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La disciplina delle intercettazioni telefoniche tra passato, presente e futuro

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Academic year: 2021

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1 INDICE SOMMARIO

CAPITOLO 1

1 – Premessa di ordine generale.………... p. 4

2 – Cenni generali alla disciplina delle intercettazioni precedenti alla Riforma Orlando……….. p. 12

2.1 – Il procedimento con cui si dispone l’intercettazione………….. p. 22

2.2 – Le attività successive alla registrazione………. p. 23

2.3 – L’utilizzo delle intercettazioni in altri procedimenti……… p. 31

2.4 – Le intercettazioni inutilizzabili per vizi procedurali………. p. 32

3 – Le principali criticità della disciplina attuale………. p. 33

4 – Le direttive delle Procure di Napoli, Torino e Roma e la Risoluzione del Consiglio Superiore della Magistratura del 29 luglio 2016….. p. 43

CAPITOLO 2

1 – Riforma Orlando………. p. 64

1.1 - L’illustrazione dei contenuti e delle novità della Riforma Orlando con particolare riferimento all’aspetto procedimentale……… p. 74

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1.2 - Il nuovo reato di diffusione di registrazioni e riprese fraudolen-te... p. 81

1.3 – L’impiego nei procedimenti per i più gravi reati dei pubblici uffi-ciali contro la pubblica amministrazione……… p. 82

1.4 – Il captatore informatico o trojan………. p. 84

1.5 – L’utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni compiute tramite captatore informatico……… p. 89

2 – La posizione del CNF e ANM in sede di consultazioni……… p. 96

3 – Prime riflessioni sulla Riforma Orlando……….. p. 97

CAPITOLO 3

1 – Decreto legislativo 29 dicembre 2017 n. 216 in G.U. n. 8 del 11.1.2018. Vigente a 26.1.2018………. p. 109

1.1 – Introduzione del divieto di trascrizione, anche sommaria, delle in-tercettazioni irrilevanti, relative a dati sensibili o intercorse tra l’indagato e il difensore……… p. 111

1.2 – La nuova disciplina inerente il deposito dei verbali e delle regi-strazioni……….. p. 116

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1.4 – La procedura derogatoria in caso di misura cautelare…….. p. 127

1.5 – Le integrazioni alla procedura di acquisizione……….. p. 130

1.6 – la trascrizione……… p. 132

1.7 – L’istituto dell’archivio riservato……… p. 134

1.8 – Il diritto della difesa all’ascolto e copia delle registrazioni. p. 135

1.9 – I limiti all’introduzione delle intercettazioni negli atti cautela-ri………. p. 137

1.10 – La procedura di distruzione ex art. 269 c.p.p. ……… p. 138

1.11 – Il reato di diffusione di riprese e registrazioni fraudolente. p.140

1.12 –Le intercettazioni nei procedimenti per i più gravi reati dei pub-blici ufficiali contro la Pubblica Amministrazione……… p. 145

1.13 – La disciplina del captatore informatico………. p. 147

1.14 – Le valutazioni finali sulla riforma……… p. 157

Riferimenti bibliografici………. p. 162

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CAPITOLO 1

1. Premessa di ordine generale

Il presente lavoro si occupa della tematica delle intercettazioni la qua-le risulta particolarmente delicata in quanto coinvolge diritti di rango costituzionale, tutti meritevoli di considerazione ma che talvolta con-fliggono tra loro e quindi impongono adeguato coordinamento.

In primo luogo viene in considerazione l’art. 15, comma 1 Cost. che ri-conosce come inviolabili la “libertà e segretezza della corrispondenza” e “ogni altra forma di comunicazione” la cui “limitazione può avvenire

soltanto con atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie sta-bilite dalla legge”. La norma tutela ogni modalità di interrelazione della

persona con altri soggetti. “Libertà e segretezza sono aspetti

stretta-mente connessi, atteso che corrispondenza può dirsi davvero libera sol-tanto se ne viene assicurata la segretezza”.(1)

Strettamente connesso è poi il diritto alla riservatezza o alla privacy che, pur non avendo uno esplicito riconoscimento costituzionale, viene

(1) F. Dal Canto, S. Panizza, in “ Manuale di diritto costituzionale italiano ed europeo a cura di Roberto Romboli” volume I, Giappichelli, 2011, pag. 190).

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considerato dalla dottrina desumibile, in maniera implicita, dagli artt. 13, 14 e 15 della Costituzione dedicati alla libertà personale, di domici-lio e di comunicazione. Il diritto alla riservatezza è stato dichiarato dal-la Corte Costituzionale come un diritto inviodal-labile ai sensi dell’art.2 del-la Costituzione e, in quanto tale, restringibile dall’autorità giudiziaria solo se strettamente necessario alle esigenze di indagine legate al compito primario di repressione dei reati (2).

(2) Nella sentenza n. 63/1994 la Corte costituzionale ha dichiarato inviolabile l’art. 15 della Costituzione nella parte in cui afferma “ riconoscimento del diritto inviolabile di libertà di comunicazione”; nella sentenza n.81/1993 la Corte costituzionale ha dichiarato che “la libertà e segretezza della corrispondenza e di ogni altro mezzo di comunicazione costituiscono un diritto dell’individuo rientrante tra i valori supremi costituzionali, tanto da essere espressamente qualificato dall’art. 15 della Costituzione come diritto inviolabile”; nella sentenza n. 366/1991 la Corte costituzionale non solo ha dichiarato che “ la stretta attinenza di tale diritto ai valori della personalità – che inducono a qualificarlo come parte necessaria di quello spazio vitale che circonda la persona e senza il quale questa non può esistere e svilupparsi in armonia con i postulati della dignità umana – comporta una duplice caratterizzazione della sua inviolabilità. In base all’art. 2 della Costituzione, il diritto a una comunicazione libera e segreta è inviolabile, nel senso che il suo contenuto generale non può essere oggetto di revisione costituzionale in quanto incorpora un valore della personalità avente un carattere fondante rispetto al sistema democratico voluto dal Costituente. In base all’art.15 della Costituzione, lo stesso diritto è inviolabile nel senso che non può subire restrizioni o limitazioni da alcuno dei poteri costituiti se non in ragione dell’inderogabile soddisfacimento di un interesse pubblico primario costituzionalmente rilevante, sempreché l’intervento limitativo posto in essere sia strettamente necessario alla tutela di quell’interesse e sia rispettata la duplice garanzia che la disciplina prevista risponda ai requisiti propri della riserva assoluta di legge e la misura limitativa sia disposta con atto motivato dell’autorità giudiziaria”. Infine nella sentenza n. 34/1973 la Corte costituzionale afferma che “ questa norma non si limita a proclamare la libertà e segretezza della corrispondenza

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La disciplina delle intercettazioni deve quindi tener conto del dettato dell’art. 15 della Costituzione che definisce la libertà e segretezza della corrispondenza come un diritto inviolabile limitabile solo per atto mo-tivato dell’autorità giudiziaria, con le garanzie stabilite dalla legge.

Pertanto da tale articolo si deduce una riserva di giurisdizione e una riserva di legge. La riserva di giurisdizione impone quindi che spetti al pubblico ministero di chiedere l’autorizzazione a disporre l’intercettazione ed al giudice per le indagini preliminari di concederla con decreto motivato. La riserva di legge, invece, implica che sia il legi-slatore a stabilire i requisiti delle intercettazioni tenendo presente che questi variano a seconda che il procedimento abbia ad oggetto i reati comuni oppure i reati di criminalità organizzata.

A livello sovranazionale, la libertà e segretezza della corrispondenza viene riconosciuta dall’art. 8 CEDU che afferma: “ ogni persona ha

di-ritto al rispetto della sua vita privata e familiare del suo domicilio e della sua corrispondenza “ e “ non può esservi ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio tale diritto a meno che tale ingerenza sia

previ-e di ogni altro mprevi-ezzo di comunicazionprevi-e ma previ-esprprevi-essamprevi-entprevi-e annuncia chprevi-e la loro limitazione può avvenire solo per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanze stabilite dalla legge”.

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sta dalla legge e costituisca una misura che, in una società democrati-ca, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al be-nessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e prevenzione dei reati, alla protezione della salute e della morale o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui “.

Il diritto alla riservatezza dei soggetti coinvolti (art. 2 Cost. e art. 8 Ce-du) può essere collocato all’interno dei diritti di nuova formazione non presenti all’epoca della codificazione costituzionale; dunque esso, co-me altri “nuovi diritti”, trova tutela costituzionale tramite il suo anco-raggio alla fattispecie aperta dell’art. 2 Cost.. La dottrina descrive il di-ritto alla riservatezza come il didi-ritto a tenere segreti atti, comporta-menti e aspetti inerenti la sfera privata della persona impedendo che tali informazioni vengano divulgate senza il consenso del soggetto teressato. Tale diritto ha sia un aspetto negativo, inteso come non in-tromissione nella propria sfera privata, sia un aspetto dinamico, inteso come il potere del soggetto di controllare autonomamente la diffusio-ne dei propri dati e conseguentemente di intervenire in presenza di comportamenti di aggressione o turbativa. Prima forma di tutela è rappresentata dalla legge 31 dicembre 1996 n.675, successivamente sostituita dal d.Lgs. 196/2003 noto anche come Codice della privacy.

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La disciplina prevede che il trattamento dei dati personali da parte di privati o enti pubblici economici sia ammesso solo con il consenso espresso dell’interessato, che può riguardare tutto il trattamento o so-lo una o più operazioni del medesimo, ed è validamente prestato soso-lo se è espresso liberamente e specificatamente in relazione a un tratta-mento chiaramente identificato. Per garantire l’osservanza della disci-plina in materia di privacy è stato istituito un apposito organo, il Ga-rante per la protezione dei dati personali, che è un’autorità ammini-strativa indipendente che assicura il rispetto della disciplina sulla riser-vatezza previsto dalla legge attraverso poteri istruttori, consultivi e sanzionatori.

Ulteriore fondamentale diritto di cui deve essere tenuto conto è il di-ritto di difesa considerato dagli artt. 13, 24 e 111 della Costituzione. L’art. 13 è dedicato alla libertà personale detta inviolabile; l’art. 24 è dedicato al diritto di difesa secondo cui “la difesa è un diritto

inviolabi-le in ogni stato e grado del procedimento”; l’art. 111 pone la riserva di

giurisdizione per le restrizioni della libertà personale.

Dalla lettura dell’art. 24 si ricava il diritto alla tutela giurisdizionale che si manifesta, secondo quanto stabilito dal primo comma, nel diritto di agire in giudizio per la difesa dei propri diritti; infatti sarebbe priva di

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significato l’attribuzione ai singoli di situazioni soggettive non suscetti-bili di essere fatte valere giudizialmente. Inoltre la tutela giurisdiziona-le comprende anche il diritto di difesa, essenziagiurisdiziona-le perché consente al soggetto di far valere le proprie ragioni, il quale si sostanzia : nella dife-sa tecnica, ovvero il diritto di essere assistiti da un esperto nel proces-so; nel diritto di partecipare al giudizio al fine di consentire il contrad-dittorio; nel diritto a essere informato delle vicende giudiziali ed, infi-ne, ad essere ascoltati ma senza rilasciare dichiarazioni contro sé stes-si. In relazione al terzo comma in passato tale diritto aveva poche pos-sibilità di garantire tutela ai non abbienti non solo perché il limite red-dituale per accedervi era elevato, ma anche perché si trattava di un uf-ficio obbligatorio ma anche onorifico per gli avvocati. Allora lo Stato inizialmente si fece carico del costo economico con la legge 30 luglio 1990 n. 217, poi con il D.P.R 115/2002 si è avuto una svolta decisiva in materia, nonostante oggi se ne invochi una riforma. A livello comuni-tario il diritto di difesa dei meno abbienti è disciplinato all’art. 47 comma 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.

L’ efficienza e segretezza delle indagini sono due profili caratterizzanti l’attuale sistema processuale. Quanto all’efficienza, lo strumento dell’intercettazione che consente la captazione occulta è un formidabi-le mezzo di ricerca della prova congeniaformidabi-le, in particolar modo, al lavoro

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degli organi inquirenti e perciò utile alle indagini in quanto l’intrusione non è percepita da parte di chi la subisce. D’altra parte, se lo strumen-to di ricerca della prova è palese, “sfuma l’effetstrumen-to utile quando gli

spia-ti sappiano” (3). In altri termini è quello che la dottrina definisce “ con-trasto tra opposte esigenze: vi è la necessità di proteggere la ricerca delle fonti di prova contro gli atti che possono mettere in pericolo l’acquisizione o la genuinità delle informazioni; ma vi è anche quella di assicurare l’esercizio del diritto di difesa” (4).

Quanto alla segretezza, il sistema processuale, pur collocando “l’istruzione nel dibattimento, affidandola alle parti” tuttavia presup-pone “un pubblico ministero indagante e, su dati punti, l’indagine è

co-perta: perdura un segreto investigativo fino a quando l’atto sia

cono-scibile dall’imputato; e lo diventa, al più tardi, a indagini chiuse” (5). uiq Il diritto di cronaca (art.21 Cost. e art. 10 Cedu) consiste nel diritto a

pubblicare tutto ciò che riguarda fatti o avvenimenti di interesse pub-blico ed è ricompreso tra le libertà di manifestazione del pensiero. La

(3)F. Cordero, “Procedura Penale”, terza edizione, Giuffrè, 1995, pag. 733

(4) P. Tonini, “Manuale di procedura Penale”, diciassettesima edizione, Giuffrè, 2016, pag. 512

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tutela a favore di tale libertà predisposta dal nostro ordinamento è sottoposta a dei limiti i quali devono avere un fondamento in interessi

anch’essi garantiti dalla Costituzione.

In primo luogo si ricorda il limite del buon costume, intendendo con tale espressione non la morale comune ma la possibile violazione della sfera del pudore sessuale e della pubblica decenza; esso viene tutelato nella legislazione ordinaria con varie disposizioni sia di carattere pre-ventivo che repressivo. Il legislatore pone particolare attenzione al ri-spetto del buon costume tutte le volte in cui la manifestazione del pensiero abbia come destinatari dei minori, in ossequio all’esigenza di protezione dell’infanzia e della gioventù ex art. 31 comma 2 Cost.. Altri limiti impliciti, corrispondenti ad altri interessi di rango costituzionale ritenuti prevalenti rispetto all’esigenza di tutelare la libertà di espres-sione, sono l’onore e la reputazione che si fondano sul principio perso-nalistico e sono connessi al paradigma della dignità sociale; essi ven-gono tutelati nel codice penale attraverso il reato di ingiuria ( art.594 c.p.), diffamazione (art.595 c.p.) nonché varie fattispecie di oltraggio e vilipendio. Inoltre altri interessi costituzionalmente rilevanti dai quali derivano, sotto forma di segreti, altrettanti limiti alla libertà di

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stazione del pensiero sono quello alla sicurezza dello Stato e dei suoi interessi vitali (segreto di Stato), al regolare funzionamento della giu-stizia (segreto processuale) e alla funzionalità della pubblica ammini-strazione. Il segreto di Stato, istituito con la l. n. 124/2007, viene appo-sto dal Presidente del Consiglio dei Ministri al fine di impedire anche all’autorità giudiziaria l’acquisizione e utilizzazione delle notizie sulle quali è previsto. Infine si ricorda il limite dell’ordine pubblico, inteso come ordine pubblico costituzionale che ha come obiettivo quello di garantire a tutti il godimento effettivo dei diritti inviolabili dell’uomo.

2. CENNI GENERALI ALLA DISCIPLINA DELLE

INTERCETTA-ZIONI PRECEDENTI ALLA RIFORMA ORLANDO

Le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni sono collocate nel Capo 4° del Titolo 3° del Libro 3° del codice di procedura penale agli ar-ticoli da 266 a 271 nell’ambito dei “MEZZI DI RICERCA DELLA PROVA” insieme a ispezioni, le perquisizioni, i sequestri . Con tale espressione si intende far riferimento a quei mezzi con i quali si va a ricercare, al fine di acquisirlo, un mezzo di prova che è lo strumento di giudizio che il giudice utilizza nella propria decisione .

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Ponendo attenzione all’elemento probatorio, con i mezzi di prova l’elemento probatorio si forma attraverso il loro utilizzo, mentre con i mezzi di ricerca della prova l’elemento probatorio, essendo preesisten-te ad essi, entra nel procedimento così come è, grazie ad essi. Inoltre, mentre i mezzi di prova possono essere assunti solo davanti al giudice in dibattimento o nell’incidente probatorio, i mezzi di ricerca della pro-va vengono disposti non solo dal giudice ma anche dal pubblico mini-stero e, in certe ipotesi, anche dalla polizia giudiziaria e si caratterizza-no per il fattore SORPRESA caratterizza-non prevedendosi quindi l’avviso a priori al difensore dell’indagato quando vengono disposti nel corso delle inda-gini preliminari.

Fatta tale premessa, si definisce INTERCETTAZIONE “ la captazione,

ot-tenuta mediante strumenti tecnici di registrazione, del contenuto di una conversazione o di una comunicazione segreta in corso tra due o più persone, quando l’apprensione della medesima è operata da parte di un soggetto che nasconde la propria presenza agli interlocutori “(6).

(6) La definizione di intercettazione è desumibile dalla sentenza della Cass. Pen. Sez. Un., 28maggio 2003 n. 36747, Torcasio in Cass. Pen. 2005, 6, pag. 1996

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L’intercettazione ha ad oggetto le conversazioni ( dialoghi tra due o più interlocutori ), le comunicazioni (informazioni derivanti anche da un solo colloquiante ), altre forme di telecomunicazione ( formula ampia che permette di far ricadere all’interno della disciplina contenu-ta negli articoli 266-271 c.p.p. le forme di comunicazione rese possibili dallo sviluppo tecnologico ) ed infine il flusso di comunicazioni ineren-te sisineren-temi informatici o ineren-telematici oppure inineren-tercorrenineren-te tra più sisineren-te- siste-mi ( art. 266bis c.p.p. ).

Dalla definizione si deduce che tre sono gli elementi che caratterizzano un’intercettazione:

Segretezza . Si vuol intendere che i soggetti devono parlare tra di loro con lo scopo ben preciso di escludere terzi dal contenuto della loro conversazione e ciò deve avvenire attraverso delle modalità funzionali allo scopo.

Strumenti di captazione . Il soggetto che effettua l’intercettazione deve usare strumenti tecnici di registrazione che possano superare le cautele elementari predisposte per garantire la segretezza del collo-quio e captarne il contenuto. Non esegue l’intercettazione colui che ascolta una conversazione origliando dietro una porta .

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Terzietà e clandestinità . Colui che capta deve essere estraneo alla conversazione e deve agire in modo clandestino. Pertanto non siamo in presenza di un’intercettazione ma di un documento nel caso in cui la registrazione sia effettuata da un soggetto presente attivamente alla conversazione oppure da colui che sia ammesso ad assistervi.

Nei procedimenti inerenti i reati comuni, i requisiti che servono a di-sporre le intercettazioni attengono ai reati intercettabili, quantum di prova e termini di durata. Quanto ai reati intercettabili essi sono indi-viduati sia sulla base di un criterio quantitativo che si fonda sul limite edittale di pena prevista per il reato (ai sensi dell’art. 266, comma 1 c.p.p. vengono intercettati i delitti non colposi puniti con l’ergastolo o con la pena della reclusione – determinata ex art. 4 c.p. – superiore nel massimo a cinque anni e delitti contro la pubblica amministrazione puniti con la reclusione nel massimo non inferiore a cinque anni), sia sulla base della loro natura e delle loro caratteristiche (delitti attinenti il traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope, ingiuria, minaccia, mo-lestia o disturbo a mezzo telefono, usura, abusiva attività finanziaria, abuso di informazioni privilegiate, manipolazione del mercato, distri-buzione, divulgazione o pubblicazione attraverso qualsiasi mezzo di materiale pedopornografico o di notizie o informazioni finalizzate all’adescamento di minori di anni diciotto).

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In relazione al quantum di prova, sono richiesti i gravi indizi di reato ovvero indizi che dimostrino che è stato commesso uno dei reati che consentono l’intercettazione e la loro valutazione avviene ai sensi dell’art. 203 c.p.p.: se gli indizi si fondano su dichiarazioni confidenziali di informatori della polizia giudiziaria, esse sono utilizzabili se gli in-formatori sono esaminati come testimoni o come persone informate su i fatti; altrimenti, le loro dichiarazioni sono inutilizzabili. Infine l’intercettazione deve essere indispensabile per la prosecuzione delle indagini ovvero la prova non si può acquisire altrimenti.

Preme sottolineare che in relazione ai presupposti applicativi delle in-tercettazioni telefoniche, viene a dipanarsi la tematica relativa il con-temperamento tra il diritto alla segretezza e riservatezza delle comuni-cazioni e l’interesse pubblico alla repressione dei reati. La norma di ri-ferimento è l’art. 267 c.p.p. che richiede i “gravi indizi di reato” e “l’assoluta indispensabilità per la prosecuzione delle indagini”.

Quanto al presupposto dei “gravi indizi di reato”, nonostante la dottri-na abbia proposto varie letture (7), risulta consolidato l’orientamento

(7) E. MARZADURI “Spunti per una riflessione sui presupposti applicativi delle inter-cettazioni telefoniche a fini probatori” in Cass. Pen. 2008, 12, pag. 4833 ss. secondo cui l’espressione “gravi indizi di reato” significa specificità e determinatezza della vi-cenda criminale in relazione alla quale è richiesta l’autorizzazione a intercettare

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secondo cui l’espressione non implichi la necessità del raggiungimento dei “gravi indizi di colpevolezza”. Ad ogni modo, il presupposto richie-de un’interpretazione arichie-deguata affinché l’espressione non sia vuota di significato e autorizzi l’utilizzazione del mezzo di ricerca della prova in maniera eccessivamente ampia. Al riguardo quindi occorre dar conto come la dottrina abbia precisato che, con l’espressione “gravi indizi di

reato”, si debba intendere che “l’indagine abbia raggiunto un appro-fondimento probatorio tale da far supporre come altamente probabile la commissione del reato ipotizzato. In altri termini il presupposto pro-batorio per autorizzare l’attivazione del mezzo investigativo deve esse-re integrato dall’esistenza di un fatto di esse-reato specifico e determinato che abbia già trovato riscontri di natura probatoria di particolare con-sistenza”(8).

senza alcuna attenzione per il livello di attendibilità dei dati raccolti a supporto dell’ipotesi accusatoria. Ugualmente V.GREVI “Sul necessario collegamento tra le utenze telefoniche e le indagini in corso nel decreto autorizzativo delle intercettazioni” in Cass. pen. 2009 pag. 3344 il quale inoltre si concentra sul presupposto della “assoluta indispensabilità per la prosecuzione delle indagini” il quale viene concepito come collegamento teleologico tra le intercettazioni di una determinata utenza e le indagini relative a quello specifico fatto di reato

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A conferma della correttezza dell’interpretazione suddetta, sono stati valorizzati due profili di carattere sistematico: per un verso, la formula di cui all’art. 267 c.p.p. in parte ricalca quella di cui all’art. 273 c.p.p., dall’altro, il presupposto è richiesto solo per questo mezzo di ricerca della prova mentre non è previsto per gli altri.

Quanto al primo aspetto, la similitudine autorizza a ritenere che per entrambi si debba raggiungere il medesimo giudizio prognostico quan-to alle emergenze investigative raccolte.

Come già precisato, l’accertamento non si traduce in un giudizio com-plessivo sulla colpevolezza ma in un giudizio sul reato inteso come fat-to e quindi quest’ultimo aspetfat-to comporta che le intercettazioni siano consentite nei confronti dei terzi estranei alle indagini. Al fine di evita-re un uso indiscriminato delle intercettazioni nei confronti dei terzi, il legislatore ha previsto il presupposto della “assoluta indispensabilità

per la prosecuzione delle indagini” che significa che il giudice, prima di

disporre un’intercettazione, debba verificare se ci siano altri mezzi che consentono di ottenere il medesimo risultato probatorio e quale sia il nesso sussistente tra il reato per cui si procede e la comunicazione da porre sotto controllo. In altri termini, devono essere chiari i motivi che

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impongono di intercettare l’utenza telefonica di una determinata per-sona.

Relativamente ai termini di durata, l’intercettazione non può essere superiore ai quindici giorni, ma il giudice con decreto motivato può prorogarla di un periodo di successivi quindici giorni, nel caso in cui permangano i requisiti sopra indicati.

Le intercettazioni ambientali sono disciplinate dall’art. 266, comma 2 c.p.p. e si caratterizzano per la simultanea presenza nel medesimo contesto spazio temporale degli interlocutori tanto che la norma parla di “intercettazioni tra presenti”. Le condizioni di ammissibilità delle in-tercettazioni ambientali all’interno di un’abitazione o di un altro luogo di privata dimora ai sensi dell’art. 614 c.p. sono più stringenti in quanto preme la necessità di tutelare la libertà di domicilio ex art. 14 Costitu-zione; infatti è richiesto il fondato motivo di ritenere che lì si stia svol-gendo l’attività criminosa. A questa regola derogano i casi di indagine in materia di criminalità organizzata (art. 13,comma 1 d.l. 152/1991), delitti di assistenza ai membri di associazioni sovversive o con finalità di terrorismo (art. 270-ter c.p.), delitti commessi per finalità di terrori-smo o eversione dell’ordinamento costituzionale (art. 407, comma 2 lett. a) n. 4, c.p.p.) e quelli in tema di terrorismo con ordigni micidiali e

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esplosivi (art. 280-bis c.p.) per i quali non è richiesta quest’ultima con-dizione.

Quando si parla di domicilio si fa riferimento a tutti quei luoghi la cui funzione è quella di proteggere la vita privata, garantendo un’area di intimità e riservatezza, e dai quali è possibile escludere l’accesso ai ter-zi per un certo periodo di tempo.

Viceversa nei procedimenti che hanno ad oggetto i reati di criminalità organizzata, si osserva come i requisiti per disporre le intercettazioni siano attenuati rispetto a quelli richiesti per i reati comuni. Infatti per quanto riguarda i reati intercettabili abbiamo i delitti di criminalità or-ganizzata, la minaccia col mezzo del telefono, il terrorismo anche in-ternazionale ed infine i delitti contro la libertà individuale; per quanto riguarda il quantum di prova sono richiesti SUFFICIENTI INDIZI DI REA-TO e che l’intercettazione sia NECESSARIA per lo svolgimento delle in-dagini. Ponendo attenzione ai termini di durata, l’intercettazione non può essere superiore ai quaranta giorni ma può essere prorogata dal giudice per periodi successivi di venti giorni; in caso di necessità la proroga viene disposta dal pubblico ministero con provvedimento che poi viene convalidato dal giudice .

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In presenza dei reati di criminalità organizzata le intercettazioni am-bientali nel domicilio privato sono disposte anche se non vi è fondato motivo di ritenere che all’interno di suddetto luogo si stia svolgendo attività criminosa.

Fatta la doverosa premessa in ordine alla natura ed ai presupposti del-le intercettazioni di comunicazioni, occorre dar conto che è la materia relativa in particolare alla scansione procedimentale, che è stata og-getto di delega contenuta nella legge 23 giugno 2017 n. 103 e ogog-getto di recentissima modifica legislativa posto che il Governo, allo scadere della legislatura, ha emesso il decreto legislativo n.216 del 29.12.2017.

Infatti, proprio l’aspetto del procedimento, è stato quello oggetto di maggior attenzione in quanto in esso il legislatore ha ritenuto di indivi-duare il nucleo sul quale incidere per ottenere un maggior rispetto dei diritti.

Per completezza occorre illustrare il procedimento ante Riforma Or-lando per meglio comprenderne le criticità e valutare poi l’appropriatezza degli interventi.

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2.1

PROCEDIMENTO

CON

CUI

SI

DISPONE

L’INTERCETTAZIONE

Durante la fase delle indagini preliminari, spetta al Pubblico Ministero richiedere l’autorizzazione a disporre l’ intercettazione al giudice per le indagini preliminari il quale la concede con decreto motivato. Successi-vamente il Pubblico Ministero emette un altro decreto detto DECRETO ESECUTIVO con il quale indica alla polizia giudiziaria le modalità e dura-ta delle intercetdura-tazioni. In caso di urgenza il Pubblico Ministero dispone l’intercettazione con decreto motivato e contemporaneamente emana il decreto esecutivo. Il decreto con cui il Pubblico Ministero dispone l’intercettazione, viene comunicato al Giudice per le indagini prelimi-nari entro le ventiquattro ore decorrenti dal proprio provvedimento e questi, dal momento in cui lo ha ricevuto, ha un termine di quarantot-to ore per decidere sulla convalida con decrequarantot-to motivaquarantot-to. Se il giudice non convalida l’intercettazione non può essere proseguita e i risultati relativi ad essa sono inutilizzabili. Quanto alle modalità l’intercettazione deve essere eseguita attraverso l’utilizzo degli impian-ti installaimpian-ti presso la procura della Repubblica; nel caso in cui quesimpian-ti siano insufficienti o inidonei o ci siano ragioni di urgenza il pubblico

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ministero ha la facoltà di disporre che le operazioni siano compiute tramite gli impianti di pubblico servizio o presso la polizia giudiziaria.

Quanto alla durata delle intercettazioni l’art. 267, comma terzo c.p.p. stabilisce che la durata non possa essere superiore ai quindici giorni ma può essere prorogata dal giudice per periodi successivi di quindici giorni se sussistono le condizioni sopra indicate.

Le utenze intercettabili sono quelle riferibili agli indagati, quelle riferi-bili ai testimoni ed infine quelle rifeririferi-bili a persone estranee ai fatti a condizione che quest’ultime siano destinatarie di comunicazioni pro-venienti da indagati o da testimoni.

Una volta conclusa l’intercettazione, la relativa comunicazione viene registrata e di questa è redatto un verbale, il c.d. brogliaccio d’ascolto, da parte della polizia giudiziaria; il brogliaccio è utilizzabile già nel cor-so delle indagini preliminari per chiedere al giudice le misure cautelari.

2.2

ATTIVITA’ SUCCESSIVE ALLA REGISTRAZIONE

Prima di esporre la disciplina inerente le attività successive alla regi-strazione, è necessario fare una premessa di ordine generale. Il codice

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del 1988 si distingue da quello precedente perché ha introdotto il con-traddittorio sui risultati delle intercettazioni; ciò significa che quando queste sono ostensibili alle parti private, il difensore dell’indagato ha la facoltà di esaminare le intercettazioni e gli atti autorizzativi e dunque, come il pubblico ministero, può chiedere al giudice l’acquisizione delle intercettazioni rilevanti per la causa. Tuttavia, nel caso in cui ci sia l’esigenza di tutela rafforzata di un colloquio al fine di tutelare diritti e valori di rango costituzionale, il pubblico ministero non deve deposita-re le deposita-registrazioni ma deve porle in un archivio protetto e chiederne al giudice la distruzione. Detto ciò, è opportuno distinguere tra la disci-plina di ordine generale e le ipotesi eccezionali .

Quanto alla disciplina di ordine generale, la norma di riferimento è rappresentata dall’art.268 comma 4 c.p.p. che stabilisce che le regi-strazioni delle intercettazioni vengano trasmesse al pubblico ministero che attua un controllo sulla loro ostensibilità; se il controllo ha esito positivo il pubblico ministero dispone che le registrazioni ed i verbali con la relativa documentazione siano depositati nella segreteria entro cinque giorni dalla conclusione delle operazioni. Nell’ipotesi in cui il deposito provochi un pregiudizio per le indagini, il pubblico ministero chiede al giudice per le indagini preliminari il differimento del deposito che non può andare oltre la chiusura delle indagini preliminari; nella

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prassi accade che il deposito venga effettuato al momento dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari. Una volta eseguito il deposito immediatamente viene dato avviso ai difensori delle parti private i quali possono esaminare gli atti (con facoltà di copia) ed ascoltare le registrazione (senza facoltà di copia) entro il termine stabilito dal pub-blico ministero. Così facendo, i difensori possono attuare un controllo sulla rilevanza ed utilizzabilità delle intercettazioni. Dopo tali adempi-menti si svolge l’udienza di stralcio su richiesta del pubblico ministero e delle parti private, viene fissata la data dell’udienza da parte del giu-dice e viene dato avviso di essa ai difensori ed al pubblico ministero almeno ventiquattro ore prima. Nel corso dell’udienza il giudice proce-de allo stralcio proce-delle intercettazioni inutilizzabili e di quelle manifesta-mente irrilevanti e procede all’acquisizione di quelle indicate dalle par-ti. Successivamente il giudice ordina la trascrizione integrale delle regi-strazioni che ha ammesso secondo le forme, i modi e le garanzie della perizia ex. Art. 268 ,comma 7 c.p.p. (9); di ciò i difensori sono avvisati e

(9) Il rinvio attuato dall’art. 268 comma 7 alle “forme e garanzie previste per l’espletamento delle perizie” è stato oggetto di discussione da parte della giurisprudenza: infatti una prima interpretazione ritiene che le attività di trascrizione abbiano la natura di semplice adempimento materiale che non necessita di specifiche competenze tecniche ai sensi degli artt. 220 e seguenti; un’altra interpretazione, invece, ritiene che debbano essere osservate in maniera pedissequa le norme sulla perizia perché la trascrizione è un’operazione che presuppone conoscenze specifiche in campo scientifico e tecnico come ci viene confermato dalla

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possono partecipare alle operazioni tramite consulenti di parte.

Una volta eseguita la trascrizione, i difensori hanno non solo la facoltà di estrarre copia delle trascrizioni effettuate ma anche quella di far eseguire la trasposizione della registrazione su nastro magnetico. Le trascrizioni eseguite vengono inserite nel fascicolo per il dibattimento.

I verbali e le registrazioni di tutte le intercettazioni sono conservate in-tegralmente presso il pubblico ministero che ha disposto l’intercettazione; se la documentazione non è necessaria per il proce-dimento le persone interessate, a tutela della riservatezza, possono chiedere al giudice la distruzione e quest’ultimo fissa un’udienza in camera di consiglio ex. art 127 c.p.p. per decidere in merito.

sentenza Cass.Sez.Un., 24 febbraio 2011, n. 18268, Eke Sony, in CED n. 249483 e in Cass.pen.,2011, 4178 con nota di Sau. Alla luce di quanto detto ne segue che l’attività del trascrittore viene assimilata a quella di un perito e che quindi anche per essa è richiesta una “ specifica competenza tecnica” come previsto relativamente alla perizia dall’art.220 c.p.p.

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Le ipotesi eccezionali sono quelle in cui alla conversazione prende par-te una persona per la quale vige un divieto di inpar-tercettazione fondato sulla loro qualità o sul segreto a cui esse sono vincolate così come sta-bilisce la sentenza C. Cost. n. 1 del 2013 (10). In tali ipotesi una volta che il pubblico ministero ha compiuto un primo controllo su di esse, la procedura è regolamentata da discipline speciali.

(10) Sentenza Corte Costituzionale n. 1/2013 la quale” ha dichiarato che la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo avrebbe dovuto chiedere al giudice per le indagini preliminari l’immediata distruzione della documentazione relativa alle in-tercettazioni casuali del Presidente della Repubblica ( ai sensi dell’art. 271, comma 3 ) con modalità idonee ad assicurare la segretezza del contenuto delle intercettazioni”. Inoltre la Corte Costituzionale è ritornata sull’argomento con la sentenza n. 1.2015 in cui ha specificato che: “Nel caso invece si tratti di intercettazioni non utilizzabili per ragioni sostanziali, derivanti dalla violazione di una protezione assoluta del colloquio per la qualità degli interlocutori o per la pertinenza del suo oggetto, la medesima so-luzione sarebbe antitetica alla ratio della tutela. L’accesso delle altre parti del giudi-zio, con rischio concreto di divulgazione dei contenuti del colloquio anche al di fuori del processo, vanificherebbe l’obiettivo perseguito, sacrificando i diritti e i principi di rilievo costituzionale che si intende salvaguardare. Basti pensare alla conoscenza da parte dei terzi – o, peggio, alla diffusione mediatica – dei contenuti di una confessione resa a un ministro del culto, ovvero all’ostensione al difensore della parte civile del colloquio riservato tra l’imputato e il suo difensore ( possibile ove la procedura di cui all’art. 271 comma 3 c.p.p. fosse avvenuta dopo l’esercizio dell’azione penale). Nelle ipotesi ora indicate – e dunque anche, a maggior ragione ( stante il rango degli inte-ressi coinvolti), in quella dell’intercettazione di colloqui presidenziali – deve ritenersi che i principi tutelati dalla Costituzione non possono essere sacrificati in nome di una astratta simmetria processuale, peraltro non espressamente richiesta dall’art. 271, comma 3, c.p.p.”

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Quanto alle conversazioni di persone vincolate al segreto professionale la sentenza C. Cost. n. 1 del 2013 prevede che il pubblico ministero chieda al giudice la distruzione senza che avvenga alcuna udienza ca-merale altrimenti un’apertura al contraddittorio aumenterebbe il ri-schio di indebite divulgazioni. Il giudice dispone la distruzione della do-cumentazione salvo che costituisca ipotesi di reato. Per quanto riguar-da invece le conversazioni del Presidente della Repubblica la sentenza C. Cost. n. 1 del 2013 ha affermato che dalla Costituzione si ricava il principio della riservatezza delle conversazioni e comunicazioni del Presidente della Repubblica; ne segue che è vietato utilizzare le co-municazioni presidenziali anche quando siano captate in maniera indi-retta o casuale. Pertanto le registrazioni delle comunicazioni del Presi-dente della Repubblica devono essere distrutte dal giudice su richiesta del pubblico ministero senza che ci sia contraddittorio tra le parti. Re-lativamente alle comunicazioni di coloro che appartengono ai servizi segreti, la disciplina è contenuta nell’art. 270-bis c.p.p. che sancisce che il pubblico ministero disponga immediatamente la secretazione e custodia dei documenti, supporti ed atti in un luogo segreto; successi-vamente il pubblico ministero ha l’obbligo di chiedere al presidente del consiglio dei ministri se le informazioni sono coperte da segreto di

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to. Se sono coperte da segreto di Stato, l’autorità giudiziaria non può utilizzare le informazioni coperte dal segreto di Stato .

Quanto alle intercettazioni dei parlamentari la disciplina è contenuta nella legge 20 giugno 2003 ,n. 140 la quale distingue le intercettazioni relative ai parlamentari in tre tipologie : dirette, indirette e casuali . Si parla di intercettazione dirette nel caso in cui l’intercettazione abbia ad oggetti utenze o luoghi che appartengono al parlamentare o che sono nella sua utilità; si parla di intercettazioni indirette nel caso in cui l’intercettazione ha ad oggetto utenze di soggetti diversi i quali posso-no essere considerati interlocutori del parlamentare; infine si parla di intercettazioni casuali quando l’intercettazione riguarda soggetti diver-si dal parlamentare e il parlamentare entra nella conversazione in mo-do accidentale.

Per disporre un’intercettazione diretta o indiretta la norma di riferi-mento è rappresentata dall’art.4 della legge 2003, 140 che stabilisce che sia necessaria la preventiva autorizzazione a procedere della Ca-mera di appartenenza altrimenti l’atto è inutilizzabile nei confronti del parlamentare e di terzi. Viceversa per disporre un’intercettazione ca-suale la norma di riferimento è rappresentata dall’art. 6 della legge 2003, 140 che distingue tre fattispecie: nel caso in cui il giudice per le

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indagini preliminari ritenga irrilevanti i verbali e le registrazioni delle conversazioni intercettate durante procedimenti a carico di terzi alle quali ha partecipato il parlamentare, dopo aver sentito le parti a tutela della riservatezza, ne decide in camera di consiglio la distruzione ex art. 269, commi 2 e 3. Se invece il giudice per le indagini preliminari ritiene rilevanti tali intercettazioni, deve chiedere l’autorizzazione a procede-re alla Camera di appartenenza del parlamentaprocede-re; nel caso in cui l’autorizzazione non sia concessa l’autorizzazione è inutilizzabile nei confronti del parlamentare coinvolto ma potrà essere utilizzata nei confronti dei terzi e quindi i relativi verbali e registrazioni non dovran-no essere distrutti. Infine nel caso in cui l’autorità giudiziaria decida di utilizzare gli esiti delle intercettazioni solo nei confronti di soggetti di-versi dal parlamentare, non è necessaria alcuna autorizzazione. Infine per quanto riguarda l’intercettazione illecita, intendendo per essa l’intercettazione che non è stata autorizzata dall’autorità giudiziaria, la norma di riferimento è rappresentata dall’art. 240, comma 2 c.p.p. che sancisce la sua inutilizzabilità e non conoscibilità dalle parti per disposi-zione di legge; inoltre afferma che il pubblico ministero non solo deve disporre la sua secretazione e custodia in un luogo protetto ma anche chiedere al giudice l’immediata distruzione.

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2.3 UTILIZZAZIONE DELLE INTERCETTAZIONI IN ALTRI

PRO-CEDIMENTI

Quando si parla dell’utilizzo delle intercettazioni in altri procedimenti, la disciplina è rappresentata dall’art. 270,comma 1 che afferma “ i

ri-sultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimen-ti diversi da quelli nei quali sono disposprocedimen-ti, salvo che risulprocedimen-tino indispen-sabili per l’accertamento dei delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza “. L’espressione altro procedimento significa che la diversità

del procedimento non è riferita ai dati formali (numero del procedi-mento o il titolo di reato oggetto di iscrizione nell’apposito registro), ma alla sostanziale diversità del fatto storico. Nel caso in cui siano uti-lizzabili i verbali e le registrazioni di intercettazioni compiute in altri procedimenti, essi vengono depositati presso l’autorità competente per l’altro procedimento e si applica la disciplina dell’udienza di stralcio e quella della trascrizione.

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2.4 INTERCETTAZIONI INUTILIZZABILI PER VIZI PROCEDURALI

Le intercettazioni inutilizzabili per vizi procedurali sono quelle discipli-nate dall’art.271:

 Intercettazioni eseguite fuori dai casi consentiti dalla legge (artt. 266, 266bis e 295,comma 3 c.p.p.)

Intercettazioni eseguite senza l’osservanza dei requisiti e delle forme del procedimento di autorizzazione e di esecuzione (art.267c.p.p.)

Le intercettazioni sono compiute senza registrare la comunicazione e senza redigere il verbale sommario delle intercettazioni oppure sono compiute senza avvalersi degli impianti installati presso la procura del-la Repubblica senza indicare i motivi di urgenza.

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3.LE PRINCIPALI CRITICITA’ DELLA DISCIPLINA ATTUALE

La disciplina vigente fino al gennaio 2018 aveva mostrato possibili la-cune o anomale modalità applicative che di fatto avevano portato alla diffusione di intercettazioni riguardanti soggetti terzi estranei alle in-dagini.

Un primo profilo di criticità derivava dall’attuazione delle previsioni del 268, comma 4 e 6 c.p.p. per cui “i verbali e le registrazioni sono

depo-sitati in segreteria insieme ai decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l’intercettazione” e di tali verbali e

registra-zioni, i difensori hanno diritto di esame e ascolto (e non diritto di co-pia). Tuttavia, per tali atti non esisteva l’obbligo di segreto ed il divie-to divie-totale di pubblicazione caduti, appundivie-to, nel momendivie-to dell’avvenudivie-to deposito da parte del pubblico ministero. Da ciò derivava che la man-canza del segreto e del divieto totale di pubblicazione degli atti depo-sitati, comportava una potenziale indebita diffusione delle intercetta-zioni “irrilevanti”.

Sotto altro aspetto, merita evidenziare un ulteriore profilo di potenzia-le potenzia-lesione della riservatezza dei soggetti terzi, derivante dalla prassi di omettere la celebrazione dell’udienza di stralcio secondo la cadenza prevista dall’art. 268 comma 6 c.p.p.. La disciplina vigente prevedeva,

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dopo il deposito delle intercettazioni, lo svolgimento di un’udienza fi-nalizzata a stralciare le registrazioni di cui è vietata l’utilizzazione e ad acquisire le registrazioni indicate dalle parti che “non appaiano

mani-festamente irrilevanti“.

Tuttavia, nella prassi, l’udienza di stralcio non si svolgeva nel corso del-le indagini preliminari (e neppure nel corso dell’udienza preliminare celebrata in camera di consiglio) ma in dibattimento con l’evidente conseguenza, data la pubblicità dell’udienza dibattimentale, della di-vulgazione in pubblico del tenore delle conversazioni e comunicazione destinate anche a non essere trascritte. Le cause di questo fenomeno vengono illustrate da E. Aprile e A. Nappi (11). E. Aprile indica i motivi per cui la celebrazione dell’udienza stralcio è considerata un inutile di-spendio di tempo e di risorse: il primo risiede nel fatto che, durante le indagini preliminari, è possibile utilizzare ai sensi dell’art. 268, comma 3 c.p.p., come riletto dalla Corte costituzionale con la sentenza 10 ot-tobre del 2008, n. 336, i risultati delle intercettazioni senza previa tra-scrizione per l’emissione delle misure cautelari; in tale caso accanto

(11) E. Aprile,”La trascrizione delle conversazioni intercettate disposta in dibattimen-to” in Cass.pen.2013, 655 ; A. Nappi, “Sull’abuso delle intercettazioni” in Cass. pen., 2009,470

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all’uso dei brogliacci si aggiunge l’ascolto diretto da parte della difesa dell’indagato.

Ugualmente accadeva in udienza preliminare e ciò era dovuto al fatto che, salvo il caso che le parti abbiano presentato una richiesta, l’omessa trascrizione delle intercettazioni telefoniche nel corso delle indagini preliminari non comporta la nullità né l’inutilizzabilità dei rela-tivi risultati. Altro motivo risiede nella possibilità che l’udienza prelimi-nare si concluda con l’applicazione di riti alternativi e quindi risulti inu-tile la procedura di stralcio.

In questo ambito è intervenuta l’ordinanza della Corte costituzionale 15 novembre 2012, n.155 che ha indicato, come possibile soluzione, la valorizzazione dell’art. 472 c.p.p. inerente lo svolgimento a porte chiu-se del giudizio dibattimentale o di alcuni suoi atti. Più in particolare, poiché la fase antecedente il conferimento dell’incarico peritale di tra-scrizione e selezione delle comunicazioni o conversazioni da trascrivere presuppone che venga esaminato il contenuto delle medesime ai fini di accertare la non manifesta irrilevanza ai fini di prova, la Corte propone che tale attività si svolga in presenza di solo coloro che hanno diritto di intervenire; ciò al fine di evitare che la diffusione di conversazioni o comunicazioni che non verranno trascritte, possa violare

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te il diritto alla segretezza garantito dall’art.15 Cost.. Possibile alterna-tiva è quella di applicare l’art.472, comma 2 c.p.p. in virtù del quale il giudice, su richiesta dell’interessato, dispone che si proceda a porte chiuse all’assunzione di prove che possono provocare pregiudizio alla riservatezza dei testimoni ovvero delle parti private in ordine a fatti che non costituiscono oggetto dell’imputazione. Così facendo, si va ad ampliare l’ambito applicativo della norma sia perché l’eccezione al principio della pubblicità dell’udienza viene ammessa in relazione a un’attività, quella di selezione delle comunicazioni o conversazioni da trascrivere, che non riguarda specificamente l’assunzione della prova; sia perché l’ordine di procedere a porte chiuse viene riferito a una pla-tea di soggetti molto più ampia di quella a cui aveva intenzione di far riferimento il legislatore. Da sottolineare che lo sforzo di valorizzare l’art 472 c.p.p. è conforme all’obbligo di interpretazione conforme del-la convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Altra opinione autorevole sul tema della diffusione del contenuto delle intercettazioni riguardanti terzi, è quella di A. Nappi il quale sostiene che la diffusione di intercettazioni prive di rilevanza penale non sia dovuta tanto alla disciplina vigente ma alla sua scorretta applicazione

“che si fonda su miopi interpretazioni delle norme che disciplinano sia l’ammissione delle intercettazioni sia l’uso delle conversazione così

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gistrate”. Infatti il problema non è tanto quello di cambiare il

presup-posto dell’intercettazione ovvero passare da gravi indizi di reato a gra-vi indizi di colpevolezza, quanto quello di correggere le anomale prassi applicative. Infatti, quanto ai presupposti basta un’interpretazione ap-propriata dell’art.267 c.p.p. come è ora, nel senso che i gravi indizi di reato devono essere intesi come specifici e determinati della vicenda criminale in relazione alla quale è richiesta l’autorizzazione a tare. Occorre però distinguere il giudizio di ammissibilità delle intercet-tazioni (che serve ad accertare se realmente ci sia bisogno di interferi-re nella libertà di comunicazione dei cittadini) dal vero giudizio di am-missione della prova che, invece, è quello che serve a selezionare i ri-sultati delle intercettazioni e si svolge solo dopo che siano terminate le operazioni di intercettazione. Orbene, proprio nel corso di quest’ultimo procedimento, secondo l’autore, il giudice dovrebbe ac-quisire i verbali e le registrazioni derivanti dalle intercettazioni come prova di tutte le conversazioni indicate dalle parti salvo che siano ma-nifestamente irrilevanti; dovrebbe disporre non solo su richiesta di parte ma anche d’ufficio lo stralcio e la distruzione delle registrazioni e dei verbali di cui è vietato l’utilizzo; infine le registrazioni e i verbali che non sono stati neppure acquisiti come prova dovrebbero essere con-servati fino alla pronuncia della sentenza non più soggetta ad

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gnazione, a meno che il giudice ordini la distruzione su richiesta delle parti. Quindi solo le registrazioni acquisite d’ufficio o su richiesta di parte dovrebbero essere trascritte ed inserite nel fascicolo per il dibat-timento. A. Nappi rileva che, nella prassi, ciò non si verifica con la con-seguenza che il giudice, su richiesta del pubblico ministero, dispone l’acquisizione e trascrizione di tutte le registrazioni senza che si svolga a priori alcun vaglio di rilevanza e queste vengono inserite nel fascicolo per il dibattimento. Pertanto è molto probabile che le conversazioni irrilevanti penalmente siano pubblicate sui quotidiani d’informazione. In conclusione, se da un lato l’errata interpretazione delle norme sull’ammissibilità delle intercettazioni limita indiscriminatamente il di-ritto alla libertà e segretezza di ogni forma di comunicazione garantito come inviolabile dall’art. 15 Cost, dall’altro la continua disapplicazione delle norme sul procedimento di selezione delle intercettazioni favori-sce la diffusione anche di quelle conversazioni che non hanno alcuna rilevanza penale. Alla luce di quanto detto Nappi ritiene che la soluzio-ne non sia tanto quella di introdurre nuove norme ma quella di ottesoluzio-ne- ottene-re, dai teorici e pratici del diritto, il rispetto della disciplina vigente.

Sempre in relazione alla procedura di stralcio, considerato che il giudi-ce doveva escludere non solo le captazioni avvenute contra legem ma anche irrilevanti, si poneva il problema che, molto spesso, egli non

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aveva una conoscenza completa del quadro investigativo, con il rischio di trascrizione delle comunicazioni inerenti terzi estranei alle indagini.

Altro profilo di criticità che si poteva manifestare nel corso delle inda-gini preliminari, conseguiva al loro inserimento nelle informative depo-sitate a supporto delle richieste cautelari. Infatti, successivamente alla presentazione al giudice competente di una richiesta di misura caute-lare personale, segue il deposito obbligatorio, dopo l’eventuale acco-glimento della richiesta, degli atti posti alla base della stessa ex art.293 c.p.p.

Per meglio specificare il motivo per cui si crea un’oggettiva possibilità di conoscenza del contenuto delle intercettazioni telefoniche utilizzate in sede di provvedimento cautelare, bisogna considerare il portato del-la pronuncia 336/2008 (12) deldel-la Corte Costituzionale nonché le speci-ficazioni contenute nella sentenza della Sezioni Unite Penali n. 20300 del 22 aprile 2010, Lasala (13).

(12) Sentenza Corte Costituzionale 336/2008 in Manuale di procedura penale, Tonini pag. 403 la quale “dichiara illegittimo l’art. 268 c.p.p. nei seguenti termini : dopo la notificazione o l’esecuzione dell’ordinanza che dispone una misura cautelare personale, il difensore dell’indagato ha il diritto di ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di quelle conversazioni o comunicazioni intercettate, che sono state utilizzate ai fini dell’adozione del provvedimento cautelare, anche se non sono state depositate”.

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Infatti la sentenza 336/2008, avendo dichiarato l’illegittimità costitu-zionale dell’art. 268 c.p.p. nella parte in cui non prevedeva a favore della difesa il diritto di estrarre copia delle registrazioni delle intercet-tazioni utilizzate per adottare una misura cautelare, ma non ancora depositate, ha riconosciuto il diritto di accesso alle registrazioni delle conversazioni il quale va a soddisfare l’esigenza di esperire i rimedi processuali avverso l’ordinanza cautelare. Tuttavia la pronuncia della Corte Costituzionale non indicava le modalità di esercizio del diritto di accesso alle registrazioni; a tal fine hanno provveduto le Sezioni Unite con la sentenza n. 20300 del 22 aprile 2010, Lasala. Questa sentenza ha previsto che il diritto di accesso spetti soltanto al difensore; l’autorità preposta al rilascio delle copie sia solo il pubblico ministero e il diritto di accesso abbia ad oggetto solo le registrazioni delle intercet-tazioni realmente utilizzate a fini cautelari; il diritto di accesso sia eser-citabile solo dopo la notifica o esecuzione della misura cautelare; non sia previsto un termine finale per l’esercizio di tale diritto; il diritto del difensore implichi l’obbligo del pubblico ministero di garantire l’accesso; il termine entro cui può essere esaudita la richiesta non sia quello di cinque giorni previsto dall’art. 268 c.p.p.; la copia venga

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rilasciata in tempo utile per esercitare il diritto di difesa nel procedi-mento di riesame o in vista dell’interrogatorio di garanzia; i relativi termini siano fissati dal codice e quindi noti al pubblico ministero il quale deve organizzarsi preventivamente in modo da fronteggiare le richieste di rilascio copie delle registrazioni; la richiesta sia tempestiva e compatibile con le cadenze cautelari indicate; il pubblico ministero motivi nel provvedimento il diniego della consegna tempestiva delle copie e conseguentemente il giudice controlli la logicità e completezza della motivazione; la parte, al fine di dedurre davanti al giudice del rie-same l’illegittimità del diniego o l’inerzia del pubblico ministero, abbia l’onere di allegazione e documentazione il cui mancato soddisfacimen-to implica la rinuncia al diritsoddisfacimen-to di contestare la presunzione di esistenza e conformità dei brogliacci alle conversazioni registrate; infine l’ingiustificato diniego o l’inerzia del pubblico ministero non implicano la nullità della misura ma un vizio del procedimento di acquisizione della prova per l’illegittima compressione del diritto di difesa ovvero una nullità generale a regime intermedio ex art. 178 lettera c) c.p.p.

Per quanto riguarda il diritto del difensore di accedere alle registrazioni delle intercettazioni, la sentenza Cass. Sez. Un. n. 20300 del 22 aprile 2010, ha compiuto una precisazione importante per quanto riguarda il potere del pubblico ministero di selezionare le intercettazioni

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te da rilasciare in copia al difensore richiedente. Infatti essa ha specifi-cato che “ all’interno di questo materiale investigativo, poi, il

magistra-to inquirente non deve permettere il rilascio di copie di tracce foniche contraddistinte da contenuti lesivi della riservatezza (sia dell’indagato, sia delle persone estranee ai fatti), nonché concernenti esclusivamente la posizione di altri soggetti sottoposti alle indagini” (14). Questa è una

novità di grande rilievo in quanto, riconoscendo al difensore il diritto di accesso ai contenuti integrali dei colloqui, si profilerebbe il rischio di un’indebita diffusione che va a ledere sia la riservatezza delle persone intercettate sia l’esigenza di segretezza delle indagini in corso. Si osser-va che la selezione dei brani è sì un compito oneroso per il pubblico ministero, ma comunque necessario dato che la sua violazione com-porta una responsabilità disciplinare ai sensi dell’art. 124 c.p.p.

Ciò a maggior ragione se si considera che il divieto di pubblicazione ex artt. 114 e 329 c.p.p. riguarda gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria ma non i provvedimenti del giudice.

(14) L. MILANI “ Sul diritto del difensore alla piena conoscenza delle risultanze delle intercettazioni utilizzate nel procedimento cautelare: le sezioni unite non sciolgono tutti i dubbi” in Cass. Pen. 2011, 2, 484.

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Naturalmente occorre considerare anche il momento in cui il difenso-re esercita il diritto di estrardifenso-re copia dei materiali inedifenso-renti le intercetta-zioni al termine delle indagini preliminari. Posto che è divenuta prassi largamente diffusa quella di procrastinare al termine delle indagini il deposito delle registrazioni e dei verbali per esigenza di segretezza del-le indagini e su autorizzazione del giudice ex art. 268, c. 5 c.p.p., ciò ha dato vita a un contrasto tra l’art. 415bis c.p.p.(diritto di copia di tutto il fascicolo del pubblico ministero ivi compresi il brogliaccio e le registra-zioni) e l’art. 268, comma 6 c.p.p.(diritto di copia solo delle intercetta-zioni acquisite e dopo che si è svolta la perizia trascrittiva).

4. LE DIRETTIVE DELLE PROCURE DI NAPOLI, ROMA E

TORI-NO E LA RISOLUZIONE DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA

MAGISTRATURA DEL 29 LUGLIO 2016

La constatazione delle criticità presenti nella disciplina sulle intercetta-zioni, ha indotto le Procure della Repubblica a intervenire dettando li-nee guida in materia. Una prima indicazione è fornita dalla Procura della Repubblica di Napoli la quale, nella direttiva n.1/2016, afferma

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che il problema della diffusione si pone già nel corso delle indagini pre-liminari; in particolare le intercettazioni possono essere diffuse al mo-mento della loro trascrizione in occasione del loro inserimo-mento nelle annotazioni della polizia giudiziaria con cui si richiede la loro proroga, nelle informative che vengono depositate a sostegno di eventuali ri-chieste cautelari ed in quelle che vengono depositate alla fine delle in-dagini preliminari. Infatti, se è fisiologico che in dette occasioni terzi vengano a conoscenza delle intercettazioni, è intollerabile che diven-gano, per quelle vie, conoscibili quelle irrilevanti e inutilizzabili.

Quanto alle intercettazioni irrilevanti, al fine di evitare un’ingiustificata lesione del diritto alla riservatezza delle comunicazioni, si raccomanda che la polizia giudiziaria non riporti le relative trascrizioni nei brogliacci, nelle annotazioni della polizia giudiziaria, nelle informative ma debba semplicemente riportare sul brogliaccio di ascolto l’annotazione

“in-tercettazione irrilevante ai fini delle indagini”. Se la polizia giudiziaria

ha un dubbio sull’eventuale rilevanza penale della comunicazione do-vrà presentarla al pubblico ministero procedente il quale indicherà le direttive opportune. Relativamente alle intercettazioni inutilizzabili, invece, è opportuno sottolineare che l’inutilizzabilità può dipendere sia da un vizio genetico inerente il procedimento di autorizzazione (ad esempio la mancata convalida di intercettazioni disposte in via

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d’urgenza) sia dalla presenza di limiti imposti dalla legge al fine di ga-rantire il diritto alla riservatezza e alla libertà di comunicazione di certi soggetti in virtù della loro funzione come i difensori e i parlamentari. Nel primo caso le intercettazioni non dovranno essere documentate ma il pubblico ministero dovrà chiedere al giudice di disporre la loro distruzione ai sensi dell’art. 271, comma 3. c.p.p.. Nel secondo caso, se siamo in presenza di intercettazioni di conversazioni con il difensore, esse non dovranno essere trascritte ma la polizia giudiziaria dovrà ri-portare sul brogliaccio l’indicazione “conversazione con il difensore”. Se, invece, siamo in presenza di intercettazioni di conversazioni con il parlamentare, quest’ultime si distinguono in intercettazioni dirette ed indirette. Le intercettazioni dirette sono disciplinate dall’art. 4 della legge 140/2003 ai sensi del quale è necessaria l’autorizzazione della Camera di appartenenza. Se questa è concessa l’intercettazione ha luogo, viceversa, se non è concessa l’intercettazione non ha luogo. Le intercettazioni indirette sono disciplinate dall’art. 6 della legge 140/2003 ai sensi del quale, se il giudice per le indagini preliminari ri-tiene irrilevanti ai fini del procedimento i verbali e le registrazioni delle conversazioni intercettate in qualsiasi forma nel corso di procedimenti riguardanti terzi a cui hanno partecipato membri del Parlamento, dopo aver sentito le parti, al fine di tutelare la riservatezza, ne decide in

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mera di consiglio la distruzione totale o delle parti considerate irrile-vanti ai sensi dell’art.269, commi 2 e 3 c.p.p..

Il procedimento di distruzione delle intercettazioni inutilizzabili, disci-plinato all’art.271 c.p.p., si differenzia da quello delle intercettazioni irrilevanti, disciplinato all’art.269 c.p.p., per i seguenti profili:

Competenza. In caso di intercettazioni inutilizzabili la competenza a disporne la distruzione è del giudice procedente al momento in cui è presentata la richiesta (art.271 comma 3 c.p.p.); viceversa in caso di in-tercettazioni irrilevanti la competenza è del giudice che ha autorizzato o convalidato l’intercettazione(art.269 comma 2 c.p.p.).

Impulso ad attivare il procedimento di distruzione. In caso di intercet-tazioni inutilizzabili la distruzione può essere disposta dal giudice in ogni stato e grado del processo(art.271 comma 3 c.p.p.) ma è giusto ritenere che il dovere di promuoverla spetti al pubblico ministero; vi-ceversa in caso di intercettazioni irrilevanti la distruzione viene attivata dagli interessati (art.269 comma 2 c.p.p.) e si esclude un potere d’ufficio in capo al pubblico ministero.

Come viene presa la decisione sulla distruzione. In caso di intercetta-zioni irrilevanti la norma di riferimento è rappresentata dall’art.269,comma 2 c.p.p. secondo cui il giudice decide sulla richiesta

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di distruzione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 127 c.p.p. Per quanto riguarda invece le intercettazioni inutilizzabili, nonostante l’art. 271 c.p.p. non preveda nulla al riguardo, è da ritenere che si svolga un contraddittorio per la decisione del giudice non solo perché la catego-ria dell’inutilizzabilità è talmente vasta da ricomprendere così tanti casi che non è opportuno impedire a priori alle parti di presentare le pro-prie argomentazioni, ma anche perché è ben possibile che sia lo stesso imputato ad avere un interesse alla conservazione dell’intercettazione in quanto decisiva ai fini difensivi. Pertanto dovrà essere il giudice a decidere il procedimento più opportuno per giungere alla decisione. L’udienza per lo stralcio delle intercettazioni inutilizzabili o manifesta-mente irrilevanti deve essere preceduta dal loro deposito ex art. 268 comma 4 c.p.p. a cura del pubblico ministero e nella sua segreteria. Quanto detto sembra contrastare con l’esigenza di tutela della privacy ma in realtà non è così perché giustificata da una lettura congiunta de-gli artt.268 comma 6 e 269 comma 2 c.p.p.. Infatti il procedimento di distruzione previsto da quest’ultima disposizione presuppone che si sia concluso il sub procedimento, disciplinato dalla prima disposizione, di acquisizione delle conversazioni indicate dalle parti come rilevanti e di individuazione di quelle invece non necessarie per il procedimento o inutilizzabili. Questa attività presuppone che le intercettazioni siano

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conoscibili tramite il loro ascolto nella segreteria del pubblico ministe-ro. Posto che in sede di deposito, secondo quanto previsto dall’art. 268 c.p.p., i difensori hanno la facoltà di esaminare gli atti e ascoltare le re-gistrazioni ma non quella di estrarne copia, ne deriva che nel caso in cui ci si trovi in presenza di intercettazioni indirette irrilevanti è oppor-tuno attivare la procedura indicata all’art. 269 comma 2 c.p.p. prima della conclusione delle indagini preliminari al fine di evitare la diffusio-ne di notizie riservate che non hanno rilevanza processuale.

Quanto alla distruzione delle intercettazioni irrilevanti dei parlamentari la procedura, disciplinata dall’art. 6 della legge 140/2003, è conforme in gran parte a quella prevista dall’art. 269 commi 2 e 3 c.p.p. ma, tut-tavia, presenta due differenze: innanzitutto l’art. 6 della legge 140/2003 attribuisce la legittimazione ad attivare la procedura di di-struzione non solo al parlamentare interessato ma anche alle altri par-ti e quindi anche al pubblico ministero; inoltre il giudice d’ufficio ha la facoltà di disporre la distruzione in assenza di una richiesta espressa purché ci siano le condizioni.

Altro profilo della disciplina attuale sul quale le procure sono interve-nute riguarda il diritto del difensore di avere copia dei materiali relativi alle intercettazioni al termine delle indagini preliminari. Come già

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