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Progetto di un Flussimetro Integrato in Microsistemi Fluidici per Analisi Genetiche

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Academic year: 2021

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Introduzione

Negli ultimi anni si è avuto un impulso sempre maggiore allo sviluppo e alla realizzazione di microsistemi in grado di misurare e controllare il flusso di gas e liquidi; infatti è stato valutato che nel 2000 i sensori microfluidici coprivano il 19% del mercato dei MEMS (sistemi micro-elettro-meccanici). Grazie alle dimensioni estremamente ridotte questi sensori hanno il grosso vantaggio di poter avere un’ottima risoluzione spaziale e temporale, permettendo misure di flussi esigui, caratterizzati da velocità dell’ordine dei millimetri al secondo. Per questa ragione si prestano ad essere integrati in microsistemi per analisi genetiche, in cui è di fondamentale importanza indirizzare e controllare i movimenti di fluidi organici e soluzioni. Un microsistema in grado di effettuare in maniera quasi autonoma analisi genetiche potrebbe sostituire la strumentazione tradizionale, in quanto unirebbe alle dimensioni ridotte e alla trasportabilità un’elevata velocità di analisi e bassi costi, sia per la minima richiesta di reagenti e campioni , sia per la possibilità di essere prodotto su larga scala sfruttando le tecnologie microelettroniche esistenti.

Il presente lavoro di tesi si pone in questo ambito e descrive il progetto di un Flussimetro da usare in Microsistemi per Analisi Genetiche. In particolare il dispositivo è un sensore per la misura del flusso elettroosmotico in un microcapillare di vetro per analisi elettroforetiche. Con piccole modifiche la struttura può, tuttavia, essere utilizzata in altre applicazioni per la misura di flussi di gas o liquidi.

La tesi è articolata in cinque capitoli. Nel primo è riportata un’introduzione generale ai MEMS, e una descrizione più dettagliata dei sensori di flusso integrati. Nel secondo capitolo si

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descrivono i microsistemi per analisi genetiche e l’importanza del controllo dei fenomeni elettrocinetici nei microcanali. Inoltre si da una breve descrizione delle tecnologie realizzative usate. Il terzo capitolo è incentrato su un’analisi teorica dei fenomeni elettrocinetici in microfluidica, a partire dalla formazione del doppio strato elettrico sulle pareti interne dei microcanali, fino allo studio dello streaming potential, dell’elettroforesi e dell’elettroosmosi. L’acquisizione di tali conoscenze è fondamentale per poter simulare i diversi fenomeni elettrocinetici e per studiarne l’effetto in concomitanza con fenomeni di convezione e conduzione del calore nei microcanali. Negli ultimi due capitoli viene, infine, descritta la progettazione del sensore mediante un simulatore ad elementi finiti commerciale, Femlab®3.1. In particolare nel capitolo quarto sono riportate le simulazioni relative a diverse configurazioni del sensore e la dipendenza della sensibilità dai parametri geometrici della struttura e dai materiali usati. Nel quinto capitolo viene illustrata la configurazione finale adottata per il flussimetro, le sue dimensioni e i materiali utilizzati. In base a questi dati vengono presentate delle nuove simulazioni volte a prevedere il comportamento del dispositivo reale e ad ottimizzarlo, ottenendo le ultime informazioni per il disegno del layout. In conclusione viene mostrato il layout finale con le relative maschere per litografia ottica e viene descritto il processo di fabbricazione del dispositivo.

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Capitolo 1

Sensori di Flusso Integrati

L’uso di sensori integrati per misurare pressioni, accelerazioni, velocità angolari, flussi è diventato molto rilevante grazie allo sfruttamento delle tecnologie di lavorazione microelettroniche e in particolare grazie alla microlavorazione del silicio. Questi sensori sono usati nelle automobili, nei sistemi di controllo, per applicazioni mediche e biomediche, e anche nella strumentazione scientifica. I microsensori hanno il vantaggio di avere dimensioni esigue, quindi bassi consumi di potenza, e di poter esser prodotti su larga scala sfruttando le tecnologie di fabbricazione dei circuiti integrati.

I sensori integrati rientrano generalmente nella categoria dei MEMS, che vengono brevemente introdotti in questo capitolo, soffermandosi in particolare sullo stato dell’arte e sulle principali caratteristiche dei sensori di flusso.

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1.1. I MEMS

MEMS è un acronimo proveniente dal termine inglese Micro ElectroMechanical Systems; esso sta ad indicare dei sistemi piccoli (le cui dimensioni sono appunto dell’ordine dei micrometri, si veda figura 1.1), in cui è presente una componente elettrica o elettronica (o entrambe) e in cui vi sono delle parti meccanicamente in movimento. In realtà, dato il grande sviluppo dei MEMS, avvenuto dagli anni settanta in poi, e la loro notevole diversificazione, con questo termine si fa riferimento, in modo più generale, a vari tipi di microsistemi e microdispositivi, che possono avere o meno parti semoventi e che trattano grandezze di diversi settori della fisica [1,2,3].

Figura 1.1:Fotografia al SEM di un banco di microspecchi mobili, ciascuno di lato 16 µm e distanziati 1 µm. Al centro manca

la parte riflettente di uno specchio e si vede inferiormente il substrato microlavorato.

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Capitolo 1 – Sensori di Flusso Integrati

La spinta verso la riduzione delle dimensioni viene da molti settori specifici e nasce da esigenze diverse. In alcuni casi rende il sistema più conveniente (ad esempio per la telefonia mobile o per applicazioni aerospaziali); in altri casi sistemi microscopici possono agire meglio e in maniera meno invasiva rispetto a quelli macroscopici (può essere fondamentale per applicazioni nel settore biologico e medico [4,5,6,7]); infine lo sfruttamento di processi tecnologici in parte già esistenti permette una produzione su larga scala e a basso costo (ad esempio i sensori di pressione negli airbag, oppure le testine delle stampanti a getto di inchiostro). Talvolta, invece, le tecnologie microelettroniche preesistenti si sono rivelate insufficienti e queste nuove applicazioni ne hanno promosso uno sviluppo ulteriore.

I microsensori fino ad oggi progettati e realizzati trattano grandezze fisiche molto differenti, quindi non si può parlare di una tecnologia unica che ne permetta la costruzione, e probabilmente è più corretto affermare che un progettista di microsistemi deve essere in grado non solo di progettare il dispositivo in se ma anche di renderlo tecnologicamente realizzabile.

Un altro aspetto rilevante è che si parla sempre di microsistemi e non di “microcomponenti”. Infatti, quando si fa riferimento ai MEMS, non ha senso pensare a un sistema assemblato con dei “microcomponenti”, questo sia perché risulterebbe economicamente non ragionevole, ma anche perché, date le dimensioni, non ci sarebbe modo di assemblare le singole parti fra loro (si faccia riferimento alla figura 1.2, in cui è inserita la foto di un accelerometro MEMS e si vedono distintamente le varie parti che lo compongono). Il progetto e la fabbricazione di un microsistema sono dei processi integrati. Quindi considerando che, come già affermato, il funzionamento dei MEMS si basa su settori molto diversi della fisica, il progettista deve essere esperto di

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meccanica, acustica, ottica, fluidica, magnetismo, oltre che di elettronica, o comunque è molto importante il lavoro in gruppo fra ingegneri di settori diversi con la capacità di interagire vicendevolmente.

Figura 1.2:Fotografia di un accelerometro MEMS formato da una massa di prova, due molle e i “comb-finger” laterali.

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Capitolo 1 – Sensori di Flusso Integrati

1.2. Stato dell’Arte

Il primo sensore di flusso, basato sulla tecnologia del silicio, fu presentato nel 1974 da Van Putten e Middelhoek (figura 1.3, gli elementi senzienti del microsistema sono dei resistori diffusi sul substrato di silicio [8,9,10]). In seguito, negli anni ottanta, con il diffondersi dei sistemi micro-elettro-meccanici e del micromachining, alcune industrie annoverarono fra i loro prodotti dei sensori di flusso microlavorati, che sfruttavano il principio del filo caldo. Il funzionamento di questi sensori prevedeva che fossero circondati dal flusso che si intendeva quantificare.

Figura 1.3:Fotografia del primo anemometro realizzato da Van Putten e Middelhoek nel 1974 su silicio. Il funzionamento è basato

su come un ponte di Wheatstone integrato, tenuto ad alta temperatura, viene raffreddato da un flusso.

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Con il progredire della ricerca nel campo dei microsensori, all’inizio degli anni novanta, si cominciarono a sviluppare sistemi microfluidici complessi, che integravano in un unico dispositivo misuratori di flusso, pompe e valvole. Inoltre, per poter misurare flussi di entità sempre minore, si cominciarono a realizzare microsensori in cui erano presenti dei microcanali, in modo che il flusso scorresse anche all’interno del sensore stesso. Il primo dispositivo di questo tipo fu presentato da Petersen nel 1985; il sistema di misura si basava su un filo caldo (figura 1.6), realizzato in polisilicio con “bulk micromachining” (bulk e surface micromaching sono i due tipi di microlavorazione usate per i MEMS) [11].

Attualmente i microsensori di flusso sono usati in svariati campi, dal controllo di processi industriali, alle applicazioni nel settore “automotive”, fino alle strumentazioni biomediche. Il loro progetto risulta molto complesso, sia perché bisogna avere una conoscenza approfondita di fluidica o dei moti dei gas (a seconda che si voglia realizzare un Sensore MicroFluidico oppure un Microsensore per gas [12]), che sono delle scienze a se stanti, sia perché si possono sfruttare diversi fenomeni per quantificare il flusso.

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Capitolo 1 – Sensori di Flusso Integrati

1.3. Classificazione dei sensori di flusso

Nei vari campi della fisica la definizione consolidata per il flusso è la seguente: “il rapporto fra il valore di una grandezza fisica che attraversa perpendicolarmente una superficie ed il tempo impiegato per attraversarla”; quanto detto si è formulato tramite l’espressione ΦΦΦΦ=v⋅⋅⋅⋅S, dove v è la grandezza vettoriale che rappresenta il fenomeno ed S la superficie attraversata. Tale concetto generale è stato elaborato per la prima volta nell’ambito della fluidodinamica intendendo il flusso come “volume di liquido che attraversa una superficie (ovvero la sezione di una condotta) nell’unità di tempo”; in tale caso la grandezza vettoriale in gioco è v, la velocità del liquido.

Fino ad oggi sono stati realizzati numerosi tipi di sensori di flusso integrati (ovvero sensori in grado di misurare la velocità di un flusso) che possono sfruttare principi della fisica completamente diversi [13]. Una classificazione sommaria di questo tipo di sensori si può fare dividendoli in due grandi gruppi: sensori basati su effetti termici e sensori basati su effetti meccanici.

1.3.1.

Sensori di flusso basati su effetti

meccanici

In questo tipo di microsensori la misura avviene indirettamente, in quanto si vanno a misurare deformazioni, forze, pressioni, indotte dal flusso sulla parte sensibile del dispositivo.

 Nel caso di flusso laminare si può misurare la forza esercitata dal flusso stesso su una microtrave ancorata ad una parete del canale (in cui scorre il gas o il liquido) e

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perpendicolare ad essa (si veda la figura 1.4). Ad esempio, con un piezoresistore applicato sull’estremità fissa della trave, si può quantificare la forza e da quest’ultima si risale alla velocità del flusso.

Figura 1.4: Schema di un microsensore meccanico che quantifica il flusso misurando la forza

che esso esercita su di una trave.

 Quando esiste un flusso in un canale è possibile che esso sia causato da una differenza di pressione fra gli estremi del canale. Se il flusso è viscoso vi è una relazione lineare fra velocità di scorrimento e salto di pressione. Nella figura 1.5 sono mostrate due configurazioni per un sensore differenziale di pressione, posto all’ingresso e all’uscita del canale. Nel primo si sfruttano dei piezoresistori, nel secondo dei sensori capacitivi [14].

Il grosso svantaggio dei sensori descritti sopra è che le grandezze fisiche che si vanno a valutare dipendono dalla densità del fluido, quindi sono sensibili al cambiamento della temperatura di lavoro. Inoltre, per quanto riguarda i liquidi vi è una forte dipendenza della viscosità dinamica dalla temperatura (vi è una relazione esponenziale, si veda paragrafo 4.4 e relativa tabella); tale

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Capitolo 1 – Sensori di Flusso Integrati

dipendenza esiste anche per i gas ma è meno forte (in questo caso la viscosità è legata alla radice della temperatura). Dunque è necessario introdurre dei dispositivi che stabilizzino la temperatura del sensore.

Figura 1.5: Schema di microsensori meccanici che misurano la differenza di pressione, in due modi diversi,

per valutare la velocità del flusso.

1.3.2.

Sensori di flusso basati su effetti

termici

La ricerca su questo tipo di sensori di flusso è molto competitiva, in quanto la loro realizzazione risulta semplice sia dal punto di vista strutturale che da quello elettronico, inoltre la loro lavorazione è spesso compatibile con le tecnologie di microlavorazione esistenti. Si descrivono di seguito tre modalità

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diverse di funzionamento per microsensori che sfruttano effetti termici, quelle usate più comunemente sono le prime due, e verranno riprese, per il progetto del sensore microfluidici, a partire dal paragrafo 4.4.



A

NEMOMETRI

Figura 1.6:Schema e fotografie al SEM di un sensore su silicio con doppio filo caldo.

Sono sensori che misurano l’effetto dello scorrimento del liquido o gas su un corpo caldo immerso nel flusso [15,16,17,18,19]. Generalmente l’anemometro è alimentato a potenza costante e si misura la sua temperatura, che dipende dalla velocità con cui il flusso stesso trasporta il calore; in generale tanto più il flusso è rapido tanto più velocemente raffredda il corpo caldo. Questa misura può essere effettuata facilmente, considerando che la resistenza elettrica di molti materiali dipende dalla temperatura a cui lavorano e che, generalmente, essi sono alimentati con una corrente nota. Un altro modo, più complesso, di implementare un anemometro è

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Capitolo 1 – Sensori di Flusso Integrati

quello di mantenere il corpo caldo a temperatura costante mediante un anello di reazione, e misurare la potenza che serve, appunto, per non far variare la sua temperatura.

Il segnale che producono questo tipo di sensori è legato alla radice quadrata della velocità del flusso. Gli anemometri più diffusi sono quelli a “filo caldo” (figura 1.6), anche se, nell’ambito dei sensori integrati, è più corretto parlare di dispositivi a “film caldo”. In questo caso l’elemento senziente è infatti un film sottile di un metallo, deposto in base al processo usato.



S

ENSORI CALORIMETRICI

Figura 1.7: a) Schema di un sensore calorimetrico, formato da tre elementi, su silicio. b) profilo di temperatura,

lungo l’asse x, a velocità diverse del flusso. Il riscaldatore è centrato sull’origine degli assi.

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Questi sensori sono costituiti generalmente da un elemento “caldo” e almeno due elementi che misurano la temperatura (si veda figura 1.7 a), posti simmetricamente rispetto ad esso, uno a monte e uno a valle del flusso. Il principio su cui si basa la misura è che il profilo di temperatura intorno all’elemento caldo risulta simmetrico per flusso nullo, ma viene dissimetrizzato e modulato dalla velocità quando invece è presente un flusso non nullo (figura 1.7 b), in quanto il calore viene trasportato per convezione [20,21].

Generalmente il segnale di uscita di questi sensori è proporzionale alla differenza della temperatura degli elementi senzienti. Quest’ultima, per basse velocità, è proporzionale alla velocità del flusso, ma poi satura e decresce all’aumentare della velocità stessa (figura 1.8) [22].

Figura 1.8: Uscita in tensione di un sensore calorimetrico.



T

IME OF FLIGHT SENSORS

Per convezione, si fanno trasportare dal flusso degli impulsi di calore e si misura il tempo necessario per far percorrere una

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Capitolo 1 – Sensori di Flusso Integrati

distanza nota a tali impulsi. Un problema di questa strategia è che l’impulso viene ampliato per la diffusione del calore durante il trasporto; questo effetto deteriora la risposta del sensore in particolar modo se le velocità di flusso che si vogliono misurare sono basse (si veda come si allarga, in funzione del tempo, un impulso di calore, in figura 1.9).

Figura 1.9: Allargamento, per diffusione, di un impulso di calore che viene trasportato dal flusso di cui si vuole

Figura

Figura 1.1:Fotografia al SEM di un banco di microspecchi mobili,  ciascuno di lato 16 µm e distanziati 1 µm
Figura 1.2:Fotografia di un accelerometro MEMS formato da   una massa di prova, due molle e i “comb-finger” laterali
Figura 1.3:Fotografia del primo anemometro realizzato da Van Putten  e Middelhoek nel 1974 su silicio
Figura 1.4: Schema di un microsensore meccanico   che quantifica il flusso misurando la forza
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