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Guarda La regolamentazione delle attività di lobbying: esperienze internazionali a confronto | Studi Urbinati, A - Scienze giuridiche, politiche ed economiche

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ESPERIENZE INTERNAZIONALI A CONFRONTO

SOMMARIO: 1. Introduzione. – 2. I sistemi normativi sull’attività di lobbying in alcuni paesi di

common law. – 2.1. Australia. – 2.2. Canada. – 2.3. Irlanda. – 2.4. Regno Unito. – 2.5. Stati

Uniti. – 3. I sistemi normativi in alcuni paesi di civil law. – 3.1. Austria. – 3.2. Francia. – 3.3. Germania. – 3.4. Lituania. – 3.5. Paesi Bassi. – 3.6. Polonia. – 3.7. Slovenia. – 3.8. Ungheria. – 3.9. Il lobbying in Scandinavia: Svezia e Danimarca. – 3.9.1. Svezia. – 3.9.2. Danimarca. – 4. Le regole sul lobbying in Europa. – 5. La situazione in Italia. – 6. Conclusioni: un quadro di insieme.

1. Introduzione

L’espressione “attività di lobbying” deriva dal termine inglese “lobby”, che designava la zona del Parlamento inglese in cui i deputati incontravano il pubblico prima e dopo le sedute parlamentari. Per attività di lobbying s’intendono essenzialmente quelle attività concertate volte a influenzare l’elaborazione delle politiche e il processo decisionale, al fine di ottenere un risultato determinato dalle autorità governative (nazionali, locali e oggi sovranazionali come la UE) e dai rappresentanti eletti.

Spesso al termine “lobby” viene data una connotazione negativa. Ad esso viene associata un’attività di interferenza volta a distorcere i processi decisionali democratici. La parola lobbismo evoca il perseguimento di in-teressi privati in conflitto con quelli pubblici e che sono spesso conseguiti attraverso l’uso di strumenti al margine della liceità quando non propria-mente illeciti.

L’accezione negativa del termine lobbismo si amplifica in quei paesi, come l’Italia, nei quali la teoria della Public Choice si è realizzata nella sua accezione più forte. Teoria che vede gli interessi della compagine politica come l’elemento in grado di segnare profondamente le dinamiche di forma-zione delle regole sino a determinarle, in senso negativo, nella loro totalità. In paesi in cui i meccanismi democratici e le regole che li sostengono assu-mono una connotazione particolarmente sfumata, l’azione di lobbying

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ten-de ad espanten-dere i suoi confini naturali ed a trasformarsi da attività virtuosa in grado di far emergere in maniera trasparente interessi diffusi ad una vera e propria attività occulta al limite della legalità (fino a confondersi con com-portamenti assimilabili alla corruzione quando non proprio corruttivi).

Ovviamente il problema non risiede nella negazione dell’esistenza di in-teressi diffusi che necessitano di interagire con il sistema politico ma nell’as-senza di regole adeguate, formali e sociali, preposte a governarli.

L’attività di lobbying s’inscrive nel contesto più ampio della “rappresen-tanza di interessi”, e più specificamente agli aspetti legislativi ed esecutivi della stessa.

Gli elementi che, anche giuridicamente, caratterizzano un gruppo di pressione sono:

1) l’esistenza di un interesse che accomuna i componenti del gruppo, inte-resse non necessariamente economico e di portata talvolta anche molto ampia (si pensi ad un’associazione animalista o ambientalista);

2) la volontà di tale gruppo di porre un’azione di influenza, per proprio conto o facendosi rappresentare da terzi1;

3) la volontà di rivolgere tale influenza non verso chiunque ma verso un decisore pubblico.

Da questa brevissima premessa è possibile delineare due figure chiave nell’attività di lobbying: colui che rappresenta l’interesse e colui al quale l’interesse viene rappresentato, ovvero il lobbista ed il decisore pubblico, rispettivamente.

Lobbying (ovvero l’azione), lobbista e decisore pubblico costituiscono un sistema presente in tutte le epoche e in tutte le forme di governo. L’archi-tettura che sostiene queste tre variabili influenza la dinamica degli interessi particolari che interagiscono con le decisioni pubbliche. La rappresentanza di interessi, il lobbying, è per così dire congenita ad ogni forma di associa-zione umana e determinante nell’orientare i processi decisionali che ricado-no sulle collettività.

Essa è presente nei sistemi democratici come anche nei regimi autori-tari, dove gli strumenti per rappresentare interessi presso il despota o gli

1 La letteratura anglosassone distingue i lobbisti tra gli in-house lobbyists ovvero

dipen-denti del gruppo d’interesse, azienda o lobby impiegati per influenzare il decisore pubblico e i consultant lobbyists, professionisti esterni cui viene affidato di volta in volta il compito di rappresentare l’interesse.

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oligarchi, cui si accede solo in base a privilegi personali o di appartenenza sociale, sono il nepotismo, la corruzione, la lusinga e la minaccia, adoperati nel più rigoroso occultamento e secondo regole arbitrarie.

È chiaro che nelle democrazie moderne, dove l’accesso alle istituzioni ed ai centri decisionali è libero, il lobbying tende ad essere tanto più diffuso e permeante quanto maggiore è la complessità sociale.

Pensare di azzerare l’attività di lobbying è una pura illusione, l’unica operazione sensata è tentare di gestirla ed organizzarla in forma e modi che ne enfatizzino il lato virtuoso comprimendone le derive distorsive. Il modo per farlo è lavorare sul sistema di regole che la disciplinano.

Una democrazia ha bisogno di regole in grado di assicurare il miglior bilancio tra gli interessi di parte e la tutela della collettività: uguali diritti di rappresentare gli interessi, stessa accessibilità alla filiera della produzione normativa e trasparenza nei rapporti tra lobbista e decisore pubblico.

Viceversa, in assenza di queste regole vi è il rischio che le attività di lob-bying si svolgano costituendo un esercizio di potere e di privilegio contrario ai principi democratici. È proprio l’assenza di regole alla base della conno-tazione pregiudiziale e negativa che molti cittadini attribuiscono alle lobby, considerate un simbolo di privilegio e un motore di corruzione.

Un recente studio promosso da Transparency International sulla qualità del sistema di lobbying in 19 paesi membri dell’Unione Europea (UE) e tre istituzioni comunitarie, classifica l’azione di regolamentazione delle attivi-tà di lobbying attraverso 65 indicatori raggruppati in tre variabili chiave: grado di trasparenza, integrità e pari opportunità d’accesso2; a loro volta scomposte in 10 sotto-variabili. Lo studio ha evidenziato che, complessi-vamente, questi indicatori raggiungono un punteggio medio, per i 19 paesi dello studio, di 31/100, dunque decisamente basso, calcolato rispetto agli standard internazionali di riferimento e alle buone pratiche più evolute3.

Nonostante Bruxelles sia il più importante crocevia europeo di lobbying dove maturano decisioni che ricadono sull’intera vita dell’UE le

istituzio-2 Trasparenza: ovvero la facilità, o difficoltà di sapere chi sta interagendo con il decisore

pubblico, su quali temi e con quali risorse e strumenti. Integrità o permeabilità alla corruzio-ne: ovvero la capacità di riuscire a separare con chiarezza l’attività lecita di rappresentanza di interessi da quella di influenza illecita. Accessibilità: cioè la definizione degli spazi fisici e virtuali nei quali l’interazione, diretta o indiretta, fra portatori di interessi e soggetti che rappresentano le istituzioni è possibile.

3 S. MULCAHY, Lobbying in Europe: hidden influence, privileged access, TI Publication,

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ni europee raggiungono il deludente risultato di 36/100. Appare dunque chiaro che, almeno secondo un indice di percezione dei cittadini, l’Europa necessita di un programma di riforme che impatti sull’attività di lobbying e sul rapporto fra istituzioni e cittadini.

L’azione non può essere solamente centrale. Parallelamente i singoli Go-verni e gli stessi lobbisti devono attuare uno sforzo comune per individuare e risolvere le deficienze del sistema normativo nei propri paesi attraverso lo sviluppo o l’implementazione di specifiche leggi che da un lato riconoscano l’importanza della rappresentanza di interessi e dall’altro ne promuovano esclusivamente la componente virtuosa.

La carenza o addirittura l’assenza, infatti, di leggi specifiche, fanno sì che l’influenza sulla politica e sui processi decisionali resti opaca, e conse-guentemente si crei un substrato fertile per i conflitti di interessi e per le disparità di influenza sui decisori.

Non è un caso che l’Italia – anche per la mancanza di una legge sul lob-bying – esca in modo non brillante dall’indagine precedentemente citata: il nostro paese si è infatti classificato al terzultimo posto, lasciandosi dietro solo Ungheria e Cipro4, considerando la media dei tre parametri appena esposti e comunque sempre in fondo classifica se li si considera separata-mente5.

In questo lavoro si propone una rassegna comparativa delle legisla-zioni sul lobbying in vigore nel panorama internazionale. In particolare sono state analizzate e classificate le legislazioni di una serie di paesi UE ed extra UE. Per l’Italia il lavoro è stato fatto utilizzando la proposta di legge più recente. La maggioranza dei paesi UE con leggi in materia di rappresentanza di interessi hanno sistemi fondati sul sistema di civil law, con l’eccezione di Regno Unito e Irlanda. È stato quindi possibile deline-are tre sottogruppi: Paesi UE common law, Paesi extra UE common law e Paesi UE civil law. In base a questa suddivisione si è cercato di presentare la diverse normative evidenziandone gli elementi omogenei che permetto-no un raffronto delle caratteristiche, dei punti qualificanti, e degli aspetti critici delle leggi vigenti nei singoli paesi. Di seguito vengono presentate e descritte le normative che sono state analizzate seguendo un semplice or-dine alfabetico dei paesi studiati all’interno della più ampia classificazione fra common e civil law.

4 Questi due Paesi sono anch’essi privi di leggi specifiche. 5 D. DEL MONTEET AL., Lobbying in Italy, TI Publication, 2014.

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2. I sistemi normativi sull’attività di lobbying in alcuni paesi di common law

2.1. Australia

L’Australia è una democrazia parlamentare di tipo federale, costitu-itasi come stato indipendente nell’ambito del Commonwealth nel 1901. L’Australia è uno stato democratico e federale formato da sei Stati e dieci Territori. La Costituzione, entrata in vigore nel 1901, specifica le funzio-ni e le competenze del Governo federale (le relaziofunzio-ni internazionali e il commercio estero, la difesa e l’immigrazione) e quelle degli Stati federati e dei Territori. Il sistema di Governo australiano riflette i modelli di de-mocrazia liberale britannico e nordamericano, ma con caratteristiche di originalità.

Tralasciando i rapporti con la Corona britannica, il potere esecutivo è esercitato dal Consiglio federale, presieduto dal primo ministro (rappre-sentante del partito politico di maggioranza) che è responsabile di fronte al Parlamento federale.

Il potere legislativo spetta al Parlamento federale composto da due ca-mere: il Senato in rappresentanza di Stati e Territori (12 e 2 senatori per ogni stato e territorio); la Camera dei Rappresentanti, con 148 membri eletti ogni tre anni espressione dei partiti politici dell’intera Federazione su base proporzionale.

Il partito o le coalizioni di maggioranza alla Camera dei Rappresentanti ed il Primo Ministro (il leader della maggioranza) provvedono a formare il Governo federale.

All’inizio del secolo scorso, coi primi Governi federali australiani, ini-ziano a costituirsi numerosi gruppi di interesse, in particolare Associa-zioni di categoria come quella del Commercio, che si stabiliscono nella Capitale Canberra. Alimentato dalla crescente prosperità e complessità socio-economica, il numero di questi gruppi aumenta lungo tutto il secolo scorso, fino ad arrivare, negli anni ’90, a oltre 1.000 lobbisti tra quelli in proprio e quelli dipendenti da Associazioni o Società, operanti a livello federale o dei singoli Stati. Questo numero si è oggi ridotto a poco più di un quarto, principalmente per effetto delle altalenanti vicende delle nor-mative australiane sul lobbying, con un primo decreto entrato in vigore nel 1983, poi abrogato nel 1996 e sostituito solo 12 anni dopo dall’attuale legge del 2008.

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parlamen-tare, il decreto Lobbyists Registration Scheme con l’intento di porre ordine in un settore rilevante ed in rapida espansione6.

Ma già la definizione di “lobbista” (il professionista o la società che con-ducono trattative col governo in rappresentanza di interessi altrui) produsse molto scontento, in particolare tra i numerosi dipendenti delle Associazioni di categoria la cui attività come “lobbisti interni” veniva completamente disconosciuta7.

Ma anche gli stessi lobbisti professionisti e le agenzie di lobbying la-mentavano che il sistema di registrazione rendeva sin troppo agevole la le-gittimazione ed il riconoscimento dello status di lobbista, senza peraltro stabilire i requisiti per garantirne la professionalità.

Per citare un solo esempio, i lobbisti – o sedicenti tali – in occasione de-gli incontri con esponenti del governo non erano obbligati ad esibire la loro iscrizione al registro, che solo raramente veniva controllato e aggiornato8.

L’inadeguatezza del Lobbyists Registration Scheme divenne sempre più manifesta e ne causò l’abrogazione nel 1996; soltanto nel Nuovo Galles del Sud rimase una qualche attenzione per il settore grazie alla

Independent Commission Against Corruption che continuò ad insistere

per l’introduzione di un registro obbligatorio dei lobbisti e di norme più stringenti.

Accantonata l’esperienza del Lobbyists Registration Scheme l’Australia si ritrovò con molti lobbisti e nessuna normativa. Il vuoto fu colmato solo 12 anni più tardi con il Lobbying Code of Conduct (LCC) del 2008, che a differenza del decreto dell’84, fu sottoposto ad esame e voto parlamentare9. Scopo del legislatore era “promuovere la fiducia nell’integrità delle azioni di governo ed assicurare che i rapporti coi lobbisti soddisfacessero le aspettati-ve dei cittadini in termini di trasparenza, integrità ed onesta”10. Alcuni Stati successivamente al 2009 vararono proprie leggi simili all’LCC11.

Di seguito vengono riassunti i punti qualificanti della LCC.

6 J. WARHURST, Locating the Target: Regulating Lobbying in Australia, in Parliamentary

Affairs, 51.4, 1998, p. 544.

7 C. LLOYD, Political Lobbying: Dynamite or Gentle Persuasion?, in P. CULLEN (ed.), No

is Not an Answer: Lobbying for Success, Allen & Unwin, Sydney 1991.

8 J. WARHURST, Locating the Target cit., p. 546-548. 9 https://lobbyists.ag.gov.au/home.

10 R. CHARI, J. HOGAN, G. MURPHY, Regulating Lobbying, a global comparison,

Manches-ter Univ. Press, 2010, p. 92.

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• È definita come attività di lobbying ogni rapporto (orale, scritto o elet-tronico) con rappresentanti governativi12 volto ad influenzarne le deci-sioni, includendo la stesura, l’adozione o la modifica di una Legge, lo sviluppo e la modifica di programmi governativi, l’allocazione di fondi pubblici e l’aggiudicazione di appalti e contratti (art. 3)13.

• È considerato lobbista ogni individuo, società od organizzazione, ed il loro dipendente, che conduce attività di lobbying per conto di terze parti (art. 3.5).

• Non sono considerati lobbisti le organizzazioni di beneficenza e reli-giose, le organizzazioni no-profit, i singoli cittadini che rappresentano interessi famigliari o di ristretti circoli di amici, membri di delegazioni commerciali straniere, professionisti iscritti ad altri registri governativi come gli agenti del fisco o iscritti ad albi professionali quale quello dei Medici o degli Avvocati. È invece considerato lobbista il soggetto che, pur ricadendo nei precedenti casi di esclusione, svolge stabilmente atti-vità di lobbying in rappresentanza di sé stesso o della organizzazioni cui afferiscono e che a loro volta non sono di regola considerate “lobbiste” (art. 3.5 a-f).

• È istituito un registro obbligatorio dei lobbisti (art. 5). Il Registro è pubblico, organizzato in forma di database accessibile via internet14, ed è conservato dalla Segreteria del Primo Ministro, cui il lobbista deve comunicare i propri dati ai fini dell’iscrizione. Vanno comunicati i dati personali e professionali del lobbista, o quelli della società di lobbying incluse le informazioni sui soci o sui principali azionisti; i nomi e la posi-zione dei dipendenti cui sono affidate attività di lobbying; se la persona ricompresa nei casi precedenti abbia in passato ricoperto, e quando, incarichi tali da ricadere nella categoria definita dei “rappresentanti

go-12 Sono “rappresentanti governativi” i Ministri, i Segretari del Parlamento, le persone

impiegate o arruolate nei loro staff, i dirigenti, gli impiegati ed i consulenti Pubblici ricom-presi nel Members of Parliament (Staff) Act 1984 Public Service Act 1999 e nel Public Sector

Management Act, o i quadri dell’Australian Defence Force.

13 Sono anche indicate alcune situazioni che, pur comportando rapporti volti ad

in-fluenzare il decisore pubblico, non sono considerate lobbying, come ad esempio le

grassro-ots campaign dei movimenti spontanei animati da fini di interesse collettivo. Le grassrograssro-ots campaign sono campagne rivolte ad informare/influenzare i cittadini in maniera tale da

cre-are una pressione pubblica sui legislatori. Fra queste rientrano ad esempio le campagne di sensibilizzazione delle associazioni ambientaliste in occasione di passaggi legislativi per loro particolarmente importanti.

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vernativi”; infine l’indicazione dei clienti. Non è però richiesta rendi-contazione finanziaria. Il Registro è soggetto ad aggiornamento perio-dico dei dati ed i lobbisti sono tenuti a fornire tempestivamente ogni variazione relativa alla loro attività e ragione sociale.

• I funzionari pubblici e gli amministratori (cioè tutti coloro che ricadono nella categoria dei rappresentanti governativi) “non possono intenzio-nalmente e scientemente partecipare ad attività di lobbying con soggetti non iscritti al registro dei lobbisti, o con lobbisti registrati per scopi non dettagliati nel Registro” (art. 4.1).

• Sono indicate norme di comportamento per i funzionari pubblici, in-cluse norme anti-revolving doors, e per i lobbisti, nonché regole sulle modalità di avvio dei contatti tra lobbista e governo (art. 7-9)15.

Un punto qualificante della LCC è che tutta la modulistica è disponibile e compilabile on-line allo scopo di assicurare maggiore fluidità ed efficienza al comparto del lobbying.

Al di là dell’apparente completezza della LCC, secondo Chari et al.16 essa presenta alcune criticità che ne riducono drasticamente l’efficacia e la rispondenza alle finalità del Legislatore. La prima riguarda il fatto che essa si applica solo ai lobbisti che agiscono per conto di terze parti, e non con-sidera le attività di lobbying condotte da gruppi finanziari e industriali per mezzo di propri dipendenti. Sul versante pubblico la LLC si concentra sul governo e i dipendenti che ad esso afferiscono a vario titolo, ma ignora com-pletamente le due camere ed i parlamentari, sempre più oggetto di attività di lobbying svolte senza alcuna regola e trasparenza. Ma la maggior criticità della LLC risiede nella scarsa chiarezza con cui vengono definiti i compor-tamenti illeciti e nell’assenza di sanzioni17 per chi contravviene alla LLC.

Per quanto riguarda i lobbisti, la violazione della legge viene sanzionata con la semplice cancellazione dal Registro.

15 I funzionari pubblici od eletti, allo scadere del loro mandato elettorale o funzione,

sono soggetti ad un periodo (in genere alcuni anni) durante il quale non possono svolgere attività di lobbying: questo periodo va sotto il nome di cooling-off, che in italiano potremmo tradurre con “quarantena”. È un provvedimento adottato da alcuni paesi, tra cui il Canada, per contrastare il fenomeno delle revolving doors.

16 R. CHARI, J. HOGAN, G. MURPHY, Regulating Lobbying cit., p. 94-95.

17 La “Lobbying and Ministerial Accountability Bill” dell’Australia del Sud contempla

un dettagliato regime sanzionatorio e non è limitata ai soli membri e funzionari del Governo, ma anche a quelli del Parlamento statale.

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Appare dunque chiaro che, pur rappresentando un deciso passo avanti rispetto alla precedente legge abrogata nel ’96, la LCC non è scevra di so-stanziali lacune ed è senz’altro suscettibile di modifiche migliorative.

2.2. Canada

Il Canada è una repubblica democratica federale in cui la coincidenza di alcuni fattori ha determinato la rilevanza che le attività di lobbying ri-vestono nelle dinamiche sociali, politiche ed economiche18. Il lobbismo è ampiamente storicizzato in Canada, dove già dall’800 l’opinione pubblica andava maturando l’idea – poi confortata dai fatti – che le attività e le scel-te dei governi fossero forscel-temenscel-te soggetscel-te all’influenza occulta di pochi e potenti gruppi19.

In questo contesto matura l’esigenza di inquadrare giuridicamente le attività di lobbying allo scopo di rendere trasparente l’operato dei lobbisti e delle loro Agenzie che operavano da tempo nel paese in assenza di un quadro normativo specifico. Il Lobbying Act20 canadese entrato in vigore il 13 settembre del 1988, è il risultato di un intenso dibattito che ha coinvolto Parlamento, Governo e organizzazioni civili e rappresenta una delle miglio-ri leggi del settore oggi esistenti.

Il LA è basato su tre principi basilari: il libero e completo accesso ad ogni atto governativo è riconosciuto come una fondamentale materia di in-teresse pubblico; l’esercizio di attività di lobbying nei confronti dei funzio-nari o rappresentanti dello stato è un’attività pienamente legittima; tanto i funzionari ed i rappresentanti dello stato, quanto la cittadinanza, devono essere messi nelle condizioni di conoscere chi svolge attività di lobbying.

Le revisioni del LA degli anni ’90 e la più recente del 2006 (operata at-traverso il Federal Accountability Act) si sono prevalentemente occupate di

18 La vicinanza e l’interdipendenza con gli USA, culla del lobbying, la presenza nel

pae-se di grandi gruppi industriali e finanziari già dall’800, la creazione di infrastrutture moderne con cospicui investimenti pubblici, ed una organizzazione dello Stato in cui il processo legi-slativo è concentrato nelle mani di relativamente pochi attori istituzionali sono stati fattori sicuramente determinanti. R. DYCK, Canadian Politics, Critical Approaches, Thomson Nelson

(4th edition), Toronto 2004.

19 Ibidem. Ne è un esempio il caso della Canadian Pacific Railway ai tempi del Primo

Ministro Mc Donald, alla fine dell’800, la cui realizzazione fu percepita come frutto di lucro-si rapporti occulti del governo con gruppi privati moslucro-si da intenti speculativi.

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definire le norme di comportamento degli amministratori e dei funzionari pubblici con particolare riguardo alle incompatibilità e incandidabilità, ai conflitti di interessi e al finanziamento della politica.

Altri emendamenti, come ad esempio quello in vigore dal 2005 (Bill C15, 2003) hanno perfezionato e meglio circoscritto diritti e doveri dei lob-bisti e le modalità entro cui sono obbligati ad operare.

Allo stato attuale, con l’ultima significativa revisione del 2 luglio 2008, il LA canadese è caratterizzato da quattro elementi fondamentali21.

• La precisione e la chiarezza con cui vengono definite l’attività di lob-bying, la figura del lobbista e quella di decisore pubblico.

• L’introduzione di un registro22 in cui i lobbisti devono obbligatoriamente iscriversi. Il registro non prevede solo la comunicazione di dati anagrafici e curricolari, ma anche la compilazione di una scheda personale recante i dati della società o dell’associazione di lobbying di appartenenza, i dati del committente, la rendicontazione mensile dei contatti (riunioni, au-dizioni ecc.) con i public officer holders ovvero i funzionari pubblici e i politici, e le tecniche di lobbying utilizzate o che si intende utilizzare23.

21 https://lobbycanada.gc.ca/eic/site/012.nsf/eng/h_00000.html.

22 Tre sono le figure lobbistiche previste: il consultant lobbyist, dipendente di una società

che ha come scopo sociale l’attività di lobbying e che, su specifico contratto, rappresenta de-terminati interessi per conto di committenti terzi; l’in-house corporate lobbyist, dipendente di una società privata che ha ricevuto dal proprio datore di lavoro il compito di svolgere attività di lobbying per almeno il 20% del proprio tempo; l’in-house organization lobbyist, corrispettivo dell’in-house corporate lobbyist, ma dipendente di una associazione no-profit. Sono esclusi dall’applicazione della legge e conseguentemente dall’iscrizione al Registro i diplomatici e i funzionari delle Nazioni Unite, i parlamentari delle Assemblee provinciali, i membri dei governi provinciali e i dipendenti di amministrazioni provinciali purché i rap-porti col decisore pubblico siano limitati all’esclusivo esercizio delle proprie funzioni.

23 Ad ogni iscritto è dedicata una scheda personale, consultabile da chiunque online, in

cui indicare i dati identificativi, l’oggetto dell’attività, ogni precedente incarico ricoperto, i dati dell’associazione o lobbying firm cui egli appartiene e le tecniche di lobbying utilizzate o che intende utilizzare. Il lobbista dovrà, inoltre presentare mensilmente al Commissioner una dettagliata relazione sull’attività svolta nel mese precedente. La definizione di lobbying, estesa nel 2006, indica non solo l’attività volta ad influenzare il decisore pubblico, ma ogni attività posta in essere al fine di dare o ricevere comunicazioni dal decisore pubblico. L’at-tività di “comunicazione” va rendicontata e inserita nella propria scheda personale, e va comunque aggiornata ogni qualvolta si contattano public office holders ovvero – secondo il regolamento sui Designated Public Office Holder Regulations aggiornato nel 2010 – i par-lamentari e senatori o componenti del loro ufficio politico, membri del governo o del loro staff, funzionari pubblici, componenti di commissioni di nomina politica, ministeriale o par-lamentare, dipendenti degli organismi federali (tribunali compresi), a esponenti dell’esercito

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• L’istituzione del Commissioner of Lobbying, autorità con competenze di vigilanza, ispettive e sanzionatorie. Il Commissioner è anche respon-sabile della conservazione e della tenuta del registro.

• La consegna al Parlamento Federale di relazioni annuali, a cura del Commissioner, sulle eventuali violazioni del Codice di comportamento e sulle sanzioni commissionate e sullo stato di attuazione del registro. • Norme anti revolving-doors: chiunque abbia ricoperto incarichi

pubbli-ci non può svolgere attività di lobbying nei 5 anni successivi al termine dell’incarico, salvo diverse disposizioni del Commissioner.

• Le modifiche del 1996 (Bill C-43, An Act to Amend the Lobbyists Regi-stration Act and to make related amendments to other Acts) introducono il Codice di condotta per i lobbisti, tenuto dal Commissioner, il cui obiet-tivo primario è di assicurare ai cittadini canadesi l’assoluta trasparenza, tracciabilità e correttezza delle azioni di lobbying intraprese per influire sui processi decisionali, rafforzando così la fiducia verso le istituzioni. La maggioranza delle Province e dei Territori che costituiscono le unità federali canadesi hanno adottato, a partire dall’Ontario nel 1998, il Lobbying

Act Federale o hanno elaborato delle leggi proprie in materia di lobbying.

Un solo caso di violazione della LA è stato segnalato in Canada, quello di un avvocato esperto in diritto internazionale che non aveva comunicato di esercitare lobbying su dei funzionari dell’Ufficio di Immigrazione, multato con 3.100 dollari canadesi. Le valutazioni tratte da questo episodio sono dia-metralmente opposte: secondo gli uni l’accertamento di una sola violazione è sintomatico di una grave carenza delle strutture di vigilanza e di controllo; secondo gli altri, che si sia verificata una sola violazione è invece frutto della bontà della legge e del favore che essa ha incontrato presso i lobbisti24.

2.3. Irlanda

Lo Stato Libero d’Irlanda è stato fondato il 6 dicembre 1922 come

do-minion del Commonwealth a seguito della guerra d’indipendenza irlandese;

con lo Statuto di Westminster del 1931 ottiene maggiore sovranità ed infi-ne, con la nuova Costituzione del 1937 diventa uno Stato completamente

e delle diverse forze dell’ordine. G. GIORNO, Staying on the Right Side of the Law, 3d Annual

Government Relations Summit, Ottawa, Ontario, 2006.

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sovrano e poi Repubblica nel ’49, e membro dell’Unione europea dal ’73. L’Irlanda è una Repubblica parlamentare bicamerale, guidata da un Gover-no di 15 membri guidato dal Primo Ministro, il leader del partito o della coalizione di maggioranza.

Nelle fasi iniziali di indipendenza, l’Irlanda era uno dei Paesi più poveri dell’Europa occidentale. L’economia non si è mai di fatto sviluppata fino a dopo la crisi economica del 1980, quando l’Irlanda decise di avviare una serie di profonde riforme economiche i cui effetti determinarono nel corso degli anni ’90 una robusta crescita durata fino alla crisi finanziaria globale del 2007.

In questo panorama i gruppi di interesse, le organizzazioni, le società ed i professionisti che praticavano con regolarità attività di lobbying andava-no moltiplicandosi, evidenziando la necessità di regolamentare il feandava-nomeandava-no lobbistico.

La volontà politica di dare una risposta a questa esigenza fu raccolta dal partito Laburista che presentò più progetti di legge nel 1999, 2000, 2003 e 2008, ma nessuno di questi andò a compimento.

Il Fine Gael, al governo coi laburisti dal 2011, iniziò ad elaborare un progetto di legge aprendo una sessione di esame delle legislazioni sulle lob-by presenti nel panorama internazionale e di consultazione con circa 60 lobbisti e stakeholders. La sessione si concluse nel giugno 2012 con la pre-sentazione del Regulation of Lobbying Policy Proposals. Questo documento, ispirato ai principi di trasparenza e integrità sul lobbying dell’OCSE, trac-ciò le linee guida che portarono all’approvazione della legge 5 dell’11 marzo 2015, cioè la Regulation of Lobbying Act (RLA) ed alla pubblicazione del

Register of Lobbying, operativo dal 1° settembre 2015; il 16 gennaio 2016 è

scaduto il termine di iscrizione per i lobbisti già operanti prima del varo del-la RLA. Il preambolo al testo di legge recita: “una Legge volta a ad istituire

un Registro dei soggetti che svolgono attività di lobbying; stabilire un codice di condotta delle attività di lobbying; fissare delle restrizioni per i funzionari pubblici emendando l’Ethics in Public Office Act del 1995”.

La RLA è una legge complessa e articolata, se rapportata a quella au-straliana o canadese.

Una sintesi della RLA è proposta di seguito.

• L’art. 5.1 fornisce la definizione di lobbista ed il 5.2-3 quelle di attività di lobbying. Si tratta di definizioni molto particolareggiate, come pure quelle dei casi di esclusione dalla legge stessa25 (art. 5.5). In estrema

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rap-sintesi: Il lobbista è colui, sia esso libero professionista, associato, con-sulente o dipendente, che svolge attività di lobbying, ovvero organizza e intrattiene rapporti (scritti, orali o in qualsivoglia forma, diretti o in-diretti) con la parte pubblica volti a rappresentare interessi terzi (in tal caso a pagamento) o per sé o la propria organizzazione e ad incidere sui processi decisionali delle materie trattate.

• Sempre l’art. 5, al punto 7 affida al Ministro per le Riforme il compito di predisporre il Transparency Code, tuttora in fase di sviluppo26.

• L’art. 6 (Designated public officials) definisce chi sono gli amministrato-ri, i dirigenti e i funzionari pubblici oggetto dell’attività di lobbying. • L’art. 8 istituisce il Registro dei lobbisti, liberamente accessibile dal

WEB, e ne affida il controllo e l’aggiornamento alla Standards in Pu-blic Office Commission. Il lobbista è tenuto (artt. 9-12) a registrarsi fornendo i propri dati anagrafici e professionali (sia esso libero profes-sionista, socio, dipendente o consulente di una agenzia di lobbying o di altra organizzazione) e ad aggiornarli trimestralmente. Dovrà indicare la ragione sociale dei clienti, la materia rappresentata, i nominativi dei funzionari o amministratori pubblici contattati e l’agenda degli incon-tri mentre non è richiesta la rendicontazione finanziaria delle singole attività di rappresentanza, come negli USA ed in Canada, ad esempio. La Commission può richiedere la correzione o l’integrazione dei dati, qualora ravvisi errori o insufficiente chiarezza (art. 13). Sono previsti anche due casi in cui, su richiesta del lobbista e dietro parere della Com-mission, i termini per rendere pubblicamente accessibili i report sull’at-tività di lobbying possono essere prorogati (art. 14): ad esempio quando si ritiene che la diffusione dei dati possa causare danno all’economia nazionale o all’erario (14.1 a)27.

porti con la parte pubblica intrattenuti per conto dell’UE o dell’ONU, quelli diplomatici e di delegazioni commerciali estere, o quelli la cui divulgazione potrebbero costituire un pericolo per le persone o per lo stato. Anche i rapporti volti a rappresentare occasionalmente interessi propri sono esclusi dalla RLA, il che mira a salvaguardare il diritto di ogni cittadino di con-tattare un politico, un amministratore o un funzionario pubblico.

26

https://www.lobbying.ie/help-resources/information-for-public-bodies/transparen-cy-code/.

27 I casi che ricadono nella proroga della Delayed publication sono due. Oltre al 14.1a,

merita di essere citato per la sua indeterminatezza anche il 14.2b: “la proroga può essere

richiesta nel caso in cui la pubblicazione dei dati potrebbe procurare una danno finanziario al soggetto (portatore d’interesse) cui i dati stessi fanno riferimento; oppure potrebbe seriamente pregiudicare la posizione che il soggetto medesimo occupa nella propria attività, professione o

(14)

• È demandato alla Commission il compito di predisporre un Codice di condotta per le attività di lobbying (art. 16). Il Codice è ancora in fase di redazione.

• All’art. 18 vengono elencati i casi di inosservanza e violazione della RLA considerati “rilevanti” e le relative sanzioni sono riportate all’art. 2028. L’art. 19 affida i poteri di investigazione in materia di lobbying alla Commission.

• L’art. 25 stabilisce il divieto di svolgere qualunque attività di lobbying per alcuni funzionari o amministratori pubblici per un anno a partire dalla cessazione del loro mandato, incarico o rapporto di lavoro (norme anti revolving doors).

La RLA è la più recente tra le legislazioni descritte in questo articolo e la breve esperienza sin qui accumulata non consente di formulare una valutazione.

È positivo il fatto che la RLA si applichi a chiunque svolga attività di lob-bying, e non soltanto ai lobbisti professionisti che agiscono per conto terzi.

Ciò evita che, come avviene in altri paesi dotati di leggi sul lobbying come il vicino Regno Unito29, molte attività sfuggano agli obblighi di traspa-renza semplicemente perché svolte da soggetti non considerati come lobbi-sti (ad esempio sindacati, organizzazioni di vario genere ecc.).

Quindi qualunque società o organizzazione che abbia contatti con lo Stato e suoi funzionari, deve valutare con attenzione se questi, in base alla finalità, natura e durata del contatto, personale impiegato e amministratori o funzionari pubblici contattati, costituiscano attività di lobbying.

In caso affermativo è necessario avviare tutte le procedure necessarie a regolarizzare una attività di lobbying previste dalla RLA, nonché formare

impresa; oppure la riuscita di qualunque altra trattativa da colui condotta”. I criteri in base ai

quali la Commission decide sull’ammissibilità della richiesta sono estremamente complessi e articolati (artt. 14.2-14). L’art. 14 è uno dei più complessi dell’intera RLA e rischia di costi-tuire un serio limite alla piena trasparenza cui la legge mirava.

28 Le sanzioni vanno da un minimo di 200 ad un massimo di 2500 € e fino a due anni

di pena detentiva.

29 A differenza dell’Irlanda, solo i lobbisti consulenti sono soggetti alla

regolamenta-zione britannica, lasciando fuori dalla normativa i responsabili dei public affairs interni alle aziende. I lobbisti professionisti nel Regno Unito possono anche evitare di presentare le dichiarazioni, o inviarne di così prive di dettagli da essere comunque praticamente insigni-ficanti.

(15)

adeguatamente il personale direttamente coinvolto o, in alternativa, rivol-gersi ad un lobbista.

2.4. Regno Unito

Il Regno Unito rappresenta la culla del lobbismo: è qui infatti che i termini Lobby, Lobbying e Lobbyist vengono per la prima volta utilizzati a indicare la materia della rappresentanza di interessi. Non è quindi un caso che nel Regno Unito l’attività di lobbying sia assai radicata.

Nonostante la storia, solo nel 2014 l’UK, quasi ultimo tra i grandi paesi anglofoni basati sul Common law, si è dotato del Transparency of lobbying,

non-party campaigning and trade union administration act (TLA), legge

con-siderata inadeguata e debolissima da tutti gli attori e dall’opinione pubblica già prima del varo definitivo30.

Il percorso che ha portato alla TLA è stato lungo e non privo di inizia-tive intermedie, tra cui meritano di essere menzionati i preesistenti Codici di condotta dei parlamentari inglesi dove, soprattutto per la House of

Com-mons31, sono presenti cenni al lobbying, così come il codice di autorego-lamentazione, in alternativa alla mancanza di una normativa obbligatoria, proposto dalla APCC (l’associazione dei maggiori lobbisti inglesi).

Fu in seguito allo scandalo della Ian Greer Associates del 1994 che l’APCC predispose un proprio codice ed un proprio registro pubblico e ac-cessibile (l’APCC Code of conduct) ma, a parte gl’intenti meritori, l’iniziativa aveva e ha dei limiti. Primo tra tutti l’obbligo di registrazione è volontario e limitato ai soli iscritti all’APCC stessa.

I non aderenti all’APCC evitano gli obblighi di registrazione e di co-municazione, potendo così continuare ad operare al di fuori delle regole di trasparenza, mentre i lobbisti iscritti rischiano di autolimitare le proprie opportunità professionali piuttosto che esaltarle. Il Code of Conduct anziché avvicinare i lobbisti all’APCC tende ad allontanarli.

Il lobbying britannico è rimasto opaco e tra il 1994 ed il 2010 si sono verificati numerosi scandali collegati al lobbismo più o meno occulto di cui ben 15 nel periodo in cui è stato Primo Ministro Cameron.

È in questo scenario che nel 2012 il Governo presentò un documento di intenti dal titolo Introducing a Statutory Register of Lobbyists e sottopose

30 Approvata in via definitiva dalla Corona Britannica il 30 gennaio 2014. 31 http://www.publications.parliament.uk/pa/cm/cmcode.htm.

(16)

alle camere una primo disegno di legge le cui successive modifiche portaro-no all’odierna TLA.

• Scopo primario della TLA, nel preambolo alla legge, è quello di “isti-tuire un registro dei soggetti operanti nel settore del lobbying, nonché l’obbligo per costoro di registrarsi; norme per le spese e le donazioni a favore della politica e sulle funzioni della Electoral Commission; infine obbligo per le Associazioni del Commercio e del Lavoro di tenere un registro dei propri membri. Oltre al lobbying vengono cioè regolati altri due macrosettori al di fuori dell’interesse di questo scritto.

• Il lobbista soggetto all’obbligo di registrazione è solo il consultant lob-byst, ovvero colui che opera per conto di terze parti dietro compenso. Le definizioni di Lobbista, attività di lobbying e di soggetti pubblici de-stinatari di lobbying sono riportate nell’art. 2, ulteriormente specificate nell’art. 25 e circoscritte nella Schedule 1, parte I32.

• Nel registro vanno indicati i dati del lobbista, sede e ragione sociale, struttura aziendale, dipendenti, partnership. Il lobbista deve anche in-dicare se egli, o la sua azienda, ha aderito ad un codice di condotta, come ad esempio quello dell’APCC (l’adozione di un codice è però un atto discrezionale); dati sulle attività di lobbying (nome dei clien-ti, scopo della rappresentanza). Il lobbista deve aggiornare i dati tri-mestralmente. Non è richiesta né l’agenda degli incontri con la parte pubblica, né la rendicontazione dei compensi ricevuti per l’incarico. • Il registro è pubblicato ed accessibile sul WEB ed è affidato ad un

Can-celliere, il Registrar, che ha anche facoltà di richiedere dati integrativi agli iscritti33.

• Il Cancelliere ha anche il potere di comminare le sanzioni (pecuniarie di carattere civile e non superiori a £ 7500) ai trasgressori della TLA. • Il Cancelliere è tenuto ad adottare e pubblicare i criteri guida per

l’eser-cizio delle proprie funzioni in relazione alla Parte Prima della TLA (artt. 1-25) e a collaborare col Ministro.

32 I destinatari di lobbying sono un gruppo ristretto di figure che, oltre al Monarca, al

Primo Ministro ed ai suoi Ministri comprende soltanto un ristretto gruppo di figure comun-que appartenenti o vicine allo staff governativo, escludendo gran parte di funzionari pubbli-ci. È una limitatezza che riflette quella relativa alla definizione di lobbista.

33 Il Registrar rappresenta la Corona, viene nominato dal Primo Ministro e resta in

carica per 4 anni. Il mandato è ripetibile per 2 volte. Non può essere nominato Registrar chi, negli ultimi 5 anni, è stato Ministro, Sottosegretario o ha esercitato come lobbista. È l’unica misura anti revolving doors della legge e per di più carente: infatti non ci sono restrizioni per il Registrar che, a fine mandato, intenda operare come lobbista.

(17)

Il principale rilievo mosso alla TLA è che essa si applica solo ai

con-sultant lobbysts, che rappresentano non più del 5% dell’intero fatturato

del settore, ovvero 100 mln su oltre 2 mld di €. Quindi la legge britannica appare una delle meno incisive tra quelle vigenti.

Il tema è ancora oggetto di un acceso dibattito, ben rappresentato dalla petizione con cui si cercò di bloccare la legge durante l’iter parlamentare e dai tanti forum di protesta ancora attivi34.

2.5. Stati Uniti

Gli Stati Uniti sono la patria della “cultura delle lobby”35. Il lobbismo è un diritto di fatto sancito nella Costituzione, giuridicamente tutelato nel Primo emendamento ratificato nel 1791 che tratta dei principi di associa-zione e supplica.

Di evidente ispirazione liberale il Primo emendamento consiste nel ga-rantire ai cittadini e ai gruppi organizzati il diritto di far sentire la loro voce cercando contemporaneamente di limitare il potere del governo.

Il passaggio costituzionale aperto dal Primo emendamento legittimò da subito la creazione delle lobbies anche se ancora non si chiamavano così.

Negli USA infatti il principio democratico si fonda anche sul ricono-scimento del diritto di un gruppo di affari o di interessi di sottoporre un proprio problema all’attenzione del corpo legislativo.

Un primo accenno ad una legge sul lobbying si ha nel 1935 ed il succes-sivo passo per disciplinare il settore in maniera organica è del 1946 con la

Federal Regulation of Lobbying Act. Questa è la prima vera legge moderna

del settore, che pur non avendo portato a risultati significativi anche per l’ambiguità e limitatezza intrinseca36, costituì l’ossatura per le future leggi adottate anche da altri paesi.

34 La petizione fu lanciata dalla Open Knowledge Foundation e dalla Alliance for

Lob-bying Transparency e appoggiata da 15 associazioni internazionali, tra cui Greenpeace.

35 Una breve “timeline” del lobbying negli USA è reperibile su http://www.bloomberg.

com/news/articles/2012-06-07/a-brief-history-of-lobbying.

36 La legge del ’46 nasceva da diffusi timori intorno agli “interessi speciali” e alle

“cospi-razioni” ad essi collegate, volte a occultare o alterare la verità attorno a grandi questioni d’in-teresse pubblico, anche agendo sul legislatore. Essa regola unicamente il lobbying legislativo esercitato nei confronti del Congresso e non si occupa di nessuna altra attività di influenza su altri livelli dell’amministrazione federale. Oltre a questo limite intrinseco, la Legge dimo-strò da subito dei vizi di incostituzionalità: la Corte Suprema, nel tentativo di risolvere la questione, restrinse il campo d’azione della legge fino al punto di renderla de facto inefficace [sentenza United States vs Harriss, 347 U.S. 612 (1954)].

(18)

Non fa eccezione la sua diretta discendente, attualmente in vigore, la

Lobbying Disclosure Act (LDA)37, che è stata approvata nel 1995 e successi-vamente ampliata e arricchita con nuove disposizioni38, incluse le modifiche introdotte dall’amministrazione Obama, con l’Honest Leadership Act. La legge è applicata in tutti i 50 Stati dell’Unione dall’amministrazione Obama con l’Honest Leadership Act.

L’LDA ha come principale obiettivo la trasparenza: rendere noto chi sono e come operano i lobbisti; in che modo è influenzato il processo de-cisionale pubblico, sia esso legislativo o esecutivo, dai livelli più bassi del-la pubblica amministrazione fino ai più alti dirigenti e organi. Su queste premesse la LDA fornisce questa definizione di attività di lobbying: “ogni

comunicazione orale o scritta, anche elettronica, comunque indirizzata ad un pubblico ufficiale appartenente ad un ufficio esecutivo o legislativo, svolta per conto di un rappresentato, e riguardante la formulazione, la modifica, l’adozio-ne di leggi federali o l’influenza su altri atti e decisioni pubbliche”39.

Si fornisce di seguito un elenco dei punti qualificanti dell’LDA, che può essere a buon titolo considerata attualmente lo standard di riferimento in-ternazionale:

• sono considerati lobbisti e quindi soggetti all’LDA, i singoli professioni-sti, le società di lobbying e tutti coloro che dedicano il 20% del proprio lavoro per l’attività di lobbying nell’interesse di un cliente per un tempo di non inferiore a 3 mesi.

• Il lobbista o la società di lobbying deve iscriversi ad un apposito registro pubblico tenuto dal Segretariato generale di entrambe le Camere.

37 http://lobbyingdisclosure.house.gov/lda.html.

38 In particolare: l’Executive order n. 13490 del 21 gennaio 2009, su Ethics Committments

by Executive Branch Personnel, che integra l’Honest Leadership, Open Government Act di

Bush, con obblighi di trasparenza per i membri del governo e loro staff e i dipendenti federali; l’Ensuring Responsible Spending of Recovery Act, la cui sezione 3 definisce modalità e limitazio-ni dei contatti tra lobbisti e funzionari pubblici governativi, stabilendo ad esempio, che i con-tatti si svolgano esclusivamente in forma scritta; il Memorandum For The Heads Of Executive

Departments And Agencies del 2010, in base al quale i lobbisti registrati non possono ricoprire

ruoli all’interno di commissioni governative, allo scopo di limitare l’Inverse revolving door.

39 Non solo il processo legislativo è considerato oggetto del Lobbying, ma anche la

formulazione, la modifica, l’adozione di una norma federale, di un regolamento, di un

Exe-cutive Order ministeriale, o di un qualsiasi altro programma, o politica o presa di posizione

del Governo degli Stati Uniti; l’amministrazione e/o l’esecuzione di un programma federale (compresa la negoziazione, la sovvenzione, la stipula e l’amministrazione di un contratto fe-derale, di un prestito, di un permesso, di una licenza; la nomina o la conferma di una persona a un incarico sottoposto al parere o alla ratifica del Senato federale.

(19)

• Nel registro vanno indicate, oltre alle generalità e recapito propri e/o della propria società, l’attività svolta, la lista dei clienti e gl’interessi rap-presentati, i finanziamenti ad hoc se superiori a 10.000 dollari a seme-stre ed un piano delle specifiche questioni, delle leggi e loro disegni og-getto dell’attività di lobbying. Nel caso di Società va indicato il numero dei dipendenti incaricati dell’attività di lobbying e se questi sono stati pubblici funzionari o hanno ricoperto incarichi pubblici nei due anni precedenti all’iscrizione.

• Gli incontri tra i lobbisti e la parte pubblica devono essere comunicati dai lobbisti entro 45 giorni agli stessi Segretariati della Camera e del Senato, che provvedono poi a renderli pubblici. Ogni quattro mesi deve invece essere fornito un dettagliato rendiconto finanziario per ogni ini-ziativa di lobbying in corso.

• I Segretariati esercitano anche funzione di controllo, verifica e vigilanza sugli adempimenti del lobbista.

• Le violazioni, le dichiarazioni mendaci o carenti, se non sanate entro un termine di 60 giorni, sono punite con una sanzione amministrativa fino a 50.000 dollari.

• Sono previste delle esenzioni per casi specifici40.

• In ogni caso, nel rispetto del primo emendamento, l’LDA non limita il diritto di petizione né tantomeno la libertà di espressione o di associa-zione dei cittadini, né possono essere imposti ulteriori limiti all’attività del lobbista oltre a quelli fissati dall’LDA.

Una normativa così articolata, molto più di quanto non lo siano le cor-rispondenti europee, è anche frutto del fatto che negli USA non esiste un sistema partitico solido e forte come in Europa, che nella realtà del nostro continente rappresenta non solo l’interlocutore, ma anche lo strumento d’a-zione fondamentale dei gruppi di pressione.

Tale differenza è alla base della regolamentazione di specifiche forme di rappresentanza di interesse che negli USA vicariano in qualche modo le funzioni dei partiti europei, come i Comitati d’azione e propaganda politi-ca, attraverso il Federal Election Campaign Act.

40 Sono esentati dalla registrazione: il pubblico ufficiale che comunica con altri pubblici

ufficiali nell’esercizio delle sue funzioni, i giornalisti, i ministri di ordini religiosi riconosciuti e no profit, i funzionari di paesi stranieri, chiunque intervenga ad un comitato consultivo re-golato dal Federal Advisory Committee Act, o renda una testimonianza ad una commissione del Congresso.

(20)

Questa legge stabilisce che ogni cittadino, industria, impresa o associa-zione ha facoltà di costituire dei Comitati d’aassocia-zione e propaganda politica, cioè a dire gruppi di interesse che partecipano alla redazione dei programmi elettorali per poi sostenere finanziariamente i candidati raccogliendo fondi per finanziarne la campagna elettorale.

Questi Comitati, pur essendo diventati degli strumenti formidabili per influenzare la politica nel medio-lungo termine, rappresentano secondo la Corte Suprema “l’espressione massima della democrazia e della libertà di ogni cittadino di sostenere i propri candidati”41.

3. I sistemi normativi in alcuni paesi di civil law 3.1. Austria

La prima legge austriaca sull’attività di lobbying e rappresentanza di in-teressi è entrata in vigore l’1 gennaio 201342. La legge nasce a seguito della necessità di modificare l’Österreichs Wirtschaft, cioè a dire il sistema del

par-tenariato sociale – una versione specificamente austriaca del corporativismo-

allo scopo di adeguarlo alle pratiche di lobbying internazionale più evolute. Il sistema del partenariato sociale è basato sul forte e preponderante coinvolgi-mento nell’iter legislativo delle grandi corporazioni quali la “Camera dell’E-conomia, Lavoro e Agricoltura”, e la “Confederazione del Commercio”43.

La legge del 2013, in accordo con gli obiettivi del legislatore:

• definisce la figura del lobbista, il concetto di lobbying ed il suo campo di applicazione;

• indica le modalità di consultazione lobbistica;

• individua i soggetti coinvolti nella rappresentanza di interessi, corpora-zioni, professionisti e gruppi pubblici;

41 Il 21 gennaio 2010 la Corte Suprema degli Stati Uniti (caso Citizens United vs

Gene-ral Election Committee) stabilì che in ossequio al primo emendamento, il governo non aveva

il diritto di limitare in alcun modo la spesa di enti privati di finanziare le campagne elettorali.

42 Legge Austriaca sulla Trasparenza del Lobbying e della Rappresentanza d’Interessi

(das Österreichische Lobbyingund Interessenvertretungs-Transparenz-Gesetz). Essa fa parte del cosiddetto “Pacchetto Trasparenza” del 2012.

43 M. BAREIS, An occupational profile of lobbyists in Austria. Importance, requirements,

professionalisation, in Österreichische Public Affairs Vereinigung. Wissenschaftliche Reihe

04, August 2013. L’Autrice definisce il Sistema delle relazioni del “Partenariato Austriaco” come “un ampio e complesso intreccio di interazioni istituzionalizzate, formali o informali, che le grandi corporazioni intrattenevano tra loro stesse e con il Governo”.

(21)

• pone il divieto per i funzionari pubblici ed i politici di svolgere alcuna attività assimilabili a quella del lobbista, per prevenire i conflitti di inte-resse;

• istituisce il Registro dei Lobbisti. Al Registro devono iscriversi, prima di stabilire contatti con il decisore pubblico, le agenzie di lobbying ed i lobbisti, le aziende che impiegano più del 5% della loro attività in rappresentanza di interessi, gli ordini professionali, le associazioni di categoria e altri gruppi di interesse, posto che la loro principale attività sia proprio quella di lobbying. Le modalità e gli obblighi di registrazio-ne cambiano a seconda della tipologia del lobbista44. I dati che devono essere comunicati cambiano a seconda della categoria a cui il lobbista appartiene.

Tutti i provvedimenti rappresentano senz’altro un importante passo avanti rispetto al passato: ciononostante permangono delle ampie lacune da colmare, come evidenziato da Transparency International45.

In particolare nella sua forma attuale il registro dei lobbisti non è di accesso pubblico (soprattutto la Sezione A2) né è possibile conoscere chi è il soggetto rappresentato dal lobbista, quando e perché esso è rappresentato e quali risorse sono state investite nell’attività di lobbying. Solo il Ministero di Giustizia ha accesso a questi dati.

Pertanto è praticamente impossibile accedere a queste informazioni e in questo senso il grado di trasparenza del sistema austriaco è ancora assai limitato.

La carenza di trasparenza, paradossale per una legge sul lobbying, è le-gata ad una peculiarità non ancora risolta della costituzione austriaca, unica in Europa a sancire la legittimità del “segreto d’ufficio” (Amtsgeheimnis).

Sempre secondo l’osservatorio di Transparency International, la legge austriaca andrebbe modificata per giungere ad una migliore definizione delle procedure di lobbying e degli ambiti nei quali la rappresentanza di interessi deve essere svolta.

44 I lobbisti propriamente detti (Unternehmenslobbyisten) devono iscriversi alle

Sezio-ni A1 e A2: nell’A1 vengono indicati i dati anagrafici e sociali, mentre nell’A2, accessibile solo al Ministro di Grazia e Giustizia, le informazioni relative alle leggi sulle quali si sta mediando, per conto di chi e come, nonché i relativi compensi. I lobbisti interni alle aziende (Kammern) e gruppi pubblici, inclusi gli Ordini Professionali (Verbände) devono registrarsi e fornire indicazioni meno ampie, alle sezioni B, C e D, rispettivamente.

(22)

Un altro punto critico consiste nel fatto che alcuni soggetti come gli enti previdenziali, le associazioni religiose e le organizzazioni sussidiarie dei partiti politici sono escluse ed immuni dalle norme che regolano le attività di lobbying, il che determina i loopholes46 simili per qualche verso a quelli saranno evidenziati in Lituania ed altri paesi (v. seguito).

A seguito di recenti e gravi scandali (es. processo Mensdorff-Telekom Austria47) cui i media hanno dato ampio rilievo, la percezione del lobbismo in Austria è estremamente negativa ed è nuovamente ricondotta all’idea di conciliaboli tra potenti.

Anche alla luce di questi episodi di malaffare che rischiano di vanificare il lavoro fin qui svolto dal legislatore, secondo Transparency International occorre rendere pienamente pubblico il registro dei lobbisti e garantire stessi diritti tra le varie categorie di lobbisti, evitando che tra essi esistano disparità di trattamento.

Una ulteriore raccomandazione riguarda la prevenzione delle revolving

doors per i funzionari e gli amministratori pubblici, fenomeno attualmente

privo di regolamentazione.

3.2. Francia

Nel decennio scorso, in Francia, dopo un sostanziale disinteresse per la materia, iniziò a concretizzarsi l’esigenza di predisporre una legge sulla rap-presentanza di interessi. Nel 2009, viene promulgata una primo regolamen-to redatregolamen-to da una commissione presieduta dal parlamentare Marc Le Fur, con l’intento di regolare i rapporti tra i lobbisti e l’Assemblea Nazionale (il Senato ha adottato norme simili ma proprie)48.

46 Per loophole (scappatoia), termine ricorrente nella letteratura sul lobbying, si

inten-dono quelle carenze dell’ordinamento giuridico che consentono di esercitare la rappresen-tanza di interessi al di fuori della normativa.

47 https://de.wikipedia.org/wiki/Telekom-Affäre.

48 L’Assemblea Nazionale ha introdotto il 2 luglio 2009 due strumenti per

regolamen-tare i rapporti con i gruppi d’interesse: l’articolo 26, par. III-B all’Instruction générale du

Bureau e il Codice di condotta per i gruppi d’interesse

(http://www.assemblee-nationa-le.fr/representants-interets/index.asp). Analogamente il Senato ha introdotto il Capitolo XXII-bis all’Instruction générale du Bureau, Groupes d’interet (http://www.senat.fr/role/ groupes_interet.htm), il Codice di condotta per i gruppi d’interesse (https://www.senat. fr/role/code_de_conduite.pdf) e la decisione n. 2010 Codice di condotta per i gruppi d’in-teresse 1258 dell’1 dicembre 2010 sul diritto di accesso dei rappresentanti dei gruppi di interesse.

(23)

Il regolamento è stato successivamente modificato (febbraio e luglio del 2012).

Con queste revisioni è stato istituito il registro dei lobbisti, che dà diritto al rilascio di pass per Palazzo Borbone, dove ha sede l’Assemblèe Nationa-le, e sono state ridefinite le regole cui i lobbisti devono attenersi nella loro attività (ad esempio divieto di accedere alla Sala della Quattro Colonne e a quella dei Passi Perduti, obbligo di indossare badge calendarizzati durante l’accesso alle Camere).

La regolamentazione francese mira a garantire il soddisfacimento di tre requisiti fondamentali49:

• trasparenza del mandato rappresentativo, ovvero il lobbista deve sapere e dichiarare per conto di chi agisce;

• tracciabilità e pubblicità dell’attività di lobbying: tutti i cittadini devono poter conoscere quando e come si svolgono i contatti tra i loro rappre-sentanti e i lobbisti;

• obbligo di attenersi ad uno specifico codice etico (carta dei doveri): vale a dire la necessità di sottoporre le attività dei lobbisti non solo a dei diritti ma anche a dei doveri.

L’approdo ai regolamenti è stato segnato da una serie di sollecitazioni degli stessi lobbisti, che aspiravano ad una maggior trasparenza nell’eser-cizio della rappresentanza d’interessi e avevano iniziato ad operare in un regime di autoregolamentazione ispirato agli standard più avanzati.

Al pari di altri paesi europei, dove l’accezione comune di “lobby” ha una connotazione fortemente negativa, i lobbisti francesi sollecitavano la promulgazione di una regolamentazione del settore anche allo scopo di ri-abilitare la loro reputazione, obiettivo che si sta progressivamente raggiun-gendo man mano che le attività di lobbying escono dall’opacità che le aveva caratterizzate in assenza di norme specifiche.

Da notare che in Francia questa visione negativa affonda le sue radici in un solido sedimento storico, che deriva dalla concezione rousseauiana della legge come espressione della volontà popolare generale e non di interessi particolari. Questo principio si concretizza sin dai tempi della Rivoluzione con il decreto Allarde e con la legge Le Chapellier del 1791: il primo abolì le corporazioni e la seconda vietò qualunque forma associativa di datori di

49 M.C. SIRUGUE, Rapport de Groupe de travail sur les lobbies à l’Assemblée nationale,

(24)

lavoro o lavoratori, allo scopo evidente di eliminare ogni livello intermedio tra il cittadino e lo Stato, incompatibile con l’ideale democratico repub-blicano. Non a caso, solo nel 1884 nascono i primi sindacati e nel 1901 si autorizza la nascita delle associazioni50.

Un salto di quasi un secolo porta la Francia agli anni ’80, in cui vero-similmente la consapevolezza dell’importanza di regolamentare il settore del lobbismo fa il suo debutto. Con l’approdo di nuove forze al governo le nuove generazioni dell’industria e del commercio francese spingono per azzerare i rapporti coi nuovi decisori pubblici, con l’intento di eliminare le sacche di rapporti privilegiati di alcuni potenti gruppi. È in questa logica che le generazioni emergenti affidano la rappresentanza dei propri interessi a professionisti delle attività di lobbying i quali, come già accennato, inizia-no a sollecitare la definizione di un quadro inizia-normativo ad hoc.

Il risultato è che nel tempo il lobbying è entrato a far parte del paesaggio istituzionale francese, ispirandosi al modello nordamericano che fa della rappresentanza di interessi una fase cruciale nell’elaborazione delle leggi. In questo scenario e con l’entrata in vigore dei regolamenti parlamentari sul lobbying, un effetto che si sta riscontrando in Francia è che i decisori pubblici manifestano pubblicamente l’esigenza di avvalersi di suggerimenti e consulenze di esperti esterni, riconoscendo in tal modo, implicitamente ma fattivamente, il ruolo che i lobbisti giocano nel processi decisionali. Una diretta conseguenza dell’adozione dei regolamenti del 2009 è che si è da subito ravvisata la carenza di regole analoghe per le altre istituzioni pub-bliche che partecipano o incidono sui processi decisionali (l’Eliseo, i Mini-steri, autorità ed enti locali, agenzie nazionali etc.) dove, a fronte di regole che stabiliscono i doveri del lobbista, mancano strumenti che definiscono le norme comportamentali e le responsabilità dei decisori pubblici51.

I limiti del sistema francese riguardano52:

• carenze nella definizione dei termini di “lobbying”, “lobbista” e “scopo dell’attività di lobbying”;

• carente definizione e chiarezza dei tre principi su cui essa si basa (tra-sparenza, integrità o permeabilità alla corruzione e pari opportunità di accesso);

• tracciabilità e pubblicità: i policy-makers dovrebbero raccogliere e

pub-50 Ibidem.

51 AA.VV., Lobbying in France, TI Publication, 2014. 52 Ibidem.

(25)

blicare i resoconti delle consultazioni con le agenzie di lobbying. Questi resoconti andrebbero allegati a tutti gli atti inerenti al processo legislati-vo per fornire una traccia precisa delle interazioni intercorse tra le parti, utile anche per i futuri sviluppi della legge stessa;

• deontologia: le agenzie di lobbying dovrebbero implementare e adotta-re adotta-regole etiche coeadotta-renti con la propria adotta-responsabilità sociale (concetto di Corporate Social Responsability) finalizzate alla prevenzione della corruzione.

Il 26 maggio del 2016 la Commission des Lois (omologo delle nostre Commissioni Affari Costituzionali) dell’Assemblée Nationale ha modificato, con l’approvazione di numerosi emendamenti, l’art. 13 della cosiddetta “Sa-pin II”, la nuova legge francese contro la corruzione. L’art. 13 si concentra sulla lotta per la trasparenza e contro la corruzione nei processi decisionali pubblici, disciplinando ulteriormente e significativamente il settore della rappresentanza di interessi e trasformando di fatto la legislazione francese sul lobbying da “debole” a “forte”.

Le principali novità legislative tendono a sanare i limiti della disciplina del 2009 e consistono in:

• ridefinizione di lobbista: sono equiparati ai lobbisti professionisti ed alle agenzie di lobbying le industrie pubbliche e statali, gli enti e le autorità locali, le persone giuridiche, le ONG patronali e le associazioni culturali nel momento in cui agiscono per rappresentare e promuovere i loro interessi53.

• Istituzione di un registro più dettagliato dei lobbisti: i lobbisti dovranno indicare i nomi dei loro clienti, le fonti e i documenti che producono, in modo tale da evitare gli studi artati o le documentazioni create ad hoc per alterare il processo conoscitivo a proprio vantaggio.

• Viene fatto l’obbligo ai lobbisti che desiderano avere appuntamenti con ministri, membri del governo, funzionari e parlamenti compresi anche i dipendenti parlamentari di essere registrati a suddetto registro.

• Sono soggetti a obbligo di registrazione anche i lobbisti che hanno in-contri con i funzionari locali.

• I lobbisti dovranno fornire all’istituita Autorità sulla Trasparenza Pub-blica (HATPV) un resoconto sulle loro attività.

53 Non possono essere considerati lobbisti i cittadini comuni nell’esercizio del loro

(26)

• Irrigidimento delle sanzioni: nel caso in cui non venga rispettata una qualunque delle precedenti disposizioni, si incorrerà a una multa di im-porto compreso tra 30.000 ai 50.000 euro; le recidive comportano la radiazione dal registro.

3.3. Germania

Nella Germania Federale le attività di lobbying si sono sviluppate come evoluzione della tradizione tedesca, riconducibile alla fondazione della na-zione germanica del 1871, la cui influenza è stata significativa nello sviluppo della legge vigente54.

In base a questa tradizione, in Germania la rappresentanza di interessi organizzati è storicamente appannaggio di associazioni saldamente costitu-ite come i Sindacati e le Associazioni del Commercio, e di pochi e potenti gruppi economici ed industriali a volte riconducibili a singole dinastie come i Krupp.

Proprio per il carattere autoctono della rappresentanza di interessi, la giurisprudenza tedesca non fa mai riferimento al termine anglosassone di “lobbying” e il suo uso nella accezione più attuale è filologicamente scor-retto55: in Germania è il sistema della rappresentanza di interessi (che a sua volta ricomprende evidentemente, ma in subordine, il lobbying) ad essere soggetto alle normative di legge.

La riluttanza a riferirsi al “lobbying” dipende anche dalla diffusa con-vinzione che le nuove forme di lobbying non siano un strumento utile alla trasparenza, ma piuttosto degli stratagemmi per esercitare slealmente pres-sioni in grado di influenzare le scelte della politica56.

Se da un lato vi è una forte riluttanza ad accettare il modello anglosasso-ne di lobbying, dall’altro c’è, invece, la lunga tradizioanglosasso-ne di rappresentanza di interessi.

54 R. KLEINFELD, Die historische Entwicklung der Interessenverbände in Deutschland, in

T. VON WINTER, U. WILLEMS (ed.), Interessenverbände in Deutschland, Wiesbaden 2007, p.

51-83.

55 “In Germania il termine lobbying è sempre stato ed è tuttora considerato una parola

straniera che sottende a pratiche occulte per esercitare pressioni indebite”, K. ROINT, V.

SCHNEIDER, The strange case of regulating lobbying in Germany, in Parliamentary Affairs, Vol.

51, N. 4, p. 559-567.

56 C. HUMBORG C., Transparente Interessenvertretung, in Neue Soziale Bewegung, Book

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Le solide radici autoctone dell’associazione e organizzazione di interessi in Germania non hanno implicazioni unicamente semantiche ma sono una delle cause, ad esempio, della tardiva diffusione (relativamente al dinami-smo socio-economico tedesco) dei lobbisti professionisti che operano al di fuori delle grandi Associazioni.

Tralasciando il periodo prebellico e dei due conflitti mondiali, la legge costituzionale “Regolamento per il funzionamento del Parlamento”

(Ge-schäftsordnung des Deutschen Bundestages, GO-BT57) del 6 dicembre 1951, poi entrata in vigore nel 1952, fornisce un primo inquadramento normativo delle rappresentanze di interessi successivamente modificato avvicinandolo sempre più al modello delle Audizioni58.

L’altra Camera, il Bundesrat, è dotata di un analogo regolamento. Nella versione attuale il GO-BT definisce le modalità di registrazione e di accreditamento delle Associazioni e degli incontri dei rappresentanti di interessi con il Parlamento.

Dal 1973 viene istituito un registro dei gruppi di interesse di cui all’art. VII § 70, dettagliato nell’Allegato 2 del GO-BT. Anche il Regolamento generale dei Ministeri (Gemeinsamen Geschäftsordnung der

Bundesmini-sterien) contiene delle norme ispirate al corporativismo che sanciscono il

diritto delle grandi associazioni e di gruppi di esperti di rilevanza federale, di essere coinvolti tempestivamente e fattivamente nei processi decisionali (§ 47 paragrafo 3) e le modalità con cui debbono essere convocati nelle audizioni (§ 48, paragrafo 5).

La necessità di allentare gli schemi del tradizionale sistema della rap-presentanza di interessi tedesco – appannaggio delle grandi associazioni59 – inizia a manifestarsi negli anni ’80.

È in questo periodo che ci si rende infatti conto che la crescente com-plessità socio-economica nazionale ed internazionale richiede un

adegua-57 https://www.bundestag.de/bundestag/aufgaben/rechtsgrundlagen/go_btg.

58 Le Audizioni sono perlopiù intese dal legislatore come uno strumento per stimolare

l’informazione bidirezionale tra i rappresentanti di interessi ed i decisori pubblici nel corso della formazione delle leggi, condividerne il contenuto e migliorare la trasparenza del pro-cesso.

59 Vale la pena sottolineare però che il sistema delle “poche e grandi associazioni e

gruppi” è comunque una semplificazione utile ai fini della presente trattazione, ma che non rappresenta in modo fedele la complessità giuridica e sociale dell’associazionismo tedesco che conta così tanti soggetti (oltre 600.000) che la Germania ama definirsi il “paese delle associazioni”.

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