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Indagine retrospettiva per l'interpretazione clinica dei valori del TT4 nel paziente ipertiroideo felino

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Scienze veterinarie

Corso di Laurea Specialistica in Medicina Veterinaria

Indagine retrospettiva per l’interpretazione

clinica dei valori del TT4 nel paziente

ipertiroideo felino

Candidata Relatore

Velia Mazzantini Prof. George Lubas

Correlatore

Dott.ssa Anna Pasquini

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2

A nonno Luigi, che mi ha trasmesso la passione per gli animali.

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Sommario

Riassunto ... 6

Abstract ... 7

INTRODUZIONE ... 8

CAPITOLO 1: Cenni di anatomia e fisiologia ... 9

1.1 Origine e sviluppo embrionale ... 9

1.2 Anatomia macroscopica e microscopica. ... 9

1.3 Sintesi e metabolismo degli ormoni tiroidei. ... 10

1.4 Regolazione e trasporto degli ormoni tiroidei ... 12

1.5 Azione periferica degli ormoni tiroidei ... 13

CAPITOLO 2: Ipertiroidismo felino ... 16

2.1 Eziopatogenesi ... 16

2.1.1 Alterazioni istopatologiche ... 17

2.1.2 Mutazioni genetiche ... 17

2.1.3 Fattori di rischio ... 18

2.2 Approccio clinico al paziente ipertiroideo ... 22

2.2.1 Segnalamento ... 22

2.2.2 Aspetto generale ... 22

2.2.3 Sintomatologia ... 23

2.3 Procedure diagnostiche ... 26

2.3.1 Palpazione del gozzo ... 26

2.3.2 Ecocardiografia e radiografia ... 27

2.3.3 Elettrocardiografia ... 27

2.3.4 Test di laboratorio di screening ... 27

2.3.5 Test di funzionalità tiroidea ... 29

2.3.6 Captazione tiroidea di radionuclidi e diagnostica per immagini ... 32

2.3.7 Problemi nella classificazione dell’ipertiroidismo ... 35

2.4 Terapia dell’ipertiroidismo ... 37

2.4.1 Trattamento farmacologico ... 37

2.4.2 Tiroidectomia chirurgica ... 44

2.4.3 Iodio radioattivo ... 47

2.4.3 Altre terapie ... 48

2.4.4 Funzionalità renale nel paziente ipertiroideo ... 48

2.4.6 Dieta ... 49

Capitolo 3: Tipologie di test ormonale ... 51

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4

3.1.1 Dosaggi immunologici competitivi ... 51

3.1.2 Tipi di marcatori ... 51

3.1.2 Test immunometrici ... 52

3.1.3 Cromatografia liquida-spettrometria di massa ... 52

3.2 Intervalli di riferimento ... 53

3.3 Risposta fisiologica e conferma clinica ... 54

3.4 Prelievo dei campioni ... 54

3.4.1 Tipi di campioni e condizioni ... 54

3.4.2 Contenitori Provette ... 55

3.5 Interpretazione degli esami di laboratorio ... 55

3.5.1 Guide generali... 55

3.5.2 Performance dei test diagnostici ... 57

3.5.3 Migliorare l’efficienza dei test di laboratorio ... 63

PARTE SPERIMENTALE ... 64

INTRODUZIONE ... 64

Capitolo 4: Materiali e metodi ... 65

4.1 Selezione della popolazione ... 65

4.2 Dosaggio della tiroxina totale, TT4 ... 65

4.2.1 FEIA, Fluorescent Enzyme Immunoassay ... 65

4.2.2 CEIA, Chemiluminescent Enzyme Immunoassay ... 65

4.3 Metodi di classificazione dei dati raccolti ... 66

4.3.1 Segnalamento ... 66 4.3.2 Reperti clinici ... 66 4.3.3 Statistica ... 67 Capitolo 5: Risultati ... 68 5.1 GRUPPO 1 ... 68 5.1.1 Segnalamento ... 68 5.1.2 Reperti clinici ... 69 5.2 GRUPPO 2 ... 69 5.2.1 Segnalamento ... 69 5.2.2 Reperti clinici ... 71 5.3 GRUPPO 3 ... 73 5.3.1 Segnalamento ... 73 5.3.2 Reperti clinici ... 74 5.4 Monitoraggio ... 77 Capitolo 6: Discussione ... 79

(5)

5 6.1. Segnalamento ... 79 6.2. Reperti clinici ... 79 6.3 Monitoraggio ... 81 Capitolo 7: Conclusioni ... 83 Bibliografia ... 84

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6

Riassunto

Parole chiave: indagine retrospettiva, gatto, ipertiroidismo, TT4, reperti clinici

Introduzione: L’ipertiroidismo, o tireotossicosi è un disordine multisistemico causato dall’eccessiva

produzione di ormoni tiroidei attivi, triiodiotironina (T3) e tiroxina (T4), per una anomalia della

ghiandola tiroide.

Obiettivi: Valutare la congruenza del dato di laboratorio (misurazione del TT4) con la clinica del

soggetto. Infine, valutare il Follow-Up dei pazienti ipertiroidei in cura.

Materiali e metodi: La popolazione dei gatti visitati presso l’Ospedale Didattico Veterinario “Mario

Modenato” dell’Università di Pisa è stata suddivisa in tre gruppi: soggetti normali, soggetti considerati ipertiroidei e soggetti con diagnosi dubbia (soggetti che rientravano nell’area grigia). I soggetti che presentavano un valore superiore all’intervallo di riferimento di TT4 sono stati

suddivisi ulteriormente in due gruppi: il Gruppo 1 che è stato selezionato in un periodo compreso tra il 01/01/2010 e il 31/12/2017 e ha fatto il test con metodo FEIA e con metodo CEIA (valore superiore all’intervallo di riferimento) e il Gruppo 3 che ha determinato il valore di TT4 solo tramite

FEIA (>4,3 µg/dL). Nel Gruppo 2 invece, sono inclusi tutti i casi il cui valore di TT4 determinato con

metodo FEIA risultava dubbio, area grigia (2,5-4,3 µg/dL). Per valutare il Follow-up e la risposta alla terapia sono stati selezionati i casi che presentavano nel monitoraggio almeno due dosaggi della TT4.

Risultati: Sono stati raccolti 65 casi per il Gruppo 1, 54 per il Gruppo 2 e 34 per il Gruppo 3. La

correlazione tra la presenza del sintomo clinico riferibile all’ipertiroidismo e il valore di TT4 non è

risultata statisticamente significativa eccetto per la presenza di anoressia nel Gruppo2 (Kruskal-Wallis test). Dall’analisi descrittiva del monitoraggio è stata evidenziata una iniziale diminuzione dei sintomi clinici riferibili a ipertiroidismo, seguita da possibili recidive generalmente dopo l’anno.

Conclusioni: Non è stata evidenziata alcuna correlazione tra la sintomatologia clinica e il valore

della TT4 in nessuno dei gruppi presi in esame. È stato ipotizzato che l’area grigia possa essere

interpretata come una forma di ipertiroidismo lieve, la cui diagnosi e l’eventuale trattamento devono essere valutate in relazione alla sintomatologia clinica dell’animale.

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Abstract

Key words: retrospective investigation, cat, hyperthyroidism, TT4, clinical findings

Introduction: Hyperthyroidism, or thyrotoxicosis, is a multisystemic disorder caused by the

excessive production of active thyroid hormones, triiodiothyronine (T3) and thyroxine (T4), due to

an abnormality of the thyroid gland.

Objectives: Evaluate the congruence of the laboratory data (measurement of TT4) with the

patient's clinic and the Follow-up of hyperthyroid patients under treatment was evaluated.

Materials and methods: The cat population visited at the Veterinary Teaching Hospital “Mario

Modenato of the University of Pisa was divided into three groups: normal subjects, subjects with true hiperthyroidism and subjects with doubtful diagnosis (subjects that were included in the grey area). The subjects that had a value higher than the reference interval of TT4 were further divided

into two groups: Group 1 that was selected in a period between 01/01/2010 and 31/12/2017 and was tested out using the FEIA method and the CEIA method (a value higher than the reference range) and Group 3 whichdeterminated the value of TT4 via FEIA (> 4.3 μg/dL). Group 2 included all

cases whose value of TT4 determined with the FEIA method was doubtful, grey area (2.5-4.3

μg/dL). To evaluate the follow up and the response to the therapy, the cases that during the monitoring presented at least two doses of TT4 were selected.

Results: 65 cases were collected for Group 1, 54 for Group 2 and 34 for Group 3. The correlation

between the presence of the clinical symptom of hyperthyroidism and the value of TT4 was not

statistically significant except for the presence of anorexia in Group 2 (Kruskal-Wallis test). From the descriptive analysis of the monitoring an initial decreaseof the clinical signs referable tohyperthyroidism was highlighted, followed by possible recurrences, generally above one year.

Conclusions: No correlation between the clinical symptomatology and the value of TT4 was found

in any of the examined groups. It has been hypothesized that the gray area can be interpreted as a form of mild hyperthyroidism, whose diagnosis and possible treatment should be evaluated in relation to the clinical symptomatology of the animal.

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INTRODUZIONE

L’ipertiroidismo, o tireotossicosi è un disordine multisistemico causato dall’eccessiva produzione di ormoni tiroidei attivi, triiodiotironina (T3) e tiroxina (T4), che si verifica in seguito ad anomalie

della ghiandola tiroide. La prima diagnosi di ipertiroidismo nel gatto è stata documentata alla fine degli anni ’70 e veniva indicato come un “nuovo disturbo”. Generalmente, questa patologia si associa ad un’iperplasia funzionale, meno frequentemente a un adenoma di uno o entrambi i lobi tiroidei(rispettivamente nel 30 e nel 70% dei casi). Nel restante 2% dei casi è possibile riscontrare lesioni di tipo carcinomatoso. Generalmente tutti i gatti affetti mostrano perdita di peso a dispetto di un normale o incrementato appetito, poliuria e polidipsia, tachicardia e sintomi cardiorespiratori. È possibile anche riscontrare sintomi gastroenterici e dermatologici. Se si permette alla patologia di progredire senza trattamento si può presentare debolezza e perdita di massa muscolare, affaticamento, emaciazione e cachessia. Un ridotto numero di gatti affetti può mostrare periodi di anoressia alternati a periodi di appetito normale o aumentato, ma questo è generalmente associato alla concomitante presenza di patologie non tiroidee. Dal punto di vista comportamentale si può notare un atteggiamento ansioso, talvolta aggressivo. Il gozzo risulta palpabile nella maggior parte dei casi. La diagnosi può essere effettuata con l’aiuto dei rilievi clinici, ma la conferma diagnostica è fornita dal dosaggio ormonale dell’ormone tiroideo totale (TT4). Per la terapia esistono vari approcci, ma quello più diffuso è di tipo farmacologico (farmaci

antitiroidei). Lo scopo di questo studio è stato quello di valutare la clinica di tutti i soggetti per cui è stato eseguito il dosaggio dalla TT4.

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CAPITOLO 1: Cenni di anatomia e

fisiologia

La ghiandola tiroide è una struttura follicolare di origine endodermica, impari situata nella parte ventrale del collo. È la più grande delle ghiandole ad esclusiva funzione endocrina.

1.1 Origine e sviluppo embrionale

Prende origine a livello embrionale come un’evaginazione dal pavimento faringeo tra il primo e il secondo paio di tasche faringee. La sua estremità caudale si estende ventro-caudalmente nel mesoderma sottostante dando forma ad un condotto a fondo cieco, il dotto tireoglosso, la cui estremità prossimale si apre sul margine caudale degli abbozzi della lingua. Nei carnivori si biforca a livello della faccia ventrale del primordio tracheale per andare poi a costituire due lobi distinti uniti da un istmo dello stesso tessuto ghiandolare dei lobi, che può anche essere assente. La restante parte del dotto col tempo si oblitera lasciando come unica traccia una depressione sulla superficie linguale, il forame cieco. Nello spostamento dalla base della lingua alla sede definitiva, si fondono a questa struttura anche i corpi ultimobranchiali derivanti dal IV paio di tasche faringee e comprendenti cellule che originano dalla cresta neurale, da cui si svilupperanno le cellule C tiroidee o parafollicolari. La sede definitiva è nella regione del collo a lato dei primi anelli tracheali. Nella vita post-natale si può sviluppare anche tessuto tiroideo ectopico, privo di cellule C, in sede mediastinica1.

1.2 Anatomia macroscopica e microscopica.

La tiroide si trova al di sotto della laringe nel punto d’incontro tra la cartilagine tiroidea e la cartilagine cricoidea. I lobi si estendono generalmente in direzione dorsolaterale, più o meno a seconda della specie, adesi alla faccia laterale della trachea. È coperta da una guaina muscolare data dai muscoli sternoioidei, strenotiroidei, omoioidei e sternocefalici. Addossate alla faccia posteriore della tiroide troviamo le ghiandole paratiroidi.

È costituita da due lobi, uno di destra e uno di sinistra uniti da un istmo. La parte mediale di ogni lobo presenta un ilo. Una sottile capsula di tessuto connettivo derivante dalla fascia cervicale va poi a rivestire la ghiandola dando anche origine ai setti che suddividono il parenchima dei lobuli, i quali hanno inoltre la funzione di dare sostegno a vasi linfatici e nervi. I vasi linfatici confluiscono ai linfonodi cervicali o direttamente al dotto cervicale. Le fibre nervose fanno parte del SN di tipo vegetativo e prendono origine dal ganglio cervicale craniale e dal ganglio cervicotoracico. Hanno una grande importanza nella regolazione del flusso ematico. La tiroide infatti è riccamente irrorata e l’apporto ematico è garantito dalle arterie tiroidee craniale e caudale (branche della carotide comune). In particolare l’a. craniale è la più voluminosa e da essa si distaccano rami per laringe e faringe, l’a. caudale invece può mancare. I rami arteriosi si ripartiscono in una fitta rete di capillari fenestrati inter e intra follicolari accolte in sottili filamenti di tessuto connettivale a livello parenchimale. Il drenaggio venoso è garantito dalle vene tiroidee che confluiscono nella giugulare2.

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Le cellule endodermiche da cui la tiroide si origina si organizzano inizialmente in cordoni cellulari, i quali si distribuiscono poi in gruppi che danno vita a formazioni follicolari. I follicoli sono l’unità strutturale e funzionale della tiroide , hanno dimensioni variabili che vanno dai 20 ai 250 micron e contengono una sostanza che prende il nome di colloide, la quale è prodotta dalle stesse cellule follicolari, i tireociti. Questa è una peculiarità della tiroide in quanto generalmente le ghiandole endocrine immagazzinano il proprio secreto all’interno delle cellule costituenti il parenchima, mentre la colloide è immagazzinata nel lume follicolare. Sono disposte in modo tale che il loro polo secretorio si orienti verso l’interno del follicolo, in un unico strato che poggia su una membrana basale rivestita da tessuto connettivale che accoglie una vasta rete capillare e linfatica. I tireociti sono cellule la cui forma varia da colonnare a cubica a seconda che ricevano o meno stimolazione da parte dell’ipofisi: un follicolo attivo ha dimensioni ridotte e le cellule si presentano colonnari, al contrario un follicolo poco attivo ha dimensioni maggiori ed è circondato da piccole cellule di forma cubica. Disposte tra le cellule follicolari troviamo anche un altro tipo cellulare: le cellule parafollicolari o cellule C. Sono più grandi delle cellule follicolari, di origine neuroectodermica. Hanno la funzione di produrre l’ormone calcitonina che regola il livello di calcio ematico, antagonista del paratormone2,3.

1.3 Sintesi e metabolismo degli ormoni tiroidei.

L’attività ormonale è regolata dal TRH espresso a livello ipotalamico, il quale induce la liberazione di TSH a livello ipofisario (adenoipofisi), che a sua volta stimola direttamente la tiroide a produrre ormoni, favorendo sia il processo di captazione che di organicazione dello iodio. Da un punto di vista biochimico presentano un origine amminoacidica, derivano dall’aminoacido tirosina.

Figura1.1 Nell’immagine è illustrata la sintesi e secrezione degli ormoni tiroidei4

La sintesi degli ormoni tiroidei (riassunta in Figura 1.1) è condizionata dalla presenza di iodio e dai livelli di ormone TSH che va a legarsi a recettori specifici delle cellule follicolari. La fonte principale di iodio si trova nella dieta: la molecola di I2 viene ridotta a ioduro, I- nel canale gastroenterico,

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sono rapidamente eliminati a livello renale, dopo che circa un quinto è stato trasportato dal torrente circolatorio alla tiroide, dove viene captato dalle cellule follicolari. Per avere una produzione adeguata di tiroxina sono sufficienti circa 50 mg di iodio all’anno, circa 1 mg a settimana3,5. L’assorbimento dello ioduro avviene con un meccanismo di trasporto attivo, tramite

una pompa simporto sodio-ioduro Na+/I- , la quale si trova a livello della membrana plasmatica

basolaterale delle cellule follicolari. Questa pompa fa sì che la concentrazione plasmatica dello ioduro sia dalle 20 alle 40 voltesuperiore a quella ematica. L’intervento della perossidasi tiroidea o tireoperossidasi (TPO), enzima che si trova a livello della membrana apicale, fa sì che lo ioduro venga ossidato a iodio. La perossidasi si trova o nella membrana a livello apicale o nel citoplasma ma comunque in prossimità in modo tale da trovarsi dove la tireoglobulina viene rilasciata dal complesso di Golgi5. Perché venga portato a termine questo processo è necessaria la presenza di

perossido di idrogeno, ovvero acqua ossigenata (H2O2)3,5. All’interno della cellula follicolare

troviamo un reticolo endoplasmatico rugoso (RER) molto sviluppato per l’abbondante sintesi proteica, è qui che avviene infatti la sintesi della tireoglobulina, glicoproteina ad alto peso molecolare, 335.000 Da, successivamente glicosilata, in parte sempre a livello del RER e in parte a livello dell’apparato di Golgi, anche questo molto sviluppato. La proteina modificata viene poi raccolta in vescicole e trasportata in prossimità della superficie luminale, e rilasciata per esocitosi ed è qui immagazzinata nella colloide. I carboidrati e aminoacidi costituenti sono assorbiti dal torrente circolatorio. In particolare l’amminoacido tirosina rappresenta una componente essenziale per gli ormoni tiroidei. Infatti i radicali tirosinici legano lo iodio al momento in cui viene assemblato alla molecola di tireoglobulina per la formazione di monoiodiotirosina (MIT), se viene legato in posizione 3, e diiodiotirosina (DIT) che come dice il nome presenta due molecole di iodio, una in posizione 3 e una in posizione 5. Questo processo prende il nome di organicazione dello iodio ed è favorito sia dall’azione delle perossidasi sia dall’azione del TSH. A questo punto la sintesi degli ormoni tiroidei avviene per condensazione: l’unione di due molecole di DIT porta alla formazione del T4 o 3,3’,5,5’ tetra iodiotironina o tiroxina, mentre l’unione di una molecola di DIT

con una di MIT porta alla formazione del T3 o 3,3’,5 tri iodiotironina3,5. Al termine della secrezione,

gli ormoni tiroidei rimangono spesso immagazzinati nei follicoli per vari mesi. La quantità accumulata, in genere, è in grado di soddisfare il fabbisogno dell’organismo per circa 2-3 mesi, per cui, un eventuale calo produttivo è apprezzabile solo dopo alcuni mesi5.

Se la secrezione di TSH è prolungata abbiamo un cambiamento nella morfologia dei tireociti, da cuboidali diventa sempre più colonnari, mentre i follicoli subiscono una riduzione di volume per l’aumentata endocitosi. Al contrario quando i livelli plasmatici di T4 e T3 aumentano e di

conseguenza si ha una diminuzione di TSH, il lume aumenta di volume e le cellule diventano cuboidali3.

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Figura1.2 Chimica del processo di formazione della tiroxina e della triiodiotironina5

1.4 Regolazione e trasporto degli ormoni tiroidei

Il TSH è un ormone ipofisario che si lega ai recettori posti sulle membrane delle cellule follicolari della tiroide. L’interazione ligando-recettore ha il compito di attivare l’enzima di membrana adenilatociclasi delle cellule follicolari, da cui si innesca la una cascata enzimatica responsabile della produzione degli ormoni tiroidei6. Determina l’allungamento dei microvilli, situati sulla

membrana luminale delle cellule follicolari, i quali si estendono nella colloide come degli pseudopodi, fagocitando in modo casuale la colloide adiacente, la quale viene raccolta in vescicole che si fondono con i numerosi lisosomi. La tireoglobulina non viene però liberata come tale, ma da essa si staccano la tiroxina e la triiodiotironina precedentemente formatesi. Gli ormoni tiroidei T3 e

T4 passano dalla membrana basale delle cellule follicolari ai capillari adiacenti raggiungendo quindi

il torrente ematico5. In parte circolano liberi, in parte si legano alle proteine plasmatiche

(prealbumine, albumine, globuline e TBG), in particolare TBG, globuline leganti la tiroxina, andando a costituire una riserva circolante prontamente utilizzabile, una parte della toroxina però non viene legata alle proteine di trasporta e circola libera nel torrente circolatorio, prende infatti il nome di tiroxina libera (fT4)7. La loro azione ha carattere ubiquitario5. Circa i tre quarti della

tirosina iodata, costituente la tireoglobulina non raggiunge mai lo stadio di monoiodiotironina o diiodiotironina. Questo comporta che al momento della digestione enzimatica che vede la liberazione degli ormoni tiroidei, si abbia anche la liberazione delle tirosine iodate in modo tale da poter recuperare la molecola di iodio e riciclarla per la formazione di una nuova tireoglobulina. Perché questo processo avvenga è necessaria la presenza di un enzima, la deiodasi5.

Il 90% degli ormoni tiroidei è costituito da T4, è biologicamente meno attivo con un’emivita di 5 gg,

la quota rimanente è quasi esclusivamente costituita da T3, forma biologicamente più attiva, la sua

concentrazione aumenta negli stati carenziali di iodio. Una piccolissima parte è costituita da rT3, il

quale rappresenta la forma inattiva. La T4 rappresenta la forma dominante circolante mentre le

altre due derivano da quest’ultima, sono ottenute attraverso un processo che prende il nome di deiodizzazione. A seconda della deiodasi, infatti la 5’deiodasi di tipo 1 e 2 convertono la T4 in T3

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delle cellule tiroidee cessa. Ha inoltre una funzione di sostegno trofico della ghiandola, in quanto condiziona il numero e la dimensione delle cellule follicolari che la costituiscono. La presenza di T3

e T4 inibisce il rilascio di TSH a livello ipofisario grazie ad un meccanismo di feed back negativo:

influenzano sia l’ipotalamo, sia l’ipofisi. A livello ipotalamico si ha inoltre la produzione di somatostatina, la quale ha un’azione inibente sulla produzione del TSH, favorendo così il meccanismo di feed back negativo5.

Nonostante la principale via metabolica periferica degli ormoni tiroidei sia rappresentata dalla deiodinazione, un 15% di questi viene escreto con la bile, sotto forma di iodiotiroine coniugate con glucuronide o solfati. La degradazione di questi avviene principalmente a livello di fegato, rene e muscoli. La velocità di eliminazione è direttamente correlata alla concentrazione della T4 libera

sierica, è l’ormone stesso a stimolare il proprio metabolismo. Si avvia quindi una cascata sequenziale di prodotti della deiodinazione, costituita da T3, T2 e T18.

Figura 1.3 La produzione degli ormoni tiroidei è regolata dal TSH prodotto dall’ipofisi. Il legame del TSH con la ghiandola tiroide aumenta la ricaptazione dello iodio stimolando la pompa simporto sodio-iodio e la produzione della

tireoperossidasi, tireogloblunina, T3 e T4. Una volta in circolo gli ormoni tiroidei sono trasportati legati a proteine

specifiche. A livello periferico devono attraversare la membrana plasmatica delle cellule bersaglioe una volta all’interno della cellula il T4 è convertito a T3 dalle deiodinasi, che si lega ai recettori nucleari per la tiroide e innesca un

segnale di trasduzione che determina cambiamenti intranucleari nel metabolismo della cellula.9

1.5 Azione periferica degli ormoni tiroidei

A livello dei tessuti gli ormoni tiroidei circolanti che non si trovano legati alle proteine plasmatiche possono facilmente raggiungere il citosol cellulare attraversando la membrana plasmatica per diffusione semplice. Una volta all’interno della cellula la tiroxina viene in gran parte deiodinata a T3, in modo tale che si possa legare ai recettori nucleari posti sul DNA, in quanto la sua azione

biologica è maggiore. Di conseguenza tutti gli effetti biologici degli ormoni tiroidei a livello cellulare sono mediati principalmente dalla triiodiotironina (90%), il restante 10% è costituito dalla tiroxina. Il legame tra T3 e recettori nucleari dà il via alla trascrizione di un notevole numero di

geni, di conseguenza elevati livelli circolanti di ormoni tiroidei influenzano positivamente la sintesi di proteine enzimatiche strutturali e di trasporto in molte cellule dell’organismo. I recettori per gli ormoni tiroidei si trovano sui filamenti di DNA o i prossimità di essi. Il legame recettore-lingando dà inizio ai processi di trascrizione5.

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Gli ormoni tiroidei agiscono su tutte, o quasi, le cellule dell’organismo e hanno una molteplicità di effetti:

- Il metabolismo basale può salire di circa il 60-100% in presenza di alte concentrazioni di ormoni tiroidei, al contrario un eventuale carenza può ridurre fino alla metà il metabolismo basale. Queste dosi elevate determinano un aumento sia della sintesi, sia del catabolismo delle proteine. Si ha inoltre un accelerazione dell’accrescimento corporeo e maggiore attività del sistema nervoso e delle ghiandole endocrine. Tra le possibili spiegazioni è stato ipotizzato che la tiroxina determini un aumento di volume e il numero dei mitocondri e, di conseguenza l’attività di questi organuli. Si ha una maggiore disponibilità di ATP per le attività cellulari. È anche vero però, che questa aumentata attività, potrebbe essere una conseguenza della maggiore richiesta energetica da parte dell’organismo. Tra gli enzimi che sono stimolati dalle secrezioni tiroidee, troviamo il Na-K-ATPasi, il quale se presente in grandi quantità determina un aumento della velocità di scambio transmembrana di Na e K. Questo processo richiede energia e di conseguenza si avrà un aumento della produzione di calore;

- Presentano la capacità di stimolare il metabolismo glucidico, infatti favoriscono l’assorbimento di glucosio a livello intestinale e i processi di glicogenolisi e gluconeogenesi, con un effetto quindi iperglicemizzante;

- Stimolano una crescita fisiologica e armonica e un corretto sviluppo dell’organismo. In caso di carenza si ha un ritardo nell’accrescimento, mentre un eccesso può portare ad una crescita eccessiva;

- Promuovono lo sviluppo e la maturazione del sistema nervoso centrale durante la vita fetale e nei primi mesi di vita. In caso di carenze è stato evidenziato un ritardo nello sviluppo e nella maturazione delle cellule cerebrali che comportano una diminuzione della funzione mentale, i cui danni riportati, se non sono presi in tempo, sono permanenti e un completo recupero della funzionalità del SNC non è possibile. Neanche con un successivo trattamento con ormoni tiroidei si può sperare in un recupero, in caso di eccesso si ha invece una iperstimolazione, che spiega gli stati d’ansia e nervosismo;

- Per quanto riguarda il metabolismo lipidico determinano l’ossidazione dei depositi di grasso, causando una riduzione del tessuto adiposo, del colesterolo trigliceridi e fosfolipidi, a dispetto di un aumentata concentrazione plasmatica di acidi grassi liberi. Un altro meccanismo che potrebbe far diminuire a concentrazione sierica di colesterolo è un aumentata escrezione con la bile, probabilmente per la stimolazione da parte degli ormoni tiroidei della produzione di recettori per le lipoproteine a bassa densità a livello degli epatociti, incentivandone la rimozione. Inoltre, la stimolazione del catabolismo epatico, senza avere una compensazione anabolica, potrebbe determinare una significativa perdita di peso, nonostante l’appetito sia comunque stimolato. La riduzione della concentrazione ormonale determina invece un quadro opposto;

- A livello muscolare possono migliorare la risposta di contrazione, se in eccesso però si viene a creare una condizione di debolezza muscolare dovuta al forte catabolismo, mentre una carenza dà ipotonia.

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- Anche la richiesta di vitamine è strettamente correlata alla presenza di ormoni tiroidei, al punto che un eventuale aumento della concentrazione potrebbe portare ad una carenza vitaminica;

- Per quanto riguarda l’apparato cardiocircolatorio l’azione delle secrezioni della ghiandola tiroide comportano un aumento della gittata, frequenza e della contrattilità cardiaca, direttamente proporzionale alla concentrazione di ormoni tiroidei. La pressione media tende a rimanere inalterata ma ci può essere un alterazione di quella differenziale o pulsatoria;

- La richiesta energetica è inoltre strettamente correlata al consumo di ossigeno. In caso di un aumento del metabolismo basale la richiesta di ossigeno aumenta, così come la produzione di anidride carbonica. Questo influenza la profondità e la frequenza del respiro; - In aggiunta a una eventuale stimolazione dell’appetito, gli ormoni tiroidei determinano un aumento della secrezione e della motilità del gastroenterico, ciò comporta diarrea in pazienti ipertiroidei o stipsi in quelli ipotiroidei;

- Per quanto riguarda il sonno l’azione spossante sulla muscolatura può determinare una marcata sensazione di stanchezza, oltre al fatto che la continua stimolazione sinaptica rende difficile il riposo;

- La maggiore concentrazione plasmatica di ormoni tiroidei determina inoltre una maggiore richiesta da parte dei tessuti della maggior parte dei composti ormonali, ciò implica che l’azione della tiroide stimola indirettamente l’attività della maggior parte delle ghiandole dell’organismo5.

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CAPITOLO 2: Ipertiroidismo felino

Si parla di ipertiroidismo, o tireotossicosi per indicare un disordine multisistemico causato dall’eccessiva produzione di ormoni tiroidei attivi, triiodiotironina (T3) e tiroxina (T4), ed è un

disordine che si verifica in seguito ad anomalie della ghiandola tiroide. La prima diagnosi di ipertiroidismo nel gatto è stata documentata alla fine degli anni ’70, veniva indicato come un “nuovo disturbo”, in quanto da indagini necroscopiche retrospettive, risultava un ridotto numero di casi con la presenza di alterazioni evidenti a livello ghiandolare, come aumenti di volume o noduli a livello della ghiandola tiroidea e, se presenti, si trattava di alterazioni generalmente non accompagnate da una sintomatologia clinica9. A conferma di questo dato viene riportato

dall’Animal Medical Center di NY il fatto che dal 1983 al 1993 si è assistito ad un incremento significativo di casi, nell’arco di un decennio si è passati da 3 a 22 casi di ipertiroidismo al mese10.

La patologia si sviluppava generalmente in gatti adulti o anziani, senza apparente predilezione di razza o sesso9. Questo cambiamento è difficile da spiegare soltanto con la maggiore

consapevolezza della malattia da parte del personale medico e/o grazie alla maggiore disponibilità di test ormonali, ed è stato proposto che questa rappresenti effettivamente una nuova patologia del gatto. Prima però di giungere a una conclusione definitiva rimaneva da chiarire se la frequenza elevata nella diagnosi di questo disordine potesse essere spiegata semplicemente con l’incremento diffuso della longevità di questo animale, trattandosi appunto di una patologia del gatto anziano10.

2.1 Eziopatogenesi

Oltre il 95% dei casi di gatti ipertiroidei presentano una alterazione benigna adenomatosa al momento della diagnosi9. L’iperplasia adenomatosa funzionale (o meno frequentemente

l’adenoma) di uno (30% dei casi) o più comunemente di entrambi (70% dei casi) i lobi tiroidei è l’anomalia più comunemente associata all’ipertiroidismo del gatto11–13. Istologicamente sono

evidenziabili uno o più foci iperplastici ben riconoscibili, che prendono il posto della normale struttura follicolare. Queste alterazioni iperplastiche possono poi evolvere in noduli le cui dimensioni variano da 1 a 3 mm e presentano una notevole variabilità anche per quanto riguarda la struttura follicolare sia all’interno di uno stesso nodulo, sia tra noduli diversi11. Spesso il tessuto

normale è comunque presente intorno ai follicoli anomali, ma compresso. Sono inoltre presenti zone di transizione graduale tra tessuto normale e iperplastico. I casi di carcinoma tiroideo sono molto rari, infatti lo ritroviamo in meno del 2% dei gatti affetti da ipertiroidismo14. Recenti studi

hanno evidenziato che in alcuni casi alla biopsia è stato possibile individuare la presenza di adenoma adiacente ad un’area di carcinoma, nello stesso lobo tiroideo15. Si è visto inoltre che la

maggiore prevalenza di gatti con carcinoma si ha nei casi in cui il trattamento con metimazolo si protrae da molto tempo. Questo dato corrisponde al 20% dei casi nei gatti che sono in terapia medica per ipertiroidismo da oltre 4 anni, ad indicare che potrebbe essere possibile avere una trasformazione da iperplasia adenomatosa/adenoma a carcinoma15,16. Se questa ipotesi fosse

confermata, la patogenesi dell’adenoma e del carcinoma tiroidei potrebbe essere la stessa. Numerosi studi sono stati condotti per conoscere le cause che determinano l’insorgenza della patologia. Sono state fatte numerosi ipotesi in seguito a studi di tipo istopatologico o di natura genetica, ma i meccanismi che determina l’insorgenza di ipertiroidismo nel gatto non sono ancora stati chiariti del tutto. Inoltre sono stati condotti numerosi studi epidemiologici per identificare dei

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possibili fattori di rischio implicati nella patogenesi della malattia ed è stato visto che due razze geneticamente collegate, la Siamese e l’Himalaiana, hanno un rischio minore di sviluppare ipertiroidismo, per questo potrebbe ricollegato ad un disturbo genetico, anche se in linea di massima non è stata dimostrata alcuna predilezione di razza17,18. Oppure l’origine potrebbe essere

attribuibile a carenze o eccessi alimentari, o anche all’esposizione a fattori gozzigeni19–21.

2.1.1 Alterazioni istopatologiche

Le lesioni istopatologiche causate da questo disordine sono state ampiamente descritte. Il problema ad oggi è quello di identificarne la causa. Istologicamente la patologia ricorda il gozzo tossico nodulare descritto nell’uomo22,23, anche se il fatto di avere un interessamento

prevalentemente bilaterale nonostante la mancanza di un chiaro legame anatomico tra i lobi riporta ad un’altra patologia simile sempre in medicina umana che prende il nome di morbo di Graves. Parliamo di un disordine autoimmune in cui alcuni anticorpi circolanti, immunoglobuline tireostimolanti TSI (Thyroid Stimulating Immunoglobulins), si legano ai recettori della tireotropina, ormone stimolante, TSH (Thyroid Stimulating Hormone), simulando l’azione del TSH. I primi studi nei gatti ipertiroidei suggerivano che gli autoanticorpi, microsomali tiroidei e antinucleari, fossero comuni e potessero essere coinvolti nella patogenesi di questa condizione24. In quattro studi

separati, condotti mediante tecniche diverse, non sono però riusciti a identificare TSI nei gatti ipertiroidei25,26. È stato invece rilevato un incremento dei titoli di immunoglobuline di stimolazione

della crescita, non è chiaro però quale possa essere il significato di questa alterazione e quale ruolo possa avere nella patogenesi della malattia27. Come per l’uomo affetto da gozzo tossico

nodulare, il tessuto tiroideo adenomatoso proveniente dai gatti ipertiroidei mantiene il suo aspetto istologico e continua a crescere e a funzionare sia nel caso in cui venga trapiantato in un topo nudo, sia nel caso in cui le cellule vengano coltivate in laboratorio, in mezzi privi di TSH. Inoltre in entrambi i casi poi è stato visto che continua a presentare iperfunzionalità28. All’esame

istopatologico il tessuto tiroideo rivela che la ghiandola tiroide dei gatti affetti da ipertiroidismo, contiene noduli iperplastici o adenomatosi singoli o multipli, i quali possono presentare dimensioni che variano da 1mm a 3 cm11,13,29. La grandezza delle cellule, come anche il volume

nucleare, è invariabilmente più grande nelle zone nodulari rispetto a quelle circostanti. Il tessuto paranodulare generalmente è costituito da normale tessuto tiroideo. Queste cellule mostrano una piccola atipia nucleare o attività mitotica. I follicoli che includono i noduli iperplastici o adenomatosi sono circondati da un epitelio costituito da cellule che presentano una forma da collonnare a cuboidale. Il contenuto follicolare si mostra positivo alla colorazione con acido peroidico di Schiff13.

2.1.2 Mutazioni genetiche

L’eziopatogenesi dell’ipertiroidismo felino è complessa e multifattoriale, e non è ancora stata del tutto chiarita. Comunque numerosi studi hanno identificato lesioni di tipo genetico del segnale trasmesso dai recettori del TSH (TSHR), come un elemento chiave della patologia in medicina umana30–33. Dal questa infatti sappiamo che una delle più importanti cause che determinano la

formazione dell’adenoma tossico nell’uomo è determinata da mutazioni somatiche del gene che codifica per la produzione dei recettori del TSH (TSRH gene)34. Queste mutazioni coinvolgono

generalmente l’esone 10 del gene TSHR, nello specifico si vede coinvolta la porzione transmembrana31,33. Il recettore per il TSH felino e umano sono molto simili sia a livello genetico

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genetiche che potessero spiegare l’origine della patologia anche nel gatto25,35,36. Uno studio che ha

indagato su questa possibilità però non ha riscontrato mutazioni a livello dei codoni compresi tra 480 e 640 del gene felino del recettore per il TSH, area corrispondente a quella che presenta maggiori alterazioni nell’uomo. La ricerca è stata allora ampliata ai codoni da 66 a 530, includendo così anche la parte transmembrana e la maggior parte della sezione extracellulari del recettore di TSH, ma anche in questo caso non si sono riscontrate mutazioni. Questo indica che la patogenesi dell’ipertiroidismo nel gatto, difficilmente, prevede il coinvolgimento di mutazioni di questo gene36. Si è però visto che, proseguendo su questa via di trasduzione del segnale per la secrezione

degli ormoni tiroidei, era possibile riscontrare delle alterazioni. Dopo che il TSH si lega al suo recettore infatti, la trasduzione del segnale dipende dall’Adenosina Monofosfato ciclico, AMPc, tramite un percorso mediato dalla proteina G36. A questo livello è stata individuata una diminuita

espressione della proteina G, nello specifico Gi2, coinvolta nell’inibizione di una vasta serie di segnalazioni intracellulari dipendenti dalla proteina G, tra i quali il segnale per la secrezione degli ormoni tiroidei. Grazie ad uno studio più recente si è poi ipotizzato che una mutazione del gene Gsα, riscontrate in alcuni gatti ipertiroidei, possono avere un ruolo nello sviluppo dell’iperplasia adenomatosa37,38. Il tessuto tiroideo proveniente da gatti ipertiroidei è stato ulteriormente

esaminato con metodi immunoistochimici, in modo tale da identificare l’espressione degli oncogeni c-ras, bc 12 e del gene di soppressione tumorale p53. Questo studio ha dimostrato una sovra espressione del gene c-ras, senza evidenziazioni positive per gli altri due. Mutazioni che implicano un aumento della funzionalità di questo oncogene potrebbero quindi avere un ruolo nell’eziopatogenesi della malattia felina36.

2.1.3 Fattori di rischio

Molti studi hanno cercato di identificare i potenziali fattori di rischio dell’ipertiroidismo felino, ma un singolo fattore dominante non è ancora stato identificato. I più probabili fattori di rischio ricadono in due ampie categorie:

- Eccesso o carenza di fattori nutrizionali;

- Fattori gozzigeni presenti nell’ambiente, acqua potabile o nella dieta. Carenza o eccesso di fattori nutrizionali

Isoflavoni di Soia

Si tratta di composti polifenolici, genisteina e daidzeina, comunemente utilizzati come supplemento di proteine a basso costo39,40. Per quanto riguarda il gatto non ci sono evidenze

sperimentali che attribuiscano una correlazione tra lo sviluppo del gozzo con una maggiore concentrazione di isoflavoni di soia nel mangime. È però riportato che questi composti, in particolare genisteine e daidzeina, sono stati identificati nel 60-75% di mangimi per gatti41.

Presenta un particolare meccanismo d’azione che va ad agire a livello della ghiandola tioide diminuendo la sintesi ormonale42. Questa interferenza determina un aumento di volume della

ghiandola tiroide e il conseguente sviluppo di ipertiroidismo. Nello specifico inibiscono l’attività della TPO43,44. Presenta inoltre a livello periferico un meccanismo inibitorio dell’attività della

5’deiodinasi. Come conseguenza si verifica una inibizione della produzione ormonale e un aumento della secrezione di TSH compensatorio. L’innalzamento di TSH stimola una iperplasia follicolare prima e la formazione del gozzo in un secondo momento. Secondo alcuni studi dimostrano quindi che la presenza o carenza di soia in gatti normali presenta un modesto, anche

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se misurabile, effetto sull’omeostasi ormonale della tiroide44,45. Se a questo tipo di dieta è

associato un deficit dello iodio l’inibizione della secrezione di ormoni tiroidei può anche avere dei risvolti neoplastici e indurre cambiamenti di tipo carcinomatoso a livello della ghiandola39,40,43,46.

La carenza di iodio va quindi ad amplificare gli effetti antitiroidei della soia. Si pensa quindi che questo aumento di casi degli ultimi anni abbia origini multifattoriali.

Iodio nella dieta

Elemento che si trova naturalmente presente in alcuni cibi, lo iodio si trova generalmente legato ad altri composti ed è inoltre disponibile come supplemento in alcune diete. Si tratta di una componente essenziale degli ormoni tiroidei ma può avere anche altre funzioni fisiologiche nell’organismo, ad esempio è un antiossidante, un antinfiammatorio e può accrescere la funzione immunitaria (effetto antibatterico, antivirale e antifungino) nell’uomo. A causa dell’associazione chiara tra dieta e ipertiroidismo, molti studi hanno attestato le implicazioni dello iodio tra le cause di progressione di ipertiroidismo felino47–50.

Una carenza dello iodio nella dieta è una causa nota di iperplasia e gozzo sia nell’uomo che negli animali, gatto incluso, ed essendo appunto fondamentale per il metabolismo degli ormoni tiroidei una inadeguata assunzione di questo elemento determina basse concentrazioni degli ormoni circolanti48,49,51–53. Questo calo della concentrazione di T

3 e T4 stimola la ghiandola pituitaria ad

aumentare le secrezioni di TSH, e una concentrazione persistentemente elevata di TSH porta all’iperplasia tiroidea e alla formazione di gozzo, se si estende per un intervallo di tempo sufficiente. A lungo andare infatti una continua stimolazione da parte del TSH trasforma l’iperplasia dei tireociti in una forma di iperplasia adenomatosa e infine alla formazione di un adenoma. A questo punto si tratta di una forma tumorale, anche se benigna, che continua a crescere e funzionare indipendentemente dalla stimolazione ipofisaria. L’ipertiroidismo che può seguire determina la soppressione della secrezione del TSH pituitario. È possibile anche che si verifichi un ulteriore trasformazione da una iperplasia adenomatosa o adenoma a una forma carcinomatosa15,16,54. Negli ultimi anni è stato visto che la maggioranza delle diete commerciali per

gatti presentavano un contenuto di iodio molto basso ed è stato ipotizzato un possibile rapporto di causa effetto con l’aumento del numero di casi verificatosi55. Questo meccanismo patogenetico si

riscontra principalmente nei gatti anziani ed è riconducibile al gozzo nodulare tossico presente nell’uomo56. Un'altra forma di ipertiroidismo che si può sviluppare si presenta come un gozzo

nodulare non tossico, presente sempre nei gatti anziani. È presente soprattutto in quelle aree in cui la deficienza di iodio è endemica. Quando poi il paziente è esposto a dosi eccessivamente alte di iodio, spesso come integrazione alimentare per sopperire all’eventuale mancanza, si ha lo sviluppo della patologia57–59.

Non è facile quantificare quanto peso abbiano la deficienza, l’eccesso o le ampie fluttuazioni nell’assorbimento di iodio nello sviluppo di cambiamenti adenomatosi della tiroide. Ècomunque da evidenziare che molti gatti ipertiroidei sono continuamente esposti ad altri fattori gozzigeni, presenti comunemente nel cibo, nell’acqua e nell’ambiente in cui vivono. Inoltre alcune carenze alimentari di altri micronutrienti essenziali nella dieta dell’animale, come ferro, selenio, vitamina A e zinco possono andare ad aggravare il quadro. Nel lungo periodo questa concomitanza di fattori può determinare una trasformazione in senso adenomatoso della tiroide, caratteristica dell’ipertiroidismo60,61.

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Selenio nella dieta

Il selenio è un minerale essenziale che viene assunto con la dieta. È incorporato nelle proteine per formare selenio-proteine, importanti enzimi antiossidanti, i quali giocano un ruolo nella risposta immunitaria e nella funzione tiroidea62,63. Anche il selenio, come lo iodio gioca un ruolo

fondamentale nel metabolismo degli ormoni tiroidei, in molte specie animali, incluso il gatto. Viene incorporato come selenio-cisteina nella deiodinasi tiroidea. In gatti nutriti con una dieta povera di selenio la concentrazione plasmatica di T4 incrementa significativamente, mentre la T3

totale diminuisce64. In uno studio condotto su gatti che vivono in zone dove questa patologia è

endemica è stato evidenziato che la concentrazione di selenio nel sangue intero e nel plasma dei due gruppi non mostrava differenze significative21. È però stato visto che tutti i gatti hanno una

concentrazione plasmatica di selenio circa cinque volte superiore rispetto ai valori riportati per ratti e uomo65,66. La ragione di queste concentrazioni così elevate non è ancora stata chiarita, si è

ipotizzato che possa avere un’origine alimentare visto che molti cibi per gatti contengono una concentrazione relativamente alta di selenio che può contribuire agli alti livelli circolanti in questa specie. Come lo iodio, il selenio non è correlato da solo allo viluppo di ipertiroidismo nel gatto, ma può giocare un ruolo sinergico nello sviluppo di questa patologia insieme ad altri fattori.

Fattori gozzigeni

Si trovano generalmente nella dieta, nell’acqua e nell’ambiente. Per quanto riguarda il meccanismo d’azione possono andare a interferire a molti livelli della regolazione dell’ormone tiroideo e del suo metabolismo.

Bisfenolo A o BPA

Si tratta di un prodotto ottenuto dalla lavorazione delle resine industriali ed è utilizzato per coprire l’interno dei contenitori in latta67–69. Ha la funzione di prevenire la corrosione di questi contenitori,

rendere possibile la conservazione del cibo e il mantenimento delle caratteristiche organolettiche e estende la Shelf life. Il BPA rappresenta una fonte di preoccupazione perché determina disfunzioni endocrine in generale e alterazioni della funzionalità tiroidea in particolare. Alcuni degli effetti tossici del BPA che interferiscono con le funzioni della tiroide possono derivare dalla somiglianza con i gli ormoni tiroidei70–73. La fonte primaria di esposizione al BPA è per ingestione,

in quanto residui di BPA possono migrare dal contenitore al cibo durante i lunghi periodi di stoccaggio74,75. In due studi simili che si prefiggevano lo scopo di individuare la presenza di BPA nel

mangime per gatti, sono stati rilevati livelli misurabili di BPA nell’alimento. I livelli di BPA nei tessuti o nel sangue non sono stati misurati nei gatti ma, l’allungamento della vita e quindi del tempo di esposizione a questi tossici risultano un potenziale fattore di rischio69,74–77. Da uno studio

condotto sui ratti è stato visto che l’eliminazione di questa sostanza è prevalentemente epatica, mediante processo di glucoronidazione78. Questa via metabolica è notoriamente ridotta nel gatto

rispetto alle altre specie, come si evidenzia dalla notevole sensibilità agli effetti di numerosi farmaci e tossici che passano attraverso questa via prima di poter essere eliminati . Per questo motivo è possibile aspettarsi una concentrazione a livello ematico e tissutale maggiore in questa specie, rispetto a quello che ci si aspetta79,80. L’esposizione cronica di BPA che ne consegue

potrebbe quindi andare ad alterare la funzionalità tiroidea. Il BPA ha mostrato un legame diretto con i recettori dell’ormone tiroideo tale da annullare l’azione dell’ormone tiroideo spiazzando T3

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anche agire a livello pituitario per incrementare la circolazione di TSH circolante. Ancora una volta questo può portare ad una iperplasia e formazione di gozzo in gatti suscettibili69,81–83.

Etere di difenile polibromurato o PBDEs

È un composto sintetico usato come ritardante in una vasta gamma di prodotti di elettronica, mobili e tessili, materiale da costruzione70–72,84,85. L’esposizione avviene principalmente con la

dieta e nell’ambiente domestico, in particolare con la polvere73. Come per il PCBs gli effetti tossici

di questa sostanza derivano dalla struttura simile a quella dell’ormone tiroideo e in studi effettuati in ratti e topi viene riportato che l’esposizione a PBDEs abbassa la concentrazione del T4 totale e

libero, seguendo una modalità dose dipendente84,85, mentre il livello di TSH generalmente non

viene intaccato86–88. Il PBDEs gioca un ruolo nella patogenesi dei tumori della tiroide e

ipertiroidismo nel gatto, a supporto di questa ipotesi sta il fatto che maggiori produzioni di PBDEs sono iniziate prima del primo caso riportato di ipertiroidismo nel 197984,85. In uno studio89 è stata

misurata la concentrazione sierica di PBDEs, PCBs e pesticidi organicati (OCPs) nel siero di 26 gatti che vivevano in casa (16 ipertiroidei e 10 eutiroidei). I risultati indicavano che entrambi i gruppi presentavano un livello di PBDEs sierico con valori approssimativamente di 50 volte maggiori a quello delle persone residenti nella zona e questa quantità era simile a quella trovata nella polvere delle rispettive abitazioni. Questi risultati suggeriscono che la polvere più che la dieta è una fonte di esposizione al PBDEs nel gatto. La stessa conclusione è stata riportata da uno studio90 separato

condotto in Svezia su 138 gatti sia eutiroidei che ipertiroidei. Mentre uno studio dell’università dell’Illinois è stata preso in esame la concentrazione sierica di PBDEs in 21 gatti di proprietà eutiroidei, 41 gatti di proprietà ipertiroidei, e 10 gatti selvatici. Per quanto riguarda i gatti domestici non è stata evidenziata alcuna differenza tra i due gruppi, mentre nei gatti selvatici si presentavano livelli significativamente più bassi di PBDEs sierico rispetto agli altri due gruppi. I risultati, ottenuti da questo e dai precedenti studi, suggeriscono quindi l’ambiente domestico rappresenta la maggiore fonte di esposizione. La stessa indagine ha poi analizzato la polvere presente nelle abitazioni dei due gruppi di gatti ed è stato evidenziato che la polvere presente nelle case dei gatti ipertiroidei era significativamente maggiore comparata a quella dei gatti eutiroidei. Una correlazione significativa è stata poi trovata tra la polvere e il T4 totale nel siero dei

gatti. Questi studi mostrano che i gatti possono essere maggiormente esposti al PBDEs ingerendo la polvere che si ritrova in casa durante la normale attività di grooming. Questi studi forniscono anche una convincente evidenza per il possibile ruolo del PBDEs nello sviluppo dell’ipertiroidismo nei gatti89–91.

Nell’uomo e nel ratto la trasformazione del PBDEs in metaboliti idrossilati è la maggiore via di eliminazione; al contrario i gatti ipertiroidei mostrano bassi livelli sierici di metaboliti di PBDEs idrossilati suggerendo che il metabolismo del PBDEs nel gatto sia molto più lento e/o segua una via diversa.

Lettiera per gatti

L’uso della lettiera è stato riportato come un fattore di rischio dell’ipertiroidismo18,92. Questo dato

epidemiologico può essere correlato semplicemente al fatto che gatti che usano maggiormente la lettiera passano la maggior parte del loro tempo in casa mentre i gatti che non usano la lettiera sono in genere gatti che vivono all’aperto. Inoltre i gatti che vivono in casa vivono più a lungo, e l’ipertiroidismo è una patologia che insorge più facilmente in gatti adulti o anziani93–95. Ci sono

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differenti tipi di lettiera per gatti, alcuni di questi contengono sostanze chimiche come ad esempio deodoranti che potrebbero rappresentare un fattore di rischio. Le lettiere più comunemente utilizzate sono a base di argilla, ma sono anche presenti quelle a base di gel di silice e lettiere biodegradabili di origine vegetale, sempre più popolari da qualche anno a questa parte96.

L’esposizione potrebbe essere inalatoria, anche se l’utilizzo di sostanze aggreganti dovrebbe prevenire la formazione di aerosol, dannoso non solo per il gatto ma anche per l’itera famiglia, o per ingestione durante la toelettatura. Anche se l’utilizzo di lettiera biodegradabile può giovare alla salute di gatti, famiglia e ambiente il cambiamento della lettiera non previene dall’insorgenza di ipertiroidismo96–98.

Altro

L’esposizione a sostanze chimiche ambientali come pesticidi o erbicidi è risaputo induca anormalità nella tiroide, nessuno studio però e stato in grado di identificare uno specifico prodotto o componente associato al rischio. In aggiunta a tutti questi, ci sono molti altri fattori gozzigeni perclorato, PCBs, resorcinolo, diossina, fluoride, colorante rosso alimentare FD&C, a cui i gatti possono essere esposti attraverso la dieta, l’acqua potabile o l’ambiente che possono contribuire allo sviluppo di iperplasia adenomatosa e ipertiroidismo70–72,99,100. Alcuni agenti generalmente

causano gozzo agendo direttamente sulla ghiandola riducendo la sintesi degli ormoni tiroidei, il risultato è una minore circolazione del T4 che porta ad un incremento della secrezione pituitaria di

TSH70–72,99,100. Altri invece agiscono indirettamente sul meccanismo di regolazione della ghiandola

tiroide o sul metabolismo periferico e l’escrezione degli ormoni tiroidei.

2.2 Approccio clinico al paziente ipertiroideo

2.2.1 Segnalamento

L’ipertiroidismo è una patologia riscontrata in gatti adulti e anziani. L’età media di insorgenza della malattia è 12-13 anni, anche se un 5% dei casi può presentare un’età inferiore ai 10 anni al momento della diagnosi. È stato segnalato un caso di ipertiroidismo in un cucciolo, ma esami più approfonditi hanno evidenziato che l’aspetto istopatologico della tiroide in questo gatto era diverso da quello riscontrato comunemente nei casi di ipertiroidismo. Si è quindi ipotizzato che si sia trattato di un processo patologico distinto101. Sono stati condotti molti studi eziologici per

individuare l’eventuale correlazione tra sesso e razza con la patologia senza però evidenziare alcun dato significativo9.

2.2.2 Aspetto generale

Generalmente tutti i gatti affetti mostrano segni di una moderata o severa perdita di peso a dispetto di un normale o incrementato appetito. Se si permette alla patologia di progredire senza trattamento si può presentare debolezza e perdita di massa muscolare, affaticamento emaciazione e cachessia. Una severa debolezza muscolare, evidenziata dalla ventroflessione del collo è molto rara e ricollegabile a una possibile ipokaliemia indotta dall’ipertiroidismo. Un ridotto numero di gatti affetti può mostrare periodi di anoressia alternati a periodi di appetito normale o aumentato, ma questo è generalmente associato alla concomitante presenza di patologie non tiroidee, piuttosto che all’ipertiroidismo in sé. In mancanza di patologie concomitanti il meccanismo non è chiaro. Dal punto di vista comportamentale si può notare un atteggiamento ansioso, talvolta aggressivo102. Il gozzo risulta palpabile nella maggior parte dei casi.

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2.2.3 Sintomatologia

Perdita di peso

La perdita di peso si è sempre dimostrato uno dei sintomi più frequenti di questa patologia. Nei casi gravi può esitare in cachessia manifesta10,12,28,103. Questa condizione riflette l’aumento

generale nel metabolismo che può essere accompagnato da un lieve rialzo della temperatura corporea o da intolleranza al calore. Può essere associato anche a perdita del tono muscolare, debolezza e atrofia muscolare, aumenta la tendenza all’affaticamento. Il proprietario può riportare questa sintomatologia indicando una diminuita capacità di saltare e affaticamento dopo brevi episodi di attività fisica. I meccanismi fisiopatologici che portano all’intolleranza all’esercizio non sono chiari, ma probabilmente possono essere ricondotti alla perdita di peso e alla tireotossicosi12,14,102.

Polifagia

Questo sintomo non si riscontra sempre, quando però è riportato in associazione a un forte dimagrimento rappresenta una forma caratteristica dell’ipertiroidismo, ascrivibile ad un significativo aumento della velocità metabolica che l’animale non riesce a soddisfare con l’apporto calorico. In genere in più del 50% dei casi non si evidenziano alterazioni dell’appetito10.

Iperattività

L’iperattività è un altro carattere distintivo dell’ipertiroidismo. Può evolvere in agitazione o comportamenti aggressivi in particolare durante le manipolazioni compiute dal veterinario, spesso descritti con un’espressione facciale ansiosa o agitata e presentano diminuita tolleranza allo stress. È necessario prestare attenzione, perché nei casi gravi uno stress quale un semplice prelievo può portare a collassi, aritmie cardiache, dispnea. Alcuni gatti ipertiroidei vagano senza sosta, si muovono avanti e indietro e in circolo, riflettono uno stato di confusione, ansietà e nervosismo. Il sonno risulta più breve e l’animale si sveglia più facilmente. È possibile ‘insorgenza di episodi convulsivi focali o generalizzati tipici di un quadro epilettico che migliorano una volta ristabilito l’eutiroidismo12,102–104.

Poliuria e polidipsia

Poliuria e polidipsia occorrono in meno del 50% dei casi di ipertiroidismo felino. In alcuni individui può presentarsi particolarmente marcata e generalmente presenta un’origine multifattoriale10. I

meccanismi responsabili di questa sintomatologia sono vari. Includono una concomitante insufficienza renale primaria, patologia non insolita nei gatti anziani, dilavamento della midollare, ovvero una diminuzione della concentrazione dei soluti nella midollare del rene per l’aumentato flusso ematico, alterazioni elettrolitiche come per esempio un’ipokaliemia o una polidipsia primaria105. Quest’ultimo caso si può verificare a causa di un disturbo indotto dagli ormoni tiroidei

a livello ipotalamico. L’ipertiroidismo stesso inoltre potrebbe essere la causa dello sviluppo di nefropatie in seguito all’ipertensione sistemica. Questa condizione può poi degenerare in ipertensione glomerulare e iperfiltrazione glomerulare, contribuendo così a una sclerosi glomerulare e alla progressione verso l’insufficienza renale. Allo stesso tempo però in gatti in cui la nefropatia è preesistente rispetto alla patologia tiroidea, l’ipertensione che ne consegue potrebbe mostrarsi utile al mantenimento della filtrazione renale, garantendo così il funzionamento di

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questo organo. Anzi in questi casi è possibile che la risoluzione dell’ipertiroidismo comporti la manifestazione clinica dell’insufficienza renale.

Alterazioni dermatologiche

In passato si trattava di alterazioni riscontrate molto frequenti. Ad oggi grazie ad una maggiore consapevolezza dei proprietari, si verificano molto meno. Alcuni gatti si possono presentare con il pelo trascurato, arruffato presumibilmente per una mancata attività di grooming. Invece pazienti a pelo lungo possono presentare frequentemente alopecia (simmetrica bilaterale o irregolare) per un grooming eccessivo, il quale si pensa possa riflettere una intolleranza al calore. È stata descritta anche una eccessiva crescita delle unghie associata ad una maggiore fragilità, ma ad oggi è un’eventualità che si presenta raramente105. È possibile riscontrare anche un aumento della

crescita ungueale associata ad un aumento della fragilità. Sintomi gastrointestinali

I segni gastroenterici sono comuni, includono vomito e meno frequentemente diarrea. Il vomito può essere il risultato di una azione diretta degli ormoni tiroidei sui chemorecettori della zona trigger o per stasi gastrica. È presente molto spesso nei gatti che convivono con altri simili in particolare dopo il pasto, e ciò fa pensare ad una troppo rapida ingestione dell’alimento dovuta alla competizione106,107. Nell’uomo l’aumento della velocità di transito intestinale contribuisce a

una maggiore frequenza di defecazione e diarrea. In aggiunta il malassorbimento e la steatorrea possono essere il risultato di una eccessiva ingestione di grassi conseguente alla polifagia, rapido svuotamento gastrico e transito intestinale e/o una riduzione della secrezione della tripsina pancreatica. Nel gatto molti di questi meccanismi non sono stati investigati completamente, comunque il transito oro-cecale misurato sia in gatti sani che in gatti malati ha dimostrato l’aumento della velocità di transito nei gatti affetti da ipertiroidismo al 1993106,107. Da aggiungere

la possibile presenza di anoressia, che si alterna alla più comune polifagia, i motivi di questo comportamento non sono però stati ancora chiariti. Nei casi di ipertiroidismo apatico invece è presente uno stato di anoressia parziale o totale28,103.

Sintomatologia cardiorespiratoria

I sintomi cardiovascolari sono tra i più comuni e sono frequentemente inclusi tra i rilievi più significativi riscontrati inizialmente all’esame fisico. La tachicardia (la frequenza cardiaca può raggiungere più di 240 bpm) è frequentemente documentata in più del 50% dei casi.Sono inoltre comunemente riscontrati itto rinforzato e presenza di soffio sistolico. Alcuni soffi sono generalmente di grado I o II di varia intensità, frequentemente associati ad una ostruzione dinamica al deflusso ventricolare destro o sinistro, piuttosto che a un insufficienza mitralica o tricuspidale come prima si pensava28,103. L’ipertiroidismo è probabilmente il più importante fattore

di sviluppo di soffio nei gatti anziani. Secondo alcune pubblicazioni i soffi si riscontrano più spesso della tachicardia28. Un altro rilievo riscontrabile alla visita cardiologica è il ritmo di galoppo

associato ad un aumento della velocità di riempimento ventricolare. Occasionalmente è possibile evidenziare aritmie ectopiche atriali o ventricolari. Queste alterazioni della funzionalità cardiaca sono attribuibili all’azione diretta degli ormoni tiroidei sul muscolo cardiaco, in aggiunta agli effetti indiretti mediati dall’interazione degli ormoni tiroidei con il sistema nervoso adrenergico e da anomalie cardiache in risposta all’alterata perfusione periferica. Questi effetti esitano in un

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alterazione dell’output cardiaco e di conseguenza in una cardiomiopatia ipertrofica e dilatazione delle camere cardiache. Un’insufficienza cardiaca congestizia associata a versamento pleurico ed edema polmonare, evidenziabile con tosse, dispnea, toni attutiti e ascite, può svilupparsi anche se raramente, risulta associata anche a tosse e ritmo di galoppo10,28. L’ipertiroidismo può portare a

insufficienza cardiaca anche in assenza di anomalie miocardiche scatenanti108. È generalmente

associato a una forma di cardiomiopatia ipertrofica, meno comunemente dilatativa con gravi segni di insufficienza cardiaca congestizia109. La cardiomiopatia da ipertiroidismo è generalmente

reversibile. Quasi il 50% dei gatti ipertiroidei presenta un innalzamento dei livelli di troponina I, con una riduzione dopo la terapia, causata da un consistente ma reversibile danneggiamento dei miociti ad opera degli ormoni tiroidei110. Se la cardiomiopatia non migliora dopo il trattamento,

anzi persiste e peggiora, sta a indicare un preesistente difetto cardiaco o un danno strutturale irreversibile generato dall’azione degli ormoni tiroidei. Il meccanismo patogenetico non è molto chiaro111. Nei gatti che hanno sviluppato un’insufficienza cardiaca congestizia

,

il mantenimento del

trattamento per la patologia cardiaca sarà necessario anche in seguito ad una completa risoluzione dell’ipertiroidismo e mantenimento dei livelli ormonali all’interno dell’intervallo di riferimento mediante terapia111. Una lieve o moderata ipertensione, reversibile dopo aver

riportato il soggetto ad uno stato di eutiroidismo, era inizialmente considerata importante nei gatti ipertiroidei. Ma è ormai chiaro che i gatti ipertiroidei sono soltanto leggermente ipertesi, e quando lo sono si tratta generalmente di una ridotta tolleranza dei gatti malati a situazioni stressanti come la manipolazione del veterinario. In accordo con questa ipotesi la perdita della vista o altre anomalie oculari associate a una marcata ipertensione sono molto rare103,112. Nel caso

in cui sia dimostrato uno stato ipertensivo da moderato a severo, si deve ricercare la causa in patologie concomitanti come ad esempio una insufficienza renale. Alcuni gatti hanno sviluppato un aumento della pressione sistemica dopo il trattamento per l’ipertiroidismo. Questo fenomeno potrebbe essere spiegato da un aumento delle resistenze periferiche dovuto al calo della concentrazione sierica degli ormoni tiroidei oppure anche in seguito diminuzione della funzionalità renale. Anomalie respiratorie, principalmente tachipnea, respiro affannoso12 e dispnea a riposo,

sono i sintomi respiratori più comuni ma tendono a mostrarsi maggiormente nei momenti di stress. In assenza di alterazioni cardiache la spiegazione più probabile è la debolezza muscolare causata da una miopatia cronica tireotossica con una conseguente diminuzione della compliance polmonare105.

Ipertiroidismo apatico

I gatti si possono presentare con apatia o depressione e anoressia, piuttosto che polifagia e ipereccitazione. In gatti ipertiroidei apatici si ha spesso una associazione con insufficienza cardiaca congestizia. Severe patologie non tiroidee concomitanti come insufficienza renale o neoplasie possono essere dei fattori aggravanti la sintomatologia. È quindi importante nei gatti che presentano apatia indagare le patologie concomitanti in quanto possono modificare le scelte terapeutiche o la prognosi. Inizialmente l’apatia era presente in circa il 10% dei casi, ma oggi è molto meno frequente105.

Parametro Numero % di gatti Indagine del 1983 Numero % di gatti Indagine del 1993 Perdita di peso 98% 87% Polifagia 81% 49% Iperattività 76% 31%

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