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IL CAPTATORE INFORMATICO O TROJAN.

1.1 ILLUSTRAZIONE DEI CONTENUTI E DELLE NOVITA’ DEL LA “RIFORMA ORLANDO” CON PARTICOLARE RIFERIMEN-

1.4 IL CAPTATORE INFORMATICO O TROJAN.

La realtà attuale dimostra che, sempre più frequentemente, le comu- nicazioni avvengono con modalità criptate che rendono vano l’uso del- le intercettazioni nelle modalità tradizionali. Il rimedio di fronte a tale problematica è quello di eseguire l’intercettazione mediante captatore

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informatico o programmi similari che vengono installati sul dispositivo nella disponibilità del soggetto intercettato. Attraverso essi è possibile monitorare sia il flusso di comunicazioni inerenti sistemi informatici o telematici sia il contenuto acquisendo mediante copia i dati presenti o futuri all’interno delle memorie di un dispositivo informatico.

Poiché in materia non è presente una normativa specifica, sono inter- venute le S.U. della Cassazione con la sentenza Scurato, 28.4.2016, n. 26889 (18) la quale, oltre a definire il dispositivo indicandone la natura (software composto da due moduli principali: un primo programma di piccole dimensioni che infetta il dispositivo bersaglio e un secondo che consente il controllo del dispositivo stesso) e l’ambito applicativo (cap- tare tutto il traffico dati in arrivo o in partenza dal dispositivo infettato, come navigazione e posta elettronica sia web mail che out look;

(18)Sentenza Cassazione 28.4.2016, n. 26889, Scurato in Diritto Penale Contemporaneo. In essa la Cassazione ha dovuto affrontare la seguente questione “ se – anche nei luoghi di privata dimora ex art. 614 cod. pen., pure non singolarmente individuati e anche se ivi non si stia svolgendo l’attività criminosa – sia consentita l’intercettazione di comunicazioni o conversazioni tra presenti, mediante l’installazione di un “ captatore informatico” in dispositivi elettronici portatili (ad es., personal computer, tablet, smartphone, ecc.)”. La Cassazione ha affermato che solo in relazione ai procedimenti per delitti di criminalità organizzata è possibile l’intercettazione di conversazioni o comunicazioni tra presenti mediante l’installazione di un captatore informatico in dispostivi elettrici portatili, come personal computer, tablet, smartphone, anche nei luoghi di privata dimora ex art. 614 c.p., pure non singolarmente individuati e anche se lì non si sta svolgendo l’attività criminosa

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attivare il microfono e quindi apprendere i colloqui che avvengono nel- lo spazio circostante il soggetto che ha la disponibilità materiale del di- spositivo ovunque si trovi; attivare la web camera e dunque poter car- pire le immagini; perquisire l’hard disk ed estrarre copia delle unità di memoria del dispositivo infettato; decifrare tutto ciò che è digitato sul- la tastiera collegata al sistema e visualizzare ciò che appare sullo schermo del dispositivo bersaglio; sfuggire agli antivirus in commercio), affronta poi il tema “se debba considerarsi presupposto indispensabile

per la legittimità di tale mezzo investigativo – conseguentemente per l’utilizzabilità dell’esito delle intercettazioni -l’individuazione e la rela- tiva indicazione nel provvedimento che autorizza l’attività di captazio- ne, del “luogo” nel cui ambito deve essere svolta la “intercettazione di comunicazioni tra presenti” oggetto della previsione dell’art. 266, comma secondo, cod.proc.pen.”

Al riguardo la Corte di Cassazione con la suddetta sentenza S.U. Scura- to aveva chiarito: “a) di regola, il decreto autorizzativo delle intercet-

tazioni “tra presenti” deve contenere la specifica indicazione dell’ambiente nel quale la captazione deve avvenire solo quando si tratti di luoghi di privata dimora, con la limitazione che, in detti luoghi, tali intercettazioni possono essere effettuate, in base alla disciplina co-

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dicistica, soltanto se vi è fondato motivo di ritenere che in essi si stia svolgendo l’attività criminosa; b) per le intercettazioni “tra presenti” da espletare in luoghi diversi da quelli indicati dall’art. 614 cod. pen. (co- me, ad esempio, carceri, autovetture, capanni adibiti alla custodia di attrezzi agricoli, luoghi pubblici, ecc.), deve ritenersi sufficiente che il decreto autorizzativo indichi il destinatario della captazione e la tipolo- gia di ambienti dove essa va eseguita: l’intercettazione resta utilizzabile anche qualora venga effettuata in un altro luogo rientrante nella me- desima categoria”. Quanto ai procedimenti inerenti i reati di criminali-

tà organizzata, la pronuncia chiarisce che spiega la sua efficacia la norma speciale derogatrice di cui all’art.13 del decreto-legge n. 152/1991 (convertito dalla legge n. 203/91) per cui sono legittime le intercettazioni “tra presenti” eseguite a mezzo di “captatore informati- co” installato in un dispositivo portatile, a prescindere dalla preventiva individuazione e indicazione dei luoghi in cui la captazione deve essere espletata.

Alla luce di quanto detto dalla sentenza Scurato, la delega ha previsto che l’attivazione del microfono sia conseguenza di apposito comando inviato da remoto e non con il semplice inserimento del captatore in- formatico nel rispetto dei limiti previsti dal decreto di autorizzazione del giudice; inoltre la registrazione audio sia attivata dalla polizia giudi-

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ziaria che deve indicare l’ora di inizio e fine della registrazione secondo circostanze da provare nel verbale descrittivo delle modalità di svolgi- mento delle operazioni ex art. 268 c.p.p. Come si deduce siamo in pre- senza di un’attività “a uomo presente” ovvero un controllo costante sul monitoraggio e non un’applicazione iniziale con conseguente uso indi- scriminato.

Al fine di evitare il rischio che i captatori vengano disattivati ma siano pronti ad essere nuovamente operativi su dispositivi elettronici dei soggetti intercettati, la delega ha previsto che al termine delle opera- zioni il captatore sia disattivato e reso definitivamente inutilizzabile su indicazione della polizia giudiziaria operante.

Si nota come la soluzione suggerita dalla sentenza Scurato da un lato vada a limitare fortemente l’uso del captatore informatico poiché ha negato la possibilità di svolgere l’attività in relazione alle intercettazio- ni che avvengono nei luoghi di privata dimora; dall’altro è andata in- contro alle esigenze investigative tramite un’interpretazione lata del concetto di delitti di criminalità organizzata. Infatti con quest’ultima interpretazione si fa riferimento non solo ai reati indicati all’art. 51, commi 3-bis e 3-quater c.p.p., ma anche a quelli che fanno capo ad un’associazione a delinquere, eccetto il mero concorso di persone nel

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reato, in quanto basta la costituzione di un’organizzazione che abbia una struttura tale da assumere un ruolo prevalente rispetto ai singoli partecipanti.

1.5 UTILIZZABILITA’ DEI RISULTATI DELLE INTERCETTAZIONI