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3 – PRIME RIFLESSIONI SULLA RIFORMA ORLANDO

La legge 23 giugno 2017 n. 103, affermando che rimangono fermi i li- miti e i criteri di utilizzabilità vigenti, si differenzia dai precedenti dise- gni di legge in materia perché interviene particolarmente sugli aspetti procedurali che presentano una condizione di rischio per quanto ri- guarda la possibile fuga di notizie sui mezzi di informazione, con la

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conseguente compromissione del diritto alla riservatezza, in particolar modo, dei terzi estranei alle indagini. Nello specifico la delega intervie- ne su due ambiti specifici. Per un verso, attribuisce al pubblico ministe- ro un potere di selezione delle conversazioni sotto il profilo della loro utilizzabilità e utilità processuale prevedendosi che tale attività si svol- ga “a monte”, sin dal momento dell’ascolto con l’eventualità che tale momento sia gestito dalla polizia giudiziaria. Dall’altro lato, essa inter- viene sul momento dello stralcio in contraddittorio delle intercettazio- ni inutilizzabili o irrilevanti intervenendo sull’an, sul quando e sul quo- modo di tale momento procedurale.

Quanto al tema della selezione effettuata dal pubblico ministero a priori, la delega, al fine di tutelare la riservatezza, prevede una reda- zione selettiva dei brogliacci sotto il controllo del pubblico ministero, intendendo con tale espressione un vaglio da attuarsi subito al mo- mento dell’ascolto al fine di decidere ciò che sarà verbalizzato. Tale scelta è giustificata da un motivo pratico: poiché nel corso delle inda- gini preliminari le intercettazioni vengono conosciute e usate tramite il brogliaccio d’ascolto redatto dalla polizia giudiziaria, se si impedisce che già questo contenga determinate conversazioni, si eviterà il rischio di una loro diffusione o mediante la pubblicazione del verbale che le contiene o attraverso la loro riproduzione nel provvedimento del giu-

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dice delle indagini preliminari. In particolar modo la legge-delega pre- cisa (art.1, comma 84 lett. a) sub. 1 e 4) che nei brogliacci d’ascolto non siano trascritte le intercettazioni inutilizzabili a qualsiasi titolo e quelle contenenti dati sensibili che non sono pertinenti all’accertamento della responsabilità dei reati per cui si procede o per altri reati emersi nel solito procedimento o nel corso delle indagini pre- liminari oppure irrilevanti ai fini delle indagini in quanto inerenti fatti o circostanze ad esse estranei. In tali ipotesi si deve indicare solo “data,

ora e apparato su cui la registrazione è intervenuta, previa informa- zione al pubblico ministero, che ne verifica la rilevanza con decreto mo- tivato autorizzandone, in tal caso, la trascrizione ai sensi del citato comma 2” (art. 1, comma 84, lett. a) n. 5). Dalla delega si ricava quindi,

come sia prerogativa del pubblico ministero compiere il controllo di utilizzabilità e rilevanza ab origine dal momento che solo il pubblico ministero ha conoscenza totale del quadro investigativo. Tuttavia, è ragionevole prevedere che tale delicato momento di selezione non venga svolto dal pubblico ministero, quanto piuttosto risulti affidato alla polizia giudiziaria. Per questa via “la gestione della scrematura, che

costituisce l’asse portante del modello di tutela della riservatezza sul quale si punta con la riforma in oggetto, finirà per risultare affidata al-

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la polizia giudiziaria con una valutazione la cui vertiginosa delicatezza si cumula ai rischi di errore, incompletezza, fraintendimenti…”(19).

Ribadita la centralità della selezione ab initio, occorre dar conto che la delega non indica in maniera precisa i criteri che debbano presiedere allo svolgimento della selezione; tuttavia dalla lettura dell’art. 1, com- ma 84 lett. a) n.1 e 4 risultano valorizzati i concetti di pertinenza e rile- vanza che per la loro stessa natura sono difficili da definire su un piano teorico ed attribuiscono al pubblico ministero ampia discrezionalità; certo è che, per dar loro concretezza, sarà opportuno ricondurli all’ipotesi accusatoria che è alla base del momento genetico del mezzo di ricerca della prova, con l’ancoraggio alla costruzione probatoria che aveva dato corpo ai gravi indizi di reato.

In altri termini, solo dopo che sia stato rigorosamente rispettato uno standard probatorio idoneo ad integrare il presupposto dei gravi indizi di reato, sarà possibile una valutazione di pertinenza e rilevanza delle conversazioni o comunicazioni. Inoltre la delega non chiarisce se la se- lezione abbia ad oggetto intere conversazioni o anche solo parti di esse con il rischio di decontestualizzazione e travisamento.

(19) C. CONTI “La riservatezza delle intercettazioni nella delega Orlando” in Diritto Penale Contemporaneo 2017, n. 3, pag. 82

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Sul piano delle esigenze difensive, si nota come la delega non indichi come evitare che la selezione comporti la mancata verbalizzazione al giudice di conversazioni favorevoli alla difesa anche a mente del detta- to di cui all’artt. 358 c.p.p.. Infatti, la legge-delega prevede un diverso trattamento fra accusa e difesa; mentre la pubblica accusa in ogni momento ed in virtù dell’evoluzione del quadro investigativo può ascoltare nuovamente le registrazioni e verbalizzare le conversazioni inizialmente escluse, la difesa, al contrario, può avvalersi di tali facoltà solo a deposito avvenuto. Quindi si concretizza in questo momento un problema: poiché la delega prevede che quando una conversazione non sia stata verbalizzata nel brogliaccio si indichi solo data, ora e ap- parato su cui essa è avvenuta, questi dati non sono sufficienti per con- sentire alla difesa di individuare in maniera certa la conversazione che ritiene necessario o utile acquisire agli atti. Un’ indicazione viene of- ferta dalla delibera del CSM “Ricognizione di buone prassi in materia di

intercettazione di conversazioni” del 29 luglio 2016 la quale stabilisce

di inserire nel brogliaccio l’annotazione “intercettazione manifesta- mente irrilevante ai fini delle indagini” per poi indicare in quest’ultimo, i dati estrinseci della conversazione. Tale soluzione risulta comunque insoddisfacente; infatti, se da un lato soddisfa il diritto alla prova da

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parte della difesa, dall’altro lato ha il limite di costituire potenziale og- getto di diffusione all’esterno.

La soluzione profilata dalla legge delega secondo la quale spetta al pubblico ministero effettuare il “filtro ab origine”, incontra la difficoltà derivante dal fatto che una contestualità tra la redazione del brogliac- cio e l’ascolto è di impossibile attuazione pratica a causa, fra l’altro, della corposità delle conversazioni da sbobinare che imporrebbe tempi insostenibili o della necessità di chiedere l’intervento dell’interprete. Pertanto la selezione ab origine si tradurrà in quella che la dottrina (20) definisce “verbalizzazione bifasica: un primo brogliaccio redatto dalla

polizia giudiziaria all’indomani dell’ascolto dell’intercettazione e un se- condo brogliaccio redatto a seguito della selezione operata dal pubbli- co ministero”.

È chiaro che la redazione del brogliaccio, a maggior ragione se sono due, è un momento di potenziale criticità che la dottrina si propone di risolvere tramite la previsione di un apparato sanzionatorio adeguato contro la fuga di notizie. Inoltre la legge delega non affronta la temati- ca inerente il destino delle conversazioni scremate a monte dalla poli

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zia giudiziaria; infatti in presenza di un brogliaccio che indichi soltanto data, ora e apparato su cui l’intercettazione è avvenuta, è ragionevole ritenere che il pubblico ministero, a meno che non abbia una vera e propria intuizione, finirà per subire le scelte della polizia giudiziaria.

Il tema della previa selezione da parte del pubblico ministero, deve es- sere affrontato anche in relazione al momento cautelare che richiede per la sua particolarità, una disciplina specifica. La delega indica fra i principi e criteri direttivi di cui all’art.1, comma 84 lett. a) la necessità di garantire la riservatezza delle comunicazioni attraverso prescrizioni che incidano “anche sulle modalità di utilizzazione cautelare dei risulta-

ti delle captazioni”. Da ciò si desume che, se ante riforma il pubblico

ministero al momento di presentare al giudice per le indagini prelimi- nari la richiesta di misura cautelare inviava tutto il materiale raccolto (comprese le intercettazioni eseguite), con la riforma si prevede che il pubblico ministero vada a selezionare a priori le intercettazioni da por- re a supporto della richiesta cautelare escludendo le intercettazioni da mantenere riservate ai fini della prosecuzione delle indagini, quelle inutilizzabili a qualsiasi titolo, quelle contenenti dati sensibili che non sono pertinenti all’accertamento delle responsabilità per i reati per cui si procede o per altri reati emersi nel medesimo procedimento o nel

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corso delle indagini preliminari ed infine quelle irrilevanti ai fini delle indagini in quanto inerenti soltanto fatti o circostanze ed esse estranei.

Si consideri, fra l’altro, che in sede cautelare non è previsto un inter- vento autonomo della polizia giudiziaria al momento della redazione dei brogliacci; tuttavia, è ragionevole prevedere che il ruolo preponde- rante della polizia giudiziaria nella redazione del brogliaccio, di fatto, influenzi le scelte del pubblico ministero a meno che svolga un con- trollo sull’operato della polizia giudiziaria e sulle registrazioni stesse. Cosa che è di difficile attuazione pratica per evidenti motivi organizza- tivi.

Altro profilo problematico della delega è che non prevede nulla sul meccanismo di deposito e copia; qualche indicazione viene ricavata dalle circolari che affermano che, una volta eseguita la misura, il pub- blico ministero depositi solo i file audio inerenti le conversazioni pre- sentate con la richiesta e di cui è stato redatto il brogliaccio. Nel caso in cui il giudice per le indagini preliminari ritenga rilevanti e utilizzabili solo alcune delle conversazioni indicate dal pubblico ministero, il giudi- ce per le indagini preliminari dovrà depositare solo quest’ultime. Si de- ve sottolineare che il CSM nella delibera del 29 luglio 2016 ha stabilito che non sempre è opportuno riportare integralmente il contenuto del-

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le intercettazioni da cui potrebbero derivarne lesioni della sfera privata di terzi, auspicando che il giudice e il pubblico ministero si attengano a un onere di sobrietà contenutistica che renda utile omettere riferi- menti a cose o persone.

Per quanto riguarda la procedura di stralcio, si osserva che nella legge delega manca il riferimento alla parola “udienza”, il che porta a ritene- re che non sia necessario effettuare lo stralcio in tale sede. Fatta tale premessa, la delega prevede che la procedura di stralcio venga cele- brata prima dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari o della richiesta di rito immediato qualora il pubblico ministero accerti la pre- senza di intercettazioni inutilizzabili o irrilevanti (art. 1,comma 84 lett.a) n.4). Dunque siamo in presenza del cd “ricorso mirato” ovvero la procedura di stralcio non è un momento obbligatorio per acquisire le intercettazioni individuando quelle da trascrivere, ma viene considera- ta uno strumento preposto ad eliminare le intercettazioni da non ac- quisire. Infatti, la delega prevede che qualora gli “atti contenenti regi-

strazioni di conversazioni o comunicazioni informatiche o telematiche inutilizzabili a qualunque titolo ovvero contenenti dati sensibili… che non siano pertinenti all’accertamento delle responsabilità… ovvero irri- levanti…” non siano allegati a supporto della richiesta cautelare, essi

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ma non di copia da parte dei difensori delle parti e del giudice fino alla conclusione della procedura di stralcio momento in cui viene meno il divieto totale di pubblicazione di cui all’art. 114 c.p.p. in relazione solo agli atti acquisiti (art.1, comma 84, lett. a) n. 2). Il fatto che il legislato- re abbia limitato il venir meno del divieto di pubblicazione ai soli atti acquisiti considerando implicito che tale divieto totale di pubblicazione permanga per gli atti non acquisiti, è una novità di grande rilievo. In- fatti, mentre prima della riforma il segreto e il divieto di pubblicazione cadevano nel momento in cui il pubblico ministero effettuava il deposi- to, ora la riforma estende il divieto totale di pubblicazione fino alla conclusione della procedura di stralcio al fine di proteggere le intercet- tazioni irrilevanti da indebite diffusioni.

La ragione per cui la legge delega ha previsto che lo stralcio debba av- venire prima del deposito dell’avviso ex art. 415 bis c.p.p., è proprio quella di ovviare alle conseguenze del deposito massivo di tutte le cap- tazioni insieme a tutti gli altri atti di indagine cui seguirebbe il diritto di copia della difesa ed una potenziale conoscenza di quelle intercetta- zioni che viceversa debbono rimanere riservate perché inutilizzabili ed irrilevanti.

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Dal punto di vista della difesa si osserva come la delega invece che fa- vorire la difesa nella selezione del materiale investigativo, vada nella direzione opposta dato che quando una conversazione non è verbaliz- zata nel brogliaccio si deve indicare solo data, ora e apparato su cui la registrazione è avvenuta. Da ciò ne deriva che il difensore dovrà ria- scoltare nuovamente tutte le registrazioni al fine di estrapolare quelle utili ai fini difensivi.

Altra grave lacuna della delega è che non è prevista una tutela diretta dei diritti dei terzi coinvolti nelle intercettazioni; infatti dalla delega si ricava soltanto che la tutela dei terzi estranei viene affidata alla valuta- zione del pubblico ministero e, prima ancora, alla valutazione della po- lizia giudiziaria.

Si osserva come la delega non detti una disciplina relativa alle modalità di stralcio e distruzione delle intercettazioni inutilizzabili per ragioni di tutela assoluta della riservatezza legate alla natura del soggetto inter- cettato o al contenuto del colloquio.

Per quanto riguarda le intercettazioni delle conversazioni con il difen- sore, la norma di riferimento è l’art. 103, commi 5 e 7 c.p.p. che stabi- lisce il divieto di intercettare le conversazioni e comunicazioni dei di- fensori e quelle tra quest’ultimi e i loro assistiti ed impartisce la san-

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zione dell’inutilizzabilità delle intercettazioni eseguite in violazione del divieto e la loro distruzione. Poiché la ratio della disciplina è quella di tutelare il diritto di difesa, ne deriva che il divieto di intercettazione ri- guarda solo le conversazioni inerenti la funzione esercitata ed indipen- dentemente dalla nomina formale. Dal tenore della disposizione si ri- cava che la prescrizione non si traduce in un divieto assoluto di cono- scenza a priori ma in una verifica a posteriori del rispetto dei suoi limiti con conseguente inutilizzabilità in caso di violazione.

Infine non sono previste sanzioni per le violazioni della disciplina a tu- tela della riservatezza e ciò è motivato sia dal carattere discrezionale di tale valutazione sia dalla difficoltà di individuare la sanzione più adatta. Ma soprattutto non è presente all’interno della delega una disciplina delle conversazioni inizialmente disposte dalla polizia giudiziaria che il pubblico ministero ha deciso di omettere successivamente.

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CAPITOLO 3

LA NUOVA DISCIPLINA DELLE INTERCETTAZIONI