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Basilea 3 e l'approvvigionamento di capitale delle banche. Il caso Unicredit

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Academic year: 2021

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1 INTRODUZIONE

Il tema del requisito patrimoniale è da sempre oggetto di studio e di dibattito all’interno delle imprese bancarie.

La disciplina in materia è sempre più stringente e in continua evoluzione con aggiornamenti che vanno di pari passo con gli sviluppi economico-sociali e con il mutamento degli scenari dei mercati finanziari.

La recente normativa relativa ai requisiti patrimoniali del settore bancario - cosiddetta Basilea 3 - pone ancora in maniera forte il quesito su quale debba essere il patrimonio di vigilanza delle banche, definendo pure gli aspetti salienti per la determinazione dell’indicatore patrimoniale.

Pertanto, alla luce dell’evoluzioni normative delineate, il presente lavoro si pone l’obiettivo di analizzare le modalità di reperimento del capitale proprio attraverso i mercati, quindi attraverso l’Ipo e successivi aumenti di capitale, in modo da verificare la congruità rispetto a quanto richiesto dalla disciplina.

A tal fine, in primo luogo l’attenzione si soffermerà sui principali strumenti a disposizione delle banche per il reperimento di nuovo capitale, fenomeno che negli ultimi periodi, alla luce degli scenari macroeconomici e normativi, va sempre più affermandosi.

Saranno quindi esaminate le caratteristiche peculiari dell’Ipo e dei successivi aumenti di capitale nelle loro diverse forme e specie.

Successivamente si ritiene opportuno effettuare un’analisi di un caso concreto, come ad esempio l’aumento di capitale dell’Unicredit Spa operato nei primi mesi del 2012.

Cercheremo di capire come il gruppo bancario italiano abbia recepito le direttive imposte da Basilea 3 e quali strumenti abbia messo in campo al fine di acquisire nuovi capitali di rischio.

Ciò al fine di capire l’impatto patrimoniale di queste operazioni straordinarie anche alla luce della crisi di credibilità del sistema bancario italiano in seguito alla forte speculazione sul debito sovrano che ha accompagnato l’Italia nel corso del 2012.

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3 CAPITOLO PRIMO

BASILEA 3

1.1. La strada verso Basilea 3

In occasione della riunione del 12 settembre 2010, il gruppo dei governatori e supervisori, l'organo direttivo del Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria della banca dei regolamenti internazionali, ha annunciato un sostanziale rafforzamento dei requisiti patrimoniali esistenti e ha approvato senza riserve gli accordi stipulati il 26 luglio 2010.

Queste riforme, insieme all'introduzione di un parametro di liquidità globale, sono fondamentali per la riforma finanziaria e sono state presentate al vertice del G20 a Seul, del novembre 2010.

Si trattava di modifiche al preesistente accordo di Basilea 2, che, alla luce della crisi finanziaria, aveva mostrato tutti i suoi limiti e la sua sostanziale inutilità pratica.

Quell'accordo si poneva come ambizioso obiettivo lo stabilire regole comuni a tutte le banche, affinché venisse rinforzato il loro patrimonio e la loro solidità economica, mediante un sistema di accantonamenti prudenziali e di gestione del rischio di impresa attraverso la procedura del rating usata per valutare i propri clienti, una sorta di classificazione meritocratica finalizzata a stabilire il costo del denaro commisurandolo al rischio di insolvenza di chi riceveva il prestito od il finanziamento.

Basilea 2 aveva prodotto una serie di effetti collaterali sulle piccole medie imprese, con una diminuzione dei finanziamenti ed un innalzamento del costo del denaro.

Aziende considerate perfettamente solventi avevano accesso al credito, ma aziende che venivano considerate meno solventi ne erano precluse del tutto o vi accedevano a condizioni molto peggiori.

Effetti collaterali, abbiamo detto, giustificati dall'esigenza di avere banche più forti e solide.

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4 Peccato che la crisi finanziaria 2008 abbia travolto, prima delle imprese, decine, centinaia di banche, alcune fallite, la maggior parte tenute su da aiuti statali, direttamente od indirettamente nazionalizzate dai rispettivi governi, per evitare un collasso economico e sociale prodotto da banche che andavano in default come caselle di un domino, in sequenza.

Dal conclamato fallimento della regolamentazione di Basilea 2, nasceva quindi l'esigenza di studiare un Basilea 3, un nuovo accordo che sanasse i problemi e le deficienze del precedente, e che servisse realmente all'obbiettivo che ci si era preposto.

Aumentare il patrimonio delle banche, migliorare il valore dei loro accantonamenti, significa creare delle riserve reali e non fittizie.

Troppe banche , infatti, avevano accumulato nel loro attivo patrimoniale strumenti finanziari derivati o frutto di alchimie finanziarie, il cui effettivo valore economico si era sciolto come neve al sole.

Negli ultimi dieci anni la parola “debito” era stata socialmente affrancato da ogni possibile connotato negativo; carte di credito, finanziamenti ipotecari, micro- prestiti domestici, leasing finanziari erano entrati nel dna di ogni persona o impresa. 1

Abitazioni, autoveicoli, beni di consumo necessari e soprattutto superflui, beni di lusso tutto è stato finanziato dalle banche, sostenendo i consumi e l'aumento di produzione delle imprese.

Fino al 2006 il mercato immobiliare negli Stati Uniti è semplicemente esploso: In poco più di 6 anni, le case di proprietà sono aumentate dal 64% al 69%, ed i prezzi delle abitazioni sono saliti del 124%.

Nel 2007 e nel 2008 questa corsa al rialzo si è arrestata ed ha inserito una forte retromarcia: nel 2007 è diminuita del 9,7%, nel 2008 del 15,3%. Contemporaneamente aumentavano coloro che non riuscivano più a pagare i debiti contratti. I mutui stessi venivano erogati con una formula commerciale in cui le rate, inizialmente basse, si alzavano progressivamente dopo un certo lasso

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5 di tempo, e in quel modo, molti smettevano di pagare il mutuo, non riuscendo a far fronte alla nuova rata sempre più maggiorata.

Dal 2004 al 2006 la Federal Reserve americana aveva innalzato il tasso d'interesse 17 volte, portandolo dall'1% al 5,25%.

Detto in questo modo, non rende l'idea, ma se lo applichiamo ad un mutuo vero e proprio, immaginando di acquistare un immobile da 200.000 Euro per 15 anni, avere una rata all'1% significa dover pagare 1.752,00 € mensili, avere una rata al 5,25% significa dover pagare 2.150,00 € ogni mese.

Un aumento di 400,00€ in pochissimo tempo che moltissimi non potevano permettersi di pagare.

Difficoltà di pagare i mutui, aumento esponenziale dei pignoramenti, crollo del mercato immobiliare.

Un mix perfetto per avviare il disastro. Inizialmente sono andate in crisi le famiglie che avevano contratto i mutui sub-prime, cioè mutui concessi a clienti meno solvibili. Se nel 2000 la percentuale di insolventi era di un cliente su venti, nel 2007 era salita ad un cliente ogni sei e nel 2008 quindici famiglie su cento non riuscivano più a pagare la rata correttamente.

I mutui erogati nel 2005 hanno problemi di incasso nel 37,44% dei casi, quelli erogati nel 2006 per il 40,28% dei casi.

Ma fino a quel momento, il problema era circoscritto agli Stati Uniti ed alla loro pericolosa abitudine di lasciar comprare una casa a chi, nella realtà, non avrebbe potuto permetterselo.

La situazione cambia con la cartolarizzazione dei mutui. Si parte dalla presunzione che, diluendo i vari mutui in tante operazioni finanziarie differenti, il rischio diminuisse.

Il valore dei mutui sub-prime , cioè tecnicamente crediti delle banche, sono stati impacchettati in obbligazioni emesse dalle banche stesse e cedute agli investitori.

I mutui quindi sono stati ceduti, assieme ai loro rischi, tramite le obbligazioni Asset Backed Security, Abs.

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6 Le banche sono investitori, vale a dire impiegano la loro liquidità anche in investimenti finanziari, e non solo imprestando denaro alla clientela. Perciò gli Abs hanno iniziato a circolare fra banche, e solo negli Stati Uniti stiamo parlando di 4.200 miliardi di dollari.

Molte banche, ricevuti gli Abs, a loro volta li rimettono in circolo creando altre obbligazioni, le Collateralised Debt Obligation,Cdo, il cui valore supera i 3mila miliardi di dollari.

E' già quindi il secondo passaggio di mano di quel mutuo erogato a chi non lo pagherà giacché il valore degli Abs e Cdo in circolo è teorico, perchè nessuno in realtà sa quanti siano.

Queste cartolarizzazioni crollano, ed assieme al loro destino trascinano tutto il mercato delle cartolarizzazioni con un crollo dei prezzi che, in certi casi arriva all'80% del valore nominale. In pratica, si vende un credito di 100 al valore di 20. Le obbligazioni cartolarizzate si portano dietro anche le obbligazioni normali, i bond bancari ed i bond aziendali, con i prezzi che crollano e i rendimenti che conseguentemente vanno alle stelle.

Si offre un alto rendimento, nella speranza che qualcuno le acquisti.

Queste obbligazioni ad alto rendimento, definite obbligazioni distressed quando superano del 10% il rendimento di un titolo di Stato, tra luglio 2007 e febbraio 2008 passano dal 2% al 22% del totale di tutte le obbligazioni.

Nel marasma del panico, entrano anche i bond aziendali, per un valore di altri 300 miliardi di dollari.

Nella pratica, ciò che a bilancio valeva 100, a prezzo di mercato vale ora 20. Titoli junk, titoli spazzatura che sono nel portafoglio delle banche e delle loro società di investimento, che hanno contratto debiti per acquistare i bond, e che si trovano ora con debiti veri a fronte di crediti fittizi.

Il mondo finanziario crolla a questo punto come un castello di carte, e la crisi si propaga anche alla borsa.

Gli investitori, impauriti, vendono per far cassa e liquidità e in pochi mesi spariscono in fumo oltre 17mila miliardi di dollari dal mercato borsistico. Il contagio arriva anche ai prodotti finanziari derivati, i Credit Default Swap (Cds).

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7 Rappresentano una “polizza assicurativa” usata per tutelarsi dal default delle obbligazioni: chi le acquista, paga un premio alla controparte per garantirsi dal rischio di default del bond che ha in portafoglio. Se il bond finisce in default, la controparte è obbligata a rimborsarlo al posto dell'emittente.

Anche il valore del Cds crolla, giacchè il dubbio è che non ci siano capitali solvibili nel caso di un crollo generalizzato delle obbligazioni, vale a dire l'assicuratore va in default e non paga l'assicurazione. Inoltre, i Cds sono fuori da ogni tipo di regolamentazione borsistica o finanziaria e non sono proporzionali alle obbligazioni cui si riferiscono, come se in pratica per ogni autovettura assicurata, ci fossero 50 o 100 tagliandi di assicurazione. Il derivato , cioè, è una successiva moltiplicazione del valore originario.

Forse questo è il problema maggiore, visto il valore esponenziale del mercato dei derivati che supera, e di molto, il Prodotto Interno Lordo del mondo intero. Grazie infatti all'ingegneria finanziaria ed all'effetto leva, si arriva ad un valore di Derivati complessivi che è di 531,2 migliaia di miliardi di dollari, che si basano, all'inizio della catena, su 1,7 miliardi di mutui immobiliari sub-prime, che, via via nei vari passaggi, si moltiplicano a livello esponenziale. In realtà 1,7 miliardi di crediti dubbi nei vari passaggi e cambi di nome, forma e struttura, arrivano a valere 531.000 miliardi sulla carta.

Una montagna di carta, che rischia di non valere neppure il costo materiale della carta stessa. Tanta parte di questa montagna è nel portafoglio delle banche, nel loro portafoglio e quindi nel loro bilancio e nel loro patrimonio.

Tutto questo panico contagia anche lo scambio di denaro tra banche, che normalmente avviene nel circuito interbancario e che, proprio per la crisi di fiducia reciproca, crolla ai minimi storici nella quantità di denaro scambiato e schizza in alto il tasso di interesse interbancario, avendo un effetto diretto sull'Euribor, a cui sono direttamente connessi i mutui delle famiglie italiane. Banche in crisi di liquidità significa banche che sospendono l'operatività e che cercano di recuperare contraendo gli affidamenti ancora di più, sia alle persone fisiche che alle imprese.

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8 Tutto ciò avveniva all'interno delle maglie dell'accordo di Basilea 2, che era nato proprio per rendere più forti e sicure le banche, le stesse banche che ora crollano se non sono nazionalizzate o aiutate dagli Stati Sovrani.

Migliaia di imprese hanno visto diminuire i loro affidamenti, in quanto la loro banca non poteva imprestargli denaro per non danneggiare il proprio patrimonio e non intaccare la propria solidità, la stessa banca però che, collateralmente, acquistava Cds o Cdo per aumentare i suoi guadagni.

Tutto questo, visto dall'ottica del piccolo imprenditore, che non riesce a cambiare i macchinari perché la sua banca lo ritiene sottopatrimonializzato e perciò poco affidabile, appare come una realtà a metà tra il tragico ed il comico.

1.2. Il nuovo accordo sul capitale

1.2.1 Caratteri introduttivi

Il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria offre un forum di discussione permanente per la cooperazione sulle tematiche legate alla vigilanza bancaria, e cerca di promuovere e rafforzare i metodi di vigilanza e gestione del rischio a livello globale.

Il Comitato include rappresentanti di Argentina, Australia, Belgio, Brasile, Canada, Cina, Francia, Germania, Hong Kong, India, Indonesia, Italia, Giappone, Corea del Sud, Lussemburgo, Messico, Paesi Bassi, Russia, Arabia Saudita, Singapore, Sudafrica, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia, Regno Unito e Stati Uniti.

Il Gruppo dei governatori e dei supervisori è l'organo direttivo del Comitato di Basilea ed è composto dai governatori delle banche centrali e dai supervisori dei paesi membri.

La segreteria del Comitato ha sede nella banca dei regolamenti internazionali a Basilea, in Svizzera.

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9 Il pacchetto di riforme proposto dal Comitato eleverà il coefficiente minimo di patrimonio di prima qualità (common equity) dal 2 al 4,5 per cento.2

Inoltre, le banche dovranno accantonare un cuscinetto di protezione del patrimonio del 2,5 per cento (capital conservation buffer) per sopportare futuri periodi di stress, cosa che porta il coefficiente complessivo di patrimonio di prima qualità (common equity + buffer) al 7 per cento.

Tali misure rafforzano la definizione di patrimonio più stringente concordata dai governatori e dai supervisori a luglio, nonché l'innalzamento dei requisiti patrimoniali per le attività di trading, derivati e cartolarizzazioni, che saranno introdotte alla fine del 2011.

A fronte di ogni finanziamento erogato, aumenta dunque il patrimonio di prima qualità, cioè di investimenti fatti in titoli a basso se non nullo rischio (esempio Titoli di Stato al massimo livello di rating), unendo a questa sorta di “riserva legale” una sorta di “riserva straordinaria” costituito dal capital conservation buffer da attivarsi nei periodi di pre-crisi o comunque di stress finanziario e/o speculativo.

Maggiori e migliori accantonamenti dunque per evitare di avere bilanci bancari gonfiati da derivati e svuotati da valori reali.

Jean-Claude Trichet, presidente della Banca centrale europea e presidente del Gruppo dei governatori e supervisori, ha detto che «gli accordi raggiunti oggi rappresentano un fondamentale rafforzamento dei parametri di capitale globali». Ha aggiunto che «il loro contributo alla stabilità finanziaria e alla crescita sul lungo termine sarà sostanziale.

Gli accordi di transizione metteranno le banche nelle condizioni di ottemperare ai nuovi parametri senza penalizzare la ripresa economica».

Nout Wellink, presidente del Comitato di Basilea sulla vigilanza bancaria e presidente della banca dei Paesi Bassi, ha aggiunto che «l'effetto combinato dell'introduzione di una definizione molto più stringente di patrimonio e dei nuovi cuscinetti patrimoniali metterà le banche nelle condizioni di sopportare

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10 meglio periodi di stress economico e finanziario, supportando in tal modo la crescita economica».

In base agli accordi raggiunti , il coefficiente minimo di azioni ordinarie, la forma di patrimonio meglio in grado di assorbire le perdite, sarà portata dal livello attuale del 2 per cento (prima dell'applicazione di aggiustamenti normativi) al 4,5 per cento (dopo l'applicazione di aggiustamenti più severi). Queste nuove regole saranno introdotte progressivamente, entro il 1° gennaio 2015.

Il coefficiente relativo al patrimonio di base (Tier 1), che include common equity e altri strumenti finanziari qualificati basati su criteri rigorosi, sarà portato, nello stesso periodo di tempo, dal 4 al 6 per cento.

Il gruppo dei governatori e supervisori ha deciso anche che il cuscinetto di protezione del patrimonio al di là dei minimi stabiliti deve essere fissato al 2,5 per cento e deve essere costituito da common equity, dopo l'applicazione delle deduzioni.

Lo scopo del cuscinetto di protezione è garantire che le banche mantengano un patrimonio di riserva per assorbire le perdite durante lunghi periodi di stress economico e finanziario.

Le banche sono autorizzate ad attingere al cuscinetto durante questi periodi di stress, ma più il loro coefficiente patrimoniale si avvicina al requisito minimo, più crescono i vincoli alla distribuzione degli utili.

Questo quadro rafforzerà l'obbiettivo di dare alle banche una supervisione e una governance solide, e fornirà una risposta al problema di concorrenza (collective action) che ha impedito ad alcune banche di tagliare distribuzioni degli utili come le gratifiche discrezionali e i dividendi elevati, nonostante il deteriorarsi della posizione patrimoniale.

Non dimentichiamo infatti che, mentre la nave puntava verso le scogliere e si preparava ad affondarvi, non diminuivano, anzi aumentavano i “bonus” attribuiti ai singoli super-manager unitamente ad una generosa politica dei dividendi con gli azionisti.

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11 Erano infatti gli azionisti i primi che potevano controllare i bilanci, attraverso tutte le strutture di governance dietro ad ogni public company, e la politica di dividendi evitava proprio questo accanirsi ad una verifica continua dei conti e degli investimenti.

Soci soddisfatti sono soci che non chiedono, non si ritirano, non svolgono insomma quell'azione di controlling che ogni statuto aziendale deve concedere alla compagine sociale, specie se minoritaria.

Un cuscinetto anticiclico compreso fra lo 0 e il 2,5 per cento delle azioni ordinarie o di altri tipi di capitale in grado di assorbire pienamente le perdite verrà applicato tenendo conto delle circostanze nazionali.

Lo scopo del cuscinetto anticiclico è conseguire l'obbiettivo macroprudenziale più generale di proteggere il settore bancario dai periodi di crescita eccessiva della massa creditizia.

Per ogni paese, questo cuscinetto entrerà in vigore solo quando vi sarà una crescita eccessiva del credito tale da produrre un accumulo di rischio pericoloso per il sistema.

Il cuscinetto anticiclico, una volta in vigore, verrebbe introdotto come estensione della forbice del cuscinetto di protezione.

A questi requisiti patrimoniali si dovrà aggiungere un coefficiente di leva finanziaria, che servirà da protezione aggiuntiva per le misure basate sul rischio sopra descritte.

A luglio, i governatori e i supervisori hanno concordato di sperimentare parallelamente un coefficiente Tier 1 leverage del 3 per cento.

Secondo gli accordi di Basilea attualmente in vigore, il patrimonio delle banche può essere distinto in due classi (tier): una "classe principale (Tier 1) che è composta dal capitale azionario e riserve di bilancio provenienti da utili non distribuiti al netto delle imposte, e una "classe supplementare" composta da elementi aggiuntivi. 3

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Comitato di Basilea, Convergenza internazionale della misurazione del capitale e dei coefficienti

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12 Dalla componente principale vanno poi dedotti alcuni elementi come l'avviamento.

Per evitare che il capitale Tier 1 venisse reso meno solido dall'uso di strumenti innovativi via via creati dalle banche, il Comitato di Basilea decise di limitarne l'inclusione nel Tier 1 al 15%. Escludendo del tutto tali strumenti innovativi dal Tier 1 capital, si ottiene il cosiddetto Tangible Common Equity (TCE).

Rapportando il Tier 1 alle attività ponderate per il rischio, secondo i criteri di Basilea II, si ottiene il coefficiente patrimoniale Tier 1, utilizzato come misura standard di patrimonializzazione di una banca.

Il “ Tier 1 capital” : rappresenta la quota più solida facilmente disponibile del patrimonio della banca.

Il Tier1 Capital Ratio è dato dal rapporto fra il patrimonio di base della banca e le sue attività ponderate in base al rischio.

Il “var” è il metodo per quantificare il livello di rischio e misura la massima perdita potenziale che ci si attende possa essere generata riguardo uno specifico orizzonte temporale.

Il “core tier 1” indica il Tier 1 Capital al netto degli strumenti ibridi.

Ossia al netto di quegli strumenti finanziari che possono essere emessi dalle banche sotto forma di obbligazioni, certificati di deposito e buoni fruttiferi o altri titoli e sono rimborsati ai sottoscrittori su richiesta dell’emittente con il preventivo consenso della Banca d’Italia.

Entrando più nel dettaglio il Tier si compone di:

1. Utili non distribuiti e riserve, al netto dell'avviamento, 2. Azioni ordinarie e di risparmio,

3. Preferred Securities: si tratta di obbligazioni perpetue richiamabili non prima di 10 anni, il cui pagamento può essere sospeso in presenza di andamenti negativi della gestione e privilegiate solo rispetto alle azioni ordinarie e di risparmio.

Il Tier 1 si scompone in Core Tier 1, il cui ammontare deve essere non inferiore all'85% dell'intero Tier 1, e considera i punti 1 e 2, e l'Hybrid Tier 1, che accoglie

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13 invece solo le preferred securities, in un ammontare massimo non superiore al 15% dell'intero Tier 1.

Con un livello di seniority crescente, ovvero con una maggiore garanzia di rimborso per l'investitore, troviamo il Tier 2, anch'esso scomponibile in Upper Tier 2, che accoglie obbligazioni della durata superiore a 10 anni e utilizzabili per coprire perdite derivanti dalla operatività dell'ente che non le consentirebbero la prosecuzione dell'attività, e in Lower Tier 2, contenente obbligazioni della durata superiore ai 5 anni.

Ancora con seniority crescente troviamo il Tier 3, composto da obbligazioni della durata superiore ai 2 anni, non utilizzabili per coprire le perdite derivanti dalla operatività dell'ente ma ammettono la sospensione del pagamento di capitale e interessi in caso di riduzione del patrimonio netto contabile al di sotto dei limiti di legge e su iniziativa delle autorità di vigilanza (Banca d'Italia, nel nostro caso).

Possiamo aggiungere che il Tier 1 deve essere pari almeno al 4% delle attività ponderate per il rischio (in base ai parametri stabiliti da Basilea 2 e quindi utilizzando l'approccio standard o l'internal rating based advanced foundation), il Tier 2 deve essere non superiore al 100% del Tier 1 e la loro somma non deve essere inferiore all'8% delle attività ponderate per il rischio (RWA), che poi rappresenta il coefficiente di solvibilità della banca.

Il Tier 3 deve essere pari al massimo al 250% del Tier 1 a copertura dei rischi di mercato.

Questa precisazione era necessaria per evidenziare come il patrimonio di vigilanza sia diverso dal patrimonio netto contabile per i vari strumenti di debito emessi dalla banca che vi sono all'interno e che possono essere considerati come strumenti simili al capitale ma non uguali, la cui erogazione da parte della banca le consente di espandere gli impieghi.

Nel caso in cui il patrimonio di vigilanza fosse incapiente rispetto alle previsioni di impiego della banca, stabilite in sede di budget, esso può essere aumentato riducendo i dividendi, emettendo azioni e/o Preferred Securities oppure incrementando il Tier 2.

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14 Il motivo per cui le banche devono detenere il capitale così definito è fronteggiare perdite inattese, la principale delle quali deriva dal peggioramento del merito creditizio della controparte oltre la quota prevista sulla base del rating ad essa associato in sede di risk rating.

Le valutazioni sul Tier sono dunque esperimenti da testare e verificare, prima che diventino modifiche obbligatorie e strutturali.

Basandosi sui risultati del periodo di sperimentazione, qualunque aggiustamento finale sarà eseguito nella prima metà del 2017, con l'obbiettivo di approdare il 1° gennaio 2018 a una normativa Pillar 1 (requisiti patrimoniali minimi obbligatori) basata su analisi e calibrature appropriate. L'obbiettivo finale resta comunque che le banche importanti per la tenuta del sistema debbano avere una capacità di assorbimento delle perdite superiore ai parametri annunciati fino ad ora, e su questo punto il Comitato per la stabilità finanziaria e i gruppi di lavoro pertinenti del Comitato di Basilea proseguono il loro lavoro.

Il Comitato di Basilea e il Comitato per la stabilità finanziaria stanno elaborando un approccio integrato agli istituti di credito importanti per la tenuta del sistema, che potrebbe includere una combinazione di requisiti patrimoniali più elevati, capitale «eventuale» e debito bailin (forme, queste ultime due, di titoli di debito convertiti automaticamente in azioni in caso di deterioramento dei conti).

Prosegue inoltre il lavoro per il rafforzamento dei meccanismi di liquidazione. I governatori e i supervisori sottoscrivono l'obbiettivo di potenziare la capacità di assorbimento delle perdite degli strumenti patrimoniali Tier 1 e Tier 2 diversi dalle azioni ordinarie4.

Dall'inizio della crisi le banche hanno già sostenuto considerevoli sforzi per rafforzare il loro stato patrimoniale, cercando di “ripulire” i bilanci da molti titoli tossici, ma la strada da compiere è sicuramente superiore rispetto a quella percorsa.

Ma i risultati preliminari dello studio generale sull'impatto quantitativo effettuato dal Comitato mostrano che, come alla fine del 2009, le grandi banche avranno

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Comitato di Basilea, Proposal to ensure the loss absorbency of regulatory capital at the point of

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15 bisogno, complessivamente, di una quota significativa di capitale aggiuntivo per soddisfare questi nuovi requisiti.

Le banche più piccole, che rivestono una particolare importanza per il settore delle piccole e medie imprese, nella maggior parte dei casi già li soddisfano. Il problema, tuttavia è che molte banche piccole, tramite il mercato interbancario, usano i fondi delle banche principali, e perciò un nuovo blocco del sistema tra i grandi gruppi, finirebbe per avere conseguenze notevoli sulla liquidità anche dei piccoli gruppi.

Molto è il lavoro da fare dunque, e per questa ragione i governatori e i supervisori hanno concordato sull'opportunità di una fase di transizione per l'applicazione dei nuovi parametri, che contribuirà a garantire il rispetto dei nuovi e più stringenti requisiti patrimoniali da parte delle banche attraverso livelli ragionevoli di non distribuzione degli utili e raccolta di capitali, senza far venire meno l'attività di supporto all'economia attraverso il credito. L'intenzione, meritoria di plauso, era quindi di concedere un buon lasso di tempo alle grandi banche per assestare i loro conti, ed evitare che si contraesse immediatamente la capacità di erogare credito.

Questo è un passaggio che deve essere perfettamente compreso nella sua essenza sostanziale.

Banca solida significa banca che ha una determinata percentuale di accantonamento di alta qualità in proporzione al denaro che eroga ed ai rischi che corre.

Modificare questa percentuale significa modificare la proporzione tra capitale investito (i prestiti alla clientela) e capitale totale della banca (l'attivo patrimoniale).

E' evidente che, modificare la proporzione, significa toccare l'uno o l'altro o entrambi per rientrare nella nuova misura.

Essendo il capitale investito direttamente connesso con il rischio di investimento (il rating) è evidente che, minori sono i rischi che la banca corre, più è agevole rientrare nelle nuove percentuali, lasciando invariato il capitale totale e

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16 modificando solo la qualità e non la quantità del capitale investito, cioè modificando il modo in cui vengono erogati i prestiti.

Nella pratica, diminuire il rischio, significa imprestare denaro solo ed esclusivamente a soggetti pienamente solvibili, o comunque, alzare l'asticella che separa i soggetti finanziabili, dai non finanziabili.

Detto in modo più diretto, significa imprestare meno denaro ed imprestarlo meglio, cioè una ulteriore stretta creditizia.

Peggior momento non si poteva scegliere, con migliaia di aziende con l'acqua alla gola per la crisi produttiva e commerciale che non accenna ad attenuarsi, alternando mesi positivi a mesi di retrocessione di tutti gli indici economici. Per questa ragione, l'applicazione sarà temperata in un lungo arco temporale, confidando che le banche non scelgano la più agevole strada pilatesca del credit crunch, ma invece privilegino la più ardua e complessa strada della revisione del loro patrimonio e della soppressione dei titoli tossici nello stesso annidati.

Gli accordi transitori includono: 5

• L'implementazione nazionale da parte dei paesi membri comincerà il 1° gennaio 2013. Prima di tale data, i paesi membri dovranno tradurre queste regole in leggi e normative nazionali. Al 1° gennaio 2013 le banche dovranno soddisfare i seguenti nuovi requisiti minimi in ordine alle attività ponderate per il rischio (Rwa):

- 3,5 per cento di capitale primario/Rwa;

- 4,5 per cento di patrimonio di base (Tier 1)/Rwa; - 8,0 per cento di patrimonio totale/Rwa.

• Il coefficiente minimo di capitale primario e il coefficiente minimo di patrimonio di base (Tier 1) saranno introdotti gradualmente fra il 1° gennaio 2013 e il 1° gennaio 2015. Il 1° gennaio 2013 il coefficiente minimo di capitale primario salirà dal livello attuale del 2 per cento al 3,5 per cento. Il coefficiente minimo di patrimonio di base (Tier 1) salirà dal 4 al 4,5 per cento. Il 1° gennaio 2014, le banche dovranno soddisfare un coefficiente minimo di capitale primario del 4 per cento e un coefficiente

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17 minimo di patrimonio di base (Tier 1) del 5,5 per cento. Il 1° gennaio 2015, dovranno soddisfare un coefficiente minimo di capitale primario del 4,5 per cento e un coefficiente minimo di patrimonio di base (Tier 1) del 6 per cento. I coefficienti patrimoniali complessivi rimarranno al livello attuale dell'8 per cento, e pertanto non necessitano di alcuna introduzione graduale. La differenza fra il coefficiente patrimoniale complessivo dell'8 per cento e il coefficiente minimo di patrimonio di base (Tier 1) può essere coperta con il patrimonio supplementare (Tier 2) e altre forme di capitale.

 Gli aggiustamenti normativi (per esempio deduzioni e filtri prudenziali), comprese le somme al di sopra del limite complessivo del 15 per cento per gli investimenti in società finanziarie, diritti di gestione delle ipoteche e attività con frutti soggetti a imposte differite, saranno interamente dedotti dalle azioni ordinarie alla data del 1° giugno 2018.

 Nello specifico, gli aggiustamenti normativi partiranno dal 20 per cento delle deduzioni richieste dal patrimonio primario il 1° gennaio 2014, il 40 per cento il 1° gennaio 2015, il 60 per cento il 1° gennaio 2016, l'80 per cento il 1° gennaio 2017 fino a giungere al 100 per cento il 1° gennaio 2018. Durante questo periodo di transizione, il residuo non dedotto dalle azioni ordinarie resterà soggetto alle normative nazionali esistenti.

• Il cuscinetto di protezione del patrimonio sarà introdotto gradualmente tra il 1° gennaio 2016 e la fine del 2018, entrando pienamente in vigore il 1° gennaio 2019. Partirà il 1° gennaio 2016 da un livello dello 0,625 per cento delle attività ponderate per il rischio (Rwa), aumentando ogni anno successivo di altri 0,625 punti percentuali, fino a raggiungere il livello finale del 2,5 per cento sulle Rwa il 1° gennaio 2019. Quei Paesi che dovessero trovarsi di fronte a una crescita eccessiva del credito dovrebbero prendere in considerazione l'idea di accelerare il processo di accantonamento del cuscinetto di protezione del patrimonio e del cuscinetto anticiclico. Le autorità nazionali hanno la facoltà di imporre, a

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18 loro discrezione, periodi di transizione più brevi, e dovrebbero farlo qualora se ne presentasse la necessità.

 Le banche che già soddisfano il requisito minimo durante il periodo di transizione, ma rimangono al di sotto dell'obbiettivo del 7 per cento di patrimonio di prima qualità (requisito minimo più cuscinetto di protezione) dovrebbero osservare una politica di distribuzione degli utili impostata alla prudenza, al fine di raggiungere l'obbiettivo del cuscinetto di protezione in tempi

• Le iniezioni di capitale da parte del settore pubblico già n vigore saranno esentate dalle nuove regole fino al 1° gennaio 2018. Gli strumenti patrimoniali che non rientrano più nella definizione di patrimonio di base (Tier 1) o patrimonio supplementare (Tier 2) saranno progressivamente eliminati nell'arco di 10 anni a partire dal 1° gennaio 2013. Fissando come base l'ammontare nominale di tali strumenti in circolazione al 1° gennaio 2013, a partire da tale data potranno essere accettati in misura non superiore al 90 per cento, e ogni anno successivo tale percentuale si ridurrà di 10 punti. Inoltre, gli strumenti dotati di un incentivo al riscatto prima della scadenza saranno eliminati progressivamente alla data di scadenza effettiva.

 Gli strumenti patrimoniali che non soddisfano i criteri per rientrare nella definizione di patrimonio di base (Tier 1) ne verranno esclusi alla data del 1° gennaio 2013. Verranno invece gradualmente eliminati nello stesso arco di tempo indicato al punto precedente quegli strumenti che soddisfano le seguenti tre condizioni: (1) non essere stati emessi da una società per azioni ; (2) essere trattati come capitale proprio sulla base dei parametri contabili vigenti; (3) essere riconosciuti a tutti gli effetti come parte del patrimonio di base (Tier 1) secondo la normativa bancaria nazionale vigente.

• Solo gli strumenti patrimoniali emessi prima della data di questo comunicato stampa potranno accedere alle disposizioni transitorie appena descritte.

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19 I meccanismi di introduzione graduale per il rapporto capitale/prestiti sono stati annunciati nel comunicato stampa del Gruppo dei governatori e supervisori del 26 luglio 2010.

Pertanto, il periodo di monitoraggio comincerà il 1° gennaio 2011; il periodo parallelo di applicazione comincerà il 1° gennaio 2013 e proseguirà fino al 1° gennaio 2017; e la fissazione del rapporto capitale/prestiti e delle sue componenti comincerà il 1° gennaio 2015.

Basandosi sui risultati del periodo di applicazione parallela, qualunque aggiustamento finale sarà apportato nella prima metà del 2017 con l'obbiettivo di approdare il 1° gennaio 2018 a una normativa Pillar 1 (requisiti patrimoniali minimi obbligatori) basata su analisi e calibrature appropriate.

Dopo un periodo di osservazione che avrà inizio nel 2011, l'indice di copertura della liquidità (Liquidity coverage ratio) sarà introdotto il 1° gennaio 2015. L'indice di stabilità dei finanziamenti (Net stable funding ratio) revisionato passerà a un parametro minimo il 1° gennaio 20186.

Il Comitato eseguirà rigorose procedure di controllo per monitorare gli indici durante il periodo di transizione e continuerà a esaminare le implicazioni di questi parametri per i mercati finanziari, per l'estensione del credito e per la crescita economica, affrontando, se necessario, le conseguenze indesiderate. Il vertice del G20 , chiusosi a Novembre 2010 a Seul, ha concordato di affidare al Financial Stability Board (l'organismo finanziario internazionale presieduto attualmente dal governatore della Banca Centrale Europea, Mario Draghi) il compito di determinare per la metà del 2011 una lista delle banche considerate a rischio sistemico, «too big to fail» (troppo grandi per fallire) , e che dovranno essere oggetto di una regolamentazione rafforzata in termini di requisiti di capitali e di liquidità.

L'Fsb lavorerà in stretto coordinamento con le autorità di vigilanza nazionali e con gli organismi internazionali di settore.

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20 La cornice regolatoria del Fsb prevede la creazione di un meccanismo che permetta di gestire in maniera rapida e sicura l'eventuale fallimento di una banca senza che questo destabilizzi il sistema finanziario ed esponga il denaro pubblico al rischio di nuove perdite.

Per la task force finanziaria del G20 guidata dal governatore della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, c'è ancora molto lavoro da fare in termini di regolamentazione per assicurare la stabilità finanziaria.

In un rapporto sullo stato dell'arte preparato per il summit dei leader del G20 in Corea del Sud, il Financial Stability Board dice che i lavori sulle "banche troppo grandi per fallire" richiederanno diversi anni e che verrà data precedenza alla definizione di una cornice regolatoria e temporale per le grandi istituzioni finanziarie con collegamenti internazionali (Sifi).

L'Fsb valuterà anche come estendere queste linee guida alle istituzioni finanziarie sistemiche non bancarie come le grandi compagnie assicurative. Una volta maturata sufficiente esperienza, l'Fsb studierà come estendere la cornice regolatoria delle Sifi alle infrastrutture dei mercati finanziari, alle compagnie assicurative e ad altre istituzioni finanziarie non-bancarie.

L'individuazione di misure aggiuntive per le cosiddette Sifi, o systemically important financial institutions è uno dei punti di più difficile realizzazione tra quelli fissati dal G20.

I nodi da sciogliere sono la definizione di una Sifi e l'opportunità di imporre a tali tipi di banche requisiti patrimoniali rafforzati rispetto a quelli minimi di Basilea III perché in caso di crisi abbiano cuscinetti di riserve sufficienti per non pesare sul denaro dei contribuenti.

L'Fsb ha deciso di partire concentrandosi sulle Sifi internazionali ossia sulle istituzioni bancarie che per dimensioni, importanza del mercato di riferimento e collegamenti internazionali, in caso di fallimento, metterebbero in crisi il sistema finanziario globale con effetti economici negativi su un certo arco di paesi. La lista di queste banche sarà concordata entro la metà del 2011 da Fsb, regolatori nazionali e altri organismi internazionali di vigilanza.

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21 Entro la fine del 2011, poi, l'Fsb individuerà insieme al Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, le misure extra necessarie per rafforzare la capacità di questi istituti di credito di assorbire eventuali grandi perdite.

Le soluzioni possibili potranno essere diverse da paese a paese secondo le rispettive situazioni nazionali.

Tra le opzioni è probabile che rientrino una combinazione tra un requisito patrimoniale aggiuntivo a Basilea 3, capitale eventuale, ossia debito che si trasforma in azioni al verificarsi di una data condizione, e debito bail-in che prevede in automatico una ristrutturazione in subordine a date condizioni.

Tuttavia, l'Fsb aggiunge che in determinate circostanze altre opzioni si renderebbero necessarie per ridurre la rischiosità delle Sifi globali.

L'Fsb potrebbe ritenere opportune altre misure per ridurre i rischi di infezione che pone una Sifi globale, con requisiti rafforzati sulla liquidità, restrizioni più severe sulle grandi esposizioni e sulle leve finanziarie e misure strutturali.

Inoltre, i paesi che ospitano Sifi globali dovranno mettere a punto, coordinandosi a livello internazionale, una valutazione sui rischi assunti dalla banca e un programma di risoluzione cross-border.

Nel caso, invece, di una Sifi nazionale i paesi sotto la cui giurisdizione essa ricade dovranno stendere un regime di risoluzione ed essere soggetti a una vigilanza più stringente.

L'Fsb dice che se le nuove regole di Basilea sul patrimonio rafforzano la vigilanza sulle banche, molto resta da fare su una serie di altri settori.

Il lavoro fatto per realizzare un'armonizzazione degli standard internazionali di contabilità potrebbe essere in parte ostacolato dalle modifiche all'applicazione del sistema del fair value agli strumenti di debito dall'organismo responsabile negli Stati Uniti per gli standard di contabilità finanziaria.

Il fair value è il criterio di base su cui si basano le contabilità americana ed europea per valutare in bilancio gli strumenti finanziari. La sostanza del fair value è misurare le grandezze presenti in bilancio in base al loro valore di mercato, cioè l'opposto concettuale del “costo storico” che lascia iscritte le grandezze al loro valore iniziale.

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22 Applicando il fair value, i valori di un bilancio catturano la realtà del momento, ma proprio per questo seguono la valorizzazione dei listini nella buona e nella cattiva sorte.

1.2.2 Caratteri peculiari della riforma e suoi riflessi sulle banche

La portata globale della crisi ha richiesto alle autorità una risposta fortemente coordinata a livello internazionale per delineare regole e prassi omogenee ed evitare, come avvenuto, che l’assunzione eccessiva di rischi in giurisdizioni con sistemi di vigilanza poco rigorosi si scaricasse anche su sistemi, come quello italiano, basati su modelli di business meno rischiosi e su una più incisiva azione di controllo da parte delle autorità.

La riforma proposta dal Comitato di Basilea richiede alle banche di detenere più capitale, di migliore qualità.

Sin dall’inizio della crisi è stato chiaro che anche intermediari che rispettavano abbondantemente i requisiti patrimoniali obbligatori non erano in grado di coprire le perdite, poiché molti degli strumenti di capitale utilizzati non erano di sufficiente qualità.

La definizione regolamentare di capitale ha perso il suo valore come benchmark per valutare l’adeguatezza patrimoniale di una banca: gli operatori di mercato già fanno riferimento a definizioni più severe di quelle in vigore.

Un secondo, non meno importante obiettivo è quello di disegnare norme che riducano la cosiddetta prociclicità del settore finanziario, che contribuiscano cioè a contenere la crescita eccessiva del credito nei periodi di espansione economica e assicurino che le banche abbiano sufficienti risorse per affrontare le fasi negative del ciclo.

Specifici strumenti dovranno limitare l’eccessiva espansione della leva finanziaria nei bilanci delle banche nelle fasi di espansione economica.

L'effetto della prociclicità del settore finanziario corrisponde all'aumento dell'indebitamento delle imprese che si acuisce nei periodi di espansione economica. L'espansione, infatti, porta le aziende a realizzare nuovi investimenti, e quindi a finanziarli attingendo alle risorse delle banche.

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23 Il termine dell'espansione (stagnazione economica o crisi economica) svela una situazione in cui le imprese faticano a restituire il denaro avuto in prestito.

Ciò, dal punto di vista bancario, corrisponde ad un aumento del rischio di credito dovuto all'instabilità, che va a minare direttamente la qualità dei loro crediti (verso le imprese e gli altri soggetti indebitati).

La crisi ha anche smentito la convinzione che qualsiasi esigenza di liquidità possa essere fronteggiata grazie a mercati finanziari ben sviluppati e integrati. I soli presidi patrimoniali non sono sufficienti, soprattutto in condizioni di stress, a garantire la stabilità degli intermediari e del sistema nel suo complesso; devono essere affiancati da specifiche regole sulla liquidità.

Infine, le autorità pubbliche si sono trovate a dovere intervenire con risorse ingenti per evitare il fallimento di operatori grandi e complessi, che potevano generare ripercussioni sistemiche.

Per evitare di mettere nuovamente a rischio le risorse dei contribuenti, è essenziale limitare il più possibile sia la probabilità che istituzioni sistemicamente rilevanti falliscano sia l’impatto che il loro fallimento potrebbe avere sul resto del sistema finanziario e sull’economia nel suo complesso.

Il patrimonio rimane il presidio essenziale nella regolamentazione prudenziale delle banche.

Livelli di capitale adeguati e di elevata qualità aumentano la capacità degli intermediari di assorbire le perdite e affrontare future crisi; garantiscono che essi siano in grado di sfruttare le opportunità di crescita e sostenere e di sostenere famiglie e imprese, anche nei momenti difficili; accrescono la fiducia degli investitori e dei risparmiatori.

Nelle proposte del Comitato di Basilea il rafforzamento patrimoniale viene perseguito soprattutto attraverso requisiti più stringenti in termini di strumenti di elevata qualità patrimoniale: il cosiddetto common equity, che per le società per azioni sarà essenzialmente costituito da azioni ordinarie e riserve di utili.

Infatti, mentre il requisito di capitale complessivo rimane invariato all’8%, quello in termini di common equity e stato fissato al 4,5%, per gli strumenti di qualità primaria il requisito sale dal 4% al 6% (Tier 1 ratio).

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24 Inoltre, dal common equity saranno dedotte attività immateriali e altre poste dell’attivo di non agevole realizzo, secondo criteri assai più rigorosi del passato. I nuovi livelli dei requisiti dovranno essere raggiunti solo gradualmente, entro il 2015; anche le nuove deduzioni dal capitale saranno introdotte con gradualità, diverranno pienamente operative nel 2018. 7

La Banca d’Italia ha condiviso l’orientamento di particolare rigore sulla qualità degli strumenti di capitale che le banche potranno utilizzare.

Durante il negoziato abbiamo suggerito modifiche di aspetti che consideravamo ingiustificati sul piano economico o suscettibili di produrre effetti discorsivi per le banche italiane.

È il caso ad esempio del trattamento delle imposte differite attive, delle partecipazioni in società di assicurazioni e degli interessi di minoranza.

Il regime fiscale esistente nel nostro paese ha limiti particolarmente stringenti alla deducibilità fiscale delle svalutazioni e delle perdite su crediti, che generano ingenti ammontari di attività per imposte anticipate.

La proposta originaria del Comitato di Basilea, che prevedeva la totale deduzione di queste poste immateriali dal capitale delle banche, avrebbe creato un serio svantaggio competitivo rispetto a banche di paesi con sistemi fiscali meno restrittivi.

Anche per le partecipazioni assicurative il documento di consultazione prevedeva la deduzione integrale dal patrimonio delle banche, spingendo quindi alla necessità di modificare profondamente i modelli di business integrati bancaassicurazione, che sono ben sviluppati in Italia e non hanno determinato seri problemi nel corso della crisi.

La proposta finale del Comitato di Basilea attenua molto questi effetti, prevedendo che le attività per imposte anticipate e le partecipazioni rilevanti in assicurazioni siano dedotte soltanto per la parte che eccede una certa soglia del capitale di qualità primaria della banca.

Si tratta di un miglioramento rispetto alla formulazione originaria.

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25 Anche la proposta di dedurre integralmente gli interessi di terzi in società comprese nei gruppi bancari è stata rivista, alleviando il peso della riforma per banche organizzate in strutture di gruppo articolate.

Il Comitato di Basilea ha proposto modifiche per aumentare la capacità dei requisiti patrimoniali di catturare i rischi di mercato e di controparte.

Durante la crisi è risultato evidente come le scelte regolamentari fatte in passato, unite a un’attività di controllo poco attenta e non sempre incisiva in alcuni paesi, abbiano condotto alla sottostima dei rischi effettivi di operazioni e strumenti finanziari complessi.

Le nuove regole prevedono che alcuni parametri chiave per il calcolo dei requisiti, quali il valore a rischio e le correlazioni tra attività, siano calcolati tenendo conto di condizioni di stress.

Durante la crisi è emerso chiaramente come numerose banche, che rispettavano ampiamente i requisiti patrimoniali, avevano in realtà sviluppato, nella fase di euforia del ciclo economico, una leva finanziaria molto elevata, soprattutto

attraverso attività fuori bilancio.

In linea con le richieste del G20, il Comitato di Basilea ha proposto di introdurre un requisito minimo di capitale (Tier 1) pari al 3 per cento che le banche dovranno detenere rispetto al totale dell’attivo non ponderato per il rischio (leverage ratio).

Nella costruzione di questo indicatore il Comitato di Basilea ha tenuto presente la necessità che esso non si presti a facili arbitraggi regolamentari e catturi dunque tutte le attività di una banca (in bilancio e fuori bilancio) e sia neutrale rispetto alle diverse regole contabili vigenti nelle principali giurisdizioni (ad esempio, in Europa e negli Stati Uniti).

Anche per il leverage ratio è prevista un’entrata in vigore graduale, per verificarne sul campo gli effetti e poter introdurre i correttivi che dovessero risultare necessari.

Esso sarà inizialmente un indicatore che le autorità terranno sotto osservazione; diverrà una regola prudenziale vincolante per le banche a partire dal 2018.

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26 Parallelamente alle analisi macroeconomiche, il Comitato di Basilea ha condotto un articolato studio d’impatto (Quantitative Impact Study, QIS), per valutare i possibili effetti delle nuove regole sui bilanci delle banche; la Banca d’Italia ha partecipato all’indagine coinvolgendo un ampio numero di intermediari italiani. Sulla base dei risultati dell’esercizio, l’impatto della riforma sulle banche dei principali paesi sarà rilevante: i livelli di capitale dovranno crescere e strumenti di qualità inferiore dovranno essere sostituiti con strumenti patrimoniali più costosi. Gli aggiustamenti avverranno tuttavia su un lungo orizzonte temporale e la valutazione degli effetti sulle banche deve tenere conto anche dei flussi di reddito che potranno alimentare il patrimonio nel periodo di transizione.

Anche per le banche italiane, soprattutto quelle di maggiore dimensione, l’impatto non sarà trascurabile.

Esse mostrano attualmente livelli medi di patrimonializzazione meno elevati nel confronto internazionale, anche per effetto dei sostanziosi aiuti pubblici ricevuti da molte banche estere.

Tuttavia, la qualità complessivamente buona del capitale, il basso grado di leva finanziaria e la prevalenza di un modello di business tradizionale, legato al finanziamento dell’economia reale, dovrebbero rendere meno oneroso l’allineamento ai nuovi requisiti.

L’introduzione del leverage ratio e l’inasprimento delle ponderazioni per i rischi di mercato e di controparte riguardano soprattutto attività in titoli e in derivati, al centro della crisi finanziaria; penalizzeranno quindi in misura relativamente minore i modelli di business più orientati all’intermediazione tradizionale e ai comparti al dettaglio, caratteristici delle banche commerciali, rispetto a quelli più incentrati sulla finanza.

Secondo calcoli preliminari, che tengono conto anche di una stima della futura capacità di reddito, le banche italiane saranno in grado di muovere verso livelli di patrimonio più elevati con gradualità, continuando ad assicurare il necessario sostegno alle imprese.

Quanto agli standard sulla liquidità, le proposte del Comitato di Basilea hanno tenuto conto di molte osservazioni sollevate durante la consultazione.

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27 Rimane tuttavia chiara a necessità che le banche italiane proseguano nel rafforzare le scorte di attività prontamente liquidabili.

1.3 Il rating bancario

1.3.1 Introduzione al rating

La valutazione del merito creditizio costituisce un punto centrale della gestione del rischio bancario; si sviluppa con un continuo processo di selezione delle aziende da affidare valutando i rischi che si vanno assumere e l'efficienza del rating, cioè la sua capacità di prevedere e scongiurare i rischi di insolvenza,costituiscono la base teorica su cui si basa la stabilità della banca e di tutto il sistema bancario nel suo complesso8.

La procedura del rating, nella sostanza, si basa su di un valutazione empirica della probabilità di default, vale a dire sulla possibilità che ricorra un'insolvenza da parte del debitore.

Ciò si sviluppa attraverso una suddivisione per classi omogenee delle varie operazioni e dei vari operatori e, tramite l'elaborazione delle informazioni quantitative, qualitative e storiche si ottiene una probabilità di un evento attraverso l'analisi della sua frequenza, classe per classe.

Il rating non è una procedura immobile e invariata, ma anzi maggiore è il suo aggiornamento, migliore è la sua possibilità di percepire la realtà economica cui viene applicato.

Inoltre il rating opera attraverso la segmentazione della clientela in classi, e maggiori sono le classi più la procedura di rating è affinata e probabilisticamente precisa.

Immaginiamo di dividere infatti la clientela bancaria in tre classi: grandi imprese, piccole imprese e micro imprese; è evidente che, così suddivisa, sarebbe

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28 praticamente impossibile trovare una frequenza di eventi che possano dare indicazioni probabilistiche di rischio di default.

Cosa hanno in comune una piccola impresa metalmeccanica con una piccola impresa di robotica?

Praticamente nulla, diversi sono i settori, diversi sono i margini, diversi sono i costi di struttura, diversi sono i costi immateriali di ricerca e sviluppo e così via. Questo era l'approccio di Basilea 1 , in cui in pratica non c’era una reale differenziazione del rischio di credito in base all’effettiva rischiosità dello specifico debitore.

Appare quindi necessario aumentare le classi, cercando di evidenziare all'interno di ciascuna classe delle “aziende-tipo”, statisticamente più numerose e similari tra loro come mercato, struttura finanziaria, struttura operativa, performance aziendali e così via.

Questo è stato l'approccio di Basilea 2, suddividere le classi di rischio in modo da valutare la reale rischiosità di ogni singolo debitore.

La classe di rischio che si ottiene rappresenta quindi un termine di paragone attendibile, e l'osservazione dell'andamento nel tempo, offre la possibilità di valutare quale possa essere il futuro più probabile e quindi temperare il costo del denaro in base al rischio di non riottenerlo in restituzione.

Il risultato che deve presentare una valutazione di rischio credito, nella sostanza, deve poter affermare che un'azienda che abbia determinati valori di bilancio ed un certo tipo di organizzazione e dimensione, che opera in un determinato settore, che agisce in un determinato territorio, abbia una determinata possibilità di fallire nell'arco di un certo tempo.

L'ampiezza di questa possibilità di default è il discrimine sulla possibilità o meno di avere credito e le condizioni cui lo stesso credito viene erogato, ovviamente peggiorative per l'azienda maggiore è il rischio per la banca.

Il rating, pur se alla fine dà un voto sostanzialmente semplice, non a caso le banche hanno mediamente dieci classi di rating, in realtà è estremamente complesso nell'essere costruito, tante sono le variabili che lo influenzano.

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29 Il rating analizza il rischio di credito, il rischio di mercato ed il rischio operativo, concetti innovativi che tuttavia meglio sintetizzano la reale rischiosità per la banca di intraprendere o meno una azione di finanziamento.

Si scopre così che lo stesso importo prestato, se viene concesso ad una azienda che si occupa di meccanica, ha un rischio diverso rispetto ad un'azienda che si occupa di software o di robotica, anche se le aziende hanno un patrimonio simile e numeri di bilancio quasi confrontabili a livello di grandi numeri (fatturato, debiti, immobilizzazioni materiali).

Allo stesso modo si scopre l'importanza dell'organizzazione della stessa azienda, nel senso che il rischio aumenta con la diminuzione dell'organizzazione della stessa, della presenza di un management e così via.

Riassumendo e semplificando, l'approccio nei confronti del rischio, è suddiviso in :

 Sistemi standard (Standardized approach)

 Sistemi basati su rating interni (IRB Internal rating based approach)  di base (foundation approach)

 avanzati (advanced approach)  Modelli di credit scoring

La maggior parte della banche con cui interagiscono le imprese adotta un approccio I.R.B., cioè una valutazione personalizzata, che consenta alla banca di determinare internamente alcune stime della rischiosità della singola controparte o di tipologie di operazioni con le medesime caratteristiche tecniche.

Il tutto avviene con un insieme di metodi, procedimenti, controlli precedenti e successivi, dati storici il tutto gestito da sistemi informatizzati che vanno ad analizzare il rischio di credito, la attribuzione di gradi interni di merito creditizio, ed una stima probabilistica delle inadempienze e delle perdite presunte nell'arco di un determinato lasso temporale.

La distinzione dei soggetti economici è differenziata secondo:  Tipo di debitore

 Governi sovrani  Banche

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30  Enti pubblici  Imprese  PMI  Dettaglio  Tipo di operazione  Crediti commerciali  Esposizioni azionarie  Crediti rotativi  Cartolarizzazioni  Project financing

La struttura del calcolo del rating considera una serie di componenti di rischio, comuni a tutte le operazioni.

Componente PD, che rappresenta un valore percentuale che indica la probabilità di inadempienza del cliente.

Componente LGD, che rappresenta un valore percentuale che fornisce una stima della perdita in caso di inadempienza per ogni esposizione.

Essa parte da una base di partenza, assegnando ai crediti “senior” una percentuale del 45% ed ai crediti postergati una percentuale del 75%, che sono comunque influenzabili (in meglio ed in peggio) da una serie di elementi di valutazione soggettivi, quali :

1. attenuazione del rischio derivante da garanzie personali e da derivati sui crediti

2. condizioni recessive del ciclo economico 3. ciclicità del ciclo economico

4. tassi storici di recupero

5. misurazione dell’intera perdita economica (comprendente sconti sul nominale, costi diretti e indiretti collegati al recupero del credito).

Componente EAD, che rappresenta il valore espresso in valuta (Euro) indicante l'esposizione attesa al momento dell'inadempienza dell'obbligato.

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31 Componente M, scadenza residua effettiva dell’operazione, espressa in anni, con un valore medio di partenza di 2,5.

Componente G, che rappresenta il grado di concentrazione del portafoglio di prestiti bancari.

Questi valori vengono analizzati e connessi con la funzione di ponderazione, che riprende le funzioni matematiche di ponderazione del rischio per la quantificazione dell'onere (RWA) dell'operazione stessa.

La Perdita attesa dalla banca, cioè il danno che probabilmente avrà concedendo un determinato prestito, si desume dalle due seguenti formule:

Tasso di perdita attesa ELR = PD * LGD dove lo ricordiamo PD rappresenta la probabilità di fallimento del cliente e LGD il valore percentuale di stima della perdita.

Perdita attesa EL = ELR * EAD dove EAD rappresenta il valore espresso in valuta (Euro) indicante l'esposizione attesa al momento dell'inadempienza dell'obbligato.

Come si è visto le variabili in gioco sono molteplici e non tutte certe ed oggettive, infatti la banca deve operare un processo di stima per valutare la componente PD, la componente LGD e la componente EAD sia per ciascun grado interno di merito creditizio (per le imprese) sia per ogni raggruppamento di esposizioni (per il retail).

Questa attività di stima interna si basa su: 1. esperienza storica ed evidenze empiriche 2. valutazioni soggettive e discrezionali.

La soggettività è importante ed è soprattutto una impronta politica della gestione della banca, nel senso che risente del mercato in cui la banca opera e dell'approccio che la stessa vuole avere con esso.

Per esempio, se la banca opera in un mercato composto soprattutto da piccole imprese, avrà affinato la sua valutazione delle PMI a scapito della valutazione delle grandi realtà economiche, oppure se ha una vocazione “retail” sarà più in grado di valutare il singolo cliente persona fisica, piuttosto che una realtà economica, piccola o grande che sia.

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32 Nella loro generalità, pensiamo quindi ad una banca che operi indifferentemente nel settore retail e imprese, i processi di determinazioni del rating prendono in considerazione soprattutto tre elementi di base:

 Il cliente

 la tipologia di operazione (EAD), suddividendo per classi di importo  la garanzia (LGD), per capire quanto realmente mette a rischio la banca,

cioè il valore non coperto da garanzia alternativa (personale o reale). Nel caso del cliente ogni singolo soggetto economico viene inserito in una determinata classe di rating in base ad un processo valutativo che analizza:

 analisi di bilancio – quantitativa

o verifica della capacità del cliente (impresa): o di generare flussi di cassa

o mantenendo equilibri patrimoniali e finanziari o con adeguata redditività

o da un punto di vista storico e prospettico  analisi qualitativa

o aree di valutazione: o competitività o management o fattori di rischio

o fattori critici di successo e debolezza  analisi andamentale

o analisi di informazioni su base mensile per individuare i clienti con potenziale rischio di deterioramento del credito ad un anno.

o valutazione dei dati interni relativi al rapporto banca-impresa. o su informazioni esterne (centrale rischi).

1.3. 2 L’aspetto quantitativo

Le circostanze quantitative sono da intendersi tutta quella serie di dati che servono a verificare la capacità del cliente (impresa) di ottenere una serie predeterminata di performance aziendali.

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E' evidente che, maggiore è la propensione dell'impresa ad avvicinarsi al risultato ideale, maggiore è la sua finanziabilità, minore è il rischio credito della banca e migliore sarà l'incidenza sul rating.

Le circostanze quantitative sono spesso il tallone d'Achille della piccola e media impresa, mentre sono il principale asset della grande impresa; ciò proviene da due sostanziali ordini di fattori:

Primo: la grande impresa ha usualmente un patrimonio materiale mediamente

superiore a quello della piccola e media impresa; fabbriche, capannoni, impianti e macchinari sono valori di bilancio che, specie nell'impresa che nasce artigianale, ed in cui il valore della componente umana è preponderante, sono da sempre ridotti ai minimi termini.

Inoltre la spinta alla locazione finanziaria (anche da parte delle banche) ha finito per danneggiare la patrimonializzazione, finendo per inserire in bilancio beni già ammortizzati perché inseriti al valore di acquisto residuo.

Se la convenienza fiscale poteva essere condivisibile, rispetto all'opportunità di contrarre un mutuo o contrarre un leasing, è indubbio che il bilancio risente in maniera profondamente diversa tra le due operazioni.

Non sfugge a nessuno infatti la differenza tra l'avere un bene a titolo di proprietà (pur se gravato da un mutuo) o averne semplicemente il possesso in quanto il bene stesso è in locazione.

Secondo: la piccola e media impresa non applica usualmente una strategia

finanziaria e di bilancio.

Qui occorre chiarire bene di cosa stiamo parlando, per evitare incomprensioni. Definiamo strategia finanziaria una strategia che, a fronte di un precedente elaborazione di strategia operativa, definisce le corrette fonti di finanziamento e le modalità e tempi di restituzione.

La strategia di bilancio invece rappresenta una strategia finalizzata a presentare il bilancio nella maniera possibile, pur rispettando le caratteristiche di veridicità e completezza previste dal Codice Civile.

Entrambe le strategie nel caso delle PMI sono nella maggior parte dei casi inesistenti.

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Una naturale ritrosia verso la contrazione di debiti e finanziamenti per la propria impresa, spinge l'imprenditore a finanziare molte operazioni pluriennali con la liquidità corrente, non considerando che, più avanti, detta liquidità usata per altre ragioni diversi dalla gestione corrente, verrà a mancare.

E' il caso, per esempio delle spese di ricerca e sviluppo aziendali, frequenti in un'azienda manifatturiera che deve programmare i propri investimenti in know-how, ma che vengono sempre puntualmente pagate con la liquidità esistente, anche se, la strategia di bilancio, ne imputa i costi in un periodo quinquennale di ammortamento.

Opportuno sarebbe invece contrarre un finanziamento ad hoc quinquennale per l'investimento in ricerca e sviluppo finalizzato alla creazione di un nuovo prodotto o di una linea di produzione.

Si tratterebbe molte volte semplicemente di applicare alla propria azienda il buon senso che si applica alla propria vita, in cui si paga in contanti la manutenzione dell'autovettura, ma si rateizza l'acquisto dell'autovettura stessa.

Purtroppo, anche se può sembrare strano, tale comportamento è totalmente disatteso dalla maggior parte degli imprenditori, pur se questo ha un effetto negativo sul bilancio e sulla liquidità aziendale.

Pur avendo le idee chiare su come si desidera l'evoluzione della propria azienda, l'imprenditore non predispone le opportune azioni finanziarie per sostenerla, limitandosi a finanziare l'acquisto del capannone o di un'attrezzatura importante con un finanziamento a medio o lungo termine, ma pagando per cassa tutto il resto, anche se sarebbe ugualmente finanziabile, e il suo stesso finanziamento migliorerebbe la situazione finanziaria aziendale.

Puntualizzati questi concetti, veniamo ad entrare nel dettaglio su cosa sia verificato da una banca e su cosa influenzi la successiva procedura di valutazione e di rating.

La prima verifica da fare si riferisce alla capacità che ha l'azienda di generare flussi di cassa, cioè si va ad analizzare la sua potenzialità di creare cash-flow tramite una corretta sequenza ed alternanza di entrate ed uscite.

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