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Analisi del grado di applicazione dei principi contabili IAS 38 e IFRS 3 nelle società quotate FTSE-MIB

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Academic year: 2021

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0 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

Facoltà di Economia

Laura Magistrale in Consulenza Professionale alle Aziende

Tesi di laurea: “Analisi del grado di applicazione dei principi contabili IAS 38 e IFRS 3 nelle società quotate FTSE-MIB”

Relatore: Candidato: Prof. Marco Allegrini Gabriele Pagnini

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Sommario

INTRODUZIONE ... 5

Differenze tra OIC e IAS: ... 7

Obbiettivo tesi : ... 8

CAPITOLO 1 – STRUMENTI DI LAVORO: LA CHECK-LIST E IL CAMPIONAMENTO. ... 9

1.1 – La check list Assirevi ... 9

1.2 - Campione utilizzato: società quotate borsa italiana FTSE – MIB: ... 11

1.2.1 - Tecnica del campionamento ... 11

1.2.3 Campionamento tesi, società FTSE MIB: ... 12

CAPITOLO 2 - IFRS 3: BUSINESS COMBINATION ... 15

2.1 Acquisition method, contabilizzazione: ... 17

CAPITOLO 3 - IAS 38: ATTIVITÀ IMMATERIALI ... 22

3.1 - ATTIVITÀ IMMATERIALI NELL’ORDINAMENTO ITALIANO: ... 22

3.1.1 - Rilevazione contabile: ... 23

3.1.2 - Svalutazione e rivalutazione nell’ordinamento italiano: ... 23

3.2 - LE ATTIVITÀ IMMATERIALI NELL’ORDINAMENTO INTERNAZIONALE: ... 25

3.2.1 - Rilevazione contabile: ... 26

3.2.2 - Valutazione successiva alla rilevazione: ... 28

3.2.3 - Vita utile: ... 29

CAPITOLO 4 - COLLEGAMENTO TRA IFRS 3 E IAS 38 – AVVIAMENTO ... 32

4.1 – L’ avviamento nell’ordinamento contabile internazionale: ... 32

4.2 - L’avviamento nell’ordinamento contabile nazionale: ... 33

CAPITOLO 5 – ANALISI BILANCI , AGGREGAZIONI AZIENDALI. ... 35

5.1 - Acquisizioni ... 35 5.1.1 ... 38 5.1.2 ... 40 5.1.3 ... 45 5.1.4 ... 46 5.1.5 ... 48 5.1.6 ... 49 5.1.7 ... 51 5.1.8 ... 53 5.1.9 ... 54 5.1.10 ... 56 5.1.11 ... 58

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5.1.12 ... 61

5.2: Aggregazioni aziendali durante l’esercizio corrente od in esercizi precedenti. ... 63

5.2.1 ... 63

5.2.2 ... 66

CAPITOLO 6 : ANALISI BILANCI, ATTIVITÀ IMMATERIALI ... 67

6.1 : Attività immateriali ... 68 6.1.1 ... 68 6.1.2 ... 72 6.1.3 ... 73 6.1.4 ... 75 6.2 ... 88 6.2.1 ... 88 6.2.2 ... 90 6.2.3 ... 92

6.3 – Attività immateriali rivalutate. ... 93

6.4 – Ricerca e Sviluppo. ... 94 6.5 – Altre informazioni: ... 97 6.5 – Avviamento ... 98 6.5.1 ... 98 6.5.2 ... 99 6.5.3 ... 102 6.5.4 ... 104 6.5.5 ... 106 6.5.6 ... 108

CAPITOLO 7 – CONCLUSIONI FINALI ... 109

SITOGRAFIA ... 111

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INTRODUZIONE

Le imprese italiane, di norma, sono tenute alla redazione del bilancio di esercizio. Questo fondamentale documento, per essere redatto, deve seguire un regolamento ben preciso che è previsto dalla legge principe del diritto societario, ovvero il Codice Civile, con l’ausilio dei principi contabili emanati dall’Organismo Italiano Contabile , l’OIC.

Ci sono però dei casi in cui tali imprese devono o possono adottare i principi contabili internazionali, ovvero gli IAS/IFRS, International Accounting Standards e International Financial Reporting Standards emanati dell’organo denominato IASB. Tale comitato è composto da 14 membri, ha sede a Londra e si occupa appunto della emanazione degli IFRS. Lo IASB (International Accounting Standards Board) è l’organismo istituito il 1° aprile 2001 dalla Fondazione IASC (International Accounting Standards Committee) preposto alla formulazione, discussione ed approvazione dei principi contabili internazionali che hanno cambiato la loro denominazione da IAS (International Accounting Standards) a IFRS (International Financial Reporting Standards). Lo IAS designa i principi contabili emanati prima della riforma del 2001; l’acronimo IFRS designa, invece, i principi emessi o revisionati dallo IASB, i quali progressivamente sostituiranno i principi IAS.

In Europa tali principi sono stati applicati e divenuti obbligatori, con un regolamento del 2002 e con ulteriori regolamenti omologativi , in alcuni casi specifici, dal 1° gennaio 2005. In Italia con successivo decreto legislativo n. 38 del 2005 è stato esteso l'obbligo ai bilanci d'esercizio delle stesse società per l'anno 2006 e la facoltà per i soli bilanci consolidati di tutte le altre società a partire dal bilancio dell'esercizio 2005. La decisione della Comunità europea di introdurre progressivamente i principi contabili internazionali IAS/IFRS dello IASB (International Accounting Standard Board) all'interno di ciascun Paese membro nasce dall’esigenza di “affidarsi” ad un corpo di regole contabili organico, coordinato e qualitativamente riconosciuto a livello internazionale. La progressiva introduzione dei principi contabili internazionali determina tuttavia non pochi problemi applicativi soprattutto nel contesto italiano, a motivo delle differenti finalità, destinatari e criteri valutativi presenti nell'ordinamento interno rispetto a quanto previsto dagli IAS/IFRS.

In Italia quindi tali principi contabili internazionali sono stati adottati nel 2005 con il decreto legislativo 38/2005 e ha stabilito i casi di obbligatorietà, di facoltà e di divieto di applicazione di tali principi. È stato infatti stabilito che le società cosiddette “minori” identificabili come quelle che redigono il bilancio in forma abbreviata ai sensi dell’articolo 2435- bis del codice civile, non possono applicare tali principi. Al contrario devono adottare obbligatoriamente i principi contabili internazionali le società quotate, le banche, le assicurazioni, enti finanziari vigilati dalla Banca d’Italia e le società con strumenti finanziari diffusi secondo il TUF. Per quanto riguarda la società controllate da queste ultime, esse hanno la facoltà di applicare gli IAS/ IFRS.

I principi contabili internazionali costituiscono in Italia un territorio sconosciuto, dai confini indefiniti, pervaso da un soggettivismo contabile dovuto all’uso che i principi IAS/IFRS fanno del “fair value” come criterio valutativo utilizzato congiuntamente, sebbene in ambiti differenti, ai “valori storici”. In effetti, l’adozione dei principi IAS/IFRS pervengono a misurazioni molto diverse del Reddito di esercizio e del

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Patrimonio lordo e netto di singola impresa o di gruppo. Le nuove norme contabili segnano un cambiamento davvero epocale destinato a modificare profondamente la normativa sui “bilanci di impresa”.

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Differenze tra OIC e IAS:

Come è logico pensare, vi sono differenze tra l’adozione dei principi internazionali rispetto a quelli nazionali. La principale differenza che vi è tra il bilancio in forma OIC rispetto a quello in forma IAS sta nel fatto che nei principi internazionali non è previsto uno schema rigido obbligatorio da seguire come invece il codice civile al 2423 prevede. Ai sensi dello IAS 1 gli schemi di bilancio hanno soltanto un contenuto minimo, ma liberamente rappresentabile.

Nel nostro ordinamento il bilancio è composto dallo Stato Patrimoniale , Conto Economico , Nota integrativa ( dentro alla quale troviamo anche ex 2427 il prospetto delle variazioni del patrimonio netto) e con la riforma del 2016 anche dal Rendiconto Finanziario (preso proprio ai sensi dello IAS 7). I documenti che compongono il bilancio redatto secondo IAS sono, Stato Patrimoniale, Conto Economico, Note al bilancio con le informazioni richieste dai par. 97 e seguenti ( che non coincide con la nota integrativa ex 2427) , Rendiconto Finanziario più il Prospetto delle Variazioni del Patrimonio Netto, come prospetto a se stante. Quest’ultimo rappresenta l’importo complessivo degli utili e delle perdite generati dalle attività d’impresa nell’esercizio, con l’esclusione dei movimenti derivanti da operazioni con gli azionisti, quali ad es. incrementi di capitale e dividendi. Tale variazione riflette, dunque, l’incremento o il decremento delle attività nette dell’impresa nell’esercizio o della ricchezza prodotta. Inoltre con la riforma del 2016 è stata eliminata un’altra differenza, infatti sono stati tolti i conti d’ordine.

Un ulteriore differenza si trova nella composizione dello Stato Patrimoniale. Mentre nel bilancio, per così dire, civilistico, le attività e passività sono divise tra Attivo Fisso e Attivo Circolante, ai sensi dello IAS 1 lo Stato Patrimoniale è riclassificato secondo il metodo Benchmark, simile a quello utilizzato nella riclassificazione per calcolare gli indici di bilancio ( criterio finanziario della liquidità-esigibilità). Ovvero tale metodo prevede una distinzione tra attivo corrente e attivo non corrente secondo il criterio del ciclo operativo, quindi per classificare un’attività come corrente si deve guardare se rientra nel ciclo operativo. Per rientrare in tale ciclo, un’attività o passività deve realizzarsi o diventare esigibile nel tempo intercorrente tra il momento dell’acquisto dei materiali e la loro realizzazione come disponibilità liquide o mezzi equivalenti. Quando il ciclo operativo non è identificabile, si applica il periodo amministrativo, ovvero le voci sono correnti se sono esigibili entro 12 mesi e viceversa.

Da una lettura più dettagliata degli IAS/IFRS ci accorgiamo che vi sono ulteriori differenze qua e là nella riclassificazione e contabilizzazione di alcune poste di bilancio. Le principali che meritano di essere menzionate sono ad esempio l’obbligatorietà della separazione delle attività e passività con parti correlate, l’iscrizione separata delle attività destinate alla vendita, isolate per il principio della prevalenza della sostanza sulla forma, perché gli investitori come ad esempio le banche, hanno il diritto di conoscere se un asset continuerà a far parte del patrimonio dell’impresa o se esso è in uscita.

In particolare nel presente elaborato assume rilievo il diverso trattamento delle attività immateriali: infatti mentre nel modello civilistico e secondo i principi contabili nazionali , fanno parte di esse gli oneri pluriennali, l’avviamento e ovviamente i beni immateriali, nella configurazione IAS/ IFRS , in particolare nello IAS 38, sono imputabili come attività immateriali solamente i beni immateriali, perché gli oneri pluriennali vengono riclassificati come costo e perché l’avviamento è calcolato ex IFRS 3. Nelle attività immateriali non troviamo quindi ad esempio, Costi impianto , Costi ampliamento , Costi ricerca ,Costi pubblicità , Costi di ristrutturazioni ,Costi di formazione.

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È del tutto evidente come il processo di introduzione di questi nuovi principi produca alcune ripercussioni nel breve e nel medio periodo sul sistema di controllo della gestione e sui sistemi informativi. Questi ultimi in particolare devono immediatamente adeguarsi negli aspetti soprattutto di tipo tecnico-contabile: l’impostazione dei piani dei conti, gli output informativi (reports) e le procedure di rilevazione, riclassificazione e revisione.

Obbiettivo tesi :

Data la difficoltà riscontrata nel nostro sistema economico di introduzione di questi principi contabili internazionali nell’ordinamento italiano, l’obiettivo della mia tesi è dunque quello di verificare se ed in che modo i bilanci delle società che ho preso a campione rispettino due particolari principi contabili internazionali , l’IFRS 3 e lo IAS 38. Il primo principio riguarda le Business Combinations, ovvero le aggregazioni aziendali, mentre il secondo riguarda le attività immateriali.

Per aggregazioni aziendali si intendono le sole operazioni di gestione straordinaria che realizzano “un’unione di entità o attività aziendali distinte in un’unica entità tenuta alla redazione del bilancio” (IFRS 3.4); per attività immateriali invece si intende “un'attività non monetaria identificabile priva di consistenza fisica” (IAS 38).

In particolare per fare la mia tesi ho utilizzato uno strumento ben preciso, ovvero una check list predisposta dall’organismo italiano Assirevi, ovvero l’Associazione dei Revisioni Italiani, nella parte riferita, appunto, all’IFRS 3 ovvero alle aggregazioni aziendali e alle attività immateriali. Questa check list presenta per ogni principio contabile numerose domande a cui il revisore , nello svolgimento della sua attività, deve rispondere per svolgere un lavoro completo e significativo. Quindi mi sono sostituito al revisore legale dei conti e ho cercato di rispondere domanda per domanda ai quesiti presenti nella suddetta check list per ognuna delle società prese a campione.

Tale lavoro è stato eseguito su un campione significativo di società, ovvero le società quotate nella Borsa Italiana FTSE-MIB. Queste società sono tra le più capitalizzate nel nostro territorio e si prestano perfettamente per una analisi a campione, per 2 motivi, il primo per la ricchezza di dati messi a disposizione e facilmente reperibili da chiunque, tramite il loro sito web, il secondo per la loro grande dimensione che presenta molti spunti e dati significativi per una qualsiasi analisi di questo tipo.

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CAPITOLO 1 – STRUMENTI DI LAVORO: LA CHECK-LIST E IL

CAMPIONAMENTO.

1.1 – La check list Assirevi

Per lo svolgimento di questa tesi come già accennato, mi sono servito di uno strumento molto fornitomi dal mio relatore, professor Marco Allegrini, quale una griglia di domande o check list, predisposta dall’organismo italiano Assirevi.

L'Associazione Italiana Revisori Contabili è un'associazione privata senza scopo di lucro fondata nel 1980. Possono aderire all'associazione le società di revisione operanti in Italia iscritte al Registro di cui all’art.6 e ss. D.lgs. 39/2010 Assirevi riunisce oggi 15 società di revisione, che costituiscono la maggior parte delle società di revisione che effettuano la revisione di Enti di Interesse Pubblico. Attualmente i professionisti che operano nell'ambito dell'attività di revisione svolta dalle Associate sono circa 6.000, con una presenza

distribuita su tutto il territorio nazionale.

Assirevi promuove e realizza l'analisi scientifica di supporto all'adozione dei principi di revisione (norme etico professionali, norme tecniche di svolgimento della revisione contabile e norme di stesura della relazione di revisione), nonché lo studio dell'evoluzione della legislazione e della regolamentazione. Inoltre, oltre che di problematiche di interesse generale per l'attività di revisione, si impegna nella risoluzione di si problematiche professionali, giuridiche e fiscali di comune interesse degli associati. Essa collabora con le Istituzioni e le Autorità Pubbliche, con gli organismi professionali, e con altri organismi ed enti nella determinazione e nell'aggiornamento dei principi di revisione e dei principi contabili e nella loro diffusione.1

I revisori per lo svolgimento della loro attività di verifica dell’effettiva applicazione di quanto previsto dal quadro normativo di riferimento, utilizzano check list o liste di controllo, che devono essere aggiornate annualmente e che sono riepilogative di quanto previsto dal quadro normativo di riferimento. Nelle società di revisione le esperienze di lavoro che i revisori apprendono vengono da essi riportate in programmi di lavoro e check list organizzate per sezioni di bilanci e cicli gestionali. Queste check listi sono sempre aggiornate e modificate a seconda delle novità legislative e grazie a sempre nuove esperienze. La ratio di un di questo continuo aggiornamento e dell’utilizzo di tali liste di controllo è dovuto al fatto che un team di revisori assegnato alla revisione di bilancio di un azienda, in caso di revisione ricorrente, è sempre composto da persone diverse rispetto all’esercizio precedente, anche se appartenenti tutti alla stessa società di revisione.

Dato che gli obiettivi perseguiti differiscono tra di loro, la possibilità di utilizzare procedure di revisione standardizzate e appunto le check list garantisce uno standard qualitativo elevato e costante, condiviso da tutta la struttura che consente un processo di formazione rapido sul campo anche ai revisori con poca esperienza come normalmente si trovano nelle grandi società di revisione ( i neo laureati o comunque gli ultimi entrati , i cosiddetti “junior” vengono spediti da subito nelle aziende a fare appunto verifiche ) , ed è quindi uno strumento di formazione sul campo formidabile e una guida utile e pratica sul lavoro. Un punto cruciale dell’attività di revisione legale dei conti è quella di avere una evidenza del lavoro, e le liste di controllo insieme ai programmi di lavoro sono uno strumento che raggiunge tale obiettivo necessario.

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Attraverso questi due documenti è possibile creare le carte di lavoro che ogni revisore deve compilare per rendere comprensibile il proprio lavoro a chiunque ne sia interessato, sia come è stato svolto che il risultato ottenuto.

Detto questo va evidenziato che vi è una differenza tra check list e i programmi di lavoro. Infatti i programmi di lavoro determinano gli obiettivi della sezione della revisione alla quale si riferiscono e specificano il procedimento da seguire per raggiungerli. Anche se sono standardizzati, essi possono essere personalizzati al momento di pianificazione del lavoro ovviamente considerando il bilancio e la realtà aziendale revisionata. Ovviamente la verifica dei crediti commerciali fatta per una società commerciale di piccole dimensioni non può avere lo stesso iter procedimentale rispetto ad una società per esempio assicurativa di grandi dimensioni. Per questo devono essere cambiati e modellati secondo la realtà che si sta revisionando. D’altra parte , le check list o liste di controllo consentono al revisore in una verifica di non dimenticare nulla e di lasciare evidenza di ciò che è stato verificato con le relative considerazioni e conclusioni. Entrambi gli strumenti di lavoro esplicati sono previsti dagli standard di revisione ( ISA 230, Documentazione della Revisione Contabile ). Ogni società di revisione utilizzerà propri modelli, anche se tutte seguiranno la stessa logica, diventando perfettamente comprensibili anche da revisori di un’altra società di revisione. Comunque sia la compilazione di un programma di lavoro e/o di una check list, destinati a diventare parte integrante delle carte di lavoro, è un’operazione che il revisore non può svolgere da solo, ma che comporta anzi un momento di raccolta delle informazioni e di dialoghi con i responsabili delle varie aree.

Nel corso dell’analisi da me eseguita (e quindi nell’analisi dei bilanci), non verranno tuttavia utilizzate le check list adoperate dalle società di revisione perché è impossibile reperirle. La check list che ho utilizzato è quella predisposta, a scopo esemplificativo e di supporto alle società di revisione, da Assirevi, da utilizzare, opportunamente adattate, nello svolgimento dell’attività di revisione.

Assirevi predispone continuativamente queste sopracitate liste di controllo che verranno utilizzate dai revisori, ritenendolo un utile strumento di sintesi non solo per coloro che svolgano attività di revisione contabile, ma anche per coloro che sono direttamente coinvolti nella predisposizione del bilancio. Tali liste di controllo quindi rappresentano un ottimo strumento di analisi di conformità del bilancio con i principi contabili adottati, ma, avendo carattere generale, non è detto che includano tutti gli aspetti significativi che emergeranno durante il processo di revisione vero e proprio.

La forma e il contenuto di queste liste di controllo dipendono da vari fattori la cui valutazione compete al soggetto incaricato della revisione che dovrà appunto adattarle a seconda dell’incarico che sta svolgendo, considerando la dimensione, la natura e la realtà della società che sta revisionando e valutando il rischio di revisione. In concreto quindi le liste di controllo utilizzate nella revisione vera e propria potranno differire da quelle predisposte da Assirevi.

La lista di controllo che ho utilizzato indica tutte le informazioni integrative previste da principi contabili internazionali (IAS/IFRS), e dalle relative interpretazioni (SIC/IFRIC), applicabili obbligatoriamente ai bilanci per gli esercizi che iniziano il 1 gennaio 2015. Inoltre nella lista di controllo sono anche inserite le informazioni integrative previste dai documenti, già omologati dalla UE, aventi data di entrata in vigore successiva al 1 gennaio 2015 e la cui applicazione anticipata è consentita.

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1.2 - Campione utilizzato: società quotate borsa italiana FTSE – MIB:

Come già accennato nell’introduzione, utilizzando la check list predisposta da Assirevi, ho controllato se ed in che modo alcune società, nella redazione del proprio bilancio, rispettano quanto richiesto dal principio contabile internazionale IFRS 3 e dallo IAS 38. In particolare le domande presenti nella check list sono mirate ad sotto paragrafi di tali principi contabili, quello delle informazioni integrative, in particolare il 59 e il 61, per quanto riguarda la business combination, mentre i punti dal 118 al 128 per quanto riguarda le attività immateriali.

Queste informazioni integrative sono informazioni fondamentali che ogni bilancio dovrebbe riportare sempre, perché data la libertà di schema nella redazione di bilancio e visto che tali informazioni potrebbero essere fondamentali per i terzi ma che sono difficilmente riportabili in bilancio, ecco perchè Assirevi nella predisposizione di questa checklist per quanto riguarda le Aggregazioni Aziendali e le attività immateriali ha ritenuto tali informazioni integrative cruciali nella verifica.

Per far questo, mi sono servito di un campione di società, quali le società quotate FTSE-MIB.

1.2.1 - Tecnica del campionamento:

La tecnica del campionamento è molto importante ed utilizzata nella revisione legale dei conti. È espressamente prevista dagli standard di revisione, in particolare l’ISA Italia 530 “ campionamento di revisione” che deve essere letto congiuntamente con gli standard di revisione ISA 200, “ obiettivi generali del revisore indipendente e svolgimento della revisione contabile in conformità ai principi di revisione”. È entrato in vigore per le revisioni contabili dei bilanci che vanno dal 1 Gennaio 2015 in poi.

Per campionamento si intende : “ l’applicazione di procedure di revisione su una percentuale inferiore al 100% degli elementi che costituiscono una popolazione rilevante ai fini della revisione contabile in modo che tutte le unità di funzionamento abbiano la possibilità di essere selezionate, così da fornire al revisore elementi ragionevoli in base al quale trarre conclusioni sull’intera popolazione”. 2

Il principale obiettivo di ogni processo di revisione contabile, è quello di acquisire ogni elemento necessario per consentire al revisore di esprimere un giudizio sul bilancio d’esercizio . Per “ogni elemento necessario” si intende che il revisore deve acquisire elementi probativi sufficienti ed appropriati tali da consentirgli di trarre ragionevoli conclusioni sulle quali fondare il proprio giudizio in merito al bilancio d’esercizio. I principi di revisione non precisano quale sia l’ampiezza (aspetto quantitativo), né tantomeno l’adeguatezza (aspetto qualitativo) degli elementi probativi da raccogliere, rimettendo tali valutazioni al giudizio professionale del revisore. Il revisore è conseguentemente investito del problema principale: quanti e quali elementi raccogliere per poter affermare, con ragionevole sicurezza, che il bilancio nel suo complesso non contenga errori significativi. Il revisore è quindi in grado di pervenire con ragionevole sicurezza a conclusioni sul saldo di un conto, su una categoria di azioni o controlli, anche tramite il campionamento statistico e non statistico. In particolare il campionamento statistico ha due caratteristiche, la prima è data da una selezione casuale degli elementi che costituiscono una popolazione e la seconda è l’utilizzo del calcolo delle probabilità per valutare i rischi e il risultato del campione, determinando il rischio di campionamento ,

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ovvero quel rischio che le valutazioni di un revisore, sulla base di un campione, possano essere diverse da quelle che si sarebbero raggiunte se fosse stata presa l’intera popolazione. Il vantaggio di un campionamento statistico rispetto a quello non statistico è quello di assicurare ad ogni voce almeno una probabilità di essere selezionata, mediante metodologie casuali. E’ evidente che l’assenza di soggettività nella scelta delle voci esaminate, costituisce un fattore difensivo importante nell’ambito di procedimenti a carico del revisore , come ad esempio nel caso di procedimenti giudiziali, perchè la casualità della selezione del campione garantisce l’indipendenza del revisore, requisito principale per poter svolgere la sua attività.. E’ altresì evidente che, con il campionamento non statistico, il revisore utilizza il proprio giudizio professionale per la selezione delle voci da esaminare. Poiché tuttavia lo scopo del campionamento è quello, in definitiva, di trarre conclusioni sull’intera popolazione, il revisore deve cercare di selezionare un campione rappresentativo, scegliendo voci che abbiano le caratteristiche tipiche della popolazione, ed il campione deve essere selezionato senza pregiudizi (ossia in pratica in assenza di valutazioni soggettive). Nell’ambito della revisione contabile l’ampiezza del campione è rappresentabile da una formula

C = f ( R ; S)

L’ampiezza del campione è infatti funzione, data una determinata popolazione monetaria, del livello di rischio di revisione “R” e del livello di significatività “S”. 3

Nella revisione della piccola e media impresa, è consigliabile l’applicazione alternativa del metodo della selezione di voci specifiche, ovvero del campionamento non statistico.

1.2.3 Campionamento tesi, società FTSE MIB:

Come già accennato , il mio lavoro si basa sull’analisi dei bilanci delle società quotate FTSE MIB. La scelta di questo campione è dettata dalla grossa dimensione di queste società e dalla facile reperibilità dei bilanci necessari a rispondere alle domande presenti sulle check list e la conseguente possibilità di analizzarli. L’acronimo FTSE –MIB sta per Financial Time Stock Exchange – Milano Indice Borsa e rappresenta l’indice azionario italiano più significativo. Questo paniere è composto dalle azioni delle 40 società italiane quotate, maggiormente capitalizzate sui mercati gestiti da Borsa Italiana. Borsa Italiana è una delle principali Borse europee. In particolare, si occupa dell’ammissione, sospensione ed esclusione di strumenti finanziari e operatori dalle negoziazioni. Inoltre, Borsa Italiana gestisce e controlla le negoziazioni e gli obblighi di operatori ed emittenti. Intermediari nazionali ed internazionali, collegati al mercato tramite un sistema di negoziazione completamente elettronico, garantiscono l'esecuzione degli scambi in tempo reale. Obiettivo principale di Borsa Italiana è sviluppare i mercati e massimizzarne la liquidità, la trasparenza, la competitività e l’efficienza.

Nata dalla privatizzazione dei mercati di borsa nel 1998, Borsa Italiana ha costruito un’infrastruttura che permettesse l’accesso ai capitali internazionali. Dal 2007 Borsa Italiana è entrata a far parte del London

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Stock Exchange Group, dando vita a quello che è oggi il mercato leader in Europa per scambi azionari e scambi di ETF, covered warrant, certificates e strumenti del reddito fisso. 4

Questo indice è operativo dal 2009 ed è stato formato tramite la fusione tra Borsa Italiana e London Stock Exchange. Queste 40 società sono di primaria importanza e a liquidità elevata nei diversi settori ICB in Italia. Attraverso l’analisi di tale indice è possibile capire e studiare l’andamento del mercato azionario italiano, dato che solo questo indice rappresenta l’80% della capitalizzazione di tale mercato. Come già accennato tale indice è composto da un paniere di 40 azioni delle maggiori società quotate. In base alla loro capitalizzazione di mercato viene ponderato il peso di ciascuna azione all’interno dell’indice ed è periodicamente rivisto per aggiornare l’indicatore sull’evoluzione delle vicende societarie. Ciascun titolo viene analizzato per dimensione e liquidità e l'Indice fornisce complessivamente una corretta rappresentazione per settori. L'Indice FTSE MIB è ponderato in base alla capitalizzazione di mercato dopo aver corretto i componenti in base al flottante.

Il FTSE MIB è composto da un paniere di 40 azioni delle maggiori società quotate. Il peso di ciascuna azione all’interno dell’indice è ponderato sulla base della capitalizzazione di mercato, ed è periodicamente rivisto per “aggiornare” l’indicatore sull’evoluzione delle vicende societarie.5

Attualmente, l’indice è composto dalle seguenti società: A2A S.p.A. Atlantia Azimut Holding Banca Mediolanum Banca Generali Banco Bpm Bper Banca Brembo Buzzi Unicem Campari Cnh Industrial Enel Eni Exor 4 http://www.borsaitaliana.it 5 www.webeconomia.it

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Ferrari Ferragamo

Fiat Chrysler Automobiles Finecobank Generali Intesa Sanpaolo Italgas Leonardo Luxottica Mediaset Mediobanca Moncler Poste Italiane Prysmian Recordati Saipem Snam Stmicroelectronics Telecom Italia Tenaris

Terna - Rete Elettrica Nazionale Ubi Banca

Unicredit Unipol Unipolsai

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CAPITOLO 2 - IFRS 3: BUSINESS COMBINATION

Il Principio IFRS 3 emanato dallo IASB1 , promulgato dal Regolamento (Ce) 2236/2004, del 29 dicembre 2004, pubblicato sulla GUUE L. 394, in data 31 dicembre 2004, qualifica le aggregazioni aziendali come le sole operazioni di gestione straordinaria che realizzano “un’unione di entità o attività aziendali distinte in un’unica entità tenuta alla redazione del bilancio” (IFRS 3.4).

La finalità dell’ IFRS 3 è di migliorare la rilevanza, l'attendibilità e la comparabilità delle informazioni che, nel presentare il proprio bilancio, un'entità fornisce relativamente a una aggregazione aziendale e ai suoi effetti. Per realizzare ciò, tale IFRS stabilisce principi e disposizioni relativi al modo in cui l'acquirente rileva e valuta nel proprio bilancio le attività identificabili acquisite, le passività identificabili assunte e le partecipazioni di minoranza nell'acquisita, rileva e valuta l'avviamento acquisito nell'aggregazione aziendale o un utile derivante da un acquisto a prezzi favorevoli e determina quali informazioni presentare per permettere agli utilizzatori del bilancio di valutare la natura e gli effetti economico-finanziari dell'aggregazione aziendale.6

Innanzitutto, tale operazione deve essere qualificata come un aggregazione aziendale. Un'entità deve stabilire se un'operazione o un altro evento sia una aggregazione aziendale applicando la definizione riportata nell’ IFRS, che dispone che le attività acquisite e le passività assunte costituiscono un'attività aziendale. Se le attività acquisite non sono un'attività aziendale, l'entità che redige il bilancio deve contabilizzare l'operazione o un altro evento come un'acquisizione di attività.

Quindi per stabilire se si tratta o meno di aggregazione aziendale bisogna distinguere il significato ampio che l’espressione “Aggregazione Aziendale” assume nella letteratura aziendale e nella prassi da quello più restrittivo che la stessa riceve nell’ambito di applicazione del Principio Contabile IFRS 3:

È importante distinguere perché non tutte le metodologie disponibili per le rilevazione contabile di molte aggregazioni aziendali sono utilizzabili per rappresentare le aggregazioni aziendali nel significato ad esse attribuito dal Principio IFRS 3. Secondo un’accezione molto ampia, le “aggregazioni aziendali” designano tutte le operazioni che realizzano un’unione tra due o più imprese, o più genericamente tra più entità economiche, mediante il trasferimento ad una di esse del patrimonio delle altre o mediante la costituzione di una o più nuove entità nelle quali confluiscono i patrimoni delle singole entità aggregate. Una simile nozione di “Aggregazione Aziendale” comprende operazioni di gestione straordinaria realizzate sia tra soggetti indipendenti sia tra soggetti “sotto comune controllo”, cioè entità già appartenenti ad uno stesso gruppo. In un significato ancora più ampio l’aggregazione aziendale può essere estesa a qualunque forma di concentrazione aziendale realizzata anche mediante accordi tra imprese dirette ad uniformare aspetti della loro gestione riguardanti l’area commerciale, quella tecnico-produttiva o, più raramente, gli aspetti organizzativi .

Il Principio IFRS 3 accoglie una nozione più ristretta di “Aggregazione Aziendale” a cui si collega una specifica modalità di rilevazione contabile e di rappresentazione dei valori patrimoniali e reddituali nel bilancio redatto dall’entità aggregante. Il Principio IFRS 3.4 qualifica Aggregazione Aziendale “l’unione di entità o attività aziendali distinte in un’unica entità tenuta alla redazione del bilancio. Il risultato di quasi tutte le aggregazioni aziendali è costituito dal fatto che una sola entità, l’acquirente, ottiene il controllo di

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una o più attività aziendali distinte, l’acquisito”. Questa definizione ha in se 3 elementi essenziali: il primo è l’oggetto dell’aggregazione aziendale, che deve essere composto da imprese o rami aziendali ( attività aziendali, business). Il secondo è il trasferimento del controllo delle attività aziendali trasferite acquisite. Il risultato di una aggregazione aziendale è la formazione di una nuova entità economica. Il terzo elemento concerne l’individuazione dell’acquirente. 7

L’IFRS 3 specifica che qualunque aggregazione aziendale ha per oggetto il trasferimento di imprese o rami aziendali funzionanti. Ne consegue che se l’oggetto della transazione è formato da un insieme di attività e passività o anche di una “entità giuridica” che non configura un’attività aziendale nel senso sopra specificato, non si realizza alcuna “business combination”, ma semplicemente l’acquisizione di beni, materiali o immateriali, o anche passività, avulse dalla nozione di complesso aziendale funzionante

L’acquisizione o l’ottenimento del controllo è l’elemento costitutivo di una qualsivoglia operazione di “business combination”. Le forme tecniche con cui si realizza l’operazione sono indifferenti.

Rientrano nell’accezione di “aggregazioni aziendali” :

• le cessioni di aziende o di rami aziendali o anche gli acquisti o apporti di pacchetti totalitari o di controllo di imprese ottenuti a fronte di un corrispettivo costituito tipicamente da denaro o da altri beni economici;

• i conferimenti di aziende o di rami aziendali o di pacchetti azionari di controllo in cambio di azioni o quote della società beneficiarie, originati da aumenti di capitale sociale della stessa;

• le scissioni totali o parziali di società scisse in una o più società beneficiarie, già esistenti o di nuova costituzione, in cambio di azioni o quote di capitale attribuite ai soci delle società scisse;

• le fusioni sia per concentrazione sia per incorporazione.

Al contrario, non rientrano nelle “aggregazioni aziendali” disciplinate dal Principio IFRS 3, le operazioni di conferimento di azioni o di scissioni o di fusioni se comportano l’istituzione di nuovi soggetti giuridici controllati dallo stesso soggetto economico esistente prima dell’aggregazione.

Il terzo elemento che qualifica l’aggregazione aziendale, in base al Principio IFRS 3, è l’identificazione del soggetto acquirente il controllo. E’ questo un aspetto determinante un’operazione di business combination, al punto da costituire una discriminante tra ciò che definisce un’acquisizione aziendale, in senso stretto, e altre forme di acquisizioni estranee all’applicazione del Principio IFRS 3.

In sintesi, l’esito di un’operazione di aggregazione aziendale è la costituzione di una nuova “entità economica” comunque diversa da quella esistente prima dell’operazione. Il conseguimento del controllo dell’entità o del ramo aziendale acquisito da parte del soggetto aggregante è l’elemento costitutivo la business combination.

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2.1 Acquisition method, contabilizzazione:

Una volta che è stata stabilita la definizione di aggregazione aziendale ed essa è stata indentificata, si può procedere con il metodo di acquisizione per poterla contabilizzare. La rilevazione contabile e le valutazioni connesse alle operazioni qualificabili come “business combinations” (in base al Principio IFRS 3) si configurano in modo diverso secondo che si faccia riferimento al bilancio consolidato, al bilancio separato (qualora già si disponga del bilancio consolidato) ovvero al bilancio di esercizio della singola entità, in mancanza di presentazione del bilancio consolidato. La metodologia di rilevazione delle aggregazioni aziendali prevista dal Principio IFRS 3 è una sola, quella del “metodo di acquisto” (purchase method of accounting) . Le aggregazioni aziendali devono essere rappresentate nel bilancio del soggetto acquirente in base al costo effettivamente sostenuto per l’acquisizione del controllo.

L'applicazione del metodo dell'acquisizione richiede: 1. L'identificazione dell'acquirente;

2. La determinazione della data di acquisizione;

3. la rilevazione e la valutazione delle attività identificabili acquisite, delle passività identificabili assunte; 4. determinazione dei non controlling interests, ovvero gli interessi di minoranza;

5. la rilevazione e la valutazione dell'avviamento o di un utile derivante da un acquisto a prezzi favorevoli.

6. Valutazioni successive all’acquisizione;

1 . Identificazione dell'acquirente:

Per ogni aggregazione aziendale, una delle entità partecipanti all'aggregazione deve essere identificata come acquirente. Le indicazioni dell'IFRS 10 devono essere utilizzate per identificare l'acquirente - l’entità che acquisisce il controllo di un’altra entità, ossia dell’acquisita. “Il controllo è il potere di governare le politiche finanziarie e gestionali di un’entità al fine di ottenere i benefici economici dalle sue attività”(IFRS 10).

2. Determinazione della data di acquisizione:

L'acquirente deve identificare la data di acquisizione, ovvero la data in cui ottiene effettivamente il controllo dell'acquisita. La data in cui l'acquirente ottiene il controllo dell'acquisita è generalmente la data in cui l'acquirente trasferisce legalmente il corrispettivo, acquisisce le attività e assume le passività dell'acquisita-la data di chiusura del contratto. Tuttavia, l'acquirente potrebbe ottenere il controllo in una data antecedente o susseguente alla data di chiusura. Per esempio, la data di acquisizione precede la data di chiusura se un accordo scritto dispone che l'acquirente ottenga il controllo dell'acquisita in una data antecedente alla data di chiusura. Nell'identificare la data di acquisizione, un acquirente deve considerare tutti i fatti e le circostanze pertinenti.

3. Rilevazione e valutazione delle attività identificabili acquisite, delle passività identificabili assunte e qualsiasi partecipazione di minoranza nell'acquisita:

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Principio di rilevazione

Alla data di acquisizione, l'acquirente deve rilevare, separatamente dall'avviamento, le attività acquisite e le passività assunte identificabili e qualsiasi partecipazione di minoranza nell'acquisita. La rilevazione delle attività acquisite e delle passività assunte identificabili è soggetta ad alcune condizioni di rilevazione: Le attività acquisite e le passività assunte identificabili devono soddisfare le definizioni di attività e passività fornite nel quadro sistematico per la preparazione e la presentazione del bilancio alla data di acquisizione. Per esempio, i costi che l'acquirente prevede di sostenere in futuro, ma che non è obbligato a sostenere, per realizzare il proprio piano di ritirarsi da un'attività di una acquisita, di dismettere i dipendenti di un'acquisita oppure di trasferirli, non sono passività alla data di acquisizione. Pertanto, l'acquirente non rileva quei costi nell'ambito dell'applicazione del metodo dell'acquisizione. Invece, l'acquirente rileva quei costi nel bilancio successivo all'aggregazione, secondo quanto previsto da altri IFRS.

Inoltre, per soddisfare le condizioni di rilevazione nell'ambito dell'applicazione del metodo dell'acquisizione, le attività identificabili acquisite e le passività identificabili assunte devono essere parte dello scambio avvenuto tra l'acquirente e l'acquisita (o i suoi precedenti soci) nell'ambito dell'operazione di aggregazione aziendale, e non il risultato di operazioni distinte. L'acquirente deve stabilire quali attività acquisite o passività assunte sono comprese nello scambio con l'acquisita e quali, eventualmente, sono il risultato di operazioni distinte che devono essere contabilizzate secondo la loro natura e gli IFRS applicabili. L'applicazione da parte dell'acquirente del principio e delle condizioni di rilevazione può condurre a rilevare alcune attività e passività che l'acquisita non aveva precedentemente rilevato come attività e passività nel proprio bilancio. Per esempio, l'acquirente rileva attività immateriali identificabili acquisite, quali un marchio, un brevetto o un rapporto con la clientela, che l'acquisita non aveva rilevato come attività nel proprio bilancio in quanto le aveva sviluppate internamente imputando a conto economico i relativi costi.8

Le attività, le passività e le passività potenziali acquisite nella transazione sono espresse quindi al fair value alla data di acquisizione, ad eccezione delle attività non correnti (o gruppi in dismissione) classificate come beni posseduti per la vendita e valutati, secondo i criteri previsti dal principio IFRS 5, al loro valore equo, al netto dei costi di vendita. La rilevazione secondo il “metodo del costo di acquisizione” non comporta solo l’adeguamento dei valori contabili ai corrispondenti valori equi delle attività, passività e passività potenziali, ma anche l’integrazione di tali valori con quelli eventualmente non rilevati nella situazione patrimoniale ante-acquisizione; in particolare è necessario includere tra gli elementi patrimoniali anche le eventuali “attività immateriali” o “passività potenziali” non presenti nella situazione contabile ante-acquisizione, purché valutabili in modo attendibile.

L’eccedenza del costo di acquisizione delle partecipazioni sulla quota parte di interessenza del fair value degli elementi patrimoniali attivi e passivi è espressione di una particolare configurazione del valore di “avviamento” o goodwill. Le conseguenze di questa impostazione si estrinsecano in una diversa rappresentazione nel bilancio consolidato delle immobilizzazioni immateriali e del valore dell’avviamento, positivo o negativo, o più correttamente delle eccedenze, positive o negative , che insorgono in sede di consolidamento.

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Periodo di rilevazione

Se, al termine dell'esercizio in cui ha luogo l'aggregazione, la contabilizzazione iniziale di una aggregazione aziendale è incompleta, l'acquirente deve rilevare nel proprio bilancio gli importi provvisori degli elementi la cui contabilizzazione è incompleta. Durante il periodo di valutazione, l'acquirente deve rettificare con effetto retroattivo gli importi provvisori rilevati alla data di acquisizione, così da riflettere le nuove informazioni apprese su fatti e circostanze in essere alla data di acquisizione che, se note, avrebbero influenzato la valutazione degli importi rilevati in tale data. Durante il periodo di valutazione, l'acquirente deve anche rilevare attività o passività aggiuntive se ottiene nuove informazioni su fatti e circostanze in essere alla data di acquisizione che, se note, avrebbero determinato la rilevazione di tali attività e passività a partire da tale data. Il periodo di valutazione termina appena l'acquirente riceve le informazioni che stava cercando su fatti e circostanze in essere alla data di acquisizione o appura che non è possibile ottenere maggiori informazioni. Tuttavia, il periodo di valutazione non deve protrarsi per oltre un anno dalla data di acquisizione. Il periodo di valutazione è il periodo successivo alla data di acquisizione, durante il quale l'acquirente può rettificare gli importi provvisori rilevati per una aggregazione aziendale. Il periodo di valutazione concede all'acquirente un lasso di tempo ragionevole per ottenere le informazioni necessarie

4 - Determinazione dei non controlling interests, ovvero gli interessi di minoranza:

Per ogni aggregazione aziendale l'acquirente deve valutare, alla data di acquisizione, le componenti delle partecipazioni di minoranza nell'acquisita che rappresentano le attuali interessenze partecipative e conferiscono ai possessori il diritto a una quota proporzionale delle attività nette dell'entità in caso di liquidazione a un valore pari:

(a) al fair value (valore equo);

(b) alla quota proporzionale degli importi rilevati delle attività nette identificabili dell'acquisita cui danno diritto gli attuali strumenti partecipativi.

Tutte le altre componenti delle partecipazioni di minoranza saranno valutate ai rispettivi fair value (valori equi) alla data di acquisizione, a meno che gli IFRS non richiedano un diverso criterio di valutazione.

Quindi va considerata la teoria Estesa della capogruppo: questa prevede che le attività, le passività e le passività potenziali identificabili dell’acquisito che soddisfano le condizioni per la rilevazione siano rappresentate al 100% del loro fair value determinato alla data di acquisizione.

In sostanza, le quote di pertinenza dei terzi, sono determinate in proporzione alla relativa interessenza nel patrimonio netto dell’acquisita ri-espresso al fair value, in modo da attribuire alle minoranze parte dei plusvalori e/o dei minusvalori rileva per gli elementi patrimoniali dell’acquisita e determina nell’ambito dell’aggregazione aziendale

L’avviamento viene comunque determinato e distribuito in base alla quota spettante all’acquirente. Ma nel 2008 vi è stato un avvicinamento alla teoria dell’entità, opzione full goodwill, ovvero viene valutato al fair value la partecipazione di minoranza: i valori equi dell’interessenza dell’acquirente nell’acquisita e della partecipazione di minoranza determinati su base azionaria possono differire. Questo può essere dovuto all’inclusione nel fair value per azione dell’interessenza dell’acquirente nell’acquisita di un premio di controllo , o al contrario di una inclusione di uno sconto nel fai value per azione della partecipazione di minoranza.

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5- la rilevazione e la valutazione dell'avviamento o di un utile derivante da un acquisto a prezzi favorevoli: A differenza della normativa nazionale, i principi contabili internazionali prospettano una soluzione contabile sostanzialmente diversa delle eccedenze, positive o negative, emergenti dal confronto tra il costo di acquisizione e il valore pro-quota delle attività, delle passività e delle passività potenziali acquisite (IFRS 3, paragrafi 55 e 56). In particolare, il valore di avviamento è rilevato tra le attività, in base al costo sostenuto dalla società che ha acquisito la partecipazione di controllo; il valore inizialmente rilevato non è soggetto ad ammortamento (IFRS 3.55), ma è sottoposto periodicamente, ogni anno o più frequentemente, ad impairment; in caso di perdita di valore, parziale o totale, la svalutazione dell’avviamento dovrà essere imputata al conto economico.

L'acquirente, quindi, alla data di acquisizione deve rilevare l'avviamento valutandolo per l'eccedenza tra: • la sommatoria: del corrispettivo trasferito valutato al fair value alla data di acquisizione , più ,l’importo

di qualsiasi partecipazione di minoranza nell'acquisita valutato in conformità al presente IFRS e nel caso di una aggregazione aziendale realizzata in più fasi il fair value alla data di acquisizione delle interessenze nell'acquisita precedentemente possedute dall'acquirente; e

• il valore netto degli importi, alla data di acquisizione, delle attività identificabili acquisite e delle passività assunte identificabili valutate al fai value.

In caso di acquisto a prezzi favorevoli ( negative goodwill, l’IFRS non usa questo termine), che risulta dall’eccedenza, alla data di acquisizione del controllo, del valore equo delle attività identificabili, delle passività e delle passività potenziali acquisite rispetto al costo di acquisto della partecipazione di controllo, la società acquirente dovrà:

a) ri-determinare i valori attribuiti agli elementi attivi e passivi del patrimonio acquisito;

b) imputare l’eccedenza negativa come componente positivo di reddito (provento) nello stesso esercizio nel quale è avvenuta l’acquisizione. Quindi come provento a conto economico.

Il dibattito sulla soluzione data al problema della sistemazione contabile del “negative goodwill”, insieme ad altri importanti capitoli riguardanti la procedura di consolidamento (ad esempio la rilevazione del goodwill di pertinenza delle minoranze), è ancora aperto, anche in seno allo IASB, e il dibattito in corso prospetta soluzioni diverse da quelle adottate dal Principio IFRS 3.

Step acquisition:

È importante poi sottolineare un altro caso particolare, quello delle Step Acquisition, ovvero l’acquisizione realizzata in più fasi:

Talvolta un acquirente ottiene il controllo di un'acquisita in cui deteneva un'interessenza immediatamente prima della data di acquisizione. Per esempio, il 31 dicembre 2015 la società A detiene una partecipazione di minoranza del 35 per cento nella società B. In tale data, A acquista un'ulteriore partecipazione del 40 per cento in B, che le dà il controllo della società B. Il presente IFRS definisce una tale operazione come una aggregazione aziendale realizzata in più fasi. In una aggregazione aziendale realizzata in più fasi, l'acquirente deve ricalcolare l'interessenza che deteneva in precedenza nell'acquisita al rispettivo fair value (valore equo) alla data di acquisizione e rilevare nel prospetto dell'utile (perdita) d'esercizio un eventuale

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utile o perdita risultante. Negli esercizi precedenti, l'acquirente può aver rilevato nel prospetto delle altre componenti di conto economico complessivo le variazioni del valore della propria interessenza nell'acquisita (per esempio, perché la partecipazione era stata classificata come disponibile per la vendita). In tal caso, l'ammontare rilevato nel prospetto delle altre componenti di conto economico complessivo deve essere rilevato analogamente a quanto stabilito nel caso in cui l'acquirente avesse dismesso direttamente l'interessenza posseduta in precedenza.

6- Valutazioni successive all’acquisizione:

In genere, un acquirente deve successivamente valutare e contabilizzare attività acquisite, passività assunte o sostenute e strumenti rappresentativi di capitale emessi in una aggregazione aziendale.

Il conto economico dell’acquirente (bilancio Consolidato o di esercizio a seconda della forma aggregativa) accoglie gli utili e le perdite dell’ acquisito successivi alla data di acquisizione ed i ricavi ed i costi di acquisto sono rilevati in base al costo dell’aggregazione aziendale sostenuto dall’acquirente.

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CAPITOLO 3 - IAS 38: ATTIVITÀ IMMATERIALI

3.1 - ATTIVITÀ IMMATERIALI NELL’ORDINAMENTO ITALIANO:

Secondo l’ordinamento italiano, in particolare l’OIC 24 che ha lo scopo di disciplinare i criteri per la rilevazione, classificazione e valutazione delle immobilizzazioni immateriali, le attività immateriali si distinguono per due caratteristiche:

• Mancanza di tangibilità;

• L’essere costituite da costi che non esauriscono la loro utilità in un solo periodo, ossia manifestano i benefici economici lungo un arco temporale pluriennale.

L’OIC ha elaborato una nuova edizione dell’OIC 24 per tenere conto delle novità introdotte nell’ordinamento nazionale dal D.lgs. 139/2015, che ha attuato la Direttiva 2013/34/UE. La nuova versione dell’OIC 24 recepisce l’introduzione delle novità legislative connesse all’eliminazione, dalla voce dello stato patrimoniale B I 2 , dei riferimenti ai costi di ricerca e pubblicità, e delle modifiche alla norma relativa alla determinazione della vita utile dell’avviamento e dei costi di sviluppo.9

Inoltre il principio contabile fa un elenco delle attività immateriali riconosciute e sono: oneri pluriennali (costi di impianto e di ampliamento; costi di sviluppo); beni immateriali (diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno; concessioni, licenze, marchi e diritti simili); avviamento; immobilizzazioni immateriali in corso e acconti.

L’OIC 24 poi qualifica voce per voce tali elementi:

1. Gli oneri pluriennali sono costi che non esauriscono la loro utilità nell'esercizio in cui sono sostenuti e sono diversi dai beni immateriali e dall’avviamento. Gli oneri pluriennali generalmente hanno caratteristiche più difficilmente determinabili, con riferimento alla loro utilità pluriennale, rispetto ai beni immateriali veri e propri. Essi comprendono i costi di impianto e di ampliamento, i costi di sviluppo e altri costi simili che soddisfano la definizione generale di onere pluriennale.

2. I costi di impianto e di ampliamento sono i costi che si sostengono in modo non ricorrente in alcuni caratteristici momenti del ciclo di vita della società, quali la fase pre-operativa (cosiddetti costi di start-up) o quella di accrescimento della capacità operativa.

3. Lo sviluppo è l’applicazione dei risultati della ricerca di base o di altre conoscenze possedute o acquisite in un piano o in un progetto per la produzione di materiali, dispositivi, processi, sistemi o servizi, nuovi o sostanzialmente migliorati, prima dell’inizio della produzione commerciale o dell’utilizzazione. 4. La ricerca di base è un’indagine originale e pianificata intrapresa con la prospettiva di conseguire nuove

conoscenze e scoperte, scientifiche o tecniche, che si considera di utilità generica alla società. I costi di ricerca di base sono normalmente precedenti a quelli sostenuti una volta identificato lo specifico prodotto o processo che si intende sviluppare.

9 http://www.fondazioneoic.eu/wp-content/uploads/downloads/2016/12/2016-12-OIC-24-Immobilizzazioni-immateriali.pdf

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5. I beni immateriali sono beni non monetari, individualmente identificabili, privi di consistenza fisica e sono, di norma, rappresentati da diritti giuridicamente tutelati. Un bene immateriale è individualmente identificabile quando: (a) è separabile, ossia può essere separato o scorporato dalla società e pertanto può essere venduto, trasferito, dato in licenza o in affitto, scambiato; oppure (b) deriva da diritti contrattuali o da altri diritti legali, indipendentemente dal fatto che tali diritti siano trasferibili o separabili dalla società o da altri diritti e obbligazioni. Essi comprendono diritti di brevetto industriale, diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno, concessioni, licenze, marchi e altri diritti simili.

6. L’avviamento è l'attitudine di un'azienda a produrre utili che derivino o da fattori specifici che, pur concorrendo positivamente alla produzione del reddito ed essendosi formati nel tempo in modo oneroso, non hanno un valore autonomo, ovvero da incrementi di valore che il complesso dei beni aziendali acquisisce rispetto alla somma dei valori dei singoli beni, in virtù dell'organizzazione delle risorse in un sistema efficiente.

7. Le immobilizzazioni in corso sono rappresentate da costi interni ed esterni sostenuti per la realizzazione di un bene immateriale per il quale non sia ancora stata acquisita la piena titolarità del diritto (nel caso di brevetti, marchi, ecc.) o riguardanti progetti non ancora completati (nel caso di costi di sviluppo). I costi interni ed esterni sostenuti sono rappresentati - ad esempio - dai costi di lavoro, materiali e consulenza specificamente utilizzati a tal fine.

3.1.1 - Rilevazione contabile:

Le immobilizzazioni immateriali sono iscritte al costo d’acquisto o di produzione. Nel caso in cui il pagamento sia differito rispetto alle normali condizioni di mercato, per operazioni similari o equiparabili, le immobilizzazioni immateriali sono iscritte in bilancio al valore corrispondente al debito determinato ai sensi dell’OIC 19 “Debiti”. I costi iscritti in precedenti esercizi nel conto economico non possono essere ripresi e capitalizzati nell'attivo dello stato patrimoniale, in conseguenza di condizioni che non sussistevano all’epoca e che pertanto non ne avevano consentito la capitalizzazione. In una fattispecie del genere, se la società dovesse continuare anche nell'esercizio successivo a sostenere costi del medesimo tipo per le stesse ragioni (per esempio, perché il progetto avviato non è stato ancora completato), la capitalizzazione dei costi potrà aver inizio solamente a far tempo dal momento in cui tutte le condizioni necessarie per la capitalizzazione sono soddisfatte. Conseguentemente, i costi soggetti a tale trattamento sono solamente quelli sostenuti da quel momento in avanti.

La capitalizzazione degli oneri finanziari è ammessa con riferimento al periodo di fabbricazione, inteso come il tempo che intercorre tra l’esborso dei fondi al fornitore e il momento in cui il bene è pronto per l’uso. Il limite della capitalizzazione degli oneri finanziari è rappresentato dal valore recuperabile del bene.

3.1.2 - Svalutazione e rivalutazione nell’ordinamento italiano:

Svalutazione : La società valuta a ogni data di riferimento del bilancio la presenza di indicatori di perdite durevoli di valore per quanto concerne le immobilizzazioni immateriali. Se tali indicatori dovessero sussistere, la società procede alla stima del valore recuperabile dell’immobilizzazione ed effettua una

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svalutazione, ai sensi dell’articolo 2426 comma 1, numero 3, qualora l’immobilizzazione risulti durevolmente di valore inferiore al valore netto contabile. Sul punto si veda l’OIC 9 “Svalutazioni per perdite durevoli di valore delle immobilizzazioni materiali e immateriali”.

Rivalutazione : Le immobilizzazioni immateriali, costituite da beni immateriali, possono essere rivalutate solo nei casi in cui la legge lo preveda o lo consenta. Non sono ammesse rivalutazioni discrezionali o volontarie delle immobilizzazioni immateriali ovvero rivalutazioni che non derivino dall’applicazione della legge. L’accresciuto valore di un bene immateriale derivante dal processo inflattivo non può essere considerato di per sé ragione sufficiente per la sua rivalutazione, né può costituire un “caso eccezionale” di deroga al divieto di rivalutazione. I criteri seguiti per procedere alla rivalutazione, le metodologie adottate per la sua applicazione ed i limiti entro cui la rivalutazione viene effettuata devono conformarsi a quanto stabilito dalla legge in base alla quale la rivalutazione è effettuata. Se la legge non stabilisce criteri, metodologie e limiti da adottare per effettuare la rivalutazione, tutti questi elementi devono comunque essere determinati in conformità al principio generale di rappresentazione veritiera e corretta del bilancio. Il limite massimo della rivalutazione di un’immobilizzazione immateriale è il valore recuperabile dell’immobilizzazione stessa che in nessun caso può essere superato. Se la legge stabilisce che la rivalutazione di un bene immateriale debba essere effettuata in base a parametri prestabiliti, e l’adozione di tali parametri comporta l’iscrizione di un valore rivalutato che negli esercizi successivi risulta eccedente il valore recuperabile, il valore rivalutato è conseguentemente svalutato con rilevazione della perdita durevole a conto economico (OIC 9) se non disposto diversamente dalla legge. La rivalutazione di un’immobilizzazione immateriale non modifica la stimata residua vita utile del bene, che prescinde dal valore economico del bene. L’ammortamento dell’immobilizzazione immateriale rivalutata continua ad essere determinato coerentemente con i criteri applicati precedentemente, senza modificare la vita utile residua. L’effetto netto della rivalutazione non costituisce un provento ed è accreditato tra le riserve di patrimonio netto, alla voce AIII “Riserve di rivalutazione” (OIC 28 “Patrimonio netto”), salvo diversa disposizione di legge.

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3.2 - LE ATTIVITÀ IMMATERIALI NELL’ORDINAMENTO INTERNAZIONALE:

Nell’ordinamento internazionale le attività immateriali sono disciplinate dallo Ias 38. Tale principio da una definizione di esse, sostenendo che un attività è immateriale quando: “è un'attività non monetaria

identificabile priva di consistenza fisica”.

Le imprese frequentemente impiegano risorse o contraggono debiti per l'acquisizione, lo sviluppo, il mantenimento o il miglioramento di risorse immateriali quali, per esempio, le conoscenze scientifiche o tecniche, la progettazione e l'attuazione di nuovi processi o sistemi, le licenze, il patrimonio intellettuale, le conoscenze di mercato e i marchi (inclusi i nomi del prodotto e i titoli editoriali). Esempi comuni di elementi compresi in queste ampie voci sono i software per computer, i brevetti, i diritti d'autore, i filmati cinematografici, le anagrafiche clienti, i diritti ipotecari, le licenze di pesca, le quote di importazioni, le concessioni in franchising, le relazioni commerciali con clienti o fornitori, la fidelizzazione della clientela, le quote di mercato e i diritti di marketing.

Non tutti gli elementi sopracitati però soddisfano la definizione di attività immateriale, ossia: l'identificabilità, il controllo della risorsa in oggetto e l'esistenza di benefici economici futuri. Se uno degli elementi che rientrano nell'ambito del presente Principio non soddisfa la definizione data di attività immateriale, la spesa per acquisire o generare la stessa internamente è rilevata come un costo quando viene sostenuta. Tuttavia, se l'elemento è acquisito tramite un'aggregazione aziendale, esso costituisce parte integrante dell'avviamento rilevato alla data dell'acquisizione.10

Una attività per essere considerata immateriale, ai sensi dello Ias 38 deve rispondere a 3 requisiti principali: essa deve essere identificabile, controllata ed in grado di generare benefici economici futuri.

Identificabilità:

Un'attività è identificabile se:

a) è separabile, ossia può essere separata o scorporata dall'entità e venduta, trasferita, data in licenza, locata o scambiata, sia individualmente che insieme al relativo contratto, attività o passività identificabile indipendentemente dal fatto che l'entità intenda farlo o meno; o

b) Deriva da diritti contrattuali o da altri diritti legali, indipendentemente dal fatto che tali diritti siano trasferibili o separabili dall'entità o da altri diritti e obbligazioni.

Controllo:

L'entità ha il controllo di un'attività se ha il potere di usufruire dei benefici economici futuri derivanti dalla risorsa stessa e può limitare l'accesso da parte di terzi a tali benefici. La capacità dell'entità di controllare i benefici economici futuri derivanti da un'attività immateriale trae origine, in genere, da diritti legali che sono tutelabili in sede giudiziale. In assenza di diritti legali, è più difficile dimostrare che esiste controllo. Tuttavia, la tutela giuridica di un diritto non è una condizione necessaria per il controllo poiché l'entità può essere in grado di controllare i benefici economici futuri in qualche altra maniera. La conoscenza del mercato e la conoscenza tecnica possono dar luogo a benefici economici futuri. L'entità controlla questi benefici se, per esempio, tali conoscenze sono protette da diritti legali quali diritti di autore, limitazioni ad accordi commerciali (se consentiti) o un obbligo legale da parte dei dipendenti di rispettare obblighi di

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riservatezza. La società può disporre di personale dotato di particolari competenze e può essere in grado di identificare ulteriori miglioramenti delle competenze che conducono a benefici economici futuri attraverso programmi di formazione. Tuttavia, solitamente un'entità non ha un controllo sufficiente sugli attesi benefici economici futuri derivanti da un gruppo di dipendenti con particolari competenze e dalla formazione affinché questi elementi soddisfino la definizione di attività immateriale. L'entità può avere un portafoglio clienti o una quota di mercato e prevedere che, grazie agli sforzi compiuti per sviluppare le relazioni con la clientela e la sua fedeltà commerciale, i clienti continueranno a intrattenere rapporti commerciali con l'entità medesima. Tuttavia, in assenza di diritti legali, o altri mezzi di controllo, a tutela delle relazioni con la clientela e della sua fedeltà commerciale, l'entità solitamente non ha un sufficiente controllo sui benefici economici attesi derivanti dalle relazioni e dalla fedeltà commerciale affinché tali elementi (per esempio portafoglio clienti, quote di mercato, relazioni commerciali e fedeltà della clientela) soddisfino la definizione di attività immateriale.

Benefici economici futuri:

I benefici economici futuri derivanti da un'attività immateriale possono includere i proventi originati dalla vendita di prodotti o servizi, i risparmi di costo o altri benefici derivanti dall'utilizzo dell'attività da parte dell'entità. Per esempio, l'uso della proprietà intellettuale in un processo produttivo può nel futuro ridurre i costi di produzione piuttosto che incrementarne i proventi.

3.2.1 - Rilevazione contabile:

La rilevazione di un elemento come attività immateriale richiede che l'entità dimostri che detto elemento soddisfi:

a) la definizione di attività immateriale ;

b) i criteri di rilevazione

La natura delle attività immateriali è tale che, in molti casi, non ci sono incrementi a una tale attività o sostituzioni di una sua parte. Di conseguenza, la maggior parte delle spese successive sono sostenute per il mantenimento dei benefici economici futuri attesi compresi in un'attività immateriale esistente piuttosto che per soddisfare la definizione di attività immateriale e i criteri di rilevazione nel presente Principio. Inoltre, è spesso difficile attribuire costi successivi direttamente a una specifica attività immateriale piuttosto che all'attività aziendale nel suo complesso. Ne consegue che solo raramente una spesa successiva - sostenuta dopo l'iniziale rilevazione di un'attività immateriale acquisita o dopo il completamento di un'attività immateriale generata internamente - sarà rilevata nel valore contabile di un'attività. Le spese successive per marchi e altri elementi simili nella sostanza (sia acquistati o generati internamente) sono sempre imputate al conto economico dell'esercizio in cui sono sostenute. Ciò perché tale spesa non può essere distinta dalle spese per sviluppare l'attività aziendale nel suo complesso.

Un'attività immateriale deve essere rilevata come tale se, e solo se:

a) è probabile che i benefici economici futuri attesi che sono attribuibili all'attività affluiranno all'entità; e b) il costo dell'attività può essere determinato attendibilmente.

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L'entità deve valutare la probabilità che si verifichino benefici economici futuri usando presupposti ragionevoli e sostenibili che rappresentano la migliore stima della direzione aziendale dell'insieme di condizioni economiche che esisteranno nel corso della vita utile dell'attività.

Un'attività immateriale deve essere misurata inizialmente al costo.11

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Da questo schema è facilmente comprensibile quando una attività immateriale debba essere iscritta. Infatti se risponde ai 3 requisiti sopra descritti, ovvero quello dell’identificabilità, del controllo e della capacità di generare benefici economici futuri, è necessario fare una ulteriore analisi. Infatti una volta che tale risorsa è stata identificata bisogna capire la probabilità che i benefici futuri di essa si realizzino. Nel caso che la probabilità sia bassa, non deve essere contabilizzato, in caso contrario, e se il costo è attendibilmente qualificabile si potrà procedere alla contabilizzazione.

Detto questo, è necessario sapere che le risorse immateriali sono ottenibili in vari casi:

• Acquisto individuale: Le immobilizzazioni immateriali acquistate separatamente sono sempre iscrivibili nello Stato Patrimoniale perché è sempre da ritenere probabile che l’azienda trarrà da queste risorse acquisite benefici economici (ragione della transazione) e perché i costi sono determinabili in maniera attendibile;

• Acquisto tramite Business combination: Sono tutte riconoscibili perché è sempre da ritenere probabile che l’azienda trarrà da queste risorse acquisite benefici economici (ragione della transazione) e il “fair value” alla data di acquisizione può essere determinato in maniera attendibile. Inoltre il costo di tali risorse è dato dalla valutazione al fair value al momento dell’acquisto;

• Contributo pubblico;

11 http://www.revisorionline.it/IAS_IFRS/ias38.htm#fin 12 Slide professor Allegrini.

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