farmaci anti-obesità

L'obesità è una delle più comuni patologie per l’uomo. Tuttavia, ci sono pochi approcci farmacologici non tossici per il suo trattamento. La maggior parte dei farmaci utilizzati per la gestione dell'obesità ha gravi effetti collaterali cardiovascolari o a livello del sistema nervoso centrale, che ne limitano drasticamente l'utilità.

Diversi studi hanno dimostrato che i CAIs hanno un potenziale come farmaci anti-obesità, che potrebbe essere dovuto ai loro effetti sugli isoenzimi CA[39]. In particolare le isoforme VA e VB sono espresse a livello mitocondriale, dove sono coinvolte in alcuni processi biosintetici, come l’ureogenesi, la gluconeogenesi e la lipogenesi sia nei vertebrati (per esempio nei roditori) che negli invertebrati (per esempio nelle cavallette); esse probabilmente sono affiancate, a livello citosolico, dall’isoforma altamente attiva CA-II.

Questi isoenzimi rivestono un ruolo importante nell’approvvigionamento di HCO3-, che prende parte, come substrato, ai processi biosintetici appena elencati,

nei quali sono coinvolti la piruvato carbossilasi (PC), l’acetil-Co-A carbossilasi (ACC) e la carbamoil-fosfato sintetasi I e II[39].

Proprio in seguito alla scoperta di tali effetti è stato ipotizzato di sfruttare queste isoforme di CA come target per farmaci anti-obesità.

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Figura 28: Biosintesi degli acidi grassi in cui prendono parte le CA-VA e -VB a

livello mitocondriale dove forniscono HCO3- alla piruvato carbossilasi (PC) per

convertire il piruvato in ossalacetato, e la CA II che fornisce HCO3-

all’acetil-CoA carbossilasi(ACC)[7].

Il Topiramato (composto 9 figura 29) è un farmaco anti-epilettico che possiede potenti effetti anticonvulsivanti con un meccanismo d’azione multifattoriale: blocco dei canali al Na+ e dei recettori AMPA/kainato (acido α-ammino-3-idrossi-5-metil-4-isossazolo-propionico), ritenzione di CO2 secondaria all’inibizione dei

globuli rossi e degli isoenzimi CA del cervello; aumento di trasmissione del sistema GABAA–ergico.

Un effetto collaterale di questo farmaco osservato nei pazienti obesi è stata la perdita di peso corporeo, sebbene non sia stata fornita alcuna spiegazione farmacologica di questo fenomeno. Inoltre, il Topiramato 9 ha dimostrato di ridurre le calorie e l'aumento di grasso sia nei ratti magri (Fa /?) che in quelli obesi (fa / fa) di Zucker[40].

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9 Figura 29: Topiramato 9[39].

Recentemente, è stato dimostrato che il Topiramato è anche un potente inibitore di diversi isoenzimi di CA, come -II, -VA, -VB, -VI, -VII, -XII e -XIII e la struttura del suo complesso con la CA-II umana è stata determinata mediante cristallografia a raggi X, rivelando le interazioni molecolari che spiegano l'alta affinità di questo composto per il sito attivo dell’enzima[41].

Quindi il Topiramato, agendo anche come un efficiente inibitore degli isoenzimi mitocondriali umani CA-VA e -VB coinvolti nella lipogenesi, potrebbe fornire un nuovo approccio per controllare la perdita di peso.

La Zonisamide (composto 64 figura 30) è un altro farmaco antiepilettico usato come terapia aggiuntiva per le crisi parziali refrattarie. Analogamente al Topiramato, è stato dimostrato un suo ulteriore potenziale terapeutico per il dolore neuropatico, il disturbo bipolare, l'emicrania, l'obesità, i disturbi alimentari e il morbo di Parkinson.

64 Figura 30: Zonisamide 64.

La Zonisamide 64 è una solfonammide alifatica, che inibisce potentemente anche le CAs citosoliche e mitocondriali coinvolte nella lipogenesi. Inoltre, in

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combinazione con una dieta a ridotto contenuto calorico (deficit di 500 kcal al giorno), la Zonisamide 64 produce un'ulteriore perdita di peso medio di 5 kg rispetto alla sola dieta in pazienti obese di sesso femminile[42].

Attualmente le terapie farmacologiche approvate sono associate a una perdita di peso minore del 5% e sono spesso scarsamente tollerate, lasciando la chirurgia bariatrica l'unica efficace, ma invasiva, terapia per l'obesità. Questi risultati hanno incentivato le indagini sulle farmacoterapie di combinazione, come Qnexa, per colmare questa lacuna terapeutica e garantire una perdita di peso sufficiente e duratura maggiore del 10%.

Qnexa (VI-0521) è una combinazione a dose fissa di Fentermina e Topiramato sintetizzata dalla Vivus Inc. come potenziale farmaco per il trattamento dell’obesità. L'efficacia di Qnexa è stata valutata attraverso due studi clinici randomizzati (OB-302 e OB-303), in doppio cieco, controllati con placebo a 56 settimane in trials clinici di fase III: ne è risultata un’efficace perdita di peso e il mantenimento della perdita di peso se associato con dieta ed esercizio fisico. Gli effetti avversi riscontrati però, sono stati la ragione principale per il mancato completamento dello studio; in particolare, sono stati registrati effetti avversi cardiovascolari e un potenziale effetto teratogeno[42].

5.6) Inibitori dell’Anidrasi Carbonica come potenziali

farmaci anti-tumorali

Riprendendo ciò che è stato descritto nel capitolo 4, una delle caratteristiche adattative peculiari delle cellule tumorali e dei loro dintorni (in particolare nei tumori solidi) è la presenza di estese aree ipossiche. Tale condizione crea a livello cellulare una serie di risposte adattative, che sono il risultato diretto dell'intervento del fattore di ipossia inducibile (HIF-1). Esso ha tra i vari effetti quello di incrementare l’espressione genica dell’isoforma CA-IX, la quale riveste un ruolo importante nel mantenimento del pH all’interno delle cellule tumorali.

Infatti, a causa dell’aumentato metabolismo anaerobico attraverso la via glicolitica, si crea una condizione di acidità eccessiva per la sopravvivenza della

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