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Il consolidamento di edifici in aggregato: un caso studio a Pisa

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Academic year: 2021

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(1)

U

NIVERSITÀ

D

I

P

ISA

SCUOLA DI INGEGNERIA

C

ORSO DI

L

AUREA

M

AGISTRALE IN

I

NGEGNERIA

E

DILE E DELLE

C

OSTRUZIONI

C

IVILI Tesi di Laurea

Il consolidamento di edifici in aggregato:

analisi di un caso studio a Pisa.

Relatori:

Prof.ssa Ing. Anna De Falco Arch. Agnese Bernardoni Ing. Marco Cinotti

Ing. Francesca Giuliani

Candidata:

Carlotta Muti

(2)
(3)

i

Indice

1. Introduzione ... 1

2. Obiettivi della tesi ... 3

3. Le costruzioni in muratura ... 6

3.1. Introduzione ... 6

3.2. Le tipologie murarie ... 7

3.3. Le caratteristiche meccaniche della muratura ... 7

3.3.1.Comportamento a compressione ... 10

3.3.2.Comportamento a trazione ... 12

3.4. L’edificio in muratura nella condizione sismica ... 13

3.4.1.I meccanismi di collasso ... 14

3.4.1.1. I meccanismi globali ... 15

3.4.1.2. I meccanismi locali ... 21

3.5. Criteri di modellazione della muratura ... 26

4. Analisi della vulnerabilità sismica di edifici esistenti ... 27

4.1. La vulnerabilità sismica ... 27

4.2. Quadro normativo vigente ... 28

4.2.1.Livello di conoscenza (LC) e fattore di confidenza (FC) ... 31

4.3. Metodi di analisi sismica ... 34

4.3.1.Analisi statica lineare ... 34

4.3.2.Analisi dinamica modale ... 35

4.3.3.Analisi statica non lineare ... 36

4.3.4.Analisi dinamica non lineare ... 39

5. Gli edifici esistenti in aggregato... 40

5.1. Introduzione ... 40

5.2. Conoscenza del manufatto ... 42

5.3. Il comportamento degli edifici in aggregato in muratura sotto l’effetto dell’azione sismica ... 45

5.4. La modellazione degli edifici in aggregato ... 48

5.5. I metodi di analisi ... 50

6. Metodi per la valutazione della vulnerabilità sismica di edifici in aggregato: stato dell’arte ... 54

6.1. Metodi empirici ... 56

6.1.1.Schede di vulnerabilità ... 56

6.1.1.1. Schede GNDT di primo livello ... 57

6.1.1.2. Scheda GNDT di secondo livello ... 57

(4)

ii

6.1.2.1. Matrici di probabilità di danno EMS-98 ... 59

6.1.2.2. Metodi macrosismici ... 59

6.1.3.Metodi dell’Indice di vulnerabilità - VIMs ... 60

6.1.3.1. Procedura di analisi speditiva – 10 parametri ... 61

6.1.3.2. Scheda Formisano - 15 parametri ... 61

6.1.3.3. Scheda Aveiro - 14 parametri ... 65

6.1.3.4. Scheda Aggregati - 5 parametri ... 66

6.1.3.5. Schede di vulnerabilità per le facciate – 10 parametri ... 67

6.1.4.Curve di vulnerabilità ... 67

6.2. Metodi analitici ... 68

6.2.1.Metodi dei meccanismi ... 69

6.2.2.Metodo FaMIVE ... 69

6.2.3.Metodi CSB – Capacity Spectrum Based Methods ... 70

6.3. Metodi Ibridi ... 70

6.3.1.Progetto SAVE ... 70

7. Il caso studio ... 71

7.1. Introduzione ... 71

7.2. Metodologia ... 74

7.3. Il percorso della conoscenza ... 77

7.3.1.Identificazione del manufatto nel contesto urbano e cenni storici ... 77

7.3.2.Analisi storico-critica e ipotesi sulla formazione ed evoluzione del complesso ... 79

7.3.3.Rilievo geometrico ... 81

7.3.4.Rilievo costruttivo-strutturale ... 92

7.3.4.1. Rilievo delle tipologie murarie e dei loro spessori ... 92

7.3.4.2. Rilievo dei solai, della loro tipologia e stratigrafia ... 93

7.3.4.3. Rilievo delle sezioni in C.A ... 94

7.3.4.4. Rilievo delle fondazioni ... 94

7.3.4.5. Rilievo del quadro fessurativo ... 95

8. Azioni sulla costruzione ... 95

8.1. Le azioni secondo le NTC18 ... 95

8.1.1.Azioni permanenti (G) ... 95

8.1.2.Azioni variabili ... 96

8.1.3.Azione sismica ... 103

8.1.3.1. Periodo di riferimento per l’azione sismica VR ... 104

8.1.3.2. Stati limite e relative probabilità di superamento ... 105

(5)

iii

8.1.3.4. Definizione dei parametri spettrali ... 106

8.1.3.5. Spettro di risposta elastico in accelerazione ... 108

8.1.3.6. Spettro di risposta di progetto ... 111

9. Modellazione strutturale, analisi sismica e progetto degli interventi per il miglioramento ... 113

9.1. Livello 1 di valutazione della sicurezza sismica ... 114

LV1: analisi qualitativa e valutazione con modelli meccanici semplificati 114 9.1.1.Modello semplificato: procedura SIVARS ... 115

9.2. Modello a macroelementi e il software 3DMacro ... 121

9.2.1.Analisi ... 133

9.2.2.Procedura di analisi push-over ... 135

9.3. Approccio al software e modellazione del caso studio ... 136

9.3.1.L’azione sismica nel programma 3DMacro ... 141

9.3.2.Caratteristiche dell’opera ... 144

9.3.3.Materiali impiegati ... 145

9.3.4.Normative di riferimento per il software 3DMacro ... 145

10. Modellazione e analisi del caso studio: i casi ... 147

10.1. Modello ABCD ... 148 10.1.1. Descrizione ... 148 10.1.2. Analisi push-over ... 149 10.1.2.1. Analisi push-over +X ... 149 10.1.2.2. Analisi push-over -X ... 153 10.1.2.3. Analisi push-over +Y ... 158 10.1.2.4. Analisi push-over -Y ... 164

10.1.3. Analisi modale e modi di vibrare ... 170

10.1.4. Verifica sismica dell’edificio... 171

10.1.4.1. Indicatori di rischio e stima di vulnerabilità ... 173

10.2. Modello ABC ... 175 10.2.1. Descrizione ... 175 10.2.2. Analisi push-over ... 176 10.2.2.1. Analisi push-over +X ... 176 10.2.2.2. Analisi push-over -X ... 180 10.2.2.3. Analisi push-over +Y ... 184 10.2.2.4. Analisi push-over -Y ... 190

10.2.3. Analisi modale e modi di vibrare ... 194

10.2.4. Verifica sismica dell’edificio... 195

(6)

iv 10.3. Modello AB ... 199 10.3.1. Descrizione ... 199 10.3.2. Analisi push-over ... 200 10.3.2.1. Analisi push-over +X ... 200 10.3.2.2. Analisi push-over -X ... 206 10.3.2.3. Analisi push-over +Y ... 211 10.3.2.4. Analisi push-over -Y ... 216

10.3.3. Analisi modale e modi di vibrare ... 221

10.3.4. Verifica sismica dell’edificio... 222

10.3.4.1. Indicatori di rischio e stima di vulnerabilità ... 224

10.4. Modello A ... 226 10.4.1. Descrizione ... 226 10.4.2. Analisi push-over ... 227 10.4.2.1. Analisi push-over +X ... 227 10.4.2.2. Analisi push-over -X ... 229 10.4.2.3. Analisi push-over +Y ... 231 10.4.2.4. Analisi push-over -Y ... 232

10.4.3. Analisi modale e modi di vibrare ... 234

10.4.4. Verifica sismica dell’edificio... 235

10.4.4.1. Indicatori di rischio e stima di vulnerabilità ... 237

10.5. Confronti ... 239

10.5.1. Analisi push-over (ABCD cfr. A) ... 239

10.5.2. Analisi push-over (ABC cfr. A) ... 241

10.5.3. Analisi push-over (AB cfr. A) ... 242

11. Progetto di intervento ... 244

11.1. Introduzione ... 244

11.2. Progetto architettonico ... 247

11.3. Progetto strutturale ... 249

11.3.1. Analisi blocco A ante/post operam ... 253

11.3.1.1. Push-over +X... 253

11.3.1.2. Push-over -X ... 254

11.3.1.3. Push-over +Y... 256

11.3.1.4. Push-over -Y ... 257

12. Conclusioni ... 260

12.1. I limiti dei metodi VAMs ... 260

12.2. Il problema degli edifici in aggregato ... 261

(7)

v

12.3.1. Analisi push-over, confronti PGA e TR ... 264

12.3.1.1. Push-over +X... 265

12.3.1.2. Push-over -X ... 268

12.3.1.3. Push-over +Y... 271

12.3.1.4. Push-over -Y ... 274

12.3.2. Analisi push-over Blocco A in ABCD ... 277

12.3.2.1. Push-over +X... 277

12.3.2.2. Push-over -X ... 278

12.3.2.3. Push-over +Y... 279

12.3.2.4. Push-over -Y ... 280

12.3.3. Analisi push-over Blocco A in ABC ... 281

12.3.3.1. Push-over +X... 281

12.3.3.2. Push-over -X ... 282

12.3.3.3. Push-over +Y... 283

12.3.3.4. Push-over -Y ... 284

12.3.4. Analisi push-over Blocco A in AB ... 285

12.3.4.1. Push-over +X... 285

12.3.4.2. Push-over -X ... 286

12.3.4.3. Push-over +Y... 288

12.3.4.4. Push-over -Y ... 289

12.3.5. Confronto analisi push-over Blocco A in AB, ABC, ABCD .... 291

12.3.5.1. Push-over +X... 291 12.3.5.2. Push-over -X ... 292 12.3.5.3. Push-over +Y... 292 12.3.5.4. Push-over -Y ... 293 12.3.6. Grafici ADRS ... 294 12.3.6.1. Push-over +X... 294 12.3.6.2. Push-over -X ... 294 12.3.6.3. Push-over +Y... 295 12.3.6.4. Push-over -Y ... 295 13. Bibliografia ... 296 14. Ringraziamenti ... 299 Allegato A ... 300 Allegato B ... 301 Allegato C ... 302 Allegato D ... 303 Allegato E ... 304

(8)

vi

Allegato F ... 305 Allegato G ... 306

(9)

1

1. Introduzione

L’intero territorio italiano è individuato come una delle aree a maggiore rischio sismico del bacino del Mediterraneo a causa della zona geografica che occupa, compresa nella fascia di convergenza tra la zolla africana e quella eurasiatica, che vanno a delineare una sismicità concentrata lungo la dorsale appenninica, in Calabria e Sicilia e in alcune aree settentrionali.

Tra il 1981 ed il 1984 i Decreti Ministeriali emanati dal Ministero dei Lavori Pubblici avevano classificato complessivamente il 45% della superficie del territorio nazionale, suddividendolo in tre categorie sismiche a diversa severità. Nel 2003 sono stati emanati i criteri di nuova classificazione sismica del territorio nazionale e sono state individuate quattro zone, a pericolosità decrescente, nelle quali è stato riclassificato il territorio nazionale.

In conseguenza a tale riclassificazione, risulta che tutto il territorio italiano sia classificato come sismico. Nondimeno, le città italiane sono caratterizzate da un patrimonio edilizio storico per la maggior parte costituito da edifici in muratura portante in aggregato, che possono anche essere di tipo misto muratura-calcestruzzo armato in alcuni casi, composti da una o più unità strutturali, non necessariamente omogenee, ma che interagiscono tra loro attraverso vincoli strutturali più o meno efficaci. Tali aggregati, appartenendo all’edificato storico, non sono stati progettati per far fronte ad azioni sismiche e in questo senso la vulnerabilità strutturale, e di conseguenza il rischio sismico, che ne deriva è molto maggiore rispetto ad un qualsiasi edificio progettato per far fronte alle azioni dinamiche.

Il rischio sismico, infatti, è definito come la combinazione di tre fattori: la pericolosità del territorio, la vulnerabilità strutturale e l’esposizione.

La pericolosità sismica di un territorio è strettamente legata al sito ed alle probabilità di accadimento in quel sito di un certo evento sismico di una certa intensità, in un certo periodo di tempo; secondo il Dipartimento della Protezione Civile Nazionale, la pericolosità sismica “è rappresentata dalla frequenza e dalla forza dei terremoti che lo interessano, ovvero dalla sua sismicità. Viene definita come la probabilità che in una data area ed in un certo intervallo di tempo si

(10)

2 verifichi un terremoto che superi una soglia di intensità, magnitudo o accelerazione di picco (Pga) di nostro interesse”1.

L’esposizione riguarda il valore della potenziale perdita in termini di vite umane, beni economici e culturali che si trovano all’interno dell’area o dell’edificio e che sono esposti al rischio.

Per vulnerabilità sismica, infine, si intende la predisposizione di una costruzione a subire danneggiamenti in seguito ad un evento sismico.

La valutazione della vulnerabilità sismica per gli edifici in aggregato risulta, quindi, primaria per un corretto inquadramento del rischio sismico relativo all’aggregato in oggetto, ed è dovuta sia alle caratteristiche meccaniche intrinseche dei materiali con cui è realizzata la struttura, sia alle tecnologie di esecuzione e di realizzazione adottate, sia alla particolare configurazione dell’aggregato.

Per la valutazione della vulnerabilità sismica possono essere adottate diverse metodologie e diversi livelli di approfondimento, in funzione delle informazioni e dei dati a disposizione per lo studio del caso in oggetto. È possibile individuare tre diverse categorie di metodi per la valutazione della vulnerabilità:

• Metodi empirici (o speditivi), riferibili a campioni di studio su scala territoriale;

• Metodi analitici (o meccanici), che prevedono lo sviluppo e lo studio di modelli numerici raffinati e che si applicano allo studio di un singolo edificio;

• Metodi ibridi, che rappresentano la combinazione dei due metodi sopra citati.

Nella prima parte di questo lavoro, dopo una breve panoramica sugli edifici in muratura e sul loro comportamento nei confronti dell’azione sismica, si è proceduto ad un approfondimento sul caso degli edifici in muratura in aggregato, andando ad affrontare la questione della sicurezza del fabbricato nei confronti dell’azione sismica e del comportamento dell’edificio in muratura nel particolare caso della configurazione strutturale in aggregato, con particolare attenzione nei confronti dello stato dell’arte della valutazione della vulnerabilità sismica degli edifici in aggregato. Successivamente, è stato affrontato un caso di studio, in cui sono state applicate le considerazioni e le osservazioni ottenute nella parte introduttiva.

(11)

3

2. Obiettivi della tesi

Gli aggregati edilizi in muratura caratterizzano la gran parte dei centri storici italiani e rappresentano nella maggior parte dei casi il risultato di uno sviluppo urbanistico non pianificato. L’analisi sismica di questi complessi strutturali non può prescindere dalle possibili interazioni derivanti dalla contiguità strutturale tra edifici adiacenti.

L’obiettivo del presente lavoro di tesi ha riguardato la verifica della sicurezza nei confronti dell’azione sismica del complesso in muratura2 noto come “Ex Salesiani”

a Pisa, attualmente polo bibliotecario afferente all’area umanistica e antichistica dell’Università di Pisa. Poiché il complesso oggetto di studio si inserisce nel fitto tessuto urbano del quartiere storico di Santa Maria, tale studio ha condotto alla valutazione del comportamento degli edifici in aggregato nei confronti dell’azione sismica considerando i vari aspetti che rendono peculiare questa particolare tipologia edilizia, tipica della maggior parte delle cittadine presenti sul territorio italiano.

La valutazione della vulnerabilità sismica è stata condotta con riferimento al livello di valutazione LV3 per mezzo dell’analisi statica non lineare (push-over), condotta col programma di calcolo 3DMacro.

Al fine di elaborare un modello di calcolo il più possibile coerente con la struttura reale, si è resa necessaria l’attuazione di una procedura multifase e multidisciplinare, che può essere riassunta e schematizzata come segue:

• fase 1: percorso conoscitivo e indagini in situ: lo studio è iniziato con una preliminare fase di conoscenza, finalizzata a definire la morfologia dell’edificio, dei materiali e delle tecniche costruttive, oltre a cercare di individuare le condizioni di vincolo fra gli elementi, tra le varie unità strutturali che compongono il complesso, considerando che l’edificio fa parte di un aggregato; non meno importante è stata la ricerca storica, catastale e bibliografica, mirata a delineare la storia dell’edificio e le fasi costruttive che si sono susseguite nel tempo. A questo proposito va sottolineato quanto fondamentale e necessaria sia stata la fase di indagini e la campagna di saggi

2

È necessario precisare che il suddetto complesso è il risultato di successivi interventi e modifiche, tra i quali l’inserimento di alcuni volumi in calcestruzzo armato.

(12)

4 condotta a partire da ottobre 2017 e terminata nel gennaio 2018, propedeutica alla fase di modellazione numerica: solo attraverso i saggi, infatti, è stato possibile conoscere in maniera approfondita la consistenza della struttura, la sua geometria, i particolari costruttivi e tutti gli elementi strutturali che la costituiscono, capire e ipotizzare le fasi costruttive ed i successivi interventi che hanno interessato il fabbricato nel corso degli anni e dei secoli, appurare la reale consistenza dell’immobile e di tutti i suoi componenti, per definire un quadro quanto più completo possibile della consistenza attuale e delle stratificazioni ed interventi che ad esso hanno condotto, fino a raggiungere le conoscenze minime per poter elaborare il modello numerico e di conseguenza condurre le analisi necessarie.

• fase 2: valutazione della vulnerabilità con metodi di Livello 3, cioè previa modellazione numerica con il software 3DMacro e valutazione della vulnerabilità in diverse configurazioni urbane. Al fine di poter elaborare tali valutazioni, è stato necessario simulare la struttura oggetto di studio mediante un software di modellazione numerica, 3DMacro3, mediante il quale poter condurre le analisi necessarie e fare le dovute considerazioni. L’analisi è stata svolta su più modelli: l’edificio isolato, l’edificio in varie configurazioni di aggregato, fino alla Chiesa di Santa Eufrasia. Al fine di poter valutare la struttura in aggregato e poter quindi modellare anche i fabbricati adiacenti a quello oggetto di studio, è stata richiesta ed acquisita, grazie alla collaborazione del personale dell’Ufficio Tecnico dell’Università di Pisa – Direzione Edilizia e Telecomunicazioni, la documentazione catastale e gli elaborati grafici relativi alla quasi totalità degli immobili interessati dalla modellazione degli edifici adiacenti: laddove non sia stato possibile reperire le piante di qualche unità immobiliare, è stata ipotizzata una distribuzione interna verosimile, a partire da considerazioni relative alla tipologia muraria e alla continuità delle partizioni verticali e dei maschi murari principali, avendo a disposizione le piante dei livelli inferiore e/o superiore. A partire da queste informazioni è stato possibile definire e realizzare il modello numerico con il software 3DMacro, condurre le dovute analisi ed elaborare le necessarie conclusioni,

(13)

5 finalizzate a stabilire in che grado ed in funzione di quali parametri possa variare la risposta sismica di un edificio che si trovi isolato oppure in aggregato, come quello del caso studio, ma anche in che termini e in che proporzioni l’aggregato influenzi la risposta sismica, e in che misura la disposizione degli edifici sia influente. Si è inoltre cercato di valutare l’influenza dell’aggregato e dei vari corpi di fabbrica sul comportamento globale dell’edificio, e conseguentemente il grado di vincolo da assegnare allo stesso in una modellazione isolata.

• fase 3: valutazione della vulnerabilità con metodi semplificati di Livello 2; • fase 4: confronto dei risultati e conclusioni.

(14)

6

3. Le costruzioni in muratura

3.1.

Introduzione

La muratura è uno dei più antichi materiali da costruzione e dal punto di vista morfologico si definisce come materiale composito, ottenuto mediante l’accostamento e la sovrapposizione di elementi lapidei, che siano pietre naturali o blocchi ricavati artificialmente, generalmente legati da malta, in cui ciascun componente conferisce al materiale la sua specificità.

Il materiale “muratura” si presenta in una vasta varietà tipologica, che è possibile classificare in funzione di:

• composizione, ovvero la configurazione di elementi lapidei e malta; • tessitura, ovvero la disposizione degli elementi resistenti;

• tecniche costruttive, associate all’epoca di realizzazione;

• zona geografica, collegata al tipo di materiale reperibile e al tipo di lavorazione, oltreché al tipo di composizione e tessitura tipici locali.

La risposta meccanica di questo materiale composito dipende da tutte queste variabili.

Il fattore geografico, così come quello storico, è un elemento di fondamentale importanza nel percorso della conoscenza di un manufatto esistente in muratura, dal momento che entrambe le caratterizzazioni, quella storica e quella geografica, permettono di pervenire ad alcune ipotesi temporali e/o di caratterizzazione dei materiali che sono intrinsecamente legate all’epoca di costruzione della struttura ed ai materiali locali e pertanto valide.

Nella muratura gli elementi sono disposti per strati successivi, in genere ad andamento orizzontale; ciò determina la formazione di giunti principali continui e di giunti secondari, al contatto tra due elementi adiacenti, discontinui in quanto opportunamente sfalsati. L’orientamento dei giunti principali è in genere ortogonale alle sollecitazioni di compressione; inoltre è evidente che i giunti principali diventano potenziali piani di discontinuità, con conseguenze sulla resistenza del solido murario, in presenza di sollecitazioni di trazione e taglio dovute all’azione sismica.

(15)

7 La costituzione della muratura nella sezione influenza la resistenza a compressione e il comportamento fuori dal piano; nel caso di murature a due o più paramenti, è significativa la presenza di elementi passanti che creino una connessione tra i due paramenti esterni (diatoni).

3.2.

Le tipologie murarie

Quando si parla di muratura si comprende una varietà di tecniche che si differenziano tra di loro per la qualità dei materiali utilizzati, per la tessitura, per la dimensione degli elementi e per le caratteristiche di comportamento. Tutte queste variabili rendono la muratura un materiale estremamente complesso, tanto che il comportamento di murature realizzate con gli stessi materiali può differire profondamente a causa della tessitura utilizzata o della dimensione degli elementi impiegati.

Tale classificazione riguarda anche le murature moderne nelle quali, anche se si riesce ad avere una maggiore standardizzazione dei materiali costituenti, è possibile avvalersi di tecniche costruttive diverse quali la muratura semplice, la muratura armata e quella intelaiata.

Si possono distinguere:

a) Strutture megalitiche, costituite da pochi grandi blocchi di pietra;

b) Murature a blocchi lapidei a secco, realizzate in assenza di connessioni di malta;

c) Murature a blocchi lapidei con connessioni di malta (in pietra squadrata, non squadrata, con tessitura regolare o irregolare);

d) Murature caotiche o miste; e) Murature a strati;

f) Murature listate;

g) Muratura di mattoni (in folio, ad una testa, a due teste, a tre teste, a quattro teste)

3.3.

Le caratteristiche meccaniche della muratura

(16)

8 a trazione minore rispetto a quella a compressione, ma comunque significativa. La malta presenta un comportamento elasto-fragile in trazione, con resistenza molto inferiore a quella degli elementi e comunque molto bassa; in compressione e taglio il suo comportamento è duttile e fortemente non lineare. La risposta meccanica dei giunti è fortemente influenzata dall’attrito e presenta forti non linearità. Le caratteristiche meccaniche della muratura dipendono non solo dai parametri di resistenza e deformabilità dei materiali costituenti, ma anche dai loro valori relativi (in particolare, i diversi moduli elastici degli elementi e della malta).

In definitiva, la muratura ed il suo comportamento meccanico sono caratterizzati principalmente da:

a) disomogeneità; b) anisotropia; c) asimmetria; d) non linearità.

La disomogeneità riguarda la differenza di comportamento da punto a punto, ed è una caratteristica intrinseca del materiale composito “muratura”, dovuta sia al fatto che la muratura è realizzata con materiali aventi caratteristiche meccaniche molto diverse tra loro, sia al comportamento che si rileva all’interfaccia fra elementi resistenti e giunti di malta.

L’anisotropia, ovvero il diverso comportamento nelle varie direzioni, è una caratteristica anch’essa intrinseca delle murature, dovuta alla configurazione degli elementi resistenti, alla percentuale e alla disposizione dei fori.

L’asimmetria è legata alla diversa prestazione che il materiale manifesta nel caso di sforzo di compressione e di trazione, sia per quanto riguarda i singoli elementi, sia a livello globale.

La non linearità fa riferimento al legame costitutivo sforzi-deformazioni per i vari stati di sollecitazione.

Nei modelli di calcolo e più in generale nello studio e nella trattazione numerica del materiale “muratura” si farà riferimento ad un modello che rappresenti il materiale come continuo omogeneo equivalente, in cui la definizione di tale modello è resa legittima qualora le dimensioni del campione di materiale sono tali da contenere molte eterogeneità che, a loro volta, risultano essere molto piccole se rapportate alle

(17)

9 dimensioni del campione stesso. L’utilizzo di questi macromodelli riduce l’onore computazionale del calcolo a scapito di una minore accuratezza nella riproduzione del comportamento a rottura del materiale.

Sia i blocchi lapidei che la malta sono caratterizzati da una buona resistenza a compressione e da una scarsa o del tutto trascurabile resistenza a trazione, sebbene la malta presenti tensioni di rottura e modulo elastico inferiori a quelle dei blocchi; inoltre il blocco è caratterizzato da una rottura di tipo fragile, mentre la malta presenta rottura duttile.

Figura 1 - comportamento meccanico della muratura

È evidente che, in conseguenza delle suddette caratteristiche, il materiale composito che deriva dall’assemblaggio degli elementi lapidei con la malta avrà un comportamento meccanico intermedio tra quelli dei suoi elementi costituenti. In funzione delle qualità dei suoi componenti, la resistenza di una muratura varia, anche se non in maniera proporzionale. Se siamo in presenza di una malta di buona qualità, la resistenza della muratura aumenta molto velocemente all’aumentare della resistenza degli elementi; più lentamente se la malta è scadente. All’aumentare della resistenza della malta, la resistenza della muratura aumenta molto più lentamente. Infine, la resistenza della muratura diminuisce all’aumentare dello spessore dei giunti di malta. Il diverso comportamento deformativo dei due componenti genera nella muratura uno stato di autotensioni che ne migliorano il comportamento globale. In questo modo le caratteristiche della muratura non coincidono con quelle della sua componente più debole, la malta. È opportuno comunque limitare lo spessore dei giunti che sarà comunque funzione del tipo di elementi utilizzati per la muratura.

(18)

10

3.3.1. Comportamento a compressione

Un pannello in muratura soggetto a compressione in direzione normale ai letti di malta manifesta la crisi in corrispondenza di uno sviluppo progressivo di lesioni negli elementi resistenti, parallelamente alla direzione di applicazione del carico: ciò avviene in conseguenza del fatto che, al momento dell’applicazione della compressione sul pannello, si innescano sforzi di trazione ortogonali a quelli di compressione, dovuti allo stato di coazione che si instaura tra la malta e il blocco, come conseguenza diretta del loro diverso comportamento deformativo.

Figura 2 - comportamento della muratura in una prova di trazione-compressione

Sottoponendo la muratura ad una compressione uniforme, tutti gli elementi, malta e laterizio, sono soggetti alla stessa tensione verticale (Figura 3). La malta, avendo un modulo elastico minore di quello del laterizio, presenta una deformazione maggiore sia in direzione di applicazione del carico che in direzione trasversale. Per la congruenza delle deformazioni all’interfaccia tra laterizio e malta, si avrà la formazione di uno stato di compressione triassiale di confinamento nella malta, mentre nel laterizio si genera una trazione in senso ortogonale alla direzione di applicazione del carico.

(19)

11

Figura 3 - compressione monoassiale della muratura e tensioni negli elementi

Questa configurazione di tensioni spiega il motivo per cui la crisi di una muratura soggetta ad una compressione uniforme avvenga con fessure da trazione in direzione parallela all’asse di carico e in particolare si evidenzia come la crisi avvenga per valori di carico inferiori a quelli di rottura del singolo elemento in laterizio, mentre avviene per valori maggiori dei limiti di resistenza a compressione monoassiale della malta.

In definitiva si ha che la resistenza a compressione del materiale muratura è in genere inferiore alla resistenza a compressione dei singoli elementi resistenti, ma viceversa può risultare molto maggiore della resistenza a compressione della malta.

Il criterio di rottura può essere valutato seguendo diversi approcci basati: • sulla distribuzione elastica dello sforzo (proposto da Hendry, Tassios,

Atkinson e Noland);

• sull’analisi limite (proposto da Hilsdorf); • su formulazioni empiriche.

Il metodo utilizzato per la progettazione e la verifica delle costruzioni in muratura è quello basato sulle formulazioni empiriche; in tali formulazioni la valutazione della resistenza tiene conto della dispersione di tale grandezza ed introduce valori cautelativi basati su principi probabilistici.

La formulazione adottata in Europa, proposta dall’Eurocodice 6, per valutare la resistenza caratteristica a compressione della muratura (fk), valore corrispondente

(20)

12 al frattile del 5% di tutte le misure di resistenza della muratura, si basa sulla seguente espressione:

𝑓𝑘 = 𝑘 ∙ 𝑓𝑏𝛼∙ 𝑓𝑚 𝛽

in cui:

• 𝑓𝑏 e 𝑓𝑚 sono rispettivamente la resistenza a compressione dei blocchi e della

malta;

• 𝛼 e β valgono rispettivamente 0,65 e 0,25;

• 𝑘 è un coefficiente che dipende dagli elementi che costituiscono la muratura. Il comportamento deformativo in compressione monoassiale semplice di un pannello in muratura presenta andamento non lineare e, nel tratto ascendente, può essere approssimato ad una relazione tensione – deformazione di tipo parabolico riportata di seguito: 𝜎 𝑓𝑢 = 2 (𝜀 𝜀0 ) − (𝜀 𝜀0 ) 2

Figura 4 – diagramma tensione – deformazione

3.3.2. Comportamento a trazione

La crisi per trazione in un pannello murario può essere determinata dalla rottura del giunto a causa di una frattura all'interno del giunto, oppure per decoesione all'interfaccia tra l’elemento e la malta.

La resistenza a trazione della muratura è caratterizzata da estrema aleatorietà, legata principalmente all’incompleto riempimento dei giunti e all’assorbimento

(21)

13 dell’acqua di impasto da parte degli elementi (che riduce l’idratazione del legante all’interfaccia con conseguente riduzione della resistenza); per tale motivo la resistenza a trazione viene spesso trascurata nei calcoli.

La resistenza a trazione, in una direzione qualsiasi (diversa da quella normale ai letti di malta), per quanto possa essere aleatoria, non è mai nulla e, al contrario, risulta fondamentale per la diffusione dei carichi e per la resistenza a flessione fuori piano. La resistenza in direzione orizzontale è garantita dall’attrito che si instaura all’interfaccia tra i giunti di malta orizzontali ed i blocchi; l’attrito che è strettamente legato alla tessitura della muratura e all’entità dello sforzo normale di compressione ortogonale ai letti di malta.

3.4.

L’edificio in muratura nella condizione sismica

Le strutture in muratura hanno un’ottima capacità sopportare i carichi verticali, che derivano dai pesi propri e dai carichi variabili, ma non vale lo stesso per quanto riguarda le azioni orizzontali, in particolare l’azione sismica.

La risposta sismica di una struttura in muratura non dipende unicamente dal materiale impiegato, ma anche da diversi aspetti tecnologici, ed in particolare dai collegamenti tra gli elementi strutturali. Le costruzioni storiche in muratura, infatti, sono generalmente costituite da sistemi più o meno complessi di pareti e orizzontamenti (solai lignei, volte). Le pareti possono essere considerate come elementi strutturali bidimensionali, che per la scarsa resistenza a trazione della muratura presentano una risposta molto diversa ad azioni orizzontali nel piano e fuori dal piano.

Gli elementi costituenti gli edifici in muratura possono essere suddivisi in tre categorie, ognuna con una precisa funzione strutturale:

• i muri portanti, che svolgono la funzione di portare i carichi verticali; • i muri di controvento, che devono far fronte alle azioni orizzontali; • i solai, che trasmettono le azioni alle murature sottostanti.

I muri portanti assolvono anche il compito di controvento nel caso in cui le azioni orizzontali agiscano nel loro piano e la loro resistenza nei confronti dei carichi orizzontali è influenzata positivamente dalla presenza del carico verticale. Una parete muraria isolata ha una buona capacità di far fronte ad azioni orizzontali

(22)

14 agenti nel proprio piano e quindi idonea a esplicare la funzione di parete di controvento. Viceversa, una parete in cui le azioni orizzontali siano dirette ortogonalmente al proprio piano, nei confronti delle quali le pareti risultano essere molto deboli, risulta soggetta alla formazione di meccanismi di ribaltamento. Per un corretto funzionamento di una struttura in muratura durante un evento sismico, quindi, gli elementi che la costituiscono devono essere ben collegati tra di loro in modo da scongiurare l’attivazione di meccanismi di crisi fuori piano degli elementi murari, facendo in modo che le pareti che compongono la struttura facciano fronte alle azioni sismiche grazie al loro funzionamento nel piano. La qualità della risposta globale è funzione sia del corretto dimensionamento delle pareti sia della capacità del sistema di trasferire le azioni tra tali elementi. L’efficacia dei collegamenti tra pareti verticali è principalmente legata all’ammorsamento nelle zone di connessione; inoltre, un contributo significativo può derivare dalla presenza di catene metalliche o di altri dispositivi puntuali. L’efficacia dei collegamenti tra le pareti e i solai è funzione del sistema di appoggio (dimensione della superficie d’appoggio, sagomatura della testa delle travi, connessioni metalliche).

Un buon ammorsamento tra gli elementi resistenti permette alla struttura di sviluppare una risposta globale, caratterizzata da comportamento scatolare, con una conseguente ridistribuzione delle sollecitazioni indotte dal sisma su più elementi. La carenza di ammorsamento tra gli elementi resistenti genera una risposta indipendente delle pareti che potranno mostrare dei meccanismi di danno che saranno affrontati nel paragrafo successivo.

3.4.1.

I meccanismi di collasso

La classificazione dei danni alle strutture degli edifici in muratura è affiancata da una interpretazione di tali danni, al fine di editare un repertorio dei possibili meccanismi di crisi e delle loro manifestazioni. L’attivazione di un meccanismo piuttosto di un altro è influenzata dalle combinazioni di diversi fattori, tra cui le caratteristiche geometriche del pannello, la snellezza del pannello, l’entità dei carichi verticali e le caratteristiche del materiale esaminato.

(23)

15 - Meccanismi globali, ovvero quei meccanismi che interessano la struttura nel suo complesso. Tali meccanismi si attivano qualora una porzione più o meno estesa degli elementi strutturali adibiti a resistere all’azione sismica attinga ad un determinato stato limite, definito secondo normativa, quali collasso per presso-flessione, taglio-trazione, taglio-scorrimento, che di solito compromettono la capacità portante nei confronti delle azioni sia statiche sia sismiche;

- Meccanismi locali, altresì indicati come meccanismi fuori piano (o meccanismi di primo modo) si manifestano attraverso un cinematismo fuori dal piano di una o più pareti della scatola muraria che, soggetta ad azioni sismiche, perde la propria configurazione originaria. L’insorgere di un tale meccanismo denota nella maggior parte dei casi un cattivo o assente ammorsamento fra i muri di facciata e quelli ad essi ortogonali, in alcuni casi aggravato dalla spinta di eventuali volte o coperture;

- disgregazione della tessitura muraria, che si manifesta sulle murature quando ci si trova in presenza di un legante di scarsa qualità e specialmente nelle murature a sacco, cioè quando i paramenti che costituiscono il pannello murario non sono ben ammorsati tra loro. Tale danneggiamento comporta lo sganciamento del paramento esterno e l’espulsione dello stesso.

3.4.1.1.

I meccanismi globali

I meccanismi globali (o nel piano, o meccanismi di secondo modo) sono dovuti a crisi per taglio o a crisi per pressoflessione e sono riconducibili a tre modalità di collasso (Figura 5):

- rottura per pressoflessione, in cui il collasso è governato dallo schiacciamento della muratura al lembo compresso delle sezioni estreme; - rottura per taglio - trazione: il meccanismo è governato dalla formazione e

dallo sviluppo di fessure diagonali, le quali possono seguire l’andamento dei giunti di malta o interessare il blocco stesso;

- rottura per taglio - scorrimento: meccanismo correlato alla formazione di fessure orizzontali nei giunti di malta; meccanismo favorito da bassi livelli di compressione della parete e bassi valori del coefficiente di attrito.

(24)

16

Figura 5 - Modalità di rottura per azioni orizzontali: (a) scorrimento, (b) fessurazione diagonale, (c) schiacciamento.

La rottura che ha luogo in seguito al raggiungimento del taglio massimo prevede il manifestarsi di un quadro fessurativo sui pannelli murari che varia a seconda che l’azione tagliante provochi delle lesioni inclinate diagonalmente, che nel caso di azioni cicliche assumono una configurazione ad X, o lo scorrimento di un pannello murario sull’altro, in seguito al quale ha luogo la formazione di fessure orizzontali, solitamente in corrispondenza dei letti di malta.

Le fessure diagonali possono interessare prevalentemente i letti di malta, oppure possono coinvolgere i blocchi che costituiscono la muratura.

Le vari tipologie di danneggiamento elencati possono manifestarsi sia per gli effetti del sisma sui singoli elementi danneggiati, sia per interazione tra diversi elementi strutturali dello stesso edificio o per interazione tra edifici adiacenti.

La rottura per scorrimento si ha in genere per bassi valori di sforzo normale e la rottura avviene per cedimento a taglio dei giunti (Figura 5.a).

La rottura per fessurazione diagonale avviene perché la tensione principale di trazione supera la resistenza della muratura: questa rottura avviene in genere per valori intermedi di sforzo normale (Figura 5.b). Le fessure possono seguire l’andamento dei giunti di malta o coinvolgere gli elementi in laterizio a seconda delle caratteristiche dei materiali e dalla tessitura.

La rottura per schiacciamento avviene quando la massima tensione di compressione verticale alla base del muro raggiunge la resistenza a compressione della muratura (Figura 5.c). Questo tipo di crisi si ha per uno sforzo normale di elevata entità. Ai meccanismi di collasso è possibile associare altrettanti criteri di resistenza che permettono di definire il dominio di rottura per il pannello di muratura, in funzione della resistenza a compressione ed a taglio:

(25)

17 a) Rottura per pressoflessione (schiacciamento)

La condizione di rottura per pressoflessione corrisponde allo schiacciamento della muratura al lembo compresso, che è valutabile attraverso l’espressione:

𝑉𝑚𝑎𝑥𝐻0= 𝑃𝑒𝑖𝑛𝑓 = 𝑀𝑢= 𝑃 𝐷

2 (1 − 𝑝 𝑘 𝑓𝑢)

in cui:

• 𝐷 è la lunghezza della sezione normale del maschio murario; • 𝑝 = 𝑃

𝐷 ∙ 𝑡 , compressione verticale media sulla sezione dovuta alla forza

assiale P;

• 𝑓𝑢 è la resistenza a compressione della muratura;

• 𝑘 è un coefficiente che tiene conto della distribuzione degli sforzi nella zona compressa e si pone pari a 0,85;

• 𝐻0 è l’altezza corrispondente alla distanza della base dalla sezione di

momento nullo.

Supponendo la muratura infinitamente resistente a compressione, l’espressione precedente fornisce la condizione di ribaltamento per un blocco rigido:

𝑉𝑚𝑎𝑥 𝐻0= 𝑃 𝐷

2

da cui è possibile ricavare il corrispondente valore di taglio massimo:

𝑉𝑚𝑎𝑥= 𝑃 𝐷

2 𝐻0 =

𝑀𝑢

𝐻0

(26)

18 b) Rottura per taglio con fessurazione diagonale

La condizione di rottura per taglio diagonale si raggiunge quando il taglio agente sul pannello raggiunge il valore ultimo 𝑉𝑢, inteso come il minore tra il valore

associato alla fessurazione diagonale per cedimento dei giunti di malta, a cui corrisponde una tensione tangenziale limite 𝜏𝑤𝑠, e quello relativo alla rottura dei conci, a cui corrisponde una tensione tangenziale limite 𝜏𝑏.

Inoltre, si assume che il valore del taglio ultimo 𝑉𝑢 corrisponda al 90% del valore

del taglio massimo 𝑉𝑚𝑎𝑥, a sua volta dato da:

𝑉𝑚𝑎𝑥 = D ∙ t ∙ 𝜏𝑢 in cui: 𝜏𝑢 = 𝑚𝑖𝑛 { 𝜏𝑤𝑠 = 𝑐 + 𝜇𝑝 1 + 𝛼𝑣 𝜏𝑏 = 𝑓𝑏𝑡 2,3 (1 + 𝛼𝑣)√1 + 𝑝 𝑓𝑏𝑡 con:

• 𝑐 e 𝜇 , rispettivamente i valori della coesione e del coefficiente d’attrito; • 𝛼𝑉 =

𝑀

𝑉 𝐷 , rapporto di taglio;

• 𝑝 = 𝑃

𝐷 ∙ 𝑡 , compressione verticale media sulla sezione dovuta alla forza

assiale P;

• 𝑓𝑏𝑡 , resistenza a trazione dei mattoni.

In alternativa al precedente criterio è possibile considerare quello proposto da Turnšek e Cacovic, i quali ipotizzarono che la rottura per taglio, con fessurazione diagonale, sia strettamente legata al valore limite dello sforzo principale di trazione 𝑓𝑡𝑢: tale valore sarà assunto come resistenza a trazione convenzionale della muratura.

Tali ipotesi portano a trascurare l’anisotropia della muratura, ottenendo il notevole vantaggio di poter utilizzare un singolo parametro di resistenza 𝑓𝑡𝑢; l’espressione proposta da Turnšek e Cacovic per valutare la resistenza al taglio è la seguente:

𝑉𝑢 = 𝑓𝑡𝑢 𝐷𝑡

𝑏 √1 +

𝑝 𝑓𝑡𝑢

(27)

19 con:

• 𝑏 coefficiente variabile col rapporto di forma del pannello (H/D) • 𝑝 = 𝑃

𝐷 ∙ 𝑡 compressione verticale media sulla sezione dovuta alla forza

assiale P;

• 𝑓𝑡𝑢 è la resistenza a trazione convenzionale della muratura. c) Rottura per taglio scorrimento

La condizione di rottura per taglio scorrimento è legata a bassi livelli di compressione del pannello, la crisi ha luogo lungo i giunti di malta in direzione orizzontale. La resistenza a taglio per scorrimento della muratura viene valutata utilizzando il criterio di resistenza proposto da Mohr-Coulomb, attraverso l’espressione riportata di seguito:

𝜏 = 𝑐 + 𝜇𝑝

La resistenza a taglio della muratura si ottiene moltiplicando la resistenza a taglio unitaria per l’area della zona compressa del pannello, nell’ipotesi di muratura non resistente a trazione; l’espressione della resistenza a taglio che ne deriva è:

𝑉𝑢 = 𝐷′∙ 𝑡 ∙ 𝜏 con:

• 𝑐 e 𝜇 rispettivamente i valori della coesione e del coefficiente d’attrito; • 𝑡 , spessore del pannello;

• 𝑝 = 𝑃

𝐷 ∙ 𝑡 è la compressione verticale media sulla sezione dovuta alla forza

assiale P;

• D’ è la lunghezza della zona reagente.

Figura 7 - Schematizzazione per valutare la lunghezza reagente D’ nel caso in cui la compressione del pannello risulti eccentrica.

(28)

20 La lunghezza della zona reagente (D’) della sezione soggetta ad un’azione assiale P, avente un’eccentricità maggiore di D/6 (per la quale si ha la parzializzazione della sezione reagente), può essere valutata, nell’ipotesi di distribuzione lineare delle compressioni, attraverso la relazione riportata di seguito:

𝐷

= 𝛽𝐷 = 3 (

1

2

𝑉

𝑃

𝛼

𝑣

) 𝐷 = 3 (

1

2

𝑉𝐻

0

𝑃𝐷

) 𝐷

dove:

• 𝛽 è il coefficiente riduttivo della lunghezza del pannello; • 𝛼𝑉 = 𝑀

𝑉 𝐷 , rapporto di taglio;

• 𝑀 = 𝑃 ∙ 𝑒 è il momento legato all’eccentricità del carico assiale agente sul pannello.

Il valore ultimo della resistenza a taglio unitaria, da moltiplicare per l’intera sezione di base del pannello, risulta:

𝑉𝑢 = 𝐷′∙ 𝑡 ∙ 𝜏𝑢,𝑠 in cui:

𝜏𝑢,𝑠 =

1,5 ∙ 𝑐 + 0,4 ∙ 𝑃 1 +3𝑐𝑝 + 𝛼𝑣

Nella figura che segue è qualitativamente rappresentato il dominio di resistenza nel piano 𝜎 − 𝜏 delimitato dalle curve che rappresentano i tre meccanismi di rottura appena descritti.

Figura 8 - dominio di rottura della muratura: (a) taglio scorrimento, (b) fessurazione diagonale, (c) pressoflessione (schiacciamento).

(29)

21

3.4.1.2.

I meccanismi locali

I danni rilevati sulle strutture murarie in seguito ad eventi sismici hanno dimostrato che il sisma tende ad inficiare le parti strutturali e le soluzioni tecnologiche più deboli del manufatto edilizio. A differenza di quanto avviene nelle strutture a telaio, la carenza o la totale mancanza di ammorsamenti e connessioni tra gli elementi strutturali degli edifici in muratura realizzati in assenza di norme specifiche, conducono al manifestarsi di situazioni di collasso parziale per perdita di equilibrio di alcune parti della struttura. Per questo motivo, la valutazione della sicurezza degli edifici in muratura esistenti va eseguita, oltre che con riguardo al comportamento sismico globale, anche e soprattutto prendendo in considerazione i possibili meccanismi locali di collasso. Tale valutazione può risultare tanto più valida e affidabile, quanto più approfondita risulti la conoscenza delle caratteristiche costruttive degli edifici da analizzare: anche la modellazione strutturale deriva direttamente dalla conoscenza della struttura e delle sue caratteristiche, e a partire da una corretta modellazione della struttura è possibile conseguire una corretta valutazione di sicurezza.

Gli edifici in aggregato, come già visto, sono frutto di trasformazioni successive nel tempo che possono rendere incerta ed inadeguata una analisi condotta in termini di risposta globale4. In tali edifici è necessario ricercare la presenza degli elementi caratteristici di vulnerabilità, legati a:

• la qualità della connessione tra le pareti murarie e gli orizzontamenti; • la qualità della tessitura muraria;

• alle interazioni con gli edifici adiacenti.

In questo modo, sulla base della conoscenza del comportamento sismico di strutture analoghe e dallo studio del quadro fessurativo e dei dissesti prodotti da eventi sismici passati, è possibile effettuare una previsione degli incipienti meccanismi di collasso. I più frequenti meccanismi di collasso fuori dal piano possono essere classificati in:

- ribaltamento semplice; - ribaltamento composto;

4Beolchini G. C., Milano L., Antonacci E. (A cura di). Repertorio dei meccanismi di danno, delle tecniche di

intervento e dei relativi costi negli edifici in muratura – Definizione di modelli per l’analisi strutturale degli edifici in muratura, Volume II – Parte prima. Convenzione di Ricerca con la Regione Marche; Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto per la Tecnologia delle Costruzioni – Sede di L’Aquila; Dipartimento di Ingegneria delle Strutture, delle Acque e del Terreno (DISAT) – Università degli Studi di L’Aquila, 2005.

(30)

22 - flessione verticale;

- flessione orizzontale.

a) Meccanismi di ribaltamento semplice

Il ribaltamento semplice di pareti esterne degli edifici dovuto all’azione sismica rappresenta una situazione di danno tanto frequente per quanto pericolosa. Si può schematizzare come rotazione rigida, attivata da sollecitazioni agenti perpendicolarmente al piano della parete, di porzioni di parete attorno ad una cerniera cilindrica orizzontale situata alla base. Tale situazione si verifica quando la parete investita dall’azione sismica risulta libera in sommità e non ammorsata alle pareti ad esso ortogonali, unitamente all’assenza di dispositivi di collegamento quali catene o cordoli: il collasso si manifesta nella parete ortogonale alla direzione del sisma. In un edificio che abbia subìto questo tipo di meccanismo è possibile rilevare la presenza di lesioni verticali in corrispondenza dell’intersezione tra il pannello ribaltante e le murature ad esso ortogonali, oppure dallo sfilamento di travi all’incastro con il muro. Tale meccanismo può interessare uno o più piani dell’edificio in funzione del grado di connessione tra solai e pareti ai vari livelli, e per questo motivo bisogna valutare la formazione di cerniere nei diversi punti; va, inoltre, sottolineato che - nel caso di pareti realizzate affiancando due cortine murarie - è possibile che si verifichi il ribaltamento della sola cortina esterna al raggiungimento di un moltiplicatore di collasso minore di quello che sarebbe attinto nel caso di parete solidale.

(31)

23 b) Meccanismi di ribaltamento composto

Si intendono comprese in questo gruppo tutte quelle situazioni in cui al ribaltamento della parete ortogonale alla direzione dell’azione sismica si accompagna il trascinamento di una porzione di struttura muraria appartenente ad un’angolata libera oppure a pareti di spina. Questo si verifica quando sussistono connessioni tra le murature che confluiscono in un nodo tali da determinare il coinvolgimento di parti di esse nel ribaltamento, oltre all’assenza di vincoli in sommità della parete ribaltante. In genere si tratta di murature costruite in uno stesso momento oppure che hanno subito interventi di consolidamento, pur senza un efficace collegamento in testa alla parete ribaltante.

Inoltre, in relazione alla presenza di solai rigidi o non rigidi nel loro piano, è possibile definire una diversa configurazione del cuneo di distacco nella parete coinvolta nel ribaltamento: nel caso in cui siano presenti solai tradizionali privi di soletta armata, il meccanismo di ribaltamento della facciata è in genere accompagnato dal distacco di un cuneo diagonale della parete ortogonale; se invece i solai sono dotati di soletta armata, il meccanismo di ribaltamento composto determina il trascinamento di un cuneo a doppia diagonale nella parete di controvento.

È opportuno evidenziare che questo meccanismo è fortemente influenzato anche dal tipo di muratura, dalla presenza di dispositivi di connessione ai vari livelli e dalla presenza di aperture nelle pareti di controvento, da cui dipendono in particolare le dimensioni e la forma del cuneo di distacco.

(32)

24 c) Meccanismi di flessione verticale

Una situazione ricorrente negli edifici in muratura è rappresentata da una cortina muraria vincolata agli estremi, ma non nelle zone intermedie: tale situazione si può presentare nel caso in cui in sommità sia presente un cordolo, ma nessuna connessione del genere si trovi ai livelli intermedi, e può interessare uno o più piani dell’edificio, in relazione alla presenza di vincoli agli orizzontamenti, aperture o spinte localizzate, delle diverse geometrie dei macroelementi. In una tale configurazione la presenza in sommità di un efficace dispositivo di connessione impedisce il ribaltamento della parete verso l’esterno, ma questa può comunque collassare per instabilità verticale sotto l’effetto dello scuotimento orizzontale. Infatti, la struttura muraria sopporta gli sforzi di flessione indotti dalle azioni ortogonali al suo piano solo se lo sforzo normale mantiene la risultante interna alla sezione trasversale; in caso contrario si va a formare una cerniera cilindrica orizzontale che consente l’innesco del cinematismo per flessione verticale. Tale meccanismo è favorito da una scadente qualità della muratura e da spinte orizzontali localizzate, come quelle generate dalla presenza di archi, volte o sistemi spingenti, mentre la parte in sommità si verificherà un trattenimento efficace grazie, ad esempio, a tiranti metallici, cordoli e solette ben ammorsati al paramento murario verticale. In un edificio interessato da questo tipo di azioni, il danneggiamento si presenta con dei fuori piombo della parete. In genere un meccanismo di flessione verticale richiede un valore più elevato del moltiplicatore necessario ad attivare un meccanismo di ribaltamento semplice.

(33)

25 d) Meccanismi di flessione orizzontale

In presenza di panelli murari efficacemente vincolati alle pareti ortogonali con il lato sommitale non trattenuto da alcun dispositivo di connessione, si assiste spesso ad un tipo di crisi riconducibile al comportamento flessionale nel piano orizzontale del solido murario. La risposta strutturale della parete si manifesta in questi casi come un effetto arco orizzontale all’interno della parete: in particolare, la spinta H trasmessa dal solaio o dalla copertura in testa alla struttura muraria si scarica sulla parete di facciata fino ad arrivare ad interessare le pareti ortogonali. L’attivazione del meccanismo è preceduta dalla formazione di un arco orizzontale nello spessore del muro; nella condizione limite di equilibrio si formano tre cerniere, una in mezzeria e due in prossimità dell’intersezione tra la parete in esame ed i muri ad essa ortogonali. Il collasso si manifesta quando la parete non trova elementi strutturali in grado di fornire reazioni alla spinta H e l’evoluzione del meccanismo di collasso dipende dalla capacità dei muri laterali di sopportare le spinte H degli archi.

Se la parete non trova elementi di contrasto capaci di fornire una reazione pare ed opposta alla spinta H, allora lo schema isostatico di arco a tre cerniere diventa labile appena queste si trovino allineate.

La situazione descritta è tipica delle pareti trattenute da tiranti ed è favorita dalle spinte in testa al muro, dovute alla presenza di una copertura spingente o all’azione di martellamento degli elementi di grossa orditura del tetto, e da una ridotta resistenza a trazione della muratura.

(34)

26

3.5.

Criteri di modellazione della muratura

Il modello di calcolo non è altro che una rappresentazione schematica numerica in cui si simula la struttura che si va ad analizzare, a partire dalla geometria e dal materiale di cui è costituita, oltre alle azioni che su di essa agiscono. Al fine di ottenere risultati verosimilmente attendibili, affidabili e aderenti alla struttura reale, il modello deve essere quanto più fedele al comportamento reale dell’edificio modellato.

In materia di modellazione numerica, a partire dagli anni '70 sono stati elaborati diversi metodi di calcolo basati, da un lato, sull'analisi limite, dall'altro sull'analisi elastica e post‐elastica.

È possibile modellare un edificio in muratura mediante l’impiego di diversi modelli, i quali si raggruppano in due categorie:

• Modellazione a elementi finiti • Modellazione a macroelementi

I metodi di modellazione a elementi finiti sono caratterizzati da un elevato onere computazionale, da una complessa calibrazione dei parametri meccanici e da una schematizzazione del continuo attraverso elementi finiti monodimensionali, ai quali sono associati legami costitutivi con diverso comportamento a trazione e a compressione. D’altronde, questo tipo di modellazione permette la schematizzazione di qualunque geometria e non prescinde da valutazioni di tipo puntuali.

Questo tipo di modellazione si suddivide in due tipologie:

- Modelli con continui omogenei, in cui la muratura è schematizzata come solido omogeneo, a partire dal calcolo di caratteristiche equivalenti;

- Micro-modelli, in cui la muratura non è considerata come solido equivalente, ma i suoi elementi costitutivi sono discretizzati e quindi modellati in maniera separata, mantenendo separate le caratteristiche meccaniche. In questo caso l’onere computazionale è ancora più elevato. I metodi a macroelementi si distinguono da quelli agli elementi finiti per un minore onere di calcolo e forniscono una migliore previsione del comportamento globale dell’edificio, dal momento che prescindono da valutazioni puntuali.

(35)

27 Il modello dell’edificio analizzato viene ottenuto mediante l’assemblaggio di macro‐elementi rappresentativi di intere porzioni di muratura come maschi murari, fasce di piano e nodi. I gradi di libertà dell’intero modello risultano in questo modo in quantità minore rispetto ad un equivalente modello agli elementi finiti.

I principali metodi di modellazione a macroelementi proposti in letteratura sono: • Metodo POR (Turnšek e Čačovič);

• Metodo SAM a telaio equivalente (Magenes et al.);

• Metodo TreMuri a telaio equivalente (Lagomarsino et al.);

• Modello non reagente a trazione o a ventaglio (Braga, Liberatore et al.); • Modello PEFV o a geometria variabile (D’Asdia e Viskovic)

• Modello a quadrilateri articolati (Caliò et al.)

4.

Analisi della vulnerabilità sismica di edifici esistenti

4.1.

La vulnerabilità sismica

È possibile definire la vulnerabilità sismica di un edificio “come un indicatore sintetico, quantitativo e qualitativo, delle sue caratteristiche strutturali, che consente di spiegare il grado di danno per un determinato livello di azione sismica”5.

Altre definizioni sono state elaborate da studiosi e ricercatori, ognuno dei quali ha definito la vulnerabilità mettendo in stretta relazione l’evento sismico e la sua intensità, con la particolare predisposizione della struttura ad essere danneggiata da tale evento. È evidente infatti che la stima del danno che un manufatto può subire in seguito ad un evento sismico è funzione sia dell’intensità del sisma, sia della propensione della struttura stessa a non essere in grado di far fronte a tale intensità e quindi ad essere danneggiata.

Anche per quanto riguarda la definizione di danno, il quadro risulta abbastanza complesso. In generale il danno può essere identificato come una modifica allo stato iniziale del manufatto che inficia le sue funzionalità e le sue prestazioni iniziali:

5

Colombini S., La vulnerabilità sismica di edifici esistenti in cemento armato e in muratura. Dalle indagini sui materiali alla modellazione, dalle analisi pushover alle verifiche di vulnerabilità: background scientifico, indicazioni normative ed applicazioni pratiche, Roma: EPC Editore; 2014

(36)

28 ovviamente, maggiore sarà il deficit e maggiore sarà il grado di danno che la struttura ha subìto.

Più nel dettaglio, il danno si identifica come somma di diversi aspetti, ciascuno costituente un elemento fondamentale durante la piena funzionalità della struttura. Dal punto di vista economico, si può configurare come danno la perdita di valore del manufatto che segue all’evento sismico e quindi il costo per ripristinare lo stato precedente al sisma; inoltre, fanno parte del danno economico anche le perdite finanziarie dovute alla sospensione d’uso della struttura. Dal punto di vista strutturale, il danno è univocamente identificabile come la diminuzione di sicurezza che l’evento sismico ha causato, andando a colpire e a danneggiare gli elementi strutturali, i quali possono aver affrontato per nulla, in parte o del tutto la forza dinamica. A livello superficiale, è possibile rilevare danni anche non strutturali, come per esempio la rottura di elementi impiantistici, o di finitura, che inficiano soltanto l’aspetto estetico dell’edificio, ma che comunque concorrono a definire la stima del danno totale a seguito dell’evento sismico.

4.2.

Quadro normativo vigente

Il D.M. 17 gennaio 2018 recante le “Norme Tecniche per le Costruzioni”, al “Capitolo 8 – COSTRUZIONI ESISTENTI”, definisce i criteri generali per la valutazione della sicurezza, la progettazione, l’esecuzione ed il collaudo degli interventi sulle costruzioni esistenti.

Sono definiti dalla Norma “costruzioni esistenti” tutti quegli edifici che abbiano, alla data della redazione della valutazione della sicurezza e/o del progetto di intervento, la struttura completamente realizzata.

Per “valutazione della sicurezza” si intende un procedimento quantitativo volto a stabilire se una struttura esistente è in grado o meno di resistere alle combinazioni delle azioni di progetto con il livello di sicurezza minimo richiesto dalla normativa, La valutazione della sicurezza e la progettazione degli interventi su costruzioni esistenti devono tenere conto di seguenti aspetti fondamentali:

• la costruzione riflette lo stato delle conoscenze al tempo della sua realizzazione;

• nella costruzione possono essere insiti e non evidenti dei difetti di impostazione e di realizzazione;

(37)

29 • la costruzione può essere stata soggetta ad azioni, anche eccezionali, i cui

effetti non siano completamente manifesti;

• le parti strutturali possono manifestare degrado e/o modificazioni significative rispetto alla situazione originaria.

La valutazione della sicurezza di una struttura esistente è un procedimento quantitativo, volto a determinare l’entità delle azioni che la struttura è in grado di sostenere con il livello di sicurezza minimo richiesto dalla presente normativa. L’incremento del livello di sicurezza si persegue, essenzialmente, operando sulla concezione strutturale globale con interventi, anche locali.

La valutazione della sicurezza, argomentata con apposita relazione, deve permettere di stabilire se:

• l’uso della costruzione possa continuare senza interventi;

• l’uso debba essere modificato (declassamento, cambio di destinazione e/o imposizione di limitazioni e/o cautele nell’uso);

• sia necessario aumentare la sicurezza strutturale, mediante interventi. Secondo le NTC gli interventi che si possono svolgere sugli edifici esistenti in muratura in zona sismica sono raggruppabili in tre categorie:

• interventi di adeguamento atti a conseguire i livelli di sicurezza previsti dalle norme;

• interventi di miglioramento atti ad aumentare la sicurezza strutturale esistente, pur senza necessariamente raggiungere i livelli richiesti dalle norme;

• riparazioni o interventi locali che interessino elementi isolati, e che comunque comportino un miglioramento delle condizioni di sicurezza preesistenti.

Per i beni di interesse culturale in zone dichiarate a rischio sismico, ai sensi del comma 4 dell’art. 29 del D. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, è in ogni caso possibile limitarsi ad interventi di miglioramento effettuando la relativa valutazione della sicurezza.

Nella fase di elaborazione dei modelli strutturali si dovrà considerare la possibilità di pervenire, in funzione della documentazione disponibile e dalla qualità ed

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30 estensione delle indagini che vengono svolte, ad un certo livello di approfondimento delle seguenti caratteristiche:

• la geometria e i particolari costruttivi costituenti la fabbrica; • le proprietà meccaniche dei materiali impiegati e dei terreni; • i carichi e le azioni agenti.

Nelle costruzioni esistenti le situazioni effettivamente riscontrabili sono le più diverse ed è quindi impossibile stabilire regole specifiche valide generalmente per tutti i casi. Per questo motivo il modello elaborato per la valutazione della sicurezza dovrà essere definito, valutato e giustificato dal progettista, caso per caso, in relazione al comportamento strutturale attendibile della costruzione, alle informazioni a disposizione e in funzione delle incertezze legate al grado di conoscenza.

Un’adeguata valutazione della sicurezza per un edificio esistente non può prescindere dall’individuazione ed approfondimento in successione delle seguenti fasi:

• Analisi storico-critica, tale da ricostruire il processo di realizzazione e le successive modificazioni subite nel tempo dalla costruzione, nonché gli eventi che l’hanno interessata;

• Rilievo geometrico – strutturale, riferito alla geometria complessiva, sia della costruzione, sia degli elementi costruttivi, comprendendo i rapporti con le eventuali strutture in aderenza;

• Caratterizzazione meccanica dei materiali: Per conseguire un’adeguata conoscenza delle caratteristiche dei materiali e del loro degrado, ci si baserà sulla documentazione già disponibile, su verifiche visive in situ e su indagini sperimentali.

• Livelli di conoscenza e fattori di confidenza, stabiliti sulla base degli approfondimenti effettuati nella fase conoscitiva, e da utilizzare nelle verifiche di sicurezza. Ai fini della scelta del tipo di analisi e dei valori dei fattori di confidenza si distinguono i tre livelli di conoscenza seguenti, ordinati per informazione crescente (LC1, LC2, LC3).

Gli aspetti che definiscono i livelli di conoscenza sono: geometria della struttura, dettagli costruttivi, proprietà dei materiali, connessioni tra i diversi elementi e loro presumibili modalità di collasso.

Riferimenti

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