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Appunti introduttivi sui limiti

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Academic year: 2021

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LIMITI DI FUNZIONI

Marco Monaci

Introduzione:

In questa breve nota spiegheremo il significato di limite di una funzione, ma come in tutte le cose bisogna partire dall’inizio della storia. Quindi prima di introdurre la parte proprio più operativa dell’argomento (definizione e calcolo dei limiti) spiegheremo un paio di nozioni che ci saranno molto utili in futuro.

Riprendiamo innanzitutto l’insieme dei numeri natu-rali N, e l’insieme dei numeri reali R. A questi insiemi per ora possiamo solo dare definizioni empiriche e ba-sate sulla nostra esperienza, in quanto una definizione formale è molto complicata ed esula dal contesto di questi appunti.

1.1 Numeri Naturali N

I numeri naturali sono quelli che utilizziamo quotidia-namente per contare gli oggetti. Si tratta di un insieme

ordinato, in quanto è possibile dire quale numero na-turale è maggiore fra due o fra più numeri1. Un’altra caratteristica molto importante è che l’insieme dei nu-meri naturali è discreto, ovvero fra due nunu-meri naturali esiste un numero finito di numeri naturali. Facciamo un esempio: prendiamo l’1 e il 5. Fra di essi trovano posto solo altri tre numeri naturali, ovvero il 2, il 3 e il 4. Qualunque coppia prendiamo presenterà al suo interno un numero finito di numeri naturali, per quanto magari siano estreamente numerosi. Nel caso dell’insieme dei numeri reali non è più vero.

1.2 Numeri Reali R

I numeri reali possiamo definirli come quei numeri otte-nibili da qualunque operazione matematica che ci venga in mente (ad esclusione dell’estrazione di una radice di indice pari di un numero negativo - in quel caso sfon-deremo nei numeri complessi). Altrimenti l’insieme dei numeri reali possiamo vederlo come l’insieme di tutti quei numeri esprimibili con un numero finito o infinito di cifre decimali. Sono quindi numeri reali 3,√2, √3π,

3

7 e così via. Attenzione! In questo caso l’insieme dei

numeri reali è un insieme continuo, in quanto presi due numeri reali (per esempio 1 e pi) fra di loro trovano posto

infiniti numeri reali. Infatti fra questi due numeri ci sono un sacco di frazioni, un sacco di radici quadrate e così via. Inoltre viene definito continuo in quanto è possibile costruire una corrispondenza biunivoca fra i punti di una retta e i numeri reali: ovvero ad ogni punto della retta è possibile associare un numero reale. Questo per esempio non può essere fatto nel caso dei nu-meri razionali (creati dalle frazioni) in quanto ci saranno sempre dei buchi liberi (per esempio il π non può essere ottenuto con nessuna frazione, quindi rimarrebbe un "buco vuoto").

Intervalli e intorni:

Consideriamo ora per comodità l’insieme dei numeri reali R. Un intervallo è definito come un sottoinsieme dei numeri reali, e può essere limitato o illimitato:

• Limitato: si tratta di un sottoinsieme con due estremi, in altre parole un segmento. Un intervallo limitato è per esempio [1, 3].

1Questo non è vero nel caso dei numeri complessi, in quanto non

è un insieme ordinato, ovvero non si può stabilire quale numero complesso sia maggiore fra due

• Illimitato: si tratta di un sottoinsieme con un solo estremo, ovvero una semiretta. Per esempio un intervallo illimitato è [4, +∞[. Abbiamo usato la parentesi "al contrario" per indicare che ∞ non è incluso nell’intervallo.

Si definisce un intervallo chiuso un intervallo del ti-po [a, b] dove a e b sono numeri reali compresi nell’in-tervallo. Un intervallo è aperto se invece uno o en-trambi gli estremi non sono inclusi nell’intervallo stesso, per esempio ]4, 5[.

Definiamo ora la concezione di intorno di un punto. Consideriamo come al solito la nostra retta dei reali e prendiamoci un punto a caso, per esempio 3. Un qualunque intervallo che contenga 3 è chiamato intorno. Quindi per esempio l’intervallo [2, 4] è un intorno di 3. Ovviamente posso creare intorni più o meno grandi, basta "allontanarsi" più o meno dal punto che stiamo considerando.

Nel caso dei numeri reali è possibile creare intorni arbitrariamente piccoli all’interno dei quali ci siano sem-pre dei punti appartenenti all’insieme dei reali. In altre parole, un numero reale non è mai "solo".

Questo non è vero nel caso, per esempio, dei numeri naturali. Prendiamo il punto 4 e consideriamo un intor-no di raggio 0.5: all’interintor-no di questo intorintor-no intor-non ci sarà alcun altro numero naturale. In tal caso 4 risulta essere un punto isolato nell’insieme dei numeri naturali.

Definiamo adesso un punto di accumulazione. Pren-diamo un qualunque punto x0 della retta dei reali e

iniziamo a costruire degli intorni, via via sempre più piccoli. Se per quanto piccoli li facciamo, tali intorni possiedono almeno un punto reale, allora x0 è definito

come punto di accumulazione.

In maniera molto naive possiamo immaginarci un punto di accumulazione come un punto che possiede infiniti vicini: effettivamente per quanto riduciamo l’in-torno possiamo sempre trovare dei "vicini" al punto di accumulazione.

Per esempio 3 è punto di accumulazione per i reali, in quanto l’intorno [2.5, 3.5] contiene infiniti numeri reali (e contiene pure il 3), esattamente come [2.99, 3.01] e così via.

Limiti:

Adesso concentriamoci sull’idea di limite. Per fare que-sto, consideriamo una funzione in una variabile reale, per esempio:

f (x) = 2x

Tale funzione è definita chiaramente in tutto R, e ciascun punto della funzione è punto di accumulazione, in quanto per l’appunto siamo sempre nell’insieme dei numeri reali.

Prendiamo come punto di accumulazione x0= 2.

Con-sideriamo quindi l’intorno di 2 [1, 3]. A questo punto calcoliamo i valori che assume la funzione agli estremi di questo intervallo:

• f (1) = 2; • f (3) = 6.

(2)

Proviamo ora a ridurre l’intervallo che abbiamo uti-lizzato, per esempio prendendo [1.9, 2.1] e facciamo lo stesso lavoro:

• f (1.9) = 3.8; • f (2.1) = 4.2

Come possiamo vedere, mano mano che stringiamo l’intervallo attorno al punto 2 stringiamo anche i valori della funzione, che tende ad avvicinarsi a 4. Se noi continuassimo a ridurre la grandezza dell’intorno effet-tivamente raggiungeremmo il valore definitivo, ovvero f (2) = 4.

Immaginiamo ora di spostarci verso destra avvicinan-doci a 2: quindi prima calcoliamo la funzione in 1.8, poi in 1.9 e così via. Come vediamo, mano mano che ci avviciniamo a 2, la funzione tende a 4. Questa è di fatto la definizione operativa di limite. Risponde alla domanda: "dove va a finire la funzione man mano che ci avviciniamo ad un punto x prestabilito?". In simboli scriviamo:

lim

x→x0

f (x) = L

Ovvero questa scrittura la possiamo interpretare co-me: man mano che la nostra x si avvicina al valore x0, allora la funzione f (x) si avvicina al valore L. Un

esempio pratico:

lim

x→3x 2

= 9

In altre parole man mano che la x si avvicina a 3 allora la funzione f (x) = x2 tende a 9.

Come magari avete notato, per il calcolo di un limi-te "semplice", ovvero nel caso di una funzione con dominio tutto R, è sufficiente sostituire alla funzio-ne il valore in cui si vuole calcolare il limite. Per esempio nel caso precedente, è sufficiente sostitui-re a x2il valore x = 3 per trovare il risultato. Infatti

l’idea di limite è più potente in altre occasioni.

3.1 Limite destro e limite sinistro

Riprendiamo sempre il nostro limite precedente, ovvero: lim

x→3x 2= 9

Considerando la retta dei reali, possiamo avvicinarci a 3 in due modi differenti. Possiamo avvicinarci da

sini-stra, ovvero scegliendo valori più bassi di 3 ma sempre più vicini a 3, quindi per esempio 2.98, 2.99 e così via. Possiamo anche avvicinarci da destra, ovvero prendendo valori più alti, per esempio 3.02, 3.01 e così via. Questi due limiti si chiamano rispettivamente limite sinistro e limite destro e si indicano così:

• limx→x

0 f (x), ovvero limite sinistro;

• limx→x+

0 f (x), ovvero limite destro.

Una volta definito il limite destro e il limite sinistro possiamo passare ad una definizione molto importante:

Una funzione si definisce continua in un punto x0se

il limite destro e il limite sinistro per x0

coincido-no e socoincido-no finiti (ovvero socoincido-no dei numeri, coincido-non socoincido-no

±∞), ed inoltre tali limiti sono uguali al valore che

assume la funzione in quel punto.

In generale se esiste un limite per la funzione quando x → x0, che possiamo indicare con L, possiamo scrivere:

|f (x) − L| < ε

In altre parole la distanza della funzione f (x) dal limite Ldiventa arbitrariamente piccola. Infatti con ε indichia-mo un valore a nostra scelta arbitrariamente piccolo. Ciò significa che preso un ε molto ma molto piccolo, la funzione comunque sarà più vicina di questo valore al suo limite (chiaramente per avvicinare la funzione al suo limite dobbiamo conseguentemente avvicinarci di più a x0ma questo lo possiamo fare sempre).

Funzioni che tendono all’infinito:

Applichiamo ora il concetto di limite a qualche funzio-ne più cattiva, e vediamo la potenza di tale strumento matematico. A tal proposito consideriamo la seguente funzione:

f (x) = 1 x2

E calcoliamone il limite per x → 0. Ovviamente non possiamo brutalmente sostituire il valore 0 alla funzione, infatti:

f (0) = 1 0 =?

Applichiamo però operativamente la definizione di limite. Proviamo in maniera molto naive a sostituire alla funzione valori "vicini" allo zero, per esempio proviamo a sostituire x = 0.1: f (0.1) = 1 (0.1)2 = 100 E se invece sostituiamo x = 0.01? f (0.01) = 1 (0.01)2 = 10000

Si nota molto bene che man mano che ci si avvicina a zero, la funzione tende rapidamente a numeri molto grandi, fino a raggiungere valori infiniti. Quindi chia-ramente non possiamo sostituire 0 alla funzione, ma possiamo scrivere:

lim

x→0

1

x2 = +∞

Ovvero per x che tende a zero la funzione tende all’infi-nito. In Figura 1 possiamo vedere il grafico della funzio-ne considerata. Come si vede chiaramente, quanto più ci avviciniamo a 0 più la funzione tende a "scoppiare" e a raggiungere valori verso l’infinito.

Chiaramente possiamo avere funzioni che tendono anche a −∞.

Un caso particolare lo abbiamo per quelle funzioni che tendono a infinito, tuttavia i limiti destro e sinistro sono diversi. Prendiamo come esempio la semplice funzione:

f (x) = 1 x − 3

Per x = 3 abbiamo dei problemi, in quanto il deno-minatore si annulla e questa cosa non ci piace. Avvici-niamoci quindi a 3 però da sinistra, quindi proviamo a sostituire x = 2.99:

(3)

-1 -0.5 0 0.5 1 0 50 100 150 200 250 300 350 400 450

Figura 1:Il grafico della funzione f (x) = 1/x2. Si nota chiaramente l’andamento per x → 0.

Mentre se ci avviciniamo da destra, ovvero provando a sostituire x = 3.01:

f (3.01) = 100

Quindi indubbiamente la funzione tende a infinito, tuttavia per il limite sinistro tende a −∞, mentre per il limite destro tende a +∞. I due limiti quindi non coincidono, indicando fra le altre cose che la funzione

non è continua in questo punto.

1.5 2 2.5 3 3.5 4 4.5 -15 -10 -5 0 5 10 15

Figura 2:Rappresentazione grafica della funzione f (x) = 1/(x − 3) ripresa nel testo.

In Figura 2 possiamo vedere il grafico della funzione f (x) = x−31 : il suo comportamento è emblematico. Per x = 3 la funzione scoppia, producendo valori infiniti. Tuttavia il limite destro e sinistro sono diversi, in quanto tendono a ±∞.

4.1 Asintoti verticali

Con asintoto verticale si intende una linea verticale alla quale la funzione ci si avvicina sempre di più, senza però mai toccarla. Per esempio nel grafico riportato in Figura 2 la retta verticale di equazione x = 3 è un asintoto verticale per la funzione considerata. Si dice quindi che la funzione tende asintoticamente a 3, senza però mai raggiungere tale valore.

Limiti per x che tende all’infinito:

Consideriamo ora la funzione: f (x) = x − 3

x2+ 3

Quello che vogliamo studiare è il suo comportamento

verso l’infinito, ovvero in altre parole vogliamo studiare

il limite:

lim

x→∞

x − 3 x2+ 3

Con questa funzione possiamo già introdurre un me-todo di calcolo per i limiti. Nel caso di funzioni razio-nali fratte, quello che uno può tentare è raccogliere

la massima potenza della x, sia al numeratore che al denominatore. Infatti possiamo scrivere:

x − 3 x2+ 3 = x 1 − 3 x  x2 1 + 3 x2  = 1 − 3 x  x 1 +x32 

Perché abbiamo applicato questo barbatrucco? E’ presto detto. In questo modo i termini 3x e x32 tendono

chiaramente a zero, quando la x tende a infinito. Infatti qualunque numero diviso per un numero molto grande (ovvero ci avviciniamo a infinito) fornisce un numero estremamente piccolo. Provare per credere, per esempio dividendo 5 per un milione. Poiché stiamo effettuando un limite, tali termini non contribuiscono, e li possiamo eliminare: 1 − 3x x 1 +x32  ' 1 x

Quindi rimane solo x1, ma che a sua volta tende a zero, in quanto se sostituiamo un numero molto grande a x otteniamo un numero molto piccolo. In definitiva quindi abbiamo capito che:

1 ∞ → 0 Il nostro limite quindi è:

lim

x→∞

x − 3 x2+ 3 = 0

Ovvero questa funzione tende a zero man mano che la x aumenta di valore. 0 20 40 60 80 -0.01 0 0.01 0.02 0.03 0.04 0.05 0.06 0.07 0.08

Figura 3:L’andamento della funzione xx−32+3.

In Figura 3 è riportato il grafico della funzione f (x) =

x−3

x2+3. Si vede che dopo una prima fase in cui la funzione

cresce, quando la x tende a crescere in valore la funzione tende a "schiacciarsi" verso l’asse x, ovvero tende a zero. Possiamo quindi dire che la funzione presenta un asintoto orizzontale.

(4)

Notiamo bene che una funzione può toccare il suo asintoto orizzontale, e anche attraversarlo! Infatti basta guardare la Figura 3, in cui si vede che la fun-zione comunque attraversa il suo asintoto orizzon-tale. Dopo una fase transitoria la funzione tende al suo asintoto, senza però mai toccarlo, questa volta.

Facciamo un altro esempio: lim

x→∞

x + 3 x − 3

Anche in questo caso raccogliamo la x: lim

x→∞

x 1 +x3 x 1 −x3

I termini del tipo 3/x vanno a zero, ed inoltre posso semplificare le x che moltiplicano il numeratore e il denominatore:

lim

x→∞

1 +3x 1 −3x = 1

Ovvero tale limite tende a 1. Provare a sostituire valori molto grandi per crederci!

Chiaramente ci possono essere anche delle funzioni che tendono semplicemente all’infinito. Per esempio:

lim

x→∞x 2

In questo caso la funzione (che è una parabola) tende all’infinito, ovvero:

lim

x→∞x 2= ∞

Questo avviene quando la funzione non tende a nessun valore finito, come abbiamo visto prima.

Riportiamo ora un "trucco" per capire al volo l’andamento all’infinito delle funzioni:

Le funzioni polinomiali tendono sempre a ±∞. Per le funzioni razionali fratte è invece conveniente os-servare il grado massimo del numeratore e il grado massimo del denominatore; indichiamoli per como-dità rispettivamente N e D. Se N è maggiore di D, allora la funzione tende all’infinito; se N è uguale a D allora la funzione tende ad un numero fissato, e tale numero è uguale al rapporto dei coefficienti del grado massimo del numeratore e del denominatore; se N è minore di D allora la funzione tende a zero.

Giusto come esempio proviamo a calcolare il limite: lim

x→∞=

3x − 2 4x − 1

I gradi di numeratore e denominatore sono uguali, quindi la funzione tenderà ad un valore fissato. Detto questo, tale valore risulta essere 3/4 essendo per l’ap-punto il rapporto fra i coefficienti del grado massimo di numeratore e denominatore.

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