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La Clinical Governance del diabete in ospedale

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Ada Maffettone Il Giornale di AMD 2014;17:63-68

la Clinical Governance del diabete in ospedale

A. Maffettone

1

, M. Rinaldi

2

, l. Ussano

1

adamaff@hotmail.com

1 Medicina ad Indirizzo Cardiovascolare e Dismetabolico; 2 UOD Metabolica – AO Ospedali dei Colli, Plesso Monaldi, Napoli

Parole chiave: Diabete, Clinical Governance, Piano Nazionale diabete, Percorsi integrati Key words: Diabetes, Clinical Governance, National Health Diabetes Plan, Integrated Pathways Il Giornale di AMD, 2014;17:63-68

Riassunto

Secondo l’International Diabetes Federation (IDF) le per-sone affette da diabete nel mondo sono 371 milioni (preva-lenza dell’8,3%). In Italia i dati dell’Osservatorio Arno 2011 indicano una prevalenza del diabete del 5,8%. Tali dati allar-manti mal si coniugano con la attuale crisi economica mondia-le. In Italia dal 2010 si assiste ad un sempre maggiore divario tra le previsioni di spesa e quelle di finanziamento pubblico. Nell’ambito dei fattori che contribuiscono ai costi sanitari di-retti per il diabete, circa il 50% è dovuto all’ospedalizzazio-ne. Il Parlamento Europeo, con la risoluzione del 14 marzo 2012, ha invitato la Commissione Europea e i Paesi membri dell’Unione a sviluppare ed implementare una vera e propria “Strategy” per affrontare l’epidemia diabete e per arginarne i costi elevati. In tale documento viene enfatizzato il ruolo di un’adeguata organizzazione dell’assistenza sanitaria che se-gua i principi della Clinical Governance (CG). Essa è stata in-trodotta nel Regno Unito nel 1997 con la riforma sanitaria del governo laburista, sviluppandosi quale sistema di integrazione degli aspetti di gestione clinica e di quella manageriale. La CG è una struttura organizzativa che favorisce il miglioramento della qualità mediante l’eccellenza delle cure cliniche, l’impie-go appropriato delle risorse, con l’integrazione tra la visione clinica e quella manageriale della qualità. Scopo di tale lavoro è stato applicare i concetti di CG immaginando i percorsi orga-nizzativi del paziente diabetico durante il ricovero ospedaliero; l’utilizzo di tali strategie nella pratica quotidiana determine-rebbe la razionalizzazione dell’offerta e l’appropriatezza delle prestazioni perseguendo il concetto di qualità delle cure e pre-stazioni sanitarie propri della CG.

Summary

According to the International Diabetes Federation (IDF) people with diabetes in the world are 371 million (prevalence of 8,3%) . In Italy, data from the 2011 Arno Observatory show a prevalence of diabetes of 5.8%. These alarming data are in trend with the current global economic crisis. In Italy the diffe-rence between the estimates of expenditure and the financing is increasing since 2010. Approximately 50% of diabetes’ direct medical costs are due to hospitalization. The European Parlia-ment, in its resolution of March 14, 2012 invited the European Commission and the EU member states to develop and imple-ment a real “Strategy“ for the diabetes epidemic and to contain this disease’s high costs. The resolution emphasized the role of

adequate health care organization following the Clinical Go-vernance’ (CG) principles. CG was introduced in the UK in 1997 with the Labour party health care reform as a system of integration of clinical and managerial management. The CG is an organizational structure promoting the improvement of the quality of clinical care through excellence, the proper use of resources, with the integration between the clinical and mana-gerial vision of quality. Aim of this paper was the application of CG’s concepts for in-hospital diabetic patients through the organization of clinical pathways; the use of these strategies in everyday practice would lead to the funds’ rationalization and to the appropriateness of our work focusing on the health care services’quality, concepts typical of CG.

L’American Diabetes Association nel suo ultimo rap-porto(1) indica che negli Stati Uniti sono 26 i milioni di

individui affetti da diabete (e ulteriori 79 milioni a forte rischio di svilupparlo). La spesa sanitaria e sociale gene-rata nel 2012 è stata di 245 miliardi di dollari (+41%ne-gli ultimi 5 anni). In Europa ci sono oltre 55 milioni di diabetici; la prevalenza nel 2012 è dell’8,4%, ma si pre-vede che al 2030 salirà al 9,5% (64,2 milioni). Le analisi dell’IDF stimano un aumento della prevalenza in tutte le macro-regioni geografiche, anche nei paesi emergen-ti: 4 persone affette da diabete su 5 vivono, infatti, in paesi a medio - basso reddito(2). In Italia i dati raccolti

dall’Osservatorio Arno 2011 per il 2010 indicano una prevalenza del diabete pari al 5,8% (da cui si può stima-re un numero di diabetici pari a 3,5 milioni). Tali numeri sono destinati ad aumentare, tanto che la previsione del tasso di crescita per tale patologia per gli anni 2010-2030 si attesta, per l’Italia, nell’ordine dello 0.7-1%(3). La

di-stribuzione di tale patologia è differente nelle varie re-gioni italiane: si passa dal 7.7% in Abruzzo al 3.2% della Provincia Autonoma di Bolzano(4). Tali dati allarmanti,

si accompagnano alla attuale crisi economica mondiale ed italiana in particolare. Infatti, dal 2010 il divario tra le previsioni di spesa e quelle di finanziamento si allarga sempre più (Figura 1)(15). Si stima che la spesa per

l’as-sistenza sanitaria al diabete ammonti a circa il 10% del fondo sanitario ed essa è destinata ad aumentare sia per l’introduzione di nuove terapie che per l’accresciuto nu-mero di pazienti. Negli anni 2000 il consumo dei farmaci

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per il diabete è cresciuto mediamente il 5% all’anno(5).

Il diabete è, quindi, una malattia molto costosa. Essa presenta costi sociali (circa 8% della spesa del Sistema Sanitario Nazionale pari a circa € 8,25 miliardi/anno; € 2.750 per paziente/anno), ma anche costi individuali (spesa personale non coperta dal SSN) costi diretti (cura della malattia e delle sue complicanze acute e croniche) costi indiretti tangibili (assenza dal lavoro con mancato guadagno, impegno dei familiari, ecc.) costi indiretti in-tangibili o morali (disabilità, qualità e quantità di vita). Nell’ambito dei fattori che contribuiscono ai costi sani-tari diretti, circa il 50% è dovuto all’ospedalizzazione, mentre solo il 6% si può ascrivere all’uso di farmaci(6).

In un’interessante iniziativa promossa dal Club Diabe-te Sicili@, si è provato ad effettuare una proiezione (al 2025) dei benefici associati a una riduzione dello 0,5% dei valori dell’Hba1c, di 3 mm Hg della Pressione Ar-teriosa Sistolica e di 25 mg/dl del colesterolo LDL. Ciò determinerebbe una riduzione del numero degli infar-ti del miocardio del 17%, di quelli dell’ictus del 15% ed una riduzione del tasso di mortalità (per 10.000) del 15% (Figura 2a e 2b). Si riuscirebbe a risparmiare ben 3323 milioni di euro (Tabella 1)! Il Parlamento Euro-peo, con la risoluzione del 14 marzo 2012, ha invitato la Commissione Europea e i Paesi membri dell’Unione a sviluppare ed implementare una vera e propria “EU Dia-betes Strategy” per affrontare l’epidemia diabete e per arginarne i costi elevati. Nei vari punti della risoluzione gli stati membri sono stati invitati a sviluppare, attuare e monitorare piani nazionali sul diabete che prevedano programmi per la gestione della malattia basati su prassi di eccellenza, secondo i quali i pazienti vengano

affida-Figura 1. Trend di finanziamento e spesa del SSN, anni 2000-2013. Ministero dell’Economia e delle Finanze. Relazione Generale sulla Situazione Economica del Paese, 2010 http://www.mef.gov.it/doc-finanza-pubblica/rgse/.

2009 2009 2010 2010 2011 2011 2012 2012 2013 2013 2014 2014 2015 2015 2016 2016 2017 2017 2018 2018 2019 2019 2020 2020 2021 2021 2022 2022 2023 2023 2024 2024 2025 2025 -17% -15%

Numero di infarti del miocardio

Numero di ictus 140.000 130.000 120.000 110.000 100.000 90.000 80.000 55.000 50.000 45.000 40.000 35.000 30.000

Figura 2a. Predizione dei benefici a lungo termine: riduzione del 17% numero infarti del miocardio e 15% ictus cerebri. Club Diabete Sicili@.

In giallo: proiezioni senza intervento, in verde: proiezioni con l’intervento.

2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 2023 2024 2024

-15%

Tassi di mortalità, per 10,000 800 750 700 650 600 550 500

Figura 2b. Predizione dei benefici a lungo termine: riduzione del 15% tasso mortalità per 10.000 abitanti. Club Diabete Sicili@.

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ti costantemente a team interdisciplinari qualificati. Nel febbraio 2013 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficia-le il Piano NazionaUfficia-le del Diabete (PND)(7). Esso è nato

dall’esigenza di sistematizzare a livello nazionale tutte le attività nel campo della malattia diabetica al fine di rendere più omogenei i processi diagnostico-terapeutico assistenziali. Il PND definisce 10 obiettivi generali, decli-nati in obiettivi specifici e linee di indirizzo prioritarie. Viene anche enfatizzato il ruolo di un’adeguata organiz-zazione dell’assistenza sanitaria che, in base ai principi della Clinical Governance, tenga in considerazione: – la condivisione delle informazioni

– il ruolo di ogni attore coinvolto

– la capacità di gestione da parte dell’organizzazione complessiva

– la ricerca di percorsi organizzativi che diminuiscano il più possibile l’incidenza di eventi acuti o di compli-canze invalidanti

Il diabete, quindi, viene considerato patologia complessa e ad alta penetranza nella società moderna, anche se tali linee di indirizzo contrastano con l’at-tuale situazione economica mondiale e, in Italia, con il regime di rientro della spesa sanitaria previsto per alcune regioni italiane. Al giorno d’oggi assistiamo al paradosso della Medicina moderna cosi come espresso da Kane nel 2005(8,9), e cioè: ”We are still practicing

acute care medicine in a world of chronic disease”, stiamo, cioè, ancora praticando terapie mediche acute in un mondo di malattie croniche. Le risorse attual-mente disponibili per l’assistenza medica, infatti, sono tutte indirizzate verso interventi per malattie acute. Contemporaneamente gli operatori sanitari assistono all’aumentato rischio di vedere ridotti i finanziamenti per le malattie croniche quali il diabete; esse infatti sono poco vantaggiose dal punto di vista economico, di difficile gestione, costose, destinate a peggiorare nel tempo.

Analizzando i dati pubblicati da Nardi et al. nel 2005, il diabete si presenta come seconda (5.2%) o ter-za (4.2%) comorbidità nei reparti di Medicina Interna degli ospedali italiani(10). È risaputo che il rischio di

ri-covero in ospedale per specifiche cause per soggetti con diabete rispetto a soggetti di pari età e sesso, ma senza diabete è doppio in caso di infarto del miocardio e pa-tologie cardiovascolari in genere, ma è di circa 8 volte maggiore in caso di amputazioni(11).

In definitiva il paziente diabetico è, quindi, un pa-ziente complesso: il diabete è una patologia multi orga-no che, inevitabilmente, nel corso della sua evoluzione va incontro a complicanze, spesso invalidanti. Nume-rosi sono gli organi e, di conseguenza, gli specialisti coinvolti nella cura di tale patologia che rappresenta, quindi, una sfida per i sistemi sanitari dei vari paesi oc-cidentali. A tale scopo, il PND 2013 definisce 10 obiet-tivi generali, declinati in obietobiet-tivi specifici e linee di in-dirizzo prioritarie:

1. Migliorare la capacità del SSN nell’erogare e moni-torare i Servizi, attraverso l’attuazione di strategie che perseguano la razionalizzazione dell’offerta con metodologie di lavoro basate soprattutto sull’appro-priatezza delle prestazioni

2. Prevenire o ritardare l’insorgenza della malattia at-traverso l’adozione di idonei stili di vita; identificare precocemente le persone a rischio e quelle con dia-bete

3. Aumentare le conoscenze circa la prevenzione, la diagnosi il trattamento e l’assistenza, conseguendo, attraverso il sostegno alla ricerca, progressi di cura, riducendo le complicanze e la morte prematura. 4. Rendere omogenea l’assistenza, prestando

partico-lare attenzione alle disuguaglianze sociali e alle con-dizioni di fragilità e/o vulnerabilità socio-sanitaria 5. Nelle donne diabetiche in gravidanza raggiungere

outcome materni e del bambino equivalenti a quelli delle donne non diabetiche; promuovere iniziative finalizzate alla diagnosi precoce nelle donne a ri-schio; assicurare la diagnosi e l’assistenza alle donne con diabete gestazionale

6. Migliorare la qualità della vita e della cura e la piena integrazione sociale per le persone con diabete in età evolutiva

7. Organizzare e realizzare le attività di rilevazione epidemiologica finalizzate alla programmazione e al miglioramento dell’assistenza

8. Aumentare e diffondere le competenze tra gli ope-ratori della rete assistenziale favorendo lo scambio continuo di informazioni

9. Promuovere l’appropriatezza nell’uso delle tecnolo-gie

10. Favorire varie forme di partecipazione, in partico-lare attraverso il coinvolgimento di Associazioni riconosciute di persone con diabete, sviluppando l’empowerment delle persone con diabete e delle comunità.

Tabella 1. Proiezione al 2025 dei benefici associati a una riduzione del-lo 0,5% dell’Hba1c, di 3 mmHg della PAS e di 25 mg/dl del colesterodel-lo ldl Risparmio di 1,5 milioni di anni di vita e oltre 3 miliardi di euro. FONTE Club Diabete Sicili@.

Risultati 2009-2025

Anni di vita salvati 1.466.356 Aumento vita media 0,80 Riduzione mortalità per 10.000 102 Milioni e risparmiati 3.323 Anni guadagnati senza insufficienza renale terminale 65.752 Anni guadagnati senza amputazione 4.190 Anni guadagnati senza infarto del miocardio 203.203 Anni guadagnati senza ictus 64.422 Anni guadagnati senza cecità 26.422

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In definitiva, per una patologia complessa come il

diabete, è necessario che si realizzi un sistema di gestio-ne dell’assistenza sanitaria che sia in grado di dirigere e controllare, attraverso attività coordinate e in maniera stabile, l’insieme di tutti questi elementi reciprocamen-te correlati, orientandoli verso un miglioramento della qualità.

Negli ultimi anni in gran parte dei sistemi sanitari occidentali, Italia compresa, la pressione- a volte os-sessiva- sul contenimento della spesa ha prodotto una netta separazione tra la gestione economico-organizza-tiva (riconducibile alla Direzione Generale di qualsiasi Azienda Sanitaria) e quella clinica affidata alla comuni-tà dei professionisti sanitari. Si è venuto a creare, infatti, un netto distacco tra la gestione economica (riconduci-bile alla Direzione Generale di qualsiasi Azienda Sanita-ria) e quella clinica affidata alla comunità dei professio-nisti sanitari. Oltre a ciò si è determinato anche un net-to distacco tra i momenti di controllo della performance economica e di quella clinica; i sistemi di programma-zione delle aziende del SSN, i cui scopi sarebbero quel-li di tradurre le scelte del Piano Sanitario Regionale in obiettivi di performance economica e di esiti clinici, hanno assunto una connotazione top-down, conside-rando come maggiormente importanti gli obiettivi eco-nomici che quelli di attività clinica e di outcome sociali. L’eccessiva enfasi sui criteri economici e di efficienza, inoltre, ha promosso pratiche manageriali fondate sul controllo di gestione erodendo le condizioni organizza-tive del singolo contesto, necessarie al miglioramento delle pratiche cliniche appropriate. In tale scenario, la

Clinical Governance si è sviluppata quale sistema di

inte-grazione degli aspetti di gestione clinica e di quella ma-nageriale. Il verbo greco kubernan (guidare una nave o un carro) fu utilizzato per la prima volta da Platone per designare il modo di governare gli uomini. La parola inglese governance è stata ripresa nel 1990 da economisti e politologhi anglosassoni e da alcune Istituzioni Inter-nazionali per designare “l’arte o la maniera di governare”. La parola governance in lingua italiana è intraducibile. Dovendo dare una definizione italiana al concetto

go-vernance dovremmo dire: la gogo-vernance è un’arte o un

modo di gestire la Pubblica Amministrazione che è alla base della multidisciplinarietà e si basa su come ven-gono fatte le cose. Con Clinical in lingua inglese si in-tende l’ambiente sanitario a differenza di clinico, che in lingua italiana è invece riferito all’applicazione della diagnostica e della terapia. Il significato concettuale di Clinical Governance è quindi l’utilizzo di una modalità di gestione in ambiente sanitario fondata su un nuovo modello di come fare le cose basato su alcuni

aspetti fondamentali: la responsabilità, la trasparenza, il coinvolgimento e la partecipazione, l’etica e il valore del lavoro. Il concetto di Clinical Governance (CG) è stato introdotto nel Regno Unito nel 1997 con la riforma sa-nitaria del governo laburista; il documento A First Class

Service(12) metteva in primo piano, infatti, il tema

dell’as-sistenza sanitaria come dovere delle Aziende e respon-sabilità primaria dei professionisti, rispetto alla prece-dente organizzazione che aveva introdotto il concetto di

budget, finalizzando l’attività sanitaria al risparmio delle

risorse. La CG è, quindi, una struttura organizzativa che favorisce il miglioramento della qualità creando il clima adatto per l’eccellenza delle cure cliniche, per l’impiego appropriato delle risorse, per l’integrazione tra la visio-ne clinica e quella manageriale della qualità(13). La

visio-ne sistemica della CG, come realizzata visio-nel Regno Unito, può essere espressa con la metafora dell’albero (Figura 3)(14). L’albero è costituito da rami che rappresentano

le componenti del sistema di CG, ovvero gli strumenti per la gestione clinica delle strutture sanitarie. Le radi-ci dell’albero sono rappresentate dalla disponibilità dei manager alla gestione delle risorse e dei servizi, dalla cultura dell’apprendimento continuo, dai risultati della ricerca e sviluppo, dall’affidabilità dei dati e delle in-formazioni che consentono di prendere decisioni basate sulle evidenze e non sulle singole opinioni. Tali radici necessitano di essere continuamente alimentate in un tessuto organizzativo vitale. Dalle radici si risale lungo il tronco dell’albero sino ai rami, alimentando continua-mente con nuova linfa le componenti (gli strumenti) della Clinical Governance. Anche il tronco svolge una funzione importante mediante il coordinamento clinico e la forza di integrazione della cultura organizzativa.

Il Centro Nazionale per la Prevenzione ed il Control-lo delle Malattie (CCM) e l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) hanno predisposto, a partire dal 2006, il progetto IGEA(15). In tale progetto il diabete mellito

rappresen-ta una sorrappresen-ta di modello paradigmatico delle malattie croniche che oggi rappresentano una sfida per i servizi sanitari dei Paesi occidentali. Obiettivo principale è ot-timizzare i percorsi diagnostico-terapeutici, mettendo il paziente e non il sistema al centro dell’organizzazione assistenziale del diabete. Il progetto IGEA rappresenta uno scenario permanente che impegna a diverso titolo

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lo Stato, le Regioni e le Aziende sanitarie. Sue caratte-ristiche fondamentali sono: l’origine dalla Conferenza Stato-Regione del 2005, il collegamento con il Piano Nazionale di Prevenzione, l’impegno pluriennale sotto-scritto da tutte le Regioni italiane, il garantire interventi efficaci per la totalità dei diabetici.

Suoi obiettivi principali sono:

– attuare gli interventi secondo i principi della medici-na basata sulle prove (EBM)

– assicurare la possibilità di misurare sia la qualità del-le cure che il miglioramento degli esiti

– assicurare la possibilità di attivare gradualmente un modello di assistenza su tutto il territorio naziona-le, tenendo conto delle diverse realtà territoriali, ma garantendo comunque uniformità negli interventi. In definitiva il modello di gestione integrata del dia-bete, cosi come espresso dal progetto IGEA, non è altro che espressione dei concetti propri della CG.

Nell’ambito di tale gestione integrata, un ruolo fonda-mentale viene svolto dall’ospedale, inteso come sistema

integrato con le cure primarie. L’ospedale ha come ruo-lo precipuo la gestione delle acuzie, anche se nel corso degli anni si è delineata una funzione più ampia che ha dato spazio alla crescita di un’offerta a volte anche inap-propriata. L’assistenza ospedaliera va innanzitutto vista come un continuum con l’assistenza territoriale. L’arrivo del paziente cronico in ospedale viene determinato da vari possibili scenari: o dalla naturale evoluzione della malattia, o dal non aver trovato sul territorio idonee ri-sposte o, ancora, dall’essere sfuggiti alla rete di assistenza perché in fase di scompenso acuto che ne ha imposto il ricovero. Il paziente diabetico che arriva in ospedale è, generalmente, un paziente fragile. Egli necessita di ge-stione multidisciplinare, percorsi integrati di cura, una dimissione “protetta” il più possibile, cioè in contatto col servizio di diabetologia di riferimento ed il Medico di Me-dicina Generale per la presa in carico.

Oltre alle attività di ricovero programmato, il “percor-so” intra ospedaliero comincia dalle “porte” del sistema-ospedale: quella del Pronto Soccorso (PS) e quella d’usci-ta, cioè la dimissione del paziente ed il suo ritorno al ter-ritorio. Per quanto riguarda il PS (ed il collegato sistema di emergenza-urgenza 118), esso può rivelarsi molto importante per la percentuale di pazienti che frequente-mente vi si presentano senza che questo dia origine ad un ricovero. I pazienti in questa fase andrebbero “aggancia-ti” al sistema e dimessi attivamente dal PS nel territorio. Il paziente che dal PS viene ospedalizzato segue, invece, un Profilo Assistenziale in varie tappe quali l’approfon-dimento diagnostico, l’arrivo nel reparto di degenza,l’iter assistenziale successivo (la presa in carico, la valutazione, la definizione e la gestione del piano di cura personaliz-zato). A livello ospedaliero è fondamentale la costruzio-ne di percorsi assistenziali (PA) integrati intra-ospedalieri rivolti a pazienti cronici ricoverati per cause non diretta-mente connesse alla loro patologia cronica (ad esempio, il ricovero di un paziente con diabete mellito in chirurgia

o in ortopedia, etc). È in questa area che bisogna appli-care i concetti propri della Clinical Governance quali il miglioramento dell’efficacia, dell’efficienza e della quali-tà di vita dei pazienti. Inoltre non bisogna sottovalutare che il ricovero per il diabetico può rappresentare un mo-mento educazionale importante; infatti l’educazione del paziente (il momento di crisi determinato dal ricovero è sempre un momento nel quale il paziente è potenzial-mente più ricettivo), la pianificazione e la gestione della dimissione sono tappe irrinunciabili del ricovero del pa-ziente diabetico. La pianificazione della dimissione è un momento sul quale bisogna iniziare a lavorare già nei primissimi giorni di degenza perché bisogna costruire e concordare per tempo la “dimissione attiva” del paziente all’interno della rete territoriale. In alcune realtà regio-nali si è effettuata la sperimentazione della “dimissione facilitata” dei pazienti cronici attraverso specifiche figure (care-manager) che fungono da raccordo tra l’ospedale ed il territorio.

Abbiamo qui di seguito immaginato quali siano le modalità di ricovero ospedaliero per il paziente diabeti-co nelle quali applicare i principi ed i metodi della Cli-nical Governance:

1) diabetico in pronto soccorso

2) diabetico critico in area medica e chirurgica 3) diabetico in reparto di degenza

4) percorso pre-operatorio di “elezione” 5) diabetica gravida

6) organizzazione di consulenza del team diabetologico per l’educazione del paziente.

Tali percorsi intra ospedalieri sono quelli che an-drebbero implementati e, se necessario, istituiti su tutto il territorio nazionale, per il paziente affetto da diabete: 1. Paziente diabetico in pronto soccorso

– gestione delle urgenze iper/ipoglicemiche secon-do Linee Guida e protocolli condivisi

– Percorsi Assistenziali integrati per la presa in ca-rico attraverso integrazione col servizio di diabe-tologia di riferimento

2. Paziente critico in area medica e chirurgica

– protocolli per le urgenze iper/ipoglicemiche e re-lativa gestione infermieristica

– formazione del personale – dimissione protetta

3. Diabetico in reparto di degenza

– corretta gestione della terapia insulinica e del monitoraggio glicemico

– gestione del tipo di alimentazione (artificiale e non)

– dimissione protetta

4. Percorso pre-operatorio di “elezione”

– valutazione specialistica in un PA strutturato ambulatoriale

– gestione dell’evento chirurgico (protocolli per la terapia insulinica intensiva)

– dimissione protetta

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5. Diabetica gravida

– gestione del parto con apposito PA integrato tra i vari professionisti

6. Organizzazione di consulenza del team diabetologi-co per l’educazione del paziente

– autogestione terapia insulinica, autocontrollo domiciliare, terapia nutrizionale

– presa in carico pre-dimissione da parte del Servi-zio di Diabetologia territoriale di riferimento (PA integrato)

In sintesi, nella malattia diabetica l’impatto sociale, quello economico e quello sanitario impongono la ri-cerca di percorsi organizzativi in grado di minimizza-re il più possibile l’incidenza degli eventi acuti o delle complicanze invalidanti che comportano costi eleva-tissimi, diretti ed indiretti(16). Attualmente avremmo gli

strumenti per poterlo fare con la Clinical Governance. L’implementazione della Clinical Governance, però, ri-chiede un approccio organico con un notevole impiego di risorse in un lungo orizzonte temporale per meglio formare il personale del SSN e determinare, quindi, un processo di cambiamento radicale nella cultura organiz-zativa, negli strumenti utilizzati e nelle prassi operative. In conclusione, l’utilizzo degli strumenti del Gover-no Clinico appare fondamentale per il miglioramento dei nostri comportamenti e delle nostre prassi quoti-diane; esse sempre più in futuro dovranno tendere alla eccellenza della qualità dei servizi erogati ai pazienti,

mission del Sistema Sanitario Nazionale e, di

conseguen-za, funzione centrale del sistema del “Governo” stesso. Auguriamoci di poter utilizzare tali strumenti quanto prima cosi da rendere omogeneo il modello di preven-zione, cura e gestione integrata della malattia diabete.

Conflitto di interessi: nessuno.

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Riferimenti

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