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Inquadramento nosologico delle schisi orofacciali del feto in utero: utilità e limiti dell'ecografia bidimensionale e tridimensionale.

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Indice

Introduzione ...2

Embriologia ...3

Classificazione ...5

Eziologia ...19

Il ruolo della diagnosi prenatale ...36

Diagnosi ecografica ...42

Scopo della tesi ...50

Materiali e metodi...51

Risultati ...53

Discussione...57

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Introduzione

Il termine 'schisi' deriva dal greco σχίσις «separazione, fenditura».

Le schisi orofacciali rappresentano una delle più comuni malformazioni congenite (Gillham et al, 2009). Ne esistono diversi fenotipi e quadri clinici che si differenziano in base alle strutture anatomiche coinvolte (Farronato et al., 2014). Si tratta di un difetto congenito che colpisce in genere il labbro superiore e/o il palato, che distinguiamo da altre malformazioni craniofacciali, spesso più rare e gravi.

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Embriologia

Nella regione craniofacciale alcuni tessuti scheletrici e connettivi sono derivati dalla cresta neurale, mentre altri hanno origine mesodermica. I tessuti di derivazione dalla cresta neurale includono cartilagini, ossa facciali, parte mediana dell’osso frontale, squama del temporale, dentina, tessuto connettivo perivascolare, ghiandole, tessuto connettivo del derma, muscolo liscio, tessuto adiposo, meningi, endotelio corneale, stroma e gran parte della sclera, muscoli ciliari. Il resto delle strutture sono di origine mesodermica: muscoli facciali, endotelio, condrocranio, parti laterali dell’osso frontale, ossa parietali, osso temporale (eccetto la squama), osso occipitale (in alcuni casi squama compresa) (Cohen, 2002).

Tra queste strutture il labbro e il palato si sviluppano a partire da una serie complessa di eventi che richiedono una stretta coordinazione di migrazione cellulare, crescita, differenziazione e apoptosi (Mossey et al., 2009).

Per labbro e palato l’embriogenesi inizia quando le cellule della cresta neurale migrano nella regione facciale attraverso il tessuto mesenchimale. Alla quarta settimana di sviluppo embrionale le cellule della cresta neurale partecipano alla formazione di cinque processi che circondano la cavità orale primitiva: un processo frontonasale, due processi mascellari e due mandibolari. Alla fine della quarta settimana di embriogenesi si generano i placodi nasali, ispessimenti dell’ectoderma che dividono la parte inferiore del processo frontonasale in due coppie di processi nasali: i mediani e i laterali (Mossey et al., 2009).

I processi nasali laterali vanno a formare l’ala del naso (Cobourne, 2004).

Dai processi nasali mediali, che si fondono tra di loro e insieme ai due processi mascellari sui lati, deriva il palato primario insieme al labbro superiore (Mossey et al., 2009). In particolare i processi nasali mediali formano il segmento intermascellare, composto dal filtro labiale superiore, dal palato primario e dai quattro denti incisivi (Cobourne, 2004).

Lo sviluppo del palato secondario inizia alla sesta settimana di embriogenesi. A partire dal versante interno dei processi mascellari crescono due lamine palatali, che all’inizio si portano verticalmente verso il basso ai due lati della lingua. Durante la settima settimana di embriogenesi le lamine palatali si sollevano in posizione orizzontale sopra la lingua, vengono in contatto tramite gli epiteli ai bordi

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mediali delle estremità libere (Medial Edge Epitelium o MEE) e vanno a formare una sutura epiteliale mediana (Midline Epitelial Seam o MES), che subito degenera per permettere la continuità del mesenchima attraverso il palato. Il mesenchima del palato quindi differenzia in elementi ossei e muscolari, che costituiscono rispettivamente il palato duro, con i relativi elementi dentari, e il palato molle, con l’ugola. Il passaggio dalla posizione verticale a quella orizzontale delle lamine palatali si compie in poche ore, iniziando prima negli embrioni maschili che nei femminili (Mossey et al., 2009).

Il palato secondario, oltre a fondersi sulla linea mediana, si fonde anche con il palato primario e con il setto nasale, derivato dal processo frontale (Mossey et al., 2009).

L’alveolo, con gli elementi dentari, deriva quindi nella sua parte più anteriore e mediana dal palato primario, e in quella più posteriore e laterale dal palato secondario (vedi figura).

Questi processi di fusione si concludono alla decima settimana di sviluppo embrionario (Mossey et al., 2009).

Origine embriologica delle strutture mediane della faccia. Nell'embrione in sviluppo, i processi nasali laterali formano le ali del naso, mentre i processi nasali mediali formano il segmento intermascellare. Il processo mascellare forma il resto del labbro superiore e il palato secondario (a, b). (Riprodotta da Cobourne, 2004).

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Classificazione

Il gruppo delle schisi orofacciali è eterogeneo e comprende sia schisi ‘tipiche’ che schisi ‘atipiche’.

Le schisi ‘tipiche' sono la labioschisi o cleft lip (CL), la labiopalatoschisi o cleft lip and palate (CLP), e la palatoschisi o cleft palate (CP).

Le schisi ‘atipiche’ sono mediane, trasverse o altre presenti nella classificazione di Tessier (vedi dopo).

Sia le schisi ‘tipiche’ che ‘atipiche’ possono essere una anomalia isolata, parte di una sequenza o di anomalie congenite multiple (MCA). Tra le MCA la schisi può essere parte di una sindrome monogenica nota, parte di una associazione o parte di un complesso di anomalie congenite multiple di origine sconosciuta.

Su questa base possiamo distinguere: 1. Schisi orofacciali isolate:

 Schisi orofacciali tipiche (CL, CLP, CP) monolaterali o bilaterali, diagnosticate quando non è presente nessuna altra anomalia maggiore (la presenza di anomalie minori quali basso impianto delle orecchie, clinodattilia o macchia mongolica, non cambia la diagnosi di schisi isolata).  Schisi orofacciali atipiche nei casi senza nessun altro difetto maggiore non

collegato alla schisi.

2. Schisi orofacciali come parte di una sequenza:

casi di schisi tipiche e atipiche in cui la schisi è parte di una sequenza di anomalie eziopatologicamente correlate a un singolo difetto avvenuto precocemente durante l’embriogenesi. Ad esempio:

 Sequenza di Pierre Robin  Oloprosencefalia

 Displasia frontonasale

3. Schisi orofacciali determinate da una aberrazione cromosomica:

casi con presenza di anomalie cromosomiche numeriche o strutturali. Ad esempio:

 trisomia 13  trisomia 18

4. Schisi orofacciali in sindromi monogeniche:

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dominanti (AD), autosomiche recessive (AR), linked dominanti (XD) o x-linked recessive (XR). Ad esempio:

 Sindrome di Stickler, Sindrome di Apert, Sindrome di Crouzon, Sindrome di Pfeiffer, Sindrome di Van der Woude (AD)

 Sindrome di Smith-Lemli-Opitz (AR)

5. Schisi orofacciali parte di una sindrome ambientale nota:

casi in cui la schisi sia parte di una embriopatia o di una fetopatia causata da un teratogeno noto. Ad esempio la Sindrome feto-alcolica.

6. Schisi orofacciali in associazioni note:

 VACTERL (difetti vertebrali, atresia anale, cardiopatie, fistola tracheo-esofagea, anomalie renali e degli arti) e CHARGE (coloboma, difetti cardiaci, atresia delle coane, ritardo di crescita e sviluppo, ipoplasia dei genitali, anomalie delle orecchie/sordità).

7. Schisi orofacciali associate a MCA di origine sconosciuta:

casi con almeno un'altra anomalia maggiore associata alla schisi. (Modificata da Tolarovà e Cervenka, 1998).

Clinicamente, quando una schisi si presenta insieme ad altre malformazioni (di solito due o più) in un quadro noto e riconducibile ad un singolo fattore eziologico, questa è classificata come sindromica (SCL/P). Se la schisi si presenta come difetto isolato o se la sindrome non può essere identificata si parla di non sindromica (NSCL/P). Il numero delle SCL/P è ampio e tuttora in aumento: una ricerca sul database Online Mendelian Inheritance in Man con il termine 'cleft lip' restituisce più di 200 risultati e con il termine 'cleft palate' si avvicina a 400. La distinzione tra SCL/P e NSCL/P non è sempre chiara, tanto che, per una variabile espressione della sindrome, in famiglie con SCL/P alcuni membri affetti possono presentarsi con solo CL/P (Wong e Hagg, 2004). Tuttavia è chiaro che le schisi sindromiche siano malattie mendeliane, mentre quelle non sindromiche siano malattie complesse ad origine multifattoriale, in cui sono coinvolti insieme fattori genetici e ambientali (Cobourne, 2004).

Schisi 'tipiche'

Per un più corretto inquadramento possiamo suddividere il gruppo delle schisi 'tipiche' sulla base dell'origine embriologica in: anterolaterali e posteriori.

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Le schisi anterolaterali originano dall’assenza di fusione tra i processi nasali e mascellari su di un solo lato (schisi monolaterali) o su entrambi i lati (schisi bilaterali), e sono localizzate a livello della sutura incisivo-canina. Queste possono essere limitate al labbro, quindi dovrebbero essere definite labioschisi o cleft lip (CL), o includere anche l’alveolo, schisi labioalveolari (CLA) Si definiscono schisi del palato primario o schisi alveolari (CA) in assenza di schisi del labbro.

Le schisi posteriori originano dall’assenza di fusione tra i due processi mascellari tra loro e con il setto nasale (in particolare con il Vomere). Queste schisi sono paramediane e possono essere unilaterali (in questo caso, se presente una labioschisi, sono più comunemente localizzate dallo stesso lato), o bilaterali, e possono estendersi al palato molle (cioè al velo palatino fino all'ugola). Per queste schisi si usa comunemente il termine palatoschisi o cleft palate (CP), intendendo più precisamente una schisi del palato secondario (CSP).

Una schisi completa orofacciale che includa il labbro, l’alveolo e il palato secondario si definisce quindi come CLA+CSP.

Bisogna porre attenzione nella terminologia usata per descrivere la schisi secondo questo schema, perché si trovano delle incongruenze tra la classificazione di derivazione embriologica e quella comune (Rotten e Levaillant, 2004b).

Struttura anatomica coinvolta

Terminologia di

derivazione embriologica

Terminologia comune Terminologia analitica

Labbro Cleft Lip Cleft Lip CL, CLA

Alveolo e palato primario Cleft Lip Cleft Palate CA, CLA

Palato secondario Cleft Palate Cleft Palate CSP

Confronto tra le terminologie più in uso per descrivere la struttura anatomica coinvolta nella schisi ‘tipica’ (Riprodotta da Rotten e Levaillant, 2004b).

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Schema anatomico del palato. 1, Incisivi; 2, Sutura intermascellare; 3, Mascella, parte premascellare; 4, Sutura Incisivo-canina; 5, Mascella, processo palatino; 6, Sutura Inter-palatina; 7, Sutura palatina trasversa; 8, Osso palatino, piatto orizzontale ( Riprodotta da Rotten e Levaillant, 2004b)

Schisi 'atipiche'

La classificazione più nota e riconosciuta delle schisi 'atipiche' è di Tessier (1976). L'orbita è usata come struttura primaria di riferimento e 15 localizzazioni di schisi possono essere distinte con il loro coinvolgimento di tessuti molli e osso.

I difetti si distribuiscono attorno all'orbita e alle palpebre (area craniale), e attorno alla mascella e alle labbra (area facciale), con alcune schisi in comune tra le due aree. Schisi dei tessuti molli e schisi dell'osso non sempre coincidono e più schisi diverse frequentemente coesistono.

Usando il numero zero per la disrafia facciale mediana ogni sito di malformazione è stato associato a un numero dato dal suo asse in relazione alla linea zero. Sono così definite 15 localizzazioni di schisi (da 0 a 14).

 No.0 e 14: disrafia cranio-facciale mediana. Sul cranio appare come una mancata chiusura del neuroporo anteriore. La schisi va dall'osso frontale ('cranio bifido' e encefalocele mediano) con duplicazione della crista galli, attraverso la linea mediana del naso con duplicazione del setto nasale, fino alla columella, coinvolgendo poi la mascella e il labbro. La labioschisi mediana si distingue per l'assenza di prolabio conferendo l'impressione di arinencefalia. Questo difetto può essere causa di ipertelorismo, cebocefalia

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 No.1: schisi cranio-facciale paramediana. Sui tessuti molli attraversa la cupola della cartilagine alare e occasionalmente l'alveolo e il labbro. Determina ipertelorismo. La schisi No.13 è la controparte craniale.

 No.2: situata lateralmente alla precedente. Sui tessuti molli la schisi scende tra la coda della cartilagine alare e la sua base, e sul labbro si manifesta come una schisi 'tipica'. Sullo scheletro attraversa la massa laterale dell'etmoide. L'osso frontale è appiattito e il seno frontale è allargato. Determina ipertelorismo. Possibili gradi dello stesso difetto sono emiatrofia del naso, narici sovranumerarie e proboscide laterale. La controparte craniale è la No.12.

 No.3: schisi oculo-nasale. È una schisi orbito-mascellare mediale attraverso la porzione lacrimale della palpebra inferiore. Questa schisi paranasale si porta obliquamente attraverso il solco lacrimale. Il processo frontale della mascella è frequentemente assente, come la parete mediale del seno mascellare. La schisi prosegue intorno alla base alare nel solco naso-labiale, l'alveolo e il labbro. No.10 e 11 sono le controparti craniali.

 No.4: schisi oculo-facciale. Questa è una schisi orbito-mascellare centrale. Scende quasi del tutto verticalmente attraverso la porzione lacrimale della palpebra inferiore, attraverso il pavimento dell'orbita, medialmente al nervo infra-orbitario, attraverso il seno mascellare e la guancia. Questo crea una estrofia del seno mascellare. La schisi continua nel labbro a metà via tra il filtro e la commissura labiale. Nell'alveolo la schisi è localizzata nella posizione di una schisi completa del palato. Corrisponde alla No. 10 sul cranio.

 No.5: schisi oculo-facciale. È una schisi orbito-mascellare laterale che scende tra il terzo medio e quello laterale della palpebra inferiore. Sulla guancia appare come un solco e sul labbro arriva vicino alla commissura. Sullo scheletro attraversa il bordo infra-orbitario, il pavimento e la mascella lateralmente al nervo infra-orbitario e al seno mascellare. Procede attraverso l'alveolo al di dietro del canino, nella regione premolare. Corrisponde alla schisi craniale No.9.

 No.6, 7 e 8: vanno insieme e appartengono alla sindrome di Treacher Collins. La No.7 è legata alla microsomia emifacciale e la No.8 alla sindrome di Goldenhar. Queste schisi laterali creano difetti ossei sull'osso

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zigomatico e sulla mandibola di natura severa. La sindrome di Treacher Collins è descritta come ipoplasia dell'osso zigomatico con un'incisura della palpebra inferiore e combinazione di altre variabili come avanzamento della linea dei capelli, distopia cantale laterale, atresia dei canalicoli lacrimali, retrazione del mento.

schema della classificazione di Tessier (Riprodotta da Tessier, 1976)

Mazzola et al. (2014) hanno osservato che il meccanismo di sviluppo dietro ogni schisi non viene preso in considerazione nella classificazione di Tessier, che in questo modo porta il termine 'schisi' ad essere abusato. Propongono quindi una rivisitazione della classificazione che, usando il termine displasia, permetta di

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distinguere tra le ‘schisi vere’ e altri difetti, derivati più tardi nell'embriogenesi. La definizione di schisi dovrebbe essere riservata solo ai difetti derivati dalla mancata fusione dei processi embrionali facciali, distinguendo quelle tra i processi lateronasali e mascellari (schisi oro-naso-oculari), tra i processi medionasali e mascellari (schisi del labbro), tra i processi mascellari (schisi del palato) e tra i processi mascellari e mandibolari (macrostomia). Possiamo definire queste come schisi primarie. Per altri tipi di difetto, derivati dall'alterazione dei centri di ossificazione, dovrebbe essere usato il termine 'displasia' o schisi secondarie (Mazzola et al., 2014).

Le schisi primarie o vere compaiono ad uno stadio precoce dello sviluppo embrionario (CRL<17mm), mentre le schisi secondarie originano in seguito, quando i processi facciali si sono già fusi ed è iniziata la differenziazione del mesenchima in osso, cartilagine e muscoli facciali. I centri di ossificazione si incontrano tra loro e nel sito di contatto si forma una sutura: una alterazione nella loro crescita può causare un arresto dell'ossificazione. Intanto la crescita continua normalmente nelle regioni adiacenti, determinando una ‘deformità a clessidra’, in cui la zona con alterata ossificazione si sviluppa come una cicatrice e impedisce ai tessuti circostanti di espandersi normalmente. Di conseguenza la distanza verticale tra il labbro superiore e la rima orbitale si accorcia. Una serie di anomalie a V, pseudoschisi, colobomi, e appendici si formano su naso, mascella, labbra, palpebre, attaccatura dei capelli. Queste appaiono orientate prevalentemente in direzione craniocaudale e il loro aspetto fenotipico varia a seconda dell'area di scheletro coinvolta e della natura dei tessuti molli adiacenti. L’arresto del processo di ossificazione può generare un cambio nell'interazione tra il muscolo e l'osso, una rottura nello scheletro, nel muscolo e nella cute, seguita da un rimodellamento nella struttura e nella forma dell'osso stesso. Sebbene l'arresto di sviluppo responsabile delle schisi secondarie avvenga dopo la fusione dei processi facciali, quindi, la posizione finale è ancora soggetta a cambiamenti indotti dalla costante interazione tra difetti o assenza di differenziazione da un lato e crescita normale dall'altro, perché la relazione tra le diverse parti dello scheletro non è ancora definitiva (Mazzola et al., 2014).

L'effetto di un difetto di differenziazione nello sviluppo dello scheletro è meglio esemplificato dalle schisi mediane e paramediane della faccia. Nelle schisi mediane il normale movimento di convergenza tra le due metà della faccia verso

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la linea mediana è arrestato da fattori sconosciuti. Come risultato, un fallimento di differenziazione che coinvolge l'area internasale impedisce non solo l'affinamento ma anche la crescita in avanti del setto nasale. Nelle schisi paramediane, dovute a displasia naso-mascellare, mascellare e nasale la situazione è diversa. La crescita delle strutture nasali è normalmente controllata dall'osso mascellare, mentre la posizione del complesso naso-mascellare dall'osso zigomatico. Se lo sviluppo scheletrico o muscolare si arresta in questo punto, apparirà una separazione tra le parti centrali e laterali dello scheletro, responsabile di una deriva craniale del naso. In conseguenza a queste considerazioni nel rivedere la classificazione di Tessier, Mazzola et al. numerano i centri di ossificazione da 1 a 13, disposti lungo un'elica che scende a forma di S dal cranio al mento e avvertono che lo spettro delle malformazioni craniofacciali è dominato da disordini localizzati nella parte media dell'elica, chiamati schisi dalla maggioranza degli autori, ma più correttamente da definire displasia per includere la patogenesi nella classificazione (Mazzola et al., 2014).

In ultrasonografia è spesso utilizzata una classificazione semplificata, proposta da Nyberg et al. nel 1995. Al tempo era impossibile distinguere la schisi dell’alveolo dalla schisi del palato secondario durante l’ecografia, perciò in questa classificazione CA e CSP non sono distinte, ma si parla di ‘cleft lips’ (CL), che coinvolge solo il labbro, e di ‘cleft lips with cleft palate’ (CL+P) che si estende al palato osseo (Rotten e Levaillant, 2004b).

Più in dettaglio nella classificazione di Nyberg et al. troviamo:

 Tipo 1: labioschisi, diagnosticata se il difetto è identificato nei tessuti molli del labbro superiore ma il sottostante alveolo non mostra segni di interruzione;

 Tipo 2: labiopalatoschisi unilaterale, se il difetto è identificato nei tessuti molli del labbro superiore ed è presente sullo stesso lato interruzione dell'alveolo;

 Tipo 3: labiopalatoschisi bilaterale, se il difetto è identificato nei tessuti molli del labbro superiore ed è presente interruzione dell'alveolo sui due lati;  Tipo 4: labiopalatoschisi mediana, se l’interruzione del labbro e dell’alveolo

si trova sulla linea mediana;

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complex. (Nyberg et al., 1995).

Decisamente più dettagliate le classificazioni chirurgiche, derivate dalla possibilità di visualizzare direttamente la schisi e dalla necessità di una rapida rappresentazione grafica della stessa. Nel tempo si sono susseguiti una serie di schemi che rappresentano la regione in una visione assiale.

La prima rappresentazione grafica fu proposta da Pfeifer nel 1966: sei celle e un triangolo potevano essere evidenziate con punteggiatura o strisce per indicare il coinvolgimento del labbro, dell’alveolo, del palato duro e del palato molle (Friedman et al., 1991).

rappresentazione grafica di Pfeifer (Riprodotta da Pfifer, 1966)

La classificazione di Kernahan del 1971, il cosiddetto diagramma “Y a strisce”, è una rappresentazione simbolica in cui i bracci della Y rappresentano il palato primario (labbro e alveolo) e il gambo rappresenta il palato secondario. Il forame incisivo che li separa è rappresentato come un piccolo cerchio all’intersezione tra i bracci e il gambo della Y. La Y è quadrettata e numerata e ad ogni numero corrisponde una determinata zona del labbro o del palato:

 1: labbro destro;  2: alveolo destro;

 3: area destra del palato duro, dall’alveolo al forame incisivo;  4: labbro sinistro;

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 6: area sinistra del palato duro dall’alveolo al forame incisivo;  7 e 8: palato duro;

 9: palato molle.

Al momento della prima diagnosi clinica la schisi viene rappresentata evidenziando sul diagramma ad Y i segmenti corrispondenti all’area colpita (Kernahan, 1971). Punteggiando i segmenti si disegna l’estensione grossolana della schisi e con linee orizzontali un eventuale coinvolgimento di tipo sottomucoso o a banda di Simonart (con continuità cutanea). Una linea verticale tra i bracci della Y indica una schisi mediana. Diagrammi ad Y rappresentati in sequenza possono essere utili per visualizzare i progressi del paziente, prima, durante e dopo il trattamento (Friedman et al., 1991).

diagramma Y di Kernahan (Riprodotto da Kernahan,1971)

Negli anni successivi sono state pubblicate varie versioni del diagramma di Kernahan, che aggiungono la possibilità di classificare ulteriori condizioni di schisi. Nel diagramma di Elsahy del 1973 troviamo una nuova ripartizione delle aree:

 1 e 5: base delle narici;  2 e 6: labbro superiore;  3 e 7: alveolo;

 4 e 8: palato duro anteriore al forame incisivo;

 9 e 10: palato duro posteriore al forame incisivo, con due frecce, una a destra (R) e una a sinistra (L), che servono ad indicare il lato della schisi;  11: palato molle;

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 13: premaxilla ( Elsahy, 1973).

rappresentazione grafica di Elsahy (Riprodotta da Elsahy, 1973)

Nel 1991 Friedman et al. Propongono uno schema in cui sono rappresentati anche gli archi nasali e il pavimento delle narici, insieme a uno score di severità del difetto.

In questo schema si inserisce un numero nelle celle per indicare la severità della malformazione, invece di oscurare l’area del difetto (Friedman et al., 1991).

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rappresentazione grafica di Friedman (Riprodotta da Friedman et al., 1991)

Rossell-Perry ha pubblicato nel 2009 un diagramma ad orologio, alternativo alla proposta di Kernahan. In questo diagramma è possibile registrare anche i gradi di severità per ogni zona colpita dalla malformazione (lieve, medio e severo).

Osservando il diagramma in senso orario:

 il primo quadrante rappresenta il naso, suddiviso in tre parti sulla base della gravità della malformazione;

 il secondo quadrante rappresenta il labbro, suddiviso in tre possibili intervalli di rotazione del labbro superiore;

 il terzo quadrante rappresenta il palato primario, suddiviso in tre intervalli di larghezza della schisi;

 il quarto quadrante rappresenta il palato secondario, suddiviso in tre categorie di gravità sulla base della larghezza della schisi (Rossell-Perry, 2009).

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diagramma a orologio di Rossell-Perry (Riprodotta da Rossell-Perry, 2009)

La classificazione di maggior uso nella pratica clinica, sempre di origine chirurgica, riguarda solo le schisi di tipo laterale (anterolaterali e posteriori), che sono le più frequenti, e utilizza i termini ‘cheilo’=labbro, ‘gnato’=mascellare e palato per distinguere:

 Cheiloschisi incompleta (CS): interessa solo parzialmente l’altezza del labbro, in qualsiasi misura, ma senza compromettere il pavimento della narice; di conseguenza la deformazione dell’ala del naso resta modesta;  Cheiloschisi completa (CS): il difetto del labbro arriva ad interessare il

pavimento della narice; di conseguenza l’ala nasale è deformata vistosamente;

 Cheilognatoschisi (CGS): la schisi interessa il labbro e l’osso mascellare;  Cheilognatopalatoschisi incompleta (CGPS): il difetto si porta dal labbro al

palato duro;

 Cheilognatopalatoschisi completa (CGPS+palato molle): il difetto si porta dal labbro al palato duro al palato molle;

 Cheiloschisi cicatriziale (o minima): il labbro non è interrotto ma presenta una linea verticale di aspetto cicatriziale o un lieve solco che può ricordare l’esito di un intervento riparativo;

 Schisi sottomucosa del palato: il palato è apparentemente integro ma i fasci muscolari non si sono saldati sulla linea mediana;

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(queste forme cliniche possono essere unilaterali o bilaterali, associandosi in vari modi)

 Veloschisi: la schisi interessa solo il palato molle;  Ugola bifida: il difetto è limitato all’ugola;

(queste due schisi sono sempre mediane) (Paletto, 1991).

A: anatomia normale. B: ugola bifida. C: palatoschisi monolaterale completa. D: palatoschisi bilaterale completa. E: cheilognatoschisi monolaterale. F: cheilognatoschisi bilaterale. G: cheilognatoschisi bilaterale+palatoschisi monolaterale completa. H: cheilognatopalatoschisi bilaterale completa. (Modificata da Moore e Persaud, 2008).

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Eziologia

Qualsiasi alterazione dello sviluppo embriogenetico può esitare in una schisi. In particolare sono critici l'esatto timing e la posizione dei processi facciali. La migrazione delle cellule della cresta neurale può essere inibita da fattori genetici e ambientali in modo tale che il contatto tra i processi divenga inadeguato o impossibile. Qualsiasi cambiamento nella posizione dei placodi nasali o anomalia nella direzione di crescita dei processi facciali può esitare in una schisi. Inoltre, se l'epitelio che ricopre il mesenchima non va in apoptosi, la fusione non può avere luogo (Cohen, 2002) e il fallimento nella fusione del palato primario o secondario porta alla schisi delle rispettive regioni (Wong e Hagg, 2004).

Molti progressi sono stati fatti verso l’identificazione dei geni coinvolti nelle schisi associate a sindromi. Questi includono l’identificazione di mutazioni del gene IRF6 (interferon regulatory factor-6) come causa della sindrome di Van der Woude e del gene PVRL1 (poliovirus receptor related-1) come responsabile di una sindrome caratterizzata da displasia ectodermica associata a labiopalatoschisi (Cobourne, 2004).

La nostra conoscenza sulla eziologia e sulla patogenesi, delle forme di schisi non sindromiche resta relativamente povera per la complessità e la diversità dei meccanismi coinvolti a livello molecolare durante l’embriogenesi e la loro interazione con fattori ambientali. Per questi motivi non è stata identificata una singola mutazione a causa delle schisi non sindromiche, ma sono stati isolati un numero di geni candidati in vari studi (Cobourne, 2004).

La prima evidenza dell'influenza di varianti genetiche nella patogenesi delle schisi è chiara da molti anni: il rischio per i fratelli di individui affetti da CLP è approssimativamente 30 volte superiore rispetto alla popolazione; la concordanza tra gemelli monozigoti è del 25-45% mentre quella dei dizigoti 3-6%. Con i recenti progressi nella biologia molecolare e i metodi di studi di popolazione sono stati fatti progressi nell’identificare alcuni geni associati con questa anomalia e nel comprendere come questi influenzino lo sviluppo embrionale della regione facciale. Comunque questa assenza di completa concordanza nei gemelli monozigoti illustra anche l’importanza dei fattori ambientali nell’eziologia di questa condizione e una importante area della ricerca futura si occuperà di chiarire le

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interazioni tra i geni candidati e i fattori ambientali durante le fasi precoci dello sviluppo embrionale (Cobourne, 2004).

Di seguito riprendiamo la distinzione proposta da Cobourne (2004) tra le schisi orofacciali sindromiche e non sindromiche per discutere i fattori eziologici genetici e ambientali, con i dovuti aggiornamenti secondo gli studi più recenti.

CL+/-P sindromica

Sono descritte più di 300 sindromi caratterizzate dalla presenza di schisi del labbro o del palato. Tra tutte le sindromi riconoscibili clinicamente, i casi di labioschisi, palatoschisi e labiopalatoschisi possono essere suddivisi tra quelli che siano parte di un disordine mendeliano (risultante dal difetto di un singolo gene), quelli risultanti da anomalie strutturali dei cromosomi, le sindromi associate con teratogeni noti e quelle ad eziologia ancora non chiara (Cobourne, 2004).

Disordini di singoli geni sono il risultato di specifiche mutazioni di un gene sugli autosomi o sui cromosomi sessuali e sono ereditate seguendo le regole mendeliane (autosomica, dominante o recessiva, e X-linked, dominante o recessiva) con vari livelli di espressività e prevalenza. La citogenetica, o studio delle anomalie cromosomiche, ha rivelato un ampio range di alterazioni cromosomiche, che includono variazioni sia nel numero che nella struttura, che causano malformazioni congenite e/o ritardo mentale. È stimato che il 6% di tutte le malformazioni congenite sono dovute a anomalie citogenetiche macroscopiche e che approssimativamente il 5% delle delezioni e delle duplicazioni autosomiche sono causa di labio/palatoschisi (Cobourne, 2004).

Recentemente sono stati individuati geni candidati ad essere responsabili di una serie di schisi sindromiche.

La sindrome di Van der Woude, la sindrome dello pterigio popliteo e il gene IRF6:

La sindrome di Van der Woude (VWS) è la più comune causa di labiopalatoschisi sindromica e rappresenta il 2% dei casi sindromici di CLP (Burdick, 1986). Questa sindrome è caratterizzata da schisi del labbro con o senza schisi del palato, schisi del solo palato, difetti, fossette, fistole a fondo cieco o cisti mucose del labbro inferiore, ipodontia. La sindrome dello pterigio popliteo (PPS) include tutte le caratteristiche della VWS più pterigio popliteo, signazia, anomalie delle dita e delle

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unghie dei piedi, sindattilia, malformazioni genitourinarie. Per la loro somiglianza clinica VWS e PPS si pensa siano alleliche, cioè causate da diverse mutazioni dello stesso gene (Bixler et al., 1973). L'espressione clinica di entrambe è molto variabile, alcune famiglie hanno membri che presentano solo ipodontia per VWS, oppure nella PPS lo pterigio popliteo non è sempre presente (Wong e Hagg, 2004).

Il locus per VWS è stato identificato intorno al 1990 come una regione del cromosoma 1 e successivamente individuato (1q32-q41) ma inizialmente la sua funzione restava sconosciuta (Schutte et al., 2000). Nel 1999 anche PPS è stata legata alla stessa regione (Lees et al., 1999).

Nel 2002 fu descritta una coppia di gemelli monozigoti discordanti per VWS e i cui genitori non avevano la sindrome. La VWS nel gemello affetto fu spiegata come nata da una mutazione somatica. L’analisi di sequenza permise l’identificazione di una mutazione nonsense del gene IRF6 localizzato all'interno della regione critica per VWS. IRF6 codifica per un fattore di trascrizione appartenente a una famiglia di 9 elementi coinvolti nella regolazione dell’espressione dell’interferone alfa e beta dopo una infezione virale. Nello sviluppo embrionale del topo comunque irf6 ha dimostrato alti livelli di espressione in una varietà di strutture craniofacciali, inclusi i margini mediali dei processi palatali in fusione, le gemme dentali, i follicoli piliferi e la pelle. Nonostante il ruolo esatto di IRF6 durante lo sviluppo resti sconosciuto, questo pattern di espressione e la scoperta che l’aploinsufficienza di IRF6 causa la VWS suggerisce un ruolo importante nello sviluppo craniofacciale, con l’impressione che questo medi le interazioni tra membri della superfamiglia di peptidi messaggeri del transforming growth factor-beta (TGFbeta). A sostegno di questa ipotesi in altre 45 famiglie non correlate affette dal VWS e 13 famiglie con PPS sono state successivamente identificate mutazioni del gene IRF6 (Kondo et al., 2002). Centinaia di mutazioni sono state identificate in questo gene come causa di questi disordini, e mentre sono più numerose nel dominio legante il DNA, possono essere presenti anche nel dominio legante la proteina (De Lima et al., 2009; Leslie e Murray, 2012).

Il gene PVRL1:

Un ulteriore passo in avanti è stata l’identificazione di una perdita di funzione in omozigosi per mutazione del gene PVRL1 come responsabile di una sindrome di Displasia Ectodermica e CLP autosomica recessiva (CLPED-1) caratterizzata da

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schisi del labbro con o senza schisi del palato, displasia ectodermica idrotica, sindattilia e occasionalmente ritardo mentale (Suzuki et al., 2000). Questa scoperta fu fatta su una popolazione isolata derivata dalla Margarita Island, situata a nord del Venezuela. In questa popolazione CLPED-1 è una condizione relativamente frequente perché risultato di omozigosi per una comune mutazione nonsense in PVRL1 chiamata W185X. Tra la popolazione indigena dell’isola approssimativamente 1 su 26 individui ha eterozigosi per W185X. PVRL1 codifica per una molecola di adesione cellulare chiamata nectina-1, che nell’embrione di topo è altamente espressa nell’epitelio del palato in sviluppo, sull’epitelio del bordo mediale delle lamine palatali e sulla superficie epiteliale (Suzuki et al., 2000). Queste scoperte suggeriscono che la funzione di PVRL1 sia importante nella mediazione della fusione delle lamine palatali durante gli ultimi stadi della palatogenesi (Cobourne, 2004).

Sindromi con displasia ectodermica e schisi, e il gene P63:

La rara ricorrenza di CLP e CP nei membri della stessa famiglia si definisce un tipo misto di schisi. Varie sindromi di displasia ectodermica e schisi (EDCS) si mostrano come tipo misto di schisi e recentemente l’analisi delle mutazioni di alcune di queste sindromi ha iniziato a rivelare la complessità delle interazioni genetiche che ne stanno alla base. La sindrome autosomica dominante di Ectrodattilia, Displasia Ectodermica e schisi facciale (EEC) si manifesta con la mancanza o lo sviluppo incompleto di una o più dita degli arti inferiori e/o superiori, spesso associata con sindattilia, displasia ectodermica evidente come pelle secca, peli radi, unghie distrofiche, denti ipoplasici e CLP (Cobourne, 2004). È stato dimostrato che la mutazione in eterozigosi nel gene P63 porta alla sindrome EEC. P63 è un omologo del gene oncosoppressore codificante per il fattore di trascrizione P53 e molte delle mutazioni con espressione clinica risultano in sostituzioni aminoacidiche che possono abolire la capacità di P63 di legare il DNA (Celli et al., 1999; Ianakiev et al., 2000). Nell’embrione di topo p63 è altamente espressa nel tessuto ectodermico, specialmente quello della gemma degli arti e dei processi mascellari e mandibolari del primo arco branchiale. L’ablazione della funzione del p63 nel topo omozigote risulta in anomalie craniofacciali, troncamento degli arti e assenza di annessi epidermici come peli, ghiandole sudoripare e follicoli dentari (Mills et al., 1999; Yang et al., 1999).

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associazione con mutazioni di P63 e queste includono la sindrome anchiloblefaron, displasia ectodermica e schisi (AEC o sindrome Hay-Wells) (McGrath et al., 2001) e la sindrome arti e mammelle (LMS) (Van Bokhoven et al., 2001).

Alcune delle differenze cliniche tra queste varie EDCS possono essere sottili, ma sono importanti. AEC è caratterizzata da anchiloblefaron insieme a elementi caratteristici di displasia ectodermica e alla presenza di CLP. LMS è caratterizzata dalla presenza di ectrodattilia, ipoplasia della ghiandola mammarie e/o del capezzolo e, cosa importante, CP piuttosto che CLP (Cobourne, 2004). Globalmente le mutazioni di P63 identificate con EEC, AEC e LMS dimostrano sottili differenze e quindi esibiscono un chiaro collegamento tra genotipo e fenotipo (McGrath et al., 2001; Van Bokhoven et al., 2001).

Il gene MSX1:

MSX1 (prima Hox7) è un membro di una distinta sottofamiglia di geni homeobox correlati al gene Drosophila msh (muscle segment homeobox) (Holland, 1991).

MSX1 codifica per un fattore di trascrizione e dimostra anche un pattern di

espressione ristretto regionalmente nello sviluppo del complesso craniofacciale murino, incluso il palato (MacKenzie et al., 1991). Topi con mancanza di funzione di msx1 esibiscono una varietà di difetti craniofacciali incluse schisi del palato secondario, completo arresto dello sviluppo dei denti allo stato di gemme e anomalie di varie ossa facciali (Satokata e Maas, 1994). Nell'uomo la mutazione MSX1 fu inizialmente mostrata come causa di una forma autosomica dominante di agenesia dentaria (Vastardis et al., 1996). Successivamente una mutazione del gene MSX1 nonsense è stata identificata in una famiglia olandese che esibiva varie combinazioni di CLP, CP e agenesia selettiva dentaria (Van den Boogaard et al., 2000). La marcata variazione nell'espressività del CLP e la presenza addizionale di casi penetranti che non presentano anomalie in presenza di mutazione (non penetranza) indica che il fenotipo è quasi certamente modulato da altri fattori genetici e ambientali (Wilkie e Morriss-Kay, 2001). Infine un'ampia analisi di sequenza ha confermato l'evidenza che il gene potrebbe essere coinvolto sia nel CLP che nel CP, stimando che la mutazione di MSX1 contribuisca a 2% di tutti i casi di CLP non sindromici (Jezewski et al., 2003). Uno studio recente ha mostrato che background genetico combinato di rare varianti TGF-alfa e MSX1 potrebbe aumentare il rischio di CP fino a 9.7 volte, dimostrando

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l'importanza dell'interazione tra geni nell'eziologia del NSCLP (Cobourne, 2004). La sindrome di Opitz e il gene MID1:

Un altro disordine malformativo associato con CLP ma anche caratterizzato da disturbi nello sviluppo delle strutture della linea mediana della faccia è la sindrome di Opitz (Cobourne, 2004) associata con la mutazione del gene MID1 sul cromosoma Xp22 (Quaderi et al., 1997). MID1 codifica una proteina ring finger, B-box zinc finger e coiled-coiled che è associata con i microtubuli citoplasmatici (Cobourne, 2004). Una serie di mutazioni in MID1 è stata identificata negli individui affetti da sindrome di Opitz, ma l'esatto ruolo della proteina codificata nello sviluppo resta poco chiaro (Quaderi et al., 1997; Cox et al., 2000). Comunque il gene mid1 murino dimostra alta espressione nello sviluppo degli archi branchiali, che è consistente con le anomalie craniofacciali viste nei pazienti con mutazioni di MID1 (Quaderi et al., 1997).

Altre sindromi:

La Next Generation Sequencing, una tecnologia di ultima generazione che permette di anallizzare l'intero genoma umano, ha recentemente permesso di identificare i geni causanti la sindrome di Kabuki in MLL2 (Ng et al., 2010a), la sindrome di Miller in DHODH (Ng et al., 2010b).

CP sindromica

Un'ampia varietà di altri disordini sindromici mostrano vari livelli di CP come parte del loro fenotipo (Gorlin et al., 2001) e molti dei geni causa sono stati ora identificati (Cobourne, 2004).

La palatoschisi X-linked e il gene TBX22:

La CP X-linked (CPX) è un raro disordine a ereditarietà mendeliana semi-dominante caratterizzato da CP e anchiloglossia (Lowry, 1970; Björnsson et al., 1989) la cui espressione clinica è altamente variabile, per cui palato ogivale, ugola bifida o anchiloglossia possono essere gli unici segni presenti nei maschi affetti; le femmine portatrici possono essere asintomatiche o possono esprimere caratteristiche piene di CPX (Wong e Hagg, 2004). Il gene responsabile fu originariamente localizzato sul cromosoma Xq21 usando analisi di linkage (Stanier et al., 1993) ma recentemente Braybrook et al. (2001) ha individuato mutazioni nel gene TBX22 (che codifica per un membro della famiglia di fattori di trascrizione T-box) in individui di un numero di famiglie separate di diversi paesi, come

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responsabile di CPX (Cobourne, 2004). TBX22 è espresso nel palato in sviluppo e geni potenziali target per questo fattore di trascrizione includono membri delle famiglie del fibroblast growth factor e del TGF-beta, che sono conosciute per codificare molecole di segnale pesantemente implicate nel precoce sviluppo craniofacciale (Aldred, 2001; Braybrook et al., 2001; Casci, 2001; Murray, 2001). Esperimenti animali hanno dimostrato che l’espressione di tbx22 è altamente ristretta alle lamine palatali appena prima la loro elevazione per adottare una posizione orizzontale e alla base della lingua in corrispondenza del frenulo: entrambi questi pattern di espressione si combinano strettamente alla presentazione clinica di CPX (Prescott et al., 2000). TBX22 è il primo gene a essere stato identificato per una sindrome con CP (Cobourne, 2004) e si ritiene particolarmente significativo in vista del fatto che l'esclusione di tbx1 nel topo determina un ampio range di anomalie di sviluppo che ricordano quasi tutte le caratteristiche comuni della Sindrome di Di George e sindromi velocardiofacciali (Jerome e Papaioannou, 2001; Lindsay et al., 2001). Queste sindromi che compaiono come manifestazioni di delezioni del cromosoma 22q11 si pensa siano causate da una fallimento nella funzione o nella migrazione delle cellule della cresta neurale, riguardano il terzo e quarto arco branchiale, ma gli individui affetti possono avere anche CP (Scambler, 2000). Topi mutanti eterozigoti dimostrano aploinsufficienza di tbx1 con difetti dell'arco aortico, mentre topi omozigoti esibiscono un fenotipo più severo che include CP (Lindsay et al., 1998; Jerome e Papaioannou, 2001).

La sindrome di Treacher Collins e il gene TCOF1:

La sindrome di Treacher Collins (TCS) è un disordine autosomico dominante dello sviluppo craniofacciale che ricorre con una incidenza intorno a 1:50000 nati vivi (Gorlin et al., 2001). Le caratteristiche di TCS sono molto variabili, ma consistono essenzialmente in malformazioni dell'orecchio medio e esterno, della rima palpebrale con coloboma, ipoplasia zigomatica e mandibolare e CP nel 28-35% (Peterson-Falzone e Pruzansky, 1976). Il primo gene identificato come causa di questo disordine è TCOF1 sul cromosoma 5q32-q33.1 (Treacher Collins Syndrome Collaborative Group, 1996). TCOF1 codifica una proteina chiamata treacle che mostra una debole omologia con una famiglia di fosfoproteine nucleolari (Dixon et al., 1997; Wise et al., 1997). Un certo numero di mutazioni famiglia specifiche sono state identificate in individui affetti e determinano la

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creazione di un codone di terminazione prematuro nella proteina trascritta (Gladwin et al., 1996; Edwards et al., 1997). L'esatta funzione della proteina è tuttora sconosciuta, ma in base alla sua sequenza e alla scoperta che le mutazioni possano portare ad alterata localizzazione del nucleolo e di altri compartimenti cellulari (Marsh et al., 1998; Winokur e Shiang, 1998) è stato ipotizzato che sia coinvolta nel trasporto di proteine tra il nucleolo e il citoplasma della cellula (Cobourne, 2004). É al momento sconosciuto come queste funzioni correlino specificamente con il controllo dello sviluppo craniofacciale (Cobourne, 2004). L’oloprosencefalia e il gene SHH:

L'oloprosencefalia (HPE) è un disordine dello sviluppo che comprende uno spettro di difetti che vanno da lievi anomalie del pattern della linea mediana fino a un completo fallimento della divisione del prosencefalo con associata ciclopia (Muenke et al., 1994). I feti che arrivano a termine possono mostrare CP (Cobourne, 2004) ma bisogna ricordare che la maggioranza dei feti non arriva alla nascita, perciò l'HPE è molto più frequente nelle gravidanze (1:250) che nelle nascite (1:15000) (Wilkie e Morriss-Kay, 2001). Mutazioni nel gene codificante Sonic hedgehog (SHH), peptide di signalling, è stata associata con HPE sia nei topi (Chiang et al., 1996) che nell'uomo (Belloni et al., 1996; Roessler et al., 1996). Questi ritrovamenti mettono in evidenza il ruolo chiave che SHH gioca nello sviluppo dell'embrione umano sulla linea mediana (Cobourne, 2004).

La sindrome di Stickler e il gene COL2A1:

La Sindrome di Stickler (artro-oftalmopatia ereditaria) è un disordine autosomico dominante del tessuto connettivo associato a manifestazioni oculari, uditive, articolari e craniofacciali (Herrmann et al., 1975). La sindrome è suddivisa nei tipi 1 e 2 sulla base del fenotipo oculare vitro-retineo, ma le caratteristiche sistemiche sono essenzialmente simili per entrambi i gruppi, con approssimativamente il 25% dei casi che mostra alcune forme di schisi mediana, incluso CP (Snead e Yates, 1999). In pazienti con sindrome di Stickler sono state dimostrate mutazioni nel gene COL2A1, che codifica la catena alfa1 del procollagene tipoXI (Richards et al., 1996). La morfogenesi anomala dello scheletro, che può manifestarsi con CP, è una delle conseguenze di questo difetto nella biosintesi del collagene (Cobourne, 2004).

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Schisi non sindromica (NSCL/P)

Nelle schisi non sindromiche l’identificazione di un gene è resa complessa dal fatto che le schisi orofacciali non sindromiche compaiano come tratto multifattoriale, dato da un insieme di pattern mendeliani a vari livelli di penetranza, con influenza di genere e sovrapposizioni ambientali (Murray, 1995). Non è irragionevole suggerire i diversi geni abbiano un ruolo additivo nell’eziologia del CLP non sindromico (Carinci et al., 2000).

L'identificazione dei geni che contribuiscono a NSCL/P è stata oggetto di decadi di ricerca, usando una varietà di approcci (studi di linkage, riarrangiamenti genomici, geni candidati, studi di associazione genome-wide) (Dixon et al., 2011; Marazita et al., 2012):

 Gli studi di linkage sono basati sulla co-segregazione di loci genetici con il difetto e possono essere fatti in largo, in famiglie multiple o in coppie di parenti affetti (Leslie e Marazita, 2013).

 I riarrangiamenti genomici sono causati da impropria ricombinazione di cromosomi e includono delezioni, duplicazioni, traslocazioni e inversioni che possono avvenire all'interno o tra cromosomi causando variazioni del numero di copie (CNVs) (Leslie e Marazita, 2013). Sebbene molte CNVs siano state trovate in forme sindromiche di schisi, come S. di Di George e VWS, solo studi recenti hanno focalizzato sul ruolo di CNVs e microdelezioni in forme non sindromiche (Osoegawa et al., 2008; Menezes et al., 2009).

 La selezione di geni candidati per uno studio presuppone una conoscenza a priori dei processi biologici coinvolti e può utilizzare una varietà di risorse, da modelli animali a sindromi mendeliane. Sono stati usati modelli murini con schisi spontanee, schisi indotte da mutageni, o da esperimenti di knockout (Leslie e Marazita, 2013). Un altro strumento utile per identificare e focalizzare liste di geni candidati è l'analisi di espressione (Leslie e Marazita, 2013). Il database COGENE (craniofacial and oral gene

expression network) cataloga pattern di espressione genica

dell'embriogenesi umana precoce, mentre EMAGE quella dell'embriogenesi murina (Armit et al., 2012). Geni candidati possono anche essere selezionati basandosi sul loro ruolo in sindromi che includono una schisi come parte del fenotipo (Leslie e Marazita, 2013): varianti più comuni e

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meno deleterie dello stesso gene possono contribuire a determinare schisi isolate e meno severe (Stanier e Moore, 2004).

 gli studi genome-wide (GWAS) ricercano variazioni geniche tra individui allo scopo di associarle a un tratto fenotipico o una patologia. I GWAS sono diventati popolari per il loro approccio privo di bias nell'identificare geni candidati o loci associati (Leslie e Marazita, 2013).

Il gene per il fattore della coagulazione XIII:

Il primo report di questo tipo di analisi suggerì il possibile collegamento tra CLP e il gene per il fattore della coagulazione XIII (F13A) sul cromosoma 6p (Eiberg et al., 1987). Successive evidenza riguardo al gene F13A sono state meno chiare (Hecht et al., 1993; Vintiner et al., 1993) sebbene studi successivi abbiamo fornito ulteriori indizi per il coinvolgimento nel CLP della regione del cromosoma 6p. Queste includono 6p24.3 (Davies et al., 1995), 6p23 (Carinci et al., 1995) e 6p23-24 (Prescott et al., 2000). Questi ritrovamenti insieme potrebbero significare una reale possibilità che il gene sul cromosoma 6p giochi un ruolo nel CLP non sindromico (Cobourne, 2004).

Il gene ET1:

Un collegamento è stato anche riportato tra CLP e endotelina-1 (ET1), che codifica un peptide vasoattivo espresso nelle cellule dell’endotelio vascolare (Carinci et al., 1995). Et1 è coinvolta nella regolazione della pressione sanguigna e topi con assenza del gene target in omozigosi hanno ipertensione, e esibiscono anche difetti craniofacciali, inclusa una marcata riduzione nella misura della lingua, micrognazia e CP (Kurihara et al., 1994). In aggiunta uno dei recettori endoteliali

accoppiati a proteina-G et1 è conosciuto per essere espresso

nell’ectomesenchima degli archi branchiali derivato dalla cresta neurale (Cobourne, 2004). Anche l’omozogosi di difetti di questo target nei topi produce malformazioni craniofacciali che ricordano una condizione umana chiamata CATCH-22 (cardiac defects, abnormal facies, thymic hypoplasia, CP, hypocalcemia, associata con microdelezione del cromosoma 22), che rappresenta uno spettro di sindromi malformative umane risultanti da un anormale sviluppo del terzo e quarto arco branchiale. In topi con et1 omozigosi le malformazioni craniofacciali sono in parte dovute a una assenza di fattore di trascrizione goosecoid (Cobourne, 2004).

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Il gene TGFalfa:

Studi di associazione hanno indagato il collegamento anche tra CLP non sindromico e TGFalfa, membro di un largo gruppo di molecole di signalling intercellulare, localizzato nel topo nell’epitelio delle lamine palatali prima della fusione, ma senza dimostrare una definita associazione con CLP. Questo suggerisce che TGFalfa agisca modificando l’espressione di un secondo gene (Cobourne, 2004). Una recente meta-analisi suggerisce che l’allele C2 TGFA/TaqI sia un fattore di rischio per CL/P e CP, mentre l-allele A1 TGFA/BamHI sia protettivo per CL/P, e nessuna associazione è stata osservata tra i polimorfismi di TGFA/RasI e il rischio di CL/P (Lu et al., 2014). Anche l'effetto combinato di mutazioni TGFalfa e influenze ambientali è stato analizzato da diversi studi (Cobourne, 2004). Secondo alcuni studi la rara variante con allele TaqI-C2 insieme al fumo materno può aumentare il rischio di CP da 6 a 8 volte (Hwang et al., 1995) e di CLP di 2 volte (Shaw et al., 1996), ma questa associazione è anche stata confutata (Christensen et al., 1999). Senza multivitaminici nel primo trimestre di gravidanza insieme a questo allele il rischio relativo di CLP cresce da 3 a 8 volte (Satokata e Maas, 1994). Sono tuttavia necessari ulteriori studi per chiarire l'interazione tra il gene e il fumo materno e l’interazione tra geni diversi per arrivare a definire il ruolo dei polimorfismi di TGFA nella patogenesi delle schisi oro facciali (Lu et al., 2014).

Il gene TGFbeta3:

Un altro locus identificato in associazione con CLP non sindromico codifica per il TGFbeta3 sul cromosoma 14q24 (Maestri et al., 1997; Lidral et al., 1998). In questo caso il topo knockout ha un fenotipo di CP (Proetzel et al., 1995) e la proteina di signalling TGFbeta3 sembra avere un ruolo importante durante la fusione del palato secondario, controllando direttamente la differenziazione da epitelio a mesenchima lungo la sutura mediana tra lamine palatali adiacenti nel topo (Kaartinen et al., 1997). In più la proteina esogena TGFbeta3 può correggere questo difetto di fusione palatale in embrioni in vitro (Taya et al., 1999) e promuovere una guarigione senza cicatrice dopo chirurgia nella riparazione del CL in topi in utero (Kohama et al., 2002). Nell'uomo il gene TGFbeta3 è stato associato a NSCLP in diverse popolazioni (Jugessur et al., 2003; Vieira et al., 2003). Un nuovo SNP del gene TGFbeta3 (IVS5+104 A>G) sembra aumentare il rischio di CLP fino a 16 volte nella popolazione koreana (Kim et al., 2003).

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Il gene PVRL1:

La recente scoperta della mutazione W185X del gene PVRL1 responsabile per CLPED-1 sulla Margarita Island è stato il punto di inizio per determinare se questa mutazione possa essere anche un fattore eziologico per CLP isolato (Cobourne, 2004). Alla base di questa investigazione il fatto che sia nota l’alta incidenza del CLP in questa popolazione (Suzuki et al., 2000). L’alta presenza di eterozigosi per la mutazione W185X e la popolazione in numero ristretto sull’isola hanno precluso lo studio in loco riguardo al CLP isolato, ma un più ampio studio in una popolazione geograficamente vicina in Venezuela del nord ha dimostrato un significativo aumento di questa mutazione in individui con CLP isolato (Sözen et al., 2001). Anche se questa condizione è solo un fattore di rischio moderato per CLP (la maggioranza di individui studiati con CLP isolato nella popolazione non sono portatori della mutazione) questo studio è importante perché ha portato per primo l’evidenza di come una specifica mutazione di significato patologico possa agire da fattore di rischio genetico per CLP non sindromico (Cobourne, 2004). Il gene MTHFR:

L'associazione tra carenza di acido folico e difetti del tubo neurale è stata ben caratterizzata (Wong e Hagg, 2004). L’enzima metilene tetraidrofolato reduttasi (MTHFR) è responsabile di catalizzare la conversione di 5,10-metilene-tetraidrofolato in 5-metil-5,10-metilene-tetraidrofolato nella via del metabolismo dei folati (Wong e Hagg, 2004). Il polimorfismo a singolo nucleotide (SNP) MTHFR C677T è termicamente instabile e considerato un fattore di rischio per difetti del tubo neurale (Van der Put et al., 1995). Nelle NSCLP il genotipo MTHFR C677T nella madre conferisce un rischio di CLP nella prole più alto di 4.6 volte (Prescott et al., 2002). Nella carenza di acido folico questa variante di MTHFR può portare a un rischio di CLP aumentato di 10 volte (Van Rooij et al., 2003).

Il gene CLPTM1:

L'analisi dei punti di rottura in pazienti con riarrangiamenti bilanciati ha identificato CLPTM1 (Yoshiura et al., 1998). La regione 19q13 e il gene in essa situato CLPTM1 (cleft lip and palate associated transmembrane protein 1) sono stati collegati a NSCLP concludendo che questo non sia una causa maggiore ma che possa contribuire alla predisposizione per la schisi orofacciale in alcune famiglie (Wong e Hagg, 2004).

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Il gene ACOD4:

Nel 1994 markers dal cromosoma 4q21 sono stati collegati al NSCLP familiare (Beiraghi et al., 1994). In un successivo studio il gene per la acil-coenzima 1 desaturasi-4 (ACOD4) sul cromosoma 4q21 è stato trovato danneggiato in una famiglia con CL (Beiraghi et al., 2003). L'analisi di mutazione ACOD4 in famiglie con CLP legato a 4q potrà rivelare più mutazioni (Wong e Hagg, 2004).

Il gene IRF6:

L'ipotesi che IRF6 potesse contribuire anche al NSCLP è stata confermata in un ampio studio (Zucchero et al., 2004) successivamente replicato in uno studio di genome-wide linkage (Marazita et al. 2004 e 2009), un GWAS (Birnbaum et al., 2009; Grant et al., 2009; Beaty et al., 2010) e numerosi studi su geni candidati (Ghassibé et al., 2005; Park et al., 2007). Un altro studio ha identificato un comune SNP nel sito di legame per il fattore di trascrizione AP-2alfa su un enhancer di IRF6 recentemente identificato (Rahimov et al., 2008).

Il gene MAFB:

Il gene MAFB codifica un fattore di trascrizione zipper coinvolto nello sviluppo e nella differenziazione dei cheratinociti (Borrelli et al., 2010) e, almeno nel topo, sembra essere espresso nelle lamine palatali durante la fusione (Beaty et al., 2010). Molti markers sul cromosoma 20q12 vicini a MAFB sembrano altamente significativi negli asiatici (Beaty et al., 2010) e molti studi hanno confermato questa associazione (Pan et al., 2011; Lennon et al., 2012). Il sequenziamento esonico di MAFB ha identificato una mutazione missense H131Q (rs121912307) (Zankl et al., 2012; Dworschak et al., 2013).

I geni ABCA4 e ARHGAP29:

Multipli markers sul cromosoma 1p22, vicini al gene ABCA4, che codifica per un trasportatore atp-binding cassette, hanno dimostrato significato con GWAS (Beaty et al., 2010; Ludwig et al., 2012). Altri studi mostrano una associazione più forte degli SNPs negli asiatici che negli europei (Beaty et al., 2010; Pan et al., 2011; Lennon et al., 2012; Yildrim, 2012). Leslie e Murray (2012) hanno dimostrato l'espressione craniofacciale del gene adiacente ARHGAP29, diminuita in topi knockout per irf6 e lo screening della mutazione ha identificato multiple e rare varianti in famiglie con NSCL/P. ARHGAP29 codifica per la proteina attivante 29 Rho GTPasi, che media la regolazione ciclica di piccole GTP binding proteins coinvolte in molte funzioni critiche per lo sviluppo craniofacciale collegate alla

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forma celllulare, movimento, interazioni cellulari e proliferazione (Mossey et al., 2009).

Il gene MYC:

La regione 8q24 è fortemente associata a NSCL/P nei caucasici in tutti i GWAS (Birnbaum et al., 2009; Beaty et al., 2010). Il gene più vicino a questo locus è MYC, che interagisce direttamente con almeno una parte del locus (Sotelo et al., 2010). MYC è fortemente espresso nella mandibola e mascella (Richardson et al., 2010) ed è anche richiesto per la formazione delle cellule della cresta neurale (Bellmeyer et al., 2003; Wei et al., 2007). nel locus 8q24 sono state identificate molte regioni che dimostrano attività aumentata a livello craniofacciale, portando all'ipotesi che questo tratto contenga multipli elementi regolatori critici per un normale sviluppo craniofacciale (Leslie et al., 2013).

Il gene VAX1:

VAX1 (ventral anterior homeobox 1) è un regolatore di trascrizione contenente un dominio dns-binding homeobox. Negli studi di Mangold et al. (2010) e Beaty et al. (2010) markers dentro e vicino a VAX1 hanno assunto significato, associazione riprodotta in tre popolazioni asiatiche indipendenti (Butali et al., 2013). Vax1 è espresso in varie strutture craniofacciali e topi deficienti sviluppano CP (Hallonet et al., 1999).

Il gene PAX7:

PAX7 (paired box protein 7) è un fattore di trascrizione che nel topo ha dimostrato di avere un ruolo nelle sviluppo della cresta neurale regolando l'espressione di markers della cresta neurale Slug, Sox9 e Sox10 (Basch et al., 2006). Pax7 è espresso nelle lamine palatai, cartilagine di Meckel, e varie strutture nasali incluso l'epitelio: Topi mutanti hanno malformazioni della mascella e del naso, confermando il suo ruolo nello sviluppo craniofacciale (Mansouri et al., 1996). Nell'uomo vari markers vicino a PAX7 hanno mostrato significato in GWAS (Beaty et al., 2010) e meta-analisi (Ludwig et al., 2012), suggerendo un ruolo nell'eziologia di NSCL/P (Leslie e Marazita, 2013).

Il gene FOXE1:

Uno studio di linkage e il successivo fine mapping del 9q21 hanno identificato il gene FOXE1 come correlato al NSCL/P (Moreno et al., 2009).

Il gene SATB2:

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SATB2 (FitzPatrick et al., 2003), gene per la special AT-rich sequence-binding protein-2, localizzato sul cromosoma 2q32-33, che come dimostrato dall'analisi di espressione, potrebbe essere coinvolto nella genesi di CLP (Wong e Hagg, 2004). Il gene SUMO1:

Sempre l'analisi dei punti di rottura in pazienti con riarrangiamenti bilanciati ha identificato SUMO1 come gene condidato per CL/P (Alkuraya et al., 2006), e l’approccio con CNVs e microdelezioni ha incluso SUMO1 come gene implicato in NSCL/P (Shi et al., 2009).

I geni FGFR1 e FGFR2:

L'analisi dei punti di rottura in pazienti con riarrangiamenti bilanciati ha identificato anche FGFR1 come gene candidato per CL/P (Kim et al., 2005). Il risequenziamento di geni candidati ha identificato specifiche varianti di FGFR1 che possono contribuire all'associazione statistica (Leslie e Murray, 2012). L’approccio con CNVs e microdelezioni ha incluso invece FGFR2 come gene implicato in NSCL/P (Osoegawa et al., 2008).

Il gene TFAP2A:

TFAP2A è incluso tra i geni implicati in NSCL/P dall’approccio con CNVs e microdelezioni (Shi et al., 2009).

Il gene MSX1:

Il risequenziamento di geni candidati ha identificato specifiche varianti che possono contribuire all'associazione statistica di MSX1 anche con NSCL/P già per sindromica) (Leslie e Murray, 2012).

I geni FGF8 e BMP4:

anche per questi due geni sono state identificate specifiche varianti che possono contribuire all’associazione statistica con NSCL/P tramite il risequenziamento di geni candidati (Leslie e Murray, 2012).

Locus genetici associati:

La meta-analisi di Beaty et al. (2010) e Mangold et al. (2010) ha indicato i loci 8q24, 10q25, 17q22, 2p21, 13q31 e 15q22 come significativi sia per gli asiatici che per gli europei, aggiungendo altre sei regioni (1p36, 1p22, 1q32, 3p11, 8q21, 20q12) (Ludwig et al., 2012).

Quando stratificati per popolazione, markers vicini a 1q32, 1p22, e 20q12 acquistano significato negli asiatici (Murray et al., 2012).

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esclusivamente con CLP (Mangold et al., 2010). Minori sono gli studi per NSCP e con risultati poco significativi (Mangold et al., 2010), ma è noto che la sovrapposizione tra i loci NSCL/P e CP sia poca o assente, suggerendo eziologie distinte per questi fenotipi (Leslie et al., 2013).

Influenze dei fattori ambientali

Un numero di osservazioni suggerisce che anche fattori ambientali contribuiscano significativamente all’eziologia del CLP/CP: la mancanza di totale concordanza in gemelli monozigoti, la mancanza di riscontro di casi non sindromici in ampi gruppi familiari, e la varia incidenza di queste malformazioni in gruppi sociali, geografici ed etnici (Spritz, 2001). La maggioranza di casi di CLP sono quindi multifattoriali e una varietà di fattori ambientali sono implicati (Wyszynski e Beaty, 1996). È giusto ricordare che i fattori ambientali intrauterini influenzano lo sviluppo fetale in combinazione con il background genetico individuale dell’embrione (Prescott et al., 2001).

L’abitudine materna al fumo di sigaretta è stata associata, portando a ipossia embrionale, con una aumentata incidenza di CLP non sindromico. Una meta-analisi di più di 20 anni di studi precedenti al 1996 suggerisce una piccola, ma statisticamente significativa, associazione tra il fumo di sigaretta materno nel primo trimestre di gestazione e un rischio aumentato di avere un bambino con CLP o CP (Wyszynski et al., 1997). C’è l’impressione che il rischio di schisi associata a fumo di sigaretta possa essere aumentato in bambini portatori della mutazione schisi-associata TGFalfa (Shaw et al., 1996), ma potente sinergismo tra questi due fattori è anche stato confutato (Christensen et al., 1999). Altri sudi hanno provato che il genotipo materno glutatione s-transferasi 0-1 (GSTT1) combinato con il fumo può aumentare il rischio di CLP di 4.9 (Van Rooij et al., 2001), e che il fumo materno e il genotipo msx1 nel feto possono aumentarlo di 7.16 (Beaty et al., 2001).

Alcune evidenze suggeriscono che l’ipossia da altitudine durante la gravidanza potrebbe essere associata con una aumentata incidenza di una serie di difetti congeniti, incluso CLP (Castilla et al., 1999).

Approssimativamente 1 donna su 30 fa abuso di alcol in gravidanza e il 6% circa di queste avrà un bambino con foetal alcohol syndrome (FAS) clinicamente manifesta (Gorlin et al., 2001): ritardo di crescita pre e post natale, anomalie

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craniofacciali e disfunzioni del SNC (Jones et al., 1973). L'evidenza a supporto di un ruolo del consumo di alcol materno nella genesi della schisi è inconsistente (Murray, 2002) ma l'alcol è un noto teratogeno (West e Blake, 2005) e un certo supporto alla tesi deriva dall'associazione tra le schisi e le varianti genetiche di alcol deidrogenasi ADH1C (Jugessur et al., 2009). La combinazione tra questa variante a ridotta attività enzimatica e il pesante consumo di alcol aumenta il rischio di schisi facciale (Boyles et al., 2010).

Tra i fattori nutrizionali delle madri incinta è stata posta attenzione in particolare al ruolo dell’acido folico in relazione all’incidenza di schisi nella prole. Certamente c’è evidenza conclusiva che il supplemento materno di folati prevenga i difetti del tubo neurale (Medical Research Council, 1991) e alcune investigazioni epidemiologiche hanno suggerito che una carenza materna di acido folico possa predisporre alla schisi orofacciale: Shaw et al. riporta che se supplementi vitaminici non venissero presi durante i primi mesi della gravidanza il rischio di CLP potrebbe triplicare (Shaw et al., 2002). Carenza di acido folico con background di genotipo TGFA TaqI C2 aumenta il rischio di CLP (Jugessur et al., 2003). In alcuni studi sembra che la dose efficace per ridurre significativamente il rischio di CLP sia un supplemento di 10 mg/d (Tolarová e Harris, 1995), mentre una bassa dose non sarebbe sufficiente (Ray et al., 2004). Altri studi hanno fallito nel trovare una associazione dell’acido folico come maggiore contribuente della CLP non sindromica (Cobourne, 2004) e il beneficio dell’uso di acido folico rimane controverso ( Wilcox et al., 2007; Wehby e Murray, 2010).

Un difetto nel metabolismo materno vitamina dipendente (tra cui acido folico) dell'omocisteina è un fattore di rischio per CLP nella prole (Wong et al., 1999). Altri nutrienti come colesterolo (Porter, 2006), zinco (Munger et al., 2009), e integrazione multivitaminica (Johnson et al., 2008) sono stati studiati ma resta necessario uno studio su popolazioni più ampie.

Infine sono stati stati associati a un aumentato rischio di schisi l’esposizione ad altri teratogeni e tossine esogene come l'acido retinoico e la fenitoina (Abbott, 2010).

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