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Guarda Le nozioni di 'crisi' e di 'incommensurabilità lessicale' nell’ambito della storiografia linguistica | Studi Urbinati, B - Scienze umane e sociali

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Presentato dal Dipartimento di Scienze della Comunicazione.

1 B. Piatti Morganti, Per una storia della linguistica come scienza, «Studi Urbinati», serie B, Scienze umane e sociali, LXXX 2010, pp. 277-297.

2 T.S. Kuhn, The Trouble with the Historical Philosophy of Science, R. and M. Rothschild Distinguished Lecture, 19 Novermber 1991, Cambridge, Massachusetts 1992, Chicago 1997, tr. it. S. Gattei, Il problema di una filosofia storica della scienza, in Id., Dogma contro critica. Mondi possibili nella storia della scienza, Milano 2000, pp. 170, 173; S. Gattei, The Road Since Structure, in A. Fine, M. Forbes, L. Wessels a cura di, Proceedings of the 1990 Biennal Meeting of the Philosophy of Science As-sociation, Michigan 1991, vol. II, pp. 3-13, tr. it. S. Gattei, La strada percorsa dalla

“Struttura”, in T.S. Kuhn, Dogma contro critica. Mondi possibili nella storia della scien-za, cit., pp. 143, 144.

nell’ambito della storiografia linguistica

di Bruna Piatti Morganti

Le nozioni di «crisi» e di «incommensurabilità lessicale» confermano, a livelli diversi d’interazione, la vicinanza concettuale tra la riflessione kuhniana e la lezione degli storiografi delle Annales anche in rapporto alla definizione di una storia della linguistica come scienza. Le modalità narrative della scien-za e le dinamiche che la caratterizscien-zano si mescolano alle categorie attorno alle quali la storia racconta il mutamento attraverso un processo di astrazione che sottrae gli eventi alla mera cronaca aneddotica lasciando emergere i tratti salienti di un’epoca per descriverli come parte di un mosaico più grande, che consente di guardare alla storia del pensiero linguistico come a un importan-te capitolo della storia delle idee. In questo senso la dinamicità del modello ‘strutturale’ kuhniano si dispiega in una narrazione governata da categorie che nascono da un processo di necessaria ‘concettualizzazione’ a cui si affian-ca la natura ‘collettiva’ che presiede al divenire della storia e della scienza, tanto da consentire l’individuazione di tre distinti “paradigmi” di sviluppo del pensiero linguistico (organicista, strutturalista e cognitivista) strettamente vincolati alle nozioni di «rivoluzione scientifica» e di «comunità scientifica»1.

Come la scienza si trova impossibilitata a descrivere, almeno approssima-tivamente, il mondo indipendentemente da un «punto archimedeo» mobile e situato nella storia2, in quanto ogni teoria analizza la realtà attraverso concetti

storicamente contingenti, sempre suscettibili di essere modificati, anche la storia non può strutturarsi in altro modo che nelle vesti di un racconto del

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3 P. Veyne, Comment on écrit l’histoire, Paris 1971, tr. it G. Ferrara, Come si scrive la storia. Saggio di espistemologia, Roma-Bari 1973, p. 159

4 T.S. Kuhn, The Structure of Scientific Revolutions, Chicago 1962, tr. it A. Carugo, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Torino 1999, p. 212; C.L. Becker, The Heavenly City of the Eighteenth-Century Philosophers, New Haven (Conn.) 1932, p. 5; M. Bloch, Apologie pour l’histoire ou Métier d’historien, Paris 1993, tr. it. G. Gouthier, Apologia della storia o Mestiere di storico, Torino 1998, p. 27.

5 T.S.Kuhn, La strada percorsa dalla “Struttura”, cit., pp. 138, 140.

6 Id., pp. 155-156; Id., Afterwords, in H. Paul a cura di, Wold Changes, Thomas Kuhn and the Nature of Science, Cambridge-Massachusetts-London 1993, pp. 311-341, tr. it. S. Gattei, Parole di conclusione, in Id., Dogma contro critica. Mondi possibili nella storia della scienza, cit., pp. 209 ss.

7 P. Veyne, La storia concettualizzante, in J. Le Goff, N. Pierre, Fare storia. Temi e metodi della nuova storiografia, Torino 1981, p. 41.

8 T.S. Kuhn , La strada percorsa dalla “Struttura”, cit., pp. 154, 156; Id., Il problema di una filosofia storica della scienza, cit., p. 180

mutamento del quale se ne raccoglie il processo perennemente in corso3: se a

‘livello inter-disciplinare’ i vari rami del sapere risultano trasversalmente con-taminati dal ‘clima culturale’ dominante, che definisce i margini dei diversi orientamenti teorici quasi tracciando una sorta di minimo comun denomi-natore4, a ‘livello intra-disciplinare’ ogni ‘modello teorico e metodologico’

gode di un’autonomia assoluta la cui incommensurabilità semantica traccia il confine della intraducibilità dei suoi contenuti5. La storia della scienza chiede

quindi di essere pensata come Darwin pensò l’evoluzione, tanto da riflettere l’impianto di un’epistemologia evoluzionistica che si configura come un kan-tismo post-darwiniano: l’analogia tracciata tra l’evoluzione degli organismi e l’evoluzione delle idee scientifiche rimanda a un unico processo che si svilup-pa costantemente a svilup-partire da stadi primitivi per tendere progressivamente non verso uno scopo sempre più prossimo alla verità, ma realizzando un in-cremento dell’articolazione e della specializzazione della conoscenza scienti-fica; il meccanismo isolante necessario allo sviluppo delle unità sottoposte a speciazione se da un lato è assicurato dal «patrimonio genetico», dall’altro è definito dal «lessico»6. La storia della scienza non è tuttavia un’ontologia di

sostanze individuali, bensì di collettivi7 corrispondenti alle diverse comunità

scientifiche le quali, al pari di «nicchie» biologiche, costituiscono i mondi e sono costituite da essi; nel loro divenire si differenziano e mutano, in sincro-nia e in diacrosincro-nia, ovvero nella varietà delle specializzazioni e nel succedersi dei paradigmi8.

All’interno di tale quadro le nozioni di «crisi» e di «incommensura-bilità lessicale» divengono categorie essenziali nell’ambito di una rico-struzione storiografica volta alla valorizzazione e all’identificazione dei principali snodi della linguistica come scienza. La «crisi» del paradigma implica uno stato di tensione capace di trascinare al centro dell’atten-zione «anomalie» che inizialmente si configurano alla periferia della

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co-9 Id., La struttura delle rivoluzioni scientifiche, cit., p. 75.

10 Ibid., La struttura delle rivoluzioni scientifiche, pp. 89, 124-125.

noscenza scientifica. Essa impone necessariamente un confronto e una provvisoria contaminazione tra «paradigmi» per giungere all’elaborazio-ne di un «paradigma» alternativo. La «rivoluzioall’elaborazio-ne» inall’elaborazio-nescata da uno stato di crisi impone un riorientamento percettivo e linguistico fondato su un riallineamento del mondo a un lessico. Attraverso il sorgere di «anomalie» significative il mondo oppone una resistenza che induce alla sostituzione di una vecchia rete di relazioni con una nuova. Si tratta di una modificazione strutturale che veicola cambiamenti nelle relazioni di somiglianza e di dissomiglianza a cui segue una ristrutturazione tas-sonomica, una ridistribuzione degli oggetti e una diversa conoscenza del mondo. La rete di relazioni di somiglianza e di dissomiglianza, at-traverso cui si classificano gli oggetti assegnando a essi un significato, rappresenta l’aspetto sociale del linguaggio, la struttura lessicale con cui si tassonomizza il mondo. In questo senso è possibile affermare che è sempre un “paradigma”, un complesso compatto di forze, una vasta rete d’interconnessioni a decidere quali sono i problemi di una scienza e quali le soluzioni possibili, tanto da ritagliare mondi e linguaggi incom-mensurabili.

Lo stato di crisi nel cuore della ricerca scientifica

Il paradigma, nella sua ortodossa stabilità, rappresenta la conditio sine

qua non della scoperta scientifica in quanto disegna lo sfondo che la rende

visibile. La ricerca scientifica agisce infatti su due fronti: pur non avendo come scopo quello di trovare fondamentali novità di fatto o teoriche, essa inevitabilmente le mette costantemente in luce. «Prodotte inavvertitamente da un gioco che procede secondo un certo insieme di regole, la loro assimi-lazione richiede l’elaborazione di un altro insieme di regole»9. Si tratta di un

vincolo regolato da una proporzionalità diretta: tanto più il “paradigma” è preciso ed è vasta la sua portata quanto più si mostrerà sensibile e nello stes-so tempo strenuamente resistente alla comparsa di novità10. Il gioco delle

aspettative consacrate dalle abitudini, il cui compito si esprime nel censura-re a priori qualsiasi anomalia, è destinato a tradursi in una pcensura-resa di coscien-za che imporrà il riadattamento delle categorie concettuali e il conseguen-te sbarco in un nuovo mondo di corrispondenze. Le scoperconseguen-te nelle scienze mature «non nascono de novo» ma, nello stesso tempo, sono troppo «eso-teriche e recondite» per essere notate senza un adeguato addestramento, esse germinano nelle aree in cui «nessun paradigma esistente sembra chia-ramente applicabile e per le quali sono disponibili pochi criteri e strumenti

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11 Id., The Essential Tension: Traditions and Innovation in Scientific Research?, in Id., The Essential Tension, Chicago 1997, tr. it. Mario Vadacchino, La tensione essenziale: tra-dizione e innovazione nella ricerca scientifica, in Id., La tensione essenziale e altri saggi, Torino 2006, p. 90.

12 B. Collinder, Les origines du structuralisme, Stockholm 1962 Il riferimento è alla tesi di Björn Collinder il quale definisce i linguisti di Kazan l’avanguardia dello strutturalismo. 13 A. Morpurgo Davies, La linguistica dell’Ottocento, Bologna 1996, pp. 408-410; J.I.N. Baudouin de Courtenay, A Baudouin de Courtenay Anthology. The Beginnings of Structural Linguistics, tr. ing. Edward Stankiewicz, Bloomington-London 1972, p. 153.

14 B. Malmberg, Analyse du langage au xxe siècle, Théories et méthodes, Paris 1983,

tr. it. S. Stati, L’analisi del linguaggio nel XX secolo. Teorie e metodi, Bologna 1985, p. 132.

15 E.F. Konrad Koerner, Towards a Historiography of Linguistics. 19th and 20th

centu-ry paradigms, in H. Parret, Histocentu-ry of Linguistic Thought and Contemporacentu-ry Linguistics, Berlin-New York 1976, pp. 700-702.

di esplorazione»11. La scoperta implica un processo di assimilazione

concet-tuale complesso ed esteso nel tempo, indissolubilmente legato al ‘clima cul-turale’ e ai ‘modelli teorici e metodologici’ che disegnano un nuovo ordine di valori. Questo spiega le ragioni per le quali non si può parlare in sen-so pieno di un’avanguardia dello strutturalismo.12 Se un chiaro riferimento

alla natura distintiva del fonema è presente nelle opere di Jan Baudouin de Courtenay e di Mikełaj Kruszewski, i rappresentanti della scuola di Kazan,13

il primo sviluppo realmente significativo nell’evoluzione della teoria fono-logica lo si deve agli esponenti della scuola di Praga i cui lavori affondano le loro radici nell’opera di Henry Sweet e di Otto Jespersen il cui pensiero è ricordato come la «pietra angolare della fonologia».14 Tali sviluppi sono

spiegabili soltanto alla luce del Cours de Linguistique générale del 1916, ope-ra nella quale Ferdinand de Saussure si applicò non tanto alla definizione di fonema, quanto alla delineazione di una linguistica generale impostata su solide basi sincroniche. La ‘rivoluzione strutturalista’, e quindi l’affermar-si del nuovo «paradigma», fu determinata dalla nascita di un nuovo ‘clima culturale’ e di un nuovo ‘modello teorico e metodologico’. L’emergere delle nuove scienze sociali, in particolare la psicologia, la sociologia e l’economia politica15, e il costituirsi di un modello d’interpretazione trasversale della

re-altà, intesa come un insieme relativamente costante di relazioni strutturali, si contrapposero alla prospettiva longitudinale abituata a guardare al mondo in termini di un divenire organico e di un progresso unidirezionale.

L’indirizzo di ricerca inaugurato da Bopp, da Rask e dai fratelli Grimm rappresentò anch’esso un’autentica «rivoluzione» per la capacità con la quale furono affrontati e risolti i primi problemi di metodo e di comparazione dei dati secondo un approccio totalmente estraneo alle precedente «comparati-stica» cinquecentesca, fortemente legata a movimenti nazionalistici, mitico-ideologici e religiosi che caratterizzarono tanto il mondo romanzo quanto quello germanico, entrambi fondati su elaborazioni filosofiche e speculative poste a fondamento di complicate e spesso azzardate ipotesi sull’origine e

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16 A. Morpurgo Davies, La linguistica dell’Ottocento, cit., p. 140. 17 Ibid., pp. 141-142.

sulla parentela delle lingue. L’improvviso aumento del materiale linguistico richiamò inoltre l’attenzione sui problemi della classificazione le cui discus-sioni, ruotanti intorno a principi tassonomici, erano già state affrontate dalla biologia. Nella prima metà del Settecento la classificazione linneana, ordi-nando animali e piante «dall’alto verso il basso» sulla base di una serie di categorie gerarchiche per le quali ogni regno si sviluppa secondo una scala di quattro livelli (classe, ordine, genere, specie, a cui in una fase successiva verrà aggiunto, tra ordine e genere, il livello della famiglia), rappresentò il modello emergente di classificazione «artificiale» del regno vegetale. A partire dalla seconda metà del Settecento si assistette a una serie di tentativi per passa-re a una classificazione «naturale». Scienziati come Blumenbach e Lamarck erano disposti ad ammettere che gli organismi potessero essere ordinati in base alle loro affinità, su una scala di crescente perfezione; altri come Cuvier credevano che tutti gli animali si dovessero classificare in quattro phyla, sen-za connessione reciproca e secondo il disegno di una scala continua. Ogni tentativo di classificazione degli organismi non poté astenersi dal sollevare diversi interrogativi riguardanti l’esistenza o meno di un legame evolutivo e la possibilità di una classificazione naturale basata su uno sviluppo storico. La linguistica si trovò di fronte a problemi analoghi ma, diversamente da altre comunità di scienziati, i linguisti «erano disposti a pensare in termini di clas-sificazione generica, in un’epoca nella quale la maggior parte dei biologi non credeva ancora alla possibilità di una classificazione degli organismi naturali basata sulla discendenza»16. Il problema della classificazione, che fu uno dei

grandi temi del ‘paradigma organicista’, se da un lato rappresentò l’ambito nel quale è lecito parlare di un legame diretto tra le teorie scientifiche e la linguistica la quale ancora s’ispirava ai modelli di altre scienze piuttosto che costituire essa stessa un riferimento per altri, dall’altro fu all’interno di tale contesto che la linguistica come scienza si distinse in quanto capace di svi-luppare una «comparazione dell’intero organismo: da un lato la grammatica piuttosto che il lessico, dall’altro non un carattere singolo, come voleva Lin-naeus, ma un’intera costellazione di caratteri»17.

La stessa «rivoluzione» promossa dal formalismo chomskiano risentì fortemente della contaminazione di diversi settori disciplinari dalla psico-logia alla biopsico-logia, dalla logica alla matematica, e si presentò come un tenta-tivo di rendere sempre più esplicite le «regole procedurali» che governano il linguaggio attraverso il programma di una grammatica generativo-trasfor-mazionale. L’enfasi chomskiana sulla sintassi in aggiunta ai livelli di anali-si morfologica e fonologica, accanto a una descrizione del linguaggio e dei suoi meccanismi operata attraverso concetti dedotti dalla logica simbolica e dalla matematica, idee certamente non disponibili a de Saussure e a

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nes-18 E.F. Konrad Koerner, Towards a Historiography of Linguistics. 19th and 20th century

paradigms, in Herman Parret, History of Linguistic Thought and Contemporary Lingui-stics, cit., pp. 704-705 Koerner allude in particolare al lavoro di W. Van Orman Quine, R. Carnap, H. Reichenback, B. Russell, A. Whitehead, C.E. Shannon, W. Weaver. Il dat-tiloscritto inedito The logical Structure of Linguistic Theory, include quasi esclusivamente riferimenti logici, psicologici e matematici; accanto alle opere di L. Bloomfield, Z. Harris, O. Jespersen, R. Jakobson, M. Halle e C.F. Hockett, Chomsky cita i Prolegomena di Louis Hjelmslev, opera tradotta in inglese nel 1953, in cui è presente un’argomentazione teorica ampiamente derivata dalla logica e dalla matematica. Sul dattiloscritto inedito del 1955, The Logical Structure of Linguistic Theory, si basa il Syntactic Structures. cfr. Noam Chom-sky, Syntactic Structures, Gravenhage 1957, tr. it. F.Antinucci, Le strutture della sintassi, Bari 1970.

19 N. Chomsky, Language and problems of knowledge, Cambridge (Mass)-London 1988, tr. it. A. Moro, Linguaggio e problemi della conoscenza, Bologna 1998, pp. 5-6.

20 T.S. Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, cit., pp. 101-102; T.S. Kuhn , The Function of Dogma in Scientific Revolutions, in Crombie Alistair Cameron a cura di, Scientific Change. Historical Studies in the intellectual, social and technical conditions for scientific discovery and technical invention, from antiquity to the present, London 1963, pp. 347-369, tr. it. S. Gattei, La funzione del dogma nella ricerca scientifica, in S. Gattei, Dogma contro Critica. Mondi possibili nella storia della scienza, cit., p. 29.

21 T.S. Kuhn , La struttura delle rivoluzioni scientifiche, cit., p. 219.

22 Ibid., pp. 108, 110; Id., La funzione del dogma nella ricerca scientifica, cit., p. 26.

sun linguista durante le prime decadi del Novecento, fu salutata come una svolta significativa nella teoria linguistica18. Il quadro teorico del

program-ma generativista, secondo il quale la facoltà del linguaggio è da considerarsi esclusiva della specie umana, fu causata dalla svolta che sancì la definitiva separazione del ‘paradigma cognitivista’ da quello ‘strutturalista’. Chomsky non «descrisse» ma tentò di «spiegare» i processi linguistici rispondendo a interrogativi che intesero chiamare in causa il funzionamento della mente umana, le modalità di costruzione della conoscenza linguistica e le sue dina-miche operative19.

«I filosofi della scienza hanno ripetutamente mostrato che a un insie-me di dati è sempre possibile sovrapporre più di una costruzione teorica» ma, tranne che nello stadio “pre-paradigmatico”, l’invenzione di alterna-tive appartiene soltanto agli stati di «crisi» il cui significato è d’indicare l’avvento di una nuova e diversa analisi della scienza.20 Le «crisi», non

necessariamente prodotte a opera della comunità che ne fa esperienza, possono svilupparsi altrove e innescare mutamenti inattesi là dove ven-gono assimilate21. L’esistenza di «difficoltà nel contatto tra il paradigma e

la natura» determina l’emergere di «anomalie» resistenti a ogni soluzione nonostante la proliferazione di articolazioni divergenti del «paradigma» e tali da catalizzare l’attenzione della maggior parte dei ricercatori e da rimettere in discussione «persino le soluzioni precedentemente accettate di problemi considerati risolti»22. Il processo con il quale un’anomalia si

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«dell’i-23 Id., The Historical Structure of Scientific Discovery, in Id., The Essential Tension, cit., tr. it. M. Vadacchino, La struttura storica della scoperta scientifica, in Id., La tensione essenziale e altri saggi, cit., p. 74; Id., La funzione del dogma nella ricerca scientifica, cit., p. 25.

24 Id., A Function for Thought Experiments, in Id., The Essential Tension, Chicago 1997, tr. it. M. Vadacchino, Una funzione per gli esperimenti mentali, in Id., La tensio-ne essenziale e altri saggi, cit., p. 125; P. Feyerabend, Due lettere di Paul Feyerabend a Thomas Kuhn in seguito alla lettura di una bozza di “La struttura delle rivoluzioni scien-tifiche”, in T.S. Kuhn, Dogma contro critica. Mondi possibili nella storia della scienza, cit., p. 251.

25 T.S. Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, cit., p. 105; Id., La tensione essenziale: tradizione e innovazione nella ricerca scientifica, cit., pp. 79-96; F. Barron, The Psychology of Imagination, «Scientific American» 199, september 1958, pp. 151-166 e in particolare p. 160; B. Piatti Morganti, John Dewey. I giochi dell’immaginazione nella vita della mente, Urbino 2007, pp. 103-104; John Dewey, Experience and Nature, Chicago-London 1925, New York 1958, tr. it. P. Boirati, Esperienza e natura, Milano 1990, p. 165; H. Rugg, Imagination. An Inquiry into the Sources and Conditions that stimulate Creativity, New York 1963, p. 36.

26 T.S. Kuhn, La tensione essenziale, cit., p. 82; Id., La funzione del dogma nella ricerca scientifica, cit., pp. 31-32.

27 Id., La tensione essenziale, cit., pp. 80ss., 93.

nevitabile e dell’accidentale» il cui carattere «intrinsecamente sovversivo» prelude a una significativa innovazione scientifica23. La «crisi» trascina al

centro dell’attenzione «anomalie» che si sono configurate inizialmente alla «periferia della coscienza scientifica» e impone un confronto e una reci-proca contaminazione tra «paradigmi» per giungere alla «elaborazione di un paradigma alternativo»24.

La «crisi» del «paradigma» implica uno stato di «’tensione indispen-sabile’» che opera a fondamento dell’attività immaginativa nella scienza come nell’arte25. Si tratta di una modalità di pensiero a un tempo

«tradi-zionalista» e «iconoclasta» la cui «tensione essenziale» contraddistingue l’impresa scientifica e ne scandisce la storia, favorendo quel processo di consolidamento delle idee che è presupposto di qualunque innovazione: «solo indagini fermamente radicate nella tradizione […] hanno probabilità di romper[la] e di dare origine a una nuova»26. Si tratta di una nozione

centrale nel pensiero kuhniano, l’asse portante di una lunga riflessione storica e filosofica che scandisce la «struttura» del progresso scientifico nella sua totalità. L’abilità a sostenere e a contemperare la tensione tra «pensiero convergente», fondato su un consenso permanentemente acqui-sito e dettato dogmaticamente dalla tradizione, e «pensiero divergente», espressione di una flessibilità e di un’apertura mentali capaci d’individuare nuovi significati e nuove relazioni, rappresenta uno dei principali requisiti della ricerca scientifica27. Il «mondo squinternato» dello stato di «crisi»

impone l’esercizio di un’immaginazione non più rivolta alla soluzione di rompicapo (scienza normale), ma indirizzata all’analisi delle anomalie

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ir-28 Id., La struttura delle rivoluzioni scientifiche, cit., pp. 105, 111, 113, 117-118. «Spesso un nuovo paradigma emerge, almeno in embrione, prima che una crisi si sia sufficiente-mente sviluppata o sia stata esplicitasufficiente-mente riconosciuta» (p. 113), in altri casi «trascorre un considerevole periodo di tempo» (p. 113) oppure può nascere nella mente di uno scienziato profondamente immerso nella crisi «tutt’a un tratto, talvolta nel buio più completo» (p. 117). In ogni caso «la proliferazione di articolazioni in concorrenza le une con le altre, il disagio di tentare qualcosa, l’espressione esplicita di disagio, il ricorso alla filosofica e alla discussione sui fondamenti sono tutti sintomi di un passaggio dalla ricerca normale a quella straordinaria» (p. 118).

29 Ibid., pp. 111, 104-105; Id., La funzione del dogma nella ricerca scientifica, cit., p. 17.

30 F. Bopp, Über das Conjugationssystem der Sanskritsprache in Vergleichung mit je-nem der griechhischen, lateinischen, persischen und germanischen Sprache, Frankfurt am Main 1816; F. de Saussure, Cours de linguistique générale, (1916), Paris 1972, tr. it. T. De Mauro, Corso di linguistica generale, Bari 1967; N. Chomsky, Syntactic Structures, Graven-hage 1957, tr. it. F. Antinucci, Le strutture della sintassi, Bari 1970.

31 T.S. Kuhn, La funzione del dogma nella ricerca scientifica, cit., p. 19. 32 Id., La struttura delle rivoluzioni scientifiche, cit., p. 111.

risolte (scienza straordinaria) che porteranno inevitabilmente a uno «sfo-camento del [vecchio] paradigma» e alla conseguente affermazione di un «nuovo candidato»28.

La ricerca che si svolge in questa fase straordinaria assomiglia molto, a causa della riapertura del dibattito sui fondamenti, a quella del ‘periodo pre-paradigmatico’ anche se il modello di sviluppo di una scienza matura si conferma nel transito da «paradigma» a «paradigma», pena l’esilio dalla scienza29. Il lavoro di ricerca che ogni dato «paradigma» promuove si traduce

in contributi duraturi al corpo di conoscenze scientifiche e di tecniche, anche se i «paradigmi» in quanto tali sono sovente sostituiti da altri, tutti contrad-distinti da un carattere d’incompatibilità reciproca: il Conjugationssystem di Bopp non ebbe minor valore di «paradigma» del Cours di de Saussure, né questo perse il suo peso e il suo significato con l’avvento dell’opera

Syntac-tic Structure di Chomsky30. Il transito da un «paradigma» all’altro dev’essere

inteso non come una «competizione tra classici riconosciuti», ma come una «caratteristica funzionale e anche effettiva dello sviluppo scientifico matu-ro»31.

Si tratta di una transizione che non nasce da un processo cumulativo, da un’«articolazione o [da] un’estensione del vecchio paradigma», ma da una «ricostruzione del campo su nuove basi» teoriche e metodologiche: se in un primo momento si verifica un’ampia, anche se mai completa, sovrapposizio-ne tra i problemi che possono essere risolti da entrambi i «paradigmi» in competizione, successivamente diventa inevitabile riconoscere le differenze dettate dalla nuova configurazione del campo d’indagine in rapporto ai me-todi e agli scopi32. La «crisi» non necessariamente precede la «rivoluzione»,

è sufficiente che ne sia il «preludio» fornendo un «meccanismo di autocor-rezione tale da assicurare che la rigidità della scienza normale non resti

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in-33 Ibid., p. 219; Id., Una funzione per gli esperimenti mentali, cit., pp. 125-126. Uno degli strumenti analitici che vengono utilizzati durante la «crisi» è l’esperimento menta-le in quanto aiuta a promuovere menta-le riforme concettuali fondamentali: «Il risultato degli esperimenti mentali può essere lo stesso delle rivoluzioni scientifiche: essi possono far sì che lo scienziato sia in grado di utilizzare, come parte integrale della sua conoscenza, ciò che quella conoscenza aveva precedentemente reso inaccessibile a lui. Questo è il senso nel quale essi cambiano la sua conoscenza del mondo. Ed è perché possono avere questo effetto che essi abbondano così evidentemente nelle opere di uomini come Aristotele, Galileo, Descartes, Einstein e Bohr, i grandi creatori delle nuove strutture concettuali» (pp. 125-126).

34 B. Piatti Morganti, John Dewey, cit., p. 103; J. Dewey, Esperienza e natura, cit., p. 165.

35 T.S. Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, cit., p. 112; H. Butterfield, The Origins of Modern Science, 1300-1800, London 1949, tr. it. A. Izzo, Le origini della scienza moderna, Bologna 1976, pp. 205-222.

36 T.S. Kuhn , La struttura delle rivoluzioni scientifiche, cit., p. 218.

37 C. Bartocci, G. Giorello, Traduzione e iconoclastia, in T.S. Kuhn , The Essential Tension, cit., tr. it. M. Vadacchino, La tensione essenziale e altri saggi, cit., p. viii.

38 T.S. Kuhn , Mathematical versus Experimental Traditions in the Development of Physical Science, in Id., The Essential Tension, Chicago 1997, tr.it. M. Vadacchino, Tra-dizioni matematiche e traTra-dizioni sperimentali nelle sviluppo delle scienze fisiche, in Id., La tensione essenziale e altri saggi, cit., p. 36; Id., The Copernican Revolution. Planetary Astro-nomy in the Development of Western Thought, Cambridge (Mass.)-London 1957, tr.it. T. Gaino, La Rivoluzione copernicana. L’astronomia planetaria nello sviluppo del pensiero occi-dentale, Torino 1972, p. 3; Id., La struttura delle rivoluzioni scientifiche, cit., 1999, p. 217; S. Gattei, La filosofia della scienza di Thomas Kuhn: una ricostruzione, in T.S. Kuhn, Dogma contro critica. Mondi possibili nella storia della scienza, cit., pp. 328-329.

contrastata per sempre»33. Ogni «rivoluzione» comporta una «ricostruzione

originale di un ordine preesistente»34: una nuova prassi scientifica che si

svol-ge secondo regole differenti entro un differente universo di discorso colloca «lo stesso insieme di dati […] in un nuovo sistema di relazioni reciproche» a cui assegna una «diversa struttura»35. La «rivoluzione» può essere pensata

come «una specie molto particolare di cambiamento che comporta una sorta di ricostruzione dei dogmi condivisi dal gruppo»36. Kuhn distingue due

mo-dalità di crescita della conoscenza: «uno sostanzialmente cumulativo, in cui, per riprendere una celebre immagine di Ludwig Boltzmann, si aggiungono nuovi edifici alla ‘città’ della scienza, e uno non cumulativo in cui interi quar-tieri possono venire rasi al suolo per essere ricostruiti da cima a fondo»37. Nel

primo caso la regolare manifestazione del cambiamento su scala ridotta ne circoscriverà gli effetti entro i confini della scienza normale, nel secondo caso si realizzerà una «rivoluzione di idee» ma anche una rivoluzione della pratica della ricerca in cui ogni «guadagno» è anche accompagnato da inevitabili «perdite»38.

I «paradigmi» in quanto parti integranti della natura e della scienza nel loro succedersi «dicono cose differenti sugli oggetti che popolano l’universo e sul comportamento di tali oggetti» e determinano anche «i metodi, la

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gam-39 T.S. Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, cit., pp. 138, 131-132. 40 Ibid., pp. 165, 139; Id., The Historical Structure of Scientific Discovery, in Id., The Essential Tension, Chicago 1997, tr. it. M.Vadacchino, La struttura storica della scoperta scientifica, in Id., La tensione essenziale e altri saggi, cit., p. 77.

41 J. Seymour Bruner, L. Postman, J. Rodriguez, Expectations and the Perception of Color, «American Journal of Psychology», 64, 1951, pp. 216-227. T.S. Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, cit., pp. 141, 112; P. Hoyningen-Huene, Prefazione, in T.S. Kuhn, Dogma contro critica. Mondi possibili nella storia della scienza, cit., pp. xviii-xx. La nozione di «riorientamento» può essere adeguatamente compresa soltanto tenendo presente la duplice valenza, visivo-percettiva (gestaltica) e linguistico-concettuale, che la caratterizza e completa anche in riferimento al carattere essenzialmente sociale della ri-cerca scientifica. Come osserva Hoyningen-Huene «Utilizzare un evento riferito alle per-cezioni del singolo, quale un riorientamento gestaltico, come metafora per descrivere le rivoluzioni scientifiche, equivale a commettere un errore di categoria, vale a dire a fornire la descrizione inesatta di qualcosa a carattere essenzialmente sociale attraverso un’analogia con l’esperienza di un individuo singolo, come lo stesso Kuhn si è reso conto. Sebbene una percezione sia socialmente condizionata, è patrimonio degli individui, mentre sebbene il linguaggio sia patrimonio degli individui, esso ha, per sua natura, un carattere essenzial-mente sociale» (p. xx). T.S. Kuhn, Commensurability, Comparability, Communicability, in P.D. Asquitt, N. Thomas S. (a cura), PSA 1982, Preceedings of the 1982 Biennal Meeting of the Philosophy of Science Association, II, Michigan 1983, pp. 669-688, tr.it. Stefano Gat-tei, Commensurabilità, comparabilità e comunicabilità, in T.S. Kuhn, Dogma contro Critica. Mondi possibili nella storia della scienza, cit., p. 34, Kuhn specifica infatti di aver fatto «ampio uso del doppio senso, visuale e concettuale, del verbo “vedere”» nel paragonare i cambiamenti delle teorie e dei paradigmi ai riorientamenti gestaltici.

ma dei problemi, e i modelli di soluzione accettati da una comunità scientifi-ca»39. Si opera quindi in un «mondo differente» in rapporto al quale si

adot-tano «nuovi strumenti» e si guarda in «nuove direzioni»40. Si tratta di una

sorta di riorientamento, non soltanto gestaltico, che la «rivoluzione» opera sulle regole del gioco dettate dal nuovo «paradigma»: si vede e si comprende sempre in rapporto a ciò che una precedente esperienza visivo-percettiva e linguistico-concettuale insegna a guardare in quanto «in mancanza di un si-mile addestramento non ci può essere – per usare una frase di William James – che ‘un’assordante confusione da far girare la testa’»41.

La scarsa coerenza dei modelli descrittivi degli antichi grammatici accan-to all’assenza di riferimenti di sorta alle nozioni di «fonema», di «morfema», di «sintagma», di «proposizione», di «affisso flessivo» e di «costituente» non consentì la formulazione di una teoria fonologica né l’elaborazione di regole di costruzione sintagmatica per le quali un elemento che ha la proprietà se-mantica X esige o può ricevere un altro elemento che ha la proprietà seman-tica Y. La litera e l’elementum non sono termini sovrapponibili alla nozione di fonema, come la frase è ancora molto lontana da un qualsiasi riferimento alla nozione di sintagma. Dionisio Trace, Varrone, Apollonio, Donato e Pri-sciano svilupparono un’attenta analisi delle otto classi di parole tramandate come «parti del discorso», ma non seppero promuovere alcuno studio della loro struttura: le parole non furono pensate come il prodotto di una graduale

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42 F. de Saussure, Corso di linguistica generale, cit., p. 37. 43 Ibid., p. 44.

44 T.S. Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, cit., pp. 151, 152, 159. Non si deve dimenticare che «i paradigmi determinano ogni volta vaste aree di esperienza», (p. 159).

45 Ibid., p. 160.

46 M. Friedman, Dynamics of Reason, CLSI Publications, Stanford 2001, p. 41.

combinazione di una radice e di un suffisso, ma vennero studiate nella loro compatta e indissolubile unità. Gli antichi grammatici non si dedicarono allo studio teorico delle strutture del linguaggio, ma rivolsero la loro attenzio-ne alla descrizioattenzio-ne e al mantenimento, per mezzo dell’insegnamento, della forma corretta delle lingue classiche (greco e latino). Lingua e scrittura non furono pensati come due distinti sistemi di segni di cui l’unica ragion d’essere del secondo è la rappresentazione del primo. «Bopp stesso non fa distinzio-ne distinzio-netta tra la lettera e il suono: a leggerlo si crederebbe che una lingua sia inseparabile dal suo alfabeto. I suoi successori immediati sono caduti nello stesso inganno; la grafia th della fricativa þ ha fatto credere a Grimm non solo che si trattava di un suono doppio, ma anche che era un’occlusiva aspirata; da ciò il posto assegnato al suono nella legge della rotazione consonantica o Lautverschiebung»42. Se per i primi linguisti, che ignoravano tutto della

fisiologia del suono, l’abbandono della lettera avrebbe significato il naufra-gio in un mare di suoni informi, con l’avvento del ‘paradigma strutturalista’ fu inaugurata una nuova stagione di ricerca grazie alla quale attraverso lo studio del suono in se stesso la linguistica fu dotata di scienze ausiliarie, fonetica e fonologia, che sancirono il definitivo affrancamento dalla parola scritta43. Il mutamento percettivo e lessicale introdotto dal ‘paradigma

strut-turalista’ consentì di ripensare il linguaggio in base a nuove categorie: se nel ‘periodo pre-paradigmatico’ si era sempre e soltanto parlato di suoni, lettere, sillabe e parole, attraverso il contributo delle scuole del ‘paradigma strut-turalista’ la distinzione tra oralità e scrittura, la nozione di fonema e quella di doppia articolazione furono pienamente riconosciute e teorizzate. Una «rivoluzione» scientifica non è tuttavia riducibile a una «reinterpretazione di dati particolari e stabiliti una volta per tutte», corrisponde piuttosto a un «lampo d’intuizione» che, pur dipendendo dall’esperienza acquistata col vecchio «paradigma», con essa non conserva, diversamente dall’interpreta-zione, alcun legame logico o materiale44. Non si deve dimenticare che, anche

dopo una «rivoluzione» si guarda sempre allo stesso mondo: la scienza post-rivoluzionaria utilizza in massima parte gli stessi strumenti e ricorre allo stes-so linguaggio dell’epoca pre-rivoluzionaria, ne consegue che il cambiamento risiede nella «relazione col paradigma» e nei «risultati concreti»45. La netta

distinzione tra scienza normale e scienza straordinaria sembra corrispondere alla «distinzione di Carnap fra il mutamento del […] quadro linguistico e le operazioni, regolate da leggi, condotte all’interno di tale quadro»46.

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L’inevi-47 T.S. Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, cit., pp. 121, 184, 138, 119-122. 48 S. Gattei, La filosofia della scienza di Thomas Kuhn, cit., p. 332, Kuhn distingue tre forme d’incommensurabilità tra “paradigmi”: «una forma metodologica, che deriva dal fat-to che paradigmi diversi si rivolgono a insiemi diversi di problemi e ricorrono a standard metodologici differenti per valutarne le soluzioni; una forma semantica, dovuta alla varia-zione dell’apparato concettuale utilizzato da paradigmi diversi; e una forma ontologica, descritta dall’immagine degli scienziati che svolgono la loro attività in mondi differenti».

49 P. Hoyningen-Huene, Prefazione, a Thomas S. Kuhn, Dogma contro critica, cit., pp. xxiv-xxv.

tabile conflitto tra il paradigma che mette in luce l’anomalia e quello che più tardi la farà rientrare nell’ambito della legge evidenzia l’incompatibilità che fa scattare l’impossibilità di una scelta inequivocabile affidata alla logica o all’esperimento, in quanto «l’argomentazione circolare» conferma il ricorso alle «tecniche di persuasione» quale unico strumento d’interazione tra co-munità scientifiche47.

Mondi e linguaggi incommensurabili

Il riconoscimento che è sempre un «paradigma», un complesso com-patto di forze, una vasta rete d’interconnessioni a decidere quali sono i problemi e quali le soluzioni ritaglia mondi e linguaggi incommensurabi-li48. Il riorientamento percettivo e linguistico sotteso a ogni «rivoluzione»

si fonda su un riallineamento del mondo a un lessico. La rete di relazioni, di somiglianza e di dissomiglianza, attraverso cui si classificano gli oggetti assegnando a essi un significato, rappresenta la struttura lessicale con cui si tassonomizza il mondo. Questo insieme di relazioni che contribuisce a costruire l’immagine che si ha del mondo rappresenta l’aspetto sociale del linguaggio: «conoscere il lessico significa conoscere qualcosa di sociale con mezzi individuali», il significato è dunque sociale ed è contenuto nella struttura del lessico, tuttavia può essere reso operativo da individui diversi in modi differenti49. In una rete di relazione non è possibile separare gli

elementi oggettivi da quelli soggettivi e cogliere la realtà in sé in quanto se da un lato il mondo dei fenomeni, cui si ha accesso attraverso una teoria, contiene elementi soggettivi, dall’altro non è una costruzione arbitraria poiché il mondo dei fenomeni rappresenta una ricostruzione del mondo in sé e di questo conserva le proprietà oggettive. Attraverso il sorgere di anomalie significative il mondo in sé oppone una resistenza che induce alla sostituzione di una vecchia rete di relazioni con una nuova. La cono-scenza empirica del mondo risiede nell’uso dei concetti, in questo senso si possono distinguere due modi di cambiamento del linguaggio: quello che caratterizza il progresso della scienza normale in cui i referenti, identificati con procedure diverse, sono comunque ricondotti a una struttura lessicale

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50 T.S. Kuhn, Parole di conclusione, in Id., Dogma contro critica. Mondi possibili nella storia della scienza, cit., pp. 182-183, 189, 190-191, 193; C.G. Hempel, Foundamentals of Concept Formation in Empirical Science, Chicago 1952, tr. it. A. Pasquinelli, La formazione dei concetti e delle teorie nella scienza empirica, Milano 1976.

51 T.S. Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, cit., pp. 71, 71-73, 66. Si può tuttavia parlare di uno «status di priorità» dei «paradigmi» rispetto alle regole in quanto queste dipendono da quali. I membri di una comunità scientifica hanno astratto gli ele-menti isolabili, espliciti o impliciti, dal loro «paradigma» per usarli come regole della loro ricerca (p. 71). Un gruppo di ricerca può identificare un «paradigma» senza per questo «essere d’accordo sulla sua interpretazione o razionalizzazione completa» (p. 66).

inalterata, e quello che connota le rivoluzioni scientifiche in quanto impo-ne un cambiamento impo-nella struttura lessicale50.

Il ‘paradigma organicista’, obbediente all’imperativo categorico della concretezza e attento alla raccolta dei dati e alla identificazione delle leggi che li governano, lasciata sullo sfondo la matrice naturalistica, che raggiunse la sua massima espressione nel pensiero di Schleicher, sviluppò attraverso i neogrammatici, Steinthal, Whitney, Vossler e Schuchardt una particolare attenzione alla storicità del linguaggio posta al servizio non soltanto del mu-tamento linguistico ma anche della nozione stessa di linguaggio considera-to come un prodotconsidera-to sociale e umano51. Le nuove osservazioni di carattere

sociologico e psicologico non determinarono comunque un cambiamento nella struttura del lessico né un allontanamento dalla prospettiva secondo cui la lingua è sottoposta costantemente a mutamenti e a trasformazioni: la linguistica fu considerata una disciplina storica e l’evoluzione delle lingue fu generalmente usata per sostenere il trattamento quasi esclusivamente com-parativo dei dati linguistici. Tale continuità che confermò l’aderenza al ‘pa-radigma organicista’ subì una radicale cesura soltanto nel momento in cui si affermò il ‘paradigma strutturalista’ e con esso mutarono le categorie lessicali e semantiche di riferimento. La definizione di lingua data dal ‘paradigma organicista’ rispetto a quello ‘strutturalista’ fondò due distinti e non sovrap-ponibili criteri di classificazione che incorporarono relazioni di somiglianza e di dissomiglianza radicalmente diverse. A una classificazione genealogica, riferita a rapporti di parentela linguistica dettati da un «paradigma» nel quale prevale l’analisi diacronica delle lingue concepite come organismi, si contrap-pose una classificazione tipologica, morfologica e sintattica, riconducibile a un «paradigma» in cui è la nozione atemporale di struttura a definire i nuovi referenti. Allo stesso modo lo scarto che regolò il passaggio dal ‘paradigma strutturalista’ al ‘paradigma cognitivista’ venne definito da un retroterra lin-guistico ispirato alla logica formale, alla matematica e alla biologia: nel pro-gramma generativista il linguaggio divenne una facoltà innata, geneticamente data, che chiese di essere indagata attraverso lo studio della mente e delle sue funzioni secondo una prospettiva il cui dinamismo è ben lontano dai modelli strutturalisti.

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52 Id., Commensurabilità, comparabilità e comunicabilità, cit., pp. 33, 35-36; Id., Possible Worlds in History of Science, in S. Allén (a cura), Possible Worlds in Humnities, Arts and Sciencies. Proceedigns of Nobel Symposium 65, Research in Text Theory, XIV, Berlin 1989, pp. 9-32, tr. it. S. Gattei, Mondo possibili nella storia della

scienza, in Id., Dogma contro Critica. Mondi possibili nella storia della scienza, cit., pp. 99-100.

53 Id., What are Scientific Revolutions?, in Id., The Road since Structure, Chicago 2000, tr.it. S. Gattei, Che cosa sono le rivoluzioni scientifiche?, in Id., La tensione essenziale e altri saggi, cit., pp. 180.

54 Id., What are Scientific Revolutions?, cit., p. 182. 55 Ibid., p. 182.

56 Ibid., pp. 184, 180; S. Gattei, La filosofia della scienza di Thomas Kuhn, cit., pp. 319-322. Il fenomeno del mutamento concettuale, o della varianza di significato, è regolato da tre diversi aspetti, fondanti la nozione stessa d’incommensurabilità: da un punto di vista «estensionale», alcuni oggetti escono dall’estensione di un concetto per entrare in quello di un altro; da un punto di vista «intensionale» il concetto cui si fa riferimento muta al mu-tare delle caratteristiche degli oggetti cui ci si riferisce; da un punto di vista «gestaltico» gli scienziati appartenenti a «paradigmi» diversi vedono gli stessi oggetti in modi differenti, li vedono in relazioni differenti tra di loro, (p. 320).

57 T.S. Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, cit., pp. 176-178.

L’«incommensurabilità» dei «paradigmi» trova quindi espressione in quadri linguistici che esprimono la diversa struttura dei rispettivi lessici52.

Si tratta di una differenza strutturale che veicola cambiamenti nelle relazio-ni di somiglianza e di dissomiglianza a cui segue una ristrutturazione tas-sonomica, una ridistribuzione degli oggetti e una diversa conoscenza del mondo. Le «rivoluzioni» impongono cambiamenti «olistici» fondati su una ridistribuzione di più categorie tassonomiche tra loro interconnesse e in-terdefinite53. Tali categorie «costituiscono il prerequisito delle descrizioni

e delle generalizzazioni scientifiche […] ma anche del modo in cui certi oggetti e situazioni vengono distribuiti fra le categorie preesistenti»54. Il

ca-rattere olistico delle «rivoluzioni» scientifiche affonda le proprie radici nella natura bifronte del linguaggio il quale guarda da un lato all’esterno, «verso il mondo», dall’altro all’interno, «verso l’immagine riflessa del mondo nella struttura referenziale del linguaggio»55. Lo scarto che la conoscenza della

natura intrinseca al linguaggio subisce rappresenta la «cartina di tornasole del cambiamento rivoluzionario» e conferma il grado d’incommensurabilità dei mondi e dei linguaggi che li rappresentano56.

La nozione d’«incommensurabilità» tra «paradigmi» rimodula le stes-se regole della competizione in quanto si tratta di una battaglia il cui esito non può essere deciso sulla base delle dimostrazioni logiche o matema-tiche, esse infatti impongono la stipulazione di premesse e di regole che vincolano il piano delle conclusioni57. Quando sussiste un disaccordo sul

significato o sull’applicazione delle regole stipulate, in quanto vengono fatte operare come valori per cui possono essere differentemente appli-cate, individualmente o collettivamente, da coloro che le sottoscrivono,

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58 Ibid., p. 239.

59 Ibid., p. 184. P.Hoyningen-Heune, Prefazione, in T.S. Kuhn, Dogma contro critica, cit., p. xv.

60 T.S. Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, cit., pp. 242-243; Id., Com-mensurabilità, comparabilità e comunicabilità, cit., pp. 36, 40-42. Id., Mondi possibili nella storia della scienza, cit., pp. 100-101, 119.

61 Id., Commensurabilità, comparabilità e comunicabilità, cit., pp 36-37. Kuhn parla infatti di «incommensurabilità locale» (p. 36) una nozione attraverso la quale risponde alla prima critica sollevata di H. Putnam il quale nega ogni possibilità di confronto tra te-orie incommensurabili. Cfr. H. Putnam, Reason, Truth and History, Cambridge (England) 1981, pp. 113-124, tr.it. A.N. Radicati di Brozolo, Ragione, verità e storia, Milano 1985, pp. 123-135.

il confronto non può più essere affidato alla «dimostrazione» ma alla «persuasione»58. In questo caso la valutazione di una teoria consiste in

una procedura comparativa fondata sull’argomentazione volta a definire quale dei «paradigmi» confrontati riesce meglio ad affrontare l’anoma-lia generata dalla «crisi», a prevedere fenomeni mai individuati prima, a esprimere con maggiore semplicità, eleganza e chiarezza i propri conte-nuti59. Ogni «paradigma», tuttavia, pur condividendo lo stesso

vocabo-lario raggruppa oggetti e situazioni in insiemi similari secondo relazioni che cambiano. Ridistribuzioni di questo genere comportano descrizioni e generalizzazioni incompatibili. Si pensi alle nozione di «suono» o di «lettera» prima e dopo la teoria fonetica, a quelle di «convenzione» pri-ma e dopo il contributo saussuriano. In questo senso, quando si parla di «fonetica» greca relativamente alla classificazione platonica e aristotelica delle lettere alfabetiche, si fa riferimento a un universo di discorso ben diverso da quello praghese, non diversamente dal significato che assume il termine «convenzione» nella disputa del Cratilo rispetto a quella presen-te nel Cours. L’impossibilità di ricorrere a un «linguaggio neutrale» crea un’interruzione della comunicazione; nonostante il fatto che si continui a condividere lo stesso mondo si vivono esperienze diverse e tale diversi-tà contamina inevitabilmente i contenuti semantici iscrivendo un’ipoteca sulla stessa possibilità di traduzione per quanto questa possa presentarsi come un potente strumento di persuasione e di conversione60. La

man-canza di un’unità di misura condivisa non implica l’incomunicabilità in quanto la maggior parte dei termini comuni ai due «paradigmi», con-servando lo stesso significato, funge da ponte grazie al quale è possibile accedere al valore semantico dei pochi termini incommensurabili tanto da fornire il terreno comune necessario per un confronto, e quindi per una scelta, razionale61. L’accesso a questi termini interrelati non è

assicu-rato dalla traduzione, a causa dell’ambiguità e della disparità concettuale che genera, ma dall’interpretazione e dalla conversione: «lessici diversi, – quelli di culture diverse o di periodi storici diversi […] – danno accesso a differenti insiemi di mondi possibili, che si sovrappongono in gran parte,

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62 T.S. Kuhn, Mondi possibili nella storia della scienza, cit., p. 101; Id., Commensura-bilità, comparabilità e comunicaCommensura-bilità, cit., pp. 37-60. Kuhn intende rispondere alla seconda critica sollevata da H. Putnam, ma anche da D. Davidson e da P. Kitcher relativamente al tema della traduzione secondo cui Kuhn cadrebbe in contraddizione nel momento in cui ricostruendo le teorie di Aristotele, di Newton, di Lavoisier e di Maxwell invalida la tesi da lui stesso sostenuta per la quale sarebbe impossibile tradurre vecchie teorie in un linguaggio moderno (p. 35). Cfr. H. Putnam, Ragione, verità e storia, cit., pp. 126-127; D. Davidson, The Very Idea of a Conceptual Scherme, «Proceedings & Addresses of the American Philosophical Association», 47, 1974, p. 19, tr.it. Rosaria Egidi, Sull’idea stessa di uno schema concettuale, in R.Egidi a cura di, La svolta relativistica nell’epistemologia contemporanea, Milano 1988, pp. 166-167; P. Kitcher, Theoris, Theorists and Theoretical Change, «Philosophical Rewiew» 87, 1978, pp. 519-529.

63 T.S. Kuhn, La strada percorsa dalla “Struttura”, cit., pp. 141, 147; Id., Parole di conclusione, cit., p.185. La somiglianza, evidenziata da Earman, tra la posizione di Carnap e quella di Kuhn non deve tuttavia trascurare le inevitabili differenze soprattutto relativa-mente al diverso significato che nei due pensatori riveste la «traduzione»: entrambi enfa-tizzano l’impossibilità di una traduzione ma se per Carnap «l’importanza conoscitiva del cambiamento linguistico è […] puramente pragmatica», in quanto i fattori responsabili dell’utilizzo di una lingua sono considerati irrilevanti per lo status conoscitivo, per Kuhn «alcuni mutamenti nel vocabolario concettuale sono necessari per l’assimilazione e per lo sviluppo delle osservazioni, delle leggi e delle teorie» del nuovo “paradigma” (p. 185). J. Earman, Carnap, Kuhn and the Philosphy of Scientifc Methodology, in P. Horwich a cura di, Wold Changes, Thomas Kuhn and the Nature of Science, Cambridge-Massachusetts-London 1993, pp. 9-36.

64 T.S. Kuhn, La strada percorsa dalla “Struttura”, cit., pp. 138, 140. 65 Id., La struttura delle rivoluzioni scientifiche, cit., p. 245.

ma mai interamente»62. Il «bilinguismo» diviene quindi l’unica via

percor-ribile in quanto «non esiste una lingua franca in grado di esprimere nella sua completezza, il contenuto di tutti i lessici, o anche di due qualsiasi di essi»63. L’incommensurabilità in quanto «componente essenziale di ogni

concezione storica o evolutiva della conoscenza scientifica», definisce i confini delle differenti «tassonomie lessicali» con le quali si descrivono mondi diversi64. Se alcune categorie tassonomiche condivise

rappresenta-no i prerequisiti per una comunicazione, necessaria al fine di valutare al-meno le pretese di veridicità, altre mostrano delle differenze intraducibili in quanto anche l’eventuale arricchimento del lessico implicherebbe la sovrapposizione lessicale, ovvero la condivisione di un referente da parte di due termini.

C’è un momento, durante il processo nel quale s’impara a tradurre, in cui si scivola nel nuovo linguaggio grazie a un meccanismo di naturalizzazione per il quale si pensa e si parla nel linguaggio considerato straniero. Il cuore delle «rivoluzioni» e quindi il transito da «paradigma» a «paradigma» è inevi-tabilmente legato all’«esperienza della conversione», assimilabile a una «svol-ta ges«svol-taltica» che, per quanto facili«svol-ta«svol-ta dai ten«svol-tativi di traduzione e solleci«svol-ta«svol-ta dalla ragionevolezza, conserva il suo carattere d’imprevedibilità inconscia65.

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66 Ibid., pp. 190, 183.

67 T.S. Kuhn , La strada percorsa dalla “Struttura”, cit., pp. 149, 148. 68 Ibid., p. 151.

69 Ibid., pp. 140-141; Id., Parole di conclusione, cit., pp. 196 ss.; J. Heilbron, A Mathe-matician’s Mutiny, with Morals, in P. Horwich a cura di, World Changes, Thomas Kuhn and the Nature of Science, cit., pp. 81-129.

può essere valicato se non attraverso un salto, un atto di «fede», in quanto «il trasferimento della fiducia da un paradigma a un altro è un’esperienza di conversione che non può essere imposta con la forza»66. Questa libertà

di scelta che viene esercitata da parte di una comunità scientifica conferma la natura stessa della ricerca che non viola alcun criterio di scientificità né abbandonando il vecchio «paradigma» né mantenendosi a esso fedele. La diversità lessicale e i vincoli che essa impone sulla comunicazione, da cui è lecito pensare che dipenda lo stesso processo di specializzazione, fonda la nozione d’incommensurabilità nel suo ruolo di meccanismo isolante e si rivela quale «fonte della presa conoscitiva e dell’autorità delle scienze», come la barriera riproduttiva è condizione preliminare ed essenziale della forma-zione di nuove nicchie biologiche67. Le «crisi» altro non sono che

«interru-zioni della comunicazione […] sintomi principali di quel processo, analogo alla speciazione, attraverso cui emergono nuove discipline, ciascuna con il proprio lessico e con il proprio ambito di conoscenza»68. Nella zona in cui

differiscono due tassonomie lessicali «il processo che permette la compren-sione produce bilingui non traduttori» i quali devono tener sempre presente all’interno di quale tassonomia lessicale operano, a conferma del carattere evolutivo dell’impresa scientifica che si compie attraverso le sue stesse spe-cializzazioni69.

La convinzione che il carattere di una lingua sia indissolubilmente legato a quello di un popolo, l’insistenza sulla varietà delle lingue e dei costumi, la ricerca di una spiegazione genealogica, il riferimento continuo al cambia-mento in cui individui, scienze, arti e lingue sono perennemente coinvolti in un processo di trasformazioni, la tendenza a considerare l’organismo come il prototipo di tutte le unità dinamiche tanto da attribuire uno sviluppo ci-clico agli individui e alle istituzioni furono idee che, applicate allo studio del linguaggio, portarono a identificare nell’ambito del ‘paradigma organicista’ obiettivi specifici che non erano quelli delle grammatiche filosofiche e delle grandi raccolte di dati linguistici del ‘periodo pre-paradigmatico’ e concorse-ro anche a definire un sistema lessicale in cui le categorie di storia e storicità, diacronia, evoluzione e genealogia assunsero una configurazione specifica, assolutamente non sovrapponibile a quella di altri «paradigmi». Se Hérvas, Adelung, Balbi utilizzarono il linguaggio per scoprire e per indagare i fatti storici legati a popoli e ad avvenimenti, Schlegel si mostrò interessato allo sviluppo linguistico, al linguaggio inteso come un tessuto vivente che pro-gredisce e si sviluppa continuamente mosso soltanto da una forza interiore:

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70 A. Morpurgo Davies, La linguistica dell’Ottocento, cit., p. 129. 71 Ibid., p. 134.

la costante consapevolezza del mutamento, lo spostamento d’interesse dalla descrizione statica della lingua a una visione dinamica, la stessa importanza attribuita al cambiamento furono sintomi avvertiti come elementi nuovi che si rivelarono importanti per identificare e consolidare ‘modelli teorici e me-todologici’ per lo studio dello sviluppo linguistico in base a categorie lessicali il cui contenuto semantico è circoscritto dal «paradigma» di riferimento70.

All’interno di questa cornice il principio della spiegazione genealogica fa ap-pello alla storia dei fatti linguistici per leggerli e interpretarli alla luce delle metafore organiche onnipresenti nella cultura tedesca del tempo (Herder, Schelling): il linguaggio, come la legge, l’arte, la religione, fu considerato l’espressione organica del popolo o della nazione, ma anche l’emanazione immediata di un’entità organica complessa la cui unità fondamentale è deter-minata dalla reciproca dipendenza al fine comune di tutte le sue parti, e non da ultimo venne pensato come un organismo dotato di una storia scandita da periodi di sviluppo genetico, con momenti di progresso e di sosta, di cre-scita, di fioritura, di deperimento e di morte graduale. In queste metafore si deve rintracciare il contenuto semantico della struttura lessicale che colorò lo sfondo del ‘paradigma organicista’ lasciando emergere le categorie attraverso la quali i diversi autori interagirono nel definire metodi e contenuti teorici. Se nel pensiero di Humboldt, di Bopp, dei Grimm e degli Schlegel la visione storica e quella organica del linguaggio convissero, con Schleicher la metafo-ra organica fu portata alle sue estreme conseguenze. Il linguaggio divenuto nella prospettiva schleicheriana un vero organismo dotato di un vita a sé, indipendente da quella dei parlanti, fece della linguistica una scienza priva di contenuto storico. Fu in questa fase che intervenne un’autentica torsione dialettica: l’organicismo, che aveva promosso uno studio storico del linguag-gio, fu impiegato per negare la validità di tale studio71. Da Schleicher i legami

tra lingua e storia, tra lingua e parlanti non furono respinti ma vennero asse-gnati alla filologia che tra le altre cose doveva occuparsi degli studi lessicali e sintattici, mentre soltanto le parti più strutturate del linguaggio, relative alla fonologia e alla morfologia, dovevano essere di pertinenza della linguistica. Stheinthal, in opposizione alla concezione organicista di stampo schleicheria-no fondata sull’assunzione del modello biologico come base per la spiegazio-ne dei fenomeni linguistici, ricollegandosi al pensiero humboldtiano, definì il linguaggio una produzione continua dello spirito (Geist) che va colto nel suo costante prodursi e modificarsi. La lingua cessò quindi di essere un’opera (érgon) compiuta, per divenire attività (enérgeia) perennemente transeunte che deve essere analizzata non dall’esterno ma dall’interno, a partire dal suo concreto manifestarsi ed estrinsecarsi. Il richiamo di Steinthal alla psicologia associazionistica e rappresentazionale di Herbart trovò piena realizzazione

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72 T. De Mauro, Introduzione, in F. de Saussure, Corso di linguistica generale, cit., p. xiv. 73 Ibid., p. xvi.

nelle opere dei neogrammatici i quali guardarono all’evoluzione storica delle lingue individuando nei meccanismi di associazione l’elemento in grado di catalizzare tutte le rappresentazioni originate dall’esperienza le quali, sot-toposte a continue trasformazioni, costituiscono l’«organismo linguistico o psichico» ed esprimono lo sviluppo storico di una comunità. Nell’ambito del ‘paradigma organicista’ è quindi possibile cogliere un movimento di sistole e di diastole in rapporto al quale la variabile storica e quella organicista ora si integrano e ora si escludono senza intaccare la struttura lessicale di riferi-mento la quale rimane costante e comunemente condivisa dai diversi autori anche quando alla prospettiva strutturale ed evoluzionistica dell’organismo linguistico, inteso anche nel suo dinamismo storico da parte di Humboldt, di Bopp, dei Grimm e degli Schlegel, subentra l’azzeramento della dimensione storica da parte di Schleicher e il successivo recupero, in chiave psicologica e sociale, dell’evoluzione storica delle lingue attraverso il pensiero di Steinthal, di Whitney e dei neogrammatici.

La ‘rivoluzione strutturalista’ che, all’alba del XX secolo, portò in primo piano l’analisi sincronica delle lingue tracciò i confini di una nuova struttura lessicale in cui le categorie di langue e parole, sincronia e diacronia, storicità e arbitrarietà assunsero una configurazione specifica non ulteriormente tradu-cibile, pena la falsificazione del contenuto semantico che veicolavano. Il ‘pa-radigma strutturalista’ svolse le proprie ricerche su un duplice piano: quello

sincronico, o meglio idiosincronico, della coesistenza funzionale in cui

convi-vono in contemporanea le varie unità e strutture possibili, e quello diacronico in cui si analizza lo svolgersi di un sistema o di una sua parte attraverso il tempo senza per questo escludere la comparazione tra sistemi e parti di si-stemi geneticamente affini. Se da un lato il ‘paradigma strutturalista’ assegnò il primato allo studio idiosincronico, dall’altro, diversamente dal carattere esclusivo assegnato alla diacronia da parte del ‘paradigma organicista’, alla sincronia non affidò il monopolio delle indagini scientifiche72. La nozione di

diacronia fu infatti ricompresa e subordinata alla sincronia, in quanto soltanto a partire da una base idiosincronica era possibile legittimare il confronto tra unità linguistiche appartenenti a sistemi diversi: «una serie di equazioni idio-sincroniche tra significazioni che divergono e fonie che divergono, ma che, tuttavia, in ciascun stato di lingua in cui coesistono, siano varianti dello stesso significato e dello stesso significante, lega, da uno stato di lingua all’altro, i punti estremi di una serie diacronica (calidum e chaud) così come d’una serie comparativa (latino na¯tus e antico indiano ja¯tás)»73. Lo studio diacronico non

poteva infatti essere scisso dalle considerazioni sulla complessa funzionalità del sistema: per quanto distinti e accidentali, i mutamenti di singole parti del-la del-langue, operanti su piani corredel-lati sistematicamente, agiscono di concerto e

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74 F. de Saussure, Corso di linguistica generale, cit., p. 417 nota 154 e p. 104. 75 Ibid., p. 453 nota 305.

76 Ibid., p. 452 nota 305.

77 T. De Mauro, Introduzione, in F. de Saussure, Corso di linguistica generale, cit., p. xviii. 78 F. de Saussure, Corso di linguistica generale, cit., p. 420 nota 167.

provocano una diversa dislocazione del rapporto tra significanti e significati, ovvero portano a una diversa configurazione del sistema74. La langue è

nor-ma e fornor-ma di una nor-materia estrenor-mamente eterogenea e composita che rientra per intero nel dominio dello studio linguistico, in questo senso rappresenta l’oggetto specifico della linguistica in quanto «principio ordinatore delle co-noscenze linguistiche»75. Il progetto che il ‘paradigma strutturalista’ propose

alla linguistica si sviluppò e si espresse in molte direzioni: nello studio dalle diverse lingue, tutte considerate come strumenti elaborati da corpi sociali di definita storicità; nel riconoscimento degli aspetti universali della tecnica linguistica, considerata nella sua profonda unità al di là della sua diversità su-perficiale; nella rinnovata considerazione del contesto e della sua individuale esecuzione76. Nell’ambito del ‘paradigma strutturalista’ la nozione di storicità

si colora di un valore semantico definito a partire dalla relazione con gli altri termini del sistema lessicale, sottraendola alla molteplicità di sensi, sovente equivoci, attraverso i quali s’intende far riferimento ora alla dimensione dia-cronica ora alla contingenza temporale. Il ‘paradigma strutturalista’ se da un lato insistette sul carattere antistorico del sistema linguistico, opponendo la linguistica sincronica a quella diacronica, dall’altro riconobbe il carattere sto-rico di ogni stato di lingua non tanto in rapporto al suo sviluppo quanto per il fatto che le motivazioni che lo sorreggono sono di carattere contingente, temporale e socialmente determinato. L’individuazione del carattere radical-mente arbitrario e sociale di tutte le lingue ne sancì il carattere radicalradical-mente storico: l’arbitrarietà saussuriana rappresentò «la modalità generale con cui ciò che nell’uomo è eredità biologica, collocata al di qua delle contingenze sociali e temporali, s’incontra con la contingenza storica»77. La separazione

delle ragioni della scienza da quelle della storia subì lo scacco per il quale una rigorosa geometria razionalistica e scientifica ebbe come suo teorema estre-mo il più fine riconoscimento della radicale storicità dei fatti linguistici. Da un punto di vista oggettivo, il valore di un segno fu quindi fatto interamente dipendere, attraverso il sistema, dalla società che tiene in vita il complesso sistemico, ovvero dalle vicende storiche della società, per cui il valore lingui-stico è radicalmente sociale e storico. Da un punto di vista metodologico lo studio di un segno non può quindi prescindere dal sistema da cui attinge il suo valore78. La radicale arbitrarietà della lingua divenne sinonimo di radicale

storicità di ogni sistemazione linguistica, nel senso che ogni sistemazione non ha fuori di sé ma in sé la norma onde distinguere l’esperienza in significati e la fonia in significanti: essa è legata non alla struttura oggettiva delle cose o delle realtà acustiche, ma, adoperando queste come materie, è principalmente

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con-79 T. De Mauro, Note biografiche e critiche su Ferdinand de Saussure, in F. de Saussure, Corso di linguistica generale, cit., p. 353.

80 F. de Saussure, Corso di linguistica generale, cit., p. 409 nota 137. 81 Ibid., p. 417 nota 150.

dizionata dalla società che, in funzione dei propri bisogni, la pone e tiene in essere. Questa prospettiva interpretativa fondata sul carattere radicalmente sociale e storico della lingua, segnò uno stacco decisivo rispetto al ‘paradigma organicista’ e, in particolare, nei confronti delle posizioni di Whitney e dei neogrammatici tanto da intessere relazioni che transitano su un diverso circu-ito lessicale e semantico che ne sancisce la radicale «incommensurabilità»79.

La fonte immediata della concezione convenzionalista che fece di de Saussu-re l’epigono di coloro che dai sofisti agli stoici, da Platone ad Aristotele, fino a Boole e Valéry hanno concepito la lingua come una nomenclatura, ovvero come un insieme di nomi ciascuno dei quali è apposto «per convenzione» alle cose e ai loro equivalenti mentali identici per tutti, fu quasi certamente Whitney che nei vari contesti associò la nozione di arbitrarietà (arbitrary) a quella di convenzione (conventional). A partire dal 1894, de Saussure evitò questa sovrapposizione in quanto avvertì che la convenzionalità implicava necessariamente una concezione del significato e del significante come due dati sui quali operava secondariamente la convenzione umana per associar-li. Con il termine arbitraire de Saussure intese di fatto esprimere la radicale insussistenza di ragioni naturali o logiche nel determinare gli articuli della sostanza acustica e semantica80. Sussiste un legame a doppio filo che unisce

arbitrarietà e storicità in quanto le discriminazioni delle significazioni in si-gnificati, le distinzioni delle fonie in significanti, le associazioni di significati e di significanti sono tutti fenomeni che si fondano su scelte storiche, tem-poralmente, geograficamente, socialmente definite. I segni, in questo senso, se non fossero arbitrari, sarebbero naturali e, quindi, al di qua della storia81.

Con la ‘rivoluzione cognitivista’ si celebrò l’ennesimo sbarco in un nuovo mondo di corrispondenze. L’enfasi sulla sintassi, la descrizione del linguaggio e dei suoi meccanismi operata attraverso i concetti dedotti dalla logica sim-bolica e dalla matematica, la tensione diretta alla radicale integrazione con le scienze biologiche furono tutti aspetti che definirono il valore semantico delle nuove categorie lessicali attraverso cui vennero spiegati i meccanismi di generazione del linguaggio. La nozione di struttura, profonda e superfi-ciale, proposta dalle tesi chomskyane si allontanò radicalmente dalla lezione saussuriana, come anche la dicotomia competenza ed esecuzione rispetto a quella tra langue e parole del maestro ginevrino. L’intera struttura lessica-le del ‘paradigma cognitivista’ trovò il suo radicamento e i suoi contenuti semantici nell’ambito di una teoria in cui agli universali linguistici, comuni a tutte le lingue, fu riconosciuto un fondamento bio-genetico costituito dal patrimonio umano codificato nel DNA delle cellule che, nell’ambito linguisti-co, trovò la sua spiegazione nel modello a principi e parametri. L’accentuata

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