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Fattori materni e neonatali che modulano la risposta alla supplementazione con Vitamina D nel neonato a termine e pretermine

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Academic year: 2021

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INDICE

RIASSUNTO ... 3

INTRODUZIONE ... 5

1.1 Definizione e fisiologia della vitamina D ... 5

1.2 Azioni della vitamina D ... 9

1.3 Fonti di approvvigionamento di vitamina D ... 10

1.4 Definizione e valutazione dello stato vitaminico D ... 15

1.5 Omeostasi del calcio e della vitamina D durante la gravidanza ... 18

1.6 Fattori di rischio di ipovitaminosi D nella madre durante la gravidanza ... 20

1.7 Fattori di rischio di ipovitaminosi D nel neonato a termine ... 20

1.8 Fattori di rischio di ipovitaminosi D nel neonato pretermine ... 22

1.9 Indicazioni per la supplementazione di vitamina D ... 22

1.10 Conseguenze della ipovitaminosi D ... 30

OBIETTIVI DELLO STUDIO ... 34

PAZIENTI E METODI ... 35

Pazienti ... 35

Disegno dello studio ... 35

Metodi ... 36

A) Esami ematici ... 36

B) Parametri auxologici ... 37

C) Placenta ... 38

D) Dati riguardanti la madre ... 38

Analisi statistica ... 40 RISULTATI ... 41 Stato vitaminico D... 41 Nati a termine ... 41 Nati pretermine... 45 Calcio cordonale ... 51 Nati a termine ... 51 Nati pretermine... 53

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Fattori di rischio materni di ipovitaminosi D ... 54

Adeguatezza della supplementazione con vitamina D durante la gravidanza ... 56

Peso della placenta ... 58

Correlazioni lineari relative al valore di 25(OH)D ... 59

Correlazioni lineari relative al calcio cordonale ... 60

Correlazioni lineari relative al peso della placenta ... 60

Correlazioni parziali relative al peso della placenta ... 63

DISCUSSIONE ... 64

25-idrossivitamina D ... 66

Calcio cordonale ... 68

Peso della placenta ... 69

CONCLUSIONI ... 70

BIBLIOGRAFIA ... 71

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RIASSUNTO

La vitamina D è da sempre conosciuta come la vitamina che regola il metabolismo osseo, tuttavia studi recenti hanno evidenziato la sua azione pleiotropica su molti organi e tessuti tale da considerarla un ormone. La principale fonte di vitamina D è l’esposizione solare: la sintesi cutanea avviene attraverso l’interazione tra i raggi ultravioletti di tipo B e l’epidermide, determinando la formazione di almeno l’80% della vitamina D presente nel corpo. Una fonte di vitamina D meno rilevante è l’alimentazione: sono pochi gli alimenti che garantiscono un adeguato apporto di vitamina D e, tra l’altro, questi alimenti sono poco consumati dalla popolazione.

Come accennato, la vitamina D ha una funzione scheletrica ed extra scheletrica data l’espressione in maniera ubiquitaria dei suoi recettori su organi e tessuti: regola il calcio a livello muscolo-scheletrico e a livello intestinale, ha funzioni neuromuscolari, immunologiche, metaboliche, antiinfiammatorie, vasoprotettive. Per questo il deficit di vitamina D è un fattore di rischio per molte malattie. Durante la gravidanza i recettori per la vitamina D sono espressi a livello placentare garantendone una corretta funzionalità. Inoltre durante la gravidanza si ha il passaggio della vitamina D dalla madre al feto: il livello vitaminico D materno diventa espressione del livello vitaminico D cordonale alla nascita del bambino.

Lo scopo della presente tesi è stato quello di valutare il livello di vitamina D [25(OH)D] cordonale in un gruppo di pazienti nati presso il reparto di Neonatologia dell’Ospedale S. Chiara di Pisa e di ricercare eventuali associazioni tra il livello di 25(OH)D cordonale e le caratteristiche auxologiche del neonato, il livello di calcio cordonale, il peso della placenta, i fattori di rischio materni di ipovitaminosi D e la supplementazione materna durante la gravidanza.

Dai risultati emerge che il livello di 25(OH)D sul cordone ombelicale è correlato con lo stato vitaminico D materno che è, a sua volta, espressione dell’apporto materno di vitamina D e del tempo di esposizione solare materna. Inoltre, la concentrazione ematica del 25(OH)D materno è influenzato dal BMI e dalla presenza di altri fattori di rischio di ipovitaminosi D.

In conclusione, diventa importante garantire una adeguata supplementazione materna con vitamina D perché questa è la chiave per un corretto accrescimento osseo fetale e per un

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adeguato livello di 25(OH)D cordonale: in tutte le donne in gravidanza la supplementazione deve essere di almeno 600 UI/die fin dall’inizio della gravidanza e di almeno 1000-2000 UI/die per le donne con fattori di rischio di ipovitaminosi D.

Nel neonato a termine, dopo la nascita, i livelli di vitamina D raccomandati sono 400 UI/die. Nel neonato pretermine, basandosi anche sui risultati ottenuti dal presente studio, si consiglia di effettuare una supplementazione vitaminica D definita ad hoc sul singolo paziente.

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INTRODUZIONE

1.1 Definizione e fisiologia della vitamina D

Con il termine vitamina D si fa riferimento ad alcune sostanze chiamate secosteroidi, le quali hanno la funzione essenziale di mantenere un normale livello di calcio e di fosfato inorganico nel plasma.

Per svolgere tale funzione, la vitamina D subisce un processo di attivazione metabolica partendo da precursori per arrivare a metaboliti attivi che esplicano la loro azione biologica sugli organi bersaglio:

 a livello intestinale stimolando l’assorbimento di calcio, di fosforo e di magnesio e fornendo all’osso i substrati necessari per la sua mineralizzazione;

 a livello osseo stimolando la mobilizzazione del sale minerale e favorendo la mineralizzazione della matrice;

 a livello renale aumentando il riassorbimento tubulare del calcio e del fosforo. In natura si ritrovano due forme attive di vitamina D:

 la vitamina D2 (ergocalciferolo) derivante da uno sterolo vegetale e, per questo, può

essere presente nell’organismo solo se assunta con la dieta;

 la vitamina D3 (colecalciferolo) presente nel regno animale, compreso l’uomo.

Si tratta di due vitamine liposolubili e termostabili che differiscono, tra di loro, soltanto per un doppio legame tra il carbonio in posizione 22 e il carbonio in posizione 23 e per la presenza di un gruppo metilico sul carbonio 24. Sono considerate protormoni cioè dei prodotti che richiedono poche modificazioni per passare da vitamina a sostanze simili agli ormoni (25-idrossi -colecalciferolo e 1,25-di(25-idrossi-colecalciferolo).

Entrambe le vitamine D2 e D3, posseggono nell’uomo la stessa attività e per questo vengono

indicate, usualmente, come vitamina D senza ulteriore specificazione1.

L’uomo è in grado di sintetizzare la vitamina D3 a livello cutaneo (dopo irradiazione

ultravioletta B, UVB con lunghezza d’onda fra 290 e 315 nm) a partire dal 7-deidro-colesterolo, mentre può introdurre sia vitamina D2 sia vitamina D3 con la dieta.

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A livello cutaneo, in seguito ad irraggiamento ultravioletto B del 7-deidro-colesterolo (presente negli strati basale e spinoso dell’epidermide), viene prodotta pre-vitamina D3

instabile, trasformata poi, attraverso un processo di termo-conversione, in vitamina D3.

Quando viene sintetizzata la vitamina D3 a livello cutaneo (dopo irradiazione ultravioletta B e

dopo termo-conversione), viene subito legata da una proteina di trasporto, la vitamin D

binding protein, che la veicola al fegato dove subisce una prima idrossilazione in posizione 25

(da parte della 25-idrossilasi) fino a formare la 25-idrossi-colecalciferolo [25(OH)D3] o

calcidiolo2 (Figura 1).

La 25(OH)D3 è il maggiore metabolita circolante della vitamina D una emivita di 15 giorni e

rappresenta l’indice più accurato per definire lo stato vitaminico D di un individuo1.

La 25(OH)D3 giungendo al rene, subisce una seconda idrossilazione in posizione 1 ad opera

della 1-α-idrossilasi renale fino a formare la 1,25-diidrossi-colecalciferolo [1,25(OH)2D3] o

calcitriolo, la forma ormonale biologicamente attiva della vitamina D. L’attività enzimatica di 1-α-idrossilasi è incrementata dal paratormone (PTH) e dalla ipofosforemia, mentre è diminuita dall’ipercalcemia, dall’iperfosforemia e da elevate concentrazioni di calcitriolo. Anche il colecalciferolo introdotto con la dieta subisce lo stesso processo di idrossilazione epatica e renale.

Il calcitriolo [1,25(OH)2D] si lega al recettore per la vitamina D (VDR) espresso a livello

nucleare negli enterociti; una volta attivato, il recettore forma un complesso in grado di legare i cosiddetti “elementi di risposta alla vitamina D” determinando la trascrizione di geni con successivo aumento dell’espressione dei canali del calcio da parte degli enterociti e con due principali conseguenze:

 aumento dell’assorbimento intestinale del calcio;  aumento dell’assorbimento intestinale del fosforo.

Inoltre il calcitriolo regola l’omeostasi del calcio e del fosforo a vari livelli oltre che a livello intestinale. In presenza di livelli inadeguati di calcio, il calcitriolo interagisce con il VDR degli osteoblasti con successiva espressione della citochina RANKL che lega RANK sui preosteoclasti portando questi ultimi a maturazione e, favorendo quindi, il riassorbimento di calcio e fosforo a livello osseo. Il calcitriolo ha un’azione sinergica a quella del PTH2.

Questo effetto sul riassorbimento dell’osso sembra essere in contrasto con l’azione principale di mineralizzazione ossea propria della vitamina D: in realtà i due effetti favoriscono il

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rimodellamento osseo secondo le linee di forza muscolari e statiche e attraverso questa via, la vitamina D diventa capace di regolare i livelli di fosfatasi alcalina nel siero.

Il calcitriolo stimola anche il riassorbimento del calcio a livello del tubulo distale renale con successivo incremento del calcio plasmatico che blocca, attraverso un feedback renale negativo, la sintesi del calcitriolo stesso1.

I livelli plasmatici dell’1,25(OH)2D, al contrario dei livelli di 25(OH)D, non variano in

rapporto alle stagioni e alle abitudini alimentari in quanto sono strettamente regolati dall’1-α-idrossilasi renale. In un soggetto normale la concentrazione plasmatica di 1,25(OH)2D è

compresa tra 25 e 75 pg/ml e la sua emivita (più breve rispetto a quella di 25(OH)D) è pari a 3- 5 giorni. Sono stati identificati più di 20 metaboliti della vitamina D alcuni dei quali sono prodotti di degradazione. L’escrezione dei metaboliti della vitamina D avviene soprattutto attraverso la bile, mentre l’escrezione urinaria entra in gioco secondariamente. Si ipotizza anche un possibile circolo entero-epatico del 25(OH)De dell’1,25(OH)2D.

Il calcio della dieta e il livello del PTH possono modificare la sintesi renale dell’1,25(OH)2D:

 aumentando il calcio alimentare si riduce la biosintesi dell’1,25(OH)2D mentre aumenta il metabolita 24,25(OH)2D che facilita il trasporto di calcio dall’intestino, ma ha una scarsa azione sull’osso; in presenza di una carenza calcica alimentare aumenterà, invece, la idrossilazione in posizione 1 a sfavore della idrossilazione in posizione 24;  bassi livelli di PTH riducono l’attività dell’1-α-idrossilasi, riducendo quindi i livelli

dell’1,25(OH)2Dcon effetto negativo sul trasporto digestivo del calcio e riducendo il

meccanismo di adattamento della mucosa duodeno-digiunale di fronte ad aumentate richieste dell’organismo.

Il calcio e il PTH sono correlati direttamente tra di loro: una condizione di ipocalcemia provoca l’aumentata secrezione del PTH da parte delle paratiroidi, il che, a sua volta, ha azione sia sul rene, sia sull’osso, causando nel primo caso fosfaturia, aumentato riassorbimento renale di calcio e aumentata sintesi di 1,25(OH)2D, e nel secondo

determinando la mobilizzazione calcica.

Un altro fattore implicato è il fosfato inorganico. Infatti una condizione di ipofosfatemia è responsabile della stimolazione di 1-α-idrossilasi renale, direttamente a livello della cellula renale, indipendentemente dal livello di PTH.

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Una volta che il livello di 1,25(OH)2Daumenta nel sangue, esso agisce sugli organi bersaglio,

intestino e osso, per mobilizzare gli ioni fosfato e calcio, correggendo una eventuale situazione di ipofosfatemia o di ipocalcemia.

Figura 1. Sintesi e metabolismo della vitamina D nella regolazione del metabolismo del

calcio, del fosforo e dell'osso1.

Infine, nel complesso sistema dell’omeostasi fosfocalcica entrano in gioco anche fattori di natura endocrina e non che influenzerebbero l’idrossilazione renale della vitamina D:

 gli estrogeni inibiscono l’attività osteoclastica;

 gli androgeni favoriscono la formazione della matrice proteica;

 i glucocorticoidi inibiscono la maturazione delle cellule osteoprogenitrici verso gli osteoblasti, inibiscono l’assorbimento intestinale del calcio antagonizzando la vitamina D e sembra stimolino direttamente la secrezione di PTH;

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 gli ormoni tiroidei aumentano sia la formazione che il riassorbimento di tessuto osseo;  le prostaglandine E1 ed E2 stimolano il riassorbimento osseo;

 il fattore attivante gli osteoclasti (OAF) sembra avere azione locale simile al PTH 3.

1.2 Azioni della vitamina D

La vitamina D ha azioni sia scheletriche che extra scheletriche.

A livello scheletrico, la vitamina D ha un ruolo fondamentale nella prevenzione del rachitismo carenziale (patologia caratterizzata da una ridotta mineralizzazione della cartilagine di accrescimento con conseguente accumulo di matrice ossea non mineralizzata, il tessuto osteoide, con successiva deformazione delle ossa), nella promozione dei processi di acquisizione della massa ossea e nel raggiungimento del picco di massa ossea (il livello più elevato di massa ossea raggiungibile nel corso della vita di un individuo). Alcuni studi hanno dimostrato che una condizione di ipovitaminosi D in bambini e in adolescenti è associata a ridotti livelli di densità minerale ossea e ad alterazione del raggiungimento del picco di massa ossea in età adulta4.

A livello extra scheletrico, la vitamina D va ad agire direttamente su altri tessuti e cellule che presentano i recettori citoplasmatici (VDR) per l’1,25(OH)2Dcome per esempio le cellule di

cute, mammella, ipofisi, paratiroidi, cervello, isole β del pancreas, gonadi, muscolo scheletrico, tessuto emolinfopoietico, dimostrando così un ruolo diverso da quello primario di regolazione del metabolismo fosfo-calcico. Nei bambini un deficit di vitamina D è associato ad un aumentato rischio di ipertensione, infarto del miocardio, ictus e mortalità cardiovascolare considerando che le cellule della muscolatura liscia dei vasi sanguigni e i cardiomiociti esprimono il VDR e che lo stesso 1,25(OH)2D è un potente inibitore della

sintesi di renina. Nei bambini un deficit di vitamina D aumenta il rischio di iperglicemia, ipertensione e sindrome metabolica; in età adulta causa un aumento del rischio di insorgenza di carcinoma mammario, carcinoma del colon e carcinoma del pancreas oltre che del rischio di deficit cognitivi neurologici, di schizofrenia e di depressione. Numerosi studi dimostrano che livelli circolanti di 25(OH)2D≥30 ng/ml risulterebbero protettivi nei confronti di queste

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Inoltre, sembra che l’1,25(OH)2D sia in grado di esercitare un’azione di regolazione sul

sistema immunitario promuovendo la differenziazione dei precursori dei monociti a monociti e macrofagi, inibendo la citotossicità delle cellule NK, diminuendo la sintesi di interferone γ, di IL-2 e di IL-12, aumentando la sintesi di IL-4, IL-5 e IL-10, di IgA secretorie a livello delle mucose e di IgG1 nel siero. Quindi tale vitamina attivata inibisce le risposte Th1 promuovendo le risposte Th2. Dal punto di vista molecolare, quando un macrofago o un monocita viene stimolato attraverso il suo toll-like recettore 2/1 (TLR2/1) da un agente infettivo, il segnale attiva l'espressione del recettore della vitamina D e della 25-idrossivitaminaD-1α-idrossilasi. L'aumentata produzione dell'1,25(OH)2D, porta alla sintesi

della catelicidina, un peptide capace di distruggere gli agenti infettivi. Quindi, proprio per questo ruolo di regolazione della risposta immunitaria, uno stato ottimale di vitamina D risulterebbe protettivo, soprattutto in epoca pediatrica, nei confronti dello sviluppo di infezioni (batteriche e virali) e nei confronti del possibile sviluppo di patologie autoimmuni come il diabete mellito di tipo 1, il morbo di Chron, la sclerosi multipla6.

La forma attiva di vitamina D ha una azione di regolazione, diretta e indiretta, dell’espressione di oltre 1250 geni, inclusi quelli che intervengono nei processi di proliferazione, differenziazione, apoptosi cellulare e angiogenesi. In particolare, sembra che l’1,25(OH)2D sia in grado di ridurre la proliferazione delle cellule sane e delle cellule

tumorali inducendone la differenziazione7.

1.3 Fonti di approvvigionamento di vitamina D

A) Esposizione solare

L’esposizione solare rappresenta la fonte principale per la sintesi di vitamina D. L’efficacia della radiazione solare è influenzata da diversi fattori (Tabella 1) quali l’incremento della pigmentazione melaninica della cute (la melanina, infatti, assorbe i raggi UVB riducendo la sintesi di vitamina D3), la latitudine, il momento della giornata e la stagione durante la quale

avviene l’esposizione al sole (si ha minore produzione di vitamina D3 in inverno o

esponendosi al sole prima delle ore 10:00 del mattino o dopo le ore 15:00 del pomeriggio), la latitudine, l’uso regolare di filtri solari, l’inquinamento atmosferico, il tipo di vestiario indossato (molte donne in Medio Oriente e nei paesi arabi sono costrette, per motivi religiosi

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e culturali, a coprire gran parte del proprio corpo), la percentuale di cute corporea esposta e l’angolo dello zenit del sole8.

Tabella 1. Fattori che influenzano la fotosintesi cutanea di vitamina D.

FATTORI EFFETTI

Geografici/ambientali

Latitudine Minore è la latitudine, maggiore è la produzione di vitamina D

Stagione Considerando la latitudine, massima sintesi nel periodo estivo e

nulla nel periodo invernale

Ora del giorno Massima sintesi a mezzogiorno

Altitudine Maggiore è l’altitudine, maggiore è la produzione di vitamina D

Individuali

Colore della pelle

Gli individui di pelle scura necessitano di un tempo maggiore di esposizione al sole per produrre la stessa quantità di vitamina D che produrrebbe, nello stesso tempo, un individuo di pelle chiara

Superficie corporea esposta al sole Maggiore è la superficie corporea esposta al sole e maggiore sarà

la quantità di vitamina D che verrà prodotta

Filtri solari La sintesi di vitamina D è correlata al fattore di protezione usato

Genetica Variazioni nell’attività metabolica della vitamina D

L’esposizione cutanea solare viene misurata in dosi minime eritematose (MED):

1 MED = [UVB necessaria a provocare un minimo eritema cutaneo].

Se nell’adulto l’esposizione dell’intera superficie corporea a 1 MED permette il rilascio in circolo di 10000-20000 UI di vitamina D nell’arco di un giorno, nei bambini, invece, viene

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prodotta una quantità sufficiente di vitamina D anche dopo una minor esposizione solare rispetto all’adulto per due motivi:

1. per la maggiore superficie corporea in rapporto al volume;

2. per la maggiore capacità di produrre vitamina D data la maggiore quantità di 7-deidro-colesterolo presente a livello della cute del bambino (il 7-deidro-7-deidro-colesterolo si riduce con l’avanzare dell’età).

In Italia, tenendo in considerazione la latitudine, il colorito della pelle (i bambini dalla carnagione scura necessitano di tempi di esposizione solare maggiori) (Figura 2) e soprattutto la stagione invernale, è stato dimostrato che un bambino esposto al sole durante questo periodo dell’anno non riesce a produrre quantità sufficienti di pre-vitamina D3: l’unico modo

per ottenere un corretto stato vitaminico D è la supplementazione esogena oppure un buon livello di riserve endogene accumulate durante il periodo estivo.

Questo non significa dover prolungare l’esposizione al sole durante l’estate perché da un lato le radiazioni sono potenzialmente dannose per la cute e aumentano il rischio di insorgenza di tumori cutanei negli anni successivi, dall’altro quando la pre-vitamina D3 viene prodotta, una

volta raggiunto il livello soglia, viene automaticamente degradata in prodotti inerti (lumisterolo e tachisterolo). Metodo più sicuro per raggiungere uno stato vitaminico D ottimale è la supplementazione esogena della vitamina6.

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13 Figura 2. Vari fototipi nella popolazione mondiale9,10.

B) Contenuto di vitamina D nel latte umano, nelle formule e negli alimenti

Il latte materno, anche se rappresenta l’alimento ideale per la nutrizione del bambino, ha un contenuto di vitamina D, nella frazione liposolubile, molto ridotto ovvero <50 UI/l.

Il latte fortificato, invece, garantisce un apporto di vitamina D dipendente dal contenuto di vitamina D delle formule (generalmente compreso tra 400 e 560 UI/l nelle formule di partenza, tra 400 e 600 UI/l nelle formule di proseguimento e tra 440 e 840 UI/l nei latti di crescita) e dalla quantità di formula assunta giornalmente dal lattante. Considerando il fabbisogno idrico, un lattante riceve con le formule un apporto adeguato di vitamina D nel primo anno di vita solo quando raggiunge un peso pari a 5-6 Kg. Ma raggiunto tale peso,

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solitamente viene iniziato il divezzamento e quindi viene ridotta la quantità di latte assunta durante il giorno11.

Gli alimenti contengono scarse quantità di vitamina D, ad eccezione dei pesci grassi (aringa, salmone, sgombro, halibut o ippoglosso, sarda, pesce azzurro e merluzzo) che ne contengono quantità maggiori (Figura 3).

Figura 3. Fonti di approvvigionamento di vitamina D.

Tuttavia dato il ridotto consumo di questi alimenti da parte dei bambini, la dieta non può essere considerata una fonte adeguata di vitamina D per l’uomo (ad eccezione di alcune popolazioni in cui il pesce, l’olio e le uova di pesce sono importanti fonti di sostentamento). Un cucchiaio da tè (circa 5 ml) di olio di fegato di merluzzo, che contiene circa 400UI/l di vitamina D, è sufficiente alla prevenzione del deficit di vitamina D, come confermato anche da dati storici12 (Tabella 2).

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Tabella 2. Contenuto di vitamina D (UI/100 g o UI/l) in alcuni alimenti.

Alimento Contenuto medio di vitamina D, UI

Latte o vaccini

Latte vaccino 5-40 UI/l

Latte di capra 5-40 UI/l

Burro 30 UI/100 g Yogurt 2,4 UI/100 g Panna 30 UI/100 g Formaggi 12-40 UI/100 g Altri alimenti Maiale 40-50 UI/100 g

Fegato di merluzzo 40-70 UI/100 g

Dentice, merluzzo, orata, palombo,

sogliola, trota, salmone 300-1500 UI/100 g Olio di fegato di merluzzo 400 UI/5 ml

Tuorlo d’uovo 20 UI/100 g

Ormai da molti anni, alcuni paesi come Stati Uniti, Canada e Regno Unito hanno adottato la fortificazione con vitamina D di alcuni alimenti (latte, yogurt, cereali, bevande a base di frutta); alcuni studi, però, hanno dimostrato che nonostante il latte e altri alimenti siano stati fortificati con vitamina D, questo non è sufficiente a prevenire l’ipovitaminosi D nel bambino e nell’adolescente12.

Dunque l’apporto della vitamina D con la dieta può essere ritenuto trascurabile poiché circa il 90% della stessa in circolo deriva dall’esposizione solare.

1.4 Definizione e valutazione dello stato vitaminico D

Sono stati proposti negli ultimi dieci anni, a livello internazionale, alcuni cut-off per la definizione dello stato vitaminico D in rapporto ai livelli circolanti di 25(OH)D (con il

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termine 25(OH)D si intendono entrambe le forme circolanti ovvero la 25(OH)D3 e la

25(OH)D2).

Lo stato vitaminico D è valutato in base ai livelli circolanti di 25(OH)D, il metabolita attivo della vitamina D. La 1,25(OH)2D, invece, non viene usata per la valutazione dello stato

vitaminico perché ha una breve emivita (4-15 ore), perché circola in concentrazioni molto basse difficili da misurare (pg/ml) e perché i livelli dell’1,25(OH)2D si riducono solo in

presenza di livelli di 25(OH)D inferiori a 4 ng/ml.

Numerose Società Scientifiche considerano il cut-off di 10 ng/ml per la definizione di deficit grave di vitamina D, in quanto avere livelli di 25(OH)D inferiori a questo valore in presenza di una dieta con adeguato apporto di calcio, è risultato associato ad un’aumentata prevalenza di rachitismo.

Livelli di 25(OH)Dsuperiori a 15 ng/ml è associato a rachitismo solo in caso di un ridotto apporto di calcio (Tabella 3)13.

Tabella 3. Cut-off proposti a livello internazionale negli ultimi 10 anni per la definizione

dello stato vitaminico D in base ai livelli circolanti di 25(OH)D.

25(OH)D

Deficit grave Deficit Insufficienza Sufficienza Canadian Pediatric Society

(2007) - < 10 ng/ml 10-29 ng/ml ≥ 30 ng/ml

Lawson Wilkins Pediatric Endocrine Society (Misra 2008) < 5 ng/ml 5-14 ng/ml 15-19 ng/ml ≥ 20 ng/ml Institute of Medicine (2011) - < 20ng/ml - ≥ 20 ng/ml Endocrine Society (Holick 2011) - < 20 ng/ml 20-29 ng/ml ≥ 30 ng/ml SIOMMMS (Adami 2011) - < 20 ng/ml 20-29 ng/ml ≥ 30 ng/ml British Paediatric and

Adolescent Bone Group (Arundel 2012)

- < 10 ng/ml 10-19 ng/ml ≥ 20 ng/ml

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17 Spagna (Martinez Suarez 2012) - < 20 ng/ml - ≥ 20 ng/ml Svizzera (2012) < 10 ng/ml < 20 ng/ml - ≥ 20 ng/ml ESPHGAN 2013 (Braegger 2013) < 10 ng/ml < 20 ng/ml - ≥ 20 ng/ml Europa Centrale (Płudowski 2013) - < 20 ng/ml 20-29 ng/ml ≥ 30 ng/ml Society for Adolescent

Health and Medicine (2013) - < 20 ng/ml 20-29 ng/ml ≥ 30 ng/ml Australia/Nuova Zelanda

(Paxton 2013) < 5 ng/ml 5-11 ng/ml 12-19 ng/ml ≥ 20 ng/ml AAP

(AAP 2012, Golden 2014) - < 20 ng/ml - ≥ 20 ng/ml

Gli studi eseguiti in epoca pediatrica non hanno definito una soglia di 25(OH)D tale da determinare un minore assorbimento intestinale di calcio, suggerendo una maggiore capacità di adattamento fisiologico nel bambino, indotto dall’aumentata conversione di 25(OH)D a 1,25(OH)2D, dall’aumentato riassorbimento compensatorio di calcio (non dipendente dai

livelli di vitamina D) e dall’aumentata efficienza di assorbimento per livelli inferiori di 25(OH)D14.

Le Società Scientifiche sono tutte d’accordo nel proporre come cut-off per il deficit di vitamina D, livelli di 25(OH)D <20 ng/ml tenendo in considerazione l’assorbimento intestinale del calcio, i livelli del PTH e le condizioni dell’osso (Tabella 4).

Non tutti gli autori sono invece concordi sul fatto che livelli di 25(OH)D ≥ 30 ng/ml conferiscano un beneficio osseo ulteriore. Molti studi mostrano l’assenza di un quadro di iperparatiroidismo secondario in età pediatrica ed adolescenziale nella popolazione italiana per livelli di 25(OH)D ≥ 30 ng/ml8,15. Pertanto riteniamo opportuno considerare uno stato di

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Tabella 4. Cut- off per la definizione dello stato vitaminico D in base ai livelli circolanti di

25(OH)D.

Deficit grave Deficit Insufficienza Sufficienza

25(OH)D <10 ng/ml (<25 nmol/l) <20 ng/ml (<50 nmol/l) 20-29 ng/ml (50-74 nmol/l) ≥ 30 ng/ml (≥75 nmol/l)

1.5 Omeostasi del calcio e della vitamina D durante la gravidanza

Durante la gravidanza il metabolismo della vitamina D si modifica per far fronte

all’aumentato fabbisogno di calcio necessario per la mineralizzazione dello scheletro fetale (incrementando in maniera consistente i livelli sierici materni di 1,25(OH)2D) e per la

regolazione di geni coinvolti sia nell’ invasione del trofoblasto extra villoso che

nell’angiogenesi della placenta. La placenta è riconosciuta come il maggiore sito extra-renale di conversione da 25(OH)D a 1,25(OH)2D, data l’espressione dell’enzima che catalizza la

conversione, CYP27B1, mentre è silenziato il gene che codifica per l’enzima catabolico CYP24A1. Questo silenziamento rende possibile una elevata attività di CYP27B1 a livello placentare con sintesi attiva di 1,25(OH)2D massimizzata a livello dell’interfaccia

materno-fetale16( Figura 4).

E’ stata dimostrata la presenza di recettori (VDR) per la vitamina D sia a livello di decidua che a livello del trofoblasto suggerendo l’esistenza di un meccanismo paracrino o autocrino di produzione di vitamina D per garantire l’accumulo di calcio a livello dello scheletro fetale. I livelli materni circolanti di 1,25(OH)2D si alzano dall’inizio del primo trimestre e poi

aumentano durante la gravidanza; al termine della gravidanza sono più del doppio rispetto al puerperio o ai controlli non in gravidanza17. Questo incremento è necessario per modulare

l’omeostasi di calcio nella madre (aumentando l’assorbimento di calcio durante la gravidanza) al fine di garantire un fabbisogno fetale soddisfacente per la crescita e lo sviluppo. L’1,25(OH)2D sierico materno non attraversa la placenta, pertanto i livelli di

1,25(OH)2D sono più bassi nel feto rispetto alla madre. I livelli di 1,25(OH)2D a livello

dell’arteria ombelicale sono più alti rispetto alla vena ombelicale, suggerendo un ruolo del rene fetale nella produzione18. Il 25(OH)D è invece in grado di attraversare la barriera

(19)

19

placentare, livelli fetali di 25(OH)D sono pertanto molto pari al 50-80% di quelli della madre19.

Figura 4. Omeostasi di calcio e della vitamina D a livello dell’interfaccia materno-fetale16.

Le richieste di calcio durante la gravidanza aumentano notevolmente al fine di garantire l’omeostasi materna ma soprattutto i fabbisogni fetali per la crescita e lo sviluppo. Il turnover osseo materno è ridotto nella prima metà della gravidanza e poi va aumentando fino a

raggiungere il massimo nel terzo trimestre di gravidanza al fine di garantire al feto una maggiore disponibilità di calcio. Queste modificazioni fisiologiche sono fondamentali per assicurare al feto un apporto di calcio sufficiente.

Inoltre, durante la gravidanza, aumentano anche i livelli di altri ormoni che sono coinvolti nella omeostasi del calcio (estradiolo, prolattina, lattogeno placentare e paratormone).

(20)

20

1.6 Fattori di rischio di ipovitaminosi D nella madre durante la gravidanza

Un deficit di vitamina D può causare nella donna durante la gravidanza e l’allattamento un insoddisfacente turnover osseo, un aumentato rischio di infezioni e una maggior incidenza di patologie ostetriche, come una alterata placentazione, un aumentato rischio di preeclampsia, un rischio aumentato di parto pretermine e un aumentato rischio di partorire un neonato con basso peso alla nascita, maggior incidenza di diabete gestazionale e di taglio cesareo. I fattori di rischio di ipovitaminosi D più importanti in gravidanza sono: elevata pigmentazione cutanea, ridotta esposizione alla luce solare, obesità pregravidica, presenza di patologie che causano malassorbimento, età adolescenziale, assunzione di farmaci che interferiscono con il metabolismo della vitamina D, precedente figlio affetto da rachitismo.

1.7 Fattori di rischio di ipovitaminosi D nel neonato a termine

Le principali cause di ipovitaminosi D nel neonato sono particolarmente correlate allo stato vitaminico materno, alla scarsa esposizione solare e all’allattamento. Infatti, le scorte di vitamina D del neonato, sono direttamente proporzionali allo stato vitaminico D materno, come dimostrato dalla correlazione positiva tra i livelli di 25-idrossivitamina D [25(OH)D] materni valutati durante la gravidanza o in prossimità del parto ed i livelli cordonali o neonatali di 25(OH)D20. Inoltre, il neonato ed il lattante vengono scarsamente esposti alla

luce del sole, anche in accordo con la sezione di dermatologia dell’Accademia Americana di Pediatria (AAP). Il neonato allattato al seno, sia totalmente che parzialmente, rappresenta un soggetto a rischio di ipovitaminosi D, così come l’allattato con formula se l’apporto di vitamina D è <400 UI/die. L’insufficiente apporto di vitamina D con il latte, sia materno che mediante formula, espone il lattante al rischio di ipovitaminosi D, che è tanto più precoce quanto minori sono le scorte di vitamina D alla nascita.

Oltre a tutti questi fattori, è opportuno ricordare che nel primo anno di vita la velocità di crescita staturale è particolarmente elevata rispetto alle epoche successive e questo comporta un maggior fabbisogno di vitamina D con un maggior rischio di ipovitaminosi.

Rientrano, infine, tra i fattori di rischio di deficit di vitamina D di riscontro nel primo anno di vita sia una elevata pigmentazione melaninica (che può limitare gli effetti della radiazione

(21)

21

solare sulla sintesi di vitamina D3, riducendo la quantità di raggi UVB che attraversano la

cute) che il trattamento cronico con farmaci come antiepilettici, corticosteroidi per via sistemica, farmaci antiretrovirali, antimicotici per via sistemica21 (Tabella 5).

Tabella 5. Principali cause di ipovitaminosi D durante l’età neonatale.

Cause Effetti

Allattamento al seno Scarso contenuto di vitamina D nel latte materno (<50 UI/l)

Allattamento con formula (vitamina D< 400UI/l)

Ridotto apporto di vitamina D per insufficiente rapporto contenuto/quantità assunta

Ipovitaminosi D nella madre durante la gravidanza

Ridotto stato vitaminico D alla nascita e nelle prime settimane di vita

Patologie croniche (insufficienza renale,

insufficienza epatica) Ridotto stato vitaminico D

Obesità Ridotta biodisponibilità di vitamina D

Ridotta esposizione solare  scarsa esposizione al sole;  cute eccessivamente coperta con

indumenti;

 uso prolungato di creme solari ad elevato fattore di protezione.

Ridotta sintesi cutanea di vitamina D3

Elevata pigmentazione melaninica (legata

alla razza) Ridotta sintesi cutanea di vitamina D3

Trattamenti farmacologici Ridotto stato vitaminico D per aumentato catabolismo del 25(OH)D e 1,25(OH)2D

(22)

22

1.8 Fattori di rischio di ipovitaminosi D nel neonato pretermine

La promozione di uno stato vitaminico D ottimale è importante nel pretermine (nato prima della 37° settimana di età gestazionale, calcolata a partire dal primo giorno dell’ultima

mestruazione) per migliorare l’assorbimento intestinale di calcio e fosforo e per promuovere i processi di mineralizzazione ossea e contribuire alla prevenzione dello sviluppo

dell’osteopenia della prematurità, condizione caratterizzata da una riduzione significativa del contenuto minerale osseo e da un aumentato rischio di frattura. Il neonato pretermine presenta un rischio importante di alterazioni del metabolismo fosfo-calcico. La frequenza

dell’osteopenia del pretermine è inversamente proporzionale al peso alla nascita del

neonato22.Il nato pretermine non riceve gli apporti minerali che avrebbe ricevuto proseguendo

la vita intrauterina, in quanto il maggiore apporto di calcio e fosforo, la maturazione degli enzimi di idrossilazione epatica e renale della vitamina D e la gran parte del processo di mineralizzazione avvengono durante il terzo trimestre di gravidanza (in particolare tra le 32 e le 36 settimane)23. Inoltre, l’alimentazione parenterale e l’alimentazione enterale

difficilmente sono in grado di fornire al nato pretermine apporti di calcio e fosforo sovrapponibili a quelli intrauterini e la necessità di ricorrere a nutrizione parenterale prolungata e a terapie farmacologiche (con diuretici d’ansa o steroidi) contribuisce a influenzare negativamente i processi di mineralizzazione ossea24.

1.9 Indicazioni per la supplementazione di vitamina D

A) Supplementazione di vitamina D nella donna in gravidanza

La supplementazione delle madri durante la gestazione è fondamentale per assicurare un adeguato stato vitaminico D nella madre, nel feto e nel neonato. Sebbene non vi sia un accordo unanime sulle dosi consigliate di vitamina D, dagli ultimi studi pubblicati

sembrerebbe ragionevole consigliare una supplementazione di tutte le donne in gravidanza con 600 UI/die fin da inizio gravidanza e prevedere una supplementazione con almeno 1000-2000 UI/die per le donne con fattori di rischio di deficit di vitamina D. Nelle donne gravide con un accertato grave deficit di vitamina D è stato suggerito l’impiego di dosi più elevate (2000-10000 UI/die) fino al raggiungimento di livelli di 25(OH)D superiori a 30 ng/ml25 .

(23)

23

La supplementazione materna potrebbe permettere, con un unico intervento, il miglioramento della salute della madre e del bambino, ottimizzando lo stato vitaminico di entrambi.

Tuttavia, ad oggi, ancora molte donne non assumono dosi adeguate di vitamina D durante la gravidanza e, pertanto, rimane fondamentale la profilassi nel neonato.

Esistono in commercio numerosi integratori di vitamina D associati che vengono consigliati alle donne in gravidanza. Ognuno di questi garantisce un apporto di vitamina D che potrebbe essere sufficiente, come supplementazione, in alcuni casi, mentre potrebbe risultare

insufficiente in altri.

Tra gli integratori più utilizzati abbiamo:

 Multivitaminico maternità Teva (Tabella 6);  Pro D3 Folic (Tabella 7);

 Gynefam Folic (Tabella 8);  Sideral Folico (Tabella 9);  Netecal D3 (Tabella 10);  Natalben (Tabella 11);  Lutein Mamma (Tabella 12);

 Multicentrum Materna (Tabella 13);  Nestlè Materna DHA (Tabella 14);  Multifolico DHA (Tabella 15);  Gestalys DHA (Tabella 16).

Tabella 6. Informazioni nutrizionali Multivitaminico Maternità Teva.

Multivitaminico Maternità Teva Informazioni nutrizionali per cpr

Vitamina B1 1 mg Vitamina B12 2,2 µg Vitamina B2 1,4 mg Vitamina B6 1,1 µg Vitamina C 70 mg Vitamina D3(colecalciferolo) 10 µg

(24)

24 Vitamina E 8 mg Vitamina H 100 µg Vitamina PP 14 mg Ac. Pantotenico 6 mg Betacarotene 1,4 mg Ferro 30 mg Fluoro 1 mg Folato 400 µg Iodio 150 µg Magnesio 100 mg Manganese 2,5 mg Rame 1,2 mg Zinco 7 mg

Tabella 7. Informazioni nutrizionali Pro D3 Folic.

Pro D3 Folic Informazioni nutrizionali per cpr

Vitamina D3(colecalciferolo) 25 µg

Acido Folico 400 µg

Tabella 8. Informazioni nutrizionali Gynefam Folic.

Gynefam Folic Informazioni nutrizionali per cpr

Vitamina B1 1,1 mg

Vitamina B2 1,6 mg

Vitamina B6 1,4 mg

(25)

25

Vitamina D3(colecalciferolo) 10 µg

Calcio 120 mg

Tabella 9. Informazioni nutrizionali Sideral Folico.

Sideral Folico Informazioni nutrizionali per cpr

Ferro 21 mg Vitamina C 70 mg Folato 400 µg Vitamina D3(colecalciferolo) 10 µg Vitamina B12 1,75 µg Vitamina B6 1 µg

Tabella 10. Informazioni nutrizionali Netecal D3.

Netecal D3 Informazioni nutrizionali per cpr

Vitamina D3 (colecalciferolo) 10 µg

Calcio carbonato 1500 mg

Tabella 11. Informazioni nutrizionali Natalben.

Natalben Informazioni nutrizionali per cpr

Acido Folico 400 µg Vitamina B12 2,5 µg Vitamina B6 1,4 mg Vitamina B1 1,1 mg Vitamina B2 1,4 mg Vitamina B3 16 mg Acido pantotenico 6 mg

(26)

26 Vitamina H 50 µg Vitamina C 40 mg Iodio 200 µg Ferro 28 mg Zinco 10 mg Selenio 55 µg Vitamina D3 (colecalciferolo) 5 µg DHA 200 mg

Tabella 12. Informazioni nutrizionali Lutein Mamma.

Lutein Mamma Informazioni nutrizionali per cpr

Vitamina C 80 mg Vitamina E 12 mg Zinco ossido 10 mg Rame 1 mg Acido Folico 400 µg Selenio 55 µg Vitamina D3(colecalciferolo) 10 µg

Tabella 13. Informazioni nutrizionali Multicentrum Materna.

Multicentrum Materna Informazioni nutrizionali per cpr

Acido Folico 400 µg Acido Pantotenico 6 mg Vitamina A 700 µg Vitamina B1 1 mg Vitamina B2 1,4 mg Vitamina B6 1,1 mg

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27 Vitamina B12 2,2 µg Vitamina C 70 mg Vitamina D3(colecalciferolo) 10 µg Vitamina E 8 mg Vitamina H 14 mg Ferro 30 mg Fluoro 1 mg Iodio 150 µg Magnesio 100 mg

Tabella 14. Informazioni nutrizionali Nestlè Materna DHA.

Nestlè Materna DHA Informazioni nutrizionali per cpr

Vitamina A 300 µg Vitamina D3 (colecalciferolo) 10 µg Vitamina E 5 mg Vitamina C 110 µg Vitamina B6 1,9 mg Acido Folico 400 µg Vitamina B12 3,5 µg Riboflavina 1,5 mg Ferro 15 mg Iodio 150 µg

Tabella 15. Informazioni nutrizionali Mutlifolico DHA.

Multifolico DHA Informazioni nutrizionali per cpr

Vitamina C 100 mg

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28 Vitamina E 12 mg Acido Pantotenico 6 mg Vitamina B2 1,7 mg Vitamina B6 1,9 mg Vitamina B1 1,4 mg Acido Folico 400 µg Biotina 35 µg Vitamina D3 (colecalciferolo) 15 µg Vitamina B12 2,5 µg Ferro 27 mg Zinco 11 mg Manganese 2,5 mg Rame 1,2 mg Iodio 220 µg

Tabella 16. Informazioni nutrizionali Gestalys DHA.

Gestalys DHA Informazioni nutrizionali per cpr

Vitamina C 70 mg Niacina 74 mg Betacarotene 1,8 mg Vitamina E 4 mg Vitamina B5 3 mg Vitamina B6 1,6 mg Vitamina B12 2 µg Vitamina B2 0,8 mg Vitamina B1 0,7 mg Vitamina D3 (colecalciferolo) 10 µg

(29)

29 Acido Folico 400 µg Biotina 75 µg Vitamina K 35 µg Ferro 30 mg Zinco 7 mg Rame 0,6 mg Fluoro 0,5 mg Iodio 150 µg Selenio 30 µg

B) Supplementazione di vitamina D nel neonato

Il primo anno di vita è un periodo dell’età pediatrica fondamentale per la prevenzione dell’ipovitaminosi D.

Per quanto riguarda il primo anno di vita l’Institute of Medicine ha confermato come apporto adeguato (adequate intake ossia il livello di assunzione di un nutriente ritenuto adeguato a soddisfare i fabbisogni della popolazione) 400 UI/die di vitamina D e come apporto massimo 1000 UI/die di vitamina D tra 0 e 6 mesi e 1500 UI/die di vitamina D tra 6 e 12 mesi. Questo livello di supplementazione con vitamina D, iniziata a partire dai primi giorni di vita, interessa ogni bambino allattato esclusivamente al seno o con latte formulato (a condizione che non riceva 1 litro/die di latte fortificato con 400 UI/l di vitamina D) senza fattori di rischio di deficit di ipovitaminosi D.

Per quanto riguarda il primo anno di vita dei neonati che hanno fattori di rischio di deficit di vitamina D, sono raccomandati apporti giornalieri fino a 2000 UI/die.

Nel nato pretermine, in particolare se di peso < 1500 grammi, è opportuno considerare l’apporto di vitamina D somministrato durante la degenza ospedaliera attraverso l’alimentazione (nutrizione parenterale, latte materno fortificato, formula per pretermine). Si raccomanda nel neonato pretermine con peso alla nascita inferiore a 1500 grammi, un apporto di 200-400 UI/die di vitamina D. Quando il neonato raggiunge un peso di 1500 grammi e si alimenta con alimentazione enterale totale si raccomanda un apporto di 400-800 UI/die di vitamina D fino ad una età post-concezionale pari a 40 settimane. Raggiunta l’età post

(30)

30

concezionale pari a 40 settimane si consiglia di proseguire la profilassi con vitamina D secondo le raccomandazioni valide per i nati a termine (Tabella 17)26.

Tabella 17. Principali condizioni nelle quali è raccomandata la supplementazione con

vitamina D.

CONDIZIONI DOSI DI VITAMINA D (UI/DIE)

PER LA SUPPLEMENTAZIONE

Gravidanza >1000 (1000-2000)

Obesità (adulto) 1000-2000

Allattamento al seno (esclusivo o parziale) 400 Allattamento con formula (se vitamina D <400

UI/die) 400

Patologie croniche >400

Trattamento cronico con corticosteroidi 800-1000 Trattamento cronico con anticonvulsivanti 800-2000

Bambino adottato /immigrato 400

Prematurità  Se peso <1500 g:200-400 UI/die

 Se peso >1500 g:400-800 UI/die

1.10 Conseguenze della ipovitaminosi D

A) Effetti sulla madre

Ridotti livelli di vitamina D durante la gravidanza e l’allattamento possono influenzare negativamente il turnover osseo materno. Significativo è il livello della vitamina D in diversi aspetti (Figura 5):

 Prevenzione materna dalle infezioni: alcuni studi evidenziano, infatti, un aumentato rischio di vaginosi batterica in donne con livelli plasmatici di vitamina D inferiori a 20 ng/ml;

 Aumentata probabilità di insorgenza di malattie autoimmuni;  Aumentata probabilità di proliferazione cellulare;

(31)

31  Aumentato rischio di malattie osteo-muscolari;  Ottenimento di una adeguata placentazione;

 Probabilità di sviluppo di preeclampsia (nota anche come gestosi, è una sindrome caratterizzata dalla presenza di segni clinici quali edema, proteinuria o ipertensione) durante la gravidanza,

 Mantenimento dell’omeostasi della glicemia e, in caso di deficit di vitamina D, aumentata probabilità di insorgenza di diabete mellito gestazionale;

 Aumentata probabilità di taglio cesareo (spiegata dalla debolezza muscolare associata al deficit di vitamina D);

 Aumentata probabilità di sviluppo di depressione;  Aumentato rischio di parto pretermine;

 Aumentato rischio di neonati piccoli per età gestazionale e basso peso alla nascita27.

Figura 5. Condizioni patologiche associate a ipovitaminosi D. Ipovitaminosi D App. respiratorio: Asma bronchiale infezioni vie aeree superiori App. osteo-muscolare: Osteomalacia Osteoporosi Osteoartrite Ipotonia Malattie autoimmuni: Diabete tipo 1 Sclerosi Multipla Morbo di Chron Artrite reumatoide App. cardiovascolare: Ipertensione arteriosa Malattie cardiovascolari Altro: Parto pretermine

Aumentato rischio di nato con basso peso

Aumentato rischio di nato con ridotta età

gestazionale Inadeguata placentazione Carcinoma SNC: Depressione Schizofrenia

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B) Effetti sul neonato e sul bambino

Dati derivanti da un recentissimo Birth Cohort Study mostrano come il deficit di vitamina D a 18 settimane di gestazione sia associato, nella prole, a una riduzione della capacità polmonare a 6 anni, a difficoltà neurocognitive a 10 anni, ad aumentato rischio di disturbi alimentari nell’adolescenza e a un ridotto picco di massa ossea a 20 anni di età.

Quando la carenza di vitamina D si verifica prima della saldatura delle epifisi ossee, la conseguenza diretta è il rachitismo. A carico dell’osso si verifica un arresto o un rallentamento della crescita normale della cartilagine metafisaria e della fisiologica deposizione di calcio. Si ha una sovrabbondanza di tessuto osteoide e una irregolarità delle metafisi. Il tessuto osteoide, sollecitato dalle linee di forza, si distribuisce lateralmente portando a un ingrossamento e a una deformazione delle estremità delle ossa e al cosiddetto “rosario rachitico”.

Il primo segno di rachitismo è rappresentato dalla craniotabe, caratterizzata dalla comparsa di una marcata cedevolezza della volta cranica. La craniotabe e la posizione sdraiata del lattante dei primi mesi portano ad una deformazione della rotondità del cranio, che appare schiacciato posteriormente (caput quadratum). La fontanella anteriore è ampia e non ossificata, le ossa frontali sono ispessite e sporgenti, l’eruzione dei denti è ritardata.

Nel lattante di sei mesi e per tutto il primo anno i segni da ricercare sono quelli a carico del torace: il rosario rachitico (ingrossamento delle giunzioni condro-costali) e il solco di Harrison (insorge per la continua trazione del diaframma, ad ogni atto respiratorio, a livello dell’inserzione sulle coste; si manifesta in corrispondenza della sesta costa come un profondo infossamento mentre la parte inferiore del torace viene spinta in fuori). La parte superiore del torace, inoltre, viene spinta in avanti (petto carenato) e la parte inferiore rimane infossata (torace a calzolaio).

Con il proseguire del processo rachitico compaiono gli ingrossamenti a carico delle metafisi delle ossa lunghe, molto evidenti a livello di polsi e caviglie.

Quando il bambino comincia a camminare si notano le deformazioni della diafisi del femore, della tibia, della fibula con la comparsa delle gambe vare; a questo si associano deformità di colonna, del bacino e riduzione della velocità di crescita.

Il rachitismo viene trattato con somministrazioni giornaliere di 2000-6000 UI di vitamina D per 4-6 settimane.

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Una deficienza di vitamina D si associa ad un aumentato rischio di tetania rachitogena. La tetania è una situazione di ipereccitabilità del sistema nervoso centrale e periferico, caratterizzata da una crisi convulsiva generalizzata , di breve durata e senza perdita di conoscenza1.

Come descritto in precedenza la vitamina D ha azioni scheletriche ed extra scheletriche quindi un deficit di vitamina D si ripercuote sull’osso ma anche sugli altri tessuti.

Il deficit di vitamina D aumenta il rischio di infezioni respiratorie acute in epoca neonatale (dimostrato un rapporto inversamente proporzionale tra i livelli di 25(OH)D su cordone ombelicale e il rischio di infezioni respiratorie nel primo anno di vita) e aumenta le esacerbazioni asmatiche (la vitamina D ha una azione inibente la produzione di citochine Th17, aumentate nell’asma)23.

Infine, in letteratura vi è una chiara associazione tra i livelli di 25(OH)D e l’aumentata incidenza di dermatite atopica, malattie allergiche e depressione ma, allo stato attuale, non si può assegnare un definitivo ruolo della vitamina D nella insorgenza di queste patologie.

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34

OBIETTIVI DELLO STUDIO

 Valutazione dei fattori di rischio di ipovitaminosi D in madre e neonato a termine o pretermine.

 Valutazione dei livelli di vitamina D cordonale in un gruppo di neonati a termine e pretermine.

 Valutazione del rapporto tra stato vitaminico cordonale e peso della placenta, livelli di calcio cordonale, caratteristiche auxologiche dei neonati, adeguatezza della supplementazione gravidica e fattori di rischio materni.

 Definizione di una adeguata supplementazione con vitamina D nella donna in gravidanza e nel neonato.

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PAZIENTI E METODI

Pazienti

Per il presente studio sono stati esaminati 79 pazienti (38 maschi, 41 femmine) con una età gestazionale superiore a 37 settimane o inferiore a 32 settimane, nati presso il reparto di Neonatologia dell’Ospedale S. Chiara di Pisa.

I pazienti, quindi, sono stati suddivisi in due gruppi:

1. Nati a termine (>37 settimane di età gestazionale); 2. Nati pretermine (<32 settimane di età gestazionale).

Il primo gruppo è composto da 48 pazienti (21 maschi, 27 femmine) con una età gestazionale compresa tra 37 settimane e 41 settimane + 5 giorni.

Il secondo gruppo è composto da 31 pazienti (17 maschi, 14 femmine) con una età gestazionale compresa tra 25 settimane + 5 giorni e 32 settimane.

Le caratteristiche auxologiche dei pazienti oggetto dello studio sono indicate in Tabella 18. Tabella 18. Caratteristiche auxologiche dei pazienti dello studio divisi per gruppo. Valori

espressi con media ±DS.

Gruppo N EG, settimane PN, SDS LN, SDS CCN, SDS Peso placenta, g A termine 48 39,3±1,3 -0,2 ± 0,8 0,2±1,0 0,1±1,2 629,7±144,9 Pretermine 31 29,9±1,9 -0,2 ± 0,9 -0,4 ± 1,1 -0,3±1,2 304,4±99,2

Disegno dello studio

Per reclutare questi pazienti è stato eseguito, al momento della nascita, un prelievo ematico da cordone ombelicale finalizzato a definire il valore di 25(OH)D e di calcio.

Oltre a questo valore sono stati considerati, di ogni neonato, i seguenti parametri:  Peso alla nascita;

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36  lunghezza alla nascita;

 circonferenza cranica;  peso della placenta.

In un secondo momento, lo stato vitaminico D di ogni neonato è stato definito tenendo conto dei livelli circolanti di 25(OH)D in relazione ai cut off di riferimento a livello internazionale (deficit < 20 ng/ml; insufficienza 20 ng/ml < 25(OH)D < 30 ng/ml; sufficienza > 30 ng/ml). Lo stato vitaminico D è valutato in base ai livelli circolanti di 25(OH)D, il metabolita epatico della vitamina D29.

Per il calcio ionizzato il range di normalità è compreso tra 1,1 mmol/l e 1,25 mmol/l. La condizione di ipocalcemia è definita per valori inferiori a 1,1 mmol/l.

Metodi

A) Esami ematici

25-idrossi-vitamina D (25-OHD)

Per determinare quantitativamente il 25(OH)D è stato utilizzato il kit 25-idrossivitamina D 125I RIA. Nell’analisi DiaSorin è prevista una estrazione rapida con acetonitrile di 25(OH)D e di altri metaboliti presenti nel siero o plasma; dopo l’estrazione segue il trattamento e l’analisi del campione attraverso una procedura RIA di equilibrio. Il metodo RIA si basa sull’incubazione per 90 minuti alla temperatura di 20-25 °C di un anticorpo con specificità per 25(OH)D, del campione prelevato e del tracciante associato. In un secondo momento si esegue una incubazione di 20 minuti a 20-25 °C mediante un secondo complesso precipitante gli anticorpi per favorire la separazione.

Calcio

L’emogasanalisi sul cordone ombelicale viene eseguito per la determinazione quantitativa del calcio e di altri parametri. Dopo il clampaggio del cordone ombelicale si esegue il prelievo con ago introdotto obliquamente a 45° nell’arteria ombelicale. Si aspira lentamente, al fine di non introdurre aria, almeno ½ cc di sangue.

Una volta prelevato il campione di sangue viene esaminato dall’analizzatore GEM Premier 4000, costituito da due componenti, lo strumento e una cartuccia unica (PAK). Il PAK

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37

permette la misura di pH, pO2, pCO2, Na+, K+, Ca++, Cl-, Glucosio, Lattato, Ematocrito,

bilirubina totale, emoglobina totale, frazioni dell’emoglobina.

Tutti i componenti richiesti per l’analisi dei campioni sono contenuti nella cartuccia, inclusi i reagenti, i sensori, la cella ottica per CO-Ossimetria e bilirubina totale, la sonda di campionamento, la fluidica, la valvola di distribuzione ed il contenuto dei reflui.

Il componente centrale del PAK è la sensor card costituita da una camera, di ridotto volume e a tenuta di gas, in cui il campione di sangue è presentato ai sensori. I sensori di pH, pO2,

pCO2, Na+, K+, Ca++, Cl-, Glucosio, Lattato, Ematocrito, insieme all’elettrodo di riferimento,

sono parti integranti della camera con le membrane legate al corpo della camera. Il flusso del campione e dei reagenti è controllato da due valvole: la valvola di deviazione e la valvola di miscelazione che lavorano congiuntamente per controllare il flusso dei reagenti e dei campioni nella direzione desiderata. L’operatività di queste due valvole è controllata tramite stantuffi attivati da solenoidi. La soluzione di riferimento è portata fino alla giunzione dell’elettrodo di riferimento della sensor card e si unisce con il fluido del canale principale. Un’azione pulsante del diaframma della valvola di miscelazione mescola il lisante ed il campione producendo la completa emolisi del campione.

I sensori di pH ed elettroliti sono basati sul principio degli elettrodi ionoselettivi in cui è possibile stabilire un potenziale elettrico attraverso la membrana, risultante dalla selettività chimica della membrana ad uno ione specifico.

B) Parametri auxologici

I parametri auxologici dei neonati arruolati nello studio sono peso, lunghezza e circonferenza cranica alla nascita.

In tutti i pazienti è stato espresso il valore del peso in Kg, in percentili e in Z-score, il valore della lunghezza e della circonferenza cranica in cm, in percentili e in Z-score.

Per la valutazione del peso alla nascita si utilizza una bilancia digitale, più precisa rispetto alle bilance meccaniche e manuali, perché dotata di un programma che riesce a pesare il bambino nonostante i suoi movimenti che potrebbero alterarne la misurazione. La bilancia ha un vassoio rivestito di un telo, anche in plastica, ideale per l’igiene del neonato.

Il valore di Z-score indica quanto il valore considerato si differenzia da quello di una popolazione sana di riferimento composta da soggetti dello stesso sesso e della stessa età del soggetto in esame.

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Per la misurazione della lunghezza del neonato si utilizza, fino all’età di due anni, uno strumento chiamato “infantometro”. Si parla di lunghezza alla nascita poiché, date le limitate capacità motorie del piccolo, il rilievo di questo parametro è più agevole rispetto alla statura. Per la misurazione della lunghezza, con tale strumento, sono necessari due esaminatori. Il primo, durante la misurazione, ha il compito di mantenere la testa del bambino (posto in posizione supina) ben appoggiata contro il poggiatesta dello strumento. L'orientamento del capo deve essere tale che il piano immaginario passante per il meato acustico esterno ed il margine inferiore dell'orbita (piano di Francoforte), sia perpendicolare allo strumento. Il secondo esaminatore ha il compito di estendere leggermente gli arti inferiori del bambino, e posizionare le piante dei piedi contro il piano mobile dell'infantometro. La lunghezza rilevata dev'essere approssimata a 0,1 cm.

Per la misurazione della circonferenza cranica si utilizza un metro da sarta anelastico posto nel punto più largo della testa, vale a dire appena sopra le orecchie (tra la sporgenza occipitale e la linea sopraccigliare); le successive misure andranno rilevate posizionando il nastro metrico sempre nel medesimo punto.

C) Placenta

L’intera placenta, subito dopo il parto, deve essere riposta senza liquidi di fissazione in un contenitore chiuso e pulito, contrassegnato con il nome e il cognome della paziente e la data del parto e inviata in laboratorio nel minor tempo possibile. Nelle placente non fissate la pesatura non deve essere eseguita prima di tre ore dal parto; per esse il peso va registrato sul foglio di lavoro con la dicitura “peso totale a fresco”. Se la placenta era stata fissata con formalina tamponata al 10%, la dicitura cambia e diviene “peso totale dopo fissazione”30.

D) Dati riguardanti la madre

Questionario

A tutte le madri dei neonati arruolati è stato sottoposto un questionario nel quale venivano richiesti dati relativi a età, pigmentazione cutanea, peso pregravidico e altezza, patologie pregravidiche ed assunzione di farmaci in gravidanza, tipo e durata della supplementazione effettuata nel corso della gravidanza, esposizione solare durante la precedente stagione estiva e presenza di eventuali precedenti figli affetti da rachitismo (Figura 6).

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39 Figura 6. Questionario.

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40 Indice di massa corporea

Per quanto riguarda l’indice di massa corporea (BMI) delle madri prima della gravidanza, è stato calcolato la formula seguente:

Peso (Kg) _______________ Statura (m2)

ed è stato espresso in Kg/m2.

Sulla base dei valori ottenuti di BMI, è stato definito lo stato ponderale della madre in normopeso se BMI < 25 Kg/m2, in sovrappeso se BMI era compreso tra 25 Kg/m2 e 30

Kg/m2, in obeso se BMI >30 Kg/m2.

Analisi statistica

I dati ottenuti sono stati elaborati con i programmi di statistica SPSS-versione 24.0 (Statistical Package for Social Sciences, SPSS Inc., Chicago, IL, USA).

I risultati sono stati espressi come media ± DS. Il test ANOVA è stato usato per analizzare le differenze tra più di due gruppi. Una volta stabilita attraverso questo test l’esistenza di significatività statistica, è stato effettuato un test di Tukey per definire all’interno del fattore considerato, quale fosse l’entità della differenza delle medie tra i vari gruppi.

Le correlazioni lineari tra i vari parametri auxologici e biochimici sono state effettuate mediante la formula di Pearson.

Per definire la relazione tra 25(OH)D e calcio è stata effettuata una regressione lineare. E’ stato considerato significativo un valore di p<0.05 per tutte le analisi statistiche effettuate.

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RISULTATI

Stato vitaminico D

Nati a termine

Nei neonati a termine sono stati riscontrati valori medi di 25(OH)D cordonale pari a 25,2±10,9 ng/ml. In questo gruppo di pazienti il valore di 25(OH)D più basso riscontrato è pari a 7,6 ng/ml mentre il valore di 25(OH)D più alto è 63,9 ng/ml.

Dei 48 soggetti esaminati il 29,2 % (ovvero 14 soggetti) presentavano valori di 25(OH)D cordonale nel range della deficienza (<20 ng/ml), il 45,8% (ovvero 22 soggetti) presentavano valori di 25(OH)D cordonale nel range della sufficienza (20-30 ng/ml) e il 25% (ovvero 12 soggetti) presentavano valori di 25(OH)D cordonale nel range della sufficienza (>30 ng/ml) (Figura 7).

Figura 7. Percentuali di 25(OH)D cordonale nei neonati a termine con i valori nella norma,

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42 25(OH)D e mese di nascita

Nello studio si è evidenziata una differenza statisticamente significativa (p<0,05) tra il valore del 25(OH)D cordonale nei nati nel periodo compreso tra luglio e ottobre rispetto a quello riscontrato nei nati nel periodo compreso tra novembre e febbraio (Figura 8).

Il valore medio del 25(OH)D cordonale nei nati nel periodo compreso tra luglio e ottobre è 26,8 ± 11,1 ng/ml.

Il valore medio del 25(OH)D cordonale nei nati nel periodo compreso tra novembre e febbraio è 16,3 ± 7,8 ng/ml.

Il valore medio del 25(OH)D cordonale nei nati nel periodo compreso tra marzo e giugno è 25,7 ± 10,1 ng/ml.

Figura 8. Valore del 25(OH)D cordonale in relazione al mese di nascita.

25(OH)D e supplementazione materna in gravidanza

Dall’analisi statistica è emersa una differenza significativa (p<0,05) tra il valore del 25(OH)D nei nati da madri supplementate e il valore del 25(OH)D cordonale nei nati da madri non

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supplementate: se la mamma aveva assunto la vitamina D durante la gravidanza, il 25(OH)D cordonale risultava maggiore (Figura 9).

Il valore medio del 25(OH)D cordonale nei nati da madri supplementate è 27,3 ± 11 ng/ml. Il valore medio del 25(OH)D cordonale nei nati da madri non supplementate è 21,1 ± 9,9 ng/ml.

Figura 9. Valore del 25(OH)D cordonale in relazione alla supplementazione materna.

Restringendo l’analisi statistica al gruppo di madri supplementate si è osservata una differenza significativa (p<0,05) tra il valore del 25(OH)D cordonale nei nati da madri adeguatamente supplementate rispetto al valore del 25(OH)D cordonale nei nati da madri non adeguatamente supplementate (Figura 10).

Il valore medio del 25(OH)D cordonale nei nati da madri adeguatamente supplementate è 29,6 ± 11,4 ng/ml.

Il valore medio del 25(OH)D cordonale nei nati da madri non adeguatamente supplementate è 21,2 ± 8,9 ng/ml.

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Figura 10. Valore del 25(OH)D cordonale in relazione all’adeguatezza della

supplementazione materna.

Oltre a considerare il gruppo intero, abbiamo ristretto l’analisi statistica al gruppo di madri non adeguatamente supplementate e si è evidenziata una differenza significativa (p<0,05) tra il valore del 25(OH)D cordonale nei nati nel periodo compreso tra novembre e febbraio rispetto al valore del 25(OH)D cordonale nei nati nei periodi marzo-giugno e luglio-ottobre. Considerando unicamente il gruppo dei nati da madri adeguatamente supplementate è emersa una sovrapponibilità dei valori del 25(OH)D cordonale escludendo l’influenza del mese di nascita.

25(OH)D e fattori di rischio materni di ipovitaminosi D

Inoltre è risultata una differenza statisticamente significativa (p<0,05) tra il valore del 25(OH)D nei nati da madri senza fattori di rischio di ipovitaminosi D e il valore del 25(OH)D nei nati da madri con uno o più fattori di rischio di ipovitaminosi D: la presenza di uno o più

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fattori di rischio di ipovitaminosi D nelle mamme determinava un valore del 25(OH)D cordonale minore, se non adeguatamente supplementata in gravidanza (Figura 11).

Il valore medio del 25(OH)D cordonale nei nati da madri senza fattori di rischio è 27,5 ± 11,6 ng/ml.

Il valore medio del 25(OH)D cordonale nei nati da madri con fattori di rischio è 20,6 ± 8 ng/ml.

Figura 11. Valore del 25(OH)D cordonale in relazione con la presenza o meno di fattori di

rischio materni di ipovitaminosi D.

Nati pretermine

Nei neonati pretermine sono stati riscontrati valori medi di 25(OH)D cordonale pari a 23,4±9,7 ng/ml. In questo gruppo di neonati il valore di 25(OH)D più basso riscontrato è 7 ng/ml mentre il valore di 25(OH)D più alto è 42,3 ng/ml.

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Dei 31 soggetti esaminati il 32,2% (ovvero 10 soggetti) presentavano valori medi di 25(OH)D nel range della deficienza (<20 ng/ml), il 45,2% (ovvero 14 soggetti) presentavano valori nel range dell’insufficienza (20-30 ng/ml) e il 22,6% (ovvero 7 soggetti) presentavano valori nel range della sufficienza (>30 ng/ml) (Figura 12).

Figura 12. Percentuali di 25(OH)D cordonali nei neonati pretermine con i valori nella

norma, nel range dell’insufficienza e nel range della deficienza.

25(OH)D e mese di nascita

Nello studio non si è evidenziata una differenza statisticamente significativa ma soltanto una lieve tendenza tra il valore del 25(OH)D cordonale nei nati nel periodo compreso tra luglio e ottobre rispetto a quello riscontrato nei nati nel periodo compreso tra marzo e giugno (Figura 13).

Il valore medio del 25(OH)D cordonale nei nati nel periodo compreso tra luglio e ottobre è 28,3 ± 5,7 ng/ml.

Il valore medio del 25(OH)D cordonale nei nati nel periodo compreso tra novembre e febbraio è 21,5 ± 10,7 ng/ml.

Il valore medio del 25(OH)D cordonale nei nati nel periodo compreso tra marzo e giugno è 20,5 ± 10,5 ng/ml.

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Figura 13. Valore del 25(OH)D cordonale in relazione al mese di nascita.

25(OH)D e supplementazione materna in gravidanza

Nell’analisi statistica si è segnalata una differenza significativa (p<0,05) tra il valore del 25(OH)D cordonale nei nati da madri supplementate in gravidanza e quello dei nati da madri non supplementate in gravidanza (Figura 14).

Il valore medio del 25(OH)D cordonale nei nati da madri supplementate è 28,1 ± 8,2 ng/ml. Il valore medio del 25(OH)D cordonale nei nati da madri non supplementate è 19,5 ± 9,2 ng/ml.

Riferimenti

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