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ANALISI DELLE PRESTAZIONI ENERGETICHE IN REGIME TERMICO DINAMICO DELL'INVOLUCRO OPACO DEGLI EDIFICI ESISTENTI

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Università di Pisa Scuola di Ingegneria

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Edile e delle Costruzioni Civili (Classe LM – 24 Ingegneria Edile)

TESI DI LAUREA

ANALISI DELLE PRESTAZIONI ENERGETICHE IN REGIME TERMICO DINAMICO DELL’INVOLUCRO OPACO DEGLI EDIFICI ESISTENTI

RELATORI CANDIDATO Prof. Ing. Francesco LECCESE Leandro Mezzasalma Prof. Ing. Fabio BISEGNA (matr. 438619)

Ing. Giacomo SALVADORI

Ing. Fabio NARDECCHIA

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Un sorriso non costa nulla, ma vale molto. Arricchisce chi lo riceve, senza rendere più povero chi lo dà.

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Sommario

Nell’ottica di riduzione delle emissioni di gas serra, assumono un ruolo fondamentale i consumi energetici degli edifici. Vista l’ampiezza del patrimonio edilizio esistente in Italia, si ha a che fare con un imperdibile occasione di risparmio energetico ed economico, oltre che di miglioramento delle condizioni di vita dei fruitori degli immobili.

L’involucro opaco dell’edificio, secondo le ultime direttive europee e nazionali in termini di efficienza energetica, acquista quindi un importante funzione, quella di regolatore termico, capace di far raggiungere all’interno livelli di comfort ottimali. A tale pro, sono state analizzate alcune chiusure opachi verticali, raccolte da abachi e progetti europei, analizzandone le caratteristiche termico-dinamiche e valutandone un possibile miglioramento delle prestazioni energetiche.

Oltre a questo, il benessere termico di un edificio dipende anche dalle strutture interne (tramezzi e solai), ciò risulta particolarmente evidente quando si vuole studiare il problema del comportamento passivo dell’edificio, e cioè come risponde l’edificio a variazioni della temperatura esterna in assenza di un impianto di climatizzazione.

E’ questo un problema particolarmente importante durante la stagione estiva, perché un edificio progettato in modo da presentare un ottimo comportamento passivo, garantisce un accettabile livello di comfort anche con un uso limitato dell’impianto di climatizzazione, se non addirittura nullo.

Obiettivo del lavoro di tesi è stato quindi quello di andare a vedere se il metodo di calcolo proposto dalla norma, nel valutare il comfort termico interno degli edifici e vedere se apportare o meno interventi di riqualificazione energetica, può essere ritenuto valido. Per fare ciò, i risultati ottenuti con la norma, analizzando un caso reale e un modello costruito in laboratorio, sono stati confrontati con quelli ottenuti da un software di calcolo.

Inoltre, per validare la vicinanza dei risultati ottenuti da quest’ultimo con la realtà, è stato condotto un ulteriore confronto a due, tra i risultati del software e quelli ottenuti tramite una prova sperimentale, sul modello in piccola scala.

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INDICE

1 - INTRODUZIONE ... 1

1.1 Consumi energetici in Italia ... 3

1.2 Edifici a energia quasi zero: le disposizioni contenute nella direttiva europea (EPBD) ... 5

1.3 Edifici esistenti: l’esigenza di riqualificazione ... 8

1.4 Il potenziale di mercato: la convenienza di isolare il patrimonio esistente ... 10

2 – STRUTTURE D’INVOLUCRO OPACO NELLA PRATICA EDILIZIA ... 12

2.1 Abaco delle strutture costituenti l’involucro opaco degli edifici (UNI/TR 552) ... 17

2.2 Progetto TABULA ... 19

3 – ANALISI IN REGIME TERMICO DINAMICO DI PARETI MULTISTRATO ... 22

3.1 Parametri termici dinamici ... 24

3.2 Schematizzazione delle pareti esterne (UNI EN ISO 13786) ... 26

3.3 Schematizzazione dei locali: influenza delle strutture interne (UNI 10375) ... 31

3.4 Normativa di riferimento ... 33

3.5 Esempio: miglioramento delle prestazioni termiche di un set di pareti esterne ... 35

4 – VALUTAZIONE DEL COMFORT INTERNO DI UN LOCALE ESISTENTE ... 41

4.1 Utilizzo della Norma ... 45

4.2 Utilizzo di Ansys Fluent ... 57

4.2.1 Gambit ... 57

4.2.2 Fluent... 60

4.3 Confronto dei risultati ottenuti ... 70

5 – VALIDAZIONE SPERIMENTALE SU PICCOLA SCALA ... 72

5.1 Primo caso di studio ... 72

5.1.1 Allestimento ... 72

5.1.2 Confronto tra prova sperimentale e Fluent per forzante generica ... 77

5.2 Secondo caso di studio ... 83

5.2.1 Confronto tra Fluent e Norma per forzante sinusoidale ... 84

6 – CONCLUSIONI ... 88

7 – RIFERIMENTI NORMATIVI E BIBLIOGRAFICI ... 89

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APPENDICE 1 – DATI DEL SET DI PARETI ESTERNE SCELTO ... 92

A1.1 Zone climatiche e limiti di trasmittanza ... 92

A1.2 Dati climatici esterni ... 93

A1.3 Rischio di formazione muffa e condensa superficiale ... 95

A1.4 Condensa interstiziale ... 100

A1.5 Dati climatici interni ... 111

A1.6 Caratteristiche termofisiche ... 112

APPENDICE 2 - TEORIA ALLA BASE DEL SOFTWARE FLUENT ... 120

A2.1 Il modello fisico ... 122

A2.2 Il modello matematico ... 124

A2.2.1 Le equazioni di bilancio ... 124

A2.2.2 La turbolenza e la sua modellazione ... 125

A2.2.3 Gli studi di Kolmogorov e la definizione dei parametri della turbolenza ... 127

A2.2.4 Il modello k-ε... 129

A2.2.5 Il codice CFD FLUENT ... 132

A2.3 Il modello numerico ... 136

APPENDICE 3 – REPORT RISULTATI DELLA PROVA SPERIMENTALE ... 139

8 – RINGRAZIAMENTI ... 149

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1 – INTRODUZIONE

Il protocollo di Kyoto del 1997, un accordo stipulato nell'ambito della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), è l'unico trattato al mondo giuridicamente vincolante in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Durante il primo periodo del protocollo (2008-2012) i paesi partecipanti si sono impegnati a ridurre le loro emissioni in media del 5% rispetto ai livelli del 1990 (8% per i paesi dell’UE). Per il secondo periodo, che va dal 2012 al 2020, le linee di tendenza della politica europea prevedono un approccio integrato in materia di clima ed energia. Gli obiettivi, collegati tra di loro, sono quelli di combattere i cambiamenti climatici e di aumentare la sicurezza energetica dell’Ue, aumentandone al tempo stesso la competitività. A tal fine sono state emesse 4 direttive, che compongono il “pacchetto 20/20 2020”, anche chiamato “pacchetto clima-energia” (direttive CE 28-29-30-31 del

2009), in cui si vuole raggiungere il 20% di produzione di energia da fonti rinnovabili, il 20% di risparmio energetico, il 20% di riduzione di emissione di CO2. Queste misure fissano tre obiettivi strategici da raggiungere entro il 2020:

- riduzione delle emissioni di gas serra del 20% rispetto ai livelli del 2005, con sistema di “burden sharing”, cioè ripartizione delle quote di riduzione tra i vari paesi in base alle differenti condizioni di partenza. Per quanto riguarda il settore dei trasporti, c’è l’obiettivo comune per ogni Stato Membro di un 10% di energia consumata proveniente da rinnovabili;

- aumento dell’efficienza energetica del 20%, che si traduce in pratica nell’obiettivo di riduzione del 20% dei consumi di energia primaria rispetto al 2005;

- raggiungimento di una quota di energie rinnovabili pari al 20% del consumo totale UE, anche in questo caso con ripartizione diseguale dell’obiettivo tra i diversi paesi. Obiettivo minimo obbligatorio del 10% di biocarburanti sostenibili sul consumo di benzine e diesel per autotrazione.

All’Italia, il sistema di “burden sharing” impone una riduzione del 14% dei gas serra rispetto al livello del 2005, ed una percentuale del 17% di energia consumata proveniente da rinnovabili. Gli ultimi dati Eurostat (quelli che contano per la verifica del raggiungimento degli obiettivi), dicono che l’Europa nel 2011 aveva una quota di rinnovabili sui consumi del 13%, mentre l’Italia si fermava all’11,5% (nel 2012 il MISE indica una quota del 15% ma si tratta di un dato non omogeneo con quello Eurostat).

Per quanto riguarda il sostegno alle rinnovabili, ogni Stato Membro, ha adottato un piano di azione nazionale nel quale si individuano le misure da applicare per raggiungere gli obiettivi fissati. Gli Stati Membri hanno l’obbligo di costruire le infrastrutture necessarie allo sviluppo delle fonti rinnovabili, di fornire un accesso prioritario di queste fonti alle reti elettriche, e di implementare una struttura di tariffazione che perlomeno non le penalizzi. Per conseguire più facilmente il proprio obiettivo nazionale, i paesi possono applicare dei meccanismi flessibili, quali regimi di sostegno, trasferimenti statistici, misure di cooperazione tra Stati Membri, o tra Stati Membri e Paesi Terzi (cooperazione su progetti comuni, regimi di sostegno comuni).

Per quanto riguarda l’obiettivo di riduzione dei gas serra rispetto al 2005, questa deve comprendere il –21% da parte dei settori energivori (ETS)1 ma anche il –13% dei settori non ETS. Con quest’ultimo provvedimento si investono di un obbligo di riduzione delle emissioni anche le famiglie (stili di consumo) e gli edifici (produzione, consumo ed efficienza).

Dal 2011, la Commissione Europea ha spinto lo sguardo oltre il 2020 lanciando l’Energy Roadmap 2050, presentata nel dicembre del suddetto anno. Il piano d’azione Ue per l’energia al 2050 rientra nella più

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generale tabella di marcia per la decarbonizzazione dell’intera economia europea introdotta a marzo 2011, con un target di riduzione dell’80% delle emissioni di CO2 entro la metà del secolo in corso.

Ci sono vari scenari per la decarbonizzazione, ognuno dei quali utilizza una combinazione dei diversi elementi chiave (efficienza energetica, fonti rinnovabili, nucleare, cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica), ma è comune a tutti il fatto che il costo complessivo della trasformazione del sistema energetico non supererà quello dello scenario di continuazione delle politiche correnti, risultando in alcuni casi persino inferiore. Gli investimenti saranno, infatti, ampiamente ripagati in termini di crescita economica, occupazione, certezza degli approvvigionamenti energetici e minori costi dei combustibili.

L’opzione principale è rappresentata dall’efficienza energetica, che gioca un ruolo determinante in ciascuno scenario, in particolare per gli edifici che in futuro potranno arrivare a produrre più energia di quella consumata. Centrale è anche il ruolo delle fonti rinnovabili, le quali nel caso più ottimista consentiranno di generare nel 2050 il 75% dei consumi finali di energia e il 97% di quelli elettrici. Altre priorità sono rappresentate, infine, dagli investimenti per il miglioramento e ammodernamento delle infrastrutture energetiche, da effettuare sin da ora per evitare un costo di sostituzione più alto in futuro, e il ripensamento dei singoli mercati nazionali dell’energia nell’ottica di un unico mercato integrato a livello europeo.

In linea con la road map sull’energia, infine, si trova il testo approvato alla Conferenza sul clima di Parigi del 2015. Tale accordo prevede, stipulato da ben 196 paesi del mondo, prevede:

- Aumento della temperatura entro i 2°: alla conferenza sul clima che si è tenuta a Copenaghen nel 2009, i circa 200 paesi partecipanti si diedero l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura globale rispetto ai valori dell’era preindustriale. L’accordo di Parigi stabilisce che questo rialzo va contenuto “ben al di sotto dei 2 gradi centigradi”, sforzandosi di fermarsi a +1,5°. Per centrare l’obiettivo, le emissioni devono cominciare a calare dal 2020.

- Consenso globale: a differenza del 2009, quando l’accordo si era arenato, questa volta ha aderito tutto il mondo, compresi i quattro più grandi inquinatori: oltre all’Europa, anche la Cina, l’India e gli Stati Uniti si sono impegnati a tagliare le emissioni.

- Controlli ogni cinque anni: il testo prevede un processo di revisione degli obiettivi che dovrà svolgersi ogni cinque anni, ma già nel 2018 si chiederà agli stati di aumentare i tagli delle emissioni, così da arrivare pronti al 2020. Il primo controllo quinquennale sarà quindi nel 2023 e poi a seguire. - Fondi per l’energia pulita: i paesi di vecchia industrializzazione erogheranno cento miliardi all’anno (dal 2020) per diffondere in tutto il mondo le tecnologie verdi e decarbonizzare l’economia. Un nuovo obiettivo finanziario sarà fissato al più tardi nel 2025. Potranno contribuire anche fondi e investitori privati.

- Rimborsi ai paesi più esposti: l’accordo dà il via a un meccanismo di rimborsi per compensare le perdite finanziarie causate dai cambiamenti climatici nei paesi più vulnerabili geograficamente, che spesso sono anche i più poveri.

1 Emission Trading Scheme è il sistema di scambio delle quote Co2 che ha l'obiettivo di aiutare gli Stati membri

dell'UE a rispettare gli impegni assunti per limitare o ridurre le emissioni di gas serra in maniera economicamente efficace. Il sistema ETS riguarda settori industriali "energivori" (grandi consumatori di energia): termoelettrico, raffinazione, produzione di cemento, di acciaio, di carta, di ceramica, di vetro. Non rientrano nei settori ETS trasporti, edilizia, servizi, agricoltura, rifiuti, piccoli impianti industriali.

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1.1 Consumi energetici in Italia

Da un’analisi del sistema energetico italiano, si evince che il consumo più elevato si ha negli edifici. Nel 2013, il patrimonio edilizio italiano ad uso civile ha consumato circa 47 tonnellate di petrolio equivalente Tep2, una leggera riduzione (0,7%) rispetto al dato 2012.

Fonte: elaborazione CRESME su dati Ministero dello Sviluppo Economico, Bilancio Energetico Nazionale provvisorio per l’anno 2013.

Figura 1.1 Bilancio energetico in Italia.

Ampliando l’analisi al medio-lungo periodo, come evidenziato dal grafico seguente, possiamo individuare un trend di fondo di incremento costante e sostenuto dei consumi degli edifici. Alla base di tale tendenza di fondo si riscontrano più fenomeni concomitanti che lavorano in direzioni opposte: verso l’incremento dei consumi (l’ampliamento dello stock edilizio, l’incremento della quantità di beni durevoli energivori detenuti dalle famiglie) e verso il contenimento degli stessi (maggiore efficienza degli impianti con ciclo di vita medio-breve, normativa tecnica più restrittiva in termini di efficienza degli involucri edilizi). In ogni caso, nel periodo 1990-2013, il settore degli usi civili è quello che più ha aumentato i propri consumi energetici (+31%, contro il 14% dei trasporti e la forte diminuzione dei consumi industriali).

2 Tep rappresenta la quantità di energia rilasciata dalla combustione di una tonnellata di petrolio grezzo e vale circa

42 GJ.

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Figura 1.2 Consumo di energia (MTep) per usi civili: il trend di lungo periodo.

I consumi residenziali manifestano rilevanti oscillazioni come conseguenza dei fenomeni climatici, mentre i consumi del settore terziario appaiono più costanti nel loro trend crescente. Tra il 1990 e il 2012, i consumi degli edifici residenziali sono cresciuti solo del 9%, mentre i consumi provenienti dal settore terziario sono aumentati del 99%. Una dinamica che rispecchia la maggiore crescita dello stock edilizio terziario rispetto a quello residenziale, oltre che la terziarizzazione dell’economia.

Fonte: elaborazione CRESME su dati Mi.S.E. ed ENEA; stima per gli anni 2011, 2012, 2013.

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1.2 Edifici a energia quasi zero: le disposizioni contenute nella direttiva europea (EPBD)

In tale ottica, negli ultimi anni, sta assumendo sempre più importanza il concetto di edifici a energia quasi zero (NZEB, ovvero Nearly Zero Energy Buildings).

Per avere un quadro informativo generale su tali strutture, si fa riferimento ai contenuti e alle indicazioni presenti nella RACCOMANDAZIONE UE 2016/1318 DELLA COMMISSIONE del 29 luglio 2016 recante orientamenti per la promozione degli edifici a energia quasi zero e delle migliori pratiche per assicurare che, entro il 2020, tutti gli edifici di nuova costruzione siano a energia quasi zero.

Come già formulato nella Direttiva 2010/31/UE – EPBD (Energy Performance of Buildings Directive) questi NZEB vengono definiti come “edifici ad altissima prestazione energetica, il cui fabbisogno energetico molto basso o quasi nullo dovrebbe essere coperto in misura molto significativa da energia da fonti rinnovabili, compresa l’energia da fonti rinnovabili prodotta in loco o nelle vicinanze”.

La definizione quadro di edificio a energia quasi zero è data dalla direttiva, ma spetta agli stati membri definirne poi l’applicazione dettagliata nella pratica; da tale definizione si evincono due parole chiave strettamente collegate tra loro, ovvero l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili.

Per prestazione energetica s’intende la “quantità di energia, calcolata o misurata, necessaria per soddisfare il fabbisogno energetico connesso ad un uso normale dell’edificio, compresa, in particolare, l’energia utilizzata per il riscaldamento, il rinfrescamento, la ventilazione, la produzione di acqua calda e l’illuminazione”. Indicazioni utili per il calcolo sono contenute nel regolamento delegato (UE) n. 244/2012 della Commissione.

Figura 1.4 Schema di calcolo della prestazione energetica degli edifici

La direzione di calcolo va dal fabbisogno dell’edificio alla fonte, ovvero l’energia primaria. Inoltre, l’energia prodotta in loco (utilizzata in loco o esportata), contribuisce a ridurre il fabbisogno di energia primaria associata all’energia fornita.

Il risultato che s’intende ottenere con il calcolo della prestazione energetica è il consumo globale annuo di energia in termini di energia primaria netta, che equivale al consumo di energia ai fini di riscaldamento, rinfrescamento, ventilazione, acqua calda e illuminazione. Di pari passo al calcolo dei requisiti minimi di prestazione energetica, bisogna anche tenere conto delle condizioni climatiche generali degli ambienti interni, per evitare il deterioramento della qualità dell’aria, del benessere e delle condizioni sanitarie degli occupanti.

Ogni Stato membro dell’Unione Europea, per definire i requisiti di prestazione energetica da inserire nella normativa nazionale o regionale in materia di edilizia e per rivederli a cadenza regolare, si basa su un

calcolo fabbisogno energia finale per riscaldamento e

rinfrescameno

trasformazione energia finale in energia primaria tramite

fattori nazionali di energia primaria

calcolo requisiti minimi di prestazione energetica

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sistema di analisi comparativa definito dalla direttiva, detto principio dell’ottimalità dei livelli di prestazione in funzione dei costi, in base al quale si determina il livello di prestazione energetica che comporta il costo più basso durante il ciclo di vita economico stimato dell’edificio.

Con tale principio si va quindi a determinare quello che è il livello minimo di ambizione sia per gli edifici da ristrutturare che per quelli di nuova costruzione. Tale obiettivo è raggiungibile, per ogni specifico caso, combinando vari tipi di misure di efficienza energetica, prevedendo sistemi tecnici per l’edilizia ad alta efficienza e facendo ricorso alle fonti rinnovabili di energia in loco; in sede di calcolo dei costi associati ai livelli ottimali di prestazione, sarà calcolato anche il contributo di ciascuno di questi tre tipi di misure. Di conseguenza, oltre alla qualità dell’isolamento dell’edificio, la prestazione energetica integrata tiene conto degli impianti di riscaldamento, rinfrescamento, ventilazione e illuminazione, della posizione e dell’orientamento dell’edificio, del recupero del calore, della captazione solare attiva e di altre fonti rinnovabili.

Per tutti gli edifici residenziali di nuova costruzione il concetto di “energia quasi zero” si applicherà a partire da gennaio 2021, mentre già da gennaio 2019 verrà utilizzato per gli edifici pubblici; poiché è probabile che per quelle date i costi tecnologici saranno diminuiti, in risposta a mercati più maturi e volumi maggiori, c’è allora la possibilità che i livelli di prestazione a energia quasi zero corrisponderanno ai livelli ottimali in funzione dei costi. A tal proposito, ogni cinque anni devono essere rivisti i requisiti minimi nazionali di prestazione energetica e devono essere resi più stringenti se risultano molto meno ambiziosi dei livelli ottimali nazionali in funzione dei costi.

C’è da considerare però il fatto che non può esistere un unico livello di ambizione per gli edifici a energia quasi zero valido per tutta l’Unione Europea; diventa quindi necessario un certo grado di flessibilità per tenere conto, per ogni Stato, dell’impatto delle condizioni climatiche sul fabbisogno di riscaldamento e rinfrescamento e sul rapporto costi/efficacia dei pacchetti di misure in materia di efficienza energetica e fonti rinnovabili di energia. Si stanno allora mettendo appunto, a livello nazionale e regionale, delle norme tecniche che consentiranno un confronto trasparente delle metodologie utilizzate per il calcolo dei parametri numerici di riferimento per gli indicatori del consumo di energia primaria degli edifici a energia quasi zero, istituiti a livello europeo.

In quest’ottica, i parametri di riferimento sono di solito espressi in termini di fabbisogno di energia, visto che questo è il punto di partenza per il calcolo dell’energia primaria e, di conseguenza, un fabbisogno molto basso di energia per riscaldamento e rinfrescamento è necessario per gli edifici a energia quasi zero cosi come è condizione basilare per conseguire una quota significativa di energia da fonti rinnovabili e un livello quasi zero di energia primaria. In base allora alle proiezioni dei prezzi e delle tecnologie al 2020, vengono riportati i parametri di riferimento della prestazione energetica degli edifici a energia quasi zero per le varie zone climatiche dell’Unione Europea:

- zona 1, la regione mediterranea: Catania (altre: Atene, Larnaca, Luga, Siviglia, Palermo)

• Uffici: 20÷30 kWh/m2/anno di energia primaria netta con un consumo normale di energia primaria pari a 80÷90 kWh/m2/anno, di cui 60 kWh/m2/anno proveniente da fonti rinnovabili in loco; • Casa unifamiliare di nuova costruzione: 0÷15 kWh/m2/anno di energia primaria netta con un

consumo normale di energia primaria pari a 50÷65 kWh kWh/m2/anno, di cui 50 kWh/m2/anno proveniente da fonti rinnovabili in loco;

- zona 4, la zona oceanica: Parigi (altre: Amsterdam, Berlino, Bruxelles, Copenaghen, Dublino, Londra, Macon, Nancy, Praga, Arsavia)

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• Uffici: 40÷55 kWh/m2/anno di energia primaria netta con un consumo normale di energia primaria pari a 85÷100 kWh / (m2.y) kWh/m2/anno, di cui 45 kWh/m2/anno proveniente da fonti rinnovabili in loco;

• Casa unifamiliare di nuova costruzione: 15÷30 kWh/m2/anno di energia primaria netta con un consumo normale di energia primaria pari a 50÷65 kWh/m2/anno, di cui 35 kWh/m2/anno proveniente da fonti rinnovabili in loco;

- zona 3, la zona continentale: Budapest (altre: Bratislava, Lubiana, Milano, Vienna)

• Uffici: 40÷55 kWh/m2/anno di energia primaria netta con un consumo normale di energia primaria pari a 85÷100 kWh/m2/anno, di cui 45 kWh/m2/anno proveniente da fonti rinnovabili in loco; • Casa unifamiliare di nuova costruzione: 20÷40 kWh/m2/anno di energia primaria netta con un

consumo normale di energia primaria pari a 50÷70 kWh/m2/anno, di cui 30 kWh/m2/anno proveniente da fonti rinnovabili in loco;

- zona 5, la zona nordica: (Stoccolma, Helsinki, Riga, Stoccolma, Danzica, Tovarene)

• Uffici: 55÷70 kWh/m2/anno di energia primaria netta con un consumo normale di energia primaria pari a 85÷100 kWh/m2/anno, di cui 30 kWh/m2/anno proveniente da fonti rinnovabili in loco; • Casa unifamiliare di nuova costruzione: 40÷65 kWh/m2/anno di energia primaria netta con un

consumo normale di energia primaria pari a 65÷90 kWh/m2/anno, di cui 25 kWh/m2/anno proveniente da fonti rinnovabili in loco.

Per quanto riguarda le fonti di energia rinnovabili, si fa riferimento particolare a quelle in loco e, oltre alle quote indicate per ogni zona climatica, vari Stati membri hanno disposto delle misure indirette, come l’imposizione di un consumo basso di energia primaria da fonti non rinnovabili, che può essere ottenuto solo se le rinnovabili sono parte integrante della strategia edilizia. Questa flessibilità consente di adattare le misure alle situazioni nazionali e alle condizioni locali.

Anche per quanto riguarda invece gli edifici esistenti la direttiva EPBD introduce obblighi di energia quasi zero per questi, senza stabilire però alcun termine temporale né introdurre l’obbligo di fissare requisiti minimi di prestazione energetica. Nonostante ciò, ogni paese, tramite la definizione di politiche e l’adozione di misure specifiche per raggiungere determinati obiettivi può arrivare alla trasformazione degli edifici ristrutturati in edifici a energia quasi zero; tali trasformazioni, definite “ristrutturazioni in profondità”, indicano un’entità tale da consentire di soddisfare i requisiti di prestazione energetica degli edifici a energia quasi zero. Si possono quindi prevedere opportunamente termini temporali e misure di sostegno finanziario per gli edifici esistenti, diversi ovviamente da quelle degli edifici nuovi e che richiedono tempi più lunghi per raggiungere livelli di prestazione a energia quasi zero che siano ottimali in funzione dei costi.

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1.3 Edifici esistenti: l’esigenza di riqualificazione

Da quanto descritto brevemente in precedenza, si nota come assume sempre maggior peso il ruolo della riqualificazione (energetica e non solo) e di come esso vada crescendo nel tempo.

Oggi, la domanda di rinnovo del parco edilizio è diversa da quella che caratterizzava gli anni ’90. Si è ampliata e si sono modificate le priorità: meno finiture e più impianti; meno estetica e più tecnologia. E gli spazi di diversificazione futura sono ancora tanti: l’acustica, gli spazi urbani, messa in sicurezza, sostenibilità ambientale ed energetica e altri ancora.

Il patrimonio residenziale in Italia non può dirsi recente: il 63,8% degli edifici è stato costruito prima del 1971, pari a 7,2 milioni di edifici. La vetustà del patrimonio non necessariamente implica un cattivo stato di conservazione delle strutture, ma va segnalato che 2,6 milioni di edifici sono considerati in stato mediocre o pessimo di conservazione.

Inoltre è da sottolineare come l’epoca di costruzione sia indicativa delle tecniche costruttive e, in particolare apra un noto problema sul tema della sicurezza rispetto ai rischi sismici. La prima normativa antisismica per le nuove costruzioni è entrata in vigore nel 1974, con gli edifici realizzati prima di questa data che sono circa 8 milioni, pari al 71% dello stock edilizio.

La proiezione elaborata da CRESME in termini di unità abitative sullo stock edilizio con oltre 40 anni, soglia che viene fissata dagli studi di tecnologia come quella oltrepassata la quale sono necessari interventi di manutenzione straordinaria per mantenere gli standard funzionali dell’abitazione e dell’edificio, vede:

- nelle città metropolitane, tali abitazioni rappresentano il 76,2% dello stock esistente al 2011, ma nel 2012 saranno l’85,2%;

- nei comuni capoluogo di provincia si passerà dal 68,7% del 2011 al 79,7% del 2021.

Tabella 1.1 Abitazioni in edifici con oltre 40 anni.

Le interviste effettuate sul territorio nazionale evidenziano la quantità di abitanti che risente un “disagio termico” nella propria abitazione: circa il 37% avverte una scarsa uniformità di temperatura fra gli ambienti dell’alloggio. Nel grafico seguente vengono inoltre considerate le risposte date dalle famiglie per le varie zone climatiche del territorio.

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9 Fonte: indagine diretta CRESME-2013.

Figura 1.5 FAMIGLIE – In termini di comfort termico, c’è una scarsa uniformità della temperatura fra gli ambienti?

Da questo, si capisce perché nella legge di stabilità per il 2017, sono stati varati incentivi per la riqualificazione, sia energetica (ECOBONUS) che sismica (SISMABONUS); per la prima, la detrazione massima può essere di 100000 euro, data dalla combinazione di vari interventi, tra cui, uno dei più incentivati, è quello sull’involucro.

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1.4 Il potenziale di mercato: la convenienza di isolare il patrimonio esistente

Vista l’ampiezza del patrimonio edilizio esistente in Italia, si ha a che fare con un imperdibile occasione di risparmio energetico ed economico, di miglioramento delle condizioni di vita dei fruitori degli immobili, di riduzione delle emissioni di gas serra, ma anche con ingenti investimenti. L’occasione è ancora più appetibile se si considera la capacità di generare occupazione diretta nell’edilizia e indotta nei settori che fanno capo nell’edilizia.

Lo stock edilizio italiano si compone di un numero elevato di edifici e di unità immobiliari con involucri esterni che sviluppano 9,8 miliardi di metri quadri di superficie netta (al netto di aperture e finestre), di cui 7,5 miliardi di mq per il residenziale, 2,3 per il non residenziale. Nello specifico:

- 5 miliardi di mq sono pareti perimetrali; - 2,2 miliardi di mq sono da coperture;

- 2,6 miliardi di mq sono primi solai e sottotetti.

Inoltre si incrementa progressivamente per effetto della nuova costruzione, oltre ad essere sottoposto ciclicamente ad interventi di ristrutturazione. Ogni anno, dunque, si effettuano lavori (di nuova costruzione e di ristrutturazione) che coinvolgono elementi fabbricativi sui quali deve o dovrebbe essere prevista l’applicazione o la sostituzione di materiali isolanti. Di seguito vengono riportate le quantità relative allo stock di elementi fabbricativi e al potenziale, complessivo e annuo, di superfici da isolare nell’arco di dieci anni dal 2014 al 2023.

Tabella 1.2 Sintesi dello stock e del potenziale di interventi 2014-1023

Fonte: elaborazioni e stime CRESME.

Il potenziale medio annuo ammonta 155 milioni di mq e si compone di quasi 59 milioni di mq provenienti dalla nuova costruzione e di quasi 97 milioni di mq di superfici oggetto di interventi di manutenzione straordinaria. L’edilizia residenziale contribuisce maggiormente rispetto a quella non residenziale, per il 74,8% al potenziale annuo, e nello specifico 76,5 milioni di mq dalla ristrutturazione e 39,9 dalla nuova costruzione.

Nello specifico, il potenziale più ampio è identificabile nelle coperture, con 81,3 milioni di mq medi annui di interventi (12,2 per la nuova costruzione e 69,1 per la ristrutturazione), con le pareti perimetrali che rappresentano un importante ambito e con il potenziale dei solai interni invece più contenuto.

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Quindi, il potenziale di interventi edilizi di rinnovo rappresenta un’imperdibile occasione di realizzare importanti risparmi energetici, e, di conseguenza, economici; il potenziale relativo alla nuova costruzione opera in incremento dello stock pur dovendo sottostare alla normativa più recente in fatto di requisiti minimi di contenimento energetico, mentre il potenziale di interventi di ristrutturazione, opera sottraendo consumi ad uno stock edilizio energicamente inefficiente.

Concentrando allora l’attenzione sull’esistente, si è detto che il patrimonio consta di 96,7 milioni di mq potenziali annui di interventi che implicano un investimento per la realizzazione dei lavori nell’arco del decennio 2014-1023 pari a 116,6 miliardi di euro, ovvero 11,7 miliardi annui, valore inferiore al 15% di tutti gli interventi in manutenzione straordinaria effettuati annualmente in Italia.

Dal punto di vista del risparmio energetico si potrebbe arrivare a 3836 kTep, a fronte di un consumo complessivo da parte degli edifici pari a 46800 kTep. In sostanza intervenendo con coibentazioni efficaci sul solo potenziale annuo dei prossimi 10 anni si otterrebbe un risparmio energetico del 8,2% sulla bolletta energetica nazionale. E’ inoltre evidente che sugli edifici così riqualificati consumerebbero dal 40% al 75% in meno rispetto agli edifici non coibentati offrendo un vantaggio estremamente più elevato, con risparmi proporzionali in termini energetici ed economici, per gli occupanti di tali spazi abitativi e lavorativi. Per quanto concerne il periodo di rientro dell’investimento in riqualificazione energetica degli involucri edilizi (pay back period), calcolato come investimento medio annuo diviso risparmio medio annuo, bisogna valutare la presenza o meno di incentivi:

- con incentivi del 65% rientro in 7,6 anni; - con incentivi del 50% rientro in 10,9 anni; - con incentivi del 36% rientro in 13,9 anni; - senza incentivi rientro in 21,8 anni.

Nel primo caso, i 116,6 miliardi ripartiti in 10 anni, si potrebbero attivare quasi 1,7 milioni di posti di lavoro (nuovi, trattenuti o ripristinati) nell’edilizia della riqualificazione energetica, ovvero oltre 174 mila addetti annui.

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2 – STRUTTURE D’INVOLUCRO OPACO NELLA PRATICA EDILIZIA

La funzione primaria dell’involucro, quale protezione dagli agenti esterni, è stata affiancata nel tempo dal compito di modularne le condizioni in maniera da creare ambienti più confortevoli; compito svolto prevalentemente differenziandosi in relazione alle condizioni climatiche del contesto di riferimento. Il nostro secolo tuttavia ci ha resi testimoni di una involuzione tecnologica del costruito, caratterizzata dalla perdita di tutte le connessioni con l’ambiente fisico che l’involucro edilizio aveva acquisito nel tempo, restituendogli solo la funzione di guscio protettivo.

La relazione che esiste tra il comportamento dell’edificio ed il suo involucro è abbastanza critica, se pensiamo che esso deve isolare dal vento, dall’umidità e dalla pioggia ma deve contemporaneamente essere permeabile alla luce e all’aria, conservare il calore e provvedere alla sicurezza e alla privacy degli utenti. Gli edifici di ultima generazione oltre a garantire il soddisfacimento dei requisiti suddetti, possono anche prevedere di immagazzinare il calore, direzionare e regolare la luce naturale, così come possono controllare i flussi di aria e generare in qualche caso energia. Ottenere questi risultati, bruciando meno petrolio, carbone o gas è possibile solo combinando i componenti dell’involucro (vecchi e nuovi) ai vecchissimi principi progettuali ed assegnare così all’involucro stesso un’importante funzione, quella di regolatore termico, capace di far raggiungere all’interno livelli di comfort ottimali senza l’impiego di sistemi meccanici o impianti che richiedono un alto consumo.

Il raggiungimento di tali obiettivi però non è affatto semplice ed implica una particolare attenzione sia nelle scelte del progetto che nella sua messa in opera. Se dal punto di vista architettonico l’involucro edilizio può essere considerato una pelle capace di conferire suggestioni all’edificio, dal punto di vista fisico esso è la superficie di controllo che delimita il sistema termodinamico dell’ambiente costruito. Come elemento di confine l’involucro ha la funzione di regolare i flussi di energia passanti, al fine di garantire le condizioni di comfort termico, visivo, acustico e la qualità dell’aria negli ambienti confinati, riducendo nel contempo i consumi energetici e gli impatti ambientali. L’ideazione, la progettazione e la realizzazione di un involucro architettonico dinamico comportano una complessità direttamente proporzionale alle prestazioni richieste ed alle variabili presenti in ogni intervento. Per questo motivo è importante definire a priori le caratteristiche principali dell’involucro e giungere, attraverso queste, ad organizzare un sistema di priorità nella fase della sua progettazione e realizzazione.

Un edificio tradizionale è capace di rispondere alle sollecitazioni esterne soltanto attraverso la sua componente massiva e la sua configurazione costruttiva, mentre risulta essere incapace di rapportarsi ad un ambiente in continua variabilità. Al contrario, un edificio intelligente deve possedere la capacità di conoscere ciò che accade al suo interno e nel suo immediato intorno, decidere il modo in cui intervenire per rendere confortevole gli ambienti confinanti e rispondere velocemente al mutare delle esigenze e delle condizioni climatiche.

Gli involucri sono, tra le componenti architettoniche, quelli che possiedono una maggior interdipendenza con i sistemi meccanici di controllo e negli ultimi anni si sono trasformati da “sistemi passivi”, dove l’involucro:

- massimizza il guadagno solare diretto, grazie ad estese superfici vetrate con sistemi schermanti per il controllo della radiazione solare nel periodo estivo e per la riduzione dell'abbagliamento; - prevede spazi cuscinetto per la protezione dal freddo come serre o spazi filtro per catturare l'energia

solare nel periodo invernale;

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- “sistemi attivi” dove l’involucro edilizio non solo supporta, ma integra nella propria struttura i sistemi impiantistici, quelli per la raccolta e la trasformazione dell’energia solare e per la ventilazione artificiale degli ambienti interni; risulta più efficiente in termini energetici e più controllabile in termini funzionali rispetto a quello passivo. Nonostante ciò limita notevolmente l'espressione architettonica a causa della modularità dimensionale tipica dei componenti impiantistici e crea problemi per il disegno della facciata in funzione della distribuzione interna degli ambienti (le soluzioni adottate più frequentemente e che hanno riscontrato maggior successo nell’utilizzo sono la parete vetrata ventilata e la facciata integrata con un impianto fotovoltaico.);

- “sistemi ibridi” che sono insieme passivi ed attivi, perché sono in grado di svolgere funzioni diverse, e dinamico, perché in grado di modificare le prestazioni fisico tecniche nel tempo, in relazione alle circostanze climatiche ed alle esigenze dell'utenza. Nonostante ciò, numerosi dubbi nascono sia sulla loro sostenibilità rispetto alle altre due tipologie, in quanto adottano sistemi funzionalmente e tecnologicamente molto complessi. Inoltre, i costi di costruzione risultano di gran lunga superiori rispetto a quelli degli involucri convenzionali, senza contare i costi elevati di manutenzione provocati dalla complessità dei componenti e della loro reciproca collocazione.

Nella pratica si ha di solito a che fare con involucro edilizio a secco, ovvero una tipologia costruttiva di involucro nella quale l'insieme delle unità tecnologiche e degli elementi tecnici (singoli componenti e sistemi di elementi), con funzioni portanti o non portanti, sono assemblati con giunzioni a secco e fissati ad una struttura principale attraverso sistemi di ancoraggio (bulloneria, viterie o saldature). Dal punto di vista del sistema costruttivo, le tipologie d’involucro a secco si distinguono tre:

- strutture composte da montanti e traversi: un'intelaiatura portante leggera di componenti assemblati in loco a sostegno di pannelli di tamponamento opachi e/o traslucidi prefabbricati. Il reticolo strutturale della facciata è costituito dalla messa in opera di montanti verticali e di traversi orizzontali collegati ad essi. Successivamente, l'intelaiatura costituisce il supporto degli elementi di tamponamento e dei serramenti apribili. In alcune soluzioni come ultima fase, all'intelaiatura vengono fissati i pannelli esterni di protezione (schermi o rivestimenti);

- le strutture composte da montanti, traversi e schermi esterni: rappresenta l'evoluzione del sistema di assemblaggio descritto nella prima tipologia, è costituito da una struttura principale a montanti e traversi e da una ulteriore struttura sporgente verso l'esterno (spesso formata a sua volta da mensole e tiranti di fissaggio) che sostiene una schermatura con varie funzioni, prevalentemente di protezione dalla pioggia battente o dall'insolazione;

- struttura a cellule o unità: rappresentata “da moduli preassemblati, interconnessi, di altezza corrispondente a uno o più piani, completi di pannelli di tamponamento”. Il vantaggio principale di questo sistema è che risulta costante e garantita la qualità dei singoli elementi preassemblati, poiché vengono realizzati in officina attraverso processi industrializzati che prevedono elevati controlli.

L’evoluzione dei sistemi di involucro edilizio a secco è caratterizzata sotto il profilo tecnologico-prestazionale da un aumento della complessità e un innalzamento dei livelli di qualità delle prestazioni svolte, e sotto il profilo architettonico dalla ricerca di linguaggi e stili architettonici diversi, spesso connessi

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ai materiali utilizzati per gli strati di rivestimento (vetro, pietra, cotto, metallo, legno), ad esempio nelle fasi di progettazione, realizzazione e gestione di un green building. Alcune soluzioni tecniche possono essere:

- sistema stratificato a secco struttura/rivestimento: è il prodotto di un'appropriata stratificazione di elementi costruttivi sottili, leggeri e ad alte prestazioni. Nelle strutture stratificate, ad ogni assemblaggio tecnologico di differenti strati corrisponde un insieme di differenti prestazioni fisiche, che può essere definito in fase di progetto, mediante un'analisi prestazionale. La costruzione di pacchetti a secco consente, inoltre, una maggiore cura del dettaglio, la possibilità di scegliere i materiali più appropriati da assemblare, la possibilità di variazione continua, un'ottimizzazione della stratificazione dell'involucro e una maggiore manutenibilità delle unità tecnologiche (vd. Figura 2.1-a);

- facciata continua o curtain wall: è una facciata esterna di un edificio prodotta con intelaiatura costituita principalmente di metallo, legno o PVC, solitamente costituita da elementi strutturali verticali ed orizzontali, collegati insieme e ancorati alla struttura portante dell'edificio. Questa garantisce, di per sé o congiuntamente alle restanti parti della costruzione, tutte le normali funzioni di una parete esterna senza dover contribuire alle funzioni della struttura portante. La facciata continua o curtain wall è caratterizzata sotto il profilo prestazionale ed estetico da una continuità dell'involucro rispetto alla struttura portante dell'edificio, che resta interamente arretrata rispetto al piano della facciata (vd. Figura 2.1-b);

- facciata ventilata: tipo di facciata a schermo avanzato in cui l'intercapedine tra il rivestimento e la parete è progettata in modo tale che l'aria in essa presente possa fluire per effetto camino in modo naturale e/o in modo artificialmente controllato, a seconda delle necessità stagionali e/o giornaliere, al fine di migliorarne le prestazioni termoenergetiche complessive”. In questo caso la soluzione “a secco” può riguardare solo lo schermo “avanzato” o di rivestimento antistante l'intercapedine ventilata (vd. Figura 2.1-c);

- strutture a schermo antipioggia (Rain Screen Cladding): in questo sistema, caratterizzato da un sistema di assemblaggio a montanti e traversi, lo schermo svolge funzione di protezione dalla pioggia battente, dalla infiltrazione di umidità, l'intercapedine retrostante lo schermo è aerata e non contribuisce necessariamente alle prestazioni termoenergetiche dell'involucro. Anche in questo caso la “soluzione a secco” può riguardare esclusivamente lo schermo (vd. Figura 2.1-d);

- facciata a doppia pelle: tipologia di facciata appartenente al sistema di chiusura a isolamento dinamico. Le facciate a doppia pelle formano un contenitore trasparente continuo lungo tutto il perimetro dell'edificio: la pelle esterna, è fissa (non apribile) ed è destinata a proteggere il fabbricato mediante le proprie caratteristiche di tenuta all'aria, all'acqua e al vento, mentre la seconda, posta verso l'interno, è quasi sempre dotata di serramenti, e permette di ventilare i locali interni senza la necessità di un controllo particolare delle sollecitazioni ambientali. Per migliorare il comfort all'interno dell'edificio, talora, viene prevista una ventilazione naturale o forzata dell'intercapedine definita dalle due pelli. Nell'intercapedine, inoltre, possono essere inseriti dispositivi di oscuramento continuo o a lamelle regolabili dall'interno dei locali ed elementi apribili per arieggiare gli ambienti (vd. Figura 2.1-e);

- involucro integrato per la produzione di energia: sistema che permette l'integrazione di pannelli fotovoltaici che trasformano la radiazione solare in elettricità. Questi moduli, ad esempio, possono essere integrati in sistemi di chiusura trasparente che si presentano a singolo strato o a doppia pelle,

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verticali o orizzontali, con inclinazioni da 0° a 90° (con un'ottimizzazione della captazione solare mediante una inclinazione a 45º rispetto alla verticale). Il sistema permette, inoltre, l'integrazione di schermature solari, come i frangisole fissi, mobili e orientabili (vd. Figura 2.1-f);

- involucro interattivo: sistema che interagisce con le variazioni delle condizioni climatiche esterne mediante dispositivi di controllo automatici o mediante l'intervento diretto dell'utenza; tale involucro consente il controllo dei livelli prestazionali offerti dalla chiusura modificando i valori dei parametri termoigrometrici e ambientali relativi al microclima interno (vd. Figura 2.1-g);

- involucro interattivo multimediale: sistema finalizzato alla retroproiezione di immagini fisse o in movimento sulla superficie interna dei pannelli trasparenti. In questo caso, la pelle dell'edificio è costituita da pannellature verticali (sempre montate su telai metallici di supporto) costituite con materiali traslucidi accoppiati tra loro le cui proprietà consentono alle proiezioni di apparire all'esterno con effetti decorativi anche molto spettacolari (vd. Figura 2.1-h);

(a) (b) (c) (d) (e) (f)

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(g) (h)

Figura 2.1 Esempi delle varie soluzioni costruttive: a) Centro di Ricerche Campus Point a Lecco (progetto Studio Ardea); b) Willis Faber and Dumas Headquarters a Ipswich, Inghilterra, (progetto Norman Foster); c) mumok (MUseum MOderner Kunst), Museo d'Arte Moderna nel Museumsquartier di Vienna), progetto di Ortner & Ortner Baukunst; d) Alcoa Building a Pittsburgh, USA, (progetto Fallace H. Harrison e Max Abramovitz); e) Manulife Financial a Boston, USA, (progetto Skidmore Ownigs & Merill Architects); f) Solarfabrik a Friburgo, Germania, (progetto Rolf & Hotz); g) Institut du monde arabe a Parigi, Francia, (progetto Jean Nouvel); h) L'edificio La Fayette a Berlino (Jean Nouvel).

In generale, un involucro edilizio è realizzato da uno o più strati che ne determinano la forma, l’aspetto e le proprietà. In base ai materiali costituenti, un involucro edilizio può garantire una minore o maggiore efficienza energetica.

A prescindere dai materiali d’impiego e dalle tecnologie sfruttate, gli involucri edilizi sono costituiti da 4 strutture funzionali standard, queste sono:

- strutture orizzontali dove l’involucro separa l’ambiente interno dal terreno o dall’esterno;

- strutture verticali perimetrali che entrano in contatto con ambienti non riscaldati (esterni); in questo contesto si parla anche di involucro edilizio trasparente o opaco;

- coperture piane o inclinate (tetto a farfalla, copertura isolata non ventilata, tetto ventilato per fronteggiare i problemi di umidità, muffa e surriscaldamento estivo);

- chiusure trasparenti. Rappresentano l’anello debole dell’involucro edilizio a risparmio energetico.

In base alle proprietà tecno-funzionali dei costituenti scelti, avremo un involucro edilizio più o meno efficiente.

Nello specifico lavoro di tesi, l’attenzione è stata posta sulle strutture d’involucro opaco. La definizione di "involucro edilizio opaco" si riferisce all'insieme di tutti gli elementi non trasparenti che compongono l'involucro stesso: le pareti, le strutture orizzontali e le coperture. La diversa capacità di trasmissione del calore definiscono le caratteristiche principali delle varie parti dell'involucro.

Nel seguente lavoro di tesi, per poter conoscere quelle che sono le stratigrafie degli elementi d’involucro opaco degli edifici italiani esistenti, è stato fatto riferimento a due fonti:

- la norma UNI/TR 11552; - il progetto TABULA.

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2.1 Abaco delle strutture costituenti l’involucro opaco degli edifici (UNI/TR 11552)

La UNI/TS 11300-1: “Prestazioni energetiche degli edifici – Parte 1: Determinazione del fabbisogno di energia termica dell’edificio per la climatizzazione estiva ed invernale” cita in un punto: "In assenza di dati di progetto attendibili o comunque di informazioni più precise, i valori dei parametri termici dei componenti edilizi di edifici esistentì possono essere ricavati dalla UNI/TR 11552 o dalla letteratura tecnica in funzione della tipologia edilizia e del periodo di costruzione".

Tale rapporto tecnico dell’ottobre 2014, fornisce i principali parametri termofisici (trasmittanza termica, capacità termica areica e trasmittanza termica periodica) dei componenti opachi dell’involucro maggiormente utilizzati negli edifici esistenti. Questi parametri possono essere utilizzati per valutazioni energetiche di edifici esistenti in assenza di informazioni più dettagliate sui materiali che compongono la struttura.

Per la definizione dell’abaco è stata fatta una suddivisione degli elementi d’involucro opaco in:

- pareti;

- solai verso esterno o ambiente non climatizzati o climatizzati a diversa temperatura; - coperture piane;

- coperture inclinate.

All’interno di queste categorie sono definite varie tipologie, per ognuna della quali è riportata una descrizione degli strati (numerati da 1 in poi andando dall’interno verso l’esterno) con l’indicazione dello spessore d, la densità ρ, il calore specifico c, la conduttività termica λ e la resistenza termica R.

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Nella parte finale della norma vengono anche riportate indicazioni di massima relative alla diffusione geografica nel tempo di alcune delle strutture riportate nell’abaco.

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2.2 Progetto TABULA

Il progetto TABULA (Typology Approach for Building stock energy Assessment, 2009-2012), finanziato dal programma europeo Intelligent Energy Europe, è rivolto a creare una struttura armonizzata delle tipologie edilizie residenziali europee.

Ogni tipologia nazionale è costituita da un insieme di edifici residenziali modello con tipiche caratteristiche energetiche. Ciascun edificio rappresenta un determinato periodo di costruzione e una specifica dimensione. Gli edifici-tipo possono essere utilizzati in ciascun paese come mezzo per rendere nota la prestazione energetica ed i potenziali di risparmio raggiungibili attraverso azioni di riqualificazione dell’involucro edilizio e degli impianti termici. In TABULA sono stati analizzati due livelli di riqualificazione dell’edificio-tipo: una “riqualificazione tipica”, mediante l’applicazione di misure comunemente utilizzate all’interno del paese, ed una “riqualificazione avanzata”, attraverso l’introduzione di interventi che riflettono le migliori tecnologie disponibili.

Le potenzialità di risparmio energetico sono state valutate utilizzando la metodologia di calcolo fornita dalle norme tecniche europee a supporto della Energy Performance of Buildings Directive EPBD (2010/31/UE) e confrontando la prestazione energetica prima e dopo la riqualificazione.

A continuazione del progetto TABULA, è stato poi realizzato il progetto EPISCOPE (Energy Performance Indicator Tracking Schemes for the Continuous Optimisation of Refurbishment Processes in European Housing Stocks, 2013-2016), finanziato sempre dal programma europeo Intelligent Energy Europe, che ha come obiettivi principali l’aggiornamento della tipologia edilizia e la definizione di “azioni pilota” sul patrimonio edilizio residenziale esistente, facendo riferimento anche a parametri prestazionali che caratterizzano gli edifici ad energia quasi zero.

Poiché il progetto di ricerca TABULA è strettamente rivolto alla valutazione e al miglioramento della prestazione energetica di edifici esistenti, il concetto tipologico si focalizza sui parametri edilizi correlati al consumo energetico. La tipologia edilizia nazionale è classificata secondo le seguenti categorie:

- regione/zona climatica; - classe di epoca di costruzione; - classe di dimensione edilizia.

Il territorio nazionale italiano, è caratterizzato da sei zone climatiche (dalla A alla F) sulla base del numero dei Gradi Giorno3, aggiornate da poco dal D.M. 26/06/2015; per la classificazione della tipologia edilizia si sono individuate tre aree climatiche che risultano dal raggruppamento di alcune zone:

- area climatica media che si è ipotizzata coincidente con la zona climatica “E”; - area climatica alpina che si è ipotizzata coincidente con le zona climatica “F”;

- area climatica mediterranea-costiera che si è ipotizzata coincidente con le zone climatiche “A, “B”, “C”, “D”.

3 I Gradi Giorno di una località sono definiti come la somma, estesa a tutti giorni di un periodo convenzionale di

riscaldamento, delle sole differenza positive giornaliere tra la temperatura ambiente e la temperatura media giornaliera. Per ogni area climatica sono state individuate otto classi che definiscono l’epoca della costruzione.

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Ciascuna classe rappresenta un determinato periodo storico che riflette specifiche tipologie dimensionali e costruttive, significative dal punto di vista energetico. Le classi di epoca di costruzione sono le seguenti:

- classe 1, fino al 1900, rappresentata dal diciannovesimo secolo;

- classe 2, dal 1901 al 1920, identificata dall’inizio del ventesimo secolo; - classe 3, dal 1920 al 1945, compresa tra le due Guerre Mondiali;

- classe 4, dal 1946 al 1960, caratterizzata dal Dopoguerra e dalla Ricostruzione; - classe 5, dal 1961 al 1975, definita dal periodo della crisi petrolifera;

- classe 6, dal 1975 al 1990, contraddistinta dalle prime disposizioni legislative in materia di efficienza energetica negli edifici;

- classe 7, dal 1991 al 2005, caratterizzata dalle più recenti regolamentazioni sulla prestazione energetica degli edifici;

- classe 8, dopo il 2005, rappresentata da più restrittivi requisiti di prestazione energetica richiesti alle nuove costruzioni.

Ciascuna classe di epoca di costruzione è rappresentata da classi di dimensione edilizia; essi si riferiscono a specifiche tipologie dimensionali, ovvero costruzioni caratterizzate da una specifica estensione e geometria. Si sono individuate le seguenti classi:

- casa monofamiliare, caratterizzata da un’unica unità immobiliare, su uno o due piani, di tipo isolato o confinante con un altro edificio;

- casa a schiera, costituita da un’unica unità immobiliare, su uno o due piani, confinante con altre unità abitative (complesso a schiera);

- edificio multifamiliare, edificio di ridotte dimensioni caratterizzato da un numero limitato di unità immobiliari (da 2 a 5 piani e fino a 15 appartamenti, oppure da 2 a 4 piani e da 16 a 20 appartamenti);

- blocco di appartamenti, edificio di grandi dimensioni caratterizzato da un numero limitato di unità immobiliare.

Gli elementi che concorrono a definire la tipologia edilizia costituiscono gli assi della cosiddetta “Matrice Edilizia” (vd. Figura 2.4). Ogni area climatica è contraddistinta da una matrice e ogni matrice è costituita da righe, che rappresentano le classi di epoca di costruzione, e da colonne, che rappresentano le classi di dimensione edilizia. Ogni cella della matrice è sede di un “edificio-tipo” da considerarsi rappresentativo di quella specifica condizione (area climatica/epoca di costruzione/dimensione).

La “Matrice della Tipologia Edilizia” italiana è stata sviluppata per la zona climatica E (area climatica media) che rappresenta circa la metà dei comuni italiani, dal Politecnico di Torino.

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Figura 2.4 “Matrice della Tipologia Edilizia” italiana (area climatica media) con l’illustrazione degli edifici-tipo.

Infine, per la definizione delle tipologie costruttive e dei loro parametri termo-fisici è necessario specificare quanto segue:

- le costruzioni italiane sono tipicamente strutture massive;

- i materiali tradizionali che costituiscono i componenti edilizi sono laterizi (pieni e forati) e calcestruzzo;

- il periodo di costruzione è fondamentale per la definizione del livello di isolamento termico dei componenti edilizi. Si considera la seguente classificazione:

• prima del 1976 non è presente materiale isolante termico all’interno delle strutture; • tra il 1976 e il 1991 si considera un basso livello di isolamento termico;

• tra il 1991 e il 2005 si considera un medio livello di isolamento termico;

• dopo il 2005 il livello di isolamento termico è determinato dalla legislazione nazionale in vigore attraverso valori limite di trasmittanza termica.

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3 - ANALISI IN REGIME TERMICO DINAMICO DI PARETI

MULTISTRATO

La trasmissione del calore attraverso un corpo avviene quando esso è sottoposto ad una differenza di temperatura. L’energia si trasferisce dalla zona a temperatura maggiore a quella a temperatura minore. La schematizzazione che si applica alla trasmissione di calore si basa su tre meccanismi fondamentali:

- conduzione: la conduzione avviene quando vi è contatto diretto tra i corpi a differente temperatura, come per il passaggio di calore tra i vari strati di materiale che compongono una parete;

- convezione: la convezione avviene quando vi è il movimento delle molecole di un liquido o di un gas che lambiscono un corpo o un altro liquido o gas a temperatura differente;

- irraggiamento: l’irraggiamento avviene attraverso la propagazione di onde elettromagnetiche tra un corpo caldo ed uno freddo. Per corpi ad alta temperatura è la tipologia prevalente di scambio, essendo l’energia per irraggiamento proporzionale alla quarta potenza della temperatura. È il tipo di scambio che avviene tra il sole e la terra e può aver luogo anche se tra i due corpi a differente temperatura vi è il vuoto.

L’analisi rigorosa dei flussi energetici in un edificio è complessa, considerando che di solito si combinano queste tre modalità di scambio e lo è ancora di più in regime dinamico. Negli ultimi anni però, nell’ottica di ridurre il fabbisogno energetico per il condizionamento estivo, ha acquistato notevole importanza, anche dal punto di vista normativo europeo (nazionale e regionale), il comportamento in condizioni non stazionarie degli elementi opachi dell’involucro edilizio.

Nel caso di valutazioni durante il periodo di raffrescamento, l’incidenza dei diversi fattori e la variabilità dei fattori esterni, quali la radiazione solare, impongono una valutazione più complessa che non può prescindere dalla variabilità temporale. In tale caso la distribuzione di flusso e temperatura dipendono anche dall’inerzia termica dei materiali, cioè dalla loro capacità di accumulare calore per poi rilasciarlo successivamente.

Per rendere più agevole lo sviluppo dei calcoli, una possibile rappresentazione del comportamento degli elementi opachi, in regime termico-dinamico, è quella che ha alla base le seguenti due assunzioni:

- mezzo seminfinito: “mezzo di spessore infinito, delimitato da una superficie piana di dimensioni infinite (mezzo che occupa un semispazio)”;

- regime periodico stabilizzato: “condizione per cui in ogni punto del mezzo la temperatura varia con legge periodica”.

La prima assunzione permette di considerare un corpo di notevole spessore delimitato da una superficie piana su cui è imposto un transitorio termico e da altre superficie a distanza sufficientemente grande da poter trascurare le condizione termiche presenti su di esse.

La seconda assunzione è valida nel caso si imponga sulla superficie delimitante il mezzo seminfinito (x=0) un transitorio termico di tipo periodico, in modo tale che dopo un certo intervallo di tempo, in ogni punto del mezzo, si osserva che la temperatura varia con legge periodica.

Se si considera la superficie piana che delimita il mezzo coincidente con il piano y-z del sistema di assi cartesiani, il flusso termico risulta monodimensionale in direzione x, quindi T = T(x,t).

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Figura 3.1 Rappresentazione grafica di un mezzo seminfinito in riferimento ad un sistema di assi cartesiani x,y,z.

Tale schematizzazione serve per poter risolvere l’equazione del calore di Fourier:

dove q’ è il termine di sorgente.

Tale equazione descrive un campo di temperatura e ammette soluzioni solo per alcune tipologie di problemi, caratterizzati da geometrie e condizioni al contorno semplici e proprietà dei materiali uniformi e indipendenti dalla temperatura.

Nel caso in esame di problema instazionario e in assenza del termine di sorgente, si ha:

mentre per descrivere la densità del flusso termico all’interno di un solido o anche di un fluido purchè lo stesso stia fermo (altrimenti si verificano fenomeni di convezione), è la legge di Fourier, che ha la seguente forma:

Le due equazioni fanno riferimento a uno strato omogeneo con conduttività k, densità ρe calore specifico c.

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3.1 Parametri termici dinamici

Si consideri un componente, sottoposto su un lato ad una sollecitazione termica periodica, e con temperatura costante sull’altro. Si definiscono:

Trasmittanza termica periodica o dinamica (Yie): “Rapporto tra il flusso termico periodico che

attraversa l’unità di superficie su un lato del componente e la sollecitazione termica periodica sull’altro lato nell’ipotesi che la temperatura ambiente sul primo lato del componente sia costante”:

Yie = Δqi/ΔTe = Δqe/ΔTi

Ammettenza: “Rapporto tra il flusso termico periodico che attraversa l’unità di superficie su un lato del componente e la sollecitazione termica periodica sullo stesso lato nell’ipotesi che la temperatura ambiente sull’altro lato del componente sia costante”.

In generale si hanno due ammettenze diverse sui due lati del componente, si parla quindi di ammettenza interna (Yii) e ammettenza esterna (Yee):

Yee = Δqe/ΔTe Yii = Δqi/ΔTi

Fattore di decremento (fa): “Rapporto tra la trasmittanza termica periodica e la trasmittanza termica

stazionaria”.

fa = Yie/U

Indica quanto viene attenuata l’onda termica. In condizioni stazionarie fa = 1 e quindi Yie = U.

Coefficiente di attenuazione (σ): ”Rapporto tra la temperatura sulla faccia interna della parete e la temperatura sulla faccia esterna”:

σ = Ti/Te

Quest’ultimo parametro permette di valutare direttamente la temperatura della faccia interna della parete, cosa che torna molto utile perché determina l’entità degli scambi termici per irraggiamento tra corpo umano e ambiente e, se superiore alla temperatura di rugiada, garantisce l’assenza di fenomeni di condensa superficiale. Nonostante ciò, la normativa da delle limitazioni relative solamente al fattore di decremento.

Sfasamento o ritardo temporale dell’onda termica (φ): ”Intervallo di tempo che intercorre tra il valore massimo della sollecitazione termica e il massimo del suo effetto”:

Capacità termica areica (k): ”Rapporto tra la variazione di energia accumulata per unità di superficie in un componente nel periodo di tempo e la sollecitazione termica periodica su un lato nell’ipotesi che la temperatura ambiente sull’altro lato del componente sia costante”.

Tale parametro rappresenta l’attitudine di una struttura ad accumulare calore. A seconda che si consideri la sollecitazione sul lato interno o esterno, si parla di capacità termica interna (ki) o capacità termica esterna (ke).

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Figura 3.2 Rappresentazione dello sfasamento e dell’attenuazione dell’onda termica.

Si ricorda che il flusso termico attraversante una elemento opaco, valutato in regime stazionario (temperatura indipendente dal tempo) nel caso di regime invernale, è caratterizzato dalla trasmittanza termica U, definita come “Flusso termico per unità di superficie e per unità di differenza di temperatura”:

U = q/ΔT

con q che è il flusso per unità di superficie e ΔT la differenza tra le temperature dell’ambiente sui due lati della parete. Quindi la distribuzione della temperatura dipende solo dalla conduttività dei materiali.

Di seguito verranno ricavati tali parametri per due casi, schematizzando dapprima la singola parete esterna, e considerando successivamente, oltre a questa, una serie di partizioni interne che delimitano un locale.

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3.2 Schematizzazione delle pareti esterne (UNI EN ISO 13786)

Per la definizione dei parametri termici dinamici per una parete esterna composta da strati di materiali diversi, nel caso di sollecitazione sinusoidale periodica, si deducono dalla UNI EN ISO 13786:Thermal performance of building components – Dynamic thermal characteristics – Calculation method.

Tale norma si basa sulla risoluzione analitica dell’equazione del calore con condizioni al contorno periodiche, di periodo P, riportata sopra.

Si consideri una parete esterna di un edificio (figura 3.3). Il campo termico esterno Text(t) viene assunto oscillante nel tempo con ampiezza Te attorno al valore medio Te0; le oscillazioni hanno frequenza angolare ωe periodo P = 2 π / ω. Si utilizza il formalismo complesso per rappresentare le quantità oscillanti:

Text = Te0 ± Re (Te e ωt) dove:

- j = √-1 = unità immaginaria; - Re = parte reale.

Con un’opportuna scelta dell’origine del tempo t, l’ampiezza Te può essere assunta come una quantità reale e la precedente espressione diventa pertanto:

Text = Te0 ± Te cos ωt

Anche la temperatura dell’ambiente interno eseguirà delle oscillazioni con la stessa frequenza angolare e con ampiezza complessa Ti attorno al valore medioTi0. Tra le ampiezze complesse Ti della temperatura e qi del flusso termico (W/m2) sulla faccia interna della parete e le grandezze analoghe Te e qe, relative alla faccia esterna della parete, sussiste la relazione lineare:

dove Z è la matrice di trasferimento della parete.

(33)

27

Per una parete multistrato, composta dalla successione di N strati omogenei, la matrice di trasferimento risulterà la produttoria ordinata (dall’interno all’esterno) delle matrici Zn di trasferimento dei singoli strati (vd. Figura 3.4) e si scriverà:

Figura 3.4 Schematizzazione di una parete multistrato.

in cui Zi e Ze sono le matrici degli strati liminari interni e esterni (con le resistenze liminari interna e esterna dell’aria pari rispettivamente pari a 0,04 W/m2 K e 0,13 W/m2 K), mentre gli elementi della matrice Zn dell’n-esimo strato della parete, sono espressi tramite le seguenti formule:

zn,11 = zn,22 = cosh(z) zn,12 = (-d / (λ z)) sinh(z) zn,12 = (-(λ z) / d) sinh(z)

dove z = ξ + ξ j e ξ = d / δ, ovvero il rapporto tra lo spessore dell’elemento e la profondità di penetrazione.

Si definisce profondità di penetrazione periodica δ la profondità alla quale l’ampiezza delle variazioni di temperatura è ridotta di un fattore e (base dei logaritmi naturali e ≈ 2,718) in un materiale omogeneo di spessore infinito soggetto a variazioni sinusoidali di temperatura sulla sua superficie (vd. Figura 3.5):

δ = √ P α / π

(34)

28

Figura 3.5 Rappresentazione della profondità di penetrazione periodica.

Gli elementi zn,ii della matrice di trasferimento possono essere allora calcolati con le seguenti espressioni:

zn,11 = zn,22 = cosh(ξ) cos(ξ) + j senh(ξ) sen(ξ)

zn,12 = (-δ / (2k)) {sinh(ξ) cos(ξ) + cosh(ξ) sen(ξ) + j [cosh(ξ) sen(ξ) - senh(ξ) cos(ξ)]} zn,12 = (-δ / k) {sinh(ξ) cos(ξ) - cosh(ξ) sen(ξ) + j [senh(ξ) cos(ξ) - cosh(ξ) sen(ξ)]}

Siano ora a e b rispettivamente la parte reale e immaginaria di un numero complesso z. Questo numero può essere espresso in forma matriciale come:

Un numero complesso si può scrivere come una matrice reale di ordine 2, quindi la matrice di trasferimento di ogni strato, essendo composta da quattro elementi che sono numeri complessi, avrà la forma di una matrice reale di ordine 4. In questo modo i calcoli con numeri complessi sono sostituiti da calcoli matriciali convenzionali. La matrice risultante dai calcoli contiene, nelle sue righe dispari, la parte reale e immaginaria del corrispondente numero complesso.

Il modulo di un numero complesso può essere ottenuto dalla conoscenza della parte reale e immaginaria nel modo seguente:

│z │= √(a+ b2)

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