• Non ci sono risultati.

Sintesi e caratterizzazione di nanoparticelle magnetiche funzionalizzate per la purificazione dell'acqua

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Sintesi e caratterizzazione di nanoparticelle magnetiche funzionalizzate per la purificazione dell'acqua"

Copied!
70
0
0

Testo completo

(1)

Indice

1 INTRODUZIONE 3

1.1 Cause ed eetti dell'inquinamento . . . 5

1.1.1 Sostanze inquinanti . . . 5

1.1.2 Inquinamento acquatico . . . 5

1.2 Soluzioni attuali per la potabilizzazione . . . 7

1.3 Soluzioni Alternative . . . 9

1.4 Lavoro svolto . . . 12

2 PROPRIETÀ MAGNETICHE DELLE NANOPARTICEL-LE 15 2.1 Cenni Teorici . . . 15

2.2 Classicazione delle Sostanze . . . 17

2.2.1 Materiali a bassa suscettività . . . 17

2.2.2 Materiali ad alta suscettività . . . 17

2.3 Comportamento magnetico delle nanoparticelle . . . 21

2.4 Applicazioni . . . 23

3 SINTESI E CARATTERIZZAZIONE DELLE NANOPAR-TICELLE 25 3.1 Metodi di Sintesi . . . 25 3.1.1 Coprecipitazione . . . 26 3.1.2 Decomposizione termica . . . 26 3.1.3 Microemulsione . . . 27 3.1.4 Sintesi solvotermale . . . 27

3.2 Teoria della nucleazione . . . 29

3.2.1 Temperatura . . . 32

3.2.2 Concentrazione dei precursori di ferro . . . 33

3.2.3 Velocità di aggiunta della base . . . 35

3.2.4 Presenza di agenti cappanti . . . 35

3.2.5 Mescolamento . . . 35

3.3 Parte sperimentale . . . 36

3.3.1 Valori studiati . . . 37

3.4 Caratterizzazione . . . 39 1

(2)

3.4.1 Dimensioni, Distribuzioni e Composizione . . . 39

3.4.2 Magnetizzazione, Solubilità e Ioni liberi . . . 39

3.4.3 Recupero, Pressione osmotica e Flussi d'acqua . . . 40

4 RISULTATI E DISCUSSIONI 41 4.1 Identicazione della fase magnetite e valutazione della dimen-sione dei grani . . . 41

4.2 Dimensioni, Distribuzioni e Composizione . . . 43

4.2.1 Eetto della Temperatura . . . 43

4.2.2 Eetto della Concentrazione . . . 44

4.2.3 Eetto della Velocità di aggiunta della base . . . 46

4.2.4 Eetto del Mescolamento . . . 46

4.2.5 Eetto della Presenza di cappante . . . 47

4.3 Magnetizzazione, Solubilità e Ioni liberi . . . 49

4.4 Recupero, Pressione osmotica e Flussi d'acqua . . . 52

4.4.1 Separatore magnetico . . . 52

4.4.2 Pressione osmotica e Flussi d'acqua . . . 55

4.5 Problemi incontrati . . . 56

(3)

Capitolo 1

INTRODUZIONE

Anche se la supercie terrestre è coperta per il 71% d'acqua, solo lo 0,008% di questa è dolce e pertanto potenzialmente disponibile per il consumo. Si tratta quindi di un quantitativo irrisorio e oltretutto distribuito in modo ineguale sulla supercie terrestre.

A partire dagli anni Sessanta, il consumo dell'acqua è aumentato in modo fortissimo tanto da pregurarsi come un vero e proprio problema per le future generazioni.

Il fatto è tanto più evidente nei Paesi altamente industrializzati, come in Europa e negli Stati Uniti, dove all'incremento dei consumi si aggiungono sprechi e inquinamenti massicci che riducono in modo sensibile le riserve idriche a disposizione.

Nel mondo più di un miliardo di persone non hanno accesso all'acqua potabile e si stima[1] che nell'anno 2025, quando la popolazione supererà gli 8 miliardi, saranno tre i miliardi di individui che non avranno la quantità di acqua necessaria alla sopravvivenza.

Già oggi alcuni dati sono preoccupanti: in Africa meno del 60% della popolazione dispone di acqua potabile e meno della metà usufruisce di servizi igenici; in Papua Nuova Guinea il 70% della popolazione non ha accesso all'acqua, in Zambia la percentuale è del 73% e in Burkina Faso sale al 78%. Un cittadino nordamericano utilizza 1.700 metri cubi di acqua all'anno; la media in Africa è di 250 metri cubi all'anno. 40 litri d'acqua vengono usati in Italia per la doccia, per gli altri rappresenta l'acqua di intere settimane.

Ottocento milioni sono le persone che non hanno un rubinetto in casa e secondo le stime dell'OMS [2], l'Organizzazione Mondiale per la Sanità, più di 200 milioni di bambini muoiono ogni anno a seguito del consumo di acqua insalubre e per le cattive condizioni sanitarie che ne derivano. Complessi-vamente si stima che l'80% delle malattie nei Paesi del Sud del mondo sia dovuto alla cattiva qualità dell'acqua.

L'Italia è prima in Europa per il consumo d'acqua e terza nel mondo con 1.200 metri cubi di consumi l'anno pro capite; più di noi soltanto gli Stati

(4)

Uniti e il Canada. Allarme sullo spreco anche da parte del WWF che avverte che la disponibilità d'acqua dolce in Italia sta scendendo dai 2.700 metri cubi pro capite ai 2.000 metri cubi.

Un'aggravante del problema è l'impoverimento delle falde acquifere del sottosuolo; l'acqua dolce facilmente disponibile infatti si sta riducendo sen-sibilmente e, per soddisfare la richiesta in continuo aumento occorre scavare pozzi sempre più profondi. Le cause del calo sono molteplici e possono essere così sintetizzate[3]:

Crescita demograca: considerato che i consumi sono direttamente pro-porzionali alla crescita della popolazione mondiale (negli ultimi cento anni i consumi sono cresciuti ad una velocità doppia dell'incremento demograco) si prevede, con questi tassi di crescita, che dopo il 2025 i consumi mondiali non potranno essere soddisfatti dalle attuali risorse; in aggiunta a ciò i paesi a più alto tasso di crescita demograca (Africa, Cina e India) sono proprio quelli che si trovano nelle peggiori situazioni di approvvigionamento.

Alterazione degli ecosistemi: la costruzione di dighe per lo sfruttamento idroelettrico e la deviazione di corsi d'acqua a scopo irriguo (si parla di oltre 36.000 dighe con invasi superiori ai 15 metri di altezza, distribuite su tutto il pianeta), hanno portato alla distruzione di importanti ecosistemi con sparizioni di zone umide, insabbiamento degli estuari, reussi di acqua salata e salinizzazione delle falde. Inoltre l'aumento della temperatura terrestre mette a rischio la sopravvivenza dei ghiacciai sia di montagna che dei poli, vere riserve di acqua dolce.

Sprechi: la distribuzione delle risorse idriche non è omogenea e avvantag-gia pochi paesi. In Europa e negli Stati Uniti l'acqua si trova in abbondanza e gli sprechi delle acque irrigue e degli impianti di distribuzione rendono inutilizzabili enormi quantità del prezioso liquido.

Consumo di acqua in agricoltura: l'irrigazione delle terre coltivate costi-tuisce uno dei settori di maggior consumo di acqua se si pensa che dagli inizi del '900 ad oggi i prelievi e i consumi sono aumentati di ben cinque volte. Attualmente il consumo di acqua per irrigazione è in media di 2.700 metri cubi per ogni tonnellata di prodotto ottenuto.

Inquinamento: le falde acquifere, il polmone azzurro della terra, sono sempre più spesso contaminate da pesticidi, arsenico, metalli pesanti, ni-trati, solventi, petrolio ecc. mescolati in un cocktail velenoso che rende inutilizzabili le fonti. Il 15% dei campioni di acqua di falda Usa presentano concentrazioni di nitrati superiori alla media, come nello Sri Lanka il 79% dei pozzi sono fuorilegge sempre per i nitrati, così come i pozzi della Roma-nia e della Moldavia, in Gran Bretagna 350 stazioni di servizio Shell hanno contaminato le falde acquifere con i carburanti.

(5)

1.1. CAUSE ED EFFETTI DELL'INQUINAMENTO 5 delle acque di riuto, così dette perchè contenenti sostanze estranee dovute a scarichi di industrie, comunità, abitazioni e che possono provocare perico-losi inquinamenti dei corsi d'acqua, dei mari e dei terreni nei quali vengono scaricate; pertanto dovrebbero essere preventivamente depurate. Essendo la puricazione dell'acqua il punto focale del lavoro di tesi concentriamoci a studiare cause, eetti e tipi di inquinamento.

1.1 Cause ed eetti dell'inquinamento

Per inquinamento si intende un complesso di eetti nocivi che si ripercuotono sulla biosfera e quindi sull'uomo, dipendenti dall'azione di fattori di alterazio-ne (inquinanti) degli equilibri esistenti, liberati per lo più come sottoprodotti dell'attività umana nell'aria, nell'acqua e nel suolo.

1.1.1 Sostanze inquinanti

Le sostanze inquinanti liberate nella biosfera sono per lo più prodotte dall'at-tività umana nel suo vario articolarsi: biologica (riuti organici), domestica (riscaldamento e immondizie), industriale (in particolare i settori chimico, petrolchimico, cartario, metallurgico ed energetico), agricola (letame, ferti-lizzanti articiali, pesticidi) e trasporti. Va ricordato che oltre all'mento diretto ne esiste uno indiretto, dovuto a modicazioni degli inquina-menti primari le quali si vericano in particolari condizioni ambientali; spesso i prodotti che si liberano risultano più tossici e di più vasto raggio di azione degli inquinanti organici: così, per esempio, per eetto catalitico della radia-zione ultravioletta dei raggi solari su ossidi di azoto e idrocarburi insaturi si formano dei perossidi, come il perossiacetilnitrato e l'ozono, che costitui-scono il cosiddetto smog fotochimico che ha eetti dannosi sia sull'uomo sia sulla vegetazione. A seconda dell'ambiente contaminato si usa comunemente distinguere l'inquinamento in atmosferico, dell'acqua e del suolo.

In particolare l'oggetto di interesse del lavoro di tesi è l'inquinamen-to delle acque, del quale verrà parlal'inquinamen-to ampiamente prima di proporre una soluzione.

1.1.2 Inquinamento acquatico

Fino a che l'industria era inesistente, o allo stato embrionale, ancora non esistevano detersivi e fertilizzanti chimici e gli agglomerati urbani era ben lontani dalle dimensioni attuali, i processi di auto depurazione dell'acqua e del suolo sono stati sucienti a evitare l'inquinamento delle acque.

L'aumento della popolazione, lo sviluppo industriale e la diusione del-l'impiego di prodotti chimici in tutte le attività umane hanno provocato un notevole aumento della quantità dei liquami e una radicale modica della

(6)

loro composizione: non si tratta più di sostanze organiche facilmente bio-degradabili, ma di una miscela di sostanze organiche e inorganiche, alcune della quali molto dannose ed estremamente dicile da eliminare.

Le acque interne risultano inquinate da scarichi industriali, agricoli e ur-bani. Gli inquinanti diusi negli euenti industriali sono principalmente composti chimici in soluzione o sotto forma di emulsione e schiume: acidi e basi forti, sali minerali (particolarmente di cromo, zinco, cadmio, rame , nichel, piombo, sali ammoniacali e inoltre cloruri, uoruri, solfuri, cianuri, solti e idrosolti), idrocarburi, catrame, oli vegetali e grassi, fenoli, amidi e zuccheri, coloranti, ecc; inoltre sono presenti materiali solidi di varia di-mensione e di natura organica o minerale (colloidi, residui della lavorazione del legno e della carta, scarti e residui dell'industria alimentari, sabbie, pie-trisco, ecc) e radioisotopi. Negli euenti urbani prevalgono invece sostanze organiche putrescibili più o meno contaminate da forme microbiche patoge-ne e parassitarie, e schiume da detersivi e saponi. L'immissiopatoge-ne di scarichi agricoli apporta soprattutto sostanze nutritive e biocide per dilavamento di fertilizzanti e pesticidi dai campi. L'inquinamento marino risulta, oltre che dal deusso delle acque interne inquinate, dallo scarico diretto operato, senza ecaci depurazioni, da industrie e insediamenti urbani costieri e dall'elimi-nazione di riuti da parte di ogni tipo di naviglio. Va inoltre tenuto conto che gran parte degli inquinanti atmosferici nisce prima o poi per precipitare in mare.

Il mare risulta gravemente contaminato anche a notevolissima distanza dalle coste; l'inquinamento più diuso è il petrolio a causa della pratica delittuosa di scaricare in mare dalle petroliere le acque di lavaggio delle cisterne, del ripetersi di incidenti e di naufragi che coinvolgono petroliere, dall'estrazione di petrolio dalle piattaforme continentali.

Esistono però dei meccanismi naturali che permettono di sopportare, o meglio di eliminare, sostanze inquinanti che naturalmente vanno ad accumu-larsi nelle acque. Qualora vengano immesse nelle acque sostanze organiche in forti dosi, esse vengono demolite da batteri aerobi e trasformate in sostanze più semplici tramite l'utilizzazione di una certa parte dell'ossigeno disciolto; se poi vengono liberati elementi inquinanti in concentrazioni più massicce, verrà consumato dall'attività batterica aerobia sia tutto l'ossigeno disciolto sia quello via via assorbito dall'ambiente esterno; in seguito si instaurerà una popolazione batterica anaerobia, indierente all'assenza di ossigeno e capace di demolire i composti organici trasformandoli in sostanze nocive, letali per la vita della biocenosi acquatica vegetale e animale.

Anche lo scarico di composti tossici e di riuti di origine industriale è fatale agli organismi acquatici: 0.14 mg/l di solfato di rame sono già su-cienti a uccidere una trota per asssia a livello branchiale; solfuri, cianuri e ammoniaca invece ne determinano l'asssia a livello del circolo sanguigno e delle cellule in genere. I detergenti che sovente ricoprono con uno spesso strato schiumoso intere superci d'acqua, per la loro complessa struttura

(7)

1.2. SOLUZIONI ATTUALI PER LA POTABILIZZAZIONE 7 chimica a catena ramicate dicilmente vengono aggrediti e degradati dai batteri in composti più semplici e meno nocivi; tali sostanze pertanto altera-no fortemente le caratteristiche siche dell'acqua provocando la scomparsa della ora, del plancton e con essi tutte le componenti superiori della catena alimentare. Ciò provoca, oltre all'estendersi larghi strati superciali di ma-terie in decomposizioni varie, la diusione in acque sia dolci sia marine di batteri e virus (del tifo, della dissenteria, del colera, dell'epatite virale, ecc) e l'assorbimento di questi microorganismi patogeni da parte di molluschi de-stinati all'alimentazione. Lo strato superciale di petrolio o idrocarburi vari costituiscono inne vere e proprie barriere impermeabili tra aria e acqua, im-pedendo il disciogliersi dell'ossigeno atmosferico e portando alla morte per asssia dell'intero ecosistema sommerso.

1.2 Soluzioni attuali per la potabilizzazione

La potabilizzazione consiste in una serie di trattamenti atti a rimuovere tutte le sostanze, inquinanti o meno, all'acqua grezza al ne di renderla idonea al consumo umano, per i normali utilizzi domestici o per l'irrigazione.

Data la domanda sempre crescente di acqua potabile e l'impoverimento delle sorgenti naturali (acqua profonde), si è costretti a fare ricorso sempre più alle acqua superciali le quali, a causa dell'inquinamento, necessitano di alcuni trattamenti per la potabilizzazione.

A seconda dell'origine (laghi, umi, mare), sono richiesti trattamenti dierenti perché diversi sono gli inquinanti presenti e le concentrazioni[4].

Per quel che riguarda l'acqua di mare il processo principale a cui viene sot-toposta è la dissalazione, ossia la rimozione della frazione salina, operazione molto dispendiosa dal punto di vista energetico. Le operazioni unitarie usa-te per la dissalazione infatti, pur essendo molto ecaci, hanno un'ecienza energetica piuttosto bassa.

Acque relativamente poco inquinate sono puricate tramite una serie di operazioni unitarie classiche che vengono distinte solitamente in:

Trattamenti sici: si tratta di operazioni semplici e che richiedo-no poca energia. Essi prevedorichiedo-no una grossolana grigliatura primaria, una sedimentazione delle particelle sospese ed eventualmente una ltrazione.

Trattamenti chimici: sono trattamenti atti a rimuovere sostanze chi-miche e particelle colloidali non sedimentabili e non eliminabili con tratta-menti sici. Essi prevedono l'uso di sostanze coagulanti e occulanti che aggregano le sostanze disciolte in occhi rimovibili per sedimentazione o l-trazione. Altro trattamento è l'addolcimento che prevede la rimozione dei bicarbonati di calcio e magnesio per trattamento alcalino. Sono eseguite an-che operazioni di ossidazione di sostanze organian-che disciolte con aria, disinfe-zione con sostanze chimiche, raggi UV o sonicadisinfe-zione, e inne trattamenti per

(8)

la rimozione di sostanze colorate o che impartiscono odore e sapore tramite carboni attivi.

Queste operazioni però possono essere eseguite su acque con un contenuto di sostanze inquinanti non troppo elevato e/o non particolarmente pericolo-se; acque particolarmente inquinate devono essere trattate con altri metodi (l'acqua di mare o con alto contenuto di metalli pesanti ecc rientrano in queste categorie).

La principale via usata per trattare l'acqua non puricabile col metodo classico è l'osmosi inversa; un'operazione unitaria che prevede di forza-re l'acqua attraverso membrane polimeriche che consentono alla molecole d'acqua di passare bloccando però i sali e in generale impurità organiche e inorganiche. Il fenomeno non è spontaneo e richiede l'applicazione di un lavoro meccanico maggiore o uguale di quello necessario per annullare l'eet-to delle pressione osmotica dell'acqua da depurare. Il mel'eet-todo, pur essendo promettente, non è allo stato attuale competitivo per l'alto consumo energe-tico; le membrane, normalmente di acetato di cellulosa, devono essere molto sottili e sopportare una notevole pressione e perciò, pur essendo sostenute da supporti che ne riducono molto la supercie, la loro durata è piuttosto limitata. Per questo motivo i paesi che possono permettersi di potabilizzare l'acqua tramite osmosi inversa sono pochissimi. Il costo di un litro di acqua prodotto per osmosi è infatti almeno doppio rispetto all'acqua prodotta da sorgenti convenzionali. Sono da citare gli impianti di dissalazione via osmosi inversa di San Diego (USA) e Tel Aviv (Israele); questi utilizzano nuovissime tecnologie di controllo e membrane speciali portando ad una riduzione dei prezzi dell'acqua prodotta in questo modo da un terzo alla metà[5].

Comunque, anche se i sistemi diventano più intelligenti, l'osmosi inversa è ancora un divoratore di energia; l'impianto americano per esempio consumerà 2,8 kW h/m3 d'acqua per la sola dissalazione.

Alcuni piccoli sistemi di osmosi inversa, che utilizzano processi congurati in modo diverso (acqua corrente in lotti piuttosto che a pompaggio continuo) stanno scendendo a 1,5-1,7 kW h ma la tecnologia non è stata dimostrata su larga scala.Il vero problema sono le membrane; esse sono fatte di poliammide relativamente spessa e sono tutt'altro che ideali. Alcuni gruppi di ricerca stanno cercando materiali più ecienti: al MIT è in corso una ricerca per costruire membrane in grafene spesse un singolo atomo, con pori di meno di un nanometro di diametro [5].

I modelli al computer hanno dimostrato che le membrane di grafene po-trebbero ridurre l'energia utilizzata in osmosi inversa dal 15 al 45%. Anche questa tecnologia non è stata dimostrata ed è comunque limitata dai costi esorbitanti (anche se destinati a scendere) dei fogli di grafene.

Citiamo solamente l'evaporazione come tecnica alternativa all'osmosi per-ché potenzialmente applicabile all'industria. La dissalazione è eseguita per evaporazione e successiva condensazione dell'acqua tramite evaporatori a

(9)

1.3. SOLUZIONI ALTERNATIVE 9 multiplo eetto che lavorano di solito in controcorrente e utilizzano vapore di rete come sorgente termica. A meno che non ci sia un soluto da recuperare, questa tecnica è nettamente più costosa dell'osmosi e non viene praticamente mai utilizzata.

1.3 Soluzioni Alternative

Soluzioni alternative all'osmosi classica sono state proposte negli ultimi anni con uno sviluppo notevole delle nanotecnologie.

Sono in corso numerose ricerche che hanno lo scopo di migliorare la qualità delle membrane semipermeabili o di trovare materiali con proprietà battericide.

Esistono anche progetti che prevedono l'utilizzo di nanoparticelle per la depurazione dell'acqua. I metodi di solito utilizzati consistono nel funzio-nalizzare nanoparticelle di materiali particolari (metalli puri, ossidi semplici o misti) in modo da conferire loro particolari proprietà utili per l'elimina-zione di sostanze inquinanti o microorganismi 1.1. Degne di nota sono le Nps di argento drogate con ossido di titanio; questo materiale, se opportu-namente irradiato, forma dei radicali idrossilici liberi in soluzione che vanno a inattivare i virus batteriofagi[6].

Figura 1.1: rappresentazione graca di una nanoparticella funzionalizzata sulla supercie.

Anche particelle magnetiche sono state testate per la puricazione del-l'acqua: il core magnetico infatti consente loro di essere facilmente e velo-cemente rimosse dall'ambiente acquoso una volta terminato il loro lavoro.

(10)

Il metodo prevede la dispersione di NPs opportunamente funzionalizzate per adsorbire inquinanti come microrganismi, metalli o sostanze organiche sulla supercie[7][8]. Rimosse le sostanze indesiderate si può procedere al recupero delle nanoparticelle tramite separazione magnetica (Figura 1.2).

Figura 1.2: Depurazione dell'acqua da parte di nanoparticelle magnetiche. La funzionalizzazione consente loro di adsorbire sostanze inquinanti sulla supercie.

Tale metodo permette un facile recupero delle particelle disperse senza necessità di passaggi di ltrazione, necessario invece per le particelle non magnetiche. Oltre a questo il processo è veloce e l'energia spesa è molto piccola.

Ci sono comunque dei problemi: le particelle infatti devono essere trattate dopo ogni ciclo per desorbire gli inquinanti sottratti. Inoltre la funzionaliz-zazione deve essere ottimizzata (o specica) per una classe di inquinanti; per esempio particelle attive nei confronti dei metalli non possono esserlo anche per sostanze organiche. Questo ci costringe ad usare una miscela di nanopar-ticelle funzionalizzate per diverse classi di inquinanti con relativi problemi di riattivazione.

Per evitare tali problemi abbiamo pensato ad un processo di puricazione in cui le FMNPS non vengano mai a contatto con gli inquinanti, e quindi non necessitino di trattamenti a ne ciclo. Il metodo proposto ha un'alta ecienza e permette di puricare l'acqua dai sali e dai microrganismi.

Il processo (Figura 1.3) può funzionare grazie ad una sostanza la cui solu-bilità può essere controllata a piacere, proprietà che permette la dispersione e il facile recupero in ambiente acquoso. Nanoparticelle magnetiche oppor-tunamente funzionalizzate possono essere usate per questo scopo, poiché possono essere disperse in acqua e separate con un campo magnetico.

Il processo è concettualmente semplice e necessita solo di un apparato per osmosi (vasi comunicanti tramite una membrana semipermeabile) e di un separatore magnetico. Viene sfruttata la pressione osmotica delle soluzioni

(11)

1.3. SOLUZIONI ALTERNATIVE 11 per puricare l'acqua inquinata con un ciclo in discontinuo che si divide in quattro fasi:

ˆ 1)passaggio di acqua dalla soluzione inquinata alla soluzione di FMNPS attraverso una membrana semipermeabile,

ˆ 2) rimozione di inquinanti concentrati,

ˆ 3) separazione magnetica di FMNPS dall'acqua,

ˆ 4) ri-dispersione di FMNPS e rimessa in circolo delle stesse.

Figura 1.3: Ciclo di puricazione dell'acqua con FMNPS. 1) l'acqua passa attraverso la membrana semipermeabile concentrando gli inquinanti e di-luendo la soluzione di nano particelle, 2) le soluzioni vengono separate e gli inquinanti scartati. 3) Le nano particelle vengono separate dall'acqua e 4) riciclate per il successivo trattamento.

Dalla ricerca in letteratura abbiamo scoperto che altri autori avevano già pensato ad un metodo molto simile. Nonostante la letteratura non sia

(12)

così vasta negli ultimi anni sono stati studiati dei metodi che prevedevano di usare una soluzione detta estraente per facilitare l'osmosi inversa o per essere impiegata in un processo di forward osmosis (FO), tra cui rientra la nostra idea [9].

In particolare il Prof. Thai Shai Chung della National University of Singapore è stato probabilmente il primo ad applicare le nano particelle magnetiche in un processo FO[9][10]; per il lavoro di tesi svolti gli articoli del Prof. Chung (col quale abbiamo collaborato) sono stati usati come punto di riferimento con l'obbiettivo di migliorare i risultati da lui ottenuti.

Il vantaggio della FO rispetto all'osmosi inversa e alla nano ltrazione è la sua ecienza; l'energia utilizzata infatti è molto piccola e la rimozione di sali o microrganismi è di oltre il 99%[11].

Il primo step del ciclo è possibile solo se la pressione osmotica della di-spersione di FMNPS è maggiore di quella dell'acqua inquinata. In tal caso, si instaura un usso d'acqua spontaneo dall'acqua inquinata alla dispersione di FMNPS. Per evitare inoltre di avere inquinamento da parte delle stesse particelle il loro recupero deve essere completo.

L'unico vero limite è dovuto alla pressione osmotica che la funzionaliz-zazione delle particelle può impartire alla soluzione; in questo caso infatti, a dierenza degli altri metodi, non è possibile puricare acqua con osmolarità superiore a quella della dispersione di nanoparticelle, se non tramite appli-cazione di una pressione. Il processo è quindi pensato per acque non trop-po inquinate quali trop-possono essere quelle di lagni, umi, stagni ecc; l'acqua marina resta, per il momento, fuori dalla portata.

1.4 Lavoro svolto

Il nostro lavoro si è focalizzato sulla sintesi di nanoparticelle aventi le carat-teristiche richieste, ossia che impartiscano un'elevata pressione osmotica se disperse in acqua e che siano completamente recuperabili. La via sintetica scelta è la coprecipitazione per la sua velocità e scalabilità[11].

Non conoscendo con precisione le dimensioni delle MNPS adatte al pro-cesso abbiamo dovuto condurre diverse sintesi.

Dalla letteratura [12][13][14] abbiamo notato l'esistenza di moltissime varianti del metodo della coprecipitazione ma la mancanza di uno studio sistematico dei parametri di reazione, probabilmente dovuti all'elevato nu-mero degli stessi. Ogni autore utilizza il proprio metodo, ottimizzato per le particelle di interesse, senza soermarsi a descrivere perché le condizioni di reazioni portino un certo prodotto.

Abbiamo perciò deciso di condurre uno studio sistematico per vedere come alcuni dei parametri di reazione inuissero sulle dimensioni delle par-ticelle. Abbiamo studiato T, concentrazione, velocità di aggiunta della base, presenza di cappante e tipo di mescolamento. Non ci siamo soermati a

(13)

1.4. LAVORO SVOLTO 13 studiare dierenze dovute al tipo di base, alla velocità di mescolamento e al controione dei precursori di ferro perché abbiamo ritenuto la letteratura soddisfacente e riproducibile confermandone i risultati[15][16].

Successivamente sono stati testati una serie di campioni di FMNPS che potevano dare buoni risultati per il processo pensato, misurando la disper-dibilità al variare dell'agente cappante.

Abbiamo cercato inoltre di ottimizzare un separatore a magneti perma-nenti per facilitare il recupero delle FMNPS.

(14)
(15)

Capitolo 2

PROPRIETÀ MAGNETICHE

DELLE NANOPARTICELLE

In questo capitolo verranno ripresi brevemente i concetti classici che riguar-dano il magnetismo nei mezzi materiali. Verrà mostrato come le proprietà magnetiche sono fortemente dipendenti dalle dimensioni del mezzo e come il comportamento dei nanomateriali sia unico nel suo genere. Verranno inne accennate alcune delle applicazioni degli stessi.

2.1 Cenni Teorici

Consideriamo un materiale omogeneo in cui gli atomi o le molecole costituenti siano dotati di un momento magnetico elementare; supponiamo di realizzare un cilindro macroscopico molto lungo rispetto alla sua sezione. Supponia-mo inne che tutti questi Supponia-momenti magnetici siano allineati parallelamente all'asse del cilindro; in tale circostanza si osserva che le correnti elementari interne al cilindro tendono ad elidersi mutuamente, lasciando il solo contri-buto delle correnti situate in corrispondenza della supercie. Pertanto, dal punto di vista macroscopico il campo magnetico del cilindro equivale a quel-lo prodotto da una distribuzione uniforme di corrente sulla supercie delquel-lo stesso; tale corrente prende il nome di corrente di magnetizzazione [17].

La corrente di magnetizzazione può essere descritta in maniera quan-titativa introducendo il vettore di magnetizzazione ~M; sia ~m il momento magnetico medio delle singole molecole (o atomi) nella direzione dell'asse del cilindro magnetizzato e n il numero di molecole per unità di volume. Una misura del grado di allineamento dei dipoli magnetici molecolari del cilindro è dato dal vettore:

~

M = nh ~mi

(16)

Consideriamo un tratto di lunghezza l del cilindro introdotto; per eet-to della sua magnetizzazione uniforme, il veteet-tore M sarà diverso da zero all'interno e nullo all'esterno. Se S è la sezione del cilindro il momento magnetico totale sarà MlS, ossia proporzionale alla magnetizzazione e al volume dove esse esiste. D'altra parte, per l'equivalenza vista precedente-mente, se Jmsindica il vettore densità lineare di corrente di magnetizzazione,

il momento magnetico associato a tale corrente ha modulo JmslS. Siccome

queste sono due dierenti rappresentazioni dello stesso fenomeno sico, le due corrispondenti quantità devono essere uguali, ovvero:

Jms= ~M × ˆn

Dove ˆn è un vettore unitario diretto in direzione del raggio del cilindro. Immaginiamo ora di immergere il nostro cilindro in un campo magnetico uni-forme e parallelo al suo asse. Per il principio di sovrapposizione il campo ma-gnetico all'interno del cilindro sarà dato dalla somma del campo mama-gnetico esterno e del campo di magnetizzazione secondo l'equazione:

~

B = ~B0+ ~BM= µ0Js+ µ0Jms

deniamo ora il campo H: ~ H = B~

µ0 − ~M

Analogamente alla suscettività elettrica, la suscettività magnetica do-vrebbe essere denita come il rapporto fra il vettore magnetizzazione e il campo magnetico applicato. Per motivi storici però si è preferito denirla come il rapporto fra M ed H:

χ = M~ ~ H

Questo ci consente di esprimere il campo magnetico come: ~

(17)

2.2. CLASSIFICAZIONE DELLE SOSTANZE 17 dove la quantità 1 + χ è denita permeabilità magnetica del mezzo.

2.2 Classicazione delle Sostanze

Senza entrare troppo nel merito della teoria possiamo fare una classicazione delle sostanze in base al valore della loro suscettività. Sebbene la classi-cazione che faremo sia semplicistica e incompleta, al suo interno vengono raggruppate la maggior parte delle sostanze di uso comune, compresa la magnetite di cui le nanoparticelle sono costituite.

In base alla suscettività possiamo distinguere i materiali in [18]:

2.2.1 Materiali a bassa suscettività

Diamagnetici: Nelle molecole di questi materiali non vi sono elettroni spa-iati e per tanto non possiedono un momento di dipolo magnetico intrinseco. Il diamagnetismo si manifesta in presenza di un campo magnetico con una magnetizzazione avente verso opposto a quella associata al campo esterno applicato al materiale. Tali sostanze hanno suscettività magnetica negativa, di solito dell'ordine di −10−6. Questa proprietà non dipende dalla

tempera-tura in quanto è legata a meccanismi interni all'atomo che non coinvolgono scambi di energia termica tra gli atomi o le molecole. Tutti i materiali mo-strano un comportamento diamagnetico, tuttavia quando questi hanno anche altre proprietà magnetiche l'eetto è trascurabile. La magnetizzazione in-dotta infatti ha un valore piuttosto piccolo rispetto al campo che la induce, e spesso può essere trascurata. Le sostanze che hanno comportamento dia-magnetico sono, nell'esperienza comune, "non magnetiche" come l'acqua, la maggior parte delle sostanze organiche e alcuni metalli come il mercurio, l'oro, il rame, l'argento ed il bismuto.

Paramagnetici: sono materiali in cui gli elettroni spaiati degli atomi costituenti la materia presentano momenti magnetici orientati in maniera aleatoria per eetto dell'agitazione termica. Sotto l'azione di un campo ma-gnetico esterno i momenti elementari tendono ad orientarsi parallelamente ad esso, dando origine ad una magnetizzazione di verso concorde con quello del campo e di intensità che dipende dal valore del campo stesso. La suscet-tività di questi materiali è quindi positiva, normalmente dell'ordine di 10−4.

Sono paramagnetici la maggior parte dei gas, i metalli alcalini e alcuni sali.

2.2.2 Materiali ad alta suscettività

Ferromagnetici: a dierenza dei dia- e paramagenti, dove la magnetizza-zione può essere indotta soltanto da un campo, nei ferromagneti essa può manifestarsi spontaneamente anche in assenza di stimoli esterni. In tali

(18)

materiali, a dispetto dell'agitazione termica, è presente un agente ordinan-te dovuto alla forordinan-te inordinan-terazione fra dipoli elementari vicini che deordinan-termina l'orientazione dei corrispondenti momenti nella medesima direzione.

La temperatura ha un grande inuenza sulle proprietà di questi materiali poiché all'aumentare della stessa la magnetizzazione diminuisce per eetto disordinante cui i dipoli elementari sono sottoposti.

Questi materiali hanno elevati valori di suscettività, di solito superiori a 102.

Sono sostanze ferromagnetiche il ferro, il cobalto, il nichel e le loro leghe. Ferrimagnetici: in alcuni composti, come per esempio gli spinelli di ferro, cobalto, nichel ecc, la struttura cristallina è composta da due sottore-ticoli (chiamati di solito A e B) separati dagli atomi di ossigeno che fungono da mediatori fra le due strutture e le porta ad avere momenti magnetici antiparalleli. Se il momento magnetico delle due strutture non è uguale ne risulterà una magnetizzazione netta. Sotto certi aspetti queste sostanze sono molto simili ai materiali ferromagnetici poiché esibiscono tutte le caratteri-stiche peculiari degli stessi come la magnetizzazione spontanea, i valori di suscettività comparabili, gli eetti della temperatura sulla magnetizzazione ecc.

La magnetite rientra in questa categoria di sostanze poiché presenta una struttura a spinello inverso, ossia composto da un reticolo cubico compatto formato dagli atomi di ossigeno con le cavità ottaedriche occupate per metà dagli ioni F e2+e F e3+, mentre i restanti ioni F e3+occupano 1/8 delle cavità

tetraedriche. Gli ioni ferro III hanno congurazione d5 e 5 elettroni spaiati

(alto spin). Gli spin di questi ioni nelle cavità tetraedriche e ottaedriche sono antiparalleli, e di conseguenza la magnetizzazione netta dovuta è nulla. Gli ioni ferro II hanno invece congurazione d6 e 4 elettroni spaiati. Trovandosi

tutti nelle cavità ottaedriche i loro spin sono paralleli e sono quindi respon-sabili della magnetizzazione del materiale. In gura 2.1 viene mostrata la struttura a spinello inverso della magnetite.

Antiferromagnetiche: hanno le medesima struttura dei materiali fer-rimagnetici ma a dierneza di essi le magnetizzazioni antiparallele hanno intensità uguale, e di conseguenza nel complesso è nulla.

Sostenze ferro- e ferrimagnetiche, benchè possano esibire una magnetizza-zione anche in assenza di campo, per motivi energetici preferiscono disporre i momenti magnetici elementari in modo antiparallelo.

Immaginiamo un parallelepipedo di materiale ferro- o ferrimagnetico con magnetizzazione orientata lungo l'asse principale. A causa della magnetizza-zione la regione in prossimità del solido sarà soggetta a un campo magnetico. É possibile dimostrare che tale congurazione non è quella energeticamente più favorevole. L'energia associata al campo infatti vale:

(19)

2.2. CLASSIFICAZIONE DELLE SOSTANZE 19

Figura 2.1: Struttura a spinello inverso della magnetite.

E = 1 2 Z V ~ H · ~BdV

Questa energia sarà tanto maggiore quanto maggiore sarà la porzione di spazio dove è presente un campo signicativamente diverso da zero.

Congurando il campo magnetico in due regioni, dette domini, è invece possibile ridurre l'energia poiché le linee di campo si chiudono strettamen-te dal polo nord di un dominio al polo sud dell'altro. Essendo questa una congurazione a energia minore sarà favorita rispetto alla precedente. É pos-sibile reiterare il ragionamento spezzando il campo in 3, 4, 5,.. n domini, con conseguente diminuzione progressiva dell'energia. Questo ci suggerisce che i materiali ferromagnetici tendono ad organizzarsi in regioni in cui la magnetizzazione è omogenea, ma dierente da quella in regioni circostan-ti. Questa frammentazione che continuerebbe all'innito, ma al di sotto di una certa dimensione dei domini altre forma di energia, come per esempio quella di interfaccia, diventano non più trascurabili e bloccano il processo (Figura2.2).

L'immersione di un materiale ferro- o ferrimagnetico in un campo com-porta l'aumento del vettore magnetizzazione no al limite di saturazione, se l'intensità è abbastanza elevata, cioè no all'allineamento di tutti i dipoli elementari. Se ora il campo viene diminuito la magnetizzazione diminuisce ma senza passare per gli stessi valori assunti precedentemente a causa della

(20)

Figura 2.2: A)Chiusura delle linee di campo e conseguente abbassamento dell'energia dovuta alla formazione di domini magnetici.

non linearità del fenomeno. Quando il campo esterno si annulla la magnetiz-zazione conserverà un valore diverso da zero detta magnetizmagnetiz-zazione residua. Per annullarla bisogna applicare un campo di uguale intensità ma verso op-posto detto campo coercitivo. Continuando ad aumentare il campo nel verso contrario la magnetizzazione raggiungerà di nuovo il limite di saturazione.

La curva che si ottiene con questo ciclo è detta curva di isteresi, caratte-ristica di ogni sostanza ferri- e ferromagnetica [gura 2.3].

Figura 2.3: Curve di isteresi per sostanze ferri- e ferromagnetiche. La su-scettività magnetica di tali sostanze non è costante ma dipende dal valore del campo applicato. In gua sono rappresentati i punti a) magnetizzazione a saturazione, b) campo residuo e c) campo coercitivo.

(21)

2.3. COMPORTAMENTO MAGNETICO DELLE NANOPARTICELLE21

2.3 Comportamento magnetico delle nanoparticelle

Le nanoparticelle non appartengono a nessuna delle categorie viste preceden-temente. Il loro comportamento infatti è intermedio fra quello paramagnetico e ferromagnetico; esse hanno magnetizzazione paragonabili se non maggio-ri dei matemaggio-riali ferromagnetici di cui sono costituite, ma non conservano la magnetizzazione una volta spento il campo esterno. Materiali come questi sono stati inseriti in una nuova classe, quella dei super-paramagnetici. Que-sta proprietà unica è dovuta alle loro ridottissime dimensioni che consentono loro di presentarsi come singoli domini di magnetizzazione a temperatura ambiente e superiore [19] ,[20].

Perché una particella si trovi nelle condizioni di singolo dominio il dia-metro deve essere inferiore ad un certo valore dato da:

Dc= 18

√ AK µ0M2

Dove A è la costante di scambio, K è la costante di anisotropia, ed M è la magnetizzazione a saturazione.

La reazione di materiali ferromagnetici in termini di magnetizzazione conseguente all'applicazione di un campo è descritta da un ciclo di isteresi, caratterizzato da due parametri principali: rimanenza e coercitività. Il valore di campo coercitivo è la proprietà di maggior interesse. Nel caso di NP super-paramagnetiche il campo coercitivo ha forte dipendenza dalla grandezza della particella ed e stato dimostrato che, al diminuire delle dimensioni, aumentano ad un massimo e poi decresce no ad assumere un valore costante come mostrato in Figura 2.4.

Per una particella a singolo dominio, l'energia richiesta per invertire la magnetizzazione da una congurazione magnetica stabile verso un'altra, in-vertendo la polarizzazione dei domini magnetici, è proporzionale a KV/KbT dove V è il volume della particella, Kb è la costante di Boltzmann, K la

co-stante di anisotropia e T è la temperatura. Se l'energia termica è suciente a superare l'energia di anisotropia, la magnetizzazione non e più stabile e la particella si dice in questo caso superparamagnetica. In questo titpo di particelle, le uttuazioni termiche sono tali da provocare la smagnetizzazio-ne spontasmagnetizzazio-nea di un assemblamento precedentemente saturato; perciò, queste particelle hanno coercitività nulla e non mostrano isteresi. Le nanoparticelle assumono comportamento magnetico in presenza di un magnete esterno, ma ritornano ad uno stato non magnetico quanto il magnete viene rimosso.

Per esibire queste proprietà i materiali di cui sono costituite le particelle deve essere, nel bulk, ferromagnetico.

(22)

Figura 2.4: Le proprietà magnetiche sono fortementi dipendenti dalle di-mensioni delle nanoparticelle; in a) confronto tra singolo e multi dominio in presenza e in assenza di campo magnetico e in b) campo coercitivo al variare delle dimensioni.

A temperatura ambiente dispersioni di MNPs si comportano come dipoli magnetici immersi in un mezzo uido. In presenza di un campo esterno quindi le forze cui sono soggette sono:

~ τ = 4 3πr 3M × ~~ B ~ F = 4 3πr 3|M | 5 ~B

Ossia un momento torcente che ha l'eetto di allineare la magnetizzazione con le linee di campo, e una forza che le spinge nella direzione del gradiente. Per soluzioni diluite di questo tipo si può assumere con buona approssi-mazione che le particelle siano non interagenti fra loro, ossia che le forze che il campo intrinseco della particella e il suo gradiente inducono sulle altre sia

(23)

2.4. APPLICAZIONI 23

Figura 2.5: Comportamento di un ferrouido in presenza di un campo magnetico esterno.

trascurabile.

A concentrazioni maggiori invece l'interazione non è più trascurabile e portano a signicative variazioni dal comportamento ideale della soluzio-ne (gura 2.5), come per esempio la dipendenza della viscosità dal campo esterno, portando a quello che viene denito un magnetouido [21].

2.4 Applicazioni

La facilità delle nanoparticelle di essere manipolate con un campo magnetico ha attratto l'interesse di molti, tanto che negli ultimi anni dispersioni delle stesse in varie matrici sono state usate nei campi più svariati. Tra questi il più importante, che occupa la maggior parte della ricerca su questo campo, è l'utilizzo delle particelle come mezzo per provocare ipertermia locale nella cura del cancro [22],[23],[24]. Esse vengono eccitate da un campo magnetico tempo-variante esterno e rilasciano calore quando decadono provocando un aumento della temperatura locale che danneggia il tessuto malato. In questo ultimo caso, per aumentare la localizzazione del trattamento di ipertermia, la supercie delle nanoparticelle magnetiche può essere funzionalizzata con molecole riconosciute dai recettori espressi dalla cellula tumorale da trattare. La tecnica è minimamente invasiva ed estremamente promettente poiché possono essere esclusi trattamenti con farmaci che andrebbero ad intaccare anche le cellule sane.

(24)

Altro uso interessante delle nenoparticelle è quello di supporto per cata-lizzatori: viste le loro proprietà infatti esse posso essere classicate a metà fra la catalisi omogenea ed eterogenea. Esiste un'ampia letteratura al riguardo e i risultati ottenuti no ad ora sono promettenti [25],[26],[27].

Esistono altre applicazioni, che se pur di utilità minore, sono altrettanto interessanti: fra queste ricordiamo il loro utilizzo in elettronica di controllo come accelerometri, rivelatori di campi magnetici, sensori ecc [28], quello del-l'automobilismo dove possono fungere da regolatori di sospensioni [29], nella fabbricazione di muscoli articiali tramite dispersione in matrice solida [18], come additivi per elestomeri [30] e inne il loro utilizzo nella puricazione dell'acqua [31],[32],[33],[34].

(25)

Capitolo 3

SINTESI E

CARATTERIZZAZIONE

DELLE NANOPARTICELLE

In questo capitolo sono esposti i metodi di sintesi utilizzati per produrre le NPs. É stato condotto uno studio sistematico per analizzare come i principali parametri di reazione inuiscono sulle dimensioni medie e sulla distribuzione delle particelle. Viene inoltre descritta la loro caratterizzazione chimica e magnetica.

3.1 Metodi di Sintesi

Visto il notevole interesse che le nanoparticelle di varia natura hanno scatu-rito nei vari ambiti della chimica, della sica, della medicina, dell'ingegneria ecc, e l'ampio lavoro già fatto per trovare il metodo migliore per sintetizzarle, la letteratura sull'argomento è piuttosto vasta. Per quel che riguarda le NPs stabili all'aria i metodi più utilzzati per la loro fabbricazione sono [20]:

ˆ co-precipitazione, ˆ decomposizione termica, ˆ microemulsione,

ˆ sintesi solvotermale

(26)

3.1.1 Coprecipitazione

La coprecipitazione è un metodo che porta a nanoparticelle prevalentemente di forma sferica. Essa consiste nell'aggiunta di una soluzione alcalina ad un'altra soluzione contenente precursori dei metalli di interesse, di solito in forma di sale. La precipitazione simultanea degli idrossidi metallici porta al loro intimo mescolamento e quindi alla formazione di un idrossido misto, che per successiva disidratazione si trasforma in ossido. Nel caso della formazione di magnetite le reazioni coinvolte sono:

F e3+(aq)+ 3OH(aq)− → F e(OH)3(s)

F e(OH)3(s)→ F eOOH(s)+ H2O

F e2+(aq)+ 2OH(aq)− → F e(OH)2(s)

F eOOH(s)+ F e(OH)2(s) → F e3O4(s)+ H2O

Tale procedura, per quanto semplice possa sembrare, richiede un con-trollo piuttosto stretto delle variabili di reazioni; la forma, le dimensioni e la distribuzione delle NPs formate infatti dipendono da un elevato numero di parametri quali la variazione più o meno rapida di pH nel tempo, il rapporto molare dei precursori, i controioni, la temperatura, dalla concentrazione dei sali metallici, dalla presenza di agenti complessanti [35],[36],[37],[38].

Un controllo preciso di tutte le variabili è dicilmente raggiungibile, ma i risultati sono comunque riproducibili per piccole variazioni degli stessi parametri.

I vantaggi principali di questo tipo di sintesi rispetto alle altre sono la maggiore velocità, le blande condizioni di reazione, l'economicità e la facile scalabilità.

3.1.2 Decomposizione termica

La tecnica si basa sulla pirolisi di complessi organometallici o metallorga-nici, quali M(acac)x o M(CO)x, in presenza di sostanze complessanti che

stabilizzano le NPs. Tale procedura porta alla formazione di un prodotto di qualità molto alta, con dimensioni facilmente controllabili e distribuzione molto piccate. I parametri che inuiscono maggiormente sulla buona riuscita della sintesi sono la temperatura di decomposizione (100−320°C), la velocità di riscaldamento e inne la concentrazione dei precursori metallici [39],[40].

(27)

3.1. METODI DI SINTESI 27 Lo svantaggio principale della tecnica è il fatto che le NPs così prodotte sono disperdibili solo in ambiente organico, e necessitano di trattamenti non sempre semplici per cambiare legante in modo da renderle idrosolubili. Oltre ciò, spesso è richiesto l'uso di solventi o tensioattivi poco green.

3.1.3 Microemulsione

La microemulsione consiste nella dispersione isotropica, termodinamicamen-te stabile, di due liquidi non miscibili in presenza di un termodinamicamen-tensioattivo. Nelle microemulsioni di acqua in olio, la fase acquosa è dispersa a formare delle micro-goccioline (di diametro tra 1 e 50 nm) circondate da un sottile stra-to di molecole del tensioattivo. Le code idrofobiche si dissolvono nell'olio mentre le teste idroliche nell'acqua. La dimensione della micella che si viene a formare è determinata dal rapporto molare tra acqua e tensioatti-vo. Mischiando due microemulsioni identiche di acqua in olio, contenenti i reagenti desiderati, le microgoccioline collidono ripetutamente, formando il precipitato [35]. In seguito con l'aggiunta di solventi quali acetone o etanolo, esso può essere separato tramite ltraggio o centrifuga. Poiché nei sistemi acqua/tensioattivo o olio/tensioattivo si vanno a formare strutture di vario tipo, la microemulsione consente un controllo notevole sulla forma e la di-mensione delle nanoparticelle. Tramite questa tecnica sono state sintetizza-te nanoparticelle di cobalto metallico, lega cobalto/platino e cobalto/patino avvolte in oro, in micelle di bromuro di acetil-trimetilammonio, utilizzando 1-butanolo come tensioattivo e ottano come componente apolare [11]. Lo svantaggio principale è l'impiego di sostanze organiche inquinanti.

3.1.4 Sintesi solvotermale

Questo particolare processo si pone l'obiettivo di dissolvere sostanze a bassa solubilità in un mezzo acquosa ad alta temperatura e a pressioni elevate. Solitamente si utilizzano solventi organici quali polialcoli e la soluzione viene posta in un autoclave e portata a qualche centinaio di gradi per diversi giorni; durante questo processo l'alta temperatura porta ad un aumento di pressione che favorisce la solubilità, la cristallinità e la reattività delle nanoparticel-le prodotte. Per produrre nanoparticelnanoparticel-le per via solvotermananoparticel-le si utilizzano sempre sali metallici (come il cloruro ferrico) in presenza di etilene glicole e acetato di sodio per prevenire la formazione di aggregati; il prodotto è altamente solubile in acqua e facilmente trattabile per la copertura [41]. Gli svantaggi di questa procedura consistono principalmente nella necessità di dover usufruire di apposite apparecchiature resistenti ad alte temperature e pressioni (autoclave), nel dicile controllo della temperatura, nella lentez-za di produzione e nell'ottenimento di nanoparticelle relativamente grandi (diametro di circa 200 - 800 nm).

(28)

Se il metodo di sintesi scelto porta a NPs nude, esse devono essere cappate con agenti complessanti per evitare l'aggregazione irreversibile delle stesse. Oltre ciò, il cappante serve a renderle disperdibili negli ambienti in cui esse dovranno trovarsi (acquoso od organico) e se necessario ad evitare l'ossi-dazione. Per alcune applicazioni particolari, per esempio quello biomedico, è possibile funzionalizzare le NPs più volte al ne di renderle biocompatibili e adatte al trasporto di farmaci. Nel nostro caso si richiedeva che le particelle non si aggregassero, che avessero un'elevata solubilità in acqua e che innalzas-sero il più possibile la pressione osmotica. Sono stati provati diversi agenti cappanti: acido ossalico, fosfopropionico (PPA), poliacrilico (PAA) e poli 4-stirensolfonico co maleico (PSSMA). Quest'ultimo ha portato ai migliori risultati per quel che riguarda la solubilità e la stabilità all'aggragazione. Le particelle prodotte in assenza di agente cappante sono state funzionalizzate subito dopo la sintesi attraverso sonicazione in una soluzione di PSSMA.

Non conoscendo le dimensioni ottimali delle nanoparticelle per il no-stro scopo è stato necessario eseguire un elevato numero di sintesi per avere un serie di campioni con dimensioni medie diverse e distribuite in maniera uniforme in un intervallo di 0  130 nm (limite del singolo dominio della magnetite).

Viste le necessità quindi abbiamo scelto di usare il metodo della copre-cipitazione poiché ci consentiva di eseguire sintesi economiche, portando a particelle facilmente separabili dal mezzo di reazione e facilmente funziona-lizzabili, senza bisogno di reazioni di scambio che richiedono tempi piuttosto lunghi. La coprecipitazione quindi è la via di sintesi che più si adattava alla nostre esigenze.

Abbiamo già accennato al fatto che nonostante la semplicità sintetica, le NPs prodotte in questo modo sono spesso poli disperse, e le dimensioni medie sono funzione di molte variabili.

Esiste una ampia letteratura che tratta il metodo della coprecipitazione con le condizioni sperimentali più varie [13],[42],[43]. Nonostante l'ampio utilizzo del metodo comunque, abbiamo notato la mancanza di uno stu-dio sistematico dei parametri di reazione, probabilmente dovuto all'elevato numero degli stessi. Ogni autore utilizza infatti il proprio metodo ottimizza-to per ottenere le nanoparticelle di interesse, senza soermarsi a descrivere perché le condizioni di reazioni scelte portino ad un determinato prodotto.

Per essere in grado di ottenere campioni con diametri dierenti e uni-formemente distribuiti è stato eettuato uno studio sistematico variando i principali parametri di reazione, o almeno quelli che si riteneva a variazioni maggiori. In particolare, le sintesi sono state condotte cambiando di volta in volta la temperatura, la concentrazione dei precursori, la velocità di aggiunta della base, l'agente cappante e il tipo di mescolamento.

Non ci siamo soermati a studiare le variazioni dovute al tipo di base utilizzata, al pH iniziale e nale e ai contro ioni dei precursori di ferro perché

(29)

3.2. TEORIA DELLA NUCLEAZIONE 29 abbiamo trovato le letteratura soddisfacente e riproducibile, confermandone i risultati [35], [42],[44].

3.2 Teoria della nucleazione

In ogni trasformazione possiamo sempre individuare l'aspetto termodina-mico e quello cinetico. Come criterio generale possiamo dire che quando una trasformazione avviene in condizioni di quasi-equilibrio (processi lenti e reversibili) la trasformazione stessa è limitata dalla sua termodinamica. Viceversa, se la trasformazione avviene lontano dalle condizioni di equili-brio (es. rareddamento rapido di un fuso), la trasformazione è controllata dall'aspetto cinetico e si possono formare fasi metastabili non presenti nel diagramma di fase di equilibrio.

Il criterio usato per valutare la stabilità di una certa fase α rispetto ad un'altra β fa riferimento all'energia libera di Gibbs. Se Gβ < Gα la fase β

è più stabile rispetto alla α [45]. Può succedere che variando le condizioni (ad esempio la temperatura) diventi che Gβ > Gα per cui la fase β tende a

trasformarsi in α. Questo è rappresentato in termini graci in gura 3.1 A, nella quale si vede che le due curve di energia libera si incrociano nel punto T = Tc in cui Tc è la temperatura in cui le due fasi hanno uguale potenziale

chimico.

Il percorso di rareddamento segnato con le frecce nel diagramma ripor-tato per la trasformazione β → α è quello seguito in una trasformazione reversibile condotta in maniera lenta in modo che si possa considerare come una sequenza di stati di equilibrio.

Nella realtà a Tcla trasformazione non ha luogo perché manca la

driving-force termodinamica. Per farla avvenire dovremo produrre un sottoraredda-mento. Il percorso realmente seguito è quindi quello rappresentato in gura 3.1 B.

L' estensione del ∆T necessario ad innescare il processo di trasformazione dipende dai fattori cinetici, dipendenti a loro volta dal meccanismo della trasformazione (la barriera di attivazione da superare).

Vogliamo ora calcolare la driving-force termodinamica nell'ipotesi sem-plicativa che il valore di ∆T sia piccolo.

La relazione ∆G(T ) = ∆H(T ) − T ∆S(T ) è di validità generale. Se assumiamo di esplorare valori di T vicini a Tc possiamo supporre che sia H

che S delle due fasi non varino in modo signicativo, e l'unica dipendenza dalla temperatura sia quella esplicita. Inoltre, se siamo vicini a Tc, il ∆H

sarà pari al calore latente di trasformazione ∆H = L, e ∆S = L/T c Allora sarà:

∆G = LTc− T Tc

(30)

Figura 3.1: A)Intersezione delle curve di energia ibera di due fasi diverse. Alla Tc avviene l'inversione di stabilità fra le fasi. B) Percorso realmente

seguito durante il cambiamento di fase.

cioè la variazione di energia libera sarà proporzionale al sottoraredda-mento ∆T .

Se seguiamo il processo inverso di trasformazione da α → β che avviene per riscaldamento, anche in questo caso la temperatura critica dovrà essere superata perché la trasformazione si realizzi. In questo caso si parla di un sovrariscaldamento ∆T = T − Tc e in generale sarà ∆T(α→β) < ∆T(β→α)

perché a T più alta la cinetica di trasformazione è più veloce.

Supponiamo ora di avere una fase omogenea β, all'interno della quale a seguito di un sottorareddamento ∆T vengano a formarsi dei nuclei di piccole particelle di una nuova fase α. Vogliamo calcolare la variazione di energia libera che accompagna la formazione di una particella (che assumia-mo sferica di raggio r) della fase α.Per far questo possiaassumia-mo usare l'equazione precedentemente calcolata

Tale valore è riferito ad una mole della fase α, ma se vogliamo ottenere un valore riferito all'unità di volume (∆GV), dobbiamo dividere tale espressione

per il volume molare.

∆GV= ¯L

Tc− T

Tc

Pertanto, assumendo la formazione di una particella sferica di raggio r, la variazione di energia libera riferita a tutta la particella (∆Gvolume ) sarà

(31)

3.2. TEORIA DELLA NUCLEAZIONE 31 ∆Gvolume= 4π 3 r 3L¯Tc− T Tc

Il termine energetico che abbiamo nora valutato non tiene conto del fatto che la formazione della particella porta alla nascita di una interfaccia tra le due fasi. Per tenere conto dell'energia libera necessaria per creare una supercie di separazione dobbiamo aggiungere un termine all'equazione. Per cui avremo un ∆Gsuperficie pari al prodotto della supercie generata per γ:

∆Gsuperfice = 4πr2γ

In totale, quindi, per formare il nucleo di raggio r avremo un variazione di energia libera totale di

∆Greazione = 4π 3 r 3L¯Tc− T Tc + 4πr2γ

La somma dei due contributi porta ad una curva di ∆Greazionein funzione

del raggio che presenta un massimo ad un valore di r = rc chiamato raggio

critico, il cui signicato è il seguente: se la particella ha un raggio inferiore al raggio critico essa tenderà a sparire, mentre se ha un raggio superiore la sua crescita ulteriore è possibile poiché il ∆Greazione per l'accrescimento

è minore di zero. Si denisce anche un valore di ∆Ga in corrispondenza

del raggio critico che rappresenta la barriera di attivazione che deve essere superata anché la nuova fase possa essere nucleata. Possiamo ricavare le espressioni di questi due parametri (rce ∆Ga) usando il calcolo dierenziale.

∂∆G ∂r = 4πr

2L¯Tc− T

Tc

+ 8πrγ

e considerando che nel punto r = rc si ha un massimo per cui la derivata

si annulla, avremo: rc= −2γ Tc ¯ L(Tc− T ) e

(32)

∆Ga= 16 3 π γ3T2 ¯ L2(T c− T )2

All'aumentare della temperatura, quindi, il raggio minimo al quale una particella è stabile aumenta, e con esse la velocità di nucleazione.

Alla luce di quanto detto, cerchiamo ora di valutare l'eetto dei parametri studiati sulle dimensioni delle particelle.

3.2.1 Temperatura

Il caso da noi studiato non è uguale a quello preso in considerazione pre-cedentemente; infatti non possiamo paragonare la coprecipitazione con la solidicazione di una sostanza pura. Ciò che possiamo fare però è immagi-nare che all'aggiunta della base, gli idrossidi di ferro che si formano siano disciolti in soluzione come se si trattasse di una miscela liquida omogenea sottorareddata. La teoria vista in precedenza quindi si può applicare, senza troppe forzature, anche nel caso delle coprecipitazioni.

La variazione delle dimensioni delle particelle con la temperatura è facil-mente prevedibile poiché rc ha una dipendenza esplicita dalla stessa.

L'an-damento è riportato nel graco seguente (gura 3.2 ).

Figura 3.2: Variazione del raggio critico dei nuclei e dell'energia di attivazione al variare della temperatura. In questo caso T1<T2<T3.

Si vede chiaramente che aumentando il sottorareddamento diminuisce sia il raggio critico sia la barriera di potenziale da superare per l'avvio della nucleazione. Si vede inoltre che a Tcla barriera da superare ed il raggio critico

diventano inniti, per cui non può avvenire la nucleazione. Nel nostro caso stiamo prendendo in consideazioni sotto rareddamenti notevoli, dell'ordine di 1200 K, perciò che le NPs che si formano potranno avere dimensioni

(33)

3.2. TEORIA DELLA NUCLEAZIONE 33 estremamente piccole. In generale, comunque, ci si aspetta un aumento del raggio medio con l'aumentare della T .

3.2.2 Concentrazione dei precursori di ferro

L'eetto della concentrazione dei sali di ferro è di più dicile previsione poiché la concentrazione non compare esplicitamente nelle espressioni viste precedentemente. Possiamo però prevedere l'andamento, almeno in linea di massima, considerando la soluzione come una miscela binaria di acqua e magnetite in condizioni supersature.

Abbiamo provato a modellizzare il problema della formazione e della crescita dei nuclei da una soluzione supersatura in vari modi. Per prima cosa abbiamo pensato che la formazione di nanoparticelle in soluzione possa essere trattata in modo simile all'aggregazione delle polveri che porta alla formazione di un protopianeta, poiché le forze in gioco sono trascurabili in entrambi i casi e le ipotesi sono le medesime [46],[47]. A partire da questa prima ipotesi abbiamo impostato un sistema di equazioni dierenziali :

∂Ck ∂t = 1 2 X i+j=k PijCiCj− ∞ X i=1 PikCiCk

Dove Ciè il numero (o la concentrazione) diparticelle contenenti i nuclei

di ferro e Pij rappresenta la probabilità che due particelle contenenti i e

j nuclei urtino ecacemente unendosi fra loro. Da notare che per come è denita la probabilità esse è funzione non solo di i e j, ma anche delle concentrazioni Cie Cj, e quindi indirettamente del tempo.

Essa può essere quindi intesa come il prodotto fra la probabilità che due particelle si incontrino e la probabilità che il loro urto sia ecace.

Per esprimere la probabilità di incontro in funzione delle dimensioni delle particelle interessate è necessario analizzare la geometria della collisione fra le stese; Il sistema considerato è quello in 3.3

Ipotizziamo che le dimensioni delle particelle siano trascurabili rispetto al libero cammino medio [45]. Per una particella di diametro d a temperatura T possiamo esprimere la velocità media come:

˙ x = 2

r 2kbT

πm

e il volume del cilindro che le loro traiettorie formeranno in un certo intervallo di tempo sarà dato da:

(34)

Figura 3.3: Intersezione dei volumi occupati dalle particelle in un intervallo di tempo. Il prodotto delle frazioni in volume rappresenta un limite superiore alla probabilità che le due particelle si incontrino. I due moti sono considerati indipendenti. v = π 4d 2x∆t =˙ π 4d 2∆t2 r 2kbT πm = s 3kbT d ρ ∆t La probabilità di incontro tra due particelle d1 e d2 sarà allora:

P1−2= v1v2 Vtot = 3KbT Vtotρ p d1d2∆t

Questa però è una sovrastima della probabilità reale; il numero da noi trovato è infatti il primo termine dell'espansione in ∆t ed approssima la probabilità solo per piccoli intervalli di tempo.

Per esprimere invece la probabilità di urto ecace è stato assegnato ad ogni particella un numero inversamente proporzionale alla sua massa ed è stato considerato il minore di questi due numeri delle particelle coinvolte nello scontro.

Questo sistema per quanto simile ai modelli di formazioni planetaria è so-stanzialmente dierente, in quanto il termine di probabilità rende impossibile l'aggregazione fra particelle già abbastanza grandi. Questo termine è stato aggiunto poiché oltre a una certa dimensione lo scontro tra due particelle diventa simile a uno scontro tra sfere rigide, per cui può essere considerato un urto elastico.

(35)

3.2. TEORIA DELLA NUCLEAZIONE 35 due rispetto alle concentrazioni. Questo implica che la soluzione non è di-pendente dai valori di concentrazione iniziali, mentre inuisce sulla velocità di arrivo all'equilibrio.

Le equazioni scritte si riferiscono solo alla crescita delle nanoparticelle; per descrivere la loro formazione è necessario aggiungere un termine che tiene conto dell'energia di attivazione necessaria per ottenere dapprima dei nuclei. La costante di velocità di formazione dei nuclei può essere espressa se-condo Arrenius nel modo seguente:

k = k0e

− 16πγ3T 2 3 ¯L2(Tc−T )2KbT

dove T c − T può essere interpretato come il grado di sovrasaturazione. Osservando le equazioni si può ora aermare che se a bassi valori di so-vrasaturazione la nucleazione è sfavorita rispetto alla crescita. Viceversa se la sovrasaturazione è alevata allora la nucleazione sarà veloce e di conseguen-za la crescita sarà limitata. Per concludere, quindi, possiamo aermare che basse concentrazioni di precursore permettano di ottenere con più facilità basse sovrasaturazioni e di conseguenza, le dimensioni delle particelle sa-ranno maggiori (per la dimostrazione della veridicità delle equazioni si veda l'appendice alla ne).

3.2.3 Velocità di aggiunta della base

Controllare la velocità di aggiunta della base, quindi la variazione del pH nel tempo, permette di formare più o meno rapidamente gli idrossidi di ferro e quindi di formare soluzioni più o meno sovrassature. É chiaro quindi che il suo eetto è simile a quello dalla concentrazione. In particolare ci aspettiamo un aumento delle dimensioni per variazioni lente di pH e NPs più piccole per variazioni rapide.

3.2.4 Presenza di agenti cappanti

La presenza di agenti cappanti che vanno a complessare le NPs appena for-mate diminuisce l'energia interfacciale. Viene perciò spontaneo aspettarsi particelle di dimensioni minori in presenza di cappanti. Questo però non è l'unico eetto. È noto infatti che alcune sostanze possano legare con maggio-re anità certe facce del nucleo cristallino piuttosto che altmaggio-re [48]. Questo può determinare una variazione delle dimensioni ma anche della forma.

3.2.5 Mescolamento

Si è scelto di studiare l'eetto del metodo di mescolamento dopo aver rilevato che la maggior parte della NPs, a ne reazione, si trovavano sull'ancoretta magnetica. Non sapendo se questo fatto potesse avere qualche eetto (per esempio di crescita preferenziale in determinate direzioni) abbiamo deciso

(36)

di eettuare alcune sintesi senza l'utilizzo dell'ancoretta, ma mescolando la soluzione tramite sonicatore.

3.3 Parte sperimentale

Il metodo della coprecipitazione prevede che ad una soluzione salina di pre-cursori metallici sia aggiunta una soluzione alcalina, la quale aumentando il pH provoca la precipitazione contemporanea degli idrossidi metallici. Grazie allo stato di mescolamento intimo in cui si trovano i metalli in soluzione è probabile che essi vadano a formare una soluzione solida, cioè un composto omogeneo dove il rapporto degli elementi che lo compongono coincide con quello della soluzione.

Per poter studiare i parametri in maniera corretta essi dovevano essere variati una alla volta; abbiamo quindi denito una sintesi standard sulla quale poi venivano variate le condizioni di reazione. Tale sintesi è eettuata nel modo seguente: in un pallone a tre colli vengono aggiunti 0.55 g di cloruro ferrico esaidrado, 0.20 g di cloruro ferroso tetraidrato e 100 ml di acqua disareata sotto usso di azoto. A temperatura costante di 60 ‰e sotto agitazione magnetica di 3000 rpm [49] veniva aggiunta goccia a goccia una soluzione di idrossido di ammonio (1.2 % in volume) alla velocità di circa 0.01 ml/s. L'aggiunta veniva fermata quando il pH raggiungeva un valore di circa 9, così da essere sicuri che tutto il ferro fosse precipitato. Durante l'aggiunta della base veniva osservato il viraggio della soluzione, dal giallo dei precursori al nero della dispersione di magnetite.

La soluzione era lasciata a digerire per 30' alla stessa temperatura sem-pre sotto agitazione. Finita la digestione le particelle formate erano separate dall'ambiente acquoso tramite un magnete, lavate tre volte con acqua disa-reata e successivamente complessate disperdendole al sonicatore per 30' in 50 ml di una soluzione a 6 g/l di PSSMA alla temperatura di 50 ‰.

Nelle sintesi condotte con aggiunta rapida di base, la soluzione diluita di idrossido di ammonio era sostituita con 2 ml della stessa base al 30 % in volume aggiunti istantaneamente sotto agitazione.

Nelle sintesi condotte in presenza di cappante è stato invece necessario apportare delle variazioni alla procedura standard poiché gli agenti cappanti formavano composti insolubili con il ferro in soluzione (ferro ossalato, citrato, ecc.). La modica apportata prevedeva di aggiungere goccia a goccia la soluzioni di sali di ferro alla soluzione della base e del cappante (0.3 g di cappante).

Questa modica ha reso impossibile eettuare sintesi con variazioni di pH lente, poiché la goccia subiva una variazione istantanea, al pari di un'aggiunta veloce.

(37)

3.3. PARTE SPERIMENTALE 37 Le sintesi in cui veniva cambiato il tipo di mescolamento erano condotte al sonicatore, ovviamente sempre a temperatura controllata e sotto usso di azoto.

Per ogni campione prodotto si eseguivano prove di solubilità prelevando 1 ml di dispersione concentrata (senza corpo di fondo) e pesando il solido ottenuto tirandola a secco.

Le prove di recupero si eettuavano diluendo 3 ml della soluzione prece-dente no a 30 ml e ponendo il tutto nel separatore da noi costruito (vedi capitolo successivo) per una notte.

Finite le misure tutto veniva tirato a secco per le analisi XRD, TEM e di magnetizzazione.

3.3.1 Valori studiati

L'eetto di ogni parametro deve essere studiato variando lo stesso e man-tenendo costanti gli altri. Tuttavia questo tipo di studio non è completo; è possibile infatti che l'eetto dovuto alla variabile studiata sia diverso se le condizioni iniziali sono diverse, ossia se gli altri parametri sono si tenuti costanti, ma a valori dierenti.

In generale il numero di punti necessari per studiare un fenomeno dipen-dente da più variabili aumenta esponenzialmente con le stesse; nel nostro caso per studiare l'eetto di 4 temperature, 4 concentrazioni, 2 mescolamenti, 6 cappanti e 2 velocità di aggiunta servivano 384 punti.

É chiaro che un numero tale di sintesi da eseguire, oltre a diventare costoso in termini di materiali, tempo e caratterizzazione, è anche poco gestibile.

É stato quindi necessario diminuire il numero di sintesi con conseguente perdita di alcune informazioni.

Temperatura: essa è stata studiata da 0 a 90 ‰ con intervalli di 30 ‰ per aggiunte veloci e lente della soluzione alcalina per un totale di 8 sintesi

Concentrazione: abbiamo studiato 3 valori di concentrazione di 0.3, 0.03 e 0.003 M di ferro in soluzione a due temperature dierenti (30 e 60 ‰) e per aggiunte veloci e lente di base per un totale di 9 sintesi.

Cappante: sono state fatte altre 5 sintesi, ognuna con la presenza di un cappante diverso.

Mescolamento: sono stati studiati il mescolamento con ancoretta e quello al sonicatore, in presenza e in assenza di PSSMA, a concentrazione di 0.3 e 0.03 M e per due velocità di aggiunta, per un totale di 8 sintesi.

(38)
(39)

3.4. CARATTERIZZAZIONE 39

3.4 Caratterizzazione

L'analisi dei prodotti ottenuti è uno degli aspetti più importanti perché per-mette di ottenere le informazioni necessarie alla caratterizzazione chimica e sica, al ne di capire se le NPs formate sono adeguate per l'applicazione di interesse.

Le informazioni che ci interessavano erano: dimensioni medie e distri-buzioni, composizione, magnetizzazione, solubilità, ioni liberati in soluzione, recupero, pressione osmotica e ussi d'acqua in un processo di osmosi inversa.

3.4.1 Dimensioni, Distribuzioni e Composizione

Per la misura di questi dati sono state utilizzate due tecniche: TEM ed XRD. Il TEM è un particolare microscopio elettronico a trasmissione che forma immagini con un contrasto che dipende dall'opacità dei vari materiali ad un fascio di elettroni. Avendo una risoluzione spaziale di poco più di 1 Angstrom è il microscopio adatto per studiare NPs; è infatti molto semplice misurare il diametro e la distribuzione delle stesse avendo a disposizione alcune immagini contenenti un numero suciente di particelle da poter essere considerato statisticamente signicativo. Le dimensioni medie, sebbene con un errore maggiore, sono fornite anche dall'analisi del pattern XRD delle nanoparticelle secche tramite l'equazione di Scherrer. Oltre ciò, in base alla posizione dei picchi nello spettro è possibile determinare la composizione del materiale analizzato.

3.4.2 Magnetizzazione, Solubilità e Ioni liberi

Le misure di magnetizzazione delle particelle è stata eseguita con l'apposito strumento (magnetometro SQUID) dal Prof. Ciro Visone dell'Università degli Studi del Sannio (Benevento).

Per quel che riguarda la misura di solubilità essa è stata determinata prelevando un volume noto di una dispersione satura (con presenza di corpo di fondo), e pesando le NPs dopo averle tirate a secco.

Gli ioni che una certa quantità di NPs può liberare in soluzione è stata determinata per assorbimento atomico: abbiamo disperso in 100 ml d'acqua 0,05 g di particelle e aggiunto un largo eccesso di Ca(OH)2. Lo ione Ca2+

va a sostituire lo ione sodio (controione del poli elettrolita) per due motivi; primo per eetto di massa, secondo perché il PSMMA forma con il calcio un composto insolubile e quindi provoca la precipitazione delle particelle. Il precipitato di colore scuro è stato separato tramite separatore e lavato tre volte con acqua deionizzata. Una volta separate dall'ambiente acquoso abbiamo attaccato le FMNPS con acqua regia a caldo portando il tutto a volume noto. La quantità di calcio, proporzionale al numero di gruppi ionici

Riferimenti

Documenti correlati

• Aneurisma Dissecato della base aortica e aorta ascendente con valvola aortica bicuspide (sostituzione aorta ascendente e valvola aortica con protesi. aortovalvolata e tecnica

short period of incubation considered, SEM images clearly show significant surface changes in the treated samples and irradiation in air at 200 kGy succeeded in enhanc- ing the

The aim of this study was to evaluate the age at which male donkeys reach puberty, and characterize age associated changes in testicular size,

6 del TUE, coesistono tre tipi di fonti per la tutela dei diritti umani: la Carta, la Convenzione europea dei diritti umani – sulle cui specificità non oc- corre soffermarsi in

Riprendendo quanto affermato in uno dei punti dedicati agli scenari della ricerca mediaeducativa, la progettazione ad hoc di un setting d’apprendimento, si configura come

3.3.1 Inductively coupled plasma mass spectroscopy .... Experimental

Per quantificare questi processi si può ricorrere a misure magnetiche, dalla conoscenza del campo magnetico, a misure calorimetriche, attraverso la misura della

[r]