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Studio degli effetti biologici della famiglia del miR-204 nelle cellule di melanoma

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI BIOLOGIA

Corso di laurea magistrale in biologia molecolare e

cellulare

“Studio degli effetti biologici della famiglia del

miR-204 nelle cellule di melanoma”

Relatori: Candidato:

Alvaro Galli Salvatore Gurrieri

Laura Poliseno

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2

Sommario

RIASSUNTO ... 4 ABSTRACT ... 5 1 INTRODUZIONE ... 7 1.1 Il melanoma ... 7

1.1.1 Epidemiologia del melanoma ... 7

1.1.2 Fattori di rischio ... 10

1.1.3 Terapia del melanoma ... 11

1.2 Il vemurafenib ... 12

1.2.1 Il pathway MAPK ... 12

1.2.2 L’inibizione di BRAF mutato da parte del Vemurafenib ... 14

1.2.3 Resistenza acquisita al Vemurafenib ... 15

1.2.4 Meccanismi che causano una riattivazione del pathway MAPK ... 17

1.2.5 Meccanismi MAPK-indipendenti ... 20

1.3 I microRNA (miRNA) ... 20

1.3.1 Generalità sui miRNA ... 20

1.3.2 Localizzazione dei miRNA nel genoma umano ... 21

1.3.3 Biosintesi dei miRNA ... 22

1.3.4 Meccanismo di azione dei miRNA ... 24

1.3.5 miRNA e Cancro ... 25

1.3.6 miRNA in melanoma ... 28

1.3.7 Il ruolo dei miRNA nella farmaco-resistenza ... 29

Scopo della tesi ... 30

2 MATERIALI E METODI ... 31

2.1 Linee cellulari ... 31

2.2 Tecniche di coltura ... 31

2.3 Transfezione cellulare transiente ... 32

2.4 Saggio della melanina ... 33

2.5 Transfezione stabile ... 34

2.6 Curva di crescita ... 37

2.7 Saggio clonogenico ... 38

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3 2.9 Retrotrascrizione dell’RNA ... 40 2.10 PCR del pre-miR-204 ... 42 2.11 Effetto Vemurafenib a 48 h ... 44 2.12 Real-time PCR ... 44 2.13 Deep sequencing ... 45 2.14 Trasformazione Batterica ... 47

2.15 Screening delle Colonie e sequenziamento ... 47

2.16 Sponge ... 48

2.17 Saggio di luciferasi ... 52

2.18 Saggio di morte cellulare ... 53

2.19 Saggio delle caspasi ... 54

ALTRI PLASMIDI ... 55

3 RISULTATI ... 56

3.1 Identificazione dei miRNA regolati da BRAFV600E tramite deep sequencing ... 56

3.2 Validazione dei dati di deep sequencing tramite real-time PCR ... 61

3.3 Studi di sovraespressione dei miR-204 e miR-211 ... 65

3.3.1 Sovraespressione stabile tramite vettore lentivirale ... 65

3.3.2 Saggio della melanina a seguito di transfezione transiente ... 67

3.4 Studi di inibizione dell’espressione dei miR-204 e miR-211 ... 70

3.4.1 Curva di sopravvivenza a seguito di inibizione transiente ... 70

3.4.2 Saggio di morte cellulare a seguito di inibizione transiente ... 71

3.4.3 Rescue del fenotipo cellulare a seguito di transfezione transiente ... 73

3.4.4 Costruzione di una sponge per l’inibizione stabile dei miR-204 e miR-211 ... 75

3.5 Costruzione di un sensore per il miR-204 ... 79

4 DISCUSSIONE ... 82

5 CONCLUSIONE ... 88

(4)

4

Riassunto

Il melanoma è un cancro maligno della pelle caratterizzato da un’alta propensione per la metastasi e da una considerevole resistenza agli agenti chemioterapici. Circa il 50% dei melanomi presenta una mutazione della chinasi BRAF nel residuo V600. Tale mutazione provoca l’attivazione costitutiva del pathway delle MAPK (Mitogen-Activated Protein Kinase) e dunque una divisione incontrollata delle cellule con conseguente sviluppo del tumore. Ad oggi il farmaco più utilizzato per trattare il melanoma con mutazione su BRAF è rappresentato dal Vemurafenib (PLX4032), il quale compete con l’ATP per il legame a BRAF mutato, inibendo così l’attività chinasica di quest’ultimo. Il Vemurafenib risulta molto efficace nei primi mesi di trattamento, tuttavia in seguito i pazienti sviluppano una “resistenza acquisita” contro il farmaco, per cui questo diventa inefficace.

Allo scopo di identificare nuovi possibili target terapeutici da affiancare al Vemurafenib per potenziarne l’efficacia e magari prevenire la resistenza acquisita, la mia tesi è stata volta a studiare i miRNA regolati da BRAFV600E nel melanoma.

Inizialmente è stato eseguito un deep sequencing sulla linea parentale A375 (sensibile al Vemurafenib), con e senza trattamento col farmaco. Come controllo è stato usato un clone, derivante dalla stessa linea parentale, ma resistente al farmaco. Questo schema sperimentale è stato usato per poter identificare quei miRNA che fossero modulati dal farmaco (cioè dall’inibizione di BRAFV600E) nella linea parentale e che al contempo non variassero nel clone resistente. Il deep sequencing ha indicato il miR-204 come top scoring tra i miRNA sovraespressi a seguito del trattamento con Vemurafenib nella linea parentale. Il miR-204 differisce per sole due basi (al di fuori del seed) da un altro miRNA della stessa famiglia (il miR-211) e l’espressione differenziale di entrambi i miRNA è stata confermata tramite Real Time PCR sulla linea cellulare su cui è stato effettuato il deep sequencing così come su altre linee.

A questo punto il mio lavoro si è concentrato sullo studio degli effetti biologici derivanti dalla modulazione dei livelli del miR-204 e del miR-211 in varie linee cellulari di melanoma metastatico. In particolare, sono stati studiati gli effetti causati dalla sovraespressione stabile o transiente di entrambi i miRNA. Si è così ottenuto che le cellule crescono meno e producono più melanina (indizio di una possibile induzione verso il differenziamento).

In seguito sono stati studiati gli effetti causati dall’inibizione di questi due miRNA ottenuta tramite transfezione transiente di un LNA. Si è così potuto riscontrare che l’inibizione del miR-204 causa un forte aumento dell’apoptosi.

Per validare, tramite infezione stabile, i risultati ottenuti con la transfezione transiente dell’LNA, abbiamo quindi proceduto con la costruzione di una sponge. La sponge è un RNA contenente vari siti di legame imperfetti per il miRNA di interesse che sono in grado di inibire l’attività di quel miRNA. Sono state costruite tramite clonaggi una sponge con 6 ripetizioni del sito di legame per il miR-204, una per il miR-211 ed una contenente un sito di legame scrambled (che non lega alcun miRNA) come controllo. Tramite saggi di luciferasi è stato dimostrato il corretto funzionamento delle sponge, anche se non è stata osservata specificità per il miR-204 o il 211 da parte di nessuna delle due sponge. Su questo fronte questo studio continuerà con l’inserimento delle sponge all’interno di vettori virali per effettuare infezioni stabili all’interno delle varie linee tumorali a disposizione. Per quest’ultima parte è stata costruita anche una sponge contenente 6 ripetizioni contro il miR-204 e 6 ripetizioni contro il miR-211 (nonché una sponge con 12 ripetizioni dello scrambled) al fine di inibire entrambi i miRNA senza saturare la sponge (come probabilmente accadrebbe utilizzando una sponge con sole 6 ripetizioni contro uno dei due miRNA, vista la mancanza di specificità).

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5 Infine, l’ultima parte della mia tesi è stata dedicata alla costruzione di un sensore per il miR-204. Questo costrutto permetterà di separare (tramite Cell Sorting) le cellule di una determinata linea sulla base dei livelli di espressione del miRNA di interesse (low/medium/high expression). Sarà così possibile studiare le differenze biologiche eventualmente esistenti tra i vari gruppi di cellule.

Complessivamente, i costrutti sponge e il sensore che sono stati ottenuti nel mio lavoro di tesi permetteranno di studiare in modo più approfondito il ruolo biologico svolto dalla miR-204 family nelle cellule di melanoma e contribuiranno a definirne la relazione con il MAPK pathway.

Abstract

Melanoma is a malignant cancer of the skin characterized by a high propensity for metastasis and a considerable resistance to chemioterapic agents. About 50% melanomas show a mutation in the kinase BRAF at the residual V600 residue. This mutation elicits the constitutive activation of the MAPK pathway (Mitogen-Activated Protein Kinase) and therefore an uncontrolled cellular proliferation. To date Vemurafenib (PLX4032) is the most used drug to treat melanoma with a mutated BRAF. This drug competes with ATP for the binding to mutated BRAF, so it inhibits the kinase activity of BRAF itself. Vemurafenib is very effective in the first months of treatment, but then patients develop an “acquired resistance” against the drug, which become ineffective.

In order to identify new possible therapeutics targets to increase Vemurafenib efficacy and prevent acquired resistance, my thesis was focused on the study of BRAF-regulated miRNAs in melanoma. Initially a deep sequencing was performed on the parental cell line A375 (sensitive to Vemurafenib), with and without drug treatment. As a control we used a clone derived from the same parental cell line and resistant to the drug. This experimental strategy was used to identify those miRNAs that were drug-modulated in the parental cell line and at the same time that did not change in the resistant clone. The deep sequencing indicated miR-204 as top scoring among the upregulated miRNAs after drug treatment in the parental cell line. miR-204 is different from another miRNA of the same family (miR-211) for just two bases (out of the seed). The differential expression of both the miRNA was confirmed trough Real-Time PCR on the parental cell line A375 as well as on other lines.

At this point, my work focused on the study of the biological effects derived from the modulation of miR-204 and miR-211 levels in several metastatic melanoma cell lines. In particular, we studied the effects caused by the stable or transient miR-204 and miR-211 overexpression. We obtained a decrease in cell growth and an increase in melanin production (that is a clue of a possible induction of differentiation).

Then we studied the effects caused from both miRNA inhibition. This was obtained through LNA transient transfection. In this way we saw that miR-204 inhibition causes a strong increase of apoptosis.

Then we proceeded with the cloning of a sponge construct for a future stable expression to validate the results obtained through LNA transient expression. A sponge is a RNA containing several imperfect binding sites for the miRNA of interest and is capable to bind (and inhibit) the activity of that miRNA. We cloned a sponge with six repeats of the 204 binding site, then one with six repeats of the miR-211 and a third one containing a miRNA scrambled binding site as a control. Through luciferase assay, we finally demonstrated the correct functioning of the sponges, but we did not observe specificity for miR-204 or miR-211. This work will continue with the insertion of the sponge within viral vectors to

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6 effectuate stable infections into several tumor cell lines. To this end we cloned a sponge containing six repeats against miR-204 and six repeats against miR-211 (as well as a sponge with twelve repeats of the scrambled binding site) to inhibit both miRNA, without saturate the sponge (as it would probably happen using a sponge with six repeats against one of the two miRNA, due to lack of specificity). Finally, the last part of my thesis was dedicated to the construction of a miR-204 sensor. This construct will allow (through Cell Sorting) to divide the cells of a specific cell line according to the expression levels of miR-204 (low/medium/high expression). In this way, we will be able to study the biological differences that exist among several cell groups.

Overall, the sponge and sensor constructs obtained in my thesis work will permit to examine in depth the biological role carried out by miR-204 family in melanoma cells and will contribute to define its relationship with the MAPK pathway.

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7

1 Introduzione

1.1 Il melanoma

1.1.1 Epidemiologia del melanoma

Il melanoma è un tumore cutaneo spesso maligno che si origina dai melanociti e che presenta un’elevata propensione alla metastasi, ossia la dispersione delle cellule maligne in tutti i tessuti dell’organismo. I melanociti si trovano nello strato basale dell’epidermide ed hanno il compito di produrre melanina, un pigmento che dà colore alla pelle e protegge dagli effetti dannosi dei raggi del sole. Solitamente, queste cellule, danno origine a nei nella superficie della pelle. Il melanoma cutaneo rappresenta il 3-5% dei tumori della pelle. Nonostante ciò, è il più pericoloso per la sua capacità di metastatizzare invadendo i tessuti circostanti e diffondendosi nell’organismo tramite la circolazione ematica e linfatica[1].Il melanoma è responsabile del 65% delle morti causate da tumore alla pelle e la sua incidenza è aumentata notevolmente negli ultimi 40-50 anni, in particolare tra gli individui di età compresa tra i 35 e i 50 anni, ossia individui giovani, nel pieno della propria attività lavorativa e ciò ha conseguenze sia dal punto di vista umano che da quello socio-economico. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha stimato che ogni anno nel mondo, si verificano 132.000 nuovi casi di melanoma cutaneo con 48.000 morti ad esso associate. La sua

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8 incidenza in Europa è di circa 12 casi/100.000 abitanti, mentre in Australia supera i 40 casi/100.000 abitanti e ciò è dovuto sia a fattori genetici che geografici. Il tasso di sopravvivenza è comunque maggiore rispetto ai paesi in via di sviluppo grazie a diagnosi precoci, un’educazione maggiore e un adeguato trattamento del melanoma nei primi stadi di crescita[2].

Il melanoma può insorgere sia sulla cute sana che da un nevo preesistente e si presenta come una neoformazione più o meno pigmentata (con l’eccezione del raro melanoma acromico), la quale si sviluppa sia sul piano orizzontale che su quello verticale. La neoplasia procede poi provocando l’ulcerazione e la metastatizzazione per via linfatica ed ematica.

Il melanoma si può riscontrare nelle seguenti forme:

• a diffusione superficiale: è il più comune (60-70% dei melanomi); si manifesta principalmente nel dorso negli uomini e negli arti nelle donne;

• di tipo lentigo maligna: è poco frequente (5-10% dei casi), insorge soprattutto nelle persone anziane, specialmente nel volto;

• nodulare: spesso si presenta con metastasi alla diagnosi. Si riscontra nel 10-15% dei soggetti con melanoma, principalmente nei maschi intorno ai 50-60 anni;

• acrolentigginoso: è il tipo di melanoma più raro nelle persone con la pelle bianca. Si localizza alle estremità degli arti;

• della coroide: si localizza nel bulbo oculare, o, più precisamente nella membrana che copre il retro del bulbo oculare. C’è una predisposizione nella razza caucasica e un’età compresa tra i 50 e i 60 anni.

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9 • Fase 0. Melanomi in cui le cellule cancerose non hanno superato l’epidermide. La rimozione chirurgica del tumore porta a guarigione in quasi tutti i casi;

• Fase I. I melanomi iniziano a svilupparsi in senso verticale con uno spessore di 0,1-1mm. La sopravvivenza a 10 anni dalla rimozione del tumore è del 90%; • Fase II. I melanomi continuano a svilupparsi in senso verticale con uno spessore di 1,1-2 mm raggiungendo il derma. La sopravvivenza a 10 anni dalla rimozione del tumore è del 70%;

• Fase III. Le cellule cancerose hanno raggiunto il circolo linfatico fino ad arrivare ai linfonodi regionali, ossia quelli che drenano la zona cutanea dove si è originato il tumore. La terapia migliore è ancora l’asportazione chirurgica.

• Fase IV (melanoma metastatico). Le cellule cancerose hanno raggiunto altri tessuti corporei attraverso il sangue o il sistema linfatico dando metastasi diffuse a livello di vari organi interni, frequentemente linfonodi extraregionali (59%), polmone (36%), fegato, cervello (20%) e osso (17%). La gravità del tumore dipende anche dal numero e dalla sede delle metastasi, comunque sia in questa fase, l’aspettativa di vita di un paziente è di circa 6 mesi.

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10 Figura 1-1 – Progressione del melanoma

1.1.2 Fattori di rischio

La frequenza di insorgenza di questa neoplasia è molto più elevata nei soggetti di ceppo europeo (Caucasici) rispetto a quanto osservato per altre etnie[3]. A livello mondiale, i tassi di incidenza più elevati si riscontrano in Australia e in Nuova Zelanda, in quanto rappresentano aree molto soleggiate e con una popolazione caucasica di origine europea (discendente dall’antica colonizzazione inglese).

Oltre l’etnia, altri fattori di rischio sono: la carnagione chiara, l’ipersensibilità al sole, l’eccessiva esposizione solare durante l’infanzia, un elevato numero di nei, un’eventuale storia familiare di melanoma, la presenza di nei che si evolvono e l’età[4].Inoltre alcuni studi mostrano che lo sviluppo del melanoma sia dovuto ad un’esposizione solare intensa ed intermittente in particolare durante l’infanzia o l’adolescenza[5,6].

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11 Tra i fattori di rischio vi è anche la predisposizione genetica. Le mutazioni genetiche possono essere nella linea somatica o in quella germinale. Le mutazioni nella linea germinale sono quelle che si trasmettono nelle generazioni e le più importanti nel melanoma sono a carico del gene CDKN2A

(Cyclin-Dependent-Kinase Inhibitor 2A)[7,8], soppressore tumorale, che codifica per

p16, proteina responsabile del blocco del ciclo cellulare in fase G1. Un’altra modifica genetica presente nella linea germinale che può essere un fattore di rischio nello sviluppo del melanoma è rappresentata da una mutazione in MCR1, gene che codifica per il Recettore 1 della melanocortina, coinvolto nel processo di sintesi della melanina, per cui in caso di modifiche nei livelli di produzione della melanina, la conseguenza è una minore protezione dai raggi solari e dunque un aumento del rischio. Le mutazioni somatiche invece possono verificarsi negli oncogeni BRAF (V-raf murine sarcoma viral oncogene homolog B1), NRAS (Neuroblastoma RAS viral (v-ras) oncogene homolog) e KRAS (V-Ki-ras2 Kirsten

rat sarcoma viral oncogene homolog), i quali codificano per proteine importanti

nella risposta cellulare agli stimoli mitotici extracellulari con un ruolo chiave nella sopravvivenza, nella crescita e nella proliferazione cellulare[9]. BRAF mutato è stato osservato nel 60% dei melanomi.

1.1.3 Terapia del melanoma

I primi tre stadi del melanoma possono essere trattati con asportazione chirurgica, la quale porta ad una guarigione nell’80% dei casi, poiché il melanoma si trova ancora in prossimità dell’epidermide. Negli stadi tardivi, quando il tumore metastatizza, la prognosi è molto sfavorevole con un’aspettativa di vita di 6 mesi. L’unica cosa possibile è il ricorso a terapie farmacologiche che però hanno scarso effetto [10,11]. Tra queste vi è l’immunoterapia, ossia una terapia

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12 che stimola il sistema immunitario ad agire contro il tumore; per esempio la somministrazione di Interleuchina-2 (IL-2), proteina che regola l’attività dei linfociti T, ma che ha mostrato bassi tassi di risposta e la comparsa di molti effetti collaterali ed è stata sostituita dall’Ipilimumab, farmaco approvato dalla Food

And Drug Administration (FDA) nel 2011. Esso è un anticorpo monoclonale che

lega l’antigene CTL-4 che è espresso dalle cellule tumorali per controllare l’attivazione delle cellule T[12,13]. L’ipilimumab, legando l’antigene, lo inibisce e ciò permette un’elevata attivazione delle cellule T del sistema immunitario, che aggrediscono le cellule tumorali distruggendole.

Studi recenti hanno mostrato che il 60% dei melanomi presenta una mutazione sul gene BRAF, che causa un’alterata regolazione del pathway MAPK

(mitogen-activated protein kinase o RAS/RAF/MEK/ERK pathway). Questa scoperta ha

permesso di sviluppare una nuova classe di molecole, gli inbitori di BRAF mutato, fra i quali il Vemurafenib[14].

1.2 Il vemurafenib

1.2.1 Il pathway MAPK

Il pathway delle MAPK (Mitogen-Activated Protein Kinase) è una via di trasduzione del segnale che, in seguito a stimoli esterni regola diversi processi cellulari, soprattutto la sopravvivenza, il differenziamento e la proliferazione cellulare. Tuttavia, spesso, questo pathway è disregolato nei tumori (Figura 1-2). Il pathway viene attivato quando i fattori di crescita si legano ai recettori tirosina-chinasi (TKR) che si trovano sulla membrana plasmatica. Una volta attivati, questi recettori determinano l’attivazione di RAS, piccola proteina posta sul lato

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13 citosolico della membrana plasmatica. RAS attivata è legata al GTP e, in questo modo, è in grado di legare e attivare altri fattori nel pathway. Tra questi fattori troviamo RAF che è una chinasi che va ad attivare MEK, la quale è così in grado di attivare ERK, effettore finale della cascata delle MAPK. ERK fosforilato è in grado di entrare nel nucleo dove attiva fattori di trascrizione coinvolti nella proliferazione, sopravvivenza e differenziamento cellulare. Questo pathway è molto conservato tra le specie e, nei tumori, sono state trovate mutazioni a carico di uno o più geni coinvolti in questa via. Ad esempio, sono state trovate mutazioni in RAS nel 15% dei tumori umani. Esistono tre isoforme di RAS molto simili dal punto di vista strutturale (NRAS, KRAS e HRAS), ma nel melanoma sono maggiormente riscontrate mutazioni a carico di NRAS (15-30% dei casi)[15-17]. Altre mutazioni frequenti si ritrovano in RAF, la quale fa parte di una famiglia a cui appartengono tre isoforme: ARAF, BRAF e CRAF. RAS è in grado di riconoscere tutte e tre le isoforme e determina la dimerizzazione di RAF attivandolo. È stato dimostrato che queste mutazioni hanno un carattere mutualmente esclusivo. Nel melanoma la mutazione più comune su BRAF è BRAFV600E (Valina  Glutammato in posizione 600)[18-21]. Questa mutazione fa sì che la proteina BRAF sia costitutivamente attiva e svolga la sua attività in forma monomerica, inducendo la proliferazione cellulare anche in assenza della sua attivazione da parte di RAS[18-20,22,23].

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14 Modified from Miller et al. (2006); n engl j med 355;1

Figura 1-2 – MAPK pathway[24]

1.2.2 L’inibizione di BRAF mutato da parte del Vemurafenib

Nel 2011 è stato approvato dalla FDA l’immissione in commercio del farmaco Vemurafenib (PLX 4032): è una piccola molecola che mima la struttura dell’ATP andando a legarsi nel sito attivo di BRAF V600E (Figura 1-3). Da studi fatti è stato visto che il Vemurafenib ha una bassa specificità per BRAF wild-type (wt), ma una forte specificità nei confronti di BRAF V600E[25] e può inibire il signaling delle MAPK in linee cellulari che presentano tale mutazione (riducendone il potenziale proliferativo). È stata riscontrata anche una riduzione della fosforilazione di MEK e di ERK anche in linee cellulari con la mutazione V600 diversa dalla sostituzione con l’Acido Glutammico (es. V600D/R/K). Al contrario, la somministrazione del

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15 Vemurafenib a linee cellulari con BRAF wt provoca un vantaggio proliferativo, causato da un’iperattivazione del pathway, noto come effetto paradosso[26]. Il farmaco si lega a bassa affinità in uno dei due siti del dimero RAF-RAF attivando il sito chinasico libero con la conseguente attivazione di MEK e delle proteine a valle nel pathway [27]. Infatti in pazienti trattati col farmaco, si ha una riduzione della massa tumorale e contemporaneamente la comparsa di lesioni della pelle come cheratoacantomi (=neoplasie benigne) dovute alle cellule della cute BRAF wt che subiscono comunque gli effetti del farmaco[28].

Figura 1-3 -Struttura chimica del vemurafenib e rappresentazione 3D della sua localizzazione nel sito attivo di BRAF V600E

(www.maunfacturinchemistry.org e www.energy.gov )

1.2.3 Resistenza acquisita al Vemurafenib

Il Vemurafenib è un farmaco utilizzato contro il melanoma metastatico (sebbene vi siano dei trial clinici in corso in cui il farmaco è utilizzato su pazienti affetti da melanoma primario): il 50% dei pazienti BRAV600E mostrano una diminuzione

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16 della crescita del tumore e/o metastasi. Però dopo 6 mesi (in media) di trattamento, i pazienti mostrano una ricomparsa delle metastasi e una nuova progressione del tumore: si definisce questo fenomeno come Resistenza Acquisita al farmaco.

La resistenza acquisita verso un farmaco target-specifico può essere dovuta a mutazioni secondarie che insorgono nel target farmacologico oppure all’attivazione di pathways alternativi che riescono ad aggirare l’azione del farmaco[29]. Si sono susseguiti una serie di studi per comprendere appieno i meccanismi che portassero alla resistenza acquisita al Vemurafenib e sono stati identificati ad oggi una serie di meccanismi che possiamo così suddividere: • Meccanismi che causano una riattivazione del pathway MAPK (Figura 1-4); • Meccanismi che causano un’iperattivazione di altri pathways (Figura 1-4).

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17 Figura 1-4 – Meccanismi che portano a resistenza acquisita [30]

1.2.4 Meccanismi che causano una riattivazione del pathway MAPK

Nel 2011 è stato idenitficato un meccanismo di resistenza in cui si forma una variante tronca di BRAFV600E (Figura 1-5)[27]. In alcune linee cellulari che mostrano resistenza acquisita al Vemurafenib, sono state identificate varianti di splicing di BRAFV600E con una delezione in-frame degli esoni 4- 8 (Figura 1-6)[27,31], corrispondenti al sito di legame a RAS (RAS Binding Domain, RBD). Il meccanismo con il quale avviene il fenomeno di exon skipping non è stato ancora chiarito, ma è stato visto che la forma tronca di BRAFV600E è in grado di dimerizzare formando un complesso attivo e determinando la riattivazione di MEK/ERK. L’introduzione di mutazioni a carico del sito di dimerizzazione di BRAF ristabilisce la sensibilità al farmaco, dimostrando che la capacità delle varianti di

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18 splicing di dimerizzare è indispensabile per mediare questo meccanismo di resistenza. La presenza di queste varianti di splicing di BRAF è stata anche confermata in biopsie prelevate da pazienti con resistenza acquisita al Vemurafenib.

In letteratura è riportata anche una sovraespressione della proteina BRAF mutata[32,33], che enfatizza l’importanza dell’aumento di espressione del

target del farmaco come meccanismo di resistenza a questo.

Allo stesso modo anche l’aumento dei livelli della proteina CRAF conferisce resistenza all’inibizione di BRAF in modelli di coltura cellulare di melanoma[34,35].

Figura 1-5 – A) pathway wild type ; B) pathway mutato BRAFV600E; C)resistenza dovuta alla dimerizzazione di una forma tronca di BRAFV600E[36]

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19 Figura 1-6 - Varianti di splicing di BRAF V600E individuate da Poulikakos e

collaboratori (2011)[27]

Implicati nel MAPK pathway sono anche MEK1 e MEK2, facenti parte di una famiglia di chinasi costituita da 7 membri. MEK è attivata per fosforilazione da RAF e COT (mitogen-activated protein kinase 8, MAP3K8, membro della famiglia delle serina/treonina chinasi) e attiva a sua volta ERK1 e ERK2. Mutazioni a livello di MEK1 e MEK 2 possono riattivare il MAPK pathway in presenza degli inibitori di BRAF[37,38]. Inoltre un aumento dei livelli del trascritto di COT sono stati individuati in due biopsie in pazienti con resistenza acquisita al Vemurafenib. In due linee cellulari resistenti al Vemurafenib è stato osservato come i livelli espressione aumentati di COT siano imputabili ad un aumento del numero di copie del gene[39].

RAS è una proteina ad attività GTPasica che si attiva in seguito alla segnalazione da parte dei recettori tirosin chinasici (RTK) e va a fosforilare la proteina RAF. Esistono tre geni di RAS che codificano proteine strutturalmente simili tra loro: NRAS, KRAS, HRAS. RAS è in grado di riconoscere tutte e tre le isoforme di RAF anche se con diversa affinità. Ad opera di RAS, RAF dimerizza e si attiva, permettendo la trasduzione del segnale da parte del pathway MAPK. È stato dimostrato che un’anomala attività di RAS determina l’insorgenza di resistenza

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20 acquisita al Vemurafenib[40]. L’attività della proteina RAS può incrementare a causa di un’errata regolazione a monte di tale enzima da parte dei RTK, o a causa di mutazioni iperattivanti del gene che la codifica[35,40].

1.2.5 Meccanismi MAPK-indipendenti

Fra i meccanismi di resistenza acquisita MAPK-indipendenti troviamo

l’attivazione del pathway PI3K/AKT/mTOR tramite

sovraespressione/iperattivazione di alcune proteine come PDGFRβ, IGF-1R ed EGFR. Confrontando biopsie di melanoma pre- e post-insorgenza di resistenza acquisita al Vemurafenib, è stato osservato un incremento dei livelli di PDGFRβ in 4 pazienti su 11 [33]. È stato anche dimostrato che la repressione dell’espressione di PDGFRβ, utilizzando un siRNA in linee cellulari resistenti, conferisce nuovamente sensibilità al farmaco[40].

1.3 I microRNA (miRNA)

1.3.1 Generalità sui miRNA

I microRNA (miRNA) sono una classe di piccoli RNA non codificanti a singolo filamento lunghi circa 19-25 nucleotidi e regolano negativamente l’espressione genica a livello post-trascrizionale[41]. I miRNA si legano a siti parzialmente complementari su RNA messaggeri bersaglio (di solito sulla 3’UTR) inducendone la degradazione o impedendone la traduzione nel prodotto proteico corrispondente[42,43]. Analisi computazionali mostrano che un singolo miRNA può reprimere più di 100 trascritti diversi. I miRNA costituiscono una delle più

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21 abbondanti classi di molecole regolatorie negli animali e svolgono certamente un ruolo importante anche in patologie gravi come il cancro. Il primo miRNA è stato scoperto nel 1993, quando due studi indipendenti determinarono che il gene di Caenorhabditis elegans lin-4 era un piccolo RNA non codificante (ncRNA)[44]. La particolarità di questa sequenza era la perfetta complementarietà a livello di 7 nucleotidi della regione 3’ UTR dell’mRNA del gene che codifica per la proteina Lin-1436. Questa proteina è fondamentale per il corretto sviluppo del nematode dal primo al secondo stadio larvale. Qualche anno dopo, attraverso studi analoghi fu scoperto che lin-4 regolava anche il gene Lin-28 che si attiva in fasi più avanzate dello sviluppo di C. elegans[45]. Queste osservazioni hanno dimostrato l’esistenza di una classe di piccoli RNA non codificanti con un ruolo potenzialmente regolatorio. Dopo questa scoperta i miRNA sono stati individuati nelle piante e in altre specie animali. Consultando il database online miRbase, dove sono depositate tutte le sequenza dei miRNA identificati, si osserva che ad oggi nell’uomo sono stati identificati 2603 miRNA maturi [http://www.mirbase.org]. Si ritiene che almeno un terzo dei geni umani sia regolato da miRNA e che in tal modo questi controllano processi cellulari importanti come la proliferazione[46], il differenziamento e l’apoptosi[47].

1.3.2 Localizzazione dei miRNA nel genoma umano

I geni che codificano per i miRNA sono presenti in tutti i cromosomi umani, eccezion fatta per il cromosoma Y, e possono essere organizzati in vario modo. Molti miRNA sono localizzati in regioni distanti da geni annotati e questo suggerisce che possano rappresentare singole unità trascrizionali. Sono perciò definiti miRNA intergenici. Più del 50% dei geni codificanti miRNA sono raggruppati in cluster e normalmente vengono trascritti come RNA multicistronici. Generalmente nei cluster troviamo miRNA paraloghi, con una

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22 regione seed (ved. 1.3.4) identica e possono anche agire in maniera ridondante. Altri miRNA vengono definiti intragenici, perché si trovano all’interno di altri geni ed hanno di conseguenza lo stesso orientamento trascrizionale. Il gene ospite può essere un gene codificante oppure un gene non codificante. Nei trascritti non codificanti ~40% dei miRNA intragenici si localizzano in regioni introniche e ~10% nelle regioni esoniche. Nei trascritti di sequenze codificanti, i miRNA generalmente si collocano in posizioni introniche[48].

1.3.3 Biosintesi dei miRNA

La produzione dei miRNA è un processo multistep che comincia nel nucleo e finisce nel citoplasma (Figura 1-8). I geni che codificano per miRNA sono trascritti dalla RNA polimerasi II[49], formando lunghi precursori chiamati miRNA. I pri-miRNA sono molecole grandi anche migliaia di nucleotidi che subiscono un capping al 5’, la poliadenilazione al 3’ e presumibilmente lo splicing degli introni. Il miRNA viene prima processato nel nucleo dall’eterodimero Drosha/DGCR8, che taglia il pri-miRNA generando molecole lunghe 60-100 nucleotidi , definite pre-miRNA[50], i pre-miRNA hanno struttura secondaria ad appaiamenti imperfetti, tale struttura è caratterizzata da un loop e da uno stelo (forcina) con parziale complementarietà di basi; all’estremità 3’ si ha solitamente la protrusione di due nucleotidi. DGCR8 è una proteina che lega RNA a doppio filamento e riconosce la regione prossimale di ~10 nucleotidi del pri-miRNA, collocandovi il sito catalitico dell’RNasi III Drosha[51]. Il pre-miRNA viene trasportato dal nucleo al citoplasma grazie alla presenza della proteina di membrana nucleare Esportina-5 (XPO5), che riconosce i due nucleotidi al 3’ protrudenti, grazie alla presenza di Ran-GTP[52]. Nel citoplasma avviene l’ultima fase di maturazione del pre-miRNA ad opera del complesso multiproteico RISC[53,54]. La RNasi III Dicer interagisce con due proteine TRBP[55] e PACT[56]

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23 e, una volta che i miRNA duplex sono prodotti, si associano con la proteina Argonauta (Ago), formando il complesso RISC (RNA-induced silencing complex)[57,58]. Questo complesso determina il taglio del pre-miRNA appena esportato come segue: TRBP lega il trascritto stabilizzato da PACT e Dicer effettua il taglio endonucleotidico del loop della forcina. Si ottiene così un RNA a doppio filamento di circa 22 bp. Successivamente interviene la proteina Ago che con il suo dominio elicasico, dissocia l’RNA duplex, formando il miRNA maturo. Un filamento dell’RNA duplex rimane associato ad Ago ed è il miRNA maturo, l’altro filamento definito anche miRNA* viene degradato.

Figura 1-8 – Biogenesi dei miRNA e meccanismi di regolazione post-trascrizionale di mRNA target[41]

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1.3.4 Meccanismo di azione dei miRNA

I miRNA svolgono il proprio ruolo di regolatori negativi andando a riconoscere e legare il trascritto target. Il legame del miRNA con l’mRNA target avviene preferenzialmente in corrispondenza di una specifica sequenza di riconoscimento solitamente presente nella regione 3’ UTR, ma che può trovarsi anche nella ORF[59]. Questa interazione avviene grazie all’appaiamento perfetto tra il seed del miRNA (basi 2-7 al 5’ della sequenza) con una sequenza bersaglio sull’mRNA target chiamata seed match[60]. Nella sequenza restante del miRNA possono esserci sia appaiamenti perfetti sia imperfetti con l’mRNA. La natura dell’appaiamento tra il miRNA e l’mRNA a livello delle basi che non fanno parte del seed determina il meccanismo di silenziamento. In particolare, si possono verificare due casi:

• Nel caso in cui si abbia complementarietà perfetta di tutto il miRNA con l’mRNA

target, avviene un blocco della traduzione e una degradazione del trascritto

attraverso taglio endonucleotidico ad opera di Ago2.

• Nel caso invece in cui si abbia un appaiamento imperfetto tra il miRNA e l’mRNA target in corrispondenza di alcune basi (Figura 1-9), si ha la rimozione della coda di polyA del trascritto e il silenziamento della traduzione. Il messaggero senza coda di polyA risulta essere instabile all’interno della cellula e quindi si ha la rimozione del capping al 5’ e la degradazione esonucleasica in direzione 5’3’.

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25 Figura 1-9 - Regolazione post-trascrizionale mediante appaiamento imperfetto

fra mRNA e miRNA[61]

1.3.5 miRNA e Cancro

Il controllo accurato dei livelli di miRNA è essenziale per il mantenimento della normale omeostasi cellulare. Riarrangiamenti cromosomici, amplificazione genomica, delezioni o mutazioni possono alterare le porzioni del genoma che contengono miRNA, proprio come colpiscono geni che codificano per proteine[48] (Figura 1-10). Nel 2004, Calin e collaboratori[62] hanno visto che

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26 molti dei miRNA mappano in regioni genomiche frequentemente alterate in cancro. Un chiaro esempio di aberrazione cromosomica nel cancro è il cluster dei miRNA miR-15/16, frequentemente deleto nella leucemia linfatica cronica (CLL)[63]. Dopo questa scoperta moltissimi studi hanno definito un ruolo per i miRNA nella patogenesi del cancro. Altri meccanismi genomici responsabili per l’alterazione dei miRNA nel cancro sono mutazioni negli enzimi principali per il macchinario di biosintesi dei miRNA, come Dicer e Drosha[64].

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27 La biogenesi dei miRNA è un processo multistep che integra diversi enzimi e proteine regolatorie che permettono la maturazione del precursore primario dei miRNA. Molti componenti del macchinario di biogenesi dei miRNA possono essere sovraespressi, sottoregolati o mutati nei tumori, contribuendo alla disregolazione dell’espressione dei miRNA. La fase di taglio operata da Drosha ha un ruolo fondamentale nella regolazione dei livelli di miRNA[48]. Poichè il processamento dei miRNA avviene nel citoplasma, essi vi devono essere trasportati dal nucleo e questo avviene grazie alla presenza di un recettore di esportazione nucleare XPO5. Mutazioni a carico del gene che codifica per questo recettore determina la formazione di una proteina tronca che non è in grado di associarsi con il pre-miRNA e farlo uscire dal nucleo[65]. Ciò comporta una riduzione dei livelli di pre-miRNA citoplasmatici, con conseguente riduzione della fase di dicing, e quindi minor livello di miRNA. Recentemente è stato osservato che nel tumore alle ovaie il gene DICER1 ha una regione soggetta a mutazioni[66], il che porta ad una modificazione della specificità di riconoscimento dei precursori dei miRNA, ad un differente processamento dei pre-miRNA e ad un’alterazione del profilo di espressione dei miRNA espressi. I miRNA funzionano nel cancro come oncogeni (oncomir) o geni oncosoppressori (tumor-suppressor miRNA). La perdita di miRNA oncosoppressori causa l’aumentata espressione di oncogeni bersaglio, mentre l’aumentata espressione di miRNA oncogenici causa la repressione di geni oncosoppressori bersaglio. Dato che un singolo miRNA è in grado di regolare l’espressione genica di centinaia di geni bersaglio, la sua alterata espressione cellulare porterà all’alterazione di numerosi pathway molecolari che possono contribuire all’instaurarsi di un fenotipo cellulare di natura maligna (Figura 1-11)[67]. È stato dimostrato il ruolo dei miRNA non solo nelle prime fasi di insorgenza del tumore, ma anche nelle fasi di progressione e metastatizzazione della malattia. Quindi,

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28 comprendere il ruolo dei miRNA nei processi di tumorigenesi permette di aprire nuove porte per lo sviluppo di strumenti diagnostici e terapeutici innovativi per la lotta contro il cancro.

Figura 1-11 – Funzionamento dei miRNA come oncogeni ed oncosoppressori[67]

1.3.6 miRNA in melanoma

I miRNA svolgono un ruolo importante anche nella tumorigenesi del melanoma. Un numero sempre maggiore di studi identifica miRNA differenzialmente espressi fra melanociti (o nevi benigni) e cellule di melanoma[68]. I miRNA che interpretano un ruolo oncosoppressore cruciale in vari tipi di tumore sono downregolati anche in melanoma, come la famiglia let-7. Fra i target predetti e

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29 validati di let-7 troviamo molti oncogeni come NRAS, RAF, c-Myc, ciclina D1/D3 e Cdk4 che svolgono un ruolo importante nella melanomagenesi[24]. Alcuni studi funzionali in vitro hanno poi mostrato che una sovraespressione di let-7 blocca la proliferazione delle cellule di melanoma[69]. Tra i miRNA che svolgono un ruolo specifico nello stadio metastatico del melanoma troviamo i miR-126-5p e 3p [70]. Nei melanociti e in linee di melanoma primario i livelli di espressione dei miR-126-5p/3p sono elevati, mentre mostrano un declino marcato in linee cellulari di melanoma metastatico. Sovraesprimendo i miR-126-5p/3p in due linee cellulari di melanoma metastatico si osserva una significativa riduzione della proliferazione e dell’invasività in vitro e in vivo su xenograft impiantati in topo. In accordo con queste osservazioni, è stato osservato l’effetto opposto facendo il knock-down dei due miRNA in cellule di melanoma. I target dei miR-126-5p/3p identificati sono ADAM9 e MMP7, due metalloproteasi che svolgono un ruolo centrale nella progressione del melanoma. Inoltre queste proteasi sono in grado di attivare il precursore HB-EGF. Una diminuzione dei miR-126-5p/3p determina un aumento dell’espressione di ADAM9 e MMP7, determinando l’aumento dell’attivazione di HB-EGF che interviene nell’attivare la proliferazione cellulare[70]. Altri studi evidenziano il ruolo nella genesi del melanoma dei miR-148, miR-155, miR-200c, miR-182, miR-211, miR-221, miR-22 e miR-214 [68].

1.3.7 Il ruolo dei miRNA nella farmaco-resistenza

Dunque i miRNA svolgono un ruolo importante nella biologia del cancro, sia nelle fasi iniziali, quando una cellula diventa tumorale, sia nelle fasi tardive di metastatizzazione e invasività del tumore. Recentemente alcuni lavori mostrano il ruolo che alcuni miRNA hanno nel conferire resistenza alle cellule tumorali verso alcuni farmaci chemioterapici. Gli studi a tal riguardo non sono ancora

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30 molti, ma è crescente l’interesse a questo aspetto. Capire come il mondo dei non-coding RNA possa affiancarsi ai meccanismi di resistenza agli inibitori di BRAF già noti o determinarne di nuovi risulta un nodo cruciale da sciogliere per la cura di un tumore particolarmente aggressivo, per il quale al momento tra tutti i farmaci disponibili solo gli inibitori di BRAF mostrano un elevato tasso di risposta, prima però dell’inevitabile insorgenza della resistenza.

Scopo della tesi

Allo scopo ultimo di trovare nuovi possibili target terapeutici da affiancare al Vemurafenib per potenziarne l’efficacia e magari prevenire la resistenza acquisita, la mia tesi è stata volta a identificare i miRNA regolati da BRAFV600E nel melanoma e a mettere a punto una serie di costrutti che ne permettono lo studio.

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31

2 Materiali e metodi

2.1 Linee cellulari

Le linee cellulari utilizzate negli esperimenti sono linee tumorali provenienti da melanoma metastatico.

Linee cellulari Genotipo BRAF Meccanismi di resistenza 501 MEL BRAF V600E Sensibile al farmaco 501 MEL P1 BRAF V600E Variante di splicing ∆3-10

A375 BRAF V600E Sensibile al farmaco

A375 P2 BRAF V600E KRASK117N

A375 C2 BRAF V600E Variante di splicing ∆3-10 Sk-Mel-28 BRAF V600E Sensibile al farmaco

Sk-Mel-28 C2 BRAF V600E Overexpression di EGFR e PDGFR

Sk-Mel-5 BRAF V600E Sensibile al farmaco

Sk-Mel-197 BRAF wt Non sensibile al farmaco

MEWO BRAF wt Non sensibile al farmaco

2.2 Tecniche di coltura

Le linee cellulari vengono coltivate in mezzo DMEM High Glucose, 10% FBS, 1% Glutammina, 1% Penicillina-Streptomicina. Per ognuna delle suddette linee sono

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32 stati ottenuti cloni (C) e popolazioni (P) resistenti al farmaco, ed essi vengono coltivati in mezzo DMEM High Glucose, 10% FBS, 1% Glutammina, 1% Penicillina-Streptomicina, 2μM Vemurafenib (PLX 4032, Selleck) ed incubati a 37°C, al 5% di CO2.

2.3 Transfezione cellulare transiente

La transfezione si definisce transiente quando il DNA esogeno introdotto nella cellula resta al suo interno come frammento extracromosomico, cioè non si integra nel genoma cellulare; in questo caso le proprietà indotte dalla transfezione permangono per breve tempo. Questo è il protocollo per la transfezione effettuata tramite la Lipofectamine 2000 (Invitrogen) in una 6-well

plate:

 1a mix = 250 µL di Optimem/mezzo completo + oligo (60 nM finale)

 2a mix = 250 µL di Optimem/mezzo completo + 10 µL di Lipofectamine

 Unire le due mix

 Attendere 15’-20’

 Aggiungere la mix (per intera) ad ogni pozzetto

Dopo 6 ore si staccano le cellule e si riseminano in numero dipendente dal protocollo dello specifico saggio cellulare e si attendono 24 ore prima di trattare con il Vemurafenib.

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33

2.4 Saggio della melanina

Dopo 72 ore dalla transfezione di siRNA/LNA (Locked Nucleic Acid della Exiqon) e quindi dopo 42 ore dal trattamento con DMSO/Vemurafenib nelle cellule appartenenti alla linea 501- MEL, si staccano le cellule e si centrifuga a 1200 rpm per 7 min. Tramite lavaggio in 1 mL di PBS, il pellet è trasferito in un’eppendorf e centrifugato di nuovo a 1500 rpm per 6 min, in modo da rendere maggiormente visibile il colore del pellet.

siRNA/LNA Sequenze si-204 S 5’ – UUCCCUUUGUCAUCCUAUGCCUUU – 3’ AS 5’ – AGGCATAGGATGACAAAGGUUAUU – 3’ si-211 S 5’ – UUCCCUUUGUCAUCCUUCGCCUUU – 3’ AS 5’ – AGGCGAAGGAUGACAAAGGUUAUU – 3’ si-CT S 5’ – UUCUUCGAACGUGUCACGUTT – 3’ AS 5’ – ACGUGACACGUUCGGAGAATT – 3’ LNA 204 5’ – GGCATAGGATGACAAAGGGA – 3’ LNA 211 5’ – GGCGAAGGATGACAAAGGGA – 3’ LNA CT 5’– GTGTAACACGTCTATACGCCCA – 3’

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34

2.5 Transfezione stabile

La transfezione si definisce stabile quando il DNA esogeno introdotto nella cellula resta al suo interno integrandosi con il genoma cellulare. In questo caso le proprietà indotte dalla transfezione permangono stabilmente.

Il protocollo di transfezione è così fatto:

 Primo giorno: si seminano 3x106 cellule 293T in una p100 con mezzo

DMEM Low Glucose. Si preparano due piastre per il controllo e due piastre

per il plasmide di interesse.

 Secondo giorno: le cellule 293T vengono transfettate con una mix composta da 12 µg del plasmide di interesse + 8 µg del plasmide psPAX2 (Figura 2-1) + 4 µg del plasmide pMD2.G (Figura 2-2) + 45 µL di PEI 2x (Polyethylenimine, Sigma) + 1 mL di DMEM Low Glucose. Prima di aggiungere la mix alle cellule, si aspira il mezzo da queste e si aggiungono per ogni piastra 5 mL DMEM Low Glucose col 2% di FBS.

 Dopo 48 ore si raccoglie il mezzo dalle 293T e si conserva. Si aggiunge mezzo fresco alle stesse.

 Il giorno dopo si raccoglie nuovamente il mezzo dalle 293T e si aggiunge al mezzo precedentemente conservato. Nel frattempo si seminano 30000 cellule 293T in 24-well per calcolare il titolo. A questo punto viene aggiunto al mezzo il reagente Lenti-X concentrator (Clontech) e si prosegue secondo il protocollo del produttore. In questo modo otteniamo il virus concentrato e questo si aggiunge alle 293T seminate come segue: in 3 wells si aggiunge 1 µL del concentrato puro, in altre 3 si aggiunge 1 µL del concentrato diluito 1:10, in altre 3 si aggiunge 1 µL del concentrato diluito 1:100. Ad ogni well sono aggiunti 4 µg/µL di polibrene, ossia un polimero cationico usato per incrementare l’efficienza di infezione.

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35

 Dopo 72 ore la fluorescenza delle cellule è letta al citofluorimetro per calcolare successivamente il titolo. Nel frattempo vengono seminate le cellule riceventi nel loro mezzo in numero 30000 per well di una 24-well. Calcolo del titolo: una volta rilevata la % di fluorescenza dell’1:1, 1:10, 1:100 e fatta la media dei triplicati, si moltiplica la media di fluorescenza dell’1:1 per 30000 (ossia il numero delle cellule transfettate) e si ottengono le unità/µL. Lo stesso calcolo si applica all’1:10 e l’1:100, che deve risultare rispettivamente 10 volte e 100 volte inferiori rispetto all’1:1. Dopodochè si divide il numero di cellule (30000) per le unità/µL. in questo modo si ottiene la quantità in µL di concentrato di virus da transfettare. A questo si aggiungono 4 µg/µL di polibrene per piastra. Viene aggiunto solo mezzo fresco al controllo negativo.

 Dopo 48 ore si aggiungono 10 µL di puromicina (2mg/mL) per la selezione. Nei giorni successivi si continuano a passare le cellule finchè le cellule del controllo negativo non sono tutte morte. Questo evento indica la fine della selezione.

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36 Figura 2-1 – psPAX2 (Addgene)

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37

2.6 Curva di crescita

Per valutare l’effetto della sovraespressione del miR-204 è stata realizzata una curva dose-risposta, utilizzando dosi crescenti di Vemurafenib. In ciascun pozzetto di una piastra 6-well sono state seminate 5x103 cellule transfettate

stabilmente con i miR- 204 o con il miRNA di controllo miR-CT in un volume finale di mezzo di 2 mL in duplicato. Il giorno seguente ciascun pozzetto è stato trattato con dosi diverse del farmaco, raggiungendo le concentrazioni finali 0.02; 0.05; 0.2; 0.5; 2 μM di Vemurafenib. Il controllo si ottiene addizionando al mezzo di coltura il DMSO, veicolo del farmaco. Il mezzo contenente il farmaco è stato cambiato ogni 3 giorni. Dopo circa 10 giorni, quando il pozzetto di controllo raggiunge una confluenza cellulare dell’80-90%, le cellule vengono lavate in PBS e poi fissate con una soluzione di paraformaldeide (PFA) 2% per 10 minuti. I pozzetti sono lavati con PBS e successivamente avviene la colorazione con una soluzione di cristalvioletto 0.1% (0.1% cristalvioletto, 20% metanolo, in acqua) per 15 minuti. L’eccesso di colorante viene rimosso, seguono tre lavaggi con acqua e le piastre vengono fatte asciugare all’aria. Ciascun pozzetto è stato poi incubato con una soluzione di acido acetico al 10% per 10 minuti.

L’assorbanza della soluzione risultante dalla solubilizzazione del cristalvioletto in acido acetico viene misurata a λ=595 nm con uno spettrofotometro. Per ogni pozzetto vengono condotte due letture d’assorbanza. I valori di assorbanza ottenuti sono normalizzati con il valore di assorbanza misurato per il miR-CT trattato con DMSO che ha valore 100%. Ogni esperimento è stato condotto in duplicato.

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38 Sequenza miR-CT clonata nel pGIPZ CTCGAGAAGGTATATTGCTGTTGACAGTGAGCGATCTCGCTTGGGCGAGAGTAAGTA GTGAAGCCACAGATGTACTTACTCTCGCCCAAGCGAGAGTGCCTACTGCCTCGGAATTC Legenda:

XhoI,EcoRI, flanking del miR-30, loop del miR-30, miR-CT

2.7 Saggio clonogenico

In questo saggio viene osservata la capacità di una cellula di formare una colonia in presenza/assenza del farmaco e a seguito di transfezione stabile con miR-204 o miR-CT, quando seminata in condizioni di bassa densità. In 4 piastre p60 vengono seminate 200 cellule e il giorno seguente vengono trattate con Vemurafenib 0.02; 0.2; 2 μM e il controllo con DMSO. Dopo circa 10 giorni si procede alla colorazione incubando la piastra per 1h con una soluzione di cristalvioletto 0.05% e formaldeide 3.5%. A fine incubazione l’eccesso di colorante viene rimosso, si effettuano dei lavaggi con acqua e si lasciano asciugare all’aria le piastre. Dopodichè vengono contate le colonie che si sono formate in ciascuna condizione. L’esperimento è stato condotto in duplicato tecnico per due esperimenti indipendenti. I dati di ogni esperimento sono stati normalizzati rispetto alla media del non trattato transfettato col miR-CT.

2.8 Estrazione RNA

L’estrazione dell’RNA totale da pellet cellulari è stata effettuata utilizzando il protocollo TRIZOL (TRIZOL Reagent, Invitrogen). I pellet sono stati lisati con 500μL di TRIZOL e incubati 5 minuti a temperatura ambiente. Al campione

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39 omogenato sono stati aggiunti 100 μL di cloroformio e successivamente è stata effettuata una centrifugazione a 12000g per 15minuti, a 4°C. Viene raccolta la fase acquosa, alla quale vengono aggiunti 250 μL di isopropanolo. Segue una centrifugazione a 12000g per 10 minuti. Si rimuove il sovranatante e si lava il pellet con 500μL di etanolo 70%. Il pellet viene poi centrifugato per 5minuti a 7500g. L’RNA precipitato è risospeso in acqua RNase-free e quantificato.

Prima di procedere alla retrotrascrizione, viene effettuato il trattamento con la DNasi I [Deoxyribonuclease I (1U/μL), Amplification Grade, Invitrogen]. La mix di reazione viene lasciata per 15 minuti a temperatura ambiente e contiene:

Componente Volume RNA template 1μg DNAse I 1 μL 10X DNase I Reaction Buffer 1 μL Acqua nuclease-free variabile Volume finale 10 μL

Dopo viene aggiunto 1 µl di EDTA 25 nM (acido etilendiamminotetraacetico) e la DNasi viene inattivata ponendo i campioni a 65°C per 15 min.

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40

2.9 Retrotrascrizione dell’RNA

Per retrotrascrivere l’RNA estratto dalle nostre linee cellulari ed ottenere il cDNA, viene utilizzato l’iScript Reverse Transcription Supermix for RTqPCR (BIORAD).

La mix di reazione contiene:

Componente Volume Condizioni

iScript reverse transcription

supermix 4 μL

25°C per 5 minuti

RNA template 500 ng 42°C per 30

Acqua nuclease-free variabile minuti 48°C per 10

Volume totale 20 μL

minuti

85°C per 5 minuti

Per poter studiare l’espressione della famiglia del miR-204 viene invece utilizzato un altro metodo di retrotrascrizione, ossia il miScript II RT Kit (Qiagen), che permette la retrotrascrizione dei miRNA.

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41 La mix di reazione contiene:

Componente Volume Condizioni

Buffer Hi-Spec 5x 4 µL 37°C per 1 ora

95°C per 5 minuti

Nucleic Acids (dNTP) 10x 2 µL

miR Script RT 2 µL

RNA template 250 ng

Acqua nuclease-free variabile

Volume totale 20 µL

Una volta ottenuto il cDNA si fa un controllo per essere certi che non ci sia stata contaminazione da DNA genomico. Tale controllo viene fatto tramite una PCR in cui confronto l’amplificazione di un frammento del gene ATP1A1 sui cDNA ottenuti e sul DNA genomico. I primers utilizzati danno un amplificato di circa 500 pb con DNA genomico come template e di circa 350 pb con cDNA come

template. Questo perché i primers sono stati disegnati su due esoni al cui interno

vi è un introne lungo 140 pb. Qui sono riportate la mix e le sequenze dei primers: Componente Volume Condizioni

PCR Master Mix

(ThermoScientific)

10 µL 98°C per 2 minuti {95°C per 30 secondi 55°C per 5 secondi

72°C per 30 secondi}x34 cicli 72°C per 7 minuti

ATP1A1 forward 10 µM 1 µL ATP1A1 reverse 10 µM 1 µL cDNA template (diluito) 1 µL Acqua nuclease-free 7 µL

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42 Geni Primers

ATP1A1 F 5’ – CTCAGATGTGTCCAAGCAAG – 3’ R 5’ – GTCAGTGCCCAAGTCAATG – 3’

2.10 PCR del pre-miR-204

Per amplificare il pre-miR-204 da DNA genomico è stata usata la Phusion

High-Fidelity DNA Polymerase (ThermoScientific), ossia una Taq polimerasi con proofreading. Qui sono riportate la mix e le sequenze dei primers (che

contengono anche i siti di taglio per XhoI e MLuI) e del pre-miR-204 short (in rosso):

Componente Volume Condizioni

Master Mix Phusion 10 µL 98°C per 10 secondi

{98°C per 1 secondo 55°C per 5 secondi

72°C per 15 secondi}x34 cicli 72°C per 7 minuti primer forward 10 µM 1 µL primer reverse 10 µM 1 µL Genomico 10 ng/µL 2 µL Acqua nuclease-free 6 µL Volume totale 20 µL Template Primers Pre-miR-204 F 5’ – CATCTCGAGGACAGGGTGATGGAAAGGAG – 3’ R 5’ – GCAACGCGTGCATTTGATGATGGTGCAAT – 3’ (XhoI, MluI)

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43 In seguito l’amplificato è stato clonato all’interno del pGIPZ (Figura 2-3) tra i siti di restrizione XhoI e MluI.

Figura 2-3 – pGipz (Open Biosystems)

CTCGAGgacagggtgatggaaaggagggtgggggtggaggcaagcagaggacttcctgatcgcgtac

ccatggctacagtctttcttcatgtgactcgtggacttccctttgtcatcctatgcctgagaatatatgaagga ggctgggaaggcaaagggacgttcaattgtcatcactggcatcttttttgatcattgcaccatcatcaaatgc

(44)

44

2.11 Effetto Vemurafenib a 48 h

Per poter valutare l’effetto del Vemurafenib sui livelli di mRNA di TRPM1, TRPM3 e sui livelli del miR-204 family nelle varie linee cellulari, l’esperimento è stato condotto come segue:

 primo giorno: semina di 4 per 105 cellule in p100 (2 piastre per ogni linea);

 secondo giorno: trattamento con 10 µL di Vemurafenib 2 µM in una piastra e 10 µL di DMSO nell’altra piastra;

 terzo giorno: raccolta dei pellet di cellule (ogni pellet deve essere costituito da circa 1 milione di cellule)

Una volta estratto l’RNA dalle cellule si è proseguiti con la Real-Time PCR dei geni TRPM1 e TRPM3 e del miR-204 family.

2.12 Real-time PCR

L’espressione dei geni TRPM1 e TRPM3, come anche l’espressione della famiglia del miR-204 è stata esaminata tramite Real-Time PCR sul DNA genomico delle varie linee cellulari. Le reazioni vengono effettuate utilizzando SsoAdvanced

SYBR Green Supermix (BIORAD), contenente uno specifico buffer di reazione con

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45 Componente Volume Condizioni

SsoAdvancedTM SYBR Green Supermix

7,5 μL 98°C per 30 secondi {98°C per 3 secondi 58°C per 20 secondi

72°C per 10 secondi}x39 cicli 65°C per 31 secondi

{65°C per 1 secondo + 0.5°C/ciclo}x60 cicli

primer forward 10 μM 0,6 μL

primer reverse 10 μM 0,6 μL

Acqua nuclease free 5,3 μL

cDNA 1 μL Volume totale 15 μL Geni/miRNA Primers TRPM1 F 5’ – TGCGAAGGCTGCTGGAAA – 3’ R 5’ – CAAGACGATGGACACCACGTTAGG – 3’ TRPM3 F 5’ – GGAGCAGAGGTGAAACTTCG – 3’ R 5’ – CCCATCACAGACAACCACTG – 3’

miR-204 family F 5’ – TTCCCTTTGTCATCCT – 3’

R 5’ – TGAATCGAGCACCAGTTACGC – 3’

2.13 Deep sequencing

I campioni per l’estrazione dei miRNA destinati al Deep sequencing sono stati preparati a partire dalla semina di a 4*105 cellule della linea A375 e 2.2, ciascuno

nel proprio mezzo di crescita. Dopo 24h sono state trattate con DMSO o Vemurafenib. Dopo 72h dalla semina, le cellule sono state poi lavate con versene e successivamente tripsinizzate. Dalla sospensione cellulare, 106 cellule di

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46 entrambe le linee sono immediatamente riseminate in p100 negli opportuni mezzi e le restanti cellule sono raccolte separatamente in pellet da 106 cellule.

Dopo 48h dalla seconda semina, il pellet cellulare subisce lo stesso trattamento di prima. L’estrazione dei miRNA dal pellet e dal mezzo è stata eseguita utilizzando miRNeasy mini kit (QIAGEN), seguendo il protocollo fornito dal produttore. L’estrazione dei miRNA viene effettuata su 2 pellet cellulari diversi raccolti nei due differenti giorni, sia per la linea A375 che per il clone 2.2.

I miRNA endogeni sono sottoposti a RNAseq utilizzando TruSeq Small RNA kit per generare una library di RNA e il sequenziatore HiSeq 2000 sequencer (Illumina). Date le piccole dimensioni dei miRNA è stata compiuta una lettura di 50bp in un'unica direzione. L’acquisizione delle sequenze è state eseguita allestendo 4 piste aspettandosi fino a 35 milioni letture (reads) per ciascun campione. I reads sono processati secondo gli steps indicati:

 Rimozione della sequenza adattatrice (trim) dalla sequenza acquisita, per avere unicamente la sequenza del miRNA.

 Creazione di un elenco di sequenze uniche e conteggio di ciascuna.

 Creazione di un istogramma di distribuzione della taglia dei miRNA per verificare la bontà di lettura delle sequenze.

 Estrazione da miRbase dell’ID corrispondente a ciascuna sequenza unica acquisita.

Vengono estratte solo le sequenze che corrispondono completamente.

Creazione della tabella con le reads di ciascun miRNA.

Normalizzazione del numero di reads dei miRNA. Brevemente, le counts di ciascun miRNA sono divise per la media geometrica di quel miRNA contro la libreria e la media di questo rapporto all’interno di ogni libreria da una dimensione della libreria stessa.

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47

 L’analisi differenziale dell’espressione dei miRNA in coppie di campioni è stata effettuata tramite il software DEseq.

2.14 Trasformazione Batterica

Per effettuare i clonaggi vengono utilizzate le cellule di E. coli competenti DH5α. Le cellule vengono mantenute in ghiaccio e, una volte scongelate, si aggiunge il DNA plasmidico circolare, e si lasciano nel ghiaccio per 45 minuti. Trascorso questo tempo si sottopongono i batteri allo shock termico per 45 secondi a 42°C e poi ancora in ghiaccio per 2-3 minuti. A questo punto vengono aggiunti 500– 800μl di terreno L.B. e poi incubate a 37°C per 45 minuti, dopodichè si centrifugano i campioni a 6000 rpm per 10 minuti, si elimina il sovranatante e si piastrano i batteri su piastre di LB solido (1% triptone, 0.5% estratto di lievito, 1% NaCl, 1% agar, 100 μg/mL Ampicillina).

2.15 Screening delle Colonie e sequenziamento

Una volta cresciute le colonie, queste vengono prese dalla piastra e inoculate in provette Falcon con 7-10 mL di terreno liquido L.B. (1% triptone, 0.5% estratto di lievito, 1% NaCl, 100 μg/mL Ampicillina) e lasciati ad incubare over night a 37°C. Il giorno seguente si centrifugano le Falcon a 4°C per 4750 rpm per 10 minuti e, al termine, si elimina il sovranatante.

Il DNA plasmidico viene estratto dai batteri con il kit Wizard Plus Minipreps

DNA Purification System (Promega) seguendo il protocollo fornito dal

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48 Per controllare che la sequenza di interesse si sia inserita senza mutazioni, le minipreps ottenute vengono sequenziate presso Eurofins genomics utilizzando i primers specifici per l’MCS dello specifico plasmide.

Dopo aver confermato il corretto inserimento dell’inserto nel plasmide, si procede con la trasformazione della mini di interesse e data l’efficienza di trasformazione di un plasmide chiuso si piastra 1/10 (circa 50 µL dei 500 µL aggiunti dopo lo shock termico, senza centrifugare). Una volta ottenute le colonie, se ne prende una e la si inocula in 200 mL di L.B. all’interno di una beuta da 2L, che viene lasciata in agitazione over night a 37° C. Il giorno dopo l’inoculo viene centrifugato a 7500 rpm per 15 min a 4° C; il DNA plasmidico è poi estratto tramite il kit PureLink HiPure Plasmid Filter Maxiprep (Invitrogen). Viene anche fatto un controllo del DNA purificato per essere sicuri che il plasmide non si sia ri-arrangiato e che l’inserto sia al suo interno. Il controllo viene fatto tipicamente in 50 µL, dove sono compresi 5 µL di buffer e 2 µL di enzima di restrizione (Thermo Scientific o New England Biolabs).

2.16 Sponge

Le sponges contro i miRNAs 204 e 211 sono state costruite basandoci sulle sequenze dei due miRNA riportate nel database miRbase (http://www.mirbase.org/); da queste abbiamo disegnato le sequenze che se trascritte erano in grado di essere target dei miRNAs di interesse; infine abbiamo costruito il senso e l’antisenso delle due sequenze di base con l’aggiunta dei siti di restrizione necessari per l’inserimento all’interno del plasmide pCMV-MCS (Figura 2-4), che però è stato modificato precedentemente con l’eliminazione di tutto ciò che si trovava tra i due siti di restrizione NotI e l’aggiunta dei siti di

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49 restrizione XhoI e BglII e richiudendo il plasmide. Per semplificare il plasmide siffatto è stato rinominato pNot (x).

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50 Siamo partiti dalle sequenze di RNA dei miRNAs:

miRNA RNA sequences

miR-204-5p miR-211-5p

5’- UUCCCUUUGUCAUCCUAUGCCU -3’ 5’- UUCCCUUUGUCAUCCUUCGCCU -3’

Dalle sequenze di RNA è stato disegnato l’equivalente in DNA:

miRNA DNA sequences

miR-204-5p miR-211-5p

5’- TTCCCTTTGTCATCCTATGCCT -3’ 5’- TTCCCTTTGTCATCCTTCGCCT -3’

Da questo è stato disegnato il reverse complement:

miRNA reverse complement (antisense sponge)

miR-204-5p REV miR-211-5p REV

5’- AGGCATAGGATGACAAAGGGAA -3’ 5’- AGGCGAAGGATGACAAAGGGAA -3’

È stato aggiunto poi il bulge (in rosso) necessario a evitare il taglio endonucleolitico:

miRNA bulged sponge

miR-204 bulged sponge miR-211 bulged sponge

5’- AGGCATAGGACACAAAAGGGAA -3’ 5’- AGGCGAAGGACACAAAAGGGAA -3’

Infine è stata disegnata la sequenza antisenso (AS) e sono stati aggiunti i siti di restrizione necessari per inserire le sponges nel pNot (x):

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51

miRNA sponge (Xho/Sal/Bgl)

miR-204 S/AS

5’- TCGAGAGGCATAGGACACAAAAGGGAAGTCGACA -3’

5’- GATCTGTCGACTTCCCTTTTGTGTCCTATGCCTC -3’

miR-211 S/AS

5’- TCGAGAGGCGAAGGACACAAAAGGGAAGTCGACA -3’

5’- GATCTGTCGACTTCCCTTTTGTGTCCTTCGCCTC - 3’

Per quanto riguarda la sponge contenente una sequenza che non dovrebbe legarsi a nessun miRNA (sponge SCR), siamo partiti dalla sequenza del LNA fornita dalla Exiqon che presenta le stesse caratteristiche:

EXIQON scramble DNA sequence

5’- GTGTAACACGTCTATACGCCCA -3’

Sponge SCR (Xho/Sal/Bgl)

S/AS

5’- TCGAGGTGTAACACGTCTATACGCCCAGTCGACA -3’

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52

2.17 Saggio di luciferasi

Dopo che la sponge è stata clonata all’interno del plasmide pMir (Figura 2-5), le cellule sono state transfettate in una 24 wells plate con questo costrutto. Le due mix di reazione per questa transfezione erano così composte:

1a mix = 100 ng di pTK (=il plasmide che esprime la luciferasi Renilla(Figura 2-6))

+ 50 ng di sponge + 50 µl di mezzo + 60 nM di si-204/si-211/si-CT. 2a mix = 50 µl di mezzo + 4 µl di Lipofectamine.

Dopo 36 ore, le cellule sono state trattate con 100 µl di Passive Lysis Buffer 1X e messe a basculare per 15 min. Dopodiché si esegue il saggio di luciferasi secondo il protocollo del produttore (Luciferase Reporter Assay System and

Dual-Luciferase Reporter 1000 Assay Systems della Promega).

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53 Figura 2-6 – pTK (Promega)

2.18 Saggio di morte cellulare

Il saggio di morte cellulare è stato eseguito tramite Annexin V-FITC Apoptosis

Detection Kit (APO AF-076K4079 della Sigma) seguendo il protocollo fornito dal

produttore. Questo kit permette di rilevare la fluorescenza dell’annexina V legata alle cellule apoptotiche e di fare una stima quantitativa grazie a un citofluorimetro. In generale, l’annexina V è coniugata con la fluoresceina isotiocianato (FITC) per marcare i siti di fosfotidilserina presenti sulla superficie della membrana; lo ioduro di propidio (PI) invece marca il DNA cellulare nelle cellule necrotiche (dove la membrana cellulare è stata totalmente compromessa). Questa combinazione permette di differenziare tra cellule apoptotiche precoci (annexina V positive, PI negative), cellule morte (annexina V positive, PI positive), cellule vitali (annexina V negative, PI negative).

Un altro tipo di saggio di morte cellulare che è stato utilizzato è quello del trypan

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